Hardskin, marchio di riferimento nella realizzazione di abbigliamento ad alta tecnologia, accessori e occhiali per lo sport, ha rinnovato la sua serie di occhiali Doppler. Ecco in arrivo un nuovo modello: il Doppler Evo, alla base del quale c’è un design ergonomico, leggero e tecnico. Realizzato in poliammide, aderisce perfettamente al viso, svolgendo anche un’ottima azione aerodinamica. Anche le aste sono realizzate con questo particolare materiale, che garantisce quindi un’aderenza perfetta anche lateralmente.
La montatura degli occhiali Doppler Evo, realizzata in poliammide è estremamente leggeraLa montatura degli occhiali Doppler Evo, realizzata in poliammide è estremamente leggera
Protezione e visibilità
Una caratteristica che si nota subito negli occhiali Doppler Evo è la lente di grandi dimensioni. Si tratta di una mono lente fotocromatica, priva di montature quindi molto leggera. Questa scelta tecnica permette di avere anche una grande visione periferica, con un’ottima protezione dai detriti. La lente, specchiata di categoria 3, ha una trasmittanza che va dall’8% al 18%, con trattamento antigraffio. Inoltre, nelle parti periferiche, le lenti sono perforate, per un migliore passaggio dell’aria.
Il nasello, realizzato in gomma con l’inconfondibile design Hardskin, impedisce qualsiasi tipo di appannamento o surriscaldamento. La durabilità, quindi è massima, come il comfort. Inoltre non viene trascurata la protezione dai raggi UV, grazie, appunto, alla lente fotocromatica.
La taglia per gli occhiali Doppler Evo è unica, e la vestibilità standard.
Nella parte bassa ed esterna della lente sono presenti dei fori per garantire un riciclo dell’aria Nella parte bassa ed esterna della lente sono presenti dei fori per garantire un riciclo dell’aria
Design unico
Gli occhiali Hardskin hanno un disegno e delle caratteristiche uniche che uniscono perfettamente tecnicità e stile. Questo grazie alla scienza ed allo sviluppo portati nell’utilizzo di materiali sempre più performanti. Dall’altra parte lo stile non viene lasciato in disparte, grazie alla collaborazione tra l’azienda e il designer Jonny Mole in bici avrete sempre un tocco originale e impeccabile.
X-Bionic, azienda svizzera che lavora nel campo dell’abbigliamento tecnico sportivo, presenta la sua nuova collezione: la Corefusion. Un incontro tra i tessuti tecnici e performanti, tipici dei capi da ciclismo e la tecnologia della termoregolazione. Quest’ultima ha contribuito a rendere X-Bionic un punto di riferimento dell’abbigliamento sportivo. La collezione sarà disponibile dal 2024, ma per un numero di fortunati è possibile acquistare la collezione in anteprima durante il mese di agosto.
La maglia endurance è più comoda e confortevole, realizzata sempre con tecnologia ThermoSyphonLa maglia endurance è più comoda e confortevole, realizzata sempre con tecnologia ThermoSyphon
Le maglie
Il ciclismo è uno sport che nei capi di abbigliamento, e non solo, è in continua evoluzione. Si cercano sempre più la perfezione ed il comfort e lo sviluppo continua a crescere a dismisura. X-Bionic, nella collezione Corefusion, unisce la necessità di termoregolazione ai migliori tessuti in lycra. Un binomio che garantisce comodità e prestazioni al top.
La scelta di X-Bionic è composta da due maglie differenti, caratterizzate entrambe dal sistema proprietario 3D Bionic Sphere. A questo si abbina la tecnologia ThermoSyphon nella zona della schiena. L’innesto di questo tessuto tridimensionale agevola il trasporto e l’eliminazione del sudore durante l’attività sportiva. Protegge inoltre dal freddo nelle fasi di riposo. Questa tecnologia, la ThermoSyphon, è applicata sulla schiena tra le due scapole, il punto del corpo che ha maggior bisogno di dissipare il calore.
La maglia maggiormente votata alla tecnica e alla performance è l’Aerojersey, una capo con vestibilità estremamente aderente, realizzata con una stampa che rappresenta la mappa termica del corpo. Un modo per dissipare al meglio il calore anche nelle giornate più calde e impegnative. Come detto X-Bionix cura particolarmente la dispersione del calore.
Per chi cerca un capo più morbido è stata pensata la Merino Jersey, in lana merino di alta qualità e disponibile in due colorazioni.
Una novità sono i pantaloncini, con bretelle specifiche per uomo e per donnaQuesti sono i pantaloncini con le bretelle studiate per le linee femminiliUna novità sono i pantaloncini, con bretelle specifiche per uomo e per donnaQuesti sono i pantaloncini con le bretelle studiate per le linee femminili
I pantaloncini
Le novità presentate da X-Bionic non finiscono di certo qui, arrivano anche i pantaloncini da ciclismo. Innovativi grazie al fondello a quattro intensità, foderato e imbottito di schiuma, adatto alle pedalate su lunghe distanze.
Questo modello presenta due versioni di bretelle: da uomo e da donna, entrambe realizzate con il sistema brevettato 3D Bionic Sphere.
Vittoria ha presentato l'Air-Liner Road, l'inserto da utilizzare con i pneumatici tubeless. Tre misure disponibili e tanti vantaggi tecnici in termini di guidabilità
Siamo al secondo giorno di riposo di questo Tour de France. Come d’abitudine, proprio la giornata di pausa è anche l’occasione per andare a spulciare le novità e le curiosità che ci riservano i corridori.
Alla ricerca delle leggerezza con le verniciature ridotte al minimo sindacale, come le Merida di Landa e Bilbao. Ci sono un nuovo casco Scott e una sella di Van der Poel che sembra essere diversa da quella usata fino alla primavera. E molto altro.
Bilbao con la Scultura nera, bovità in casa Bahrain VictoriousLa Merida nera di Landa usata al Puy de DomeBilbao con la Scultura nera, bovità in casa Bahrain VictoriousLa Merida nera di Landa usata al Puy de Dome
Le Merida Scultura “limate” nella verniciatura
Tecnicamente si tratta della Merida Scultura normalmente utilizzata dai corridori del Team Baharain-Victorious e la la sola differenza è la mancanza della verniciatura.
Viene utilizzata in questo Tour de France da Bilbao e Landa nel corso delle frazioni con dislivello positivo importante, una soluzione che permette di risparmiare qualche grammo e di sfiorare il peso limite dei 6,8 chilogrammi.
Il nuovo Cadence di Scott, una novità sulla testa di WelsfordIl nuovo casco ha il posteriore troncoIl nuovo Cadence di Scott, una novità sulla testa di WelsfordIl nuovo casco ha il posteriore tronco
Un nuovo casco Scott
Potrebbe essere la nuova versione del Cadence, il casco aero di Scott, indossato da Sam Welsford e da altri atleti del Team DSM-Firmenich. L’estetica ci mostra un casco più compatto rispetto alla versione precedente, soprattutto ai lati e nelle protuberanze posteriori, dove si notano le feritoie/estrattori d’aria più esposti.
Rimane comunque la forma arrotondata nella sezione superiore, soluzione che da sempre contraddistingue il Cadence.
La Flite Boost usata da MVDP nel ciclocrossSembra più stretta, quella usata in questo TDFLa Flite Boost usata da MVDP nel ciclocrossSembra più stretta, quella usata in questo TDF
Sella più stretta per VdP?
Il modello fornito da Selle Italia e usato dal corridore olandese è sempre Flite Superflow, nella livrea a lui dedicata. C’è un però: se la mettiamo a confronto con quella montata sulla bici vittoriosa della Sanremo (oppure con quella normalmente utilizzata sulla bici da cx), per lo meno nelle immagini, la sella utilizzata al Tour de France 2023 sembra più stretta. Non mancheremo di approfondire l’argomento in futuro e nel caso andremo ad analizzare eventuali fattori tecnici.
Novità ai piedi di Campenaerts: le Nimbl con i lacci e l’elasticoNovità ai piedi di Campenaerts: le Nimbl con i lacci e l’elastico
Le Nimbl di Campenaerts con la fascia
Quelle che dalle prime immagini sembravano le scarpe tutte in carbonio, in realtà sono le Nimbl Air Ultimate con le stringhe.
La curiosità vera e propria è nella fascia che il corridore belga ha nella parte superiore della calzatura, probabilmente per stringere e comprimere il punto in cui fa il nodo ai lacci.
Le Mavic indossate da Lafay e MartinLe Mavic indossate da Lafay e Martin
La Cosmic Ultimate di Lafay
Non le ruote, bensì le calzature, sono indossate dal vincitore di tappa di San Sebastian e dal compagno di team Guillaume Martin. Nonostante non sia presente nel World Tour con il prodotto simbolo (le ruote), Mavic è a supporto di alcuni corridori transalpini proprio con le scarpe.
Si tratta della versione top di gamma che adotta una tomaia molto particolare, costruita grazie ad un tessuto che prende il nome di Matrix.
Ma le corone non sono quelle “nuove”Cambio e pignoni del nuovo CampagnoloPedivelle da 175 e corona grande da 56 per Laengen10/33 Red, la combinazione più utilizzataMa le corone non sono quelle “nuove”Cambio e pignoni del nuovo CampagnoloPedivelle da 175 e corona grande da 56 per Laengen10/33 Red, la combinazione più utilizzata
Rapporti standard e non
Tutto nella norma, ben all’interno dei normali standard per quanto concerne gli atleti supportati da Sram. Quasi tutti gli atleti, per le tappe con dislivelli positivi importanti, hanno utilizzato la doppia corona anteriore 52-39 e la scala 10-33 per i pignoni. Difficile immaginare un pro che utilizza il 33, mentre diventano interessanti gli sviluppi metrici con il penultimo pignone da 28 denti. Avevamo approfondito l’argomento in occasione dei Giro d’Italia.
Ci ha colpito la combinazione anteriore di Laengen (Team UAE-Emirates), con la corona più grande da 56 denti e l’interna da 40 (cassetta posteriore 11-34), considerando un Tour de France tutt’altro che pianeggiante. Tutte le bici con trasmissione Shimano hanno montato 54-40 e 11-34, tranne qualche corridore (Pidcock ad esempio) che continua ad usare la “vecchia” combinazione 53-39.
Solo le nuove BMC hanno montato il Campagnolo Wireless, ma senza le corone e la guarnitura dedicate alla trasmissione. Presumibilmente la scelta è legata all’utilizzo del misuratore di potenza, che per il nuovo Campy è ancora in fase di sviluppo. Gli atleti del Team AG2R-Citroen usano un misuratore P2Max Ngeco con le corone 54-39.
Sulle ERC ci sono i tubeless Vittoria da 28Le ERC montate su alcune Ridley del teamChi ha scelto le ARC 50 monta i tubeless da 26Sulle ERC ci sono i tubeless Vittoria da 28Le ERC montate su alcune Ridley del teamChi ha scelto le ARC 50 monta i tubeless da 26
Anche i pro’ con ruote “endurance”
Alcuni atleti del Team Lotto-DSTNY utilizzano il modello ERC 35 1100 di DT Swiss, ruota concettualmente sviluppata per una pratica votata all’endurance. Tecnicamente si tratta di un pacchetto che ad un peso molto contenuto (1300 grammi dichiarati), molto veloce e scorrevole, non estremamente rigido e capace di semplificare la guida anche nei tratti più tecnici. E risparmiare qualche energia in questo Tour de France condotto a ritmi folli, non è per nulla banale.
Poco tempo fa avevamo provato la versione con cerchio da 45. Invece chi ha scelto di tenere le ARC da 50 millimetri ha utilizzato i tubeless da 26 millimetri. Una scelta non usuale, considerando che il team belga è stato uno dei primi ad utilizzate i tubeless da 28, se non addirittura le sezioni differenziate 28/30 per anteriore e posteriore.
Il pavé e le corse del Nord in genere sono sempre interessanti anche per le soluzioni tecniche adottate sulle biciclette, ma le differenze con le bici usate nelle configurazioni standard sono sempre più sottili. Vediamo nel dettaglio cosa abbiamo documentato alla partenza della Ronde Van Vlaanderen 2023 con l’occhio che intanto si proiettava verso la Roubaix.
Astana: il cerchio da 40 per Corima tubeless e i tubeless Vittoria Control da 28…E anche il cerchio da 40 per Corima tubeless e i tubeless Vittoria Control da 28Astana: il cerchio da 40 per Corima tubeless e i tubeless Vittoria Control da 28…E anche il cerchio da 40 per Corima tubeless e i tubeless Vittoria Control da 28
Le nuove Corima tubeless dell’Astana
Per la campagna del Nord 2023 fa il suo esordio la ruota Corima tubeless sulle Wilier Zero del Team Astana. Il cerchio è identico alla versione gravel Essentia. Abbiamo chiesto a Gabriele Tosello, meccanico del team.
«Le ruote tubeless che stiamo utilizzando – spiega – sono del tutto accostabili alle nostre classiche WS47, quelle che usiamo da sempre e con la predisposizione per i tubolari. Stesso mozzo e raggiatura, una tipologia di ruota apprezzata per la versatilità e leggerezza complessiva, ma anche per la guidabilità. Quelle tubeless hanno il cerchio sempre in carbonio, ma con un’altezza di 40 millimetri e un canale interno da 23. Hanno il cerchio più spanciato ed il canale interno più largo, in modo da poter alloggiare in modo ottimale i tubeless da 28 in avanti. I corridori che hanno deciso di usare i tubeless Vittoria sul pavé del Fiandre, hanno optato per la sezione da 28, nella versione Control. Una sezione più grande si potrebbe usare alla Roubaix, ma si valuterà anche in base al meteo».
Ineos: la Dogma F di scorta con le ruote basse, è quella di PidcockLe gomme sono da 32 per la maggior parte degli IneosIneos: la Dogma F di scorta con le ruote basse, è quella di PidcockLe gomme da 32 per la maggior parte degli Ineos
Pidcock con i 28 e le ruote “basse”
Tutti i corridori del Team Ineos Grenadiers hanno optato per le ruote con il profilo da 50 (le Dura Ace C50) e quasi tutti hanno scelto la sezione da 32 per i tubelessContinental GP5000TR. L’eccezione tecnica è stata rappresentata da Tom Pidcock, che ha optato per le ruote dal profilo medio/basso, ovvero le C36, gommate con i tubeless larghi 28 millimetri.
Un’altra particolarità della sua bicicletta è rappresentata dal montaggio del plateau anteriore “vecchio” (power meter compreso), ovvero dalla guarnitura della generazione Dura Ace precedente con la combinazione 53-39.
Le ruote etichettate di fresco, sono quelle della Uno-XLa forcella “vecchia” delle Dare con le asole per un inserto alare non approvato UCILe ruote etichettate di fresco, sono quelle della Uno-XLa forcella “vecchia” delle Dare con le asole per un inserto alare non approvato UCI
70 millilitri di liquido anti-foratura
Non è una cosa inusuale anzi, possiamo considerare questa scelta tecnica come una sorta di standard usato da tutti i meccanici dei diversi team. In questo caso è interessante notare lo sticker applicato sulle ruote DT Swiss delle bici Dare, quelle del Team Uno-X, dove si vede anche la data dall’ultimo controllo degli pneumatici.
Sul pavè del Giro delle Fiandre è stata utilizzata una Dare VSRu nell’ultima versione per quanto concerne il telaio ed il manubrio integrato, ma non per la forcella.
EF Education, versione OS in alluminioL’attacco manubrio lunghissimo da 170 millimetriEf Education, versione OS in alluminioL’attacco manubrio lunghissimo da 170 millimetri
Lo stem da 170 millimetri
Un attacco manubrio lunghissimo, quello montato sulla nuova Cannondale SuperSix Evo Lab71 del tedesco Rutsch in forza alla EF Education-Easypost. Si tratta di una versione anziana OS ed in alluminio dell’attacco FSA, lungo 170 millimetri e fatto su misura per l’atleta tedesco.
«Interessante, vero?», così dicono sorridendo i meccanici del team, appena prima della partenza della Ronde 2023: «Non è un attacco di dimensioni standard, ma il corridore si trova bene con questo setting e allora si è deciso di fare un attacco manubrio custom per lui».
Diversi corridori, di team diversi usano la sella Prologo Scratch NDR: qui casa UAE EmiratesDiversi corridori, di team diversi usano la sella Prologo Scratch NDR: qui casa UAE Emirates
Anche una sella da mtb
Si tratta della Prologo Scratch NDR, quella sviluppata con la collaborazione di Henique Avancini, campione del mondo marathon nel 2018: un prodotto usato parecchio anche in ambito strada, dai team e dagli atleti supportati dall’azienda lombarda.
Pogacar e Trentin, manubri agli antipodi
Il riferimento è diretto al cockpit. L’atleta sloveno usa un attacco manubrio in carbonio Enve (modello SES AR), abbinato ad una curva manubrio, sempre full carbon e con un profilo alare estremizzato.
Giuseppe Archetti, Team UAE-EmiratesCockpit parecchio “tirato” per PogacarAttacco manubrio in alluminio e negativo per TrentinGiuseppe Archetti, Team UAE-EmiratesCockpit parecchio “tirato” per PogacarAttacco manubrio in alluminio e negativo per Trentin
«La bici è la stessa della Milano-Sanremo anche per quanto concerne le gomme – ci spiega Giuseppe Archetti, meccanico di Pogacar – ma rispetto alla Sanremo ci sono delle pressioni più basse dei tubeless. Anche per quanto riguarda la sezione, Pogacar ha scelto di usare sempre la stessa, la 30 millimetri, la stessa usata alla Parigi-Nizza, alla Sanremo e anche sul pavé».
Tornando al reparto manubrio, Trentin usa una combinazione attacco/piega in alluminio, scelta tecnicamente opposta a quella di Pogacar, anche perché il manubrio del corridore trentino è rotondo, soluzione che ormai è una rarità.
La bici di scorta con i tubolari, la Madone di Pedersen alla Trek-SegafredoLa bici di scorta con i tubolari, la Madone di Pedersen alla Trek-Segafredo
Una Madone con i tubolari
Labici di scorta di Pedersen, terzo sul traguardo di Oudernarde, riconoscibile anche per la catena ed il pacco pignoni dorati, ha i tubolari. Il forte corridore danese è stato tra i primissimi a prediligere l’utilizzo dei tubeless, a prescindere dalla bici, dalle condizioni meteo e dalla planimetria del percorso, ma una delle sue bici di scorta ha sempre i tubolari montati.
La sigla che identifica le Aeroad del Team Alpecin-DeceuninkLa Aeroad CFR usata da Van Der PoelLa sigla che identifica le Aeroad del Team Alpecin-DeceuninkLa Aeroad CFR usata da Van Der Poel
Canyon Aeroad R065
R065 è l’acronimo numerico specifico della Canyon Aeroad. Lo troviamo sulle biciclette dei compagni di Van Der Poel, lo troviamo anche sulla Aeroad del corridore olandese. Quella rossa usata al Giro delle Fiandre è la stessa bicicletta della Sanremo e non si tratta della nuova versione dellaAeroad, come paventato da qualcuno. La bicicletta nella versione aggiornata potrebbe esordire ufficialmente al Tour de France. La bici di Van Der Poel ha anche un foro aggiuntivo nella parte superiore dell’orizzontale, per “irrobustire” ulteriormente il serraggio.
Jumbo-Visma: una Soloist sulla terza ammiraglia, la bici 3 di LaporteLa numero 3 di Van Aert è una R5 con le corone più piccole, 52-39La Reverse da 63 per la ruota posteriore, con tubeless da 28Mentre davanti c’è un profilo da 52Tutti dischi da 140 e mozzi DT Swiss Spline sulle Cervélo giallo-nereUna combinazione 52-39 sulla R5 di Van AertJumbo-Visma, una Soloist sulla terza ammiraglia, la bici 3 di LaporteLa numero 3 di Van Aert è una R5 con le corone più piccole, 52-39La Reverse da 63 per la ruota posteriore, con tubeless da 28Mentre davanti c’è un profilo da 52Tutti dischi da 140 e mozzi DT Swiss Spline sulle Cervélo giallo-nereUna combinazione 52-39 sulla R5 di Van Aert
La vita delle terze bici
Oltre alle bici di scorta numero 2 di Van Aert e di Laporte, due Cervélo S5 (modello usato anche in gara), una delle ammiraglie del Team Jumbo-Visma portava anche le bici numero 3. Una Soloist per l’atleta francese, una R5 per il belga, con dei montaggi curiosi, con particolare riferimento al comparto ruote. Entrambi i corridori hanno optato per il profilo differenziato, 63 posteriore e 52 anteriore, con le gomme tubeless da 28.
Le S5 che hanno usato in gara avevano le ruote da 52, davanti e dietro. «Una terza bici pronta per ogni evenienza e nell’ottica di fornire un’alternativa in caso di bagnato, ma con assenza di vento – ci hanno spiegato dal team». Il Giro delle Fiandre 2023 verrà ricordato anche per il forte e gelido vento, soprattutto nelle fasi iniziali della gara.
Israel: pedivelle FSA K-Force in carbonio e power meter PowerBoxTubeless Continental “unofficial” sulle FactorIsrael: pedivelle FSA K-Force in carbonio e power meter PowerBoxTubeless Continental “unofficial” sulle Factor
I tubeless con la scritta “limata”
L’anno passato le Factor del Team Israel-Premier Tech montavano le guarniture Rotor, con i relativi power meter (qualcuno per la verità usava la combinazione Shimano Dura Ace). Le foto ritraggono la scelta di Sep Vanmarke sulla sua Factor Ostro pronta per il pavé, con le corone anteriori 54-40 ed il power meter PowerBox di FSA.
Sempre in merito alle Factor, tutte le bici pronte per il pavé, a prescindere dal corridore e dal profilo delle ruote, erano pronte con i tubeless Continental GP5000TR da 30 millimetri, ma con il logo “limato”, in quanto il team ha un sponsorizzazione diversa.
Non sono passate inosservate le parole di Marco Frapporti. Il corridore della Vini Zabù Ktm ha detto che a parità di watt espressi rispetto ai corridori del WorldTour, questi andavano […]
Ultra Bibshort è il nuovo pantaloncino presentato da Sportful, un prodotto pensato per il mondo del gravel. Un modo per vivere le avventure in bici senza dover rinunciare al comfort e alle prestazioni di alta qualità. Questo pantaloncino rappresenta, per Sportful, l’evoluzione sotto ogni punto di vista, anche per quanto riguarda le esigenze tecniche di tutti i ciclisti.
Le tasche laterali servono per riporre scorte di barrette per le lunghe uscite in gravelLe tasche laterali servono per riporre scorte di barrette per le lunghe uscite in gravel
Tecnica e prestazione
La comodità non esclude la tecnica e viceversa, il tessuto utilizzato da Sportful è elasticizzato, durevole e resistente. Nel creare l’Ultra Bibshort queste qualità garantiscono vestibilità, aerodinamica e una grande resistenza all’usura. Si tratta di un capo d’abbigliamento che ha nei dettagli la sua rivoluzione. Innanzitutto la capacità di carico è aumentata, le tasche laterali sono migliorate e cucite con tessuti elasticizzati, e si trovano su entrambi i lati e sui fianchi.
Sportful con gli Ultra Bibshort viene incontro alle esigenze di tutti i consumatori, in particolare alle cicliste. Questo prodotto è pensato per essere confortevole anche per loro, grazie ad una bella novità: una chiusura posteriore con calamita. Questo dettaglio garantisce una vestibilità facile e veloce in qualsiasi situazione. Le cuciture sono ridotte al minimo per evitare sfregamenti.
Nella versione femminile la chiusura avviene tramite una pratica calamitaLa rete sulla schiena permette di dissipare il calore in maniera ottimaleNella versione femminile la chiusura avviene tramite una pratica calamitaLa rete sulla schiena permette di dissipare il calore in maniera ottimale
I dettagli
La grande differenza e le prestazioni elevate si nascondono nei dettagli, un esempio è il fondello DMS. Più corto rispetto agli standard e realizzato utilizzando un’imbottitura con schiuma a cellule aperte. Le varie aree hanno tutte una densità differenziata per garantire maggiore comfort e sensibilità.
Il nuovo Ultra Bibshort rappresenta la diretta evoluzione dei pantaloncini gravel: sviluppato per massimizzare l’efficienza durante la pedalata e per affrontare tutti i percorsi off-road, senza sacrificare le avventure su asfalto. Crescita tecnica permessa anche grazie alla continua collaborazione con il team professionistico della TotalEnergies di Peter Sagan.
Il prezzo al pubblico è di 199,90 euro. Le taglie vanno dalla S alla XXXL per la versione maschile, in quella femminile dalla XS alla XXL.
In questo primo scorcio di stagione, complice anche questo clima così mite, nel ciclocross abbiamo assistito a percorsi molto veloci. Le difficoltà tecniche non sono state tantissime nei vari circuiti, ma quando ci sono state hanno fatto la differenza. Specie nella seconda metà di gara quando le energie venivano meno. Con il maestro, nel vero senso della parola, Martino Fruet andiamo a capire quali sono i passaggi più significativi del cross e come si affrontano.
Ne abbiamo individuati tre: il traverso, le curve a gomito (o comunque molto strette) e gli ostacoli.
Martino Fruet (classe 1977) in azione sul fango e la neve. Il terreno gelato sotto e molle sopra, per lui è il più difficile da interpretareMartino Fruet (classe 1977) in azione sul fango e la neve. Il terreno gelato sotto e molle sopra, per lui è il più difficile da interpretare
Giovani e tecnica
Prima di analizzare quei tre punti, abbiamo posto una domanda al grande specialista dell’offroad. Ed stata: «Oggi i ragazzi curano la tecnica? O prevale la componente atletica?».
«I ragazzi di oggi curano moltissimo la tecnica – spiega Fruet – soprattutto per quel che riguarda il salto degli ostacoli. Noi delle vecchia scuola scendiamo e cerchiamo di essere più veloci possibili, ma dagli allievi in su ormai si cresce con la mentalità di saltare l’ostacolo, anche se a volte, crono alla mano, si è più veloci se si scende. Ma fa “tanto figo”…
«Mentre noto che non prestano la stessa attenzione sulle linee. In questo caso preferiscono puntare sulla componente atletica».
Pedale a monte alzato e bacino che si sposta verso valle per caricare la gommaPer fare un buon traverso bisogna entrarci nella parte alta.Qui uno dei traversi di Follonica al GICPedale a monte alzato e bacino che si sposta verso valle per caricare la gommaPer fare un buon traverso bisogna entrarci nella parte alta. Qui uno dei traversi di Follonica al GIC
Il traverso
Quando c’è una contropendenza laterale spesso le cose si complicano, specie se il fondo è scivoloso. E infatti Fruet parte proprio da questa discriminante.
«Se è asciutto – spiega Fruet – e la bici tiene non ci sono problemi. Vai tranquillo con entrambi i pedali attaccati e quello a monte sollevato e ci si sposta con il bacino a valle. In questo modo il peso va sulla gomma».
«Discorso diverso quando è bagnato o c’è fango. In quel caso come si dice in gergo, si “zappa”. Si stacca il piede a monte e si spinge. Appoggi e spingi, appoggi e spingi…
«Se nei giorni precedenti ha piovuto parecchio si creano i canali. Se ne punta uno e si cerca di restare lì dentro stando in equilibrio… ma non è facile. Nei traversi si dovrebbe entrare sempre dal punto più alto e mano mano sfruttare la pendenza verso il basso. Altrimenti se si entra subito bassi si va a fettuccia e si perde molto tempo. Invece stando alti si cerca il primo canale e poi si “scivola” in quello sempre più in basso, ma si fa velocità. Stando però sempre attenti a non scendere fino alla fettuccia.
«Ma se il traverso è molto lungo è difficile restare alti. Quello di Namur (nella foto di apertura, ndr) per esempio è famoso per la sua lunghezza e anche perché è in discesa».
Fruet in azione. Curva stretta con l’anteriore va a cercare i (pochi) fili d’erba verso il palettoDa notare la differenza con chi fa una traiettoria più classica largo-stretto-largoMa se c’è tanto fango, forse è meglio scendere di sellaFruet in azione. Curva stretta con l’anteriore va a cercare i (pochi) fili d’erba verso il palettoDa notare la differenza con chi fa una traiettoria più classica largo-stretto-largoMa se c’è tanto fango, forse è meglio scendere di sella
Le curve
Per le curve più ampie quelle da 90° in su per Fruet non dovrebbero esserci problemi. O almeno un crossista non dovrebbe averne. Il focus pertanto è sul tornante o la curva molto stretta.
«Prendendo il classico fettucciato in pianura – riprende Fruet – bisogna puntare la piccola striscia interna di verde, cioè di erba, che spunta dal marrone».
«Anche in questo caso molto dipende dal fondo. Il peggiore è quello gelato con la superficie che molla un po’. Lìdevi essere un artista. E si può fare una grossa differenza. In questi casi ci sta anche che si arrivi forte sulla curva e poi si scenda, mettendo il piede appunto sul filo d’erba e magari fare perno sul paletto con la mano. E poi risalire in sella.
«Altrimenti bisogna fare un “disegno”, una traiettoria particolare. Non è il classico: allarga, chiudi, allarga. Bisognerebbe allargare ma senza chiudere subito, in modo tale da ritrovarsi nel punto di corda su quel po’ di erba all’interno. Non si esce troppo larghi. Il disegno della curva sarebbe sbagliato, ma la velocità in teoria non è bassissima».
«In caso di fango estremo, tipo 20 centimetri, per me è meglio scendere. Spesso quando facciamo le prove con il cronometro alla mano si è più veloci che restare in sella».
«Come accennavo, il terreno più brutto è quello con fondo ghiacciato e superficie più molle. Se sotto è duro per davvero il sopra è scivolosissimo. Bisogna essere davvero sensibili. Tuttavia le differenze non sono enormi perché di base la velocità è bassa».
E su sabbia? «Su sabbia serve prima di tutto tanta potenza. Non si va troppo stretti e si deve giocare con peso e cambio. Non si deve essere troppo duri. Ricordo che uno che riusciva a fare certe curve così con il rapportone era Franzoi. Ma lui aveva una potenza incredibile».
Van Aert, sa bene come saltare gli ostacoli, ma spesso preferisce farli a piedi… Mentre Van der Poel, dal Dna del biker della nuova scuola, difficilmente scende di sellaVan Aert, sa bene come saltare gli ostacoli, ma spesso preferisce farli a piedi… Mentre Van der Poel, dal Dna del biker della nuova scuola, difficilmente scende di sella
L’ostacolo… a piedi
Infine c’è il salto o “bunny hop” (il salto del coniglio), vale a dire il superare gli ostacoli a terra. E qui Fruet dà il meglio di sé.
«Come accennavo – dice Fruet – oggi la scuola dice che vanno superati in bici, ma non sempre è vantaggioso. Ai miei tempi si diceva di scendere e di correre veloci, chiaramente era importante essere fluidi nell’azione. Scendere, saltare, correre e risalire in bici.
«Anche per questo è importante non far rimbalzare la bici, perché poi se per rimontare si salta e non si trova subito la sella sono dolori. Meglio andare a cercare la sella con l’interno coscia e poi lasciarsi andare con il sedere. A volte, se la distanza degli ostacoli lo consente, si appoggia la bici a terra e la si fa scorrere per quei due passi, prima dell’ostacolo successivo.
«Scendendo di bici si arriva più veloci sull’ostacolo e la stessa velocità determina il punto in cui si doveva scendere».
I ragazzi oggi spesso “cercano” l’asse con le ruote. Più l’ostacolo è basso e più la velocità con cui vi si arriva è alta. E viceversa.I ragazzi oggi spesso “cercano” l’asse con le ruote. Più l’ostacolo è basso e più la velocità con cui vi si arriva è alta. E viceversa.
L’ostacolo… in bici
«Ci sono poi i salti. Per me – osserva Fruet – ci sono tre tecniche, anche se viste da fuori sembrano tutte uguali.
«C’è il bunny hop classico, in cui tiri su con le braccia e fai una sorta “d’impennata d’inerzia” abbassando il sedere e portando avanti le spalle. Il tutto senza pedalare. Ma con la bici da cross è difficile, non hai il telescopico e la sella ingombra, dà fastidio».
«C’è il salto “tipo belga”, come l’ho chiamato io, perché l’ho visto fare dai belgi soprattutto. In pratica salti l’asse con tanto, tantissimo carico sulle braccia e senza usare le gambe Spesso toccano con la ruota. Io, che da 20 anni sono maestro di Mtb ti boccerei all’esame. Ma nel cross è così».
«E poi c’è il salto “alla mtb”, che prevede il carico, la tirata con le braccia, ma anche con le gambe».
Rispetto a qualche anno gli ostacoli sono tendenzialmente più bassiRispetto a qualche anno gli ostacoli sono tendenzialmente più bassi
Una riflessione
Il cross nasce per saltare gli ostacoli e prevede dei tratti a piedi, se non si scende mai di sella è un po’ come se si snaturasse. Forse anche per questo riguardo ai salti Fruet è davvero interessato. Con il suo occhio e la sua esperienza il trentino studia anche questi aspetti e fa una riflessione.
«Una volta – conclude Fruet – gli ostacoli erano da 40 centimetri, ora li mettono a 30. Fosse per me li farei da 70 centimetri, così che tutti sarebbero costretti a scendere di bici».
Lubrificanti, pedivelle, ruote, movimenti centrali… pezzi che vanno e che vengono. Che si montano e si smontano. Pezzi che Vincenzo Nibali portava a Gabriele Tosello, il suo meccanico per tanti anni all’Astana.
Fa strano sapere che lo Squalo non sarà in gruppo e per questo ci fa ancora più piacere ritornare sulle storie, anche divertenti, che lo riguardano. E sì perché nella ricostruzione delle “Nibalate tecniche”, passateci questo termine, c’è anche da ridere. Chiaramente non mancano momenti seri.
Gabriele Tosello fotografa il suo pupillo. E’ stato il meccanico di Nibali per tutti gli anni in cui lo Squalo è stato all’AstanaGabriele Tosello è stato il meccanico di Nibali per tutti gli anni in cui lo Squalo è stato all’Astana
Gabriele, tanti anni con Nibali. Alla fine sei tu il “suo” meccanico. Quanto ti ha fatto impazzire?
No, dai… non sono impazzito! Richieste strane ne ha sempre fatte. Lui è maniacale, pignolo e anche un ottimo meccanico. Gli piaceva trafficare. Quante volte ha portato dei pezzi che non erano nostri. Andava sempre alla ricerca di nuovi componenti, di ricambi… Voleva provarli anche solo per curiosità. Anche quando sapeva che non andavano bene. Come quella volta con le corone ovali.
Corone ovali, racconta…
Eravamo al Passo San Pellegrino. In quegli anni Froome era forte e le usava, così le volle provare. Gli sistemai il deragliatore alzandolo un po’ e aggiungendo uno spessore affinché cambiasse bene. Era un set 54-42 con le pedivelle da 172,5 millimetri. Settimane a parlarne e dopo quell’allenamento non le usò più.
Pedivelle: mi sa che vi ha dato da fare con questo componente…
Una volta accadde una cosa un po’ “strana”. Si parlava di pedivelle messe in modo non perfettamente opposte, cioè non a 180° ma leggermente disassate, asimmetriche. Si diceva per eliminare il tempo morto. Noi all’epoca avevamo Campagnolo, che nel movimento centrale aveva i “dentini” per serrare le pedivelle. Con Slongo, si decise di spostarle… senza dirgli nulla. Lui salì in bici e dopo 20 metri mi disse: «Se lo fai ancora ti licenzio!». Scherzava, ovviamente, ma se ne accorse in un attimo.
La guarnitura Campagnolo Ultra Torque. Slongo e Tosello misero i dentini delle pedivelle affinché non fossero asimmetricheLa guarnitura Campagnolo Ultra Torque. Slongo e Tosello misero i dentini delle pedivelle affinché non fossero asimmetriche
Che poi il discorso delle pedivelle non fu isolato. Giusto?
Giusto, ci fu il periodo in cui si diceva che quelle più lunghe migliorassero la resa.
E tu e Slongo gliele cambiaste…
Io ho fatto il lavoro manuale, fu Slongo a decidere! Così eliminammo la scritta 172,5 millimetri e senza dirgli niente le provò. Fece i test, gli allenamenti… lui non disse nulla. Ma non sentì quei benefici. Poi venne fuori questa storia e fu montato un caso, ma stavamo facendo solo delle prove.
Del Nibali meccanico invece cosa ci dici? E’ mai capitato che venisse a lavorare con te?
Ah, quasi sempre! Quando finiva con Pallini passava dal lettino dei massaggi al motorhome dei meccanici. E così veniva là, curiosava. «Ma questo fallo così. Questo fallo in questo modo…». Alla fine gli dicevo: «Fallo te, che tanto sei bravo». E allora prendeva le chiavi e faceva il lavoro manuale, che poi gli piaceva ed era bravo per davvero. Una precisione eccellente.
Con l’evoluzione tecnica, negli anni ha cambiato un po’ il suo approccio? Apprezzamento o meno di questa o quella soluzione, nuove misure…
Diciamo che si è sempre adattato e in tempi rapidi. Come il passaggio al freno a disco, per dire. E guardate adesso con la mtb. Quest’anno per esempio all’inizio dell’anno aveva scelto la Wilier Filante, poi alla fine è passato alla Wilier 0 Slr.La sentiva più sua, poteva rischiare qualcosa di più in discesa.
Nel corso della stagione Nibali ha preferito usare la Wiier 0 Slr, eccolo con la colorazione speciale all’ultimo LombardiaAl Giro del 2016 nell’ultima frazione Nibali si presentò con il reggisella telescopico di FSA. Era solito provare pezzi nuovi, ma sapeva quando era il momento di farlo Nel corso della stagione Nibali ha preferito usare la Wiier 0 Slr, eccolo con la colorazione speciale all’ultimo LombardiaAl Giro del 2016 nell’ultima frazione Nibali si presentò con il reggisella telescopico di FSA. Era solito provare pezzi nuovi, ma sapeva quando era il momento di farlo
E la posizione è mai cambiata?
Sostanzialmente no, era sempre quella: salita, pianura, sterrato, gare a tappe o di un giorno… Solo negli ultimi periodi aveva abbassato di 3-4 millimetri la sella. Una posizione più comoda… Ma Vincenzo aveva le idee chiare. Se ti diceva che voleva quelle ruote e quei rapporti, quelli erano. Non era tipo che si faceva influenzare perché aveva sentito Tizio o Caio che avevano montato queste o quelle ruote. No, in tal senso ad avercene come lui! C’erano due cose sulle quali era sensibilissimo e intrasigente: altezza sella e tacchette. Sentiva ogni cosa. Se avesse potuto, avrebbe usato sempre la stessa sella e le stesse scarpe. E poi controllava o chiedeva della pressione delle gomme.
Della sella ce lo avevi detto anche prima del Lombardia quando aveva quella nuova bici…
Sì, sì, se ne accorgeva subito. E ancora più pignolo era con le tacchette. Non parliamo del millimetro, ma del mezzo millimetro. Noi abbiamo uno strumento che copia la posizione e la replica, ma la scarpa non mai del tutto identica al 100%. Se non quadrava di un soffio… le regolavamo e regolavamo ancora. Per sella e tacchette era micidiale.
Nella cronoscalata di Polsa, usò la bici da strada con le protesi. Cambiò l’attacco manubrio che restò montato anche il giorno dopoNella cronoscalata di Polsa, usò la bici da strada con le protesi. Cambiò l’attacco manubrio che restò montato anche il giorno dopo
Hai detto che ti portava tanti pezzi: qual è stato quello più strano?
Ad averci la lista sarebbe infinita! Togliamo oli, cuscinetti e lubrificanti, che ne proponeva uno “ogni 3×2”, aveva sempre la sua prova da fare. Ha portato reggisella ammortizzati, molti movimenti centrali, dei bilancieri… Alcuni effettivamente erano anche validi, ma non si potevano usare e la cosa finiva lì. Il fatto è che gli stavano dietro i marchi. Il concetto era: se lo usa Nibali vuol dire che funziona.
Ma se dovesse scegliere la “Nibalata tecnica” per eccellenza Tosello quale direbbe?
Ah – ride il “Toso” – Giro d’Italia 2013. Prima della cronoscalata di Polsa, c’erano da montare le protesi sul manubrio normale. Si mise in testa di cambiare l’attacco. Ne volle uno più corto, da 100 millimetri. Glielo cambio e fa la sua crono.Il giorno dopo la tappa era partita da un bel po’, quando per radio mi fa: «Ma ci siamo dimenticati qualcosa?». Io aspettavo che lui mi dicesse di rimontare l’attacco da 120. E lui aspettava che lo facessi io. Fatto sta che fece tutta la tappa con un attacco più corto di 2 centimetri! A fine tappa disse: «Credevo di essere io che non mi sentivo bene sulla bici. Poi ho capito che era l’attacco». Comunque non andò male. Disse che se la sentiva un po’ corta solo in discesa. Ma a quei tempi gli potevi mettere sotto di tutto: lui guidava e basta.
Giusto ieri si è corsa la Serenissima Gravel. C’è stato l’esordio del campione del mondo Gianni Vermeesch, ma non c’era il vice: Daniel Oss. “Danielone” è già proiettato verso il il 2023. Visite mediche, test… e non vi ha potuto prendere parte suo malgrado.
Con l’atleta della TotalEnergies torniamo sui dettagli tecnici di questa specialità di cui tanto si è parlato e tanto riscuote curiosità, soprattutto per quel che potrà essere. Chiara Teocchi ha tirato in ballo persino le Olimpiadi. Con Oss però cerchiamo soprattutto di fare un paragone tecnico con la strada.
Alla Serenissima l’esordio assoluto della maglia di campione del mondo gravel di Vermeesch. Vittoria allo svizzero FroidevauxOss e Vermeesch in fuga al mondiale. Daniel ha detto che il prossimo anno vorrebbe prendere parte a qualche evento in piùAlla Serenissima l’esordio assoluto della maglia di campione del mondo gravel di Vermeesch. Vittoria allo svizzero FroidevauxOss e Vermeesch in fuga al mondiale. Daniel ha detto che il prossimo anno vorrebbe prendere parte a qualche evento in più
Daniel, partiamo dalle tue sensazioni: cosa ti è parso di questo evento e di questa disciplina?
Sono stato contento di esserci. Avevo la curiosità di vedere questa aria nuova che veniva dagli Stati Uniti. Non sapevamo se era un’avventura o una gara vera… alla fine è stata una gara vera.
Quale è stato il tuo approccio?
L’ho presa con serietà, ma al tempo stesso con quella leggerezza di quando non sai ancora bene dove vai. Era tutto nuovo. E così anche quella voglia di attaccare. Dopo aver visionato il percorso, il background da stradista, mi ha consigliato di stare davanti. E per stare avanti devi “menare”. Anche alla partenza è stato particolare. Non avevamo i bus, eravamo tutti mischiati. Non si sapeva se scaldarci o no… Per non parlare dell’arrivo: pazzesco! Tutta quella gente, un grande seguito… E a Cittadella c’era il delirio. Ci sarà un bel futuro, è stata una figata! Molto bello anche l’ambiente della nazionale con questo mix di giovani, biker, stradisti…
Tu avevi fatto anche delle esperienze in America…
Sì e infatti è stato ben diverso da un gravel tipo Unbound da 400 chilometri. Quella è più un’avventura che una gara. Alla fine è gravel, ma oggi chi può dire cos’è il gravel?
Che tipo di sforzo è stato?
Direi molto somigliante ad una Strade Bianche o a una Roubaix. Non avevo il power meter, ma parlando con Vermeesch e facendo un piccolo confronto con i suoi dati adattati al mio peso, dovrei essere stato sui 330-340 watt di potenza media (non normalizzata). Quindi li paragono a percorsi “facili” dal punto di vista altimetrico, ma più difficili tecnicamente: una curva su un prato, sul ghiaino, sui sassi. E poi cambia la pedalata in gruppo.
Stare a ruota in gruppo o in fila è molto difficile. Mentre è facile sbagliare traiettoria (anche se ti chiami VdP, come in foto)Non è facile ripararsi dal vento o stare a ruota attaccati. Vedere la strada è più importante che su asfaltoSu strada ci si fida molto di più di chi è davanti e gli spazi sono più stretti, anche in curvaFare rifornimento è un’operazione più complessa sullo sterrato. Viaggiare in due o tre ha i suoi vantaggi secondo OssStare a ruota in gruppo o in fila è molto difficile. Mentre è facile sbagliare traiettoria (anche se ti chiami VdP, come in foto)Non è facile ripararsi dal vento o stare a ruota attaccati. Vedere la strada è più importante che su asfaltoSu strada ci si fida molto di più di chi è davanti e gli spazi sono più stretti, anche in curvaFare rifornimento è un’operazione più complessa sullo sterrato. Viaggiare in due o tre ha i suoi vantaggi secondo Oss
Cioè?
Devi spingere sempre, se c’è vento non stai a ruota facilmente, non crei i ventagli… Anche una rampa in più non sarebbe servita a molto vista la selezione che c’è stata. Noi siamo andati via tra due o tre ponticelli, un paio di cambi di direzione e siamo riusciti a scappare. Poi mettiamoci anche che correndo per nazionali e non per squadre questa dinamica diventava più appetibile.
Certo, organizzare un gioco di squadra era più complicato… E da lì all’arrivo?
Alla fine prendere il via ad una corsa WorldTour o della Coppa di Francia non è meno faticoso, anzi… Fare 330 watt per cinque ore a 37 e passa di media in due su quel fondo vi assicuro che non è stato un gioco.
Che rapporti avevi?
Avevo il 53-39, un filo più corto di quanto ormai siamo abituati su strada. Il 54 è la normalità, ma al Saudi Tour viste le velocità ho montato il 56 e in qualche altra occasione il 55. Al mondiale gravel avevo la classica guarnitura 53-39 e 11-28 al posteriore. E andavano bene. Le rampe iniziali erano dure. Lì ho usato il 39×25, se fosse stato su asfalto avrei usato un 39×19. Ma tornando al discorso dello sforzo, bisogna valutare anche le ruote.
Spiegaci meglio…
Avevo le Roval Rapid alte, ma non c’erano coperture tubeless da 28 millimetri, bensì da 32 millimetri che non sono così leggere, devi spingere per fare velocità. Noi andavamo a 45 all’ora, ogni tano dopo qualche rilancio si toccavano i 50. A quelle velocità con un 53×11 sei sulle 100 rpm e non ti imballi, ma devi spingere appunto.
La Specialized Roubaix di OssAnche per la classica del pavè Daniel aveva tanti spessori. Evidentemente gli servono per adattarsi a quel telaioIl trentino ha gonfiato le gomme ad oltre 4 bar, mentre tanti altri si sono fermati a 2-2,5La Specialized Roubaix di OssAnche per la classica del pavè Daniel aveva tanti spessori. Evidentemente gli servono per adattarsi a quel telaioIl trentino ha gonfiato le gomme ad oltre 4 bar, mentre tanti altri si sono fermati a 2-2,5
Stare a ruota è importante come su strada?
Se sei secondo, massimo il terzo, sì, altrimenti diventa un bel problema. Ad uscita di curva già se sei il decimo della fila ti ritrovi con 10” perché c’è chi frena di più, chi sbaglia traiettoria… Anche i tempi di visualizzazione della curva sono diversi. Non è facile a spiegare. Su strada ti metti a ruota, più vicino possibile e vai. Sullo sdrucciolevole non puoi farlo. Per noi stradisti sono dinamiche tutte nuove. E quindi anche se non ci sono salite bastano poche curve che si creano dei gruppetti. Poi magari rientri, ma spendi tanto.
Hai utilizzato una Specialized Roubaix, bici da strada che meglio digerisce i terreni più accidentati, hai tuttavia toccato qualcosa per quanto riguarda le misure?
No, erano esattamente quelle che avevo su strada. L’unica differenza, come detto, erano le gomme. Ho utilizzato un tubeless Pathfinder da 32 millimetri con il “salsicciotto”, gonfiate a 4,2 bar all’anteriore e 4,4 al posteriore.
Parecchio!
Sì, ho pompato bene perché comunque bisognava far scorrere la bici. Preferivo perdere qualcosina nelle curve sdrucciolevoli, ma avere una bici più scorrevole nei lunghi rettilinei.
Abbiamo incontrato Daniel Oss una mattina a colazione alla Vuelta a San Juan. Volevamo parlare di cose importanti e lui è stato al gioco. Mettetevi comodi
Il mondiale gravel,organizzato da Pippo Pozzato e vinto da Gianni Vermeersch, ci lascia anche un’importante eredità tecnica, un bagaglio di soluzioni adottate dagli specialisti della categoria, ma anche dagli stradisti. Siamo andati a curiosare nei vari momenti che hanno anticipato la rassegna iridata, tra normalità e scelte interessanti.
L’attrezzo di Haas, come ci ha detto l’australiano «Nat invented»Controllo con lo scanner da parte dei giudici UCIL’attrezzo di Haas, come ci ha detto l’australiano «Nat invented»Controllo con lo scanner da parte dei giudici UCI
Il punteruolo di Haas
Inserito nel terminale della piega della Colnago di Nathan Haas abbiamo visto una sorta di punteruolo. Il corridore australiano usa questo strumento (già impiegato nella mtb) in caso di foratura, ma ha adattato il supporto integrandolo nel manubrio.
Per lui inoltre 3 centimetri di spessori tra stem e battuta dello sterzo, per respirare meglio e non sovraccaricare la parte lombare, oltre a voler guidare meglio nei tratti di sconnesso estremo. Sempre la corona singola da 40 denti, per essere pronto a rilanciare costantemente e cercare di non appesantire la pedalata anche dopo tante ore di competizione.
Lachlan Morton a pieno caricoLa Cannondale di Morton, dove non manca nullaIl setting della sua CannondaleLachlan Morton a pieno caricoLa Cannondale di Morton, dove non manca nullaIl setting della sua Cannondale
SuperSix Evo SE per Lachlan Morton
Tutto quello che serve per stare in giro ed in totale autonomia. Sacca sopra l’orizzontale, ma montata vicino al seat-post, manubrio aerodinamico della Vision e trasmissione ad 11 rapporti con doppia corona anteriore (con il power meter). Ruote Metron ad alto profilo e tubeless della Vittoria gonfiati a 2 bar. Tasche della maglietta colme di barrette e giubbino per ogni evenienza, oltre ad un marsupio con musica a palla. Questo è Lachlan Morton.
Gruppo 105 meccanico completo e pedali Look mtbI manettini del 105Le ruote Reynolds della LechnerGruppo 105 meccanico completo e pedali Look mtbI manettini del 105Le ruote Reynolds della Lechner
Il 105 meccanico di Eva Lechner
La Trinx della campionessa altoatesina era montata con uno Shimano 105 ad 11 rapporti e meccanico (ad esempio anche Sagan aveva la trasmissione meccanica, però Dura-Ace). Interessante anche la scelta delle ruote Reynolds con cerchio full carbon dal profilo medio, ovviamente tubeless.
Si stringe il portaborraccia
La pompetta sotto l’orizzontaleBombolette “decisamente bloccate”Anche l’Uganda ed il Kenya al via della rassegna iridataLe ragazze dell’AfghanistanCamere d’aria messe in ogni dove sulle biciSi stringe il portaborraccia
La pompetta sotto l’orizzontaleBombolette “decisamente bloccate”Anche l’Uganda ed il Kenya al via della rassegna iridataLe ragazze dell’AfghanistanCamere d’aria messe in ogni dove sulle bici
Bombolette e scanner anche al Mondiale gravel
Buona parte dei corridori, a prescindere dalla nazionalità hanno nastrato le bombolette di schiuma, al reggisella oppure al telaio. Lo hanno fatto in modo importante, senza lesinare sulla quantità dell’adesivo. Ma anche tante pompette e camere d’aria posizionate in ogni punto della bicicletta.
Qualcuno ha fatto stringere i portaborraccia, non molti a dire la verità.
Doping meccanico, molti controlli. In particolare prima delle partenze delle categorie femminili, sono stati eseguiti diversi controlli con gli scanner dei giudici.
E’ anche stato bello vedere due atlete afgane al via della competizione elite femminile e speriamo di vederne di più in futuro. Diversi anche gli atleti africani maschi al via, per un ciclismo che si sta aprendo sempre più nella direzione di tutti i continenti.
Pauline Ferrand PrevotLa BMC della campionessa francese Copriscarpe da crono per la PrevotPauline Ferrand PrevotLa BMC della campionessa francese Copriscarpe da crono per la Prevot
I copriscarpe di Pauline
La Prevot è partita con i copriscarpe da crono, quelli lisci nella parte bassa e costruiti con la calza dalla caviglia in su. Calzature comunque da off-road, visto il pedale Time. Che abbia utilizzato delle scarpe non convenzionali?
La campionessa francese ha usato la nuova BMC Kaius, con trasmissione Sram Red eTap AXS. Particolare la scelta delle ruote Duke, con profilo basso ed in carbonio.
Team Bardiani-CSF, presenza in grande stileTeam Bardiani-CSF, presenza in grande stile
Non solo nazionali
Al mondiale gravel 2022 era nutrita anche la presenza degli staff dei team, qualcuno con una presenza massiccia di uomini e mezzi. E’ giusto ricordare che il ciclismo professionistico questa settimana avrà il suo ombelico proprio in Veneto.
Tubeless Challenge, molti utilizzati al Mondiale GravelTubeless Challenge, molti utilizzati al Mondiale Gravel
Gomme Challenge e compressorini
Tra le gomme più utilizzate, le Vittoria in versioni diverse e le Challenge, queste ultime spesso presenti sulle ruote di atleti e palesemente oltre le sponsorizzazioni tecniche. I compressorini portatili ormai sono una costante.
La bici di OssLa bici di Oss
Oss con il power meter
SullaSpecialized S-Works Roubaix di Daniel Oss c’erano i pedali da strada, la trasmissione road e il power meter. Le ruote alte e i tubeless Specialized Pathfinder da 36 (gomma utilizzata da quasi tutti gli atleti Specialized)
Deda Alanera anche per il gravelDeda Alanera anche per il gravel
Alanera anche nel gravel
Diversi atleti del Team Bardiani (Italia Team) hanno utilizzato le nuove bici gravel Cipollini Ago e hanno riportato su questo mezzo anche il manubrio Deda Alanera normalmente utilizzato in ambito road. Questo cockpit integrato è parecchio rigido.
La Wilier Rave SLR con la livrea per il Mondiale GravelAlcuni dettagli della colorazioneLa Wilier Rave SLR con la livrea per il Mondiale GravelAlcuni dettagli della colorazione
Una Wilier Rave SLR speciale
E’ quella che l’azienda di Rossano Veneto ha voluto dedicare ad Ivar Slik e che in un certo senso celebra il mondiale gravel in terra veneta. La foto è stata scattata all’IBF di Misano lo scorso settembre e non pubblicata per rispettare l’embargo diWilier. La Wilier Rave SLR che Slik ha utilizzato per la competizione era montata con trasmissione Shimano e gomme Schwalbe.
Davide Rebellin al termine della garaDavide Rebellin al termine della gara
L’eterno Rebellin tra i ragazzi
Avrebbe potuto correre il mondiale gravel e probabilmente stravincere nella sua categoria “age group”, che ha corso sabato al pari della competizione femminile e invece ha onorato se stesso, la sua carriera e terra di origine. Davide Rebellin, classe 1971 ha preso il via con gli elite, classificandosi 39° a poco più di 12 minuti dal vincitore (classe 1992).
Per gli atleti di Enough Cycling la bicicletta è abbastanza per essere felici. Mattia De Marchi ci porta nel racconto del progetto e della situazione del gravel in Italia e all'estero
Dynatek presenta Materia, gravel tutta in carbonio T1100 fatta in Italia. Ottima per i sentieri più impervi grazie alla resistenza e a rinforzi in kevlar
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