Da venerdì scorso, Karel Vacek è un corridore della Burgos BH, squadra professional spagnola. Per il ragazzo ceko è l’ennesimo team, il sesto in sei stagioni per un corridore di appena 23 anni che si è fatto la fama di giramondo senza volerlo, perché chi conosce la sua storia sa delle traversie attraversate, come lo scioglimento della Qhubeka ad esempio.
Anche l’ultima non è male, perché a dir la verità nessuno si sarebbe aspettato che Vacek fosse costretto a cercarsi un’altra squadra dopo il suo 2023, illuminato dalla seconda piazza nella tappa del Gran Sasso al Giro d’Italia. Invece il Team Corratec non lo ha confermato e Karel si è messo a cercare un team che credesse in lui praticamente fuori tempo massimo. Risultato: contratto firmato il 9 febbraio e il giorno dopo era già in gara.
«Il Team Burgos mi ha potuto mettere sotto contratto grazie a una deroga dell’Uci perché il ciclomercato è già chiuso. Molti corridori della squadra sono al momento infortunati, così appena firmato mi hanno mandato subito a correre a Murcia, solo che non avevo il materiale a disposizione. Così ho corso con una divisa più grande della mia taglia e una bici fuori misura. Risultato: un mal di schiena che te lo raccomando… Ho fatto quel che ho potuto, nelle prossime corse, dopo aver settato la bici, andrà sicuramente meglio».
Hai avuto paura di rimanere fuori dall’ambiente?
Sì, molta. Sinceramente non mi aspettavo di dovermi rimettere su piazza, credevo che quanto fatto durante l’anno mi garantisse la prosecuzione del contratto. Ero tranquillo, per questo la mancata conferma mi ha preso proprio di sorpresa. Al Giro ero andato senza neanche essere stato preselezionato, eppure ho portato a casa un risultato prestigioso, poi nella stagione ho preso punti per il team. D’altronde anche chi ne ha raccolti di più, come Dalla Valle o Konychev si sono ritrovati nella mia stessa situazione. Così mi sono trovato a passare tre mesi d’inferno, un Natale davvero triste.
Com’è stato allenarsi durante l’inverno senza alcuna certezza?
Io non ho mai mollato, ma quando ti ritrovi in una situazione simile paghi dazio. Non ho fatto ritiri con il team, mi sono dovuto allenare sempre da solo, chiaramente ora sono indietro. Devo però dire solamente grazie ai dirigenti spagnoli che hanno comunque creduto in me. E’ una squadra professional e per me era importante almeno rimanere nello stesso livello, visto che speravo davvero di trovare un contratto per una formazione WT. Almeno così posso continuare a lottare per raggiungere il mio obiettivo. Sinceramente, se non fosse arrivata questa chiamata avrei smesso e mi sarei messo a lavorare in un altro ambito.
Ti sei chiesto che cosa non abbia funzionato?
Sì, ma non ho risposte. Le ho cercate, ho provato a contattare i dirigenti, il presidente, gli ho anche scritto, ma non mi è arrivata alcuna reazione. Io praticamente non ho mai saputo ufficialmente di essere stato escluso dal team, vorrei tanto sapere il perché. Mi sarei aspettato almeno una telefonata. Ora comunque non è neanche più così importante, posso finalmente girare pagina.
Hai cambiato sei squadre in sei stagioni. Ti pesa questa fama e dove ti sei trovato meglio e peggio?
Partiamo dalla prima domanda: sì, un po’ mi pesa perché non era questo che speravo approdando al ciclismo internazionale. Credevo anzi che alla Corratec era arrivato il momento di un po’ di stabilità, dopo quello che avevamo fatto in primavera. Per il resto, non mi sentirei di condannare nessun team perché dappertutto trovi cose buone e altre un po’ meno. Spesso influisce molto la fortuna.
Alla Qhubeka ad esempio non ne hai avuta molta…
Lì eravamo tutti convinti di avere un futuro luminoso davanti a noi, so che non ci sarebbero stati problemi per la mia riconferma: è stata una delusione generale. All’Hagens Berman Axeon ero al mio primo anno, dovevo ancora imparare tante cose, ma fu comunque una bella esperienza e lo stesso potrei dire delle altre squadre, della Colpack dove il Covid ha davvero tarpato le ali a tutti, della stessa Corratec perché il gruppo che si era formato era molto unito, si lavorava bene insieme. Per questo sono rimasto così sorpreso.
Ora comunque hai una nuova maglia e devi solo lavorare per recuperare il tempo perduto…
Sono più tranquillo, lo stesso team ha specificato come l’evento principale della stagione è la Vuelta, per la quale manca ancora tanto tempo, quindi posso lavorare con calma per farmi trovare pronto quando servirà. Io d’altro canto già da tre anni sono in Spagna, in Andalusia, ma ormai sono tantissimi i ciclisti che stazionano lì. Se tutto va bene prenderò anche la residenza in Spagna, come avevo fatto in Italia i primi tempi, quando c’era anche mia madre a badare a me e Matthias (suo fratello che corre alla Lidl-Trek, ndr). Vedremo come andrà, certo un po’ di stabilità non guasterebbe…