Un messaggio di poche parole, come sono spesso quelli di Ivan Basso. L’editoriale di lunedì lo ha colpito: il tema dei punti sta a cuore, ma leggendone le parole, il suo approccio sembra diverso. La promessa di risentirci l’indomani nel pomeriggio e il discorso che entra subito nel vivo.
Il Team Polti-VisitMalta ha una grande immagine e grandi idee alle spalle, ma non si può dire che nelle ultime uscite abbia brillato. Quando dici qualcosa del genere a un team manager, è molto probabile che si metta sulla difensiva, ma l’atteggiamento di Ivan è coerente con quello di un professionista che ha sempre preteso da sé il massimo. I corridori ci sono: Pellizzari e Piganzoli (in apertura) sono il prodotto delle professional italiane. Ma se qualcuno nella tua squadra si accontenta di meno, il coperchio salta.
Sei preoccupato per il vostro piazzamento in classifica?
E’ una situazione che già conosciamo. Uno dei problemi è che dobbiamo pensare a fare i punti nelle gare che contano. Se tu fai punti nelle gare che contano, non hai il problema di doverli cercare nelle piccole corse. Il sistema mi piace? Questo è un altro discorso, ma per affrontarlo bisognerebbe radunare tutte le parti attorno a un tavolo e discutere in modo approfondito dei pro e dei contro. Ad ora le regole sono queste e vanno rispettate. Quindi il focus non è sui punti, ma sulla necessità di farli.
Leggiamo autocritica nelle tue parole?
Se fossimo andati a punti nelle gare dove dovevamo, non avremmo problemi. Ognuno ha la sua filosofia e degli obiettivi da raggiungere. Per me gli obiettivi sono i risultati, ma anche la visibilità: non c’è solo l’aspetto sportivo, la squadra è un’azienda che produce. Ai miei sponsor devo creare eventi e hospitality. Li invito a determinate gare, quindi il Team Polti-VisitMalta non è una squadra ciclistica e basta, ma una piattaforma dove gli sponsor generano profitto e ingaggio di nuovi clienti. Quindi non è solo importante vincere, perdere o quanto arrivi in classifica.
Che però serve per essere presenti alle gare in cui il discorso precedente può essere fatto, no?
Ovvio che è una squadra ciclistica e deve generare risultati sportivi, però genera anche un diverso modo di fare affari. Se io invito otto clienti importanti di un mio sponsor, diciamo otto dirigenti, il risultato della corsa è sì influente, ma è una parte del discorso. Perché vedono come lavoriamo all’interno della squadra, vedono i ragazzi, parlano con i ragazzi. Vedono la tensione pre-gara, la delusione post gara, la fatica, il sacrificio. Vedono Maestri che piange al traguardo perché ha fatto secondo per l’ennesima volta, quindi è molto di più. Mi sto allargando un po’ per dire che per me il discorso dei punti è importante, ma è una conseguenza.
Una conseguenza di cosa?
Una delle priorità del 2025 è arrivare nelle prime 30 squadre, però noi abbiamo ben chiara la proiezione di crescita per arrivarci. Abbiamo ben chiaro che esiste il mercato estivo anche per le squadre ciclistiche come quelle di calcio. E se ad agosto avremo indicatori particolari, cercheremo di fare una campagna acquisti adeguata.
Quindi la soluzione non è andare a fare punti nelle piccole corse?
Noi vogliamo fare punti alla Route d’Occitaine, che è cominciata ieri. All’Andorra MoraBanc Classica di domenica. Alla Copenhagen Sprint nel WorldTour. Rispetto le corse di ogni categoria, anche perché le ho fatte anche io e sono consapevole che senza di loro non saremmo qui. Tuttavia il mio obiettivo è fare punti nelle gare di una categoria superiore. Il problema è che i miei corridori devono fare i punti nelle gare che mettiamo nel calendario.
Questa è la nota dolente?
Non li abbiamo fatti e per questo sono arrabbiato nero. Devo fare un mea culpa generale, in questo momento devo guardare a me. E il problema è che la mia squadra non ha fatto punti in alcune gare dove aveva il dovere di farne.
Pensi che il sistema dei punti e la fuga degli juniores verso i devo team permette alla tua squadra di essere competitiva nelle corse di cui parli?
Abbiamo sempre avuto una buona attrattiva nei confronti dei giovani. Lo vediamo con Piganzoli che ha scelto di rimanere e con Crescioli che è venuto con noi. Mi è spiaciuto non prendere per esempio un corridore come Gualdi, come non avere accesso ad alcuni juniores bravi, però magari ce l’avremo il prossimo anno. La situazione del mercato è chiara e anche le famiglie spingono verso la grande squadra piuttosto che verso la professional, però…
Però?
Però Albanese e Fortunato se non li prendevamo noi, dov’erano? Vorrà dire che prenderemo quelli che rientrano dai devo team, perché qualcuno poi rientra. Però in questo momento non mi staccherei dall’autocritica, perché non sarebbe giusto. E noi finora non siamo stati in tabella con i punti che avevamo a disposizione. Zero alibi. Sono d’accordo con l’editoriale che hai scritto, ma se avessi fatto tre podi al Giro d’Italia, ora non avrei questo problema, perché avrei 500 punti in più.
Sono cose che hai detto anche ai corridori?
Io sostengo continuamente la mia squadra, ma non mi piace lamentarmi. Faccio un altro esempio: al Tour of Hainan abbiamo dormito. Abbiamo fatto due gare a tappe con pochissimi punti, il problema è della regola o della squadra? Se io torno da Hainan con 70 punti e la Solution Tech con 300, il merito va a loro e la colpa a noi. Se al Giro ho corridori che pensano più ai video sui social che alla corsa, da ex corridore mi scatta la rabbia.
Pensi che questa consapevolezza darà buoni frutti?
Certo. Sono convinto che all’Occitanie, Piganzoli farà delle belle cose. Tra sfortune e cadute, il suo Giro è stato al di sotto delle sue e delle nostre attese, ma noi abbiamo il dovere di permettere a un corridore bravo, serio e corretto di 22 anni di fare i suoi sbagli. Penso di poter parlare anche per Reverberi. Quando avevamo Fortunato e lui Pellizzari che magari stantuffavano e ora li vediamo andare forte, un po’ di merito ce lo sentiamo anche noi. Ma se non ci diamo da fare noi per primi, ci rendiamo conto che in Italia non resterà poi molto da applaudire?