C’è voluta forse qualche settimana più del preventivato, perché a dispetto di ottime prestazioni quella vittoria non voleva proprio arrivare. Ma alla fine Luca Paletti ha messo una prima firma sulla stagione e lo ha fatto al cospetto di un campionissimo come Francesco Moser, correndo nella sua Palù di Giovo, aggiudicandosi la sua Classicissima Cantine Moser.
Paletti lo avevamo lasciato nello scorso inverno quando si era rivelato specialista di livello del ciclocross, salendo anche sul podio europeo di categoria. Che su strada ci sapesse fare però era evidente dal fatto che una serie di piazzamenti gli ha già schiuso le porte della nazionale anche su strada, tanto è vero che sta correndo in Germania nel Trofeo Saarland, altra prova della Nations Cup: «E’ vero, di piazzamenti ne ho fatti tanti – afferma il figlio d’arte (suo padre Michele corse nella Mapei ed è titolare del Team Paletti dove corre Luca, ndr) ma mancava sempre qualcosa, per questo la vittoria in Trentino ha per me un valore così grande».


Raccontaci che gara è stata…
Per la prima parte non c’erano particolari difficoltà, nella seconda c’era la salita di Palù di Giovo da affrontare per intero una volta mentre nella seconda l’arrivo era posto a metà. Nella prima parte era andata via una fuga senza nessuno dei nostri e questo ci ha costretto a lavorare per ricucire la corsa. Sulla salita finale mi sono ritrovato in fuga con altri due, ho provato a staccarli per evitare l’arrivo allo sprint e per fortuna è andata bene.
In questa tua prima parte di stagione quanto ha influito la stagione del ciclocross e soprattutto i suoi risultati?
Molto, dal punto di vista del morale mi ha sicuramente dato una grande spinta. All’inizio avevo dovuto prendermi un po’ di pausa, poi ho ripreso cercando di raggiungere presto una buona condizione e il fatto che anche in una fase in crescendo, riuscivo comunque a rimanere ai vertici mi ha dato molta convinzione.
Dal punto di vista tecnico il lavoro invernale nel ciclocross ti ha avvantaggiato?
Enormemente. Non solo dal punto di vista della guida, della padronanza del mezzo in gruppo, ma è in salita che ho notato progressi enormi e incoraggianti. In Trentino sono riuscito a fare la differenza staccando i miei due avversari sul ritmo e questo è un dato importante.


Sai che la convivenza fra strada e ciclocross per molti giovani talenti è un problema, molti team non sono propensi a dare via libera in inverno. Qual è la tua esperienza in proposito?
Io da questo punto di vista sono abbastanza tranquillo, il team su strada mi dà ogni sostegno. Ora dovrò trovare un nuovo team per il ciclocross, sto vagliando diverse offerte per fare la scelta giusta. Per me è fondamentale continuare su questa direzione, fare più discipline vedo chiaramente che è un aiuto importante e non lo dico solo in base a questi ultimi mesi: un anno mi sono fatto male in inverno e ho dovuto saltare tutta la stagione, ma quando ho ripreso su strada mi mancava qualcosa, era evidente.
Salvoldi ti ha scelto per il Trofeo Saarland. Una gara a tappe. Nelle prove di più giorni come ti trovi?
Non ne ho mai fatte prima e quindi non ho esperienza, a pelle posso però dire che mi piacciono e che hanno una modalità che dovrebbe essere abbastanza adatta al mio modo di essere corridore. Chiaramente sono da valutare le mie doti di recupero, ma questo lo sapremo solamente provandoci…


Con il cittì del ciclocross Pontoni ti senti e state già programmando la prossima stagione?
Daniele mi ha chiamato, siamo in contatto ma parliamo solo di come stano andando le corse, vuole sapere come mi sto trovando, senza parlare del futuro. C’è ancora tempo, so di rientrare nei suoi piani e quando sarà il momento mi farà sapere, d’altronde prima c’è anche da risolvere la scelta della nuova squadra, è importante perché passo di categoria e voglio farlo in un team attrezzato.
Continuerai sul doppio binario?
Almeno per due anni sì, come ho detto ci sono evidenti vantaggi, poi vedremo la situazione e farò le mie scelte.
C’è un corridore che ti ispira particolarmente?
Non faccio una scelta fra Van Der Poel e Van Aert, sono molto diversi ma proprio per questo mi piacciono. L’olandese è uno che dà sempre spettacolo, il suo stile è inconfondibile e mi affascina, Van Aert dal canto suo è più atleta, magari meno appariscente ma quando conta c’è sempre. Mi piacerebbe prendere il meglio da entrambi…