Hofstetter 2022

Hofstetter, la parabola vincente di un “non vincente”

25.03.2022
5 min
Salva

Le Samyn 2020. La gara si è appena conclusa e il vincitore, Hugo Hofstetter, piange a dirotto. Non riesce proprio a fermarsi, tanto che chi gli è intorno inizia a preoccuparsi: «Hugo, perché piangi così?». «Voi non capite… Vincere è così difficile e io non sono un vincente. Per questo sono felice, perché per vincere ho dovuto lavorare davvero tantissimo». Prima di quella corsa aveva vinto solo una volta, una tappa al Tour de l’Ain 2018, dopo non vincerà più, almeno finora.

Perché allora portarlo agli onori della ribalta? Qualche giorno fa il sito specializzato Pro Cycling Stats, che archivia tutti i numeri statistici riguardanti il mondo delle due ruote, ha twittato una domanda: «Lo sapete chi è l’unico corridore che arriva sempre nella Top 10?». Il nome era il suo ed effettivamente, andando a leggere la sua scheda, la sua costanza di risultati è impressionante: quest’anno, su 21 giorni di gara, c’è riuscito 11 volte, di cui ben 8 consecutive, tra classiche belghe e Volta a Catalunya, con 3 secondi posti e 4 terzi.

Hofstetter bimbo
Hugo Hofstetter è nato il 13 febbraio 1994. E’ professionista dal 2015
Hofstetter bimbo
Hugo Hofstetter è nato il 13 febbraio 1994. E’ professionista dal 2015

Un patrimonio per molti team

Qualche giorno fa si parlava dell’importanza di un corridore, soprattutto un velocista, per una squadra: il team ha bisogno di corridori vincenti, si diceva, perché sono quelli che danno immagine. E’ vero da un certo punto di vista, ma proviamo a guardare l’altro lato della medaglia. Molte squadre hanno oggi bisogno di punti, per poter restare nel World Tour o riuscire a entrarci. E per simili team uno come Hofstetter è una vena d’oro, che porta carrettate di punti. All’Arkea Samsic lo sanno bene, lo hanno prelevato dall’Israel Start Up per questo e ogni settimana si fanno i loro conti, sapendo che ogni euro versato sul suo stipendio è speso bene.

Hofstetter ha trovato la sua dimensione e non è poco per uno che è arrivato al ciclismo molto tardi e che è passato pro’ a 22 anni. Prima, aveva fatto di tutto, dal calcio alla scherma, dall’atletica persino alla danza. Poi però ha pensato che la scelta giusta l’aveva fatta sua sorella Margot, appassionata di ciclismo e seguendola se ne è innamorato anche lui. Ma ha capito subito che doveva cercarsi un ruolo che non era certo quello del campione.

Garçon, champagne per tutti…

Beh, qualche vittoria l’aveva ottenuta anche lui, in fin dei conti nel 2013 è stato proprio Hofstetter a iscrivere il suo nume nell’albo d’oro del campionato francese fra i dilettanti. Quel giorno ci credeva, aveva persino scommesso alla vigilia con i suoi compagni: «Se vinco verso champagne da bere a tutti». Alla sera, carta di credito alla mano, al bistrot ha offerto da bere a tutti, versando dalla bottiglia di sua mano…

Dicevamo però che campione, di quelli che vincono e si guadagnano le prime pagine dei giornali, non è un ruolo che gli confaceva. A Hugo però sono venuti utili gli insegnamenti che ha appreso appena entrato nel mondo delle due ruote: quando è passato fra gli Under 23 si è accorto innanzitutto che gli altri andavano molto più veloci di lui. Perché? Perché si allenavano molto di più e in maniera molto più concreta. Ma non basta: ha capito anche che, proprio per questa sua mancanza, non conosceva davvero i suoi limiti.

Hofstetter Marie 2021
Il corridore di Altkirch con la sua compagna Marie a cui ha dedicato un tatuaggio
Hofstetter Marie 2021
Il corridore di Altkirch con la sua compagna Marie a cui ha dedicato un tatuaggio

La bici, uno strumento musicale

Si è messo a lavorare di brutto, ma anche a riflettere. Quando è passato pro’, sapendo ormai quali erano i suoi limiti, ha capito che doveva lavorare sodo a ogni gara, ma non come il solito capitano. Poteva ritagliarsi un ruolo diverso, quello dell’eterno piazzato. Perché ci sono squadre che lo avrebbero cercato proprio per questa sua caratteristica, come si cerca la figurina rara nella collezione degli album o il giocatore che nel Fantacalcio ti assicura sempre la sufficienza piena.

Nel 2018 è stato per ben 24 volte tra i primi 10 e alla fine della stagione ha portato a casa sia la Coupe de France che l’Europe Tour. Molti addetti ai lavori si sono accorti di lui rimanendo sorpresi da questo suo modo di interpretare il ciclismo. Certamente non ortodosso, certamente poco attraente dal punto di vista della fantasia, ma estremamente redditizio.

Così si è cominciato a scavare, hanno iniziato a fermarlo a fine corsa, a chiedergli qualcosa e le sue risposte non sono mai banali, sono sempre frutto di ragionamenti. Non arriviamo alle filosofie di Guillaume Martin, ma le sue parole spesso fanno pensare, soprattutto il profondo giudizio che dà del ciclismo: «E’ la mia vita e la bici è il mio strumento musicale, che mi permette di esprimermi anche meglio delle parole.

Hofstetter Samyn 2022
Il corridore dell’Arkea Samsic all’attacco a Le Samyn 2022 al fianco di Trentin, che lo batterà allo sprint
Hofstetter Samyn 2022
Il corridore dell’Arkea Samsic all’attacco a Le Samyn 2022

La grande sfida con Trentin

«Devo tutto al ciclismo, perché mi ha dato una strada da percorrere per diventare l’uomo che sono. Mi ha insegnato i valori giusti, come il rigore e la disciplina senza i quali non vai da nessuna parte. Mi ha reso indipendente, economicamente ma non solo. Mi ha fatto diventare una persona degna, per questo onoro la bici ogni giorno, a ogni gara, perché al termine di ognuna di esse voglio sentirmi in pace con la coscienza per aver dato tutto quel che potevo».

Certo, il gusto della vittoria gli piacerebbe riassaporarlo. Ci ha provato spesso, ad esempio di nuovo all’ultima Le Samyn, ma si è trovato di fronte un Matteo Trentin che aveva forse ancora più fame di vittorie: «Eravamo i due che avevano lavorato di più perché quella fuga andasse in porto. Nella volata sono rimasto bloccato per un secondo e ho perso l’attimo giusto, ma forse era lui il più forte ed è stato giusto così». Le parole di un “non vincente”, che però nel ciclismo attuale ha tutti i diritti di esserci.

E’ arrivato il gelo, il Rosso di Buja prende le misure…

04.12.2021
4 min
Salva

Il freddo e la pioggia fanno parte delle condizioni che più determinano in modo negativo le corse e gli allenamenti. A nessuno piace il freddo. Anche se qualche eccezione nel gruppo c’è, e una di queste è sicuramente Alessandro De Marchi. Vittoria alla Tre Valli Varesine e maglia rosa a Sestola. Questi due risultati importanti hanno una cosa in comune: tanta acqua. E non è un caso se il Rosso di Buja si è esaltato in quelle condizioni proibitive. Non sono le sue uniche vittorie con queste avversità, ma rappresentano il suo biglietto da visita. Da dove deriva questa predisposizione? E come ci si prepara ad affrontare la preparazione invernale? Lo abbiamo chiesto direttamente al Rosso, intercettandolo telefonicamente al rientro da due giorni di ritiro e test dei materiali a Girona con l’Israel Start-Up Nation.

A Sestola ha conquistato la maglia rosa in una giornata di pioggia continua
A Sestola ha conquistato la maglia rosa in una giornata di pioggia continua
Sei un amante del freddo o semplicemente lo sopporti più degli altri?

Più che sopportazione è diventato abitudine, vivendo in Friuli-Venezia Giulia. Qui le temperature sono da inverno rigido. Una volta non è che potevi prendere l’aereo e andare in Spagna, soprattutto nelle categorie giovanili e a inizio carriera. Per cui ho imparato a conviverci con il freddo. Probabilmente deriva da questo la mia sopportazione. I primi anni da professionista in particolare ho sempre fatto gli inverni a casa, allenandomi con qualsiasi condizione e questo evidentemente mi ha aiutato. Ci vuole un po’ di spirito di sacrificio e adattamento

La preparazione la fai a casa?

Se posso decidere, preferisco anche io allenarmi con il caldo. Però, insomma, allenarsi a casa non è impossibile e mi piace. Anche se avere dei momenti in cui ti concentri bene sulle tue cose fa bene. Infatti quest’anno prenderò su la mia famiglia e andrò a Gran Canaria. Lì so che mi posso dedicare alla bici e dopo l’allenamento alla famiglia, cosa che a casa è difficile che succeda.

Pioggia e freddo durante la sesta tappa del Giro d’Italia in cui il rosso di Buja perderà la rosa
Pioggia e freddo durante la sesta tappa del Giro d’Italia in cui perderà la rosa
E’ mattina, ci sono zero gradi e nebbia. Insomma è una classica giornata invernale. Apri l’armadio e cosa ti metti?

In condizioni di freddo vero, diciamo da zero a cinque gradi, scatta il piano con l’abbigliamento più caldo e performante. Una calzamaglia speciale, di quelle imbottite con strati rinforzati sulla parte anteriore delle cosce. Una giacca invernale unica, molto tecnica, in grado di tenere caldo come se fossero tre strati. Sotto, un intimo termico che può essere a maniche corte o lunghe, in questo caso lunghe. In pratica è come comporre un puzzle in base alle temperature a seconda di quanto freddo fa. 

Mani, piedi e testa. Come ti proteggi?

Utilizzo calzini classici, così come per le scarpe. Preferisco mettere copriscarpe un po’ più spessi che tengono caldo, diciamo sopra i 2 millimetri di spessore. Così come per i guanti, specificamente invernali e molto tecnici. Poi una fascia felpata per le orecchie. E infine uno scaldacollo pesante, sagomato e aderente per non avere “spifferi”, comunque traspirante che mi permetta di non sudare troppo e regolare la temperatura. 

In queste condizioni alleggerisci l’alimentazione?

No, anzi. Se fa molto freddo, preferisco mangiare di più. Perché il freddo ti porta a consumare più energie e calorie. Un adeguamento è richiesto anche sotto questo aspetto. Una barretta o due in più. Principalmente di scorta, per non avere crisi di fame che potrebbero essere più pesanti con temperature così basse. 

Il Rosso di Buja alla Tre Valli Varesine ancora una volta in una giornata proibitiva
Il Rosso di Buja alla Tre Valli Varesine ancora una volta in una giornata proibitiva
Dopo la vittoria alle Tre Valli Varesine ci dicesti: «Queste giornate mi piacciono. Si deve correre a carte scoperte. E quando questo succede, devi essere coraggioso. Devi correre sapendo che puoi perdere tutto, ma è il modo migliore per arrivare a vincere. O comunque per me è anche il modo più bello». Come ci si prepara per gare con quelle avversità meteorologiche?

Lì la differenza grossa la fa il come ti vesti. Anche se durante la competizione entra in gioco di più l’aspetto mentale. E’ più incisivo che in allenamento. In allenamento puoi decidere di startene a casa mentre in gara ovviamente no. Anche il lato tecnico vuole la sua parte. Saper guidare la bici e non avere paura, fa parte delle abilità che ci vogliono per fare la differenza in quelle condizioni. Stessa cosa per le volte in cui non piove, ma l’asfalto è umido. Come spesso accade a inizio e fine stagione, in quei casi bisogna adattare lo stile di guida.

Quando partirà la tua stagione? 

La stagione inizierà sicuramente a febbraio con le gare in Spagna. Stiamo ancora definendo il calendario quindi non so ancora niente. Di sicuro farò il periodo a Gran Canaria e poi andrò a Girona a gennaio per il ritiro con la squadra e poi da lì si comincia. 

Hai già definito i tuoi obbiettivi per il 2022?

Dobbiamo ancora decidere, io ho espresso la mia volontà di andare al Giro d’Italia e partire con la stagione in funzione di quello. Vediamo cosa stabilisce la squadra, ma sono ottimista. Stessa cosa vale per le corse di avvicinamento, dobbiamo ancora definire il tutto. 

Team building finito, la Israel inizia a fare sul serio

18.11.2021
5 min
Salva

Il tempo delle vacanze sta per scadere. Ancora un paio di settimane e poi tutte le formazioni inizieranno ufficialmente a programmare il 2022. Tra quelle da tenere sotto osservazione nella prossima stagione c’è la Israel Start-Up Nation, complice un ciclo-mercato qualitativamente mirato ed una grande voglia di rilancio di alcuni suoi corridori.

Degli obiettivi della squadra – che ha appena terminato un raduno in Israele durante il quale ha sviluppato il proprio concetto di team building, senza tralasciare il contatto con gli appassionati locali – ne abbiamo parlato con il diesse Claudio Cozzi, fresco del suo cinquantacinquesimo compleanno, festeggiato il 14 novembre.

Claudio, iniziamo dai giorni trascorsi in Israele. Che cosa avete fatto?

Siamo stati giù dal 3 al 13 novembre. E’ stato un training camp all’insegna del relax. Abbiamo pedalato solo per 2/3 giorni di bici, compresa la Mtb, in compagnia di alcuni nostri partner. Ci siamo sfidati a beach volley, sul kayak e in altre attività. Abbiamo anche fatto diverse escursioni nei luoghi più importanti del paese. Ci siamo divertiti tutti assieme.

Avete perso sei corridori e ne sono arrivati quattro: Nizzolo, Fuglsang, Houle e Strong. Che stagione farete?

L’obiettivo della squadra è sempre quello di progredire. Credo che per l’anno prossimo il nostro roster si sia rinforzato. Il programma ufficiale delle gare lo faremo a gennaio, per il momento ne abbiamo fatto solo uno indicativo ma ovviamente dipenderà tutto dai corridori.

L’arrivo di Nizzolo aumenta il potenziale nelle volate e nelle classiche del Nord
L’arrivo di Nizzolo aumenta il potenziale nelle volate e nelle classiche del Nord
Parliamo dei nuovi acquisti, iniziamo da Nizzolo. Cosa farà?

Classiche e tappe dei grandi giri saranno parte dei suoi obiettivi, Sanremo in primis. Sembrerebbe più orientato a fare il Giro ma vedremo come uscirà dalla primavera. Naturalmente in base ai risultati che otterrà avrà la possibilità di conquistarsi la Nazionale nelle varie rassegne dell’anno prossimo.

Fuglsang (tre anni di contratto, ndr) è arrivato con Houle. Il danese vuole riscattare un 2021 piuttosto opaco. Come lo hai trovato?

Jakob ha le idee chiare, è molto motivato, vuole tornare competitivo. Vedremo quali grandi giri farà, ma li vorrà fare bene. Houle è un buonissimo corridore ed un suo uomo di fiducia. Lo aiuterà per ritrovare risultato.

Jakob Fuglsang esce dall’Astana dopo anni da leader: è motivato e vuole tornare competitivo
Jakob Fuglsang esce dall’Astana dopo anni da leader: è motivato e vuole tornare competitivo
Dalla Seg Racing è arrivato l’interessante neozelandese Corbin Strong. Cosa sai di lui?

E’ un classe 2000 molto promettente e veloce. Ce ne aveva parlato bene Greg Henderson dicendoci che ha ampi margini di crescita. Recentemente ha vinto un paio di prove nella prima prova della Champions League della pista, dove ha già vinto diverse medaglie mondiali (oro nell’inseguimento a squadre junior nel 2018 e oro nella corsa a punti nel 2020, ndr). 

Parlando invece dei confermati, c’è sempre Froome che vuole tornare ad alti livelli.

Vero, ha voglia di rifarsi. Quest’anno, per un motivo o l’altro, ha sempre avuto contrattempi che gli hanno rallentato il processo di recupero dall’infortunio del 2019 (al Delfinato, ndr). Uno come lui ha bisogno di correre con continuità. Quest’anno ha finito la stagione in crescendo, guardando i suoi valori. Ovvio che abbia cambiato filosofia dopo quell’incidente.

Ovvero? Spiegaci.

Ci ha detto che non ha obiettivi precisi tra i grandi Giri. Lui vuole partire deciso ad inizio stagione per vedere come sta e da lì capire che decisioni prendere. L’ho conosciuto quest’anno e mi ha fatto una grande impressione. E’ un grande professionista, non lascia nulla al caso. Pensate che ogni tanto mi chiedeva di abbreviare i meeting pre-gara perché voleva completare il suo stretching. Con questa determinazione può tornare in alto.

Froome ha voglia di rifarsi. Il recupero dall’infortunio è andato a rilento, ma ora sembra completo
Froome ha voglia di rifarsi. Il recupero dall’infortunio è andato a rilento, ma ora sembra completo
Due nomi secchi da cui ti aspetti qualcosa per il 2022.

Due sprinter. Rudy Barbier, che deve ritrovare la forma migliore, e Itamar Einhorn, che potrebbe vivere la stagione della maturità.

Claudio come sta il ciclismo israeliano? Grazie a voi sta crescendo e avendo visibilità.

Noi ne abbiamo quattro di loro corridori. Oltre ad Einhorn abbiamo Niv, Sagiv e Goldstein. Tutti ottimi uomini squadra. Stiamo tenendo monitorati tutti i giovani della Israel Cycling Academy, la nostra squadra continental, dove è appena approdato Marco Frigo (ex campione italiano under 23 nel 2019 e arrivato dalla Seg Racing, ndr). Personalmente credo in loro e fra qualche anno riusciranno ad avere una nazionale di buon livello.

Nizzolo riparte: contratto a posto e un treno da inventare

04.11.2021
4 min
Salva

Cimolai esce, Nizzolo entra. Come alla Cofidis Viviani ha lasciato il suo posto al friulano, la partenza di quest’ultimo dalla Israel Start-Up Nation ha spalancato la porta per il milanese in uscita dalla Qhubeka-Nexthash. Le squadre si rinforzano, cercano di coprire tutti i ruoli e specialmente sul fronte dei velocisti il mercato 2021 ha visto un discreto andirivieni. Ma la situazione di Nizzolo si era parecchio ingarbugliata. Nel suo contratto infatti era stata inserita una di quelle clausole da cui di solito si sta alla larga, che permetteva alla Qhubeka di pareggiare l’eventuale offerta ricevuta e tenere così bloccato il corridore. Perciò Giacomo, che già lo scorso anno restando aveva salvato la squadra sudafricana, si è ritrovato fino a ottobre senza sapere che cosa avrebbe fatto nel 2022.

«La Israel – racconta – mi aveva cercato già a luglio, però Qhubeka ha pareggiato l’offerta e non potevo muovermi. Intanto uscivano notizie sulla difficoltà nel trovare lo sponsor e così ogni due per tre ho iniziato a chiedere come andassero le cose e quali garanzie potessero darmi. Finché a un certo punto mi hanno detto che avrei potuto prendere la mia strada».

Nella Qhubeka-Nexthash si era creato un bel gruppo, peccato per le difficoltà finanziarie
Nella Qhubeka-Nexthash si era creato un bel gruppo, peccato per le difficoltà finanziarie

Un treno per lui

La prossima sarà la quarta maglia in dieci anni di professionismo. La sensazione è che a Nizzolo non piaccia cambiare. Infatti è rimasto legato anche alla Qhubeka appena lasciata, al punto da fare il tifo affinché trovi uno sponsor che permetta al gruppo di andare avanti.

«Se lo meritano – dice – sono tutti delle brave persone. Ma Israel ha trovato argomenti molto interessanti. Fra coloro che mi hanno cercato, sono stati i più chiari nel dire che ci sarà il modo di creare un bel gruppo attorno a me, affinché io possa giocarmi le mie carte in volata e nelle classiche. Dei programmi parleremo in Israele, nel primo ritiro dal 5 al 13 dicembre. Ma siccome l’idea è di andare al Giro o al Tour con il mio treno, bisognerà vedere quali saranno i piani degli uomini di classifica per non pestarci i piedi».

Giro meglio del Tour

Le classiche prima, poi la logica imporrebbe un periodo di scarico, per tornare a prepararsi per il Tour. Ma il Giro gli ha lasciato in bocca il buon sapore della vittoria, finalmente arrivata a Verona e starne fuori è un’ipotesi difficile da contemplare.

«Parlo a sentimento – sorride – proprio perché ancora non si sono fatti i programmi, ma il Giro mi ha lasciato addosso la bella tranquillità di aver finalmente vinto e la possibilità di tornare a rivivere quella sensazione è qualcosa che mi alletta parecchio. Essere in corsa senza l’ansia di dover vincere, perché finalmente mi sono sbloccato».

A Verona, 13ª tappa del Giro d’Italia 2021, è finalmente arrivata la prima vittoria di tappa nella corsa rosa
A Verona, 13ª tappa del Giro d’Italia 2021, è finalmente arrivata la prima vittoria di tappa nella corsa rosa

Un progetto enorme

Il resto è tutto da scoprire. Nei giorni scorsi in Israele è stato inaugurato il futuristico velodromo Sylvan Adams, nel nome dell’eccentrico ma non meno appassionato milionario che ha creato la squadra e il progetto di sviluppo del ciclismo in Israele. La struttura ospiterà i mondiali juniores del 2022 e l’11 dicembre una tappa della Track Champions League dell’Uci. E dato che nel centro ciclistico hanno sede la federazione israeliana e anche la squadra, c’è da scommettere che in occasione del primo ritiro, i corridori metteranno le ruote sulla pista.

«Me lo auguro – commenta Nizzolo – è una squadra che si porta dietro proprio questa immagine di netta crescita. Si vede che investono, anche quello che stanno facendo per sviluppare la bici non passa inosservato. Ho fatto delle belle chiacchierate con Verbrugge e Carlstrom (direttore sportivo e team manager, ndr) e con Sylvan Adams in persona. Al mondiale avevo parlato con De Marchi, per dirgli che dal prossimo anno saremo compagni di squadra ed è stato contento. Correre con lui a Leuven è stato una bella esperienza. Perciò ora ricomincerò a pedalare. Un po’ ho staccato. Mi sono dedicato a qualche hobby. Ma in attesa di avere il nuovo materiale, è tempo di riprendere la mia Bmc. Non voglio arrivare giù troppo indietro…».

Scicon, un anno di occhiali dalla principessa a Pogacar

27.10.2021
5 min
Salva

Conosciamo tutti Scicon come specialisti nella produzione di borse da viaggio per trasportare in tutta comodità le bici. Claudio Fantin (in apertura con i corridori della UAE), dopo trent’anni in questo mondo e dopo aver fatto diventare Scicon una delle aziende leader in questo campo, ha deciso di spostarsi sulla produzione di occhiali. Una scelta coraggiosa avvenuta nel 2018 e che dopo un paio d’anni di progresso e sviluppo, sempre sotto il suo controllo attento, è approdata nel WorldTour. Scicon, nel 2020, ha iniziato a fornire occhiali a tre team: Ntt Pro Cycling Team (ora Qhubeka Next Hash), Israel Start-Up Nation e UAE Tam Emirates.

Nel 2021 la partnership si è allargata anche alla Israel Start-Up Nation e De Marchi ha portato a Scicon anche la maglia rosa
Nel 2021 la partnership si è allargata anche alla Israel Start-Up Nation e De Marchi ha portato a Scicon anche la maglia rosa
Claudio, quando è nato il primo occhiale Scicon?

A Montecarlo, quando la principessa Charlene mi chiese di fare un’occhiale per un evento water bike che da Nizza avrebbe portato i partecipanti fino al Principato. Così un po’ casualmente nacque l’idea di un primo occhiale e sull’onda dell’entusiasmo ci siamo lanciati in questo mondo.

Come avete fatto a fornire fin da subito team così importanti?

Con il team UAE grazie alla fiducia ricevuta da Giannetti, mentre avevamo già una collaborazione con NTT e Israel ad inizio 2020. Con NTT abbiamo vinto europeo e campionato italiano con Nizzolo, la nostra stagione era già iniziata alla grande…

Poi il Tour con Pogacar

Quello non me lo aspettavo, è stato tutto perfetto. Ad inizio Tour alla squadra fornivamo solo tre pezzi del nostro nuovo modello, Aeroshade e li avevamo dati a Kristoff, Formolo e Pogacar. Poi a Nizza, Kristoff ha vinto la volata e si è preso la maglia gialla… Lì mi sono detto: «Basta, posso chiudere l’album delle fotografie». Invece Tadej ci ha regalato il trionfo finale. Devo ammettere di essermi commosso in quel caso, è stato un tripudio di emozioni.

Come partite per lo sviluppo di un modello?

Ti faccio l’esempio più recente: l’occhiale con cui Pogacar ha vinto il Lombardia è il prototipo di un nuovo modello. Si parte dal farlo provare al corridore in un momento di incontro, non per forza programmato, in quel caso fu a Trento per glil europei. Tadej ci ha dato dei primi feedback e abbiamo lavorato su quelli. Poi ci siamo rivisti a Leuven, ai mondiali, e abbiamo fatto la stessa cosa. Così infine al Lombardia ci ha potuto correre la prima volta.

Quante prove su strada si fanno prima di andare in corsa?

I corridori sono persone molto curiose e l’allenamento lo prendono come un momento in cui testare dei nuovi prodotti. Già dalle prime uscite prendono le misure e ci danno spunti su cui lavorare. La gara però è il banco di prova finale, se un corridore vince vuol dire che hai lavorato bene, perché tutti i dettagli contribuiscono alla vittoria finale.

Insomma, si parte da lontano

Si parte da lontano e dall’estetica. Il modo in cui il corridore si vede con quegli occhiali addosso è molto importante, quasi quanto la tecnica. Per noi i feedback fondamentali non sono quelli presi singolarmente, ma quelli durante i momenti conviviali. Mentre i corridori parlano tra di loro, magari davanti ad una pizza, dicono delle cose che tu devi essere bravo a captare.

Non tutti i corridori però hanno le stesse esigenze.

No, sono molto diversi. Per esempio Froome è uno molto tecnico ed attento al dettaglio. Per lui si fanno modifiche dettagliate. Si parla di ultra-racing, ovvero modifiche che non si commercializzano. I corridori hanno fisionomie differenti e in questo caso si cerca di rendere il prodotto “elastico”, cioè indossabile da tutti. Ascoltando le esigenze di un corridore soltanto, si renderebbe indossabile l’occhiale per uno, sta a noi creare un modello polivalente.

I “rifornimenti” come si organizzano?

Andiamo ai training camp ad inizio stagione e facciamo delle visite oculistiche a tutta la squadra ed allo staff perché forniamo occhiali a tutti. In un team si contano 120 persone compresi i corridori. Siamo soliti portare un ottico a questi incontri per fare visite e capire quante montature da vista servono o come lavorare con gli occhiali da corsa.

Chris Froome è uno dei corridori più esigenti e meticolosi in gruppo, con lui Scicon lavora molto per gli sviluppi tecnici
Chris Froome è uno dei corridori più esigenti e meticolosi in gruppo
Tanto lavoro…

Siamo sempre a mille all’ora ma funziona così se vuoi restare ai massimi livelli.

Quali sono i corridori più “complicati”?

Quelli che sono obbligati ad indossare lenti a contatto in corsa hanno delle esigenze diverse. Tendenzialmente un corridore cerca di non indossarle, ma non sempre è possibile e in quel caso interveniamo noi. Il vero problema di chi indossa le lenti da vista è che dopo 6-7 ore si seccano. In quel caso si fanno delle lenti racing più grandi ma si alza il rischio di appannarle e così si mettono delle aperture sulle bacchette…

Froome, il 2022 per tornare se stesso. Impresa possibile?

10.10.2021
5 min
Salva

Vigilia del primo Lombardia di Chris Froome, venerdì, inizio pomeriggio (nella foto di apertura di Mattia Ragni, durante una sosta nell’allenamento). Persino chi ha vinto tutti e tre i grandi Giri, medaglie olimpiche e mondiali ha ancora tempo di scoprire una nuova corsa a 36 anni compiuti e sentirsi un ragazzino. A vederlo come pedalava in mezzo ai compagni del Team Israel Start-Up Nation, ridendo, scherzando e fermandosi a scattare qualche istantanea lungo il Ticino dalle parti di Sesto Calende, l’impressione è che abbia ritrovato la tranquillità dopo tanti mesi difficili. Non a caso, prima di concentrarsi sulla Classica Monumento delle foglie morte, l’asso britannico di origini keniane ci ha confidato che il quinto Tour è ancora lì, saldo nei pensieri per il 2022. Anche se poi la corsa non è andata come sognava, nella logica di un percorso di avvicinamento che Chris sembra avere ben chiaro.

Lo abbiamo incontrato nell’hotel della squadra nel corso di uno shooting fotografico di Uyn, l’azienda che al team israeliano fornisce abbigliamento intimo ad alta tecnologia oltre ad accessori fondamentali da indossare nei momenti di riposo.

Hai pedalato in tutto il mondo, ma non avevi mai fatto il Lombardia…

La mia stagione finiva sempre dopo la Vuelta, l’obiettivo che sceglievo dopo il Tour e a quel punto ero davvero morto. Non ero mai arrivato in questo periodo della stagione ancora motivato e con tanta voglia di dire la mia. Il Lombardia è una bella corsa, una classica del ciclismo e a me piace sempre correre in Italia.

Il tuo primo anno al Team Israel, anche a causa dei postumi dell’infortunio, è stato più duro del previsto: ce lo racconti?

I primi sei mesi di quest’anno ho lavorato tanto tanto giù dalla bici per recuperare il tono muscolare perduto dopo che mi sono fatto male. Ho lavorato molto in palestra perché era molto importante farlo, però questa scelta mi ha tolto tempo agli allenamenti in bici, su cui mi sono concentrato poi negli ultimi due o tre mesi, cioè dopo il Tour. Ho ancora tanta voglia di essere lì davanti anche nel 2022.

Il primo Lombardia di Froome si è chiuso con il ritiro: tornerà quello di un tempo?
Il primo Lombardia di Froome si è chiuso con il ritiro: tornerà quello di un tempo?
Il tuo grande amore è il Tour de France: pensi possa essere quello l’obiettivo principale per l’anno prossimo?

Per me, l’obiettivo numero uno è tornare al livello che avevo prima dell’incidente. Sto lavorando per quello. Per gli appuntamenti specifici, come il Tour, il Giro o la Vuelta, non ho ancora deciso.

Ti piace essere un modello per i tanti giovani della tua squadra, che si emozionano soltanto al pensiero di correre insieme a te?

In particolare, sono molto contento di lavorare con l’Israel Start-Up Academy, che aiuta i giovani a crescere. Cerco di dare qualche piccolo consiglio che ho imparato dai tanti anni vissuti nel ciclismo, penso che questo faccia parte del nostro sport: i più vecchi devono aiutare i nuovi arrivati.

Molto attento alla messa a punto della sua bici Factor: nell’azienda ha anche investito(foto Mattia Ragni)
Molto attento alla messa a punto della sua bici Factor: nell’azienda ha anche investito(foto Mattia Ragni)
A te poi piace condividere i tuoi allenamenti su Strava o le tue emozioni su Instagram e Facebook.

E’ il mio modo di fare, sono fatto così come persona. Sono contento di riuscire ad aprirmi anche sui social

Hai vinto praticamente tutto nel ciclismo, ma hai ancora qualche sogno da cullare?

Innanzitutto tornare al livello di prima, come dicevo, e poi sì, mi manca il quinto Tour. Sono a quattro e il sogno di vincere ancora il numero cinque c’è, ma so anche che non è facile.

Hai vinto su montagne epiche al Giro, al Tour e alla Vuelta, sei diventato famoso anche per la tua corsa a piedi sul Mont Ventoux, ma qual è il momento più bello che hai vissuto in sella?

Penso che il giorno più bello della mia carriera fino adesso sia stato in Italia, quando ho vinto il Giro, attaccando sul Colle delle Finestre nella 19ª tappa. Okay, ho vinto il Tour e la Vuelta, ma non avevo mai vinto uno dei tre grandi Giri con l’impresa di un solo giorno, per cui non me lo dimenticherò mai.

Alla vigilia del Lombardia, Froome ha chiesto di mettere a posto anche la bici da crono (foto Mattia Ragni)
Alla vigilia del Lombardia, Froome ha chiesto di mettere a posto anche la bici da crono (foto Mattia Ragni)
Ti piace che ora i giovani, come ad esempio Remco Evenepoel, corrano così all’arrembaggio?

E’ cambiato davvero il modo di correre nel gruppo. E’ buono per il ciclismo, mi piace che arrivino giovani che sono già molto forti e credo che alzi per tutti il livello dello sport.

Continui a essere molto rigoroso con la dieta o ti concedi qualche sfizio?

E’ difficile durante la stagione perché cerchi di tenere duro, ma soprattutto in Italia, diventa ancor più difficile perché ci sono tante cose buone a tentarti.

Allenamento di gruppo, prima di fine stagione (foto Mattia Ragni)
Allenamento di gruppo, prima di fine stagione (foto Mattia Ragni)
Quali sono le tue debolezze?

Sono troppo buone le pizze, quelle vere. Poi mi piace tantissimo il tiramisù. 

Dopo il Lombardia, ti concederai un po’ di vacanza?

Un po’ di tempo a casa è già vacanza. Stiamo fuori tanti giorni durante l’anno e sono molto contento di poter stare un po’ tranquillo in famiglia e poter concedermi una pizza o se possibile anche due.

High Road Gen 2 di Maxxis: maggior grip e scorrevolezza

06.10.2021
3 min
Salva

Maxxis presenta le nuove gomme High Road (Gen 2) Il copertoncino è la parte di contatto tra la bici e l’asfalto ed un buon prodotto deve offrire la miglior scorrevolezza possibile. Essendo poi la parte del mezzo a contatto con la strada incontra molti ostacoli e diverse tipologie di fondo, spesso non in ottime condizioni.

Il copertoncino, quindi, deve essere anche resistente per ridurre al minimo le forature e le problematiche annesse. Per una foratura si possono perdere treni e gruppetti e ritrovarsi con un pugno di mosche in mano.

Maxxis fornisce le coperture al Team Israel Start Up Nation. Anche grazie a questa collaborazione i progressi sono stati incredibili
Maxxis fornisce le coperture al Team Israel Start Up Nation. Anche grazie a questa collaborazione i progressi sono stati incredibili

Più performante

Per questo Maxxis, che fornisce i propri copertoncini alla Israel Start Up Nation, ha migliorato e studiato a fondo il copertocino High Road (Gen 2) e lo ha reso ancora più adatto a qualsiasi condizione di asfalto o meteo. Grazie alle scalanature laterali che offrono un grip maggiore del 23%, soprattutto in condizioni di strada bagnata e ad una nuova carcassa che abbassa la resistenza al rotolamento del 16%. Se ne sarà accorto Alessandro de Marchi che alla Tre Valli Varesine ha condotto magistralmente la sua bici sulle insidiose strade della città dei sette laghi.

La continua collaborazione tra Maxxis e l’Israel Start Up Nation ha prodotto questo nuovo e performante copertoncino. Le misure proposte sono quelle più usate dai professionisti: 25 millimetri e 28 millimetri, è stato infatti testato che la larghezza ideale del battistrada è quella compresa tra queste due misure.

L’High Road 2 Gen è proposto in due misure: 25 e 28 millimetri. La scalanatura laterale agevola lo scarico dell’acqua sul bagnato
L’High Road 2 Gen è proposto in due misure: 25 e 28 millimetri. La scalanatura laterale agevola lo scarico dell’acqua sul bagnato

Un po’ di dati

I nuovi High Road (Gen 2) oltre ad essere disponibili nelle due misure precedentemente indicate presentano due versioni differenti del tallone: una pieghevole ed una in fibra di carbonio. La versione con tallone pieghevole ha un peso di 185 grammi nella misura da 25 millimetri ed un peso di 205 grammi nella misura da 28 millimetri.

La versione con il tallone in fibra di carbonio ha un peso di 285 grammi per il copertoncino da 25 millimetri, mentre la bilancia si ferma a 315 grammi per quello da 28 millimetri.

Il prezzo al pubblico è di 59,90 euro per il copertoncino con la spalla pieghevole e di 67,90 euro per quello con il tallone in fibra di carbonio.

Maxxis

Ciclo Promo Components

De Marchi, come riesci ogni volta… a rialzarti?

16.09.2021
4 min
Salva

Rialzarsi e ripartire ogni volta non è facile. E’ qualcosa che spetta solo ai grandi, a coloro che sono forti di carattere. Spetta a gente come Alessandro De Marchi. Dalle “rovine” del Giro d’Italia al titolo europeo nel team relay, al secondo posto di ieri al Giro di Toscana.
Il “Rosso di Buja” più volte nella sua carriera è stato costretto a ripartire dopo brutti incidenti. Ricordiamo per esempio quello del Tour 2019 e l’ultimo quello dopo la conquista della maglia rosa al Giro. In quel momento sembrava tutto rose e fiori per il Dema, invece è bastato un attimo, una caduta, e tutto è andato in frantumi. Risultato: ossa rotte e addio a Giro ed Olimpiadi.

Giro d’Italia 2021, Alessandro De Marchi è stato due giorni in rosa: il coronamento di un sogno
Giro d’Italia 2021, Alessandro de Marchi
Alessandro, ma come fai ogni volta a rialzarti?

Eh – sospira – alla base fondamentalmente c’è la passione. Senza di quella non ce la faresti. Passione e le persone giuste intorno.

Chi sono queste persone?

La famiglia, certo, ma ormai ho uno staff collaudato di due o tre figure, osteopati e fisioterapisti, che mi seguono da tempo e che mi danno una grossa mano.

Non una volta sola ti sei dovuto rialzare…

Esatto, quest’anno come nel 2019. Ormai ho un mio “protocollo” di recupero dalle botte. E so quello che serve per tornare in bici. Stavolta ho cercato di tornare subito alle corse anche se non ero al 100% perché la cosa che fa più male è stare proprio lontano dalle gare, per questo motivo sono voluto ripartire subito.

Le Olimpiadi e i mondiali soprattutto sono stati la tua spinta maggiore? I tuoi obiettivi?

In realtà tutto ciò avvenuto dopo, non avevo obiettivi così precisi. Semmai sapevo che c’era l’opportunità di poter prendere parte al team relay agli europei. Ecco, forse quello è stato l’obiettivo un po’ più concreto. L’obiettivo principale era tornare a stare bene in bicicletta.

Come hai progettato il tuo ritorno?

E’ stato fondamentale tirare giù un giusto programma di corse e credo che non andare alla Vuelta sia stata la scelta giusta. Forse sarebbe stato troppo. E’ una scelta che abbiamo preso in accordo con lo staff di tutta la squadra (La Israel Start-Up Nation, ndr).

Alessandro, sappiamo che eri uno tra i più papabili per andare a Tokyo. Come è stato vedere le Olimpiadi dalla TV?

Non è stato facile, ma per fortuna ero a correre e così non sono stato troppo impegnato con la testa. Ma è inutile pensarci. E poi è un qualcosa che non era sotto il mio controllo. A quel punto ci potevo fare ben poco.

Ieri al Toscana De Marchi è arrivato 2° dietro a Valgren (primo anche oggi alla Sabatini), ma azzeccando un bell’attacco nel finale
Ieri al Toscana De Marchi è arrivato 2° dietro a Valgren (primo anche oggi alla Sabatini), ma azzeccando un bell’attacco nel finale
Nuova maglia della squadra, poi quella rosa e adesso quella azzurra: è l’anno delle maglie?

Tra quella rosa e quella azzurra c’è differenza. Quella rosa è stato un riconoscimento, quella azzurra è più una responsabilità, un onore. In ogni caso sono dei simboli per quello che rappresentano. E per me hanno un significato particolare.

Sei ripartito, sei anche già andato forte come ieri al Giro di Toscana, ma non hai paura di poter cadere, di finire di nuovo nei guai?

Un po’ sì e cerco di non focalizzarmi troppo su questo pensiero. Così mi concentro su altro.

A proposito del Giro di Toscana che hai chiuso al secondo posto, cosa ci dici di ieri? Sei più soddisfatto o arrabbiato?

No, no… soddisfatto! Anche perché in salita non ero con i primi, sono riuscito a rientrare con Moscon. Ho azzeccato il momento nel finale e sono contento per aver preso la decisione giusta per fare quell’attacco. E’ importante infatti provarci sempre, mantenere il feeling con queste azioni a prescindere poi dal risultato finale.

Beh, riuscire a scappare via è sempre una bella sensazione…

Esatto, è importante “starci dentro” a queste cose. Come ho detto, non bisogna perdere il feeling con certe azioni e riuscire ad azzeccare il momento giusto.

Tante corse e piccoli passi per tornare il vero De Marchi

10.08.2021
4 min
Salva

Non deve essere facile portarsi sulle spalle il peso degli infortuni quando stai vivendo un bel periodo di forma. La metafora non è fatta a caso se ti chiami Alessandro De Marchi e negli ultimi anni proprio le spalle sono state oggetto di fratture. Prima al Tour nel 2019, poi a maggio il “rosso di Buja” della Israel Start Up Nation ha dovuto abbandonare il Giro d’Italia in seguito ad una caduta che ha tenuto tutti col fiato sospeso. 

Alessandro sei rientrato al Tour de Wallonie ed ora sei in gara al Tour de Pologne. Come sta andando il tuo recupero dopo il brutto infortunio al Giro d’Italia?

Sta andando benino. Procede bene, ma è un po’ lento, essenzialmente dovuto ad entrambe le spalle. Nella vita di tutti i giorni sto bene, ma in bici mi dà ancora qualche noia. Nelle ultime due settimane tuttavia ho fatto grossi passi in avanti e sono più ottimista di un mese fa quando sono rientrato alle corse (20 luglio al Tour de Wallonie, ndr)

Il rientro alle corse di De Marchi è stato laborioso, ma ora si punta a un bel finale
Il rientro alle corse di De Marchi è stato laborioso, ma ora si punta a un bel finale
Oltre a ritrovare confidenza con la bici immaginiamo che qui in Polonia tu voglia ritrovare anche un giusto colpo di pedale che avevi al Giro d’Italia.

La necessità principale, dopo quello che mi è successo a maggio, era incamerare giorni di gara quindi l’idea è stata quella di correre il più possibile. Abbiamo deciso di non fare la Vuelta per avere un po’ di tempo tra le corse di sistemare la spalla, tenendola sempre sotto controllo. Il Tour de Pologne è una passaggio di questo recupero, perché sono sette tappe con chilometraggi alti e mi tornerà molto utile.

Alla sesta tappa c’è la cronometro di Katowice di 19 chilometri. Può essere un buon banco di prova per la crono degli europei?

In realtà è una di quelle cose che mi piacerebbe provare a guadagnarmi, in particolare la prova mista del team relay (in programma mercoledì 8 settembre, ndr). Il test di sabato sarà senz’altro utile per riprendere confidenza con quel tipo di sforzo e vedere a che punto sono. Poi comunque mancherebbero circa due settimane per rifinire la condizione. Dal Polonia in poi mi aspetto di vedere più ritmo.

Gli altri programmi quali saranno?

Dipenderà da come uscirò da questa corsa. Poi anche da cosa mi accennerà Davide (Cassani, ndr) o chi per lui visto che in questi giorni dovrebbe esserci un incontro tra lui e il presidente Dagnoni. In base a queste cose decideremo. Ci sono tante corse in giro per l’Europa tra Francia e Benelux Tour (dal 30 agosto al 5 settembre, ndr), bisogna solo capire come incastrare il tutto.

De Marchi Martin
Al Giro d’Italia, le emozioni più forti della stagione e forse della carriera di De Marchi, con la maglia rosa
De Marchi Martin
Al Giro d’Italia, le emozioni più forti della stagione e forse della carriera di De Marchi, con la maglia rosa
In sostanza il tuo obiettivo primario è recuperare il meglio possibile.

Sì, certo. Conto di correre il più possibile fino ad ottobre. In quel periodo ci sono anche tante gare in Italia e spero per allora che la condizione sarà tornata accettabile. Sperando di fare qualcosa.

Circa tre mesi fa, era l’11 maggio, col secondo posto di Sestola conquistavi la maglia rosa, portata per due tappe. Cosa rimane di quella bella giornata (brutta meteorologicamente parlando) rovinata poi da quel brutto incidente?

Non so quanto sia rimasto di quelle due settimane nell’immaginario collettivo o negli addetti ai lavori, ma a me sicuramente è rimasto molto. Ho l’impressione che la caduta abbia quasi cancellato quello che c’è stato prima. Sono dovuto ancora una volta ripartire da zero, ma ho pensieri precisi che mi porto dietro e che mi aiuteranno nei momenti difficili.

Te lo diciamo noi, la tua maglia rosa è stata un’emozione, un premio alla carriera. Ma non è mica finita qui, hai un credito con la fortuna.

No, assolutamente non è finita e anche questo ce l’ho ben chiaro in testa. Voglio recuperare ciò che ho perso al Giro d’Italia di quest’anno.

Il Polonia fa parte del cumulo di corse che De Marchi disputerà per riprendere la piena efficienza fisica
Il Polonia fa parte del cumulo di corse che De Marchi disputerà per riprendere la piena efficienza fisica
Un’ultima cosa. Porti un braccialetto col nome di Giulio Regeni, sei molto impegnato sui social su temi importanti come la sicurezza altri che esulano dal ciclismo. Si dice che tanti corridori non siano attivi in questo senso e che potrebbero fare di più. Tu che spesso solleciti l’opinione pubblica che cosa ne pensi di questa cosa?

Ci sono dei temi che uno deve sentire ed è inutile farla contro voglia. Ci sono altri temi invece che sono quasi impliciti quando fai un certo tipo di lavoro e penso alla sicurezza in primis. Su questo credo che tutti quanti potremmo fare di più. E continuerò a consigliare ai miei colleghi di schierarsi su questo argomento. Ripeto, consigliare perché non vorrei che qualcuno la prendesse come una critica o interpretasse male, però credo che sia quasi un dovere di un ciclista professionista richiamare l’attenzione su un tema delicato come la sicurezza.