Ebbene come stanno andando tra i grandi? Fin qui non li abbiamo visti nelle top ten delle classifiche e a dire il vero neanche ce lo aspettavamo (giustamente). Ma il “grande salto” merita attenzione. Se non altro suscita curiosità.
Michael Leonard (classe 2004) sembra essere uno scalatore, con buoni margini anche a cronoMartin Svrcek (classe 20023) sembra essere più un passista potente, adatto alle classiche del NordMichael Leonard (classe 2004) sembra essere uno scalatore, con buoni margini anche a cronoMartin Svrcek (classe 20023) sembra essere più un passista potente, adatto alle classiche del Nord
La foto dei due
Leonard, canadese classe 2004, è passato direttamente con lo squadrone inglese, saltando a pie’ pari la categoria degli under 23. E questo segue un po’ il progetto della Ineos-Grendiers che vuol formarsi i suoi campioni in casa, visto che non ha un vivaio diretto. Per esempio una delle prime cose che hanno fatto in Ineos è stata quella di dargli la bici da crono, già prima del suo arrivo.
Svrcek, slovacco, ha un anno in più, è un 2003. Prima di passare direttamente alla corte di Lefevere, è stato “parcheggiato” alla Biesse-Carrera. In questo modo ha potuto affrontare alcune gare e sfruttare come “cuscinetto” intermedio la stagione primaverile. Dal 1° luglio 2022 infatti ha vestito la maglia della corazzata belga.
Martin Svrcek si è aggregato al gruppo di Lefevere dalla scorsa estate. Ha un contratto fino al 2024Martin Svrcek si è aggregato al gruppo di Lefevere dalla scorsa estate. Ha un contratto fino al 2024
Peteers su Svrcek
Ascoltando i direttori sportivi che li dirigono, partiamo dal più “vecchio”: Martin Svrcek. A parlarci di lui è Wilfried Peeters.
«Martin è un ragazzo molto giovane – dice il diesse belga – bisogna stare un po’ attenti perché tutti sono già con gli occhi su di lui. Tutto sommato ha passato un buon inverno, ma dopo la trasferta australiana (che ha segnato il debutto nel WT dello slovacco, ndr) ha avuto qualche problema e abbiamo deciso di cambiare un po’ il suo programma.
«A Le Samyn anche non è andata bene in quanto è caduto. Ma vediamo come si comporterà in Belgio. Lì ci sono corse adatte a lui e potrà imparare parecchio».
Peteers parla di pressione. I primi approcci di Martin non sono stati super a dire il vero, forse la prima gara del 2023 è stata la migliore: 25° alla Schwalbe Classic.
«Pressione? Non gliela vogliamo mettere. E’ un ragazzo che ha 20 anni. Le sue qualità non si discutono. Vedremo se riusciremo a fargli fare qualche corsa a tappe. Dopo lo scorso anno in cui ha corso pochissimo, Martin deve trovare il suo ritmo e per questo gli servirà continuità. Le qualità, ripeto, ce le ha, ma le deve tirare fuori».
Michael Leonard è arrivato questo inverno alla Ineos. Ha un contratto fino al 2025 (foto Instagram)Michael Leonard è arrivato questo inverno alla Ineos. Ha un contratto fino al 2025 (foto Instagram)
Tosatto su Leonard
Pazienza è invece la parola chiave che Matteo Tosatto usa nei confronti di Michael Leonard. Per ora il suo adattamento alla Ineos-Greandiers sembra essere iniziato con il piede giusto.
Leonard lo scorso anno lo vedemmo in azione anche dal vivo. Era il memorial dedicato a Franco Ballerini (correva giusto in quel team, ndr): leggerezza di pedalata unita ad una grande potenza, specie in salita.
«Michael – dice Tosatto – quest’anno ha già preso parte ad alcune gare, tra cui il Trofeo Laigueglia… Che dire: è giovane. Parliamo di un 2004. Da parte nostra cerchiamo di farlo crescere e di non mettergli pressione. Deve solo capire cos’è il ciclismo. A noi non interessa che vinca o che sia competitivo… almeno sin da subito. Che è quello che abbiamo fatto con Carlos Rodriguez.
«Si sta adattando bene, intelligente e pensiamo anche che si è ritrovato dal fare lo juniores al passare in una squadra WorldTour, tra l’altro non una squadra banale. Nelle riunioni sul bus fa domande sensate. Per esempio: quando dico che bisogna stare attenti ai gruppi numerosi, lui mi chiede: “Cosa significa un grande gruppo? Sono 40 persone?”. Io gli rispondono che già 15 corridori lo sono.
«Bisogna solo avere pazienza. Fino allo scorso anno era uno juniores e non aveva mai fatto un rifornimento. Bisogna insegnarli anche queste cose. Cose che magari si danno per scontate. Vedo che cresce di giorno in giorno e migliora la sua forza di gara in gara».
Pauline Ferrand Prevot sarà la prima donna tesserata con la Ineos Grenadiers. Zero attività su strada, solo offroad con Pidcock. Puntando a Parigi 2024
Dietro la notizia del nuovo rapporto che lega Hopplà Petroli e Team Corratec, ci sono profonde novità che riguardano la società toscana, che attraverso questo passaggio compie un deciso salto di qualità in presenza di altre novità. A illustrarle è colui che da sempre è la mente del team, Claudio Lastrucci, profondamente soddisfatto dei nuovi passaggi che preludono alla stagione che viene.
A inizio intervista, Lastrucci tiene a sottolineare un aspetto: «Molti dicono che in questo modo diventiamo la filiera della Corratec, ma deve essere chiaro che non abbiamo messo nulla per iscritto. E’ un rapporto in costruzione, che si sta realizzando nei fatti e che, non lo nego, rappresenta un grande passo in avanti per noiin quello che è il nostro obiettivo primario: far crescere i ragazzi per prepararli alla carriera professionistica».
Primo training camp per il team toscano, il giorno precedente la visita al Centro MapeiPrimo training camp per il team toscano, il giorno precedente la visita al Centro Mapei
Che vantaggi vi dà entrare in un rapporto comunque privilegiato con un team professional?
Possiamo presentare ai ragazzi un cammino delineato, che se tutto andrà bene potrà portarli verso i loro sogni. Noi siamo sempre stati orientati verso la crescita progressiva dei ragazzi. Il passaggio diretto da junior a pro’ può andar bene per l’Evenepoel della situazione ma non è la prassi, non è la scelta giusta per i giovani. Parlo con cognizione di causa: noi abbiamo portato ben 26 ragazzi fra i pro’, il primo è stato Ulissi con Appollonio e Magazzini, gli ultimi Ballerini, Fortunato e Albanese e ora arriva Quartucci che passerà proprio con la Corratec.
Il team professional può indicarvi qualche ragazzo da prendere nella vostra squadra per farlo crescere?
Certo, la filiera dovrebbe funzionare così. Sappiamo ad esempio che loro sono già in qualche modo legati al Team Franco Ballerini fra gli juniores, in questo modo i più giovani avrebbero un cammino già prestabilito, potrebbe affrontarlo con la dovuta calma pensando innanzitutto a crescere e migliorare. Un passaggio importante nella costruzione di questo rapporto sarebbe anche la possibilità di fare stages in comune, sarebbero un’altra esperienza utile ai più giovani. Il rapporto con il team professional deve improntarsi attraverso questa sorta di “do ut des”.
Lorenzo Quartucci è l’ultimo talento della Hopplà che passa pro’ nelle file della Corratec (foto Rodella)Lorenzo Quartucci è l’ultimo talento della Hopplà che passa pro’ nelle file della Corratec (foto Rodella)
Questa scelta è legata anche alla vostra di non richiedere più la licenza continental?
Non direttamente, ma di certo il fatto di essere ora un team completamente dedicato agli under 23 ci avvantaggia. Parliamoci chiaro: la licenza continental non dà quei vantaggi di cui si parlava, anzi sono ad oggi solo maggiori spese e briglie all’attività. Non ci sono benefici: per avere gli inviti alle gare con i pro’ che dovrebbero essere il fulcro dell’attività bisogna pagare tutte le spese e per un team un esborso di 12 mila euro a gara è un po’ troppo. Non solo: i nuovi regolamenti penalizzano fortemente le continental…
Ha ragione. Oggi gli elite delle continental sono esclusi dalle gare regionali, ma non solo: in esse possono essere schierati solo gli under 23 di primo e secondo anno. Sono tutti lacci che noi, avendo lasciato la licenza non abbiamo. Nelle gare di categoria possiamo schierare chi vogliamo dei nostri corridori a prescindere se siano primo, secondo o terzo anno e nelle gare open possono partecipare anche gli elite.
Una foto storica, il successo di Diego Ulissi alla Coppa del Grano 2008 (foto Fabrizio Sterpos)Una foto storica, il successo di Diego Ulissi alla Coppa del Grano 2008 (foto Fabrizio Sterpos)
Il fatto di non essere più continental vi preclude la possibilità di fare gare a tappe all’estero?
No, anzi il fatto di essere legati a doppio filo con la Corratec ci può aprire nuovi canali, grazie proprio al loro prestigio. Andare all’estero in qualche buona gara a tappe, confrontandoci con squadre vere, provando quel che significa il ciclismo di alto livello è fondamentale per la crescita dei ragazzi. Non è un caso se l’ultimo italiano ad aver vinto il Fiandre under 23 è stato un nostro corridore, Salvatore Puccio poi diventato una colonna della Ineos.
Ci sono altre novità che riguardano questa nuova sinergia?
Abbiamo stretto un legame con il Centro Mapei, infatti nei giorni scorsi abbiamo portato tutti i ragazzi a fare dei test a Castellanza. Tra l’altro, appena pubblicate le foto sul profilo Facebook, dalla Corratec mi sono subito arrivare delle chiamate: «Ho visto quel corridore, te l’avevo detto che doveva perdere qualcosa di peso…». Ogni scelta, ogni passaggio ora viene fatto di comune accordo.
Tommaso Nencini durante i test al Centro Mapei. Il toscano è al terzo anno con la HopplàTommaso Nencini durante i test al Centro Mapei. Il toscano è al terzo anno con la Hopplà
La Corratec vi fornirà le bici?
No, perché prima di stringere l’accordo con loro avevamo già firmato il contratto con la Guerciotti e siamo contenti e convinti di questa scelta. Un domani vedremo come si svilupperà il rapporto con il team professional, il contratto è annuale, nel caso cambieremo. Intanto però il rapporto è anche in senso opposto, in quanto la mia azienda è fra gli sponsor del nuovo Team Corratec e non nascondo che ci piacerebbe molto essere con loro al Giro d’Italia…
Andrea Bardelli fa improvvisamente un passo indietro e lascia il Team Ballerini a Luca Scinto. Qualcosa si è inceppato, ma le bocche sono ancora cucite
Il Team Franco Ballerini, squadra juniores toscana, perde un direttore sportivo e ne trova un altro. Esce Andrea Bardelli, subentra Luca Scinto (in apertura con il team al Tour du Lac Leman in Svizzera). La notizia era da un po’ nell’aria e in sé fa scalpore conoscendo la passione che Bardelli ha sempre messo nella squadra. Un po’ per il nome di Franco e un po’ per aver sempre raccontato i corridori quasi come figli suoi. Da Stoinic a Svrcek, passando per Iacchi e più di recente Michale Leonard, promettente talento canadese in orbita Ineos Grenadiers.
Marzo 2022, Michael Leonard vince la gara di apertura, dedicata a Franco BalleriniMarzo 2022, Michael Leonard vince la gara di apertura, dedicata a Franco Ballerini
Questioni personali?
Intercettiamo Bardelli durante una pausa dal lavoro e capiamo dalle sue esitazioni che, qual che ne sia la ragione, parlarne è faticoso.
«Per me è sempre stata una passione – dice – perché il mio vero lavoro è in una ditta di servizi a Firenze. Faccio le mie otto ore, non rischio di annoiarmi. E sto pianificando il futuro, perché dal ciclismo non esco di certo. Di solito le squadre del Sud cercano appoggio al Nord, stavolta potrebbe essere il contrario. Posso dire che ultimamente ho avuto un periodo difficile per un problema di salute di mio padre. Perciò ho preferito fare un passo indietro. Figurarsi, finiscono i matrimoni, poteva finire anche questo. Però mi è costato…».
Il passo indietro di Bardelli è avvenuto circa due mesi fa, in occasione della caduta di suo padre (foto Luccarini)Il passo indietro di Bardelli è avvenuto circa due mesi fa, in occasione della caduta di suo padre (foto Luccarini)
Un nuovo progetto
Bardelli è stato a lungo uno dei nostri interlocutori nel mondo complesso degli juniores e non è un mistero che abbia in giro un ottimo credito. Ricordiamo il messaggio con cui proprio Leonard, colpito dal modo di lavorare del Team Ballerini, gli chiedeva di correre con lui in Toscana. Per cui, pur rispettando la sua voglia di non uscire dai limiti, qualche domanda abbiamo provato a fargliela. Nell’ambiente si dice che starebbe lavorando a un accordo con la CPS Professional, la squadra campana di Clemente Cavaliere, che ha già collaborato con la Hopplà-Petroli Firenze, in cui coinvolgere il gruppo ligure già in orbita al Team Ballerini. Ripiego o progetto precedente?
Il Team Ballerini alla Eroica Juniores, vinta nel 2021 con Svrcek e fatale a Leonard: caduto e fratturatoIl Team Ballerini alla Eroica Juniores, vinta nel 2021 con Svrcek e fatale a Leonard: caduto e fratturato
Che cosa è successo?
Non ero tranquillo. A un certo punto è entrato Luca (Scinto, ndr) e non si può dire che mi disturbasse. Però ho capito che sarebbe stato difficile convivere. E’ una squadra con cui avevo preso l’abitudine di andare all’estero, provando a farci vedere. E sono orgoglioso alla fine di aver portato Svreck alla Quick Step e Leonard alla Ineos. Alla base di tutto c’è aiutare questi ragazzi a trovare un posto, ma è chiaro che per farlo servono soldi.
Perché mollare?
Un po’ per il discorso di mio padre, che adesso per fortuna ne sta uscendo. Un po’ perché non mi sentivo più nel progetto. Non ho abbandonato i ragazzi. Ho sempre avuto carta bianca e nessuno si è mai lamentato. Abbiamo tirato fuori dei bei corridori e devo dire grazie a Citracca per l’attività che mi ha permesso di fare. Incluso la squadra di allievi. Servono soldi, siamo d’accordo, ma anche passione.
Si dice che per il prossimo anno, Bardelli starebbe lavorando a un nuovo progetto juniores fra Liguria e CampaniaSi dice che per il prossimo anno, Bardelli starebbe lavorando a un nuovo progetto juniores fra Liguria e Campania
Va bene, ma perché mollare?
Sono andato un po’ fuori dal seminato, per due mesi non sono stato tranquillo e ho deciso di staccare, per quello che rappresenta la maglia con quel nome sopra. Non volevo tornare indietro e non parlo di vittorie, ma di immagine di una squadra in cui i corridori chiamavano per venire.
E’ vero che fra i problemi ci sarebbe stato proprio il passaggio di Leonard alla Ineos?
Michael è venuto qui scrivendomi un messaggio, senza procuratore né altro. Quandolo feci testare da Pino Toni, che ci ha sempre aiutato, vennero fuori dei numeri clamorosi. La notizia si è sparsa e si sono avvicinati dei manager, fra cui Piscina che collabora con Acquadro. Ma se anche ci fossero stati altri agenti interessati, l’obiettivo non è fare l’interesse del ragazzo?
Scinto con Sivok e Leonard, al Tour du Lac Leman dove nacque il contatto fra il canadese e il teamScinto con Sivok e Leonard, al Tour du Lac Leman dove nacque il contatto fra il canadese e il team
C’era il progetto di portarlo alla Corratec?
Quello che so è che a un certo punto è intervenuta la sua famiglia e hanno deciso. Lui addirittura avrebbe voluto fare un anno da U23, ma gli hanno assicurato che lo inseriranno gradualmente, con 20 corse e un programma adeguato.
Capito il discorso, ma qualcosa non torna.
Non è il momento per dire altro, va bene così. Non voglio creare problemi. Il nome Ballerini significa troppo per me, ricordando Franco e la Sabrina che c’è dietro alla squadra. E comunque li ho lasciati in buone mani. Lo Scinto è stato professionista e sa fare il direttore sportivo. E’ un diesse esperto, questo lo sappiamo tutti.
Thomas Pidcock vince la Freccia del Brabante, stroncando Van Aert e Trentin. E' la conferma del talento del britannico, che fa rotta su Almstel e Freccia
Dai professionisti, agli juniores. E’ la storia di Luca Scinto che dopo un anno di stop è risalito in ammiraglia, quella del Team Franco Ballerini. L’ex corridore toscano è stato tra i fondatori di questa società, tuttavia ci tiene subito a chiarire che a tenere le redini della squadra non è lui, ma Andrea Bardelli. «E’ lui che conosce i corridori e la categoria», dice.
Il discorso però non verte sul team, ma sulla categoria. Scinto può essere un bel paragone tra questi due mondi, appunto quello dei pro’ e quello degli juniores, che tra l’altro sono sempre più vicini.
Scinto ha smesso di correre nel 2002, è salito in ammiraglia nel 2003 tra gli U23. Dopo qualche stagione è passato ai pro’. Qui con ViscontiScinto ha smesso di correre nel 2002, è salito in ammiraglia nel 2003 tra gli U23. Dopo qualche stagione è passato ai pro’. Qui con Visconti
Luca, appunto, juniores categoria importante e delicata. Partiamo dall’inizio: quanto è diversa rispetto ai tuoi tempi?
Quanto è diversa? E’ cambiata come da zero a cento. E’ un altro ciclismo. Quando ero io tra gli juniores iniziavano ad arrivare i primi cardio, ma non sapevamo praticamente nulla di battiti cardiaci. E infatti non lo guardavamo. Eravamo “grassi”, muscolati come bambini normali. Iniziavamo ad andare in bici dopo la Befana. Ma che dico, a fine gennaio. Semmai prima si andava un po’ a correre a piedi.
E oggi?
Oggi sono dei pro’ e infatti a 20 anni raggiungono il top, mentre prima la maturazione era molto più lenta e s’iniziava ad andare forte a 24-25 anni. Prima era davvero una categoria giovanile. Bartoli ed io il sabato andavamo a giocare a pallone e la domenica andavamo a correre. Io giocavo nell’Altopascio, okay facevo il portiere, ma per dire che approccio ci poteva essere. Proprio io e Michele, credo siamo stati i primi ad utilizzare la Mtb d’inverno, a fare il ciclocross, ma già eravamo più grandicelli. E ancora l’impostazione in bici. Prima ti prendevano la misura del cavallo e via in sella. Adesso i ragazzi passano per più di una visita biomeccanica.
Cosa ti piace di questo mondo così diverso però?
Sto imparando a conoscerlo. Prima andavo solo a vedere qualche corsa ogni tanto, ora ci sono più dentro e mi diverto. Devo imparare ad entrare nella mente di questi ragazzi di nuova generazione. Però la cosa che più mi piace è come ti guardano quando gli parli. Ancora ti ascoltano. Ti stanno a sentire. Ed è bello, fa piacere.
La categoria juniores segna non solo il passaggio verso il mondo dei pro’, ma anche dall’infanzia all’adolescenza più maturaLa categoria juniores segna non solo il passaggio verso il mondo dei pro’, ma anche dall’infanzia all’adolescenza più matura
Beh, fino a pochi mesi fa trattavi con i pro’: il metro di paragone è ancora fresco…
So che vanno a documentarsi su internet. Chi era Scinto, cosa ha fatto da corridore, diesse, con chi gareggiava… Più che altro devi stare attento ai genitori, tra mamme troppo premurose e alcuni papà che pensano che il loro figlio sia un campione. Ma questo è un discorso generale, non della mia squadra. La cosa invece che mi piace è che, almeno guardando i miei, ho trovato ragazzi di personalità. E anche che c’è una netta differenza fra stranieri e italiani.
In che senso?
I nostri ragazzi, stando a casa, sono più viziati, meno autosufficienti. Mentre vedo il canadese, Leonard, che a 17 anni vive da solo, lava, si fa da mangiare… E mi chiedo: uno dei nostri sarebbe in grado di vivere da solo non dico in Canada, che è dall’altra parte del mondo, ma in Belgio? Ci riuscirebbero i suoi genitori?
E invece una cosa che ti piace meno?
Che rispetto ai miei tempi non so se questi ragazzi arriveranno a 35-37 anni. Di fatto si salta il dilettantismo. Anche le squadre dei pro’ vogliono tutto e subito e questo credo che alla lunga ammazzerà il mondo under 23 e continental. Magari per alcuni va bene, ma per altri ragazzi che hanno bisogno di più tempo per maturare no. Uno Scinto corridore non ci sarebbe, o ancora di più un Ballan. Non credo che vedremo più un Nibali che a 37 anni lotta per entrare nei cinque al Giro d’Italia.
I ragazzi della Franco Ballerini: impegno ed educazione i valori che cerca di passare ScintoI ragazzi della Franco Ballerini: impegno ed educazione i valori che cerca di passare Scinto
E invece quando si va alle corse: cosa è cambiato?
Alla fine questa parte è quella che resta più semplice. Oggi la tecnologia aiuta e con una chat di squadra è più facile comunicare, purché non se ne abusi. Io faccio riferimento agli orari per partire, agli appuntamenti, alle soste in autogrill… Per il resto anche la riunione dei diesse è sempre quella. L’altro giorno ero ad una corsa il cui finale era in sterrato e stretto. Le macchine non potevano starci. Nessuno ha parlato e io ho chiesto al giudice se potevamo andare avanti e metterci ad assistere i corridori da terra. Chiaramente se tutti fossero stati d’accordo. Da che non parlava nessuno, mi sono venuti tutti a ruota. Ma io sono così. Anche con Rcs al Giro se dovevo parlare, parlavo. Semmai vorrei che ci fosse più preparazione nei giudici regionali.
Cioè?
Noto che spesso sono impreparati e con poca esperienza. Il giudice non deve solo punire, ma deve essere anche una figura di dialogo. In una gara hanno squalificato un mio corridore per un rifornimento a 5 chilometri dal traguardo. Okay, non si fa, ma fammi un’ammenda, perché squalificare il ragazzo? Mi ricordo per esempio della FrancescaMannori. Lei si vedeva che era brava, che aveva personalità. E infatti adesso è al Tour de France. Come i corridori, anche i giudici bravi si vedono subito.
Lo Scinto diesse cosa diceva ad un pro’ prima di una gara e cosa dice ad uno juniores?
Partiamo dal fatto che per i primi è un lavoro. Quindi che devono dare il massimo per fare bene. Agli junior dico di mettercela tutta, ma anche di stare attenti, di comportarsi bene in gruppo, di non fare scenate dopo l’arrivo. Anche in virtù della maglia che portiamo in giro. Per noi il nome Franco Ballerini è orgoglio e soddisfazione. Oppure che non devono innervosirsi se c’è un guasto meccanico o di non abbattersi se una corsa va male. Questa categoria è davvero particolare. E’ un insegnamento di vita. E’ quella in cui capisci se del ciclismo puoi farne il tuo lavoro oppure no.
Il diesse toscano mentre seguiva un suo atleta pro’ dall’ammiraglia durante una cronoIl diesse toscano mentre seguiva un suo atleta pro’ dall’ammiraglia durante una crono
E invece i ragazzi cosa ti chiedono?
Più che chiedere si parla e si affrontano le situazioni. C’era un ragazzo che veniva dalla frattura del polso. Diceva che sentiva dolore e così gli ho fatto una fasciatura, un taping. Era poca cosa, però è servito a renderlo più tranquillo. Oppure un altro mi ha detto: quando arrivo in fondo alla discesa e poi c’è lo strappo le gambe mi fanno male, non girano. Allora gli ho chiesto: e ti bruciano anche? E lui: sì, sì… Ecco, ho ribattuto, è li che devi insistere, perché come bruciano a te, bruciano anche agli altri. Tante volte si molla venti metri prima degli altri. Solo che a quel punto hai perso il treno. E lui mi è sembrato aver capito.
Riporti mai qualche aneddoto?
Sì, proprio su questo discorso gli dissi come in un Giro del Lazio mi stavo quasi per ritirare, volevo mollare dopo una salita. In fondo alla discesa, complice anche un rallentamento, sono rientrato. E così prima dell’Appia, su quel bel ciottolato mi sono detto: visto che non vado, anticipo. Cavolo, volavo! Finii secondo. In generale cerco di raccontargli più delle mie esperienze da diesse, dei tanti momenti con Visconti, che quelle da corridore.
Però dai, parli con passione. Alla fine il ciclismo, il nocciolo, è sempre quello…
Guardate, ho vinto con radioline e senza radioline, con il tablet in ammiraglia e senza… non sono contro la tecnologia, ma alla fine il ciclismo è sempre quello – ammonisce Scinto – E quando mi dicono che sono vecchio, che il ciclismo è cambiato, rispondo che il ciclismo di una volta è più bello di quello attuale. I fondamentali sono cambiano. Non esiste che si facciano le tattiche per e-mail tre giorni prima della corsa. E succede nei pro’, credetemi. Ci sono tante cose poi che andrebbero chiarite anche tra gli juniores, come per esempio il motivo per cui da noi non si possono utilizzare i rapporti liberi, ma solo il 52×14, e al tempo stesso si mandano i ragazzi a fare la pressa in palestra. Sì, dai: mi piace questa categoria e mi piacerebbe continuare.
Franco Ballerini s’è fermato a pochi chilometri da casa e ancora adesso si fa fatica a crederlo. Stamane, alla partenza della corsa che porta il suo nome – Ballero nel Cuore – nel bar di Masiano la moglie Sabrina aiutava sua sorella al banco del bar di famiglia. Il babbo faceva gli onori di casa, mentre il gruppo degli juniores si andava formando tra la verifica dei rapporti e le chiacchiere dei direttori dopo l’inverno ad allenarsi e fare progetti.
Al via anche Sabrina Ricasoli, moglie del Ballero e madrina del Team Franco BalleriniAl via anche Sabrina Ricasoli, moglie del Ballero e madrina del Team Franco Ballerini
I fiori per Franco
Alla fine della giornata, al cippo che ricorda il punto dell’incidente, a deporre i fiori si è presentato un giovane canadese da poco arrivato in Italia: Michael Leonard. E’ stato lui a staccare tutti sulla salita finale della corsa, piegando a fatica il caparbio Sciortino. Eravamo curiosi di vederlo: il direttore sportivo del Team Ballerini – Andrea Bardelli – ce ne parlava da mesi.
«La squadra ha lavorato davanti tutto il giorno – dice – per me è stato facile in salita, mi hanno portato nella posizione e sono riuscito a vincere». Poi di colpo comincia a parlare in italiano.
Nei primi giri, una caduta in salita ha costretto il Team Franco Ballerini a un lungo inseguimento
Il team toscano scatena la rincorsa. Leonard è il quarto della fila
Nei primi giri, una caduta in salita ha costretto il Team Franco Ballerini a un lungo inseguimento
Il team toscano scatena la rincorsa. Leonard è il quarto della fila
«Grazie mille a tutta la squadra Franco Ballerini e Bardelli – dice – perché hanno fiducia in me. So che Franco Ballerini era un campione, la sua famiglia è vicina alla squadra. Viene da qui ed è fantastico essere riusciti a onorare la sua memoria. Conosco la sua storia, indosso la sua maglia e ne sono orgoglioso».
Salvoldi in moto
Corsa frenetica nella prima parte, con 22 giri di un circuito di circa 3 chilometri corsi a velocità notevole. Per essere la prima corsa di stagione, abbiamo pensato vedendoli passare, ci stanno dando dentro parecchio. Con 109 corridori al via, a fronte dei 120 iscritti, parecchie squadre sono rimaste fuori per la limitazione dei partenti imposta dalla Federazione.
Dalla moto, il cittì Salvoldi ha seguito i ragazzi in vista delle prime convocazioniDalla moto, il cittì Salvoldi ha seguito i ragazzi in vista delle prime convocazioni
Prima del via, due parole con il neo cittì Dino Salvoldi hanno fatto la sintesi del movimento di casa e quello all’estero.
«Ho trovato dei direttori sportivi molto più preparati e disponibili di quel che mi dicevano – raccontava Dino, che ha seguito il finale dalla moto – e con loro ho potuto ragionare di tutta una serie di tematiche. Questa categoria ormai prepara al professionismo e la situazione di casa nostra, assieme alla francese, è diversa dal resto del mondo. Gli italiani hanno un grande movimento che però corre quasi esclusivamente in casa in confronti limitati dal numero dei partenti. All’estero ci sono meno tesserati, ma l’attività degli juniores è tutta internazionale. Di fatto c’è un gruppo di atleti che si confronta tutto l’anno in gare internazionali e per questo crescono. Non hanno la limitazione delle corse a tappe, i nostri invece per tutelarli li teniamo parecchio a freno».
La prima ricaduta visibile sta nel fatto che la stagione internazionale della categoria si è aperta il 27 febbraio con la Kuurne-Bruxelles-Kuurne, mentre i nostri hanno iniziato oggi. E le convocazioni azzurre per la Gand-Wevelgem di domenica prossima saranno fatte sulla parole dei diesse, sugli allenamenti seguiti e il buon nome dei corridori messo in mostra nel 2021.
L’azione decisiva di Leonard nell’ultimo chilometro, dove ha staccato SciortinoL’azione decisiva di Leonard nell’ultimo chilometro, dove ha staccato Sciortino
Un messaggio a Bardelli
Di Leonard si dice un gran bene. Chi ne segue i test parla di valori pazzeschi, con watt per chilo da campione fatto e finito. Attorno al suo nome pare si aggiri qualche procuratore e la Quick Step avrebbe già fatto un assaggio. Ma ciò che più stupisce del ragazzo sono la bontà del suo sguardo e la grande educazione.
«E’ la prima corsa – dice dopo l’arrivo – ma ogni cosa che sogno da quando corro in bici è qui. L’Italia è la casa del ciclismo e penso che la Franco Ballerini rappresenti lo spirito del ciclismo italiano. Li ho conosciuti al Tour du Leman, in Svizzera, e sono rimasto colpito. Era la sola squadra che lavorasse insieme e così ho mandato un messaggio a Bardelli e ho detto che volevo esserne parte. La squadra più organizzata nel ciclismo giovanile».
Michael Leonard e il diesse Bardelli dopo la vittoriaMichael Leonard e il diesse Bardelli dopo la vittoria
Foto di famiglia
Fermi a bordo strada nel tratto in salita del primo circuito, una signora con i capelli bianchi e un uomo entusiasta incitavano il gruppo in inglese, tanto che avevamo pensato potessero essere i suoi genitori. La conferma è venuta dopo il traguardo, quando papà Peter e mamma Jill, assieme alla sorellina Annie, hanno posato con Michael dopo il podio.
«Quando ci ha detto che sarebbe venuto in Italia – ride Jill – io ero un po’ nervosa, ma quando è venuto ci siamo fidati e ora è davvero felice. Siamo arrivati la settimana scorsa e resteremo altri otto giorni. Per visitare i posti, incontrare la squadra e vedere la prima corsa».
«E’ tutto fantastico – fa eco suo marito – la squadra è stata favolosa. Sabato prossimo è il suo compleanno, compie 18 anni, non potevamo lasciarlo a festeggiare da soloquesta splendida età. La squadra è meravigliosa, lui è contento. Ha cominciato con il triathlon, poi è passato al ciclismo correndo in casa. Ha iniziato anche ad allenarsi anche in pista. Siamo stati in Belgio, poi torneremo a casa e lo seguiremo dal computer».
Foto di famiglia per il canadese: la mamma Jill, il padre Peter e la sorella Annie
Dopo l’arrivo, la squadra del vincitore ha deposto i fiori sul punto dell’incidente di Franco
Alla fine delle premiazioni, per il vincitore una maglia che celebra Franco Ballerini
La gigantografia del Ballero per il vincitore che ne conosce molto bene la storia
Foto di famiglia per il canadese: la mamma Jill, il padre Peter e la sorella Annie
Dopo l’arrivo, la squadra del vincitore ha deposto i fiori sul punto dell’incidente di Franco
Alla fine delle premiazioni, per il vincitore una maglia che celebra Franco Ballerini
La gigantografia del Ballero per il vincitore che ne conosce molto bene la storia
A piccoli passi
Michael fa tutto quello che gli dicono, preso dalla felicità, dagli abbracci dei compagni e dall’intercalare vigoroso e toscano degli appassionati che girano attorno alla squadra. Anche Scinto con le stampelle, pur cercando di restare distaccato.
«Il mio sogno è passare professionista – racconta – ma questa è solo la prima corsa. Farò tutto passo dopo passo, prendendomi il tempo giusto per crescere».
Mentre a Masiano iniziano premiazioni e festeggiamenti, noi prendiamo la via verso Sesto Fiorentino per rendere omaggio questa volta ad Alfredo Martini. Due omaggi così importanti nello stesso giorno valgono bene una corsa in autostrada.
Il cittì delle donne lancia la volata su Parigi 2024 facendo un'analisi del movimento della pista. Punti deboli individuati, sappiamo già su cosa lavorare
Capra neanche doveva farla la Gand. Invece alla seconda corsa della stagione (e da juniores) ha vinto questa gara internazionale. Sentiamo cosa dice il cittì Salvoldi
I serbi sono gente tosta, basta guardarli in faccia e Dusan Rajovic non fa eccezione. Il corridore del Team Corratec avrebbe tutte le ragioni per essere arrabbiato, dato che il Team Delko lo ha lasciato a piedi come tutti gli altri nonostante avesse ancora un anno di contratto. Invece si è rimboccato le maniche, si è fidato di un amico – Veliko Stoinic – ed è ripartito dal team toscano, nato dalle ceneri e dalla struttura della Vini Zabù. Un passo indietro per un corridore che era ormai arrivato al professionismo, ma auspicabilmente una passerella verso un futuro più importante.
«Alla Delko – diceva qualche giorno fa Fedeli, passato alla Gazprom-RusVelo proprio dalla Delko – lo tenevano in considerazione, tanto che aveva ancora un anno di contratto. E non guardate il fatto che l’anno scorso abbia corso poco, abbiamo corso poco tutti…».
Nel 2021 ha corso la Roubaix, ma si è ritirato. La Delko era già in chiusuraNel 2021 ha corso la Roubaix, ma si è ritirato. La Delko era già in chiusura
L’occhio di Bardelli
Rajovic aveva già vinto tra i professionisti, quando aveva la faccia da bambino e indossava la maglia dell’Adria Mobil, ma era passato inosservato. A dire il vero qualcuno si era accorto di lui già nel 2015, quando il serbo aveva 18 anni, ed è lo stesso Andrea Bardelli che in Italia avrebbe portato di lì a poco l’altro serbo Veliko Stoinic. Si compiono piccoli miracoli nella sede del Team Franco Ballerini. E come fu Stoinic a scegliere di vivere in casa con Martin Svrcek, slovacco, agevolandone l’inserimento in Italia, così è stato ancora lui a fare il nome dell’amico.
«Lo conoscevo perché l’avevo trovato da juniores al centro mondiale di Aigle – racconta Bardelli – e aveva vinto una tappa o aveva fatto secondo, non ricordo bene adesso. Io guardo tutto, spulcio gli ordini di arrivo e da allora l’ho sempre seguito. Quando ho preso Stoinic da dilettante, sono andato per una settimana in Serbia ai campionati nazionali. E poi parlando con Veliko, visto che lui ha imparato benissimo l’italiano e conosce i ragazzi di tutte le categorie, veniva sempre fuori il nome di Rajovic. Ma lui era già alla Delko e guadagnava anche bene. Quando poi la Delko ha chiuso, ha parlato con Veliko che qui si è trovato benissimo e ci ha messo una parola anche lui».
Questa foto così sgranata racconta però tanto: sono Rajovic e Stoinic in allenamento in Toscana prima del Tour of AntalyaQuesta foto sgranata racconta tanto: sono Rajovic e Stoinic in allenamento in Toscana prima del Tour of Antalya
Una bella storia
Le foto lo ritraggono con Stoinic insieme agli juniores del team toscano, poco prima della partenza per la Turchia. Rajovic aveva già vinto la seconda tappa alla Vuelta al Tachira e di lì a poco avrebbe concesso il bis nella seconda di Antalya.
«Anche se a settembre sono andato a prenderlo all’aeroporto – prosegue Bardelli – sulla scelta della squadra non ci ho messo bocca, però il ragazzo è forte. Fa parte del mio passatempo scovare corridori senza procuratori fin dagli juniores. Ha deciso per l’amicizia con Stoinic e perché ha deciso di fidarsi. E’ una bella storia e conferma che quando giri, conosci. Quest’anno avremo un paio di stranieri che non hanno vinto 10 corse l’anno scorso, ma vedrete come vanno. Dusan è molto forte e molto giovane e gli auguro tutto il futuro».
Alla CRO Race del 2019, Rajovic vince la tappa di Gorski Kotar
E’ nato nel 1997: la foto è del 2019 quando aveva ancora 21 anni
Alla CRO Race del 2019, Rajovic vince la tappa di Gorski Kotar
E’ nato nel 1997: la foto è del 2019 quando aveva ancora 21 anni
Delko da dimenticare
Forti di queste informazioni, alla fine della corsa turca abbiamo parlato con il campione serbo, tipo di poche parole, ma molto chiare. I capelli cortissimi, fisicamente non dà l’idea del velocista, quanto piuttosto dell’uomo da classiche dotato di grande spunto.
«Quelli alla Delko – ci ha detto – non sono stati due anni belli, prima per il Covid e poi per la situazione della squadra. Non ho fatto molte corse e in quelle che ho fatto non ho avuto grandi opportunità. La verità è che l’esperienza non ha funzionato bene per me. Ora un po’ ho cambiato mentalità e un po’ sto trovando le cose più facili.
«Conosco Bardelli – conferma – lo conoscevo da prima, appunto perché Veliko Stoinic era con lui nella sua squadra di U23 e me ne parlava. Ho cominciato a correre nel 2011 a 14 anni. All’inizio era per divertimento, poi fra il 2014 e il 2015 ho cominciato a pensare di farne una professione. Non sono un velocista puro, tanto che la tappa che ho vinto aveva parecchia salita. I primi sono andati forte, ma non fortissimo, e io ho tenuto. E’ difficile dire quale tipo di sprint mi piaccia. Quello è stato molto lungo perché avevo perso molte posizioni e sono dovuto risalire».
In festa con la squadra dopo la vittoria colta ad AntalyaIn festa con la squadra dopo la vittoria colta ad Antalya
Scommessa con Parsani
Il resto è la storia di tanti ragazzi che dall’Est sono costretti a partire per trovare una squadra e scommettere su di sé.
«Sono partito da junior – conferma – e sono arrivato al centro Uci di Aigle. Poi sono andato in Adria Mobil continental e da lì alla Delko. Qua si scherza. E Parsani, il nostro capo, si è accorto che ho vinto la seconda tappa in Venezuela e la seconda in Turchia. Così ora si è messo a dirmi che dovrò vincere la seconda anche alla Coppi e Bartali e abbiamo scommesso. Per me va bene, ma quella tappa almeno avrà l’arrivo in volata? Per il resto andiamo avanti. Qualche sogno ce l’ho anche io ed è correre il Tour de France».
Era in una squadra francese, credeva di esserci vicino. Ora è in Italia, in una continental appena nata. Ricomincerà da capo. E se ha ragione Bardelli, magari una WorldTour o una professional arriverà prima o poi per portarselo via.
Il Team Franco Ballerini di Andrea Bardelli a Roubaix 20 anni dopo l'ultima volta di Franco. Per i ragazzi una maglia speciale. E alla fine, Svrcek è sesto
Questa è la favola di Martin Svrcek e del Team Franco Ballerini (di cui vi avevamo già accennato), iniziata il 10 novembre 2020 anno quando Andrea Bardelli, direttore sportivo, si mise a curiosare sul web fra i risultati del 2019. Si era accorto di lui agli europei di Plouay del 2020, dove era andato con Ponomar. La squadra non voleva uno straniero per il 2021, ma da allievo il piccolo slovacco aveva ottenuto dei buoni risultati nella corsa della Pace che si corre in Austria. Perciò Bardelli si mise a cercarlo su Facebook e scoprì che viveva a Zilina. Così contattò un ragazzo di lì che aveva avuto due anni prima all’Hopplà. I due erano amici. Perciò il… gancio fece da tramite e il giorno dopo ci fu il primo contatto. Davvero nessuno poteva immaginare come sarebbe andata a finire.
«Probabilmente avrebbe smesso di correre – sorride il tecnico toscano – perché in Slovacchia ci sono poche gare. Venne fuori che abita a 10 chilometri da Zilina e che conosceva Juray Sagan, il fratello di Peter che si occupa delle squadre giovanili. Devo dire che al momento di prendere le decisioni, la famiglia Sagan è stata molto presente. Ed è stato utile, perché ci siamo ritrovati in un mondo di squadre WorldTour e procuratori, in cui non avremmo saputo come muoverci».
La vicinanza della famiglia Iacchi (qui con Lorenzo) lo ha guidato nella vita da atleta
Non poteva mancare mamma Laura che si è ritrovata con un figlio in più
La vicinanza della famiglia Iacchi (qui con Lorenzo) lo ha guidato nella vita da atleta
Non poteva mancare mamma Laura che si è ritrovata con un figlio in più
Da che famiglia viene Martin Svrcek?
Sono cinque fratelli, tutti fenomeni dello sport. Un fratellino di 14 anni è un talento dell’hockey e presto andrà in America. Sono cinque ragazzi splendidi e autonomi. Il padre è un manager ed è venuto con lo zio per conoscerci. Sono rimasti per due giorni a Montecatini. Hanno fatto mille domande, visto dove avrebbe alloggiato Martin, poi sono risaliti in macchina e via. Del padre non ho neppure il numero di telefono, ma si è fidato. Martin è arrivato a gennaio. E noi ci siamo ritrovati in casa un ragazzo umile, con voglia di lavorare e la maturità per stare sette mesi via da casa.
E’ stato semplice?
L’ho trattato come un figlio, ma devo tutto alla famiglia Iacchi. Hanno due figli corridori, Alessandro e Lorenzo, ma già si prendevano cura di Stojnic. Poi lui si è rotto il femore e Martin si è ritrovato da solo. La mossa vincente è stato far venire giù la sua ragazza, che corre in bici. In quel momento Martin si è sentito a casa sua e ha capito che ci fidavamo di lui.
Quando ti sei accorto che fosse uno buono?
Al primo allenamento a Barberino del Mugello, di gennaio. Aveva viaggiato tutta la notte in macchina col padre. C’era un nebbione che metteva paura. Aveva 5-6 chili più del giusto. Facemmo un allenamento e i due ragazzi che erano con lui, mi dissero che quello lì avrebbe vinto 25 corse. C’era da scoprirne il carattere e se si sarebbe inserito, ma il corridore lo vedi subito.
Svrcek e Alessandro Iacchi, come fratelli, hanno vissuto e si sono allenati insieme per un annoSvrcek e Alessandro Iacchi, come fratelli, hanno vissuto e si sono allenati insieme per un anno
Cinque o sei chili di troppo?
Quando è arrivato (Bardelli ride, ndr) aveva l’abitudine slovacca di bere qualche birretta. Ma non siamo andati dal dietista o dal dottore, gli è bastato stare accanto ai ragazzi e mangiare in casa da corridore. Poi, siccome è molto sveglio, ha capito che la giusta alimentazione iniziava a fare la differenza. E’ veramente partito da zero.
Parlava italiano?
Il primo mese, in appartamento con Stojnic, cominciava a parlarlo. Quando poi Veliko si è infortunato ed è arrivata la sua ragazza, ha un po’ smesso. Lo studiava e lo studia ancora, ma è timido ed esigente, per cui con me in ammiraglia ci prova, ma nelle interviste non si fida. Alle prime corse, noi dicevamo le cose alla ragazza in inglese e lei da bordo strada traduceva in slovacco. Diciamo che alla fine (dice sorridendo, ndr) s’è messo a punto un dialetto tosco-anglo-slovacco.
Sedici vittorie, un bel bottino…
Negli ultimi tre anni abbiamo fatto tanta attività internazionale. Ci siamo fatti un nome e correre da noi è una bella vetrina, soprattutto se poi finisci nel WorldTour. Portare questo nome (Franco Ballerini, ndr) è un orgoglio, abbiamo tutti gli occhi addosso.
Svrecek ha chiuso i mondiali al quarto posto. Eccolo nello sprint accanto all’azzurro OioliSvrecek ha chiuso i mondiali al quarto posto. Eccolo nello sprint accanto all’azzurro Oioli
Sì però un ragazzino che parte da zero e dopo un anno passa nel WorldTour non ti suona un po’ strano?
I primi contatti sono iniziati a maggio, aveva vinto sette corse fra cui l’Eroica Juniores. Io non sono d’accordo, ma il ciclismo è cambiato. Sono contento perché abbiamo preso il manager belga che segue anche Alaphilippe e concordato un avvicinamento graduale. Martin farà prima sei mesi nella Biesse-Carrera di Milesi e Nicoletti.
Non è presto?
E’ pronto di testa. Qui lavoriamo in modo diverso, ho cambiato dopo aver lavorato nei dilettanti. Durante la settimana, i nostri si allenano da soli. Gli diamo il supporto di un allenatore come Pino Toni e poi sta a loro imparare a gestirsi le giornate. Anche se abitiamo a un chilometro di distanza, non ho mai seguito Martin in allenamento. Non mi piace coccolarli come si fa in Italia.
Perché è pronto di testa?
Dopo aver firmato il contratto a luglio, temevo che mollasse. Invece ha tenuto duro fino al mondiale. E a quel punto, invece di fare festa, sapeva quanto io tenessi alla Roubaix per il ventennale dalla morte di Franco (Ballerini, ndr) e ha tenuto duro fino lì. Ha la capacità di restare concentrato e grande correttezza.
Lascia la categoria juniores e la Franco Ballerini con 16 vittorie nel 2021. Ad abbracciarlo c’è Bardelli
Alla festa di fine anno, Lorenzo Iacchi commosso assieme a Bardelli
Lascia gli juniores e la Franco Ballerini con 16 vittorie. Ad abbracciarlo c’è Bardelli
Alla festa di fine anno, Lorenzo Iacchi commosso assieme a Bardelli
Cosa sa di Franco Ballerini?
Il 7 febbraio scorso venne alla commemorazione e si accorse di quanta gente ci fosse a Casalguidi. Poi ha visto i video e ha capito il perché di tanta attenzione all’estero. Un giorno mi ha chiesto: «Come avete fatto a prendere uno sconosciuto come me?». Davvero non gli tornava che la squadra di Tiberi e Ponomar lo avesse cercato. Non si sentiva all’altezza di correre in Italia…
Un bell’esempio di umiltà…
Al di là delle 16 vittorie, ha insegnato tanto a quelli di primo anno. Erano abituati a mille attenzioni e ad uscire solo con il direttore sportivo dietro. All’inizio è stato duro, poi però sono arrivati i risultati. Noi direttori dobbiamo farli crescere, non pensare solo ai risultati. Perché quando poi arrivano nei dilettanti, sono da soli e non sanno come gestirsi.
Parigi-Roubaix juniores, l’ultima corsa 2021 di Martin Svrcek, in onore di BalleriniParigi-Roubaix juniores, l’ultima corsa 2021 di Martin Svrcek, in onore di Ballerini
Cosa farete nel 2022 senza Svrcek?
Avremo 16-17 juniores e 7 allievi. Senza un’individualità così forte, ma una delle squadre più forti che ho mai avuto. C’è un canadese che sarà la rivelazione e fra gli allievi, un secondo anno ligure che sarà il nuovo Tiberi. Con gli junior dovremmo cominciare il 27 febbraio alla Kuurne-Bruxelles-Kuurne e abbiamo già l’invito per il Giro delle Fiandre. Mi piacerebbe portare fuori anche gli allievi, ma è tutto in fase di programmazione. Eppure la vittoria più bella…
Qual è stata?
La cena di fine anno. Martin non c’era, ma ha mandato un video. Lorenzo Iacchi ha fatto un discorso sulla stagione e su Franco che ha commosso tutti. Si è messo a piangere e ha pianto anche la Sabrina (moglie di Ballerini, ndr). Lui è il nostro asso nella manica. A 18 anni ha già tutti i tesserini da direttore sportivo, tutti i contatti con i nuovi corridori li ha presi lui. Ora va negli under 23, ma per il futuro credo di aver già trovato il mio successore.
«Ci siamo svegliati alle sei e mezza – dice Bardelli con le lacrime agli occhi – c’era il diluvio universale. E ho visto questi ragazzini mettersi il taping come faceva Franco e prepararsi per la Roubaix. Mi viene da piangere perché so che stanno cercando di finirla a tutti i costi, mentre qua davanti Martin s’è giocato la corsa. E andava così forte, da pensare che da lassù lo guidasse qualcuno…».
Davide Buconi del quartetto era uno di quelli con la miglior condizioneDavide Buconi del quartetto era uno di quelli con la miglior condizione
Vittoria a Fredheim
Stiam Fredheim ha vinto la Roubaix juniores, alle sue spalle al fotofinish Alec Segaert campione europeo della crono, terzo Hagenes campione del mondo. Il quarto non s’è ancora capito. Quinto il campione d’Europa Gregoire e sesto Martin Svrcek, corridore slovacco del Team Franco Ballerini (foto di apertura). C’era lui dall’alto a guidarlo, il nostro amico Franco. Che qui vent’anni fa concluse la carriera con quella maglietta bianca con su scritto Merci Roubaix.
Per gli juniores 110 chilometri di gara, con 11 settori di pavé
Acqua e fango. Il Team Ballerini ha corso su Ktm e selle Selle Italia
Le bici del podio: anche per loro un po’ di requie
Per gli juniores 110 chilometri di gara, con 11 settori di pavé
Acqua e fango. Il Team Ballerini ha corso su Ktm e selle Selle Italia
Le bici del podio: anche per loro un po’ di requie
Bardelli piange, ma grazie alla pioggia battente se ne accorgono in pochi. La squadra toscana è arrivata a Roubaix all’ultimo momento, grazie all’invito ricevuto. Dopo il mondiale, avevano deciso di chiudere bottega e dare appuntamento al 2022. Svrcek aveva già firmato per la Deceuninck-Quick Step, gli altri erano già a scuola.
«Ma quando è arrivato l’invito – prosegue il tecnico del team – Martin mi ha detto di venire a correre. E io sapevo che se lui dice di partire, lo fa per vincere. Avevo paura del pavé, ma si è mosso benissimo. Si è staccato per un errore, ma era con i migliori».
I quattro ragazzi del Team Ballerini con la loro maglia sul Carrefour de l’Arbre
Per loro alla presentazione delle squadre un’accoglienza super calorosa
La maglia è un omaggio per Franco e sua moglie Sabrina, realizzata da VeloPlus
I quattro ragazzi del Team Ballerini con la loro maglia sul Carrefour de l’Arbre
Per loro alla presentazione delle squadre un’accoglienza super calorosa
La maglia è un omaggio per Franco e sua moglie Sabrina, realizzata da VeloPlus
Il Ballero nel cuore
I francesi per i campioni hanno cuore. E quando ieri alla presentazione delle squadre hanno visto le maglie del Team Ballerini con quella stessa scritta, li hanno adottati. Franco quassù era un dio, come lo sono tutti coloro che su queste pietre hanno lottato, perso e poi vinto.
Sesto posto finale per Martin Svrcek, al primo assaggio di pavéSesto posto finale per Martin Svrcek, al primo assaggio di pavé
«Quassù Franco è Franco – dice Bardelli e ancora si commuove – e quando ci hanno visto hanno iniziato a fotografarci. Io ho seguito tutte le sue Roubaix ed essere qui vent’anni dopo è un sogno. Per Martin è il primo anno che corre sul serio, ma ci tenevamo per la Sabrina (mogie di Franco Ballerini, ndr) a onorare questo invito. Martin ha il suo futuro alla Deceuninck-Quick Step, agli altri resterà per la vita. Chi sia Ballerini ci penso io a dirglielo e credo che Martin abbia fatto questa corsa per restituirci qualcosa. Lo abbiamo cresciuto passo dopo passo e anche per questo la giornata si concluderà con un magone. Perché con la stagione finirà anche la nostra collaborazione. Anche se continueremo a essere in contatto».
Il lavoro e la passione
Nel programma dei ragazzi di Bardelli c’era anche assistere all’arrivo dei professionisti, poi la notte al solito hotel col tucano a Charleroi e domattina il volo per l’Italia. Segnate i loro nomi. Alcuni diventeranno corridori, altri porteranno questa giornata per sempre nei ricordi.
Lorenzo Iacchi era fra i primo trenta, ma ha bucato a 20 chilometri dall’arrivo e si è fermato. Comunque il miglior italiano
«E’ un’emozione indescrivibile – ripete Bardelli – ho portato tre corridori di secondo anno, Gianmarco Coppini, Lorenzo Iacchi e Martin Svrcek, e ho aggiunto Davide Buconi che nelle ultime gare si è dimostrato in crescita. A tutti loro e a chi vorrà leggere questa storia porto l’esempio di Franco Ballerini. Un uomo che con il lavoro e la passione ha raggiunto dei risultati bellissimi. Poi ha raccolto il testimone di Alfredo Martini e dopo di lui è stato il commissario tecnico migliore che l’Italia abbia mai avuto. Il lavoro e la passione, basta chiacchiere. Con gli juniores serve fare così. I miei ragazzi non lo dimenticheranno mai».
Martin Svrcek ha centrato il primo podio tra gli U23 ma si è rotto la clavicola. Un mese di stop poi andrà alla QuickStep. Il punto del suo diesse Milesi
E’ tutto un ribollire, una storia di pressioni e scarsa visione, solo che finora non se ne era accorto nessuno.La categoria juniores è nell’occhio del ciclone e non per una speculazione giornalistica. E’ bastato far notare che dalle medie si può passare dritti all’università del ciclismo (quindi da junior si può finire in una professional o in continental e di qui dritti al professionismo) per rendersi conto che si rischia ogni anno di mandare di là ragazzi non ancora pronti. Che vengono fatti correre oltre il dovuto, pensando alla performance e poco alla formazione. Quando poi sul mucchio ha sparato De Candido dopo gli europei, si è capito che le pressioni non si fermano all’ambito ristretto delle squadre, ma probabilmente nascono più in alto. Da un modo di inquadrare e gestire il movimento che non è più in linea con i tempi.
Secondo Bardelli, il confronto con il suo Svrcek ha aiutato tanti juniores italiani a crescereSecondo Bardelli, il confronto con il suo Svrcek ha aiutato tanti juniores italiani a crescere
«Sono vent’anni che faccio gli juniores – dice Andrea Bardelli del Team Franco Ballerini – e sono vent’anni che sento De Candido fare gli stessi discorsi. Dei corridori che devono prendere più vento in faccia. Che sono viziati. E che fanno solo le corse del campanile. Noi quest’anno abbiamo corso in Austria, in Francia e in Slovacchia. Proprio ora sto mandando i bollettini per la Parigi-Roubaix, ma la nazionale italiana non l’abbiamo mai vista. Siamo gli unici ad avere il tecnico stipendiato. Come mai, visto che ad esempio in Austria ti pagavano tutto?».
Lo stress non aiuta
Si apre un altro capitolo e noi siamo pronti, per dare alla nuova federazione gli spunti necessari per riformare e gestire una categoria da cui dipende il futuro del professionismo. Lo ha detto Andrea Morelli e lo ha ribadito ieri Ivan Basso alla Coppa d’Oro: lo stress nelle categorie giovanili impedisce il trend di crescita dell’atleta. E non possiamo proprio permetterci di perdere per strada dei talenti a causa di tecnici che spingono troppo.
Nel gruppo degli juniores ci sono atleti seguiti bene e altri al centro di troppe pressioni (foto Scanferla)Nel gruppo degli juniores ci sono atleti seguiti bene e altri al centro di troppe pressioni (foto Scanferla)
Siete davvero fra i pochi…
Siamo gli unici, grazie a Citracca e Scinto che ci danno la logistica e qualche soldo per fare le nostre trasferte. Girando per l’Europa si vedono tante cose. Ci siamo resi conto che i francesi nelle loro gare corrono senza i rapporti limitati. Noi non li abbiamo cambiati e ci andavano via in pianura e in discesa. Chiaro che quando poi vengono al Lunigiana, hanno quel guizzo di potenza in più che gli permette di fare la differenza in salita.
Si dice che da noi alcune squadre facciano allenare gli juniores con il 53×11…
Lo so anche io, ma noi non lo facciamo. E non sono a favore dell’apertura dei rapporti. A me va bene la limitazione, ma bisogna ragionare di tutto. Andare a vedere per capire. Gregoire che ha vinto l’europeo ha la doppia tessera, grazie alla federazione francese. Corre con la sua squadra di club e va a fare le trasferte con la AG2R, che prende i migliori da tutta Europa, al punto che quest’anno ha già fatto più di 60 corse. Confrontarsi con loro non è sempre utile, perciò prima di sparare sui ragazzi bisognerebbe sapere chi hanno davanti.
La prova dei nostri juniores a Trento non è dipesa soltanto dalla loro… distrazioneLa prova dei nostri juniores a Trento non è dipesa soltanto dalla loro… distrazione
Secondo te perché la nazionale non fa più le trasferte di un tempo?
Bisognerebbe capirlo, soprattutto quelle pagate. La Coppa delle Nazioni ormai è ridotta a due sole prove e una non l’abbiamo fatta. Il confronto fa crescere. Credo che doversi confrontare tutte le settimane con il nostro Martin Svrcek abbia fatto bene anche ai corridori italiani. Se ieri Pinarello ha vinto il Buffoni (in apertura il veneto vince a Monte Corno, foto Scanferla, ndr) è anche grazie a questo confronto ad alto livello. Per cui, se non andiamo fuori noi, permettiamo agli stranieri di venire a correre in Italia.
Si potrebbe pensare che siano discorsi di uno che vuole fare risultati fini a se stessi…
Ma è l’esatto opposto. Stiamo portando Martin in giro per l’Europa perché passerà in una WorldTour e deve essere pronto. Ma qualsiasi ragazzo che vada a correre fuori impara come si sta in un albergo e cosa sia la borsa del freddo. Il problema di chi li spreme è nel direttore sportivo. Se ne trovi uno che li porta a fare 20 corse al mese, la Federazione deve intervenire. Limitare il numero di corse. Durante l’inverno si parla di salvaguardare i talenti, poi invece…
Cosa?
E poi scopri che fino a cinque giorni prima dell’europeo non sai chi lo correrà. Stessa cosa per il mondiale. La Francia aveva individuato a giugno il gruppo di lavoro, coni ragazzi per europei e mondiali. E non c’entra il fatto delle corse di campanile.
Il livello di prestazione fra gli juniores non vale quanto costruire una buona esperienza (foto Scanferla)Il livello di prestazione fra gli juniores non vale quanto costruire una buona esperienza (foto Scanferla)
Il confronto superiore aiuta di certo, però.
Ma cosa devono fare i ragazzi? Se i direttori sportivi sono vecchi e non ci pensano oppure non hanno budget, la colpa è degli atleti? Allora perché non raccogliere un po’ di soldi dalle professional italiano per mandare a correre all’estero gli italiani migliori? Trovo io le corse. Ma i corridori ci sono. lo stesso Svrcek me lo dice sempre.
Cosa ti dice?
Che ci sono almeno sei o sette italiani di altissimo livello.
Ma allora il punto è cosa si vuole da uno junior…
Esatto, la mia domanda da un pezzo. Lo vuoi tutelare? Allora non lo porti a fare il mondiale in pista e poi a correre su strada senza dargli riposo. Lasciamo stare le prestazioni della domenica e facciamoli crescere globalmente. Con le gambe e con la testa. Io non so se cambierà qualcosa e se la Federazione sarà gestita come un’azienda. Ma gli juniores non si possono gestire come operai. Di questo sono sicuro.
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