Sbaragli, 2024 opaco senza il Giro, ma ora si cambia

20.01.2025
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Dal WorldTour a una professional, per giunta piccola, il passo è molto più lungo di quanto si possa pensare. Dalla Alpecin-Deceuninck (che nel 2023 gli ha permesso di arrivare in nazionale) a quella che lo scorso anno si chiamava Team Corratec (e si chiama ora Solution Tech-Vini Fantini), forse la distanza è anche superiore e Sbaragli lo sapeva. Quando si rese conto che il team belga non lo avrebbe confermato, il toscano si affrettò ad accettare il salvagente proposto da Frassi e Citracca e provò a dire che applicando quel che aveva imparato con Van der Poel, sarebbe andato avanti ugualmente.

In realtà le cose non sono andate come sperava e il mancato invito al Giro d’Italia, che ora a causa del nuovo ranking è ancor più inavvicinabile, ha spento le velleità della squadra e trascinato con sé il morale degli atleti. Però bisogna fare con quello che si ha in casa e così Sbaragli si è rimboccato le maniche e ha affrontato il tredicesimo inverno da quando è professionista. Nessun ritiro, se non quello breve di questi giorni a Montecatini. Le strade di casa e il meglio che s’è potuto tirar fuori dal gelo della Toscana.

«E’ tutto regolare – dice Sbaragli – tutto a posto. A parte questi giorni a Montecatini, per la preparazione sono stato a casa. Ho ricominciato con un po’ di allenamenti di routine, non sono andato da nessuna parte. La stagione scorsa è stata impegnativa dall’inizio alla fine. Abbiamo fatto tante gare, magari di livello più basso, in cui s’è potuto provare a fare risultato. Provare, perché non è scontato. Negli ultimi anni è cambiato tutto, quindi il livello medio in generale è aumentato dappertutto».

La squadra è in ritiro a Montecatini fino a domani per lanciare la nuova stagione (foto Team Solution Tech)
La squadra è in ritiro a Montecatini fino a domani per lanciare la nuova stagione (foto Team Solution Tech)
Come è stato questo primo anno fuori dal WorldTour?

In generale positivo. E’ normale, nelle squadre più piccole ci sono dei limiti. Però a livello personale, con l’esperienza che ho accumulato, sono riuscito ad apprezzare di più le cose positive rispetto ai deficit che oggettivamente ci sono. E’ stata una buona esperienza.

Ti aspettavi qualcosa di più?

Potevo fare di più, soprattutto a livello di risultati. Speravo di fare oggettivamente un po’ meglio rispetto a quello che è venuto fuori. Magari si vede sempre la sfortuna quando succede qualcosa, però ho sempre pensato che alla fine dell’anno più o meno si fa sempre pari. Per cui alla fine qualche piazzamento è venuto, ma meno di quel che pensavo. Quindi partendo da questo, il mio obiettivo principale è fare meglio nel 2025.

Ritratto della famiglia Sbaragli della scorsa estate: Kristian, Camilla e Lorenzo che è nato a marzo del 2020
Ritratto della famiglia Sbaragli della scorsa estate: Kristian, Camilla e Lorenzo che è nato a marzo del 2020
Dove si trova la motivazione?

Sono uscito dal 2024 abbastanza soddisfatto dal punto di vista atletico, per come sono riuscito a prepararmi per gli appuntamenti. Meno, come dicevo, a livello di risultati e quindi la motivazione è colmare questa differenza fra le sensazioni e i risultati veri e propri. Non sto parlando di vincere chissà cosa, però diciamo che vorrei tornare a essere competitivo. Per questo ho deciso di fare un altro anno e vedere di ottimizzare al meglio quello che ho fatto nel 2024.

Ottimizzare?

Sì, non solo per me. Secondo me a livello di squadra tutti hanno reso sotto le aspettative. Ci sono stati sicuramente alcuni motivi di fondo e, cercando di correggerli, si spera di fare meglio nell’anno che sta per cominciare.

Kristian Sbaragli, classe 1990, è professionista dal 2013. E’ alto 1,75 e pesa 74 chili (foto Team Solution Tech)
Kristian Sbaragli, classe 1990, è pro’ dal 2013. E’ alto 1,75 e pesa 74 chili (foto Team Solution Tech)
Non aver fatto il Giro ha cambiato la storia, però hai comunque fatto 62 giorni di corsa: non pochi.

Bisogna essere onesti. Non avevamo l’organico o un uomo che potesse fare bene in classifica o il target realistico di poter vincere 3-4 tappe. Nonostante ciò, partecipare al Giro era oggettivamente l’obiettivo principale della squadra. Così, quando ci è stato comunicato che non lo avremmo fatto, ci sono state delle ripercussioni sul morale sia dello staff sia dei corridori. In una squadra deve girare tutto nel migliore dei modi e se succede una cosa del genere, non è detto che poi si riparta come se niente fosse.

Non era possibile riprendere in mano la situazione?

Per quanto mi riguarda, non andare al Giro è stato il tassello mancante che poi ha inciso anche sulla seconda parte di stagione. Non parlo per gli altri corridori, però nel mio caso fare un Grande Giro mi ha sempre aiutato per impostare la stagione in una determinata maniera e per avere una condizione positiva nei mesi successivi. Però è andata così e non possiamo farci più niente.

Sbaragli e la bici Pardus: secondo il toscano un cambiamento positivo (foto Team Solution Tech)
Sbaragli e la bici Pardus: secondo il toscano un cambiamento positivo (foto Team Solution Tech)
Come si fa per resettare le motivazioni?

Io sono abbastanza tranquillo, vi dico la verità. Non sono stato un campione, per l’amor di Dio, però sono abbastanza tranquillo della carriera che ho fatto. In questa ultima fase mi piacerebbe riuscire a togliermi qualche soddisfazione personale nelle gare in Italia. Vincere è sempre più difficile, soprattutto per chi non lo fa da tanti anni. Però me lo sono posto come obiettivo…

Dovunque capiti?

Qualunque sarà la gara. Se uno sta bene e si butta dentro, non sai mai come finisce. Qualche prova WorldTour ci sarà modo di farla, mentre per il ranking non faremo sicuramente il Giro d’Italia, non potremo neanche chiedere l’invito. Saperlo subito ci permetterà di concentrarci sul resto della stagione.

Sbaragli e le sue nuove ruote: la squadra userà prodotti Elitewheels (foto Team Solution Tech)
Sbaragli e le sue nuove ruote: la squadra userà prodotti Elitewheels (foto Team Solution Tech)
Nel frattempo siete passati alle bici Pardus, bici cinesi con cui corre anche la China Glory.

A livello tecnico abbiamo fatto uno step in avanti, sia a livello di ruote che di telaio. Non sempre si ha fortuna di essere al top sotto questo punto di vista, però penso che facendo il confronto stretto tra quello che ho utilizzato fino ad adesso e quello che utilizzerò da adesso in avanti, mi sento di dire che sotto questo aspetto si andrà bene.

Fatto il ritiro a Montecatini, dove debutterai?

Dovrei iniziare alla Marseillaise, il 2 febbraio in Francia. E poi se ci invitano al Dubai Tour, farei quello prima delle gare di marzo in Italia. E insomma, vediamo come va…

Corratec-Vini Fantini: fuori dalle top 40, rifondazione in corso

21.11.2024
4 min
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Una stagione difficile quella del Team Corratec-Vini Fantini. Molte speranze, ma pochi risultati. E soprattutto, pochissimi punti. Ad oggi, la squadra toscana si trova fuori dalle prime 40 posizioni del ranking UCI: è al 42° posto. Questo significa non avere il diritto di partecipare ai Grandi Giri, con tutte le incertezze che ne conseguono per il futuro.

Un quadro davvero complicato, di cui abbiamo parlato con Serge Parsani, il team manager della Corratec. Facendo un rapido bilancio della stagione, il bottino è magro: cinque vittorie, tre firmate da Jakub Mareczko e due dall’ucraino Kyrylo Tsarenko, giovane cresciuto sotto la guida di Cesare Turchetti e successivamente di Matteo Provini.

Serge Parsani (classe 1952) è uno dei diesse della Corratec-Vini Fantini. In passato è stato sull’ammiraglia della Mapei
Serge Parsani (classe 1952) è uno dei diesse della Corratec-Vini Fantini. In passato è stato sull’ammiraglia della Mapei
Serge, dicevamo: una stagione non facile…

Decisamente non facile. Non ci aspettavamo di uscire dalle prime 40, anche perché avevamo rinforzato la squadra con quattro corridori provenienti dal WorldTour. Pensavamo che avrebbero garantito un buon bottino di punti, ma sono stati proprio loro a crearci maggiori difficoltà. E, purtroppo, anche gli altri non hanno brillato.

Che cosa non ha funzionato con questi atleti?

Sbaragli è stato l’eccezione. E’ un ragazzo molto professionale e si è dato da fare in tutto e per tutto, ed è stato anche una figura di riferimento per i più giovani. Invece gli altri, Bonifazio, Mareczko, Padun e Ponomar, non ci hanno dato nulla. È vero che Ponomar è stato anche sfortunato: alla Coppi e Bartali è caduto, incrinandosi una vertebra cervicale. Però ci aspettavamo qualcosa di più. Alla fine, ci siamo ritrovati in una situazione difficile, tanto che abbiamo perso anche il primo sponsor.

E adesso?

Adesso stiamo cercando di costruire una nuova squadra, puntando su molti giovani, nella speranza di riuscire a lottare, anche se sarà ancora più difficile, per rientrare tra le prime 30. Nel 2025, infatti, il limite per l’accesso ai Grandi Giri si alza ulteriormente.

Come state lavorando? E come pensate di muovervi?

Parto dalla seconda domanda: sicuramente non faremo un calendario come quello di quest’anno, in cui abbiamo partecipato a gare molto importanti, come il Tour de Romandie o il Giro di Svizzera. Sono corse in cui è difficile ottenere risultati anche con atleti di livello, figuriamoci senza.

Valerio Conti è uno dei veterani del team: è stato confermato anche per la prossima stagione
Valerio Conti è uno dei veterani del team: è stato confermato anche per la prossima stagione
Alla fine quelle gare si sono rivelate un boomerang?

Esatto. Per questo motivo, cercheremo di disputare gare in tutto il mondo, ma di livello più basso, cercando di raccogliere il maggior numero possibile di punti. Nel frattempo, stiamo già lavorando per mettere in piedi una squadra competitiva in vista del 2026. Non è facile, ma ci stiamo provando.

Serge, senza entrare troppo nei dettagli del mercato, ci sarà una rivoluzione?

Sì, cambieranno parecchi corridori. A molti non rinnoveremo il contratto per il 2025. Tuttavia, atleti che hanno dimostrato impegno come Valerio Conti, Davide Baldaccini, Roberto Carlos Gonzales, Lorenzo Quartucci e Kristian Sbaragli resteranno con noi. Anche Stewart, Balmer e Tsarenko, che hanno contratti già validi per il 2025, faranno parte del gruppo. In particolare, credo che Tsarenko abbia ottime qualità e margini di miglioramento.

Questa sarà quindi la base della squadra?

Esatto. Inoltre, abbiamo ripreso un velocista che in passato ci ha dato soddisfazioni: Dusan Rajovic (ora in Bahrain-Victorious, ndr). Completeremo poi la rosa con diversi giovani, che spesso hanno più voglia di emergere rispetto agli atleti esperti, i quali a volte sembrano pensare solo al contratto senza riuscire a raggiungere i risultati sperati.

Due anni fa la Bardiani, per esempio, rivoluzionò il proprio approccio, inserendo un nuovo staff medico e tecnico. È una strada percorribile per voi?

Cercheremo sicuramente di seguire i nostri atleti più da vicino, ma al momento è difficile. L’idea è di radunarli con maggiore regolarità per prepararci insieme a determinati appuntamenti e lavorare nella stessa direzione. Con la struttura attuale, dobbiamo fare del nostro meglio.

Hai accennato al fatto che Corratec non è più sponsor. Ci sono novità sul fronte tecnico? Cambierete nome?

Sì, siamo alla ricerca di un nuovo partner tecnico per la fornitura delle biciclette e di un nuovo sponsor. Credo che entro fine novembre, quindi a breve, si definirà tutto.

Tsarenko (classe 2000) aveva già il contratto per il 2025. Eccolo trionfare alla Cupa Max Ausnit, gara 1.2 in Romania (foto Instagram)
Tsarenko (classe 2000) aveva già il contratto per il 2025. Eccolo trionfare alla Cupa Max Ausnit, gara 1.2 in Romania (foto Instagram)

Difficoltà ed entusiasmo

Dispiace vedere la terza squadra professional italiana in così grande difficoltà. È evidente che, nel ciclismo di oggi, buoni nomi e buone intenzioni non sono più sufficienti.

Si parla di nuovi direttori sportivi, nuove bici e persino di nuove ruote. Per ora, la squadra si chiama Toscana Factory Team-Vini Fantini, manca il primo nome. Al 21 novembre 2024, ci sono solo tre atleti sotto contratto: lo svizzero Balmer, l’inglese Stewart e l’ucraino Tsarenko. Per rispettare le regole delle professional, è necessario arrivare ad almeno 20 corridori: ne mancano ancora 17 ufficialmente.

Vero che alcuni già ci sono. ma il team va impostato. La strada è ardua, ma anche stimolante. Spesso, dalle difficoltà possono nascere grandi opportunità. E a volte, è proprio la fame a diventare il miglior motore…

Mareczko a Cremona, due vittorie a 10 anni di distanza

09.05.2024
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Domenica Jakub Mareczko, da ieri in gara al Giro d’Ungheria (terzo nella prima tappa), è tornato a vincere. Lo ha fatto al Circuito del Porto-Trofeo Arvedi, una delle classiche internazionali del ricco calendario Under 23 aperta anche agli Elite (foto di apertura Sessa). La partecipazione sua e della Corratec ha scatenato un vespaio di polemiche sul quale in seguito torneremo, ma pochi hanno evidenziato un altro aspetto della sua vittoria: il fatto che si è ripetuto a 10 anni di distanza.

Il podio finale di Cremona con Mareczko tra Simone Buda e Alessio Portello (foto Sessa)
Il podio finale di Cremona con Mareczko tra Simone Buda e Alessio Portello (foto Sessa)

Non capita spesso che un ciclista (ma sarebbe meglio uno sportivo in genere) vinca a una simile distanza di tempo, per molti lo spazio fra due carriere. Per Jakub questo pensiero toglie un po’ di quell’amaro che ha coperto la sua vittoria.

«Effettivamente ripetersi a tanto tempo di distanza fa piacere. E’ sempre stata una corsa adatta alle mie caratteristiche, completamente piatta, dove si deve lavorare di squadra per costruire la volata finale».

Il corridore bresciano è al suo primo anno alla Corratec. In Ungheria subito un podio
Il corridore bresciano è al suo primo anno alla Corratec. In Ungheria subito un podio
Che differenze ci sono fra il Mareczko della prima vittoria e quello di oggi?

Ci sono 10 anni da professionista, fatti di momenti più o meno elevati, più o meno felici, ma tutti ricchi di esperienza. Quando vinsi avevo 19 anni, ero al mio secondo anno fra gli under 23 e avevo il cuore pieno di speranze. Diciamo che anche quella vittoria ha contribuito a lanciarmi fra i professionisti. Oggi sono un altro corridore, un altro uomo.

Una gara importante?

Molto, lo è sempre stata. Al tempo era uno degli appuntamenti cardine della stagione per un Under 23, oggi è ancora un evento importante, nel calendario Uci, con molte presenze straniere. Domenica c’era anche la nazionale militare francese.

Mareczko dopo la gara con il suo bimbo in bici, seguirà le sue orme? (foto Sessa)
Mareczko dopo la gara con il suo bimbo in bici, seguirà le sue orme? (foto Sessa)
Con questa vittoria è come se si fosse chiuso un cerchio. A dispetto della tua ancor giovane età, come giudichi questa decade d’intervallo?

E’ stata bella, importante, ricca di soddisfazioni. Ho vinto corse in grandi squadre, ho vissuto il ciclismo del WorldTour. Ho sempre fatto la mia parte e di questo vado orgoglioso. Il mio unico rammarico è non essere riuscito a vincere una tappa al Giro d’Italia, ci sono andato vicinissimo tre volte, è ciò che più mi dispiace, ma magari c’è ancora tempo e occasione per farlo…

E’ vero però che più di qualcuno ha un po’ storto la bocca vedendo la tua vittoria, proprio in relazione ai tuoi quasi 30 anni, non prendendosela naturalmente con te ma con in generale la presenza del tuo team…

Sì, è stata una vittoria contraddistinta da polemiche e questo mi dispiace. Perché eravamo lì? E’ semplice: questione di punti Uci. Il regolamento quest’anno è cambiato e per mantenere lo status di professional, un team deve raggiungere un certo punteggio, quindi è imperativo andare in ogni corsa dove si possono prendere punti. Quella di Cremona era un’ottima occasione per vincere e raccogliere un bel bottino, abbiamo lavorato tutti insieme per questo.

La Corratec ha lavorato per tenere la corsa unita nelle fasi finali e favorire lo sprint (foto Sessa)
La Corratec ha lavorato per tenere la corsa unita nelle fasi finali e favorire lo sprint (foto Sessa)
Oltretutto la Corratec paga anche la mancata partecipazione al Giro d’Italia…

Esatto, quindi siamo costretti a cercare gare random per conquistare punti. Non a caso già lunedì ero su un aereo per venire a correre in Ungheria e appena finita la prova magiara andrò in Grecia. Poi avrò un periodo per ricaricare le batterie e si ricomincerà, andando anche in Asia.

Perché allora si è creato tutto quel polverone?

Il discorso non era rivolto a noi in quanto tali. Il regolamento permette la partecipazione delle squadre come la nostra, punto. All’estero problemi simili non ci sono, le gare di categoria 1.2 come quella di Cremona sono piene di squadre professional, la stessa Bardiani negli anni scorsi era presente anche al Circuito del Porto. Ricordo ad esempio al Giro di Gran Bretagna come abbia partecipato anche l’Alpecin ed era una corsa di quella categoria. Qui allora si scatenerebbe il pandemonio… I punti bisogna cercarli dove sono, chiaramente è giusto farlo se si può nelle corse più vicine.

Mareczko era stato 3° alla prima tappa dell’Uae Tour, vinta da Merlier
Mareczko era stato 3° alla prima tappa dell’Uae Tour, vinta da Merlier
In che condizioni sei, visto che sei nel pieno della tua stagione?

Direi molto buone. Sono uscito dal Giro di Turchia con una buona forma, modellata proprio in quella corsa così lunga, otto giorni filati senza interruzione servivano per la messa a punto. Ora ci sono corse che hanno tappe a me adatte, con altimetrie non eccessive. L’obiettivo è fare risultato in entrambe.

A Cremona, in quella vittoria, quanto c’è stato di tuo e quanto della squadra?

Penso che ci sia stata una bella commistione, prima lanciando all’attacco un corridore di valore come Tsarenko, poi costruendo la volata con i compagni che sono stati bravissimi a mettermi nelle migliori condizioni, infine con la mia volata. Ma l’aiuto della squadra serve sempre. A dispetto di quel che si possa pensare, del fatto che c’erano corridori molto più giovani, una volata non ha mai un esito scontato…

Sanremo, numeri e sensazioni di Bonifazio che ha tenuto duro

22.03.2024
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La Milano–Sanremo non smette di tenere banco. E’ il primo monumento dell’anno, è il “nostro” monumento e soprattutto è e resta una corsa particolarissima. Quest’anno ancora di più vista la velocità record con cui si è corsa: 46,113 chilometri orari di media. Tra i 175 atleti che hanno lasciato Pavia per Sanremo c’era anche Niccolò Bonifazio.

Il corridore della Corratec-Vini Fantini ci spiega, anche con i numeri, la sua Classicissima. Numeri che sono tempi di scalata e stime dei valori personali, in quanto non aveva il computerino. «Non lo avevo – ha spiegato Niccolò – per non condizionarmi». Bonifazio è un ligure. Vive lungo il percorso della Sanremo e come pochi sa essere tecnico in merito a questa corsa.

E’ giunto 68° a 1’58” da Philipsen. Da buon velocista ha fatto una corsa di rimessa. Puntando a restare il più possibile con il gruppo di testa, ipotizzando e sperando in una volata. Tenete bene a mente questo concetto perché è alla base di tutto questo articolo e della spiegazione di Bonifazio circa il suo sforzo.

Niccolò Bonifazio (classe 1993) era alla nona Sanremo (foto @niccolo_lucarini)
Niccolò Bonifazio (classe 1993) era alla nona Sanremo (foto @niccolo_lucarini)
Niccolò, come è andata la tua corsa? Raccontaci da quando è partita la fuga in poi…

Di base direi che stavo bene. Ho fatte nove Sanremo e strada facendo ho capito che avremmo fatto il record di velocità. La corsa è stata vissuta sempre con un certo stress, anche in gruppo. E anche dopo che è partita la fuga.

Perché?

Perché il gruppo non è mai stato veramente “appallato” e siamo andati sempre in fila, spesso a due, ma in fila. Quindi si prendeva aria e non si stava poi così comodi. Insomma, per stare a ruota c’era sempre un po’ di difficoltà.

Non avevi il computerino, ma ti sei reso conto che andavate forte, come mai? E quando lo hai capito?

Quando siamo arrivati in Riviera. Di solito lì c’è sempre un buon vento a favore. Almeno così è stato nelle ultime tre, quattro edizioni. Da Genova a Sanremo ci mettevamo poco più di tre ore. E si andava via a 55 all’ora. Stavolta quel vento non c’era e andavamo lo stesso a quella velocità. In particolare è stato fatto forte il capo Berta, abbiamo demolito il record del tratto.

Anche nelle prime fasi gruppo allungato, non proprio in fila indiana, ma quasi
Anche nelle prime fasi gruppo allungato, non proprio in fila indiana, ma quasi
C’è un motivo particolare perché siete andati forte in quel punto?

Perché la UAE Emirates si è messa davanti, in modo molto agguerrito. Ha fatto un bel “casino”. E ho pensato subito: “Qui non si mette bene per la Cipressa”. 

Tu come stavi a quel punto?

Io bene. Tutto sommato sono stato bene per tutta la gara. Mi ero preparato a puntino… e anche il Berta l’ho superato benone, nonostante il ritmo elevato. Peccato che ho scelto la Sanremo sbagliata! Quella del record.

Hai detto dell’attacco alla Cipressa. Eravamo a bordo strada e volavate. Raccontaci quelle fasi.

La UAE l’ha presa come se fosse una volata. E’ stata fatta tutta “a blocco”. Lì, per me che sono un velocista, sono iniziati i guai. Dietro un po’ ci siamo sfilati e staccati. Però non sono andato alla deriva. Ho scollinato con 30” e in discesa, che conosco bene, ho recuperato un bel po’, circa 20″. Fino a rientrare nel gruppo di testa ad Arma di Taggia.

Poco prima del Poggio…

Esatto. E il problema è quello: se ti stacchi nella prima parte della Cipressa, anche se rientri, non recuperi più. E rientrare forse è stato lo sforzo maggiore. Vi dico un dato che è emerso da Strava. Nel tratto tra Poggio e Cipressa abbiamo fatto 58 di media. Se non è stato 58 preciso sarà stato 57,7, Se calcolate che sono rientrato, immaginate che sforzo abbia fatto. Una media assurda. E infatti appena è iniziato il Poggio mi sono staccato.

Bonifazio ha parlato dell’azione violenta della UAE sulla CIpressa, che ha sparigliato le carte
Bonifazio ha parlato dell’azione violenta della UAE sulla CIpressa, che ha sparigliato le carte
Niccolò, hai perso le ruote, ma visto come sono andati e il distacco finale, non sei naufragato. E’ lì che sei andato in acido lattico?

No, lì ormai no. Primo perché la corsa era fatta e si sapeva che non saremmo mai rientrati dal Poggio in poi. Si andava regolari, di buon passo. Semmai in acido ci sono andato sul Berta, il cui sforzo è durato poco più di 3′. Quello è un po’ il limite del tenere o meno quando manca ancora un bel po’. In quel caso poi si scendeva. E lo stesso sulla Cipressa. Solo che la Cipressa è più lunga di 3′ e non vai proprio oltre il limite del tutto, altrimenti salti e poi davvero naufraghi. Io comunque l’ho fatta in meno di 10′. Un dato ottimo. Pensate che quando feci quinto, la scalammo in 10’20”. Poi è chiaro che ho spinto fortissimo e ho speso molto, così come in fondo alla Cipressa stessa. 

Hai snocciolato dei numeri, riusciresti a dare una stima dei tuoi wattaggi?

Sulla Cipressa credo di averne fatti almeno 450-460 watt, calcolando il mio peso e il mio tempo. Qualcosa in meno sul Poggio 430-440: come ho detto a quel punto spingere a tutta per un 50° posto anziché un 60° avrebbe avuto poco senso. E poi il peso cala un po’ col passare dei chilometri e c’è qualche variazione ulteriore. Comunque anche il Poggio l’ho fatto benone, tra i 6’20”-6’30”.

Restava il tratto finale: anche negli ultimi 3.000 metri piano non andavate. Viaggiavate a 45-46 all’ora?

Anche 50… e abbondanti direi. Eravamo in tre (gli altri due Milan ed Eenkhoorn, ndr) e abbiamo girato regolari fin sull’arrivo.