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Riflessioni con Cimolai, mentre Van den Berg beffa tutti

02.08.2023
7 min
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BIELSKO-BIALA – Prima del via di questa temuta frazione incontriamo Davide Cimolai. Di certo, vista l’altimetria non è tappa per il corridore della Cofidis. In più non c’è neanche un leader per cui lavorare. Di solito quando è così, è il momento migliore per fare delle riflessioni con i corridori.

Il pallino della corsa oggi tocca ad altri, non ad un velocista come “Cimo”. Tocca a Kwiatkowski, agli UAE Emirates, Majka e Almeida, e tocca a Mohoric.

«Matej, sembra proprio che questi ragazzi – Formolo e Majka sono lì vicino – ti vogliono attaccare», scherziamo noi. E lui: «Dici davvero? Incredibile questa cosa! Mi troveranno pronto», ride e se ne va verso la partenza.

Non sa però che a beffare lui e tutto il gruppo in questa quinta frazione del Tour de Pologne sarà Marijn Van den Berg.

Bravo Van den Berg

Il corridore della EF Education-Easy Post già ieri ci è andato vicino. Evidentemente gli arrivi che tirano sono i suoi. Oggi ha vinto, ieri è arrivato secondo alle spalle di Kooij e ad inizio stagione si era preso il Trofeo Ses Salines ad Alcudia, il cui finale ugualmente tirava un po’. 

Marijn è uno dei “prodotti” di quel favoloso vivaio che è la Continental Groupama-Fdj. Sembra che Marc Madiot si sia impuntato proprio dopo averlo perso: i ragazzi che crescono nella sua società lì devono restare. Almeno i migliori. Motivo per cui proprio negli ultimi due anni ne ha fatti passare 13 in prima squadra.

Mentre Van den Berg alza le braccia Davide Cimolai rientra nel circuito finale per completare la tappa. I velocisti, troppo staccati, sono stati fermati e poi hanno ripreso la loro marcia. L’anello di Bielsko-Biala, circa 7 chilometri, è troppo corto per contenere la corsa dalla testa alla fine. E così ci tornano alla mente le battute fatte con “Cimo” al mattino.

Davide Cimolai (classe 1989) è tornato in gara dopo quasi tre mesi di stop
Davide Cimolai (classe 1989) è tornato in gara dopo quasi tre mesi di stop
Cimo, in questa stagione non ti abbiamo visto moltissimo. Come è andata?

Fondamentalmente mi sono voluto specializzare nel ruolo di ultimo uomo. Fino all’inizio del Giro d’Italia è andato tutto bene. Ho fatto vincere Brian Coquard in diverse corse. E’ il Giro che purtroppo mi è andato male.

Cosa non ha funzionato nella corsa rosa?

Prima la caduta con Remco, poi ho preso il Covid in maniera molto pesante. Da lì si sono dilatati tantissimo i tempi. Sono tornato a correre qui in Polonia dopo quasi tre mesi.

Ecco perché non ti abbiamo visto molto…

Eh già, il mio Giro è durato otto giorni. Però adesso va meglio. Sono qui al Polonia. Giusto da ieri sono ritornato ad avere buone sensazioni. Ho lavorato bene per Walscheid e con la testa sono già alla Vuelta! Voglio finire bene la stagione.

Cosa significa “buone sensazioni”? Voi corridori usate spesso queste parole, ma nel concreto cosa succede?

E’ difficile da spiegare. Un corridore, soprattutto superati i 30 anni, quando non corre per due o tre mesi come nel mio caso, si può allenare bene finché vuole, ma ha bisogno di ritrovare il ritmo gara. E questo mi mancava. Poi una volta in corsa c’è fatica e fatica. C’è quella buona, quella che costruisce, che giorno dopo giorno, anche se sei stanco, ti fa migliorare. Ed è il mio caso.

Altrimenti c’è la fatica che ti affossa…

Esatto, quella che non ti fa recuperare mai. Questo Polonia per me è importante per tanti motivi. In primis non vorrei cadere e poi giorno dopo giorno, voglio ritrovare quel fuorigiri che mi manca. Tornando alle sensazioni: vedi che stai bene perché il cuore è fresco. E’ “alto” (i battiti cardiaci raggiungono picchi elevati, ndr) ed elastico. Poi le buone sensazioni le completi nel recupero: io sono fresco. Ogni giorno sto meglio.

Cimolai, nel finale pedala sereno nel gruppetto. Eccolo ad una tornata dal termine
Cimolai, nel finale pedala sereno nel gruppetto. Eccolo ad una tornata dal termine
Il mondiale sarebbe stato un obiettivo? Poi tu con quel percorso hai un certo feeling…

Decisamente. Quel percorso mi porta bei ricordi. Un mondiale è differente da un campionato europeo, ma quel che ho fatto qualche anno fa è ancora vivo in me. Ci speravo ad inizio anno…. ma poi chiaramente bisogna essere onesti, non era proprio fattibile. Ora voglio ritrovare il miglior colpo di pedale. Poi giocherò le mie carte alla Vuelta. E poi ancora, perché no, potrei sognare la maglia azzurra per i campionati europei.

Cosa significa “giocare le mie carte alle Vuelta”? Intendi sempre come ultimo uomo o altro?

Dipende da come andranno le cose. Lo dico apertamente: io sono in scadenza di contratto, ma conto di restare in questa squadra. A 34 anni ho deciso di specializzarmi in questo ruolo, ma la Vuelta può essere una buona occasione anche per ottenere dei risultati personali.

In questo ruolo tirerai per Consonni?

In questi due anni ho lavorato sia per Coquard che per Consonni. La situazione in squadra è che Coquard di sicuro resterà qui, Simone non si sa. Quindi se resto lo faccio per Coquard, col quale mi sono trovato bene.

Fare l’ultimo uomo è sempre più difficile. Il livello si alza sempre di più anche in questo caso. Al Tour per esempio lo ha fatto Van der Poel. Come ci si specializza? Tu sei stato anche un velocista, ma hai chiesto qualche consiglio a qualche esperto?

Ho la mia esperienza: come avete detto ho fatto delle volate io stesso. E molte già ne ho tirate. Poi avendo lavorato tanto con Guarnieri, ho potuto imparare molto da lui. Non è facile, perché è vero che non hai la responsabilità della vittoria però questa molto dipende da te. La cosa difficile dell’ultimo uomo è il tempismo. E’ facile partire troppo presto perché ci si fa prendere dal panico. In quei momenti concitati la cosa più difficile è mantenere la calma e riuscire a partire nel momento giusto.

Verso la crono 

Ormai il grosso della folla ha lasciato la zona d’arrivo. Il sole finalmente ha portato un po’ di gradito tepore. Fa strano vedere come noi mediterranei siamo a nostro agio, mentre i polacchi hanno qualche gocciolina sulla fronte e vestano in canottiera. Vi possiamo assicurare che non si superano i 25-26 gradi.

Domani si deciderà la corsa. E’ in programma la cronometro individuale Katowice-Katowice di 16,6 chilometri. Tutti danno come favoriti Almeida in primis e Kwiatkowski a seguire.

Oggi il polacco è arrivato quarto e quindi a secco di abbuoni. “Kwiato” aveva preso in mano le redini della corsa. Aveva messo la sua Ineos-Grendiers a tirare. Ma nel finale, gli è mancato quello spunto. Quel pizzico di brillantezza… magari le fatiche del Tour iniziano a farsi sentire.

Domani dovrà recuperare 18” a Mohoric, oggi secondo, e 6” ad Almeida, oggi terzo. Non sarà facile, ma come ha detto lui stesso la motivazione per questa corsa è enorme.

E Cimolai? Beh, lui se la potrà prendere con un po’ più di tranquillità e fare l’ultimo uomo al meglio delle sue possibilità dopodomani a Cracovia.

Lafay splendido a San Sebastian. E le tattiche dei big?

02.07.2023
6 min
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SAN SEBASTIAN – Sembra quasi che il Tour de France dello scorso anno non sia finito. Sembra che quello di quest’anno sia il secondo capitolo di un libro iniziato undici mesi fa. Tadej Pogacar che attacca nella prima parte e Jonas Vingegaard dietro che rincorre con tutta la squadra.

Per carità, è bello, bellissimo. E’ il top del ciclismo e magari tutti i giorni fosse così, ma da un punto di vista tecnico viene da chiedersi se non ci sia qualche errore. Il dubbio è legittimo. Pensiamo a quel che è successo oggi verso la splendida San Sebastian o Donostia come la chiamano qui nei Paesi Baschi.

La Jumbo-Visma con una squadra fortissima, in superiorità numerica e al termine di un super lavoro è riuscita a perdere una corsa “vinta”. Mentre Pogacar e la UAE Emirates stanno spendendo molto. Cosa che lo scorso anno lo sloveno pagò nella seconda metà di Tour.

Pogacar tira dritto dopo l’Alto de Jaizkibel e Vingegaard non lo molla di un centimetro
Pogacar tira dritto dopo l’Alto de Jaizkibel e Vingegaard non lo molla di un centimetro

UAE, nessun errore 

I ragazzi di Andrej Hauptman – il direttore sportivo di Pogacar e compagni – stanno benissimo. Come ci ha detto Moreno Moser pochi giorni fa, forse in salita sono persino più forti dei Jumbo e vederli correre è un piacere. Poco dopo l’arrivo abbiamo scambiato qualche battuta proprio con il direttore sportivo sloveno.

Andrej, i tuoi ragazzi hanno un grande gamba…

Anche oggi è andata bene. Abbiamo controllato la corsa e per noi è stato un bene che non sia andata via una fuga troppo numerosa. Abbiamo preso l’abbuono e tenuto la maglia.

ll forcing sullo Jaizkibel dunque era per i secondi di abbuono?

Più che altro volevamo la corsa chiusa fino alla cima e poi, sì, se possibile prendere i secondi con Tadej. Otto secondi…

Però poi Pogacar ha continuato?

No, non ha continuato. E’ solo sceso con un passo normale e ha atteso il gruppo.

Si è detto spesso che l’anno scorso avete sprecato molto nella prima parte, non state commettendo lo stesso errore?

Non penso che sia un errore. Quando sei in maglia, devi onorarla e noi lo abbiamo fatto.

Yates sembra davvero in palla. E’ davvero un secondo capitano?

Adam ha già dimostrato che è un campione. E per noi è molto importante avere due corridori di questo livello da un punto di vista tattico.

Dopo ieri, anche oggi Vingegaard non ha dato il cambio a Pogacar: che idea ti sei fatto? E’ un segno di “debolezza” da parte del danese?

Ogni squadra fa la sua corsa e la sua strategia. E poi dietro aveva Van Aert che poteva vincere la tappa. Ognuno guarda ai suoi interessi.

In casa UAE Emirates sembrano tranquilli e certi della tattica che stanno portando avanti. Anche Alberto Contador ci ha detto la sua in merito: «Anche io non penso che Pogacar stia sprecando troppo. O almeno non sta sprecando più di Vingegaard… Solo che lui ha già guadagnato dei secondi di abbuono».

Ancora una cornice di pubblico pazzesca nei Paesi Baschi. Ma c’erano anche tanti francesi. Il confine è vicino
Ancora una cornice di pubblico pazzesca nei Paesi Baschi. Ma c’erano anche tanti francesi. Il confine è vicino

Beffa Van Aert

Alberto, che è acclamato a gran voce dalla folla ancora numerosa alle transenne, passa poi ad analizzare la volata di San Sebastian. Semmai è stato più colpito da questo di “errore”, ammesso che di errore si possa parlare, che non da quello presunto della UAE.

«Alla fine stiamo parlando del Tour – ha spiegato il grande campione – Lafay ha colto una vittoria che può cambiare la sua vita ed è stato bravissimo. Anche ieri è stato forte e non è un caso che sia arrivato davanti oggi.

«Se lo sono fatto scappare, bueno, però è facile parlare a corsa finita. Ieri è stata una giornata dura. Oggi anche. E le gambe erano al limite per tutti (il riferimento è alla “non chiusura” su Lafay nell’ultimo chilometro, ndr). Certo è che se si fa di nuovo la corsa… il finale è diverso. Ma questo è il ciclismo e questa sua imprevedibilità è il bello».

Che confusione

Dopo l’arrivo, in direzione dei bus, il primo in assoluto a passare è stato proprio Wout Van Aert, il battuto di giornata. Era nero in volto. Ormai è un po’ che il “vecchio Wout” perde. E’ sempre lì, ma non riesce a mettere il sigillo. E non si può certo dire che vada piano.

Davanti al bus del team giallonero tanti tifosi, ma anche tanto silenzio. Anche loro devono riordinare le idee.

«Eravamo solo Kelderman e io a tirare – ha detto Tiesj Benoot alla stampa olandese Pidcock ha un po’ mescolato le carte, quando mi sono spostato e c’era lui. Io stavo mollando ma ho dovuto riprendere, altrimenti Wout sarebbe rimasto scoperto». 

Alle sue parole si sono aggiunte quelle del direttore sportivo dei Jumbo-Visma, Frans Maassen: «Forse Vingegaard (che non ha tirato, ndr) poteva fare di più. E forse anche Wout poteva partire prima, ma ha visto che a ruota aveva Pogacar e avrebbe fatto vincere lui».

La grinta di Lafay, a 100 metri sente “i bestioni” che rimontano. Ma lui ha ancora forza e fa velocità. Un colpo da manuale del ciclismo
La grinta di Lafay, a 100 metri sente “i bestioni” che rimontano. Ma lui ha ancora forza e fa velocità. Un colpo da manuale del ciclismo

Lafay, il finisseur

E allora è giusto anche rendere onore a Victor Lafay. Il francese della Cofidis ha messo a segno non un colpo, ma “il colpo” da finisseur: uno scatto, uno, secco, vincente, potentissimo. Ai 950 metri si è lanciato come se l’arrivo fosse lì a 150 metri. Invece a 150 metri c’era la svolta di 90 gradi a sinistra. Ci è entrato a “cannone” e poi ha spinto come un forsennato.

Dietro, vuoi per la gamba al limite come dice Contador, vuoi perché forse avranno pensato che calasse o semplicemente perché hanno pensato troppo, quando sono partiti era troppo tardi. Merita un applauso per un gesto tecnico da manuale. 

«Il mio attacco non era programmato – racconta Lafay, col volto che è il ritratto della felicità – è stato un colpo d’istinto, di follia. Mi sono trovato lì. L’unica cosa che ho pensato, ma non tanto in quel momento, è che non sarei arrivato in volata con quei corridori».

E’ il pallonetto del giocatore che vede il portiere fuori dai pali. Il tiro da tre punti allo scadere. E’ Tchmil che vince la Sanremo del 1999. Chapeau.

«Sullo Jaizkibel stavo bene. Ho faticato, mi sono sfilato quel tanto da non perdere terreno e restare coperto e sono riuscito ad arrivare bene alla fine. Quando sono partito non pensavo alla vittoria. Spingevo e guardavo il computerino: 500 metri, 400 metri… solo alla fine ci ho creduto».

Dopo la vittoria al Giro d’Italia del 2022, un altro grande colpo per questo ragazzo di Lione. E fanno sorridere le parole rubate al suo diesse, Thierry Marichal, a fine corsa: «Per una volta che non facciamo proclami, che non diciamo di provare a vincere questa tappa o quella maglia, abbiamo conquistato un successo inaspettato e bellissimo».

Look 795 Blade RS, dal Team Cofidis al mercato

01.07.2023
5 min
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FRANCOFORTE – Dopo averla vista in dotazione ai corridori del Team Cofidis, la nuova bici race di Look viene presentata ufficialmente. E’ la 795 Blade RS e sotto molti punti di vista fa collimare l’aerodinamica della piattaforma T20 da crono, alla leggerezza della Huez.

La nuova Look sancisce anche il ritorno del marchio transalpino ad altissimi livelli di ricerca, sviluppo e lavorazione del carbonio, ma anche in fatto di performances. Entriamo nel dettaglio della bici, anche grazie ad alcune dichiarazioni di Jean Marc Hillairet, ingegnere di Look Cycle.

La nuova Look 795 Blade RS, nella versione che vedremo al TDF
La nuova Look 795 Blade RS, nella versione che vedremo al TDF

Un blend di carbonio

«Prima di giungere alla soluzione definitiva, abbiamo provato 25 soluzioni, 25 diversi blend di fibre di carbonio – ci racconta Hillairet – un lavoro complesso, lungo e mai affrontato in precedenza. La nuova 795 Blade RS è differente da qualsiasi bicicletta, telaio e produzione Look del passato.

«Uno degli obiettivi era ed è quello di far collimare la leggerezza, l’efficienza aerodinamica ed il corretto bilanciamento tra rigidità, stabilità e reattività, sfruttando anche le forme ed i volumi delle tubazioni. Un altro fatto che ha giocato un ruolo primario è stato l’utilizzo di grandi quantità, rispetto alle produzioni del passato, di fibre ad elevata resistenza. Nessun compromesso, nessuna via di mezzo».

Hillairet entra nel dettaglio della nuova bici
Hillairet entra nel dettaglio della nuova bici

Lo sviluppo dei dettagli

«Look sviluppa, produce e plasma il carbonio da sempre. Telai e forcelle, pedali e componenti, ma è pur vero che la tecnologia è cambiata, le richieste sono cambiate, gli stessi materiali si sono evoluti. Va da sé che le stesse metodologie di lavorazioni hanno subito grandi variazioni.

«La parti più complicate sono state quelle con le piccole dimensioni, quelle che molti considerano dettagli e che invece sono importantissime ai fini della sicurezza e del bilanciamento ottimale di una bicicletta che è un pacchetto unico. Il collarino di tenuta dello stem, ad esempio. Oppure l’aver creato un cockpit modulabile, molto rigido una volta assemblato e facile da gestire da atleti, ma anche dai meccanici».

Come è fatta

E’ un monoscocca in carbonio che adotta 5 tipologie differenti di fibra composita, tra altissimo (ben il 25% del telaio) e alto modulo, ultra resistenti e fibre “più” standard (UHM, HM e UHR, IM e HR). Ha ovviamente una geometria marcatamente corsaiola, perché si rivolge ad un’utenza di agonisti e non è slooping. Non è ribassata nelle sezioni centrale e posteriore per essere maggiormente efficiente in fatto di aerodinamica e per sfruttare al meglio tutta la bicicletta in diverse situazioni.

Attorno al telaio è stata disegnata una serie di componenti che entrano a far parte del nuovo pacchetto 795 Blade RS, come ad esempio la forcella ed il manubrio integrato, sempre Look. Anche il seat-post fa parte del sistema, con il profilo posteriore tronco.

La scatola del movimento centrale alterna forme rotonde a nervature evidenti, con un impatto laterale squadrato. E’ del tipo T47. E’ un chiaro esempio di quanto ha influito il know-how della bici da crono.

Alcuni numeri

Rispetto alla versione più anziana, molto usata dai pro’, la nuova 795 Blade RS è più rigida del 7% e il 10% più aerodinamica. Ha un valore alla bilancia dichiarato di 905 grammi (taglia small) e di 425 grammi per la forcella. Ma per fornire un altro interessante numero, la bici in dotazione al Team Cofidis in taglia media, ha un peso dichiarato di 7 chilogrammi con le nuove ruote Corima MCC 47 tubeless.

A listino è disponibile in 4 allestimenti ai quali si aggiunge il kit telaio (telaio, forcella, serie sterzo e manubrio integrato, reggisella, ad un prezzo di listino di 5.390 euro).

La prima si basa sulla nuova trasmissione Campagnolo SuperRecord Wireless e le ruote Corima MCC Evo 47 tubeless, con un prezzo di listino di 12.990 euro.

La seconda ha il medesimo prezzo della precedente, le stesse ruote, ma cambia la trasmissione, per via dello Sram Red AXS eTap. Si passa ad un terzo allestimento con Shimano Dura Ace alla base e le ruote Corima 47 WS Evo tubeless, con un prezzo di 9.790 euro.

L’ultimo allestimento prevede la trasmissione Shimano Ultegra Di2 e le ruote Corima 47 WS Evo tubeless, con un prezzo di listino di 8.490 euro.

Ognuna di queste biciclette ha lo stesso modulo di carbonio per il frame-kit. Cinque le taglie disponibili: XS e S, M, L e XL. Le livree cromatiche sono quattro ed in occasione del Tour de France i corridori del Team Cofidis utilizzano la versione speciale e celebrativa di Look Replica.

Look

Thomas Champion, passione Giro e premio della fuga

30.05.2023
5 min
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ROMA – Nell’ammiraglia della Cofidis, affianco a Roberto Damiani, c’era Noemi, la fidanza di Thomas Champion. Il diesse lombardo lo ha definito un attaccante vecchio stile. Un coraggioso. Un corridore che in questo ciclismo super ponderato ci sta bene. «Ne servirebbero di più come lui», ha detto il tecnico.

Abbiamo imparato a conoscere questo ragazzo filiforme nel corso delle 21 tappe che da Fossacesia ci hanno portato a Roma e lo abbiamo fatto soprattutto per le sue fughe, i suoi attacchi, grazie ai quali è salito sul podio dei Fori Imperiali. A Thomas infatti è andato il premio “La Fuga”: con i suoi 650 punti ha preceduto Derek Gee, altra novità di questo Giro.

Thomas, davvero un bel Giro d’Italia per te…

Sì, davvero un bel Giro. Mi sono divertito molto sulle strade italiane. Il Giro è il grande tour che volevo assolutamente fare e penso di averlo fatto bene. Con la squadra, non avevamo nessuno per la classifica generale, quindi avevamo la libertà di poter attaccare, di prenderci dei giorni di “pausa” o di provare a resistere in montagna, se volevamo provare a ottenere un risultato ed è stato davvero piacevole correre con questi presupposti.

E tu li hai sfruttati.

Ero in testa alle classifiche della Fuga e degli sprint intermedi… Ho lottato per entrambi. Alla fine questo era il mio secondo grande Giro. Ho 23 anni, sono abbastanza giovane ed è buono in prospettiva.

Cosa sapevi del Giro d’Italia prima di venirci?

Era il grand tour che volevo assolutamente fare, anche più del Tour de France… e non so perché, ma l’Italia è bella. E’ il Paese delle Dolomiti. Volevo andarci, scoprirle…

Il francese della Cofidis è entrato nella prima fuga del Giro verso San Salvo. Poi altre quattro fughe buone e altri tentativi
Il francese della Cofidis è entrato nella prima fuga del Giro verso San Salvo. Poi altre quattro fughe buone e altri tentativi
Beh, le hai scoperte. Come le hai trovate?

Molto dure! Ma in generale i vostri paesaggi, il cibo, la gente per le strade, gli spettatori, i paesini (come nella foto di apertura, ndr)… È stato pazzesco. Alla gente piace andare in bicicletta qui e capiscono quando sei un corridore. Quindi cosa dire: amo l’Italia, ha delle corse molto belle.

I senatori cosa ti avevano detto del Giro?

In realtà non troppo. Io sono arrivato abbastanza tardi alla bici da strada. Prima andavo in mountain bike e non seguivo molto la strada. Ho iniziato a seguire il ciclismo dai tempi di Froome, Quintana

Thomas, hai detto che volevi vedere le Dolomiti, ma c’è stato un paesaggio che ti è piaciuto particolarmente?

L’arrivo di Campo Imperatore mi è piaciuto molto. Ma anche Crans Montana, non era l’Italia ma non importa, era sempre montagna e io adoro questi paesaggi. Il passo prima di Crans, non ricordo il nome (Croix de Coeur, ndr) era pazzesco, con la neve a lato, il pubblico. Ma in generale è stato bello, spesso abbiamo visto anche il mare.

A proposito di mare. A Napoli l’hai mangiata la pizza?

No, ma Giorgio, il nostro cuoco, è italiano, quindi ci ha preparato la pizza nel giorno di riposo.

Thomas è rimasto affascinato dalle montagne, soprattutto dalle Dolomiti
Thomas è rimasto affascinato dalle montagne, soprattutto dalle Dolomiti
Scherzi a parte, che tipo corridore è Thomas Champion?

Direi scalatore. O almeno, da dilettante ero uno scalatore. Tra i professionisti è diverso. Almeno per ora, anche se sono al 100% delle mie possibilità, non mi è possibile vincere in montagna, a meno che non sia in una fuga. Contro i leader non è possibile. Quindi penso di essere un passista-scalatore o qualcosa del genere perché comunque mi piace fare lunghi sforzi, andare in fuga, lavorare con la squadra… Spesso mi fanno tirare in testa al gruppo nelle gare di livello inferiore, ma faccio molto e mi piace questo tipo di sforzo, quindi diremo corridore, scalatore abbastanza tenace.

Hai mostrato un’ottima condizione: come ti sei preparato per questo Giro? Avevi fatto anche un po’ di altura prima di venire in Italia?

In realtà per niente. Io, sono stato chiamato tre giorni prima…

Veramente?

Sì, si… mi è stato detto all’inizio della stagione che dovevo fare il Giro d’Italia ma poi mi hanno detto che non ci sarei più venuto. Abbiamo cambiato i piani con la squadra. Quindi ho fatto i Paesi Baschi, il Romandia… e sono arrivato al Giro già un po’ stanco.

E’ chiaro… Quando hai saputo dunque che avresti fatto il Giro?

La sera della tappa più dura del Romandia. Mi chiamano e mi dicono: “Cosa fai il mese prossimo?”. Perché vai al Giro…”.

Thomas ha accumulato 650 punti, 167 in più di Gee
Thomas ha accumulato 650 punti, 167 in più di Gee
E tu?

Ho detto: accidenti! Se lo avessi saputo prima avrei cambiato il mio avvicinamento. Alla fine mi sono ritrovato al Giro all’improvviso, mal preparato. Per fortuna la forma è stata buona fino alla fine, dispiace solo che poteva essere migliore.

Visti i tuoi tanti attacchi con una condizione migliore, magari una tappa la portavi a casa…

Non possiamo saperlo…

Da quale parte della Francia vieni?

Dalle Alpi, Aix les Bains, Chambery non sono lontano dalla Svizzera.. 

Zone del Delfinato…

Sì del Delfinato, del Tour… 

C’è qualche corridore che hai ammirato in questo Giro?

Direi Geraint Thomas. Lui è un leader perfetto, con carisma, esperto e la sua Ineos Grenadiers corre veramente bene. Non lo conosco, ma mi è sembrato gentile quelle volte che ci sono capitato vicino.

L’evoluzione di Laporte, l’occhio dell’ex diesse Damiani

02.04.2023
4 min
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Christophe Laporte. E’ lui uno dei personaggi del momento. Il corridore della Jumbo-Visma sta crescendo sempre di più. Ormai è a pieno titolo un big. La consacrazione è avvenuta nel team olandese, ma la base ha radici francesi. La base è firmata Cofidis.

Roberto Damiani Laporte lo ha diretto in passato. E conosce molto bene sia l’atleta che l’uomo. Con il suo aiuto dunque, conosciamo meglio il corridore che è ormai ben più della semplice ombra di Wout Van Aert.

Roberto Damiani (classe 1959) ha diretto Laporte per quattro stagioni (foto Instagram)
Roberto Damiani (classe 1959) ha diretto Laporte per quattro stagioni (foto Instagram)
Roberto, Laporte…

Non mi sorprende affatto – ci precede Damiani – di quel che sta facendo. Ho lavorato con lui quattro anni ed era già in Cofidis da quattro. Certamente le sue prestazioni attuali sono frutto dell’ultimo lavoro fatto, della sua maturità ma tutto questo viene dal lavoro fatto prima in Cofidis.

E che lavoro è stato?

Un lavoro graduale. Quando lui è arrivato in Cofidis veniva dalla mountain bike, fu una scoperta del settore giovanile della nostra squadra. Iniziò come apripista di Bouhanni. Poi nel 2019 gli fu data carta bianca per le volate e vinse nove corse. Okay, si può dire che non erano corse di altissimo livello, e cavolate simili, perché vincere non è mai facile, ma furono pur sempre nove corse. Non una o due.

Quindi non ti stupisce…

Che Laporte vinca delle corse lo trovo normale, che vinca delle corse importanti fa piacere. Ha l’età giusta, la maturazione fisica e mentale. Poi sono più contento se vince un Cofidis! Ma in alternativa fa piacere che vinca lui, che oltre ad essere un bravo atleta è anche una brava persona.

Laporte da apripista a “carnefice” di Bouhanni, fu poi un jolly per Viviani
Christophe Laporte vince la prima tappa all’Etoile de Besseges 2021 davanti a Nacer Bouhanni
Dopo la Gand-Wevelegem un giornalista ha chiesto a Laporte se non avesse perso del tempo in Cofidis. Lui ha risposto di no e che è stata un’esperienza molto importante. Cosa ne pensi?

Ho sentito qualcosa di simile anche da parte di alcuni tecnici. Che dire: è facile prendere un corridore dalla Cofidis e poi mandarlo forte. E’ vero. Ed è vero perché con noi creano un’ottima base. Lavorano bene. Noi rispettiamo, forse a volte anche più del dovuto, i nostri corridori, il loro processo di crescita, abbiamo modi sin troppo gentili e ci schieriamo dalla parte dell’atleta, ma come si dice in medicina “ante non nuocere” e mai esageriamo con i carichi di lavoro. In Jumbo-Visma hanno approfittato di questo lavoro, della maturazione della persona e ora lo mettono in evidenza. Se un giornalista pensa che Laporte da noi abbia perso tempo, pensate il tempo che ha perso quel giornalista a fare il suo mestiere…

Heijboer, capo della performance della Jumbo-Visma, ci ha detto che non solo si ritrovato un super corridore, cosa che in parte lo aveva sorpreso, ma anche un leader. Anche in Cofidis era un leader oppure il “fiore doveva germogliare”?

Diciamo che spesso lo è stato. Quello che ho notato io è che è stato molto professionale, super corretto. Era stato preso per tirare, anche quando era meno giovane lo ha fatto mettendosi al servizio di Viviani. Christophe capì bene l’investimento che fu Elia per la Cofidis e non battè ciglio. Neanche durante un Tour de France. Lui, francese, eseguì gli ordini di squadra alla lettera. E anche per questo oggi mi fa piacere vederlo vincere.

Ci sta. Parole non banali…

Semmai fu un leader silenzioso. E comunque chi vince nove corse in un anno un leader lo diventa. Solo che nonostante quei successi si mise sempre a disposizione della squadra.

Per Damiani, Laporte (classe 1992) potrà essere protagonista già alla prossima Roubaix, nonostante i presumibili ordini di scuderia
Per Damiani, Laporte (classe 1992) potrà essere protagonista già alla prossima Roubaix, nonostante i presumibili ordini di scuderia
Guardiamo avanti: ha ancora dei margini secondo te?

Beh, adesso è ad un livello alto… molto alto. In queste gare del Nord può fare molto e può essere protagonista. E io credo che potrà essere in primo piano anche alla Parigi-Roubaix, pur stando in quella squadra con Van Aert. Ricordo che arrivò sesto con noi in una Roubaix.

C’è qualcosa che ti ha colpito di questo atleta? Qualcosa che ricordi in modo particolare?

Come ho accennato: la sua correttezza, specie nei confronti di Viviani. E poi un suo cambiamento.

Quale?

Pochi giorni fa ho letto che gli pesa non poco il fatto di stare via da casa. E in effetti ricordo che dopo il Covid forzammo un po’ la mano per portarlo in altura. Faceva fatica a stare fuori anche un solo giorno in più. Adesso invece lo sento parlare di ritiri, di tre settimane di altura… Questa evoluzione fa parte della maturazione di una persona. Quando dico che a volte imporsi alla lunga paga e che siamo buoni! Capisco bene il sacrificio di stare lontano da casa, di lasciare i figli piccoli, ma i sacrifici danno i loro frutti. Christophe lo ha capito. Fare l’altura non è una moda.

Dall’Arabia risponde Consonni. Simone re a Maraya

04.02.2023
5 min
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«Sto facendo i bagagli e sto lavando le scarpe. Con il tratto di sterrato erano diventate marroni», succede anche questo ad un corridore, campione olimpico, che ha vinto da poco una corsa. Da Simone a Simone. Dopo il racconto della bella vittoria di Velasco di ieri, qualche ora prima, aveva alzato le braccia al cielo anche Simone Consonni.

Al Saudi Tour il corridore della Cofidis ha raccolto una vittoria pesante. Erano le dieci di sera in Arabia Saudita quando Simone ci ha raccontato tutto. Stava riordinando le sue cose appunto. Il volo del rientro in Italia sarebbe avvenuto di buon mattino. E probabilmente mentre esce questo articolo Consonni è in viaggio.

Simone Consonni (classe 1994) ha vinto ieri a Maraya. Questo successo gli ha permesso di chiudere 7° nella generale
Simone Consonni (classe 1994) ha vinto ieri a Maraya. Questo successo gli ha permesso di chiudere 7° nella generale

Come un quartetto

A Maraya battuti nomi di peso, nel vero senso della parola, a partire da quel mostro di watt che è Dylan Groenewegen, quarto all’arrivo. Nella foto di apertura si nota, col casco azzurro, come l’olandese chini la testa, tanto che poi è stato saltato anche da Malucelli e Ackermann. Simone li ha battuti su un arrivo particolare: 500 metri al 6%-7%. Strada larga. Per certi traguardi serve una centrale nucleare di watt.

«E’ stata una volata tiratissima e lunghissima – racconta Consonni con tono squillante – ma quando ai 150 metri ho saltato Groenewegen mi sono detto: “Oggi non può saltarmi più nessuno”. E ho tirato dritto. Ho spinto come se non ci fosse un domani, come se fossi stato nei giri finali di un quartetto alle Olimpiadi. E’ stato davvero un arrivo duro. Tirava tanto».

Tra sterrati e deserto quanta polvere, ma che scenari in Arabia Saudita…
Tra sterrati e deserto quanta polvere, ma che scenari…

Watt e peso

Dicevamo di un arrivo duro. In questi casi azzeccare il rapporto è importantissimo ed è vero che servono tanti watt, ma con 500 e passa metri di salita inizia a contare anche il peso dell’atleta. E così dai watt puri si può accennare anche al rapporto potenza/peso. Ed è quello che forse ha agevolato Consonni.

Il lombardo è stato potentissimo, come Groenewegen, ma negli 50-70 metri gli 80 e passa chili del “bestione” della Jayco-AlUla si sono fatti sentire.

«Con che rapporto ho fatto lo sprint? Dietro non lo so, immagino non con l’11, anche perché da quest’anno uso il 56. E poi questi arrivi mi piacciono, sono ideali per me. Posto che lo scorso anno ho vinto una volata super piatta». Vista la velocità con cui è uscito dalla testa del gruppo siamo certi che non avesse il 56×11: la sua cadenza era nettamente superiore a quella di tutti gli altri.

«Finalmente – prosegue Simone – ho passato un buon inverno. Uno dei pochi in cui ho potuto fare una preparazione senza grossi intoppi o problemi fisici. Già in ritiro mi sentivo bene, avevo buone sensazioni. Computerini, test, potenziometri e strumenti vari me lo dicevano. E questa settimana al Saudi ha confermato queste buone sensazioni (è andato bene anche nella frazione più dura, ndr)».

Il fatto che Consonni abbia vinto ci fa un po’ sorridere. Poche ore prima usciva l’articolo in cui Endrio Leoni lo metteva tra i migliori sprinter italiani, ma anche tra coloro che vincono poco. E forse avrebbe fatto meglio a fare l’apripista, visto che è anche bravo a muoversi in gruppo.

«Eh – sorride Consonni – che dire… alla fine ho fatto un po’ tutta la mia carriera nel mezzo, tra fare le volate e tirarle. Ho provato a fare l’apripista con Kristoff, Gaviria, Viviani… ma a 28 anni voglio provare a vedere fin dove posso arrivare».

Dalla terza frazione in poi la Cofidis ha lavorato per Consonni
Dalla terza frazione in poi la Cofidis ha lavorato per Consonni

Più spazio…

Lo scorso anno Simone aveva concluso la stagione con dei buoni piazzamenti e una vittoria. Man mano stava acquisendo più spazio e più fiducia in squadra. Sarà sempre più così?

«Lo scorso anno – dice il lombardo – avevo già avuto un bel po’ di spazio e lo stesso sarà quest’anno. Avrò un determinato ruolo in base alla giornata: come sto, come è l’arrivo, a chi è più adatto in squadra… Per esempio qui al Saudi nelle prime due tappe ero in appoggio a Max Walscheid, in queste ultime frazioni è stato il contrario. Anche perché io stavo bene, c’era questo arrivo adatto a me, in più ero anche messo bene nella generale: squadra e compagni mi hanno dato fiducia.

«Mi piace questo ruolo di fiducia. Mi ricorda i tempi della Colpack! Quando le volate erano piatte piatte mi buttavo nella mischia magari per chi era super veloce, penso a Lamon… Ma quando la corsa era un po’ mossa loro ricambiavano».

Da Monaco 2022 (in foto) a Grenchen: i Campionati europei sono importantissimi in chiave olimpica per Simone e gli azzurri
Da Monaco 2022 (in foto) a Grenchen: i Campionati europei sono importantissimi in chiave olimpica per Simone e gli azzurri

Subito pistard

Ma il tempo di festeggiare è poco… per non dire che è già finito. La giostra del ciclismo gira veloce ed è già tempo di Campionati europei. Dalla prossima settimana Consonni sarà impegnato a Grenchen in pista.

«Eh già, da 4-5 ore (ieri, ndr) sono tornato pistard! La testa è già lì – conclude Consonni – ci tengo molto a questi europei. Ci mancheranno un po’ di tattica e di tecnica, visto che abbiamo tutti corso parecchio su strada e girato poco in pista, ma ci arriviamo bene fisicamente.

«Ganna a San Juan è stato spettacolare anche in salita. L’altro giorno Milan ha vinto qui in Arabia… Anche io potrò dare il mio contributo. E non sarà solo il quartetto di Ganna e Milan. Ho alzato la mano anche io!».

La nuova Look della Cofidis già vince, ma tutto tace

26.01.2023
6 min
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La nuova Look in dotazione all’Equipe Cofidis non è più un segreto, ma alla maison francese le bocche rimangono cucite.

La bicicletta ha già vinto in terra australiana grazie a Bryan Coquard, ma è stata messa in ottima luce anche nelle tappe con dislivello positivo per merito di Victor Lafay. Cerchiamo di analizzare e approfondire i dettagli utilizzando le immagini a disposizione.

La rivoluzione è completa

«Look sta finalizzando lo sviluppo di diverse piattaforme per il futuro – dice Alberto Fumagalli di Look Italia – lavorando a stretto contatto con l’Equipe Cofidis. Gli atleti stanno utilizzando i prototipi da strada e crono, già approvati dall’UCI. Come per tutte le bici, la tempistica di sviluppo è lunga e coinvolge informatica, prove in laboratorio e test sul campo. Attualmente stiamo sviluppando in parallelo degli studi aerodinamici per ottimizzare la sensazione di guida, la stessa aerodinamica del mezzo, considerando il peso e altri punti chiave. Il team ci offre una porta d’ingresso privilegiata per finalizzare lo sviluppo».

Questa è la dichiarazione di Look ed è assolutamente apprezzabile, oltre che comprensibile. La squadra WorldTour è un’eccellente vetrina e strumento di comunicazione, ma al pari di questo e dello sviluppo delle piattaforme, traspare la volontà di Look di rendere disponibili le biciclette non a spot, ma con un criterio di disponibilità affidabile. Ci vorrà ancora qualche settimana e di sicuro saranno veicolate delle informazioni precise, ma intanto…

Aerodinamica e filante

La sensazione è quella di raccontare una bicicletta Look che non abbandona il fil rouge della 795 Blade, ma con una versatilità maggiore e, siamo convinti anche di un valore alla bilancia molto interessante. A nostro parere non si tratta “solo” di una bici aerodinamica.

L’avantreno è caratterizzato da una forcella abbastanza sfinata, con delle piccole “pinnette” vicino alle sedi del perno passante. La testa invece ha un vistoso becco che si abbina alla sede obliqua, ma non entra completamente al suo interno. Rigida di certo, ma non estrema, veloce e guidabile, la potremmo descrivere così. La parte alta dello sterzo ha una svasatura che contiene la serie sterzo, aiuta a rendere omogeneo l’impatto estetico, anche se si utilizzano diversi spessori e aiuta ad abbassare lo stack. Gli spacers sono specifici e con una forma a goccia.

Un nuovo manubrio

E’ Look e sembra una sorta di semi-integrato. Il manubrio vero e proprio, di cui avevamo già parlato a proposito del fitting di Cimolai, ha una sezione alare e si innesta nell’attacco, anche questo completamente in carbonio e con il passaggio interno delle guaine.

Nella zona del cap dello sterzo si nota la doppia possibilità di inserire un tappo di chiusura specifico e piatto, oppure uno classico rotondo. Questo fa presupporre anche ad un diametro tradizionale dello stelo della forcella, che naturalmente deve agevolare il passaggio dei tubi idraulici.

Linee dritte e marcate, inserzione ribassata del carro (@cofidis team ROMAIN_LAURENT)
Linee dritte e marcate, inserzione ribassata del carro (@cofidis team ROMAIN_LAURENT)

Non è troppo sloping

La tubazione orizzontale si sfina man mano che prosegue verso il retro. La geometria nel complesso non è marcatamente sloping. C’è un reggisella con una forma dedicata e il blocchetto di serraggio è contenuto tra l’orizzontale ed il piantone. Quest’ultimo ha il profilo posteriore tronco e rientra per lasciare una maggiore luce alla ruota.

L’inserzione degli obliqui è ribassata, una novità per Look, che in questo senso si adegua agli standard di design del mercato. Nel punto di unione i due profilati obliqui sono molto sottili, con un’aerodinamica pronunciata. Il design è parecchio interessante.

Scatola muscolosa

La scatola del movimento centrale è squadrata, imponente e voluminosa, ricorda quella di una bici da crono di ultimissima generazione. Con tutta probabilità si tratta di una larghezza da 86 millimetri con soluzione T47. Ma è la forma dei foderi bassi ad attirare la nostra attenzione, che tendono ad abbassarsi in uscita dalla zona centrale. Una soluzione così concepita potrebbe aiutare ad alzare leggermente il drop a vantaggio della stabilità e dell’agilità, ma senza sacrificare la penetrazione dello spazio.

Gli altri componenti per Cofidis

C’è la trasmissione Shimano Dura Ace a 12 rapporti, ma la guarnitura è la Look Carbon sviluppata in collaborazione con SRM (ovviamente integra questo power meter) e le corone sono Kronos. Le pedivelle hanno le bussole filettate che permettono di cambiare la lunghezza: 170 e 172,5, 175, tutte e tre in una sola pedivella. C’è Selle Italia.

Ci sono le ruote Corima e questo componente rimanda all’utilizzo dei tubolari, che sono Michelin. Corima non ha ancora sviluppato (per lo meno non lo ha ufficializzato) un pacchetto ruote road tubeless.

Coupe de France, festa di pubblico. Consonni racconta

28.10.2022
5 min
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A inizio 2022, la Cofidis era considerata tra le maggiori indiziate per la retrocessione dal gruppo WorldTour, destino poi toccato a Lotto Soudal e Israel Premier Tech. Al di là dei disastri altrui, molto del merito sta ai ragazzi del team francese, autori di una stagione importante come sottolineato dal Direttore delle Risorse Umane di Cofidis, Thierry Vittu.

«Abbiamo raddrizzato una situazione difficile – ha detto – scaturita dal pessimo 2020. Abbiamo avuto ben 19 vittorie con 10 corridori diversi».

«E lo abbiamo fatto su qualsiasi terreno tra gare Uci e Coupe de France – gli ha fatto eco il team manager Cedric Vasseur – questo ci dà convinzione per la prossima stagione per fare ancora meglio».

Fra i 10 vincitori stagionali c’è anche Simone Consonni, che ha dato il suo contributo e con il quale al di là dell’andamento della stagione abbiamo voluto approfondire un aspetto: l’importanza di una challenge come la Coupe de France come “aiuto” per un team francese.

«Io ho preso parte solamente a un paio di tappe, ad esempio il GP di Fourmies – dice – ma se devo giudicare solo in base a queste, non sono gare diverse da quelle solite. Fanno anch’esse parte del calendario Uci».

La Cofidis era partita tra le papabili per la retrocessione, ma ha saputo risalire il ranking Uci
La Cofidis era partita tra le papabili per la retrocessione, ma ha saputo risalire il ranking Uci
Molti sottolineano però come in ogni tappa della Coupe de France, anche di quelle non internazionali, ci sia una straordinaria presenza di pubblico…

Questo avviene in tutte le gare del Nord. Basta che cominci a salire dalla Francia, Belgio, Olanda e così via e la presenza popolare è sempre molto alta. Ma questo non significa che da noi non avvenga lo stesso in alcune corse: prendete l’ultima Coppa Bernocchi, sul piccolo Stelvio c’era davvero tanta passione, tanta gente che ti da una straordinaria carica. Molto per me dipende dalla morfologia del percorso: se una gara è in linea la gente è meno invogliata, se ci sono strappi e i corridori passano più piano, c’è più pubblico.

Quanto influisce la gente nel successo di quelle corse francesi?

Moltissimo, sono autentiche feste popolari. Oltretutto sono organizzate benissimo: sin dall’arrivo del pullman facciamo percorsi prestabiliti per ridurre al minimo i contatti, sono le disposizioni rimaste dopo il Covid. E’ chiaro che ci sono più limiti per arrivare ai corridori, ma se fatto in sicurezza il contatto ci può essere e i tifosi lo cercano molto.

Lo sprint vincente di Consonni alla Paris-Chauny, battuti Groenewegen e Tesson
Lo sprint vincente di Consonni a Chauny, battuti Groenewegen e Tesson
Voi corridori siete infastiditi dalle continue richieste?

Al contrario, sono il sale di questo mondo. Siamo noi i primi a renderci disponibili, chiaramente nei limiti consentiti e pensando anche che quando arriviamo nella sede di gara abbiamo molto a cui pensare, dal riscaldamento alle ultime disposizioni dei diesse. Ma sappiamo che per la gente quel momento di contatto significa moltissimo, vale in pratica tutta la giornata.

Alla Coupe de France c’è qualcosa che da noi non si vede: un gran mercato di gadget ciclistici, cartoline in primis…

Devo dire che questo mi stupisce e mi emoziona ancora. In alcuni eventi è capitato che si siano presentati tifosi con cartoline straordinarie, c’ero io in foto scattate da dilettante o all’inizio della mia carriera da pro’. Ogni volta che vedo questo mi colpisce profondamente. E’ bellissimo vedere appassionati così attaccati, ma soprattutto esiste un mercato enorme.

Per i team francesi le cartoline sono un ottimo introito grazie ai tifosi. Qui Consonni a inizio stagione
Per i team francesi le cartoline sono un ottimo introito grazie ai tifosi. Qui Consonni a inizio stagione
Favorito anche dalle squadre?

Sì, la Cofidis ogni anno fa stampare le cartoline con i suoi corridori e queste vanno a ruba. Molti hanno collezioni invidiabili e anche noi ci teniamo a vederle, a mettere le nostre firme, è un legame che abbiamo con la gente. Un altro particolare che ci tengo a sottolineare è che non c’è la minima distinzione fra corridori francesi e stranieri, chiedono l’autografo veramente a tutti senza guardare chi è il corridore vincente e chi invece il semplice gregario. E’ qualcosa che per me vale molto, dà un po’ il senso al nostro mestiere.

In questo c’è molto di diverso rispetto all’Italia…

Qui si guarda molto al vincente, al campione. Non saprei dire se è questione di cultura sportiva, anche qui la passione per il ciclismo nonostante tutto non viene mai meno, ma io credo anche che tutto ciò faccia parte di quel particolare fascino che hanno le corse al Nord.

La Coupe de France comprendeva 17 corse. Vittoria finale per Julien Simon e la TotalEnergies, Mozzato miglior giovane
La Coupe de France comprendeva 17 corse. Vittoria finale per Julien Simon e la TotalEnergies, Mozzato miglior giovane
Quando ricomincerà la tua preparazione?

Ora mi prendo una settimana di vacanza in una spiaggia esotica, staccando completamente anche con la mente. A metà novembre avremo il primo incontro anche per avere i nuovi materiali e programmare la stagione.

Che cosa ha rappresentato per il tuo team questa salvezza arrivata anche con corposo anticipo?

E’ stata un passo importante. Non nego che durante la stagione abbiamo sentito molto la pressione, i diesse ci ripetevano spesso che cosa c’era in ballo e questo è un fardello pesante, ma alla fine è stata una gioia che abbiamo provato tutti perché ha testimoniato la bontà del lavoro svolto. Ora questa salvezza ce la godiamo…

Quell’allenamento in pista prima di Chauny. Bravo Consonni

29.09.2022
5 min
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«Sono davvero contento. Ci voleva. Era da tanto che ci giravo intorno», racconta Simone Consonni. Alla Paris-Chauny (in apertura foto @westcoo) Simone porta a casa il primo successo dopo diversi anni. La sua prima ed unica vittoria tra i pro’ sin qui era stata quella ottenuta nel 2018 in una tappa del Giro di Slovenia.

Ed è incredibile come un atleta delle sue qualità, della sua classe, che vince le Olimpiadi, non vanti una bacheca piena di successi. Ma questo è dovuto anche al fatto che spesso, ma tanto spesso, Consonni ha dovuto lavorare per altri velocisti. E altrettanto spesso c’è stato lo zampino della sfortuna.

Prima di Chauny tante sfortune per Simone già in primavera quando dovette lasciare la Tirreno per un problema al ginocchio destro
Prima di Chauny tante sfortune per Simone già in primavera quando dovette lasciare la Tirreno per un problema al ginocchio destro
Simone, finalmente è arrivata questa benedetta vittoria…

Era ora, quest’anno ci sono state varie sfortune… E’ la prima vittoria con la Cofidis. Avevo fatto podio al Giro, al Tour e in tante altre occasioni… è una bella spinta morale. Visto che anche quest’anno avevo avuto mio malgrado degli alti e dei bassi.

Vogliamo ricordarli?

Ho dovuto abbandonare la Tirreno per un problema al ginocchio. Poi mia nonna che non stava bene, Dopo il campionato italiano sono dovuto stare fermo per altre tre settimane, avevo una grande stanchezza. Quando ho ripreso, dopo l’argento europeo in pista ho avuto di nuovo il Covid e sono stato un’altra settimana senza bici. Però nelle ultime gare stavo sentendo che la condizione era in crescita.

Sono momenti difficili in effetti…

Sì. E infatti un pensiero è per la mia squadra, per la mia famiglia e per la mia ragazza (l’ex pro’ Alice Algisi, ndr). Lei ha sofferto più di me. Sa bene quel che significa questa vita, incastrare tutto ogni volta per vederci…

Però adesso hai vinto. Andiamo alla corsa…

Non è un corsone, ne sono consapevole. Però visto i velocisti che ho battuto – Groenewegen, Philipsen, De Lie, Demare – e per come l’ho vinta, va bene!

Tra Giro e Tour (e non solo) negli ultimi anni, Consonni spesso era stato vicino alla vittoria. Qui la volata di Parma: lui ha il casco bianco
Tra Giro e Tour (e non solo) negli ultimi anni, Consonni spesso era stato vicino alla vittoria. Qui la volata di Parma: lui ha il casco bianco
Come l’hai vinta?

Credo sia stata la seconda gara dall’inizio dell’anno in cui nella riunione si è detto che non dovevamo correre per i punti. Alla fine sono importanti. Il team ha investito ed è giusto lottare per non retrocedere. Quindi abbiamo corso per vincere. Potevamo fare il nostro treno. In realtà il capitano era Bryan Coquard. La corsa all’inizio non era dura, ma nervosa. Tanti su e giù. Abbiamo cercato noi di farla più dura. Io stavo tirando la volata a Bryan, quando dopo una spallata che ho preso ho sentito che aveva perso la mia ruota. Allora per radio mi ha detto di andare e sono partito lungo. In pratica ho fatto una volata di 300 metri. Per questo è stato un piacere vincere così. Poi quelle sono le mie corse. Percorsi dove arrivano tutti, ma senza gambe. 

Senza gambe, ma 300 metri di volata sono tanti! E comunque Coquard è stato lucido nell’avvertirti via radio in quei pochi concitati istanti…

Noi siamo usciti col treno ai 700 metri e ai 350 c’è stata questa curva nella quale Bryan ha perso la mia ruota. E mi ha detto subito: «Go, go Conso». Mi ha fatto capire di andare. Con lui ho corso poco, ma è un corridore onesto, che tiene alla squadra. Magari un altro dopo aver perso la ruota ti avrebbe fermato o non ci avrebbe pensato.

Alla vigilia come è andata? C’è stato qualche segnale, quelle cose… mistiche, che emergono a posteriori?

Una vigilia tranquilla. Venivo da un weekend di corse e da un po’ di altura a Macugnaga con Pippo (Ganna, ndr), ma di certo non era la vigilia di un mondiale. Però devo dire che uno dei miei migliori amici, Marco Capelli, alle 12 mi ha inviato una foto con lo striscione che trovai al ritorno da Tokyo. «Simone sei storia, ora baldoria», aggiungendo sotto: «Ora aspetto la prossima». Io ho visto il messaggio proprio mentre stavo per uscire dal bus. Erano le 12,08 e gli risposto: «Ce ne vorrà». E quindi sono andato perché la corsa partiva di lì a poco. Alle 17 quando ho ripreso il telefono ho ritrovato un suo messaggio: «Te lo avevo detto».

Questa estate agli Europei su pista Consonni era stato argento nell’omnium. La pista resta importante per Simone
Questa estate agli Europei su pista Consonni era stato argento nell’omnium. La pista resta importante per Simone
E il team?

Siamo stati tutti contenti, anche perché abbiamo corso davvero bene. Anche sull’ultimo strappo abbiamo tirato, ci siamo mossi da protagonisti. E poi fa piacere, non sono e non siamo una squadra da 60 vittorie l’anno.

A Simone Consonni cosa ha lasciato questa vittoria?

Sono riuscito a sbloccarmi. Sai, quando vinci una volata così ti dà fiducia. Dopo quelle tre corse in Belgio nel fine settimana precedente, ho chiamato il mio preparatore, Luca Quinti, e gli ho detto che avremmo dovuto preparare meglio gli sprint. Non mi sentivo tranquillo.

E lui era del tuo stesso parere?

Mi diceva di stare calmo, che venivo da un ennesimo rientro, che ero stato in altura. Nonostante questo abbiamo passato una giornata in pista in cui abbiamo fatto tutti lavori specifici: partenze lanciate, partenze da fermo, sprint e persino una “botta” di palestra. Magari anche questo mi ha dato qualcosa a livello mentale. Mi ha dato inconsciamente la sicurezza di farmi partire lungo. Che poi è di certo un fatto mentale, perché una singola seduta non cambia le cose. Lo devo ringraziare.

Ora cosa prevedono i tuoi programmi?

Tra poco (ieri pomeriggio, ndr) scendo in pista! Faremo delle prove del quartetto. Per quanto riguarda le gare su strada farò la Bernocchi, il Gran Piemonte, la Parigi-Tours e poi il 12 la Veneto Classic. Da lì volerò direttamente ai mondiali in pista, ma correndo il 12 ottobre su strada salterò il quartetto (che c’è proprio il 12, ndr). Vedremo Villa cosa mi farà fare.