Paladin, il team building fatto di gravel, basket e turismo

18.12.2023
7 min
Salva

I ritiri di fine stagione sono quegli appuntamenti dove si gettano le basi per l’anno successivo. Momenti collettivi di transizione dove le ultime arrivate conoscono la nuova squadra. Un periodo di giorni vissuto intensamente, alcune volte in contesti poco affini al ciclismo, altre volte in modo un po’ alternativo, ma sempre con divertimento. Soraya Paladin è rientrata da poco da un training camp in California nel quale si è ritrovata a fare anche da… tour operator.

Tutto ruota attorno al gravel e al profondo concetto di team building. E’ l’unica anticipazione che vi diamo perché sarà proprio la trentenne di Cimadolmo a portarci dentro ai dettagli di questa trasferta della Canyon-Sram, così originale sia per la preparazione che per lo svolgimento.

La Canyon Sram ha scelto un training camp in gravel in California, organizzato dalle atlete (foto Tino Pohlmann)
La Canyon Sram ha scelto un training camp in gravel in California, organizzato dalle atlete (foto Tino Pohlmann)
Soraya da dove iniziamo col racconto?

Col viaggio della speranza che ho fatto per giungere a San Diego. Sono arrivata il 2 dicembre al mattino, con più di mezza giornata di ritardo perché la neve aveva bloccato l’aeroporto di Monaco, in cui avevo la coincidenza del volo intercontinentale. A cavallo del mezzogiorno però ero già in bici per abituarmi al fuso e mettere in moto le gambe, prima del primo impegno istituzionale.

Quale era?

A metà pomeriggio avevamo una piccola presentazione della squadra a Carlsbad, 50 chilometri a nord di San Diego, sempre sulla costa pacifica dove c’è la sede statunitense della Canyon. La squadra ha scelto la California per questo team building perché così potevamo fare visita ad alcuni nostri sponsor. Siamo stati da Giro, Oakley e Zwift. Bisogna dire però che durante quei dieci giorni non abbiamo quasi mai parlato di calendari e programmi di corse. Lo faremo al prossimo ritiro, qui dovevamo solo fare gruppo.

Come si è sviluppato il vostro training camp?

In realtà è iniziato da casa nostra (dice sorridendo, ndr). I nostri tecnici avevano diviso la squadra in coppie. Ognuna di esse doveva organizzare una tappa del nostro viaggio con le gravel tra San Diego e Los Angeles, conoscendo solo l’hotel in cui avremmo dormito. Inoltre dovevamo pianificare anche le attività ricreative di quella giornata. Dalle soste per il pranzo o per il caffè a quelle per i migliori punti panoramici fino alla serata. Al mattino la coppia che aveva organizzato quella tappa indicava il percorso e si pedalava tutti assieme. Qualche giorno anche i nostri diesse sono venuti con noi, a volte con la bici normale, altre con e-bike.

Come erano le tappe?

Abbiamo fatto circa dieci giorni, il 12 dicembre siamo ripartite da Los Angeles per l’Europa. In media facevamo 80/90 chilometri o circa 4-5 ore al giorno. Avevamo creato anche le tracce con altimetria e planimetria. Non è stato così scontato però perché non conoscevamo la zona. Abbiamo dovuto studiare le mappe del posto affidandoci alle app o piattaforme usate dai pedalatori. E’ stato un bel lavoro d’equipe. Ci siamo divertite, anche nel confrontarci per stabilire chi aveva programmato il giorno migliore.

La tua coppia che tappa ha organizzato?

La pianificazione l’ho fatta con Antonia Niedermaier. Ci sentivamo via whatsapp o tramite videochiamate per allineare le informazioni che avevamo raccolto. Purtroppo lei è stata male qualche giorno prima di partire e non ha potuto essere con il resto della squadra. Alla fine abbiamo tracciato un percorso di 120 chilometri, prevalentemente pianeggiante, fino ad Hermosa Beach, nella periferia sud di Los Angeles. E per la sera avevamo previsto un bell’intrattenimento.

Cosa?

Sono una appassionata di basket, spesso vado a vedere la Famila Schio (la più titolata formazione femminile italiana, ndr). Così ho controllato se c’erano partite dell’NBA e allo Staples Center c’era in programma Lakers-Phoenix Suns dei quarti di finale della NBA Cup. Una competizione nuovissima che poi hanno vinto proprio i Lakers. Insomma, ho scelto bene, ho fatto vedere alle mie compagne i futuri campioni (sorride, ndr).

Avevate mezzi al seguito?

No, anche perché sarebbe stato impossibile. C’erano molti tratti sterrati, alcuni dei quali si sono rivelati particolarmente impervi anche per le bici stesse, le Mtb sarebbero state più utili. In alcuni punti abbiamo guadato dei piccoli corsi d’acqua oppure abbiamo spinto la bici sia in salita che in discesa per evitare di farci male. Un paio di pulmini viaggiavano con le nostre valigie da un hotel all’altro. Avevamo attrezzato le bici con una borsa da manubrio dove inserivamo tutto l’occorrente per le forature o altri problemi meccanici. Dovevamo fare tutto in autonomia ed è stata una bella esperienza anche quella (ride, ndr). Il buon clima poi ha reso tutto più semplice e bello.

Però tu sembri avere un bel rapporto col gravel…

Sì, diciamo il giusto. Devo ringraziare mia sorella Asja che mi ha introdotto nel mondo gravel qualche anno fa. Per fortuna mi ha anche indottrinato su tante cose che mi sono servite in California. Quando esco in bici con Asja ed il suo gruppo, li seguo e faccio fare a loro quando capitano inconvenienti. Nel nostro training camp invece ero una delle più esperte, così come Tiffany e Kasia, che è campionessa del mondo gravel (rispettivamente Cromwell e Niewiadoma, ndr). Entrambe pedalano tantissimo con quel tipo di bici.

Cosa rappresenta il gravel per Soraya Paladin?

Per me è un buon modo di tenermi allenata durante l’off season. Mi serve soprattutto a livello mentale, perché mi aiuta a scaricare tanto la tensione accumulata. E’ vero che si fatica, perché in discesa non puoi rilassarti come su strada, dove puoi recuperare fiato, però ti pesa meno fare anche cinque ore. Le gare a cui ho partecipato, le ho fatte con uno spirito differente pur dando sempre il massimo. Quando si stacca tra un blocco di gare e l’altro, si potrebbe pensare di fare gravel anche a metà stagione, ma a quel punto subentra la paura di farsi male e gli allenamenti sarebbero differenti. Di sicuro col gravel mi diverto. Si impara sempre qualcosa e ti dà la possibilità di scoprire posti nuovi, anche dietro casa o in vacanza, in una maniera più tranquilla.

Gualdi trova in Delle Vedove la guida giusta per il Belgio

03.11.2023
5 min
Salva

La Intermarché-Wanty-Circus, prima del “liberi tutti” per le vacanze di fine stagione, ha deciso di fare un team building di tre giorni. Un ritrovo che ha previsto la presenza di tutti i corridori che orbiteranno intorno alle due squadre del 2024, quella WorldTour e il Devo Team (Circus-ReUz). Tra i nuovi volti della prossima stagione della Circus-ReUz ci sarà quello di Simone Gualdi (in primo piano nella foto di apertura), campione italiano juniores. 

Simone Gualdi arriva alla Circus-ReUz da campione italiano juniores in carica, come testimoniano le bande tricolore sui pantaloncini
Gualdi arriva alla Circus-ReUz da campione italiano juniores in carica, come testimoniano le bande tricolore sui pantaloncini

Gala e festa

Ad accoglierlo nel freddo belga di fine ottobre Gualdi ha trovato Alessio Delle Vedove (alle spalle del primo in apertura), suo prossimo compagno di squadra giunto alla seconda stagione con la Circus-ReUz. Questi tre giorni senza stress sono stati un modo divertente e sano che ha permesso ai nuovi di prendere le misure, come ci racconta lo stesso Delle Vedove. Il veneto ha fatto da cicerone a Gualdi, introducendolo in un mondo nuovo e dispersivo se affrontato in solitudine

«Ero in stanza proprio con Gualdi durante il team building», racconta Delle Vedove. «Il primo giorno ci siamo trovati tutti ed abbiamo fatto una cena di gala, alla quale erano presenti gli sponsor. E’ stato un modo per conoscersi e far entrare in contatto tutte le realtà che girano intorno a noi corridori. La cena era organizzata in maniera tale che ogni corridore fosse seduto al tavolo con uno sponsor.

«Una serata davvero molto bella, cui erano presenti ben 600 persone e nel mentre abbiamo assistito a spettacoli e rivisto la stagione 2023 attraverso brevi riassunti. C’è stato il tempo anche per una discoteca finale, una festa per terminare la stagione sportiva, visto che in quei giorni erano appena tornati dei compagni dalla Cina».

Durante il team building si è fatto un punto sulla stagione 2023 di entrambe le squadre
Durante il team building si è fatto un punto sulla stagione 2023 di entrambe le squadre

Tutto nuovo, tutto grande

Non deve essere facile per un corridore passare da un team juniores come quello della Scuola Ciclismo Cene ad una realtà internazionale come quella della Circus-ReUz. Avere qualcuno accanto che ti possa aiutare ad “attutire” il colpo è importante, così Gualdi ha potuto contare sul sorriso e la bontà di Delle Vedove. 

«Simone – prosegue Delle Vedove – lo avevo già conosciuto ad un ritiro a Livigno. Stare in camera insieme durante questi tre giorni in Belgio è stato divertente e soprattutto ho avuto modo di parlarci. Ha tanta voglia di iniziare e si vede, credo abbia firmato un contratto 2 + 2 quindi avrà modo di ambientarsi nel Devo team e poi passare con calma al WorldTour, senza fretta. E’ molto simpatico, bravo e curioso. All’inizio era un po’ spaventato, mi diceva che l’inglese non lo sapeva bene ed era preoccupato sul cosa dire al tavolo degli sponsor. Gli ho spiegato che non doveva preoccuparsi, che nessuno pretende più del necessario e che l’inglese scolastico sarebbe andato benissimo. Una volta sciolto, si è divertito molto, com’era giusto che fosse».

Alberi e bici

Il secondo giorno del team building di Intermarché e Circus-ReUz è proseguito con una giornata di sport un po’ diversa dal solito. I corridori per metà giornata hanno posato la bici e hanno indossato imbragature e un caschetto diverso.

«Abbiamo fatto un percorso sugli alberi – spiega Delle Vedove – divertente ed estremamente diverso rispetto a ciò che facciamo solitamente. Una volta scesi dai nostri percorsi tra rami e passaggi sui cavi, siamo risaliti in bici per fare una pedalata con i tifosi. Il tempo, essendo in Belgio in pieno autunno, non era dei migliori, ma in pieno spirito i tifosi si sono presentati comunque numerosi.

«Gualdi si è rivelato davvero curioso per quanto riguarda il mondo belga. Anche se siamo lontani dalla stagione aveva tante domande da fare sul meteo, il vento e come sono le gare lassù. Quando dall’hotel ci siamo spostati verso quello della cena, gli ho fatto vedere come le strade siano dissestate in alcuni punti. Poi la cosa che lo ha sorpreso di più è che dopo una curva quasi anonima ti trovi una cote o un muro. Mi chiedeva come si impara a correre in certe situazioni, gli ho detto che una volta sbagli e fai fatica, la seconda magari sbagli ancora e fai fatica, ma alla terza hai imparato che si deve correre davanti». 

Ecco gli italiani dei due team Intermarché, WT e Devo, da sinistra: Gualdi, Delle Vedove, Busatto, Rota, Colleoni e Petilli
Gli italiani nel team Circus-ReUz saranno due anche nel 2024: Gualdi (a sinistra) “sostituisce” Busatto (a destra)

Una mano in più

Il fatto di aver radunato tutti i ciclisti che vivono il mondo dell’Intermarché-Circus-Wanty in un unico posto è stata una mossa che i ragazzi hanno apprezzato particolarmente, soprattutto i più giovani. 

«Fare degli incontri così lontani dalla stagione – dice Delle Vedove – è utile per tutti, ma ancora di più per i nuovi. I corridori più grandi, quelli del team WorldTour, sono molto più rilassati e ci puoi parlare tranquillamente. Per i nuovi, come può essere Gualdi, è un modo per parlare anche con gente più grande: Rota e Petilli in particolar modo. In questi tre giorni sono più rilassati e parlano volentieri, mentre già dai primi ritiri lo stress è maggiore: riunioni, allenamenti, massaggi e tutto il resto.

«Tra poco tocca anche a noi riprendere – conclude – personalmente non vedo l’ora. Ho smesso il primo di ottobre, mi sono riposato abbastanza. Inizierò con il ritiro della nazionale a Noto dal 15 al 25 novembre. Poi dal 9 al 21 dicembre faremo un primo training camp di squadra. Sono contento di aver parlato con Gualdi fin da subito, anche perché poi la stagione inizia e molto probabilmente saremo divisi: lui con il gruppo francese degli scalatori, io con i passisti».