S-Works SL8: veloce e precisa, la stabilità è il valore aggiunto

20.03.2024
6 min
Salva
Rispetto alla S-Works SL7 cambia molto, quasi tutto. Il design, anche se al primo impatto le somiglianze ci sono, cambiano soprattutto le performances, perché nella SL8 collimano aerodinamica e leggerezza. L'ultima versione della Tarmac è anche molto, molto leggera, un peso ridotto che però non influisce in modo negativo sulla stabilità, su un avantreno che non risulta nervoso e troppo impegnativo. L'abbiamo provata a fondo.

La Tarmac S-Works SL8 di Specialized è una delle protagoniste del mercato. Rispetto alla versione precedente è cambiata radicalmente nelle performance, pur tenendo fede ad una design che è una sorta di “all in one”.

E’ leggera come una bici specifica per gli scalatori, ma porta in dote anche dei concetti aero non banali che la rendono veloce come una aerodinamica vera e propria. Non adotta delle geometrie estremizzate ed è molto agile. E poi le ruote Roval Rapide CLX II con il profilo differente (51/60 millimetri) che sono un tappeto di velluto. Entriamo nel dettaglio del test.

La SL8 è molto diversa dalla precedente 7
La SL8 è molto diversa dalla precedente 7

Tarmac SL8 Dura-Ace

E’ la stessa bicicletta utilizzata dai corridori del Team Soudal-Quick Step ed il frame-kit (incluso anche il cockpit integrato) è il medesimo in dotazione a Primoz Roglic e compagni. Come sottolineato al momento del suo lancio ufficiale, la S-Works SL8 è l’erede della SL7, anche se le differenze esistono e sono importanti. L’avantreno è stato completamente cambiato, così come la forma ed i volumi di alcune tubazioni. Rispetto al passato anche la nuova metodologia di posa del carbonio ha permesso di abbassare drasticamente il valore alla bilancia, aumentando al tempo stesso il rapporto rigidità/peso.

La bici del test, una taglia 54, ha un peso rilevato di 6,35 chilogrammi (senza pedali). Ha il nuovo cockpit integrato Roval tutto in carbonio, il reggisella specifico e la sella S-Works Power. La trasmissione è Shimano Dura-Ace 52/36 e 11/30, con il power meter 4iiii. Le ruote sono le Roval Rapide CLXII 51/60 tubeless ready, gommate S-Works Turbo Rapidair 2BR da 26 millimetri. L’abbiamo utilizzata nella configurazione tubeless.

Meglio della SL7

Non è solo questione di meglio o peggio, ma sono l’equilibrio e la precisione, insieme alla stabilità, che mettono la SL8 sul gradino superiore. La Tarmac precedente faceva emergere un po’ di nervosismo in alcuni frangenti, che si traducevano in consumo di energie. Paradossalmente la S-Works SL8 è più docile, armoniosa ed è una lama quando si tratta di cambiare traiettoria continuamente ed in modo repentino, fattori che nell’insieme permettono al corridore di fidarsi al 110% del mezzo meccanico.

Al tempo stesso possiamo scrivere che in salita paga poco o nulla nei confronti della Aethos, soprattutto quando le pendenze sono al di sotto della doppia cifra e si riesce a fare una buona velocità. Nei tratti vallonati, in pianura ed ovviamente in discesa, è decisamente più veloce.

Non è una bici comoda per concetto
Non è una bici comoda per concetto

Il comfort? Da spiegare

Il comfort di marcia non è legato ad una bicicletta comoda per concetto, ma ad un progetto che rende funzionale la sua prestazione complessiva. Il comfort è il risultato di più fattori che collimano tra loro e che abbiamo menzionato in precedenza: stabilità e agilità, leggerezza e una rigidità percepita non eccessiva, capacità di bloccare le vibrazioni e di non portarle verso la sella.

A questi si unisce la versatilità del mezzo che è facile da rilanciare e aiuta a mantenere alta la velocità senza troppi sacrifici, ma anche una grande capacità di adattarsi a differenti tipologie di allestimento (ad esempio le altezze delle ruote), senza mai cambiare il carattere vero e proprio del frame-kit.

Ruote e manubrio integrato

Le ruote Roval, che da sempre fanno parte del portfolio Specialized sono quel plus tecnico che non guasta, perché se la ruota è in grado di cambiare la resa tecnica del mezzo, qui siamo ad un livello molto alto. Hanno il profilo differenziato tra anteriore e posteriore (anche la spanciatura del cerchio è differente), oltre ad un meccanismo interno del mozzo che si basa sul progetto DT Swiss. Scorrevolissime prima di tutto e nonostante i due profili già elevati non impiccano il corridore nelle curve in discesa alle alte andature. Usate con la configurazione tubeless sono un punto di riferimento anche quando la qualità dell’asfalto tende al pessimo.

La ruota posteriore da 60 è impegnativa quando la strada sale, la velocità si abbassa e per rilanciare in modo perentorio bisogna avere tanti watt nelle gambe. In frangenti come questo entra in gioco la sua briosità e la prontezza in fase di cambio di ritmo che viene fuori quando si usano ruote dal profilo più basso. Forse meno veloci, ma che paradossalmente fanno diventare la S-Works SL8 ancora più brillante.

Il nuovo manubrio integrato Roval, vantaggioso quando si arpionano gli shifters ed è fondamentale scaricare le pressioni che si generano sui polsi. Ergonomico e con una curvatura mediamente compatta che non obbliga a sprofondare verso il basso e verso l’avantreno, quindi utilizzabile e sfruttabile da diverse tipologie di utenza.

In conclusione

Il nostro test parte da lontano, perché prima di metterci in sella abbiamo affrontato anche il bikefitting Retul. Scrivere che la SL8 è la migliore Tarmac di sempre non è un azzardo, ma non è neppure scontato. Lo riteniamo un vero progetto “tutto in uno”, frutto del percorso intrapreso dalla SL7 (che in fatto di aerodinamica ha strizzato l’occhio alla Venge) e dalla lavorazione del carbonio utilizzata per la Aethos.

La S-Works SL8 non è una di quelle biciclette che buttano giù di sella dopo tante ore e dopo parecchi metri di dislivello positivo. Non è una di quelle bici che funzionano bene solo quando la corda è costantemente tesa. E’ una di quelle bici gratificanti e piacevoli quando l’andatura è bassa ed anche il “giro di scarico” diventa anche un piacere che va ben oltre l’agonismo.

Specialized

Le scelte di Sagan per l’ultima sfida sui Muri

01.04.2023
4 min
Salva

L’hotel della TotalEnergies si trova dieci minuti fuori dal paese di Kortrijk, lontano dalla folla e dallo stress del Giro delle Fiandre. Dalla strada si vede un mulino antico, costruito con mattoni bianchi, le sue pale di legno sono attente guardiane dell’ingresso. E’ venerdì pomeriggio, Peter Sagan è atterrato poche ore prima a Lille ed è appena arrivato in hotel, il tempo di qualche massaggio e poi la cena con i compagni di squadra.

L’attacco manubrio di Sagan è estremamente pronunciato, alla ricerca della massima posizione aerodinamica
L’attacco manubrio di Sagan è estremamente pronunciato, alla ricerca della massima posizione aerodinamica

L’ultimo Fiandre

Per il campione slovacco si tratta dell’ultimo giro sui muri delle Fiandre, che ha domato nel 2016 davanti a Cancellara e Vanmarcke. Come affronterà questa sua ultima danza sui muri? Quali saranno le scelte tecniche fatte dal tre volte campione del mondo? Saliamo sul camion dei meccanici e Jan Valach, diesse di riferimento di Peter, ci illustra le scelte tecniche sulla Specialized Tarmac dello slovacco, molto simile a quella già utilizzata alla Gand-Wevelgem (foto in apertura)

«Sagan – ci racconta – ha un fisico particolare, con un busto molto lungo e le gambe, invece, più corte. Infatti se guardate la sua bici ha una distanza sella manubrio sproporzionata rispetto a quella tra sella e movimento centrale. Anche l’attacco manubrio è pronunciato, per andare alla ricerca della massima aerodinamicità».

La scelta dei rapporti

Avevamo già parlato delle nuove scelte legate alla corona anteriore, il numero di denti aumenta, quasi in proporzione alle medie di gara sempre maggiori. Anche in una corsa dura come il Fiandre la tendenza è la stessa. 

«Davanti – riprende Valach – monterà il 54-39, nella prima parte completamente pianeggiante le velocità saranno già alte. Per quanto riguarda la moltiplica più piccola si è deciso di montare il 39 perché gli sforzi che bisogna fare sui muri sono brevi ed intensi. Scegliere il 36 sarebbe stato controproducente. Il pacco pignone del Dura Ace a undici velocità va dall’11 al 30, per un discorso di sviluppo metrico penso proprio che la più corta delle combinazioni usate sarà 39×27. Arrivare ad usare il 30 vorrebbe dire salire troppo agile, non riuscendo ad imprimere così la giusta forza sui pedali».

Ruote e tubeless

Uno dei dettagli che si notano anche ad occhio nudo sulla bici di Sagan è la scelta delle ruote: particolare. 

«Per la ruota anteriore – racconta il diesse – la scelta è andata verso un profilo da 50 millimetri, con una conformazione del profilo più piatta. Una caratteristica studiata per avere un miglior flusso d’aria ed una maggior efficienza aerodinamica. Al posteriore, invece, il profilo è da 55 millimetri ed il cerchio ha una forma più tonda. Questo perché la forza della pedalata viene scaricata tutta lì, serve quindi tanta rigidità per non perdere nemmeno un watt.

«La scelta dei copertoni – conclude – è andata verso dei tubeless con sezione da 28 millimetri. Per la pressione dovremo vedere a seconda del meteo, ma con gara asciutta dovremmo rimanere intorno ai 5,0 bar».

La Specialized S-Works Tarmac SL7 con i tubeless per Asgreen

28.02.2022
5 min
Salva

Dopo aver curiosato la Merida di Sonny Colbrelli, l’attenzione si sposta sulla Specialized di Asgreen, vincitore della Giro delle Fiandre 2021, sempre protagonista nella campagna del Nord e in prima fila nei giorni scorsi fra Omloop Het Nieuwsblad e Kuurne-Bruxelles-Kuurne, in cui ha tirato per la vittoria di Jakobsen.

Tra conferme tecniche e novità molto interessanti, ci siamo affidati a Giampaolo Mondini, un interlocutore d’eccezione e uomo di collegamento tra il marchio di Morgan Hill e i team pro’.

In azione ieri alla Kuurne-Bruxelles-Kuurne, Asgreen è già in tabella per il Fiandre
In azione ieri alla Kuurne-Bruxelles-Kuurne, Asgreen è già in tabella per il Fiandre
Quale bici utilizza e utilizzerà Asgreen per le classiche?

Per Kasper sempre una S-Works SL7, con qualche variazione rispetto alla stagione 2021. Frame e forcella sono in carbonio Fact 12R, quello dedicato ai top di gamma S-Works. Asgreen è uno di quei corridori che non fa apportare modifiche alla propria bici, se mettiamo a confronto il setting del mezzo tra le gare del Belgio e quelle che si svolgono nel corso della stagione.

Ci puoi dire quali sono i cambiamenti rispetto al 2021?

Il cambio più importante riguarda le gomme, i corridori utilizzano i nuovi tubeless S-Works. Questi pneumatici sono stati sviluppati in parallelo e con il contributo proprio degli atleti Quick Step-Alpha Vinyl. E poi c’è la trasmissione Shimano Dura-Ace 12v, l’anno passato avevamo quella a 11.

I tubeless per tutti? Ci puoi dare qualche dettaglio tecnico?

Si, la direzione è quella dei tubeless, non solo per le gare del Nord. Fanno parte della categoria S-Works e hanno un battistrada simile a quello dei copertoncini. Il range di utilizzo, per quanto riguarda le pressioni di esercizio, è compreso tra le 5,2 e 5,6 atmosfere. Le coperture vengono montate con il lattice al loro interno.

Quale sezione utilizzerà Asgreen?

I tubeless hanno una sezione da 28 e sono montati sulle ruote Roval Rapide CLX con canale interno da 21 millimetri. Anche in questo caso è l’ultima versione, con predisposizione per i tubeless e copertoncino. Quest’anno i corridori avranno a disposizione questa tipologia di prodotti e ci sarà l’abbandono pressoché definitivo del tubolare.

Tornando invece all’impostazione della bici di Kasper Asgreen, che pedivelle utilizza, quali rapporti e quale cockpit?

Asgreen utilizza delle pedivelle da 175 millimetri e la guarnitura è Shimano Dura-Ace. Ha uno stem in alluminio S-Works da 120 millimetri e una piega in carbonio larga 42 centimetri. Il manubrio è il Rapide in carbonio con design aero e appoggio superiore piatto. I corridori hanno la possibilità di scegliere tra la componentistica Pro e Specialized. Asgreen utilizza Specialized.

Una piega da 42?

Si, i corridori stanno utilizzando manubri stretti se paragonati alla struttura fisica. Asgreen utilizza una larghezza di 42 centimetri che è tutto sommato adeguata alle caratteristiche del suo corpo.

Assetto in bici efficiente ed aerodinamico per Asgreen
Assetto in bici efficiente ed aerodinamico per Asgreen
La sella è con una lunghezza tradizionale?

Si, il corridore utilizza una Romin Mirror con una lunghezza tradizionale. Non è corta ed è costruita grazie alla tecnica della stampa 3D. Una sella del genere, in base ai test effettuati, risulta migliore perché distribuisce meglio le pressioni della seduta.

Per i rapporti invece, considerando la nuova trasmissione?

Utilizza i pignoni posteriori con scala 11-34. lo vedremo con questi rapporti anche alla Strade Bianche, Fiandre e tutte le altre classiche. Il plateau anteriore è 54-40. Ogni tanto lui fa uno di quegli incroci che non dovrebbero essere mai fatti, lasciando la catena sul 54 davanti e portandola sul 34 dietro, per la gioia dei meccanici e della catena. Ma non ha mai avuto problemi. Merito anche del suo meccanico che gli prepara il mezzo con una lunghezza adeguata della catena.

Vengono utilizzate delle contromisure per contrastare lo sporco e preservare l’efficienza del movimento centrale?

Le bici sono montate con i cuscinetti CeramicSpeed. Poi il team utilizza le due calotte esterne per adeguare lo standard Shimano con l’asse passante da 24 millimetri della guarnitura. Per questo è necessario considerare anche la larghezza del movimento centrale del telaio Tarmac, che è di 68 millimetri. Comunque no, non ci sono variazioni particolari, considerando che il comparto è controllato dopo ogni utilizzo.

Julian Alaphilippe Wout Van Aert

Perché Alaphilippe ha perso la Sanremo

29.09.2020
4 min
Salva

Tutti ricordiamo l’esito dell’ultima Milano-Sanremo, con la volata a due fra Julian Alaphilippe e Wout Van Aert terminata a favore di quest’ultimo. E’ innegabile che il belga del Team Jumbo-Visma abbia fatto una prima parte di stagione straordinaria. E’ però altrettanto vero che difficilmente il francese perde delle volate di quel tipo e soprattutto è ancora più difficile vederlo sbagliare le curve in discesa, uno dei suoi terreni preferiti. Cosa può essere successo ad Alaphilippe nella discesa dal Poggio?

Julian Alaphilippe
Julian Alaphilippe attacca sul Poggio
Julian Alaphilippe Wout Van Aert
Julian Alaphilippe e Wout Van Aert nell’attacco sul Poggio

Il cambio bici è cruciale

Per capire cosa sia successo bisogna tornare indietro di alcuni chilometri. Quel giorno il transalpino era partito con la sua Specialized Tarmac su cui monta un 54, ma all’inizio del Colle di Nava cambia la bicicletta a causa di qualche imprecisione del funzionamento della trasmissione. A questo punto il corridore continua la corsa con la seconda bici, fotocopia della prima. Finito il Colle di Nava i corridori si fiondano verso Imperia per immettersi sul tracciato tradizionale della Sanremo. Proprio ad Imperia, a 35,5 chilometri dall’arrivo, Alaphilippe rallenta per un secondo cambio bici dovuto ad un danneggiamento al telaio causato dalle forti irregolarità dell’asfalto. Pare ci sia una grossa buca su cui più diun corridore ha danneggiato la bici. Ma questa volta Alaphilippe non ritrova la prima bicicletta riparata, bensì la terza che ha in dotazione: una Venge che monta come moltiplica grande un 53.

Sbaglia le prime curve

Si arriva al Poggio e il francese attacca furiosamente staccando tutti, compreso Van Aert. I secondi di vantaggio sono pochi e la discesa è un punto cruciale, come sempre alla Sanremo. Ed è qui che l’ultimo cambio della bicicletta crea qualche problema ad Alaphilippe, infatti va leggermente lungo nei primi tornanti, perdendo secondi preziosi. Ricordiamo che Alaphilippe passa per essere uno dei migliori discesisti del gruppo e conosce bene la discesa del Poggio. Cosa può essere successo per sbagliare in quel modo?

Julian Alaphilippe Wout Van Aert
Julian Alaphilippe e Wout Van Aert nella discesa del Poggio
Julian Alaphilippe Wout Van Aert
Julian Alaphilippe e Wout Van Aert impegnati nella discesa del Poggio

Colpa dei freni a disco?

Ed ecco che arriviamo ad uno degli argomenti più dibattuti nel ciclismo moderno: i freni a disco. Se ci pensate bene il francese in discesa avrebbe dovuto avere un vantaggio tecnico rispetto a Van Aert, che era equipaggiato con i freni tradizionali, ed invece ha perso il suo vantaggio. Il guaio è stato che la terza bici, per una serie di motivi, non era più stata usata molto dal campione francese. E quando ha dovuto frenare violentemente, Julian si è accorto che i freni pompavano a vuoto. Questo ha causato una frenata più lunga, che non gli ha dato la possibilità di tirare alla perfezione le staccate e i tornanti. Accortosi di questo ha deciso di aspettare Wout Van Aert e andare all’arrivo insieme a lui.

Julian Alaphilippe Wout Van Aert
Il momento in cui Van Aert anticipa di pochissimo Alaphilippe sulla linea di arrivo
Julian Alaphilippe Wout Van Aert
Van Aert anticipa di pochissimo Alaphilippe sul traguardo

La volata imperfetta

Un’altra differenza: la moltiplica anteriore da 53 anziché da 54. Questo fattore può averlo agevolato durante lo scatto fatto sul Poggio con un rapporto leggermente più facile da rilanciare, ma nella volata finale con Van Aert gli si ritorce contro. Infatti, anche rispetto allo scorso anno, al francese manca qualcosa negli ultimi metri che non gli permette di superare il belga. Forse, abituato con il 54, non è riuscito a esprimere tutta la sua potenza negli ultimi metri. Certo se non avesse avuto il problema ai freni sarebbe stato raggiunto solo dopo aver finito la discesa. Questo avrebbe comportato uno sforzo maggiore per Van Aert, che forse avrebbe pagato nella volata finale. Ma di questo non abbiamo certezza, quello che è certo è che il dibattito sui freni a disco continuerà ancora per un bel po’.