Tiberi cresce e Roglic è pericoloso. Parola di Caruso

17.05.2025
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TAGLIACOZZO – Ad eccezione di Ayuso e Del Toro, abbastanza giovani e sfrontati da minacciare le certezze dei più grandi, fra i primi otto della tappa di ieri ci sono i corridori più titolati di questo Giro d’Italia. Gli altri sono appena più indietro, ma la classifica ora ha finalmente una forma. Damiano Caruso e i suoi 37 anni sono la voce più autorevole del primo gruppo. Ancora una volta il siciliano ha tagliato il traguardo accanto ad Antonio Tiberi. Franco Pellizotti dice che non lo vedeva da un pezzo così in forma e Damiano e le sue prestazioni gli danno ogni giorno ragione.

Con Tiberi quarto a 27 secondi da Roglic, Caruso viaggia in undicesima posizione e mantiene lo sguardo fisso su ciò che gli accade intorno, a metà tra il fratello maggiore e l’angelo custode. «E’ andata anche bene – dice – per essere un arrivo così esplosivo. Per quanto mi riguarda sono super soddisfatto sia della prestazione della squadra, della mia e anche per quella di Antonio. Non è una sorpresa, sta facendo quello che ha promesso. Ma di Roglic non mi fido, lui la sa lunga, nell’arco delle tre settimane può ancora dire molto…».

Tiberi che cresce

La Bahrain Victorious ha preso in mano la corsa poco prima dell’ultimo bivio verso Marsia, la località sciistica ormai dismessa che ha ospitato il traguardo della settima tappa del Giro d’Italia.

«Siamo atleti che lavorano insieme da tanto – spiega Caruso – quindi è un gruppo affiatato. La squadra ci dà fiducia, quindi è giusto ricambiarla. Si vede anche da come corriamo, in gara non c’è bisogno nemmeno di parlare. Ci guardiamo e ognuno sa quello che deve fare e questo è gratificante. In questo quadro, Antonio sta crescendo nella personalità e in tutti gli aspetti, quindi il progetto va avanti. E alla fine è andata bene anche per me. Era un finale molto impegnativo, perché gli ultimi due chilometri erano abbastanza tosti. Tutta la tappa, specialmente la partenza, è stata corsa a ritmi veramente importanti. E’ venuta fuori una giornata impegnativa, ma anche soddisfacente per me, per la squadra e per il nostro leader, quindi oggi (ieri, ndr) andiamo a riposarci contenti».

Un livello altissimo

E’ mancato Roglic, dice Caruso. Ieri tutti lo aspettavano, invece Primoz non ha risposto all’attacco di Ayuso e neppure ai precedenti di Ciccone e Bernal. Ha preferito o è stato costretto a starsene alla finestra e alla fine ha perso un’occasione.

«Siamo andati forte tutto il giorno – racconta – regolari e a tutta. L’accelerazione è una delle caratteristiche di Ayuso, lo scatto secco, più di quanto lo abbia Antonio. L’importante però è che ci sia stata una reazione da parte di entrambi. Sono felice di questo, perché ho risposto anch’io bene, nonostante i miei 37 anni. Se tutto va bene e uno ha voglia di correre e continuare a fare sacrifici, può ancora correre ad alti livelli. Però devono esserci questi presupposti, altrimenti non si va più avanti. C’è da dire che si va davvero forte. Si potrebbe pensare che non sia stato un grande arrivo, dato che non ha fatto differenze notevoli. L’arrivo invece era giusto, il fatto però è che tutti i corridori sono preparatissimi e il livello è così alto che certi giorni i percorsi non bastano più…».

Roglic dorme, Ayuso lo pizzica. Ma Tagliacozzo non fa male

16.05.2025
5 min
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TAGLIACOZZO – Se Roglic avesse avuto la stessa prontezza quando è scattato Ayuso, probabilmente oltre ad aver conquistato la maglia rosa, avrebbe vinto anche la tappa. Invece lo sloveno ha esitato, mentre è stato rapidissimo a lasciare la conferenza stampa quando l’interruzione di corrente ha fatto spegnere le luci. In montagna può capitare, lui si è alzato subito di scatto, ha lasciato la risposta a metà e si è precipitato giù dalla scaletta verso l’antidoping. Per certi versi c’è da capirlo. Dopo la discesa al piazzale dei pullman, li attendono due ore di viaggio fino alla costa adriatica, ma i modi lasciano a desiderare. Chiamiamola originalità.

Dopo l’arrivo di Ayuso, l’abbraccio col massaggiatore Paco: è la prima vittoria in un Grande Giro
Dopo l’arrivo di Ayuso, l’abbraccio col massaggiatore Paco: è la prima vittoria in un Grande Giro

La prima di Ayuso

Il primo arrivo in salita del Giro non ha fatto male come tradizione vorrebbe. Gli ultimi due chilometri della scalata finale che da Tagliacozzo conduce a Marsia erano i più ripidi, ma la sensazione è che non siano bastati per fare azioni di classifica. Fra quelli più attesi, soltanto Pidcock e Piganzoli hanno pagato più di quanto fosse lecito aspettarsi (rispettivamente 34″ e 38″). Fra i primi invece si è risolto tutto in una serie di provocazioni. Prima il forcing della Bahrain Victorious. Quindi i due attacchi violenti di Ciccone, poi rimasti nelle gambe. Quindi il forcing di Bernal e solo alla fine, con lo sforzo di 35-40 secondi che sapeva di avere nelle gambe, la rasoiata di Ayuso che ha lasciato tutti sul posto.

«Non è una semplice vittoria – dice lo spagnolo della UAE Emirates – è la mia prima vittoria in un Grande Giro, quindi è una di quelle che ricorderò per sempre. Ricordo la prima da professionista a Getxo e questa è la prima tappa in un Grande Giro, siate certi che la porterò sempre con me. Nel finale ho sempre seguito Roglic perché in questi arrivi lui è il più forte e vince praticamente sempre. Quando è iniziato l’attacco, non sapevo se stesse aspettando che partissi o stesse giocando. Ma quando la mia distanza è arrivata, ho attaccato e non mi sono fermato finché non è finita. Prima di muovermi ho lasciato che gli altri sprecassero un po’ di energia. Più o meno sono azioni che hai in mente, ma dipende sempre da come arrivi e dalle gambe. Mi sentivo bene. Sapevo di poter fare un attacco di circa 30-45 secondi, che più o meno è quello che ho fatto, forse un po’ di più. Era importante fare un attacco solo, anziché provare e poi voltarsi e poi rifarlo ancora. Un attacco solo e possibilmente vincente».

La fuga di Roglic

Pizzicato al riguardo, Roglic ha giocato, ma probabilmente dietro il tanto sorridere e mostrarsi gioviale c’è stato qualche minuto di buco, che gli ha impedito di rispondere agli attacchi finali. Il leader della Red Bull-Bora ha perso ieri l’appoggio di Hindley, ma si ritrova accanto un Pellizzari solido e pimpante e starà a lui essere all’altezza del compito che lo attende. La maglia rosa è tornata dopo quella di Tirana, ma la sensazione è che neppure questa volta, Roglic si svenerà per difenderla.

«Non sono più così giovane – dice – i giovani invece si accendono subito. Io ho bisogno di un po’ di tempo per iniziare a carburare, ma me ne vado da questa salita con la maglia rosa. Ancora una volta lo ripeto: è un privilegio. Gli avversari sono sempre più vicini e non so quando me la porteranno via. So però che oggi la nostra squadra ha corso bene per tutto il giorno. Mi sto godendo la giornata, non si sa mai quanto durerà. Essere qui a lottare con i migliori è meraviglioso, anche se quando è partito l’attacco non ero nella posizione in cui dovevo essere. Forse ho dormito un po’».

A questo punto, approfittando dell’interruzione di corrente, la maglia rosa se ne è andata, covando forse il sottile fastidio per non essere riuscito a vincere sull’arrivo che lo chiamava da giorni e su cui non è andato oltre un pur lodevolissimo quarto posto, alle spalle di Ayuso, Del Toro e Bernal.

«Del Toro è un compagno di squadra e un amico – ha detto Ayuso dopo la vittoria – mi fido totalmente di lui»
«Del Toro è un compagno di squadra e un amico – ha detto Ayuso dopo la vittoria – mi fido totalmente di lui»

L’attesa degli sterrati

Ayuso invece ha la calma serafica di chi vuole stringersi forte il momento e farne parte finché ci sarà luce. Risponde alle domande e non evita quelle scomode. Anche quando gli chiedono chi secondo lui vincerà il Giro. E poi lo spagnolo butta lo sguardo sulla tappa di Siena, la meno prevedibile.

«Siamo venuti con l’ambizione di vincere – dice – io per primo ho l’ambizione di vincere. Ma penso che la responsabilità e il peso della gara si vedranno sulla strada. Oggi è solo un primo passo, già domenica sugli sterrati ci sarà una tappa forse più temibile. Sarà sicuramente una delle più impegnative di questo Giro. Non avremo bisogno soltanto di buone gambe, di una buona posizione o di una squadra forte. Servirà anche la fortuna perché le forature possono rovinare l’intero Giro. Bastano una foratura o un brutto momento e mesi di lavoro andranno in fumo».

Le auto hanno iniziato la discesa. Prima le ammiraglie, poi quelle del Giro-E. La Polizia e lentamente tutti quelli che non vedono l’ora di tornare a valle e riprendere l’autostrada. Il livello del gruppo è così alto che nessuno degli uomini di classifica ha perso terreno. Sono saliti in gruppo, col paradosso che anche in salita ormai si sta bene a ruota. Non era un arrivo risolutivo, ma ha confermato che i migliori sono tutti lì. Ha ceduto Pidcock, inaspettatamente. Anche Piganzoli ha ceduto, ma non stava bene. Invece Fortunato, che ieri è caduto, oggi ha sofferto ma ha tenuto duro. Fra una schermaglia e l’altra, il vero Giro deve ancora cominciare.

In ammiraglia Decathlon: adrenalina, tattiche e un sogno svanito

16.05.2025
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TAGLIACOZZO – Ed eccoci qui, un anno dopo: prima tappa appenninica e di nuovo sull’ammiraglia della Decathlon AG2R. Ed è sempre una bellissima esperienza, perché essere dentro al Giro d’Italia è una cosa grandissima. A farci da Cicerone stavolta c’era il direttore sportivo, uno dei più esperti del team francese Didier Jannel.

Con il tecnico francese si è parlato molto di tattiche. E tutto sommato, vivendo la corsa da dentro, qualche domanda ce la siamo posta. Perché, ad esempio, la BORA-hansgrohe ha tirato così tanto? Con collegamenti via telefono da e con altre televisioni, il diesse francese aveva saputo che la squadra di Roglic non era interessata alla tappa. «Ma allora perché tira?», obiettava Jannel.

Tattiche in primis

Jens Voigt, ex corridore oggi inviato di Eurosport, è venuto ad intervistare il diesse chiedendogli un parere sulla corsa. E anche al tedesco, Jannel esprimeva i suoi dubbi sull’andamento tattico della corsa. Ovviamente con il suo Nicolas Prodhomme nella fuga sperava in un vantaggio più corposo.

E ancora tattiche e domande: perché Pedersen e compagni hanno aumentato il ritmo al punto da generare anche qualche caduta in discesa?

Forse dalla TV non si è visto, ma nella planata finale il gruppo si era allungato e frastagliato notevolmente. Tra l’altro è al termine della planata stessa che c’è stato un momento spettacolare, che solo stando nella corsa si può vivere.

In quel frangente è stato adrenalinico assistere al rientro in massa dei ragazzi della Groupama-FDJ, tutti in fila per capitan Gaudu. Otto corridori, un treno. Volavano via a 65 all’ora tra ammiraglie, curve, rotatorie, moto… La giuria era piombata su di loro come un falco. L’ultimo vacone ad attendere il treno è stato Lorenzo Germani. Il laziale spianato sulla bici filava che era un bellezza.

Nicolas Prodhomme in fuga con altri 6 atleti. E’ stato tra gli ultimi ad arrendersi a 5 chilometri dal traguardo
Nicolas Prodhomme in fuga con altri 6 atleti. E’ stato tra gli ultimi ad arrendersi a 5 chilometri dal traguardo

Prodhomme in fuga

Appena arrivati questa mattina nel clan della Decathlon-AG2R a Castel di Sangro abbiamo notato subito 14 bici. Loro sono rimasti in sette: perché portarne così tante? Perché sette erano per la corsa e altre sette pronte sui rulli. La partenza infatti era in salita e l’intento della squadra francese era duplice: non far staccare Sam Bennett, il velocista e capitano, e mettere nella fuga Prodhomme. Il ragazzo è stato bravissimo centrando l’obiettivo.

Così, eccoci sul percorso. Siamo partiti una ventina di minuti prima della tappa. Dopo qualche chilometro abbiamo mangiato un gustoso panino preparato da uno chef locale e quando finalmente è partita la fuga siamo entrati anche noi ufficialmente in gara. In questo modo ci siamo ritrovati subito dietro alla fuga, senza dover effettuare manovre pericolose per sorpassare il gruppo. Una pratica ormai consueta.

A quel punto il direttore sportivo ha preso in mano la situazione… e la radio. Indicava con attenzione i punti salienti del percorso: tratti duri, tecnici, insidiosi.

Radio alla mano

Dopo la salita più impegnativa di giornata, cioè Monte Urano (era cattivissima), Jannel ha detto al ragazzo: «Adesso c’è una salita facile, cerca di mangiare, pensa ad alimentarti». Poco dopo, ecco radiocorsa chiamare la nostra ammiraglia. Prodhomme ha chiesto dei gel e una borraccia con 80 grammi di carboidrati.

Il direttore sportivo però restava un po’ sulle spine. Il distacco massimo era arrivato a quattro minuti, ma dietro c’era sempre la BORA a tenere un ritmo sostenuto. Jannel aggiornava costantemente Prodhomme sui distacchi, ma restava incerto sull’andamento tattico.

Tuttavia per un momento, mancavano circa 65 chilometri, è sembrato persino che la fuga potesse riuscire nel suo intento. Il vantaggio tutto sommato era buono, la corsa dietro si era leggermente “addormentata” e il percorso e il vento erano favorevoli.

Jannel voleva tenere alto il morale del suo ragazzo e gli diceva: «Stai attento a Scaroni. Perché Scaroni, lo conosciamo, quest’anno ha vinto il Tour des Alpes-Maritimes, è in forma. Però è anche vero che ieri è caduto». Come a dire, “curalo” ma non spaventarti.

Altro uomo da tenere sott’occhio era Paul Double: «Lui è uno scalatore molto importante. Sai come va e quest’anno ha vinto una tappa alla Coppi e Bartali». E poi ha aggiunto qualcosa che tirava in ballo anche Buitrago ma che non siamo riusciti a capire nel bailamme della corsa.

Il direttore sportivo Didier Jannel, un veterano del gruppo Decathlon-Ag2R
Il direttore sportivo Didier Jannel, un veterano del gruppo Decathlon-Ag2R

La dura realtà…

Lungo l’ultima discesa di giornata, il distacco inizia a crollare. La Lidl-Trek di Ciccione ci mette lo zampino. Tira persino con Pedersen in persona, la maglia rosa. E così, a circa 25 chilometri dall’arrivo, ecco che la giuria, quando il vantaggio era appena superiore al minuto, ferma le ammiraglie che seguivano la fuga. E quindi anche la nostra.

Dobbiamo ammetterlo: un po’ di tristezza è calata in ammiraglia in quel momento. E’ vero, si sapeva che a quel punto i sette ragazzi davanti non sarebbero più arrivati, però la speranza, come si dice, è l’ultima a morire. «Nicò sta bene – aveva detto Jannel – la vittoria al Tour of the Alps gli ha dato convinzione che poteva fare bene qui al Giro e che poteva vincere una tappa. Perché vincere una tappa era e resta il nostro obiettivo».

Una volta finiti dietro al gruppo, i discorsi alla radio sono cambiati radicalmente. Si è tornati a parlare di logistica: come riprendere gli atleti, dove parcheggiare, come radunarsi ai bus che erano a 15 chilometri dall’arrivo. Insomma, come organizzare il rientro in vista della prossima tappa. Che sarà di nuovo molto, molto dura.

Il caos di Napoli, ma da domani si sale. Vero “Martino”?

15.05.2025
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«Oggi la parola simbolo è solo una: sfortuna. Già che piove a Napoli è sfortuna. Ma ancora di più perché quando piove da quelle parti le strade diventano impraticabili». Giuseppe Martinelli va dritto al sodo, come sempre, come nel suo DNA. Il tecnico bresciano è al suo primo non-Giro, ma le tappe le guarda con la solita passione, ogni giorno.

La cronaca di oggi è breve. Inizia a piovere quando il gruppo entra nella zona della pianura prima di affacciarsi sulla costa tirrenica. Una pinzata, una mezza “svirgolata”, e va giù mezzo gruppo. Corsa neutralizzata… come da regolamento.

Le ambulanze, oltre a non poter passare, non possono assistere tutti. Si riparte, ma senza classifica: in palio solo la vittoria di tappa. E la tappa è andata a Kaden Groves della Alpecin-Deceuninck, uno dei migliori sprinter di questo Giro d’Italia finora.

Giuseppe Martinelli, per 15 anni è stato il direttore sportivo dell’Astana
Giuseppe Martinelli, per 15 anni è stato il direttore sportivo dell’Astana
E quindi Martino, la tappa di oggi è stata decisa da pioggia e buonsenso…

Credetemi, giusto ieri sera avevo parlato con Shefer, perché ho ancora buoni rapporti con un po’ tutti, e la prima cosa che mi ha detto è stata: «Guarda Martino, se domani piove è il solito casino di Napoli. Le strade sono queste qua: piove poco e come viene giù un po’ d’acqua diventano sdrucciolevoli». Ed è successo. E succederà ancora.

E infatti tutto sommato non ci sono state neanche polemiche. Team, giuria, organizzatori, corridori erano allineati…

In questi casi, qualunque decisione tu prenda, a qualcuno non va bene e a qualcuno sì. Però era la soluzione migliore. Si è visto pure con Landa: guarda che è successo, si è fatto male subito un big al primo giorno. Rischiare così di rovinare uno spettacolo come il Giro quando mancano tre settimane non ha senso. E comunque la volata c’è stata, e non sarebbe stata molto diversa da quella che abbiamo visto.

E allora, Martino, è già tempo di guardare a domani, alla Castel di Sangro-Marsia, e alle prime vere salite: si va sopra i 1.000 metri di quota: tre GPM e arrivo in salita. Come si diceva una volta: “Domani inizia il Giro”. E’ così?

Diciamo che domani è il primo giorno in cui si può capire qualcosa di più di questo Giro. Okay, Pedersen ha dimostrato di essere il più forte da un po’ di tempo. Non dimentichiamoci che è andato fortissimo nelle classiche, fortissimo a inizio stagione, e tutto quello che ha fatto se l’è meritato. Devo dire che mi aspettavo un po’ di più in generale dall’Albania. C’erano due tappe dove si poteva fare qualcosa di più. Però probabilmente, sai, anche i corridori ogni tanto usano la testa.

La direzione di gara ferma la corsa. Neutralizzazione e ripartenza verso Napoli (ma senza tempo)
La direzione di gara ferma la corsa. Neutralizzazione e ripartenza verso Napoli (ma senza tempo)
Cioè?

Sanno che il Giro è lungo, che si deciderà nell’ultima settimana. Domani vediamo chi ha veramente le gambe per fare qualcosa e chi invece non le ha.

Da chi ti aspetti qualche movimento? Ci dicono di un Ayuso taciturno, che si nasconde… Magari domani vorrà farsi vedere per recuperare quei secondi persi a crono?

Io credo di no. Se è bravo, sta ancora lì, perché Roglic in questo momento va forte e tra gli uomini di classifica mi sembra quello più in palla. Ayuso l’ho visto bene, ma non benissimo come pensavo. In quella cronometro non è andato come mi aspettavo. Ed era una crono adatta a lui: c’era salita, c’era discesa, e lui sa guidare. Perciò credevo arrivasse un po’ più avanti. Io credo che domani si difenderà. E poi speriamo bene per i nostri italiani!

Paleni e Van der Hoorn: i due fuggitivi di giornata sono entrati in testa a Napoli, ma poi il gruppo li ha ripresi a -2,5 km
Paleni e Van der Hoorn: i due fuggitivi di giornata sono entrati in testa a Napoli, ma poi il gruppo li ha ripresi a -2,5 km
Ti riferisci a Tiberi?

Secondo me, Tiberi ha una squadra a completa disposizione, e spero che domani, anche se non succederanno grandi cose, alla fine vedrai che qualche indicazione ci sarà. Non credo ci saranno distacchi grandi, ma si capirà chi il Giro lo può anche non vincere. Ci potrebbe essere, non so, un Carapaz che ha voglia di rischiare. Un Bernal che, se sta bene, ci prova. Ecco, mi aspetto più qualcosa dalle seconde linee.

Noi invece abbiamo due nomi sulla bocca. Il primo è Ciccone: sta bene, corre in Abruzzo e sappiamo che è uno focoso. Se si trova lì davanti, una stoccata la prova?

All’inizio del Giro, nelle mie considerazioni, pensavo che lui non puntasse alla classifica. Pensavo che Giulio provasse a vincere un paio di tappe fatte bene. E una di queste poteva essere quella di domani. Ciccone la gamba ce l’ha, perché quello che ha fatto in Albania e in questi giorni, anche ieri in finale, lo dimostra. Ha però la maglia rosa in casa. Anche se dovrebbe lasciarla. Pedersen gli darà via libera, suppongo.

L’altro nome è quello di Lorenzo Fortunato, che tra l’altro hai diretto fino a pochi mesi fa. Lui sta bene, ha la maglia blu, esce da un ottimo Romandia. Magari con l’anticipo giusto può veramente arrivare a Marsia…

Lorenzo però è caduto oggi e mi dispiace. Se Fortunato non fosse caduto, poteva essere sicuramente un uomo da giocarsi domani. Bisogna vedere cosa si è fatto, perché dopo l’arrivo l’ho visto incerottato. Però ha la maglia del GPM, ci tiene, e la maglia blu tante volte dà quella spinta in più.

Giuseppe, domani è prevista pioggia per le ultime due ore (abbondanti) di corsa. Questo incide sul risultato e sulla tattica?

Se la pioggia arriva nel finale incide un pochino meno. In quel momento i corridori sono entrati in modalità corsa. Perciò non stanno a pensare a mantelline o no. Non è come se piove dal via. Tuttavia, per qualcuno la pioggia incide comunque. C’è chi la paga e chi invece ci si trova bene. Roglic, per esempio, ci è abbastanza abituato. E anche Ciccone col maltempo potrebbe approfittarne. Se la cava. E’ uno che è capace anche di buttarsi nella mischia e magari ribaltare un po’ lo schema della corsa. Sarà una bella tappa… Perché i corridori, che se ne dica, hanno corso abbastanza bene sin qui. Voglio dire, è una settimana che sono in corsa e sono pronti per darsi battaglia nel vero senso della parola.

La tappa di Tagliacozzo apre una quadripletta (al netto del giorno di riposo) insidiosa: coi muri di Castelraimondo, gli sterrati e gli strappi di Siena, e la crono di Lucca…

Non è la fine del mondo, però c’è da stare attenti. In questi tre-quattro giorni qualcuno potrebbe anche pagare qualcosa… a partire da domani, ma anche sui muri marchigiani. E lo stesso vale per Siena. Quell’arrivo non è per tutti: qualche secondo a destra o a sinistra lo puoi lasciare se non sei in giornata. Dai, ci aspetta un bel finale di settimana.

Con Marcellusi a Marsia, primo arrivo in salita del Giro

15.04.2025
8 min
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TAGLIACOZZO – Un cartello con su scritto 20 per cento incuteva un certo timore. Ma Martin Marcellusi, pur con un bel po’ di watt impressi sui pedali, non si è lasciato intimidire. Forse anche perché, per onestà, quel 20 per cento (che si nota nella foto di apertura) era un po’ gonfiato. Ma la durezza della salita c’era tutta. Quale salita? Quella di Marsia, Tagliacozzo, sede di arrivo della settima tappa del Giro d’Italia, il prossimo 16 maggio.

Con l’atleta della VF Group-Bardiani-Faizanè, ci siamo dati appuntamento in Abruzzo per provare il finale della Castel di Sangro-Tagliacozzo. Un vero e proprio tappone appenninico: 168 chilometri e oltre 3.500 metri di dislivello.

Sopralluogo con Marcellusi

Il corridore laziale si è scaldato poco dopo il finale della salita precedente, cioè la lunga discesa che arrivava da Ovindoli, ed è partito per la scalata finale. Subito aveva un buon passo. Nonostante parlasse tranquillamente nel tratto in pianura, filava via sul filo dei 40 all’ora e in salita, pur viaggiando in Z2, era al di sopra dei 20 orari. Mentre saliva, si apriva il panorama e spiccavano le vette ancora imbiancate del gruppo del Sirente Velino.

Tutto intorno regnava il silenzio, rotto solo dalla ruspa dei lavori in corso. Quando siamo riscesi a valle, un operatore ci ha detto che stavano giusto iniziando i lavori per il Giro d’Italia. Si stima che, tra pulizia delle banchine e tratti di asfalto nuovo (di cui possiamo garantirvi c’è assoluto bisogno), la Provincia de L’Aquila abbia stanziato un milione di euro. «Sono praticamente 30 anni che questa strada non veniva toccata», ci ha detto l’operaio.

E ancora: «Ma quel ragazzo farà il Giro vero? Quella maglia l’ho già vista in tv!». Una curiosità genuina che ci ha fatto un enorme piacere.

Alla scoperta di Marsia

La Tagliacozzo-Marsia si può dividere in due grandi tronconi: quello che va dall’uscita della cittadina al Valico di Monte Bove e quello che prosegue da qui fino al traguardo, posto ai 1.425 metri di quota.

I numeri raccontano di una salita non impossibile: 12,2 chilometri al 5,7 per cento. I primi 9,5 sono al 4,6 per cento, i restanti 2,7 chilometri superano il 10 per cento, con una punta del 17 per cento.

«Per ora va bene – ci ha detto Marcellusi un paio di chilometri dopo aver iniziato la salita – ma quello che mi preoccupa è che vedo ancora tanto dislivello da fare e per ora questa strada sale poco. Quel “rosso” che mi segna il Bryton mi spaventa!».

Il riferimento era chiaramente al segmento più duro. E noi per rincarare la dose: «Martin, pensa quando Roglic o Ayuso metteranno la squadra a tirare!».

La prima parte sale veloce. Tutta tra il 4 e il 6 per cento. Non conta solo la pendenza ma anche la planimetria: è tutto un susseguirsi di curve. Non ci sono 10 metri di rettilineo. Incredibile. I primi 4 chilometri sono esposti a Ovest-Nord Ovest: se ci sarà vento contrario, potrebbe pesare.

Arrivati nei pressi di Roccacerro (7 chilometri di salita), la pendenza cala leggermente. Un ampio tornante a destra, il primo sin qui, riporta poi l’inclinazione attorno al 6 per cento. Da qui in avanti le curve diminuiscono e la strada tende a farsi più larga e lineare.

La rampa finale

A un certo punto, quando si vede troneggiare un immenso hotel in mezzo al nulla, sta per arrivare il tratto duro. Questo hotel potrebbe essere un riferimento per i “girini”. Già da lontano, sulla sinistra, si nota una rampa dritta, mentre la strada principale piega leggermente a destra verso il Valico di Monte Bove.

Alla biforcazione si tiene la sinistra. Da qui, 2,7 chilometri alla cima, cambia tutto. La pendenza aumenta di colpo: si passa dal 6 al 12 per cento in un attimo. E’ tutto rettilineo o con curve larghissime. Si sale a gradoni. Ogni tanto si tocca il 16-17 per cento, ma mai si scende sotto al 10. Anche Marcellusi, adesso, danza sui pedali.

Questo lungo rettilineo non dà respiro. Guai ad andare in acido lattico. Il prezzo potrebbe essere salatissimo. Il rettilineo si interrompe a circa un chilometro dall’arrivo con una doppia “S” dove si addolcisce leggermente la pendenza, ma si resta sempre sul 10 per cento. Poi si passa tra due sponde rialzate, tra faggi fittissimi che quando siamo andati noi iniziavano a germogliare. A quel punto la pendenza crolla e in un centinaio di metri si arriva al traguardo.

Il segmento duro. Marcellusi fa vedere come il suo computerino indichi tratti in rosso: segnale di pendenza a doppia cifra
Il segmento duro. Marcellusi fa vedere come il suo computerino indichi tratti in rosso: segnale di pendenza a doppia cifra

Parola a Marcellusi

Ma se questa è la descrizione della scalata ora urgono le sensazioni del corridore. Parola dunque a Marcellusi. Mentre si rivestiva in fretta, vista l’aria frizzantina di questo pianoro abruzzese, il corridore laziale ci ha spiegato bene cosa ha visto, sentito e capito.

Martin, questa salita viene al termine di una tappa dura. Quanto contano le posizioni nella prima parte, visto che è anche tortuosa?

Esatto, viene dopo una tappa dura e questo aumenta la sua difficoltà. Se c’è qualche uomo di classifica che ancora non è in condizione e sente di non avere la gamba dei migliori, le posizioni contano tantissimo. Essendo molto veloce, se la prendi già dietro poi è tosta risalire o peggio ancora chiudere se si dovesse creare un buco. La prima parte è davvero rapida, quindi se una squadra decide di farla a buon ritmo rimontare è difficile. Anche se non ci si stacca, si rischia di arrivare dietro all’imbocco degli ultimi 3 chilometri, che sono quelli che faranno male a tutti. Se al bivio sei dietro, potresti non riuscire più a colmare il distacco dai primi.

Cosa ti è parso della scalata a Marsia?

Le pendenze nella prima parte sono intorno al 5-6 per cento. I più forti saliranno sicuramente a 30 all’ora e più. Tornando alle posizioni, quindi, conteranno. Io oggi in alcuni tratti sono venuto su a 25-26 all’ora stando in Z2 alta, anche Z3. Ho cercato di farla a buon ritmo per avere una percezione più reale della salita. Non andavo piano, ma non andavo neanche a ritmo gara, pertanto immagino che in corsa si farà davvero forte e possa esserci selezione già in questa parte.

Cosa racconterai ai tuoi compagni di questa scalata da Tagliacozzo a Marsia?

Dirò che chi vuole arrivare quassù a giocarsi la tappa deve prenderla davanti, perché la prima parte si farà veramente forte. Scarsa pendenza, tante curve e una strada non larghissima. Quindi stare davanti e stare a ruota il più possibile fino agli ultimi tre chilometri. Da lì poi servirà la gamba. Ci sarà poco da inventare.

Nel tratto duro spariscono le curve…

Esatto. Appena inizia il tratto duro, c’è questo drittone abbastanza largo che può trarre in inganno. Essendo largo non sembra così duro, quindi magari ti sposti cercando di rimontare e, se non conosci bene la strada, rischi di restare lì. Non sai che poi continua così per altri due chilometri e mezzo.

Se dovessi fare dei nomi per questo arrivo, su chi punteresti?

E’ una salita che secondo me è adatta a Pidcock. Tom qui potrebbe dire la sua perché l’inizio è veloce. Uno come lui può stare a ruota e non faticare troppo fino agli ultimi tre chilometri. E lì sappiamo che ha una bella fucilata, specie su muri di questa durezza e durata. Poi, va da sé, va bene anche per gente come Ayuso e Roglic. I nomi sono quelli. Saranno loro a giocarsi la tappa.

A meno che non arrivi una fuga…

Eh – sospira Marcellusi – non lo so, ultimamente non arrivano più! O molto poco…

Martin, usciamo un attimo dal discorso degli uomini di classifica. Come si gestiscono gli ultimi tre chilometri?

Dipende. Se sei in difficoltà, devi cercare di non guardare i watt perché è una salita troppo dura. Non riusciresti a gestirla: sei portato a spingere forte. Devi valutare le tue forze solo in base alla distanza che manca all’arrivo. Va presa senza paura. Se invece stai bene e qualcuno la prende di petto, bisogna seguirlo e in quel caso c’è poco da calcolare. Andare a tutta e, nei limiti del possibile, lasciarsi un piccolo spazio per la volata. Però, ripeto, salite come questo finale di Marsia sono troppo dure per essere gestite.

Rispetto agli ultimi Giri, com’è questo primo arrivo in salita?

In effetti anche l’anno scorso siamo partiti con un percorso abbastanza impegnativo (si saliva ad Oropa nella seconda frazione, ndr). Ma questa è tutta una tappa tosta, non solo il finale. Già dopo sette giorni, chi ha calcolato di non arrivare al 100 per cento e di prendere la condizione in corsa potrebbe avere brutte sorprese. E’ un bel rischio. Marsia è una salita dura e potrebbe già segnare distacchi importanti.