Francesca Selva la incontrammo lo scorso novembre a Noto, nel ritiro della nazionale della pista. Spigliata e diretta, ci raccontò la passione per la pista: il vero centro della sua attività di atleta. Nel resto del tempo lavorava per T°Red che produce le bici su cui correva. Tuttavia dopo la Coppa del mondo del Cairo le cose hanno preso una piega diversa. La sua strada si è divisa da quella dell’azienda di Montichiari e in poche settimane, rimboccandosi le maniche, Francesca si è inventata una nuova dimensione. Alla fine c’è riuscita. E pochi giorni fa, al culmine della stagione così raddrizzata, ha ricevuto la convocazione in cui non osava più nemmeno sperare.
«Mi hanno invitata alla Champions League della pista – sorride la veneziana (in apertura, foto Marc Goyvaerts) – ed è stata una sorpresa. Quest’anno non avevo nemmeno provato a entrare, perché su 18 posti, 12 erano esclusiva per i podi del mondiale. E io il mondiale l’ho visto dal divano di casa, quindi evidentemente non potevo esserci. Però c’erano sei wild card in tutto il mondo a discrezione dell’organizzazione. Neanche venti giorni fa la mia compagna ha detto che l’avevano contattata per andare e, visto che insieme facciamo tutto il calendario della pista, ormai gli organizzatori ci conoscono. Così ho provato a scrivere a quelli della Champions. Mi hanno riposto dopo un paio d’ore che mi avrebbero fatto sapere la settimana successiva. Io ero a correre in Danimarca, era un venerdì e il mercoledì successivo mi ha scritto questo ragazzo. E mi ha detto che ero stata presa. Ho pianto per venti minuti…».
Come mai?
Perché era un sogno poter andare, ma non lo avrei mai immaginato, soprattutto dopo l’anno che ho passato. Se me l’avessero detto 2-3 mesi fa, non non ci avrei creduto e tutt’ora faccio fatica a realizzarlo. Penso che non lo realizzerò finché non sarò lì a correre. Per me è un grandissimo obiettivo. C’è chi magari va per i soldi, per me che in questo lavoro investo il mio tempo e i miei soldi, è il riconoscimento di tutto quello che sto facendo.
Che stagione è stata finora questa per te?
Ci siamo visti in Sicilia. Dopo quel ritiro ho continuato a correre in inverno. Ho vinto un po’ di gare e a gennaio ero al ritiro con la nazionale a Calpe e poi ho fatto tutto il lavoro invernale in pista a Montichiari con la nazionale. Mi sono veramente resa conto di cosa voglia dire lavorare a quel livello. Soprattutto girare con il quartetto, una disciplina che non amo, a livello di allenamento è stata molto utile. E poi sono andata in Coppa del mondo al Cairo. Ho fatto la madison con Matilde Vitillo: lei giovane che doveva fare un po’ di esperienza, io più esperta. E anche se non abbiamo fatto risultati importanti, è sempre bello rappresentare la nazionale.
Dopo il Cairo però, c’è stata una battuta d’arresto.
Sì, perché la mia strada e quella della squadra si sono divise e questo mi ha tenuto fuori dalle gare per circa 3-4 mesi. Sono tornata a correre alla Sei Giorni di Fiorenzuola, che si fa a luglio. Ovviamente il periodo non è stato dei migliori, non mi stavo neanche allenando perché non avevo certezza su quando sarei potuta tornare in bici. A Fiorenzuola ho partecipato sempre con la mia compagna danese, con cui faccio tutte le gare, e da lì ho iniziato a correre tantissimo. Praticamente la mia stagione è stata di due mesi e mezzo, ma facevo tre gare su strada alla settimana.
Con quale maglia?
Mi sono unita a un team continental irlandese che si chiama Team Torelli e ha sede in Belgio. Praticamente ho fatto due mesi fissa lassù e mi spostavo solo per andare a correre su pista. Non mi danno materiale, mi arrangio con tutto. E’ una squadra piccola, però molto conosciuta, quindi ha inviti per tutte le gare, anche molte WorldTour. Non avendo un grande main sponsor, ci arrangiamo. Però per me è un vantaggio, perché mi permette di essere libera, di scegliermi il calendario e gestirmelo come preferisco. Mi permette di fare l’attività su pista come voglio io, ma al tempo stesso di fare gare importanti su strada, che mi fanno soffrire come non avevo mai sofferto prima e quindi per crescere va benissimo.
Hai fatto anche un sesto posto alla Schaal Sels Merksem…
E c’era anche Lotte Kopecky dopo il mondiale. Ho fatto due mesi lassù e nel mezzo ho buttato appunto un po’ di gare su pista in giro per l’Europa. Sono contenta che abbiamo avuto bei risultati anche su strada, che è stata una sorpresa. Ormai erano cinque anni che non correvo più seriamente su strada. L’anno prossimo sicuramente farò più gare, sempre in ottica di allenarmi per la pista, però chiaramente una volta che ho il numero sulla schiena corro sempre per cercare di vincere.
Sembra di risentire Rachele Barbieri due anni fa, quando correva in una piccola squadra. Va bene questa dimensione o ti piacerebbe trovare una squadra più grande?
Per ora mi va bene così, soprattutto perché fino ad ora non avevo mai realizzato di poter correre su strada. Mi ha sempre un po’ annoiato, quindi penso di dover fare almeno una stagione per capire se effettivamente posso pensare di insistere o se sia meglio che resti in questa dimensione. Passare in una squadra più grande darebbe magari disponibilità economica, ma non mi lascerebbe libera di vivere il ciclismo come adesso. Sono molto felice e tranquilla, perché faccio quello che mi piace. Sono io che ci investo e sono io che scelgo cosa fare, quindi chiaramente sono coinvolta al 200 per cento. La mia paura di andare in una squadra più grande è quella di trovarsi i classici paletti, che sono anche normali, perché alla fine sarebbe un lavoro.
La Champions League è un riconoscimento, ma anche l’occasione di farsi vedere?
Assolutamente. Ho saputo di poter partecipare neanche 20 giorni fa, quindi chiaramente in un mese e mezzo non diventerò la ragazza più forte del mondo. Però sicuramente è un’occasione preziosa e cercherò di sfruttare le possibilità che ci verranno date. Speriamo anche in un pizzico di fortuna, di essere al posto giusto nel momento giusto. In questi giorni sto correndo in Danimarca, perché tra l’altro Montichiari e chiuso e quindi è l’unico modo di tornare a girare sul legno, perché era dal Cairo che non riuscivo a farlo.
Cosa ti aspetta da qui al debutto?
Un bel blocco di lavoro nel prossimo mese. Sicuramente arriverò pronta e poi speriamo che tutto vada bene.
La nazionale, invece, è qualcosa su cui si può investire?
Ultimamente mi è stato difficile, devo ammetterlo, perché dopo marzo mi sono dovuta trasferire a casa dei miei a Venezia, quindi chiaramente Montichiari mi è abbastanza scomoda, perché sono più di due ore di strada. Però spero di poter tornare in zona per ricominciare ad allenarmi seriamente almeno tutte le settimane. L’anno scorso la differenza che ho notato lavorando con la nazionale è stata abissale, quindi sicuramente tornare più vicino alla pista è una cosa che dovrò prendere in considerazione.