OneCycling costituita ufficialmente. Vegni attende comunicazioni

03.03.2025
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Il progetto OneCycling va avanti e nei propositi di Richard Plugge, il suo CEO dovrebbe vedere la luce già il prossimo anno. Ormai non si parla più di una semplice idea, ci sono dati reali. Lo scorso 10 dicembre è stata registrata, presso la Companies House di Cardiff, la società costituente, OneCycling Limited, dietro la quale c’è un fondo economico saudita, SURJ Sports Investment che è una branca del Public Investment Fund, uno dei più grandi a livello globale. I sauditi hanno garantito un importo di 300 milioni per un contratto di 3 anni.

Il circuito dovrebbe avere una finale in terra araba, con formula da stabilire (foto Corvos)
Il circuito dovrebbe avere una finale in terra araba, con formula da stabilire (foto Corvos)

Grandi entrate per i team firmatari

Alla moderna Superlega ciclistica hanno già aderito team come Visma, Ineos, Red Bull, EF, Soudal, Lidl oltre agli organizzatori di Flanders Classics e la commistione fra team e organizzatori è un aspetto importante del nuovo progetto. Le squadre facenti parte dell’organizzazione riceveranno, per i suddetti tre anni, un milione di euro a stagione, da considerare al di fuori delle entrate provenienti dagli sponsor che per ora costituiscono generalmente il 90 per cento delle entrate.

Quali gare ne faranno parte? Questo è un primo problema. OneCycling sta procedendo attraverso due direzioni. La prima riguarda una serie di circuiti da organizzare in grandi città, secondo una formula che, se in America ha trovato buoni riscontri, in Europa non è ben vista, venendo relegata a fine stagione seppur con una frequentazione ampia e qualificata. Gare stile Formula 1, che permettono la presenza di folto pubblico, ma che da sole non reggono una spesa così ingente.

Al progetto hanno aderito finora alcuni dei team leader del WT, ma sono ancora molto pochi
Al progetto hanno aderito finora alcuni dei team leader del WT, ma sono ancora molto pochi

A braccetto con l’Uci

L’altra direttrice doveva essere la creazione di un circuito di gare al di fuori del calendario internazionale, ma non c’erano né gli spazi né le garanzie. Si è capito che il progetto non può andare avanti in contrasto con l’Uci, ecco quindi che si pensa di allestire un programma di gare fisso e mutuato dal calendario internazionale, al quale i team saranno chiamati a partecipare con i loro uomini migliori, che dovrebbe comprendere le principali prove del calendario.

Un simile progetto non può però andare avanti senza la partecipazione delle grandi organizzazioni. Aso per ora è fuori e vuole rimanerci, continuando a gestire in autonomia le proprie gare, ma le trattative sono in corso tanto è vero che l’eventuale circuito non prescinderebbe dal Tour de France, mentre la Vuelta non ne fa parte.

Yann Le Monnier, patron di Aso, insieme a Richard Plugge (foto Raymond Kerckhoffs)
Yann Le Monnier, patron di Aso, insieme a Richard Plugge (foto Raymond Kerckhoffs)

Giro nel progetto: a loro insaputa?

E il Giro? L’organizzazione di Plugge ha già detto che anche la corsa rosa è nel programma. Mauro Vegni però non ne sa nulla: «Quel che posso dire è che se l’ingresso del Giro nell’eventuale circuito significa che vengono messe insieme alcune gare che danno punti, un po’ come avveniva nel secolo scorso con il Superprestige Pernod, non abbiamo nulla in contrario, ma se il coinvolgimento è più profondo io non ne sono a conoscenza. I contatti vengono presi a livello imprenditoriale, credo che siano direttamente Cairo o Bellino a occuparsi di questo ma siamo ancora nel campo delle voci, non c’è nulla di definito».

Il progetto però non riguarda solamente i grandi giri, anzi è a livello più basso che le novità potrebbero prendere una forma più ardita. In questo ideale circuito dovrebbero infatti entrare altre corse a tappe, come Parigi-Nizza, Tirreno-Adriatico, Giro di Svizzera, ma non dovrebbero superare i 5-6 giorni di gara e questo potrebbe rappresentare un problema.

La Tirreno-Adriatico è inserita nel progetto, ma dovrebbe ridurre a 5-6 i suoi giorni di gara
La Tirreno-Adriatico è inserita nel progetto, ma dovrebbe ridurre a 5-6 i suoi giorni di gara

La riduzione dei giorni di gara

«Questa non è però una novità – tiene a sottolineare Vegni – perché se ne era parlato già una ventina di anni fa, prospettando anche l’eventualità di ridurre le grandi corse a tappe nella loro durata. Sarebbe possibile? Io dico che tutto si può fare, a condizione che però ci sia chiarezza d’intenti e soprattutto non ci siano disparità. Se si deve ridurre, devono farlo tutti. Ma siamo ancora nel campo delle voci, io faccio parte della commissione Uci e non ci è stato presentato nulla al riguardo».

Il lavoro con l’Uci è fondamentale e l’input è arrivato direttamente dagli investitori che vogliono evitare un’altra diaspora com’è avvenuta nel golf, dove la Saudi LIV Golf League ha di fatto spaccato il movimento professionistico. Una volta che la federazione darà il suo imprimatur, si passerà attraverso fasi successive, con la creazione del circuito vendendo però i suoi diritti televisivi in blocco (e già Dazn, particolarmente legata agli eventi di matrice araba, è pronta a investire). Se il suddetto circuito dovesse essere composto da gare preesistenti, la sua chiusura dovrebbe però essere allestita attraverso una sorta di Grand Final, come avviene per il tennis, da allestire proprio in Arabia Saudita, con grande gala di premiazione alla fine.

Il circuito dovrebbe avere una finale in terra araba, con formula da stabilire (foto Corvos)
Il circuito dovrebbe avere una finale in terra araba, con formula da stabilire (foto Corvos)

Un meccanismo virtuoso

L’idea di base è che, con il circuito avviato, s’innesti un meccanismo virtuoso capace di produrre denaro anche al di fuori dell’investimento di base, per questo avrebbero tutti da guadagnarci alla fine. Per questo molto passerà attraverso i contatti con gli organizzatori, mettersi di traverso non conviene a nessuno.

Plugge e la Superlega. Un progetto che può far paura?

10.01.2024
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Il progetto Superlega nel ciclismo va avanti, seppur a fari spenti. La sentenza della Corte Europea che ha di fatto legittimato quella del calcio ha certamente avuto ripercussioni anche su simili progetti in altri sport, anche se nel ciclismo non c’è quella spietata contrapposizione tra squadre e federazione che esiste nello sport più popolare al mondo. Non sarà qualcosa di immediato, ma un giorno sarà realtà tanto è vero che il progetto ha già un nome, One Cycling e un suo mentore: il patron della Visma-Lease a Bike Richard Plugge.

In un’intervista al media fiammingo De Tijd Plugge ha tracciato un po’ il futuro dell’iniziativa, partendo dal presupposto che non stiamo parlando di qualcosa di immediato: «Noi dobbiamo guardare a quel che vorremo essere fra 10 anni. Viviamo in un ambiente dove c’è una continua guerra fra squadre, con gli organizzatori, fra gli stessi corridori ma questo è sbagliato perché i nostri veri avversari sono al di fuori del nostro mondo. Sono le altre forme di intrattenimento che si contendono l’attenzione dello spettatore».

Pogacar è il ciclista più pagato al mondo, 6 milioni a stagione. Poco in confronto ad altri sport
Pogacar è il ciclista più pagato al mondo, 6 milioni a stagione. Poco in confronto ad altri sport

Gli sportivi più ricchi al mondo

Il discorso di Plugge è legato all’appetibilità televisiva e mediatica del ciclismo che genera grandi introiti. Nella sua analisi non è un caso se cita Champions League di calcio, golf, football americano, basket: tutti eventi e discipline che hanno venduto a caro prezzo la loro immagine generando un clamoroso giro d’affari. Secondo la classifica stilata da Forbes dei primi 50 sportivi più pagati al mondo, dove comanda Cristiano Ronaldo con 46 milioni annui provenienti dai contratti di gioco e 90 dall’indotto extra, non c’è un ciclista e questo la dice lunga…

«Voglio farvi un esempio – riprende Plugge – prendete Jake Paul, il campione di arti marziali fidanzato con la pattinatrice olandese Jutta Leerdam: è osannato dalle folle, i ragazzini si affollano intorno a lui, anche chi non s’interessa di sport sa chi è. A Vingegaard tutto questo non succede: sta a noi fare in modo che le cose cambino, trovare nuove prospettive».

Quanto è popolare Vingegaard fuori dall’ambiente? Tutto il ciclismo ha bisogno di farsi vedere di più
Quanto è popolare Vingegaard fuori dall’ambiente? Tutto il ciclismo ha bisogno di farsi vedere di più

Un calendario da rivoluzionare

L’idea di Plugge è che One Cycling vada a incidere pesantemente sul calendario, rivoluzionandolo di fatto: «Serve un profondo cambiamento del nostro mondo. Un calendario chiaro, con un numero limitato di eventi dove i migliori siano chiamati sempre a confrontarsi. Attualmente abbiamo 180 giorni di gare solo per il calendario WorldTour, sono obiettivamente troppi con un continuo afflusso e deflusso di corridori che non li rende immediatamente riconoscibili».

Il manager olandese intende rifarsi all’esperienza della Formula 1: «Le stelle devono essere popolari al 100 per cento, identificabili anche da chi non segue abitualmente il ciclismo. Un calendario strutturato in maniera chiara, uniforme permetterà anche di avere maggiormente sotto controllo il tema della sicurezza. Ci serve un calendario unificato che convogli e attiri grandi sponsor esterni al mondo delle due ruote».

Il Tour de France potrebbe risentire dell’inserimento in un circuito strutturato e altrimenti gestito
Il Tour de France potrebbe risentire dell’inserimento in un circuito strutturato e altrimenti gestito

Coinvolgere grandi sponsor

Plugge nella sua analisi prende ad esempio il coinvolgimento della Heineken, che ha prima investito tanto sulle coppe europee di rugby e poi sulla Champions League di calcio, oppure Aranco diventato sponsor del mondiale di Formula 1: «Noi dobbiamo fare lo stesso, coinvolgere grandissime aziende che non investano su un singolo team, ma sull’attività nel suo complesso, sviluppando un merchandising proprio, separato da quello delle squadre».

Idee rivoluzionarie, che non solo vanno un po’ contro la tradizione ultrasecolare di questo sport ma destano timore in tutto l’establishment: «L’ASO, ad esempio, teme di vedere il Tour de France perdere di valore. Non è improbabile che ciò avvenga – ammette Plugge – ma solamente in un primo tempo. Se guardiamo alla cosa con uno sguardo più ampio, sono certo che a lungo termine ne trarrà beneficio perché sarà tutto il ciclismo che sarà cresciuto. Altre gare, entrando nel circuito, guadagneranno un valore enorme».

John Malone, presidente di Liberty Media che gestisce gli enormi interessi e introiti della Formula 1 (foto Gentleman’s Journal)
John Malone, presidente di Liberty Media che gestisce gli enormi interessi e introiti della Formula 1 (foto Gentleman’s Journal)

Un manager super partes

A proposito invece degli eventuali dissidi con l’Uci, l’olandese non ha dubbi: «La federazione mondiale non è un’organizzazione commerciale e non credo che starebbe peggio di fronte a un circuito unificato. Guardate quel che è successo alla Fia: ha forse perso denaro quando ha affidato l’organizzazione commerciale prima all’azienda di Bernie Ecclestone e poi a quella di John Malone? Noi dobbiamo seguire la stessa strada».

Parole dette in un periodo ancora di relativa calma. Ora l’attività riprende e si riprenderà a parlare di vittorie e sconfitte, di programmi e ambizioni. Ma il progetto è lì e piano piano va avanti, destinato sicuramente ad avere un’evoluzione. Resta però da capire che cosa ne pensano gli altri attori di questo mondo, se al di là della mera attualità sono in grado di guardare più lontano e soprattutto se sono d’accordo su un’evoluzione che forse porterà più denaro nelle casse, ma sicuramente ridisegnerà la tradizione e le abitudini di questo sport.

EDITORIALE / L’augurio di un Natale diverso

25.12.2023
4 min
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«Quest anno il Natale ci ha regalato qualcosa di stupendo, siamo felicissimi e non vediamo l’ora di averlo/a tra le nostre braccia!! Auguriamo a tutti voi buone feste in compagnia delle persone che amate!!».

Il post di Diego Ulissi su Instagram, accompagnato da una foto di famiglia, con cui annunciava il terzo figlio in arrivo, è stato il giusto modo per andare incontro al Natale e spegnere per un po’ il computer. Serviva una pausa. Serve a tutti rialzarsi per guardarsi intorno dopo aver tanto tirato. Si capiva dai discorsi dei corridori all’inizio della nuova stagione, già incapsulata in schemi perfetti di allenamenti e gare. Si capiva dalle sensazioni di ogni giorno, nell’immaginare programmi per sé e il proprio gruppo di lavoro.

In casa Ulissi il Natale ha portato la notizia di un nuovo figlio in arrivo. Qui Diego con Lia e Anita
Questa la foto Instagram con cui Diego Ulissi ha annunciato il nuovo bebè in arrivo

La bellezza della normalità

L’ultima riflessione di ieri nasce proprio da Diego, la cui intervista pubblicheremo domattina. Una delle domande che gli sono state fatte è come mai sia rimasto per tutta la carriera nella stessa squadra, senza cedere alle sirene che certamente lo avrebbero portato altrove e forse anche a guadagnare di più.

«Se mi trovo bene in un ambiente – questo più o meno il senso della sua risposta – perché avrei dovuto cambiare?».

Lui rispondeva e a noi venivano in mente i recenti scossoni del mercato e a ragazzi che evidentemente non si trovavano bene nelle squadre in cui militavano. Verrebbe anche da chiedersi perché le abbiano scelte, se è bastato un solo anno per staccarsene. Si cerca il preparatore buono, il giusto programma, il nutrizionista di vertice, la residenza per pagare meno tasse, si reclamano giustamente i soldi che si pensa di valere, ma l’ambiente e la persona vengono tenuti nella giusta considerazione?

Con un altro corridore affrontammo lo stesso discorso, all’inizio della stagione in Argentina: Pablo Lastras. Lui è rimasto per tutta la vita nella Movistar e ora ne è uno dei direttori sportivi. Quando qualche giorno fa Cimolai (ne leggerete stasera) ci raccontava di aver trovato nel team spagnolo il giusto clima per «riallacciare i fili della passione per il ciclismo», il cerchio si è idealmente chiuso.

Papa Francesco ha spesso parlato di sport. Qui con Valerio Agnoli e l’Atletica Vaticana
Papa Francesco ha spesso parlato di sport. Qui con Valerio Agnoli e l’Atletica Vaticana

Lo sport moderno

Buon Natale a tutti, con la stessa semplicità di quel post di Ulissi. E mentre intorno a breve impazzirà la consegna dei doni che tanto spesso fa dimenticare l’origine del Natale, ecco la voglia di fare qualcosa di inconsueto, andando ad attingere a una lettura di qualche tempo fa: il discorso del 2014 di Papa Francesco al Centro Sportivo Italiano, da cui nel 2018 nacque il Documento sulla Prospettiva Cristiana dello Sport. Se ne può parlare nel giorno di Natale?

«Oggi lo sport sta profondamente cambiando – vi si legge – e sta subendo pressioni forti di cambiamento. La speranza è che lo sport sappia governare il cambiamento e non semplicemente subirlo, riscoprendo e tenendo saldi i principi tanto cari allo sport antico e moderno: essere esperienza di educazione e promozione dell’essere umano».

La Super Lega, nel calcio, ma anche nel ciclismo che la teorizza da anni, vuole arrivare a più soldi oltre ai tanti che già circolano. Sarà un caso, ma le due società che ne trarrebbero immediatamente il beneficio più immediato sono le spagnole più soffocate dai debiti. Non vi sembra che ci sia qualche nota stonata? A governare lo sport non sono le istituzioni, ma i suoi attori. Come chiedere ai proprietari della auto più veloci di stabilire i limiti di velocità. Se le stesse organizzazioni preposte al governo sono preda di avidità e debiti, come fanno a essere credibili?

Nessuna guerra si ferma per le Olimpiadi: si gareggerà e si combatterà… (foto CELESTINO ARCE LAVIN/AVALON/SINT)
Nessuna guerra si ferma per le Olimpiadi: si gareggerà e si combatterà… (foto CELESTINO ARCE LAVIN/AVALON/SINT)

La tregua olimpica

Ci sono stati casi in cui le guerre si fermavano per lasciare spazio alle Olimpiadi, oggi invece le Olimpiadi rischiano di fermarsi per le guerre. Perché lo sport è ormai solo un grande business, sempre più lontano dalla nobiltà per cui si poteva pensare di fermare la guerra.

«E proprio perché siete sportivi – si legge ancora nel discorso di Papa Francesco – vi invito non solo a giocare, come già fate, ma c’è qualcosa di più: a mettervi in gioco nella vita come nello sport. Mettervi in gioco nella ricerca del bene, nella Chiesa e nella società, senza paura, con coraggio e entusiasmo. Mettervi in gioco con gli altri e con Dio; non accontentarsi di un “pareggio” mediocre, dare il meglio di se stessi, spendendo la vita per ciò che davvero vale e che dura per sempre».

Chi propone, prospetta e offre grandi carriere da adulti a ragazzi di 16-17 anni avrà presente questa scala di valori, che prescinde dalla fede, ma affonda le radici nella complessità dell’uomo?

La Superlega e il curioso precedente delle Hammer Series

04.11.2023
6 min
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Ci sarà davvero una Superlega nel ciclismo? La notizia dei giorni scorsi, relativa al progetto di 5 squadre (Jumbo Visma e Soudal QuickStep come promotrici, EF Education EasyPost, Lidl-Trek e Bora Hansgrohe che hanno sposato subito l’idea) ha fatto il giro del mondo, anche perché dietro c’è il Fondo Pubblico d’Investimento dell’Arabia Saudita, che ha già ridisegnato parzialmente il calcio, portando una marea di stelle, da Ronaldo in poi a giocare nel campionato saudita e sta gettando le basi per i mondiali di calcio del 2034.

Diventerà realtà o finirà come l’omonima del calcio? Solo il tempo lo dirà, ma già in base a quel che si sa, c’è una corposa differenza. Se la Superlega calcistica si muove sempre e costantemente in antitesi, se non in contrasto con la Fifa, qui i rapporti sono ben diversi. L’Uci non si è mostrata contraria, ha anzi dato la sua disponibilità a partecipare agli incontri e quindi a discutere della sua nascita, di come far coincidere l’attività classica con quella “nuova”, soprattutto a parlare del vero tema alla base di questo progetto: la spartizione dei diritti televisivi.

La Mitchelton-Scott vincitrice delle Hammer Series 2018 sulla Quick-Step Floors. Al centro Matteo Trentin
La Mitchelton-Scott vincitrice delle Hammer Series 2018 sulla Quick-Step Floors. A sinistra, Matteo Trentin

Tutto nasce dai diritti Tv

Il tema della divisione delle entrate date dalla montagna di ore di diretta, della produzione delle immagini, in generale dei rapporti politici di forza nel ciclismo professionistico è sempre più all’ordine del giorno. Sappiamo bene che può portare anche ad autentici corto circuito come avvenuto con la triste vicenda dell’Adriatica Ionica Race, se guardiamo al nostro giardino… L’Uci non vuole affrontare la questione sul piano della mera contrapposizione e segue una strada simile a quella del passato, quando di Superlega si era già parlato, anzi… si era già fatta.

Già, perché nel ciclismo professionistico una creatura gestita direttamente dai team è un discorso vecchio, del quale si cominciò a parlare già poco dopo l’inizio del secolo. Arrivando poi a un progetto messo su carta, alla ricerca di investitori e, nel 2016, al suo lancio: le Hammer Series.

Tom Dumoulin fu uno dei corridori più ricercati dai tifosi, soprattutto nel suo Limburgo
Tom Dumoulin fu uno dei corridori più ricercati dai tifosi, soprattutto nel suo Limburgo

Vince la squadra, non l’uomo

Parlando di Superlega è quindi doveroso ricostruire la storia di questo anomalo circuito, creato da Velon, azienda britannica specializzata nel supporto digitale e nella produzione d’infodati per i team professionistici. Facendo leva sui team con cui aveva già un rapporto professionale, Velon lanciò l’idea di un circuito completamente nuovo, nelle gare, nella loro formula, nella loro stessa concezione.

Si trattava innanzitutto di una competizione a squadre, che andava quindi completamente in contrasto con la secolare cultura ciclistica dell’uomo solo al comando. Qui le classifiche erano per team, che dovevano gareggiare in 3 competizioni distinte, sempre a tappe. Ognuna di esse era divisa in tre frazioni: una per scalatori, una per velocisti e infine una cronosquadre a inseguimento.

La gara fra i grattacieli di Hong Kong. Nei progetti era già previsto l’approdo anche in Colombia
La gara fra i grattacieli di Hong Kong. Nei progetti era già previsto l’approdo anche in Colombia

Una formula innovativa

Interessante la formula, completamente lontana dal solito. Innanzitutto ogni gara era allestita su un circuito: le squadre, composte da 7 corridori, ne sceglievano fino a 5 per ogni tappa, lasciandone 2 in panchina. Ogni gara prevedeva che al passaggio sotto il traguardo si acquisivano punti, che andavano al team, con un doppio punteggio in coincidenza dell’arrivo (un po’ come su pista). I punti sarebbero poi andati a costituire un pacchetto di secondi di decalage da attribuire ai team per la frazione finale, allestita con il metodo Gundersen: partenza per prima della squadra in testa alla classifica, a seguire le altre ognuna con il distacco accumulato. Quella che fosse arrivata davanti nella tappa conclusiva si sarebbe aggiudicata la classifica.

Come venne presa questa idea dai corridori? In generale abbastanza bene, a questo proposito illuminanti furono le parole di un giovanissimo Remco Evenepoel alla vigilia del suo esordio in gara nel 2019.

«Ho visto i video delle gare su Youtube – disse – e posso affermare che mi sto preparando per una guerra… Sono ogni volta 2 ore di corsa a tutto gas, con salite forse troppo brevi per le mie caratteristiche, ma ripetute così ossessivamente che alla fine pesano tantissimo nelle gambe. I compagni dicono che questo tipo di gare è tostissimo, fra le più dure dell’intera stagione».

Evenepoel fece il suo esordio nel 2019, venendo accolto con grande enfasi
Evenepoel fece il suo esordio nel 2019, venendo accolto con grande enfasi

La crisi parte dall’Asia

Velon trovò subito spazio nel calendario attraverso tre località: Limburgo in Olanda, Stavanger in Norvegia e Hong Kong, a cui era affidata la chiusura in coincidenza con la fase asiatica del calendario. Il progetto prese subito piede, anche se le difficoltà non mancarono. Il progetto iniziò in maniera circospetta: nel 2017 si disputo solamente la gara olandese, con vittoria finale per il Team Sky.

Nel 2018 l’idea aveva preso vigore. Si cominciò a Stavanger, con la Mitchelton Scott che fece piazza pulita di successi, poi a Limburgo ci fu la reazione della Quick-Step Floor, infine la gara di Hong Kong dove la Mitchelton chiuse i conti. In terra orientale però non venne organizzata la prova per scalatori, una piccola crepa che poi, come si vedrà, si sarebbe allargata.

Il sorpasso della Jumbo Visma: la cronosquadre a inseguimento garantiva uno show d’immediata comprensione
Il sorpasso della Jumbo Visma: la cronosquadre a inseguimento garantiva uno show d’immediata comprensione

Un’altra “vittima” del Covid…

Nel 2019 infatti, dopo la tappa norvegese andata alla Jumbo-Visma (con un pressoché sconosciuto Vingegaard in squadra) e la risposta della Deceuninck-Quick Step in Olanda (con Evenepoel già protagonista), la prova asiatica venne cancellata, con trofeo finale assegnato alla Jumbo-Visma davanti a Deceuninck e Team Sunweb. Nessuno allora poteva prevederlo, ma quello fu il canto del cigno per le Hammer Series.

L’anno dopo infatti arrivò il Covid, con l’attività ufficiale compressa in tre mesi. L’impossibilità di trovare spazi nel calendario andò di pari passo con una profonda rivoluzione ciclistica. L’esplosione di Pogacar, i fari puntati addosso a Evenepoel dopo la terribile caduta al Lombardia, in generale la straordinaria crescita di attenzione verso il ciclismo da parte di gente affamata di sport dopo mesi di astinenza cambiarono le carte in tavola. E l’Uci, che di buon grado aveva comunque sopportato il nuovo circuito, poté ripartire l’anno successivo da una situazione molto più forte.

Sonny Colbrelli con Padun vinse la prova per scalatori in Olanda nel 2018
Sonny Colbrelli con Padun vinse la prova per scalatori in Olanda nel 2018

Ora si ricomincia?

Le squadre persero interesse verso quel progetto, praticamente sparito anche dalle proposte di Velon. In Asia d’altronde si continuava a non gareggiare, solamente quest’anno l’attività è tornata alla normalità. I team si sono concentrati sull’attività classica e su movimenti di mercato anche fantasiosi, vedi la fusione fra Jumbo-Visma e Soudal, che ha lasciato in piedi contatti profondi fra i propri dirigenti, ponendo le basi per nuove iniziative. Magari prendendo spunto proprio da quelle due strane edizioni, a metà fra lo sport e Giochi Senza Frontiere…