Gli allenamenti degli juniores, Pontoni puntualizza

31.03.2024
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Le dichiarazioni di Daniele Pontoni a proposito delle ore di allenamento degli juniores hanno scatenato un vespaio. Luca Scinto e Massimiliano Gentili avevano voluto puntualizzare a proposito dei ragazzi da loro seguiti, anche Pontoni è però voluto tornare sull’argomento, per chiarire un punto che evidentemente aveva creato fraintendimenti, ma che comunque ha aperto le porte a una discussione importante su come sono seguiti i nostri più giovani talenti.

Il tecnico friulano, che in questi giorni ha smesso le vesti di responsabile del ciclocross per indossare quelle del gravel e preparare la tappa delle World Series del 25 aprile a Orosei, ha voluto specificare quel che intendeva a proposito delle 25 ore settimanali che impegnano gli atleti pur in età così giovane.

I ragazzi dell’Uc Foligno. Le prestazioni di Proietti Gagliardoni e Serangeli nel 2023 hanno destato discussioni
I ragazzi dell’Uc Foligno. Le prestazioni di Proietti Gagliardoni e Serangeli nel 2023 hanno destato discussioni

«In una settimana uniamo le 16-18 ore di allenamento specifico alle 3 ore necessarie per una gara, tra il prima, durante e dopo. Poi altre 3 ore ogni ragazzo le impiega, voglio sperarlo, fra core, palestra, stretching, in più o in meno in base al periodo dell’anno. Infine, e qui mi baso su esperienze all’estero, molti ragazzi fanno anche almeno un’ora di corsa a piedi e mental coaching ed ecco così che raggiungiamo le 25 ore settimanali. Non c’era alcuno spettro, è la realtà dei fatti».

Entriamo nello specifico: la tua esperienza su che cosa è basata?

Io ho l’abitudine di confrontarmi molto con colleghi e tecnici, italiani e stranieri, questa è la media che se ne trae. La corsa a piedi ad esempio è molto praticata fuori dai nostri confini mentre molti tecnici nostrani, legati ancora a schemi del passato, non la vedono di buon’occhio. Quando dico che Francia e Belgio sono all’avanguardia, soprattutto la prima nel lavoro con i più giovani ciclocrossisti ma anche stradisti (il che poi spesso è la stessa cosa, vedi Sparfel) dipende anche da queste cose, da questa cura diversificata verso i propri ragazzi. Non si parla solamente di carichi di lavoro, c’è molto altro da tenere in considerazione.

Nella preparazione dei giovani un importante spazio va dato allo stretching
Nella preparazione dei giovani un importante spazio va dato allo stretching
Ma da parte dei tecnici non c’è un po’ di gelosia nel gestire il proprio metodo di lavoro?

Forse, ma tutti hanno gli occhi e poi è anche nell’animo di ognuno di noi che ama la disciplina che segue condividere le esperienze, perché si cresce tutti insieme. Noi a Benidorm eravamo nello stesso albergo della nazionale francese e tutti noi ci confrontavamo, ci conoscevamo meglio, notavamo le tempistiche e alla fine posso dire che in alcune cose sono sicuramente all’avanguardia, come in altro noi facciamo sicuramente di più. Quel che è importante è sempre imparare dai migliori, allargare gli orizzonti guardando cose diverse. Noi ad esempio abbiamo nel Team Performance un qualcosa che gli altri non hanno e gli effetti si cominciano a vedere.

Sei stato contattato direttamente per le tue affermazioni, qualcuno si è risentito in maniera particolare?

No, perché non c’era alcun elemento per farlo. Ogni tecnico ha le sue idee e certezze, poi sono i risultati dei suoi atleti a parlare. Ribadisco che io parlavo di impegno settimanale e non di allenamento nudo e crudo, se si fanno i conti i tempi, le ore impiegate sono quelle. Poi teniamo conto anche di un altro aspetto: la scuola. Ogni Paese ha il suo sistema scolastico e conciliare l’attività con lo studio varia da sistema a sistema. A me quel che dispiace è che la corsa a piedi è l’unico vero elemento di distinzione, qui ancora non capiamo la sua importanza e non prendo ad esempio gente come Van Aert o Roglic che escono anche il giorno dopo la gara e che fanno addirittura mezze maratone (nel caso del primo, ndr). Spesso qui si rimane ancorati a schemi vecchi di vent’anni, ma il ciclismo va avanti.

La Francia iridata nel team relay giovanile di ciclocross. Per Pontoni i francesi sono esemplari nel lavoro giovanile
La Francia iridata nel team relay giovanile di ciclocross. Per Pontoni i francesi sono esemplari nel lavoro giovanile
E’ quindi un discorso legato ai tecnici ed è indubbio che viene dai loro aggiornamenti, dalla loro voglia di apprendere la crescita del movimento, come in Italia sta avvenendo nell’atletica. I giovani tecnici italiani hanno questa voglia di imparare?

I giovani sì, sono aperti a nuove esperienze. Noi possiamo metterci a disposizione, mettere loro e i ragazzi nelle migliori condizioni, ma poi sta alla voglia di ognuno di mettersi in discussione e questo va fatto sempre. Dobbiamo capire che anche minime cose possono fare una grande differenza e tutto nasce dal continuo confronto, dal guardare con curiosità, chiedere ai colleghi. Anche perché mai come oggi le categorie giovanili sono state così importanti, visto che da lì si approda subito al ciclismo che conta.

L’App e gli esercizi per il diaframma: quando l’osteopata è hi-tech

22.12.2022
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“Nulla è lasciato al caso”. Quante volte lo abbiamo sentito dire? Quante volte lo abbiamo scritto? Migliaia forse… Questa volta però lo abbiamo toccato con mano. E lo abbiamo fatto con Emanuele Cosentino, osteopata della Bardiani Csf Faizanè che dal prossimo anno sarà Green Project-Bardiani CSF.

Nei giorni del ritiro dei “green boys” al Cicalino, in Toscana, abbiamo assistito anche ad una seduta di gruppo, nella quale venivano eseguiti degli esercizi posturali. Postura: quindi colonna vertebrale, ma anche diaframma, il più importante muscolo respiratorio. 

Emanuele Cosentino è l’osteopata che segue i ragazzi di Reverberi
Emanuele Cosentino è l’osteopata che segue i ragazzi di Reverberi
Emanuele, cosa stavano facendo i ragazzi quando erano tutti insieme con i tappetini nella sala grande?

Stavano facendo stretching sulla mobilità articolare, visto che sono professionisti dobbiamo curarli a 360°. Bisogna prestare attenzione non solo alla nutrizione o alla preparazione in bici, ma anche a livello articolare, motorio e di elasticità muscolare. Purtroppo alcuni corridori non hanno ancora questa mentalità dello stretching. Vorrei dare loro, tanto più che molti sono giovani, questa cultura del benessere posturale. Che sia una base per la loro carriera.

A cosa serve questo tipo di stretching?

E’ un percorso che aiuta ad evitare contratture o future problematiche nei momenti più importanti della stagione. Quando poi gli atleti passano nelle mani dei massaggiatori e non stanno bene, questi fanno più fatica a massaggiarli. E alla lunga possono crearsi problemi più profondi.

Come stai lavorando con i tuoi ragazzi?

Durante il ritiro cogliamo l’occasione per partire dalla base. Valutiamo i ragazzi dal momento dello stacco: dove c’è da migliorare o dove siamo riusciti a migliorare. Il mio ruolo è quello di aiutarli a trovare una buona postura. Non in bicicletta, quello è “territorio” dei biomeccanici, ma per avere una buona postura fuori dalla bici durante la giornata.

Abbiamo visto che utilizzavi un’App. Dagli smartphone si vedeva una sorta di “uomo vitruviano” con tante info intorno: di cosa si tratta?

Questa App mi dà la possibilità di essere molto più preciso. E’ uno screening dell’atleta. E posso capire subito che problemi hanno, le manualità articolari o dei thrust che noi facciamo sempre come osteopati o massoterapisti di cui hanno bisogno.

Esercizi posturali, ideali per rilassarsi e per il benessere
Esercizi posturali, ideali per rilassarsi e per il benessere
Perdonaci, cosa sono i thrust?

I thrust sono sono quelle manipolazioni con le quali vai a fare quel suono, quel “crack”, tra le ossa, tra la colonna vertebrale e il collo. Ci sono diversi passaggi che non sono solo ossei, per dirla in modo semplice, ma che coinvolgono anche le viscere, il craniosacrale… Questa App mi aiuta a individuare i problemi. Accelera il mio lavoro con gli atleti. Mi dice a che punto erano e come evolvono dopo i trattamenti e gli esercizi.

Cosa riguardavano gli esercizi che abbiamo visto fargli fare quando erano tutti insieme?

Ad aprire il pettorale, visto che i corridori sono sempre chiusi sul manubrio. Ma anche a risolvere le problematica ai polsi, dove viene scaricata gran parte del peso. Attraverso gli esercizi di stretching cerchiamo di alleviare anche il dolore della schiena: dalla zona cervicale a quella lombare, fino ai glutei… Sono tante cose che messe insieme portano ad avere un successo di squadra. 

Quali sono i punti nevralgici del ciclista sui quali si crea la maggior parte delle patologie, se così possiamo chiamarle?

I polsi sono uno di questi punti. A volte questo loro dolore è causato da una posizione errata in bici. Il peso già è tanto, ma viene aumentato. C’è il rischio che a volte gli si addormentino le dita. Oppure le spalle sono troppo inarcate e di conseguenza il collo fa una curva elevata e che può causare problemi alla cervicale o alle scapole. Un altro dolore che emerge spesso è quello alle ginocchia. Oppure alla zona lombare, quindi l’ileo-psoas: il bacino potrebbe essere retroverso. Io devo raddrizzarli e dargli la possibilità di migliorare.

I dolori delle ginocchia in questo periodo emergono sempre un po’ di più…

Esatto. Non si tratta solo degli sforzi, ma anche dei materiali nuovi. Magari hanno cambiato scarpe. Scarpe e bici. Hanno rivisto la posizione delle tacchette. Io devo farli arrivare alla prima gara al 100%.

Lo sblocco del diaframma incide su moltissimi aspetti, non solo sulla prestazione
Lo sblocco del diaframma incide su moltissimi aspetti, non solo sulla prestazione
E anche a casa devono fare questi esercizi?

L’ideale sarebbe fare una ginnastica a basso impatto appena svegli. Una ginnastica veramente leggera, movimenti morbidi per dare risveglio immediato al muscolo in vista di una buona colazione e un buon allenamento. E poi andrebbero rifatti la sera o prima di andare a letto. In questo caso è molto importante eseguire un buon lavoro di respirazione diaframmatica. Su questo aspetto sto insistendo molto, perché il diaframma è la chiave della postura, delle problematiche alla schiena. Quindi attraverso il respiro diaframmatico si va anche a letto più sereni, perché il diaframma è un po’ una “centralina” e si tolgono le tensioni che si accumulano durante la giornata. Spesso lo stress porta a bloccarlo. E questo blocco porta anche difficoltà nella bicicletta. 

Tipo?

Respiro corto, si entra in acido lattico molto prima… E’ uno stress che è fondamentale evitare. E si può evitare non solo con una manipolazione, ma anche attraverso esercizi di meditazione: per esempio stare seduti con le gambe “a farfalla”, chiudere gli occhi e respirare col diaframma. 

Quali sono gli esercizi per lo sblocco del diaframma oltre stare seduti a farfalla?

L’esercizio più semplice è stare sdraiati con una mano sulla sulla pancia e spingere in alto l’ombelico. L’obiettivo è quello di inspirare, incamerare tutta l’aria portando l’ombelico verso il cielo mantenendo le spalle bene a terra. Non bisogna gonfiare il petto ma solo la pancia, l’addome. E quindi poi bisogna espirare. Questo movimento aiuta a far scendere il diaframma. In questo modo si va anche a massaggiare la bocca dello stomaco. Se una persona è stitica, respirare col diaframma, agevola l’evacuazione delle feci. Non solo, aiuta il cuore a distendersi: si aumenta l’efficienza del battito cardiaco. I polmoni scendono si dilatano meglio e aumenta l’ossigenazione. Poi dopo ci sono anche esercizi di livello maggiore, in cui si gonfia sia il diaframma che i polmoni, ma sono più complessi e il 70% degli atleti, non solo ciclisti, non li sanno fare.

Rosti all’Astana: «La prestazione è fisica, tecnica e mentale»

17.12.2021
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Nell’Astana che è ripartita da Vinokourov, è arrivato anche una vecchia conoscenza del nostro ciclismo: quel Marino Rosti che aveva fatto parte dell’entourage di Nibali fino al passaggio nella Trek-Segafredo. Rimasto al Team Bahrain, nel 2021 Rosti è uscito dal giro, ma visto che l’aspetto mentale sta diventando preponderante e che lui ha una formazione legata alle Scienze Motorie e alla Psicologia dello Sport, la squadra kazaka gli ha riaperto le porte. In questi giorni di ritiro spagnolo, abbiamo voluto sentire anche lui (in apertura fotografato sul Teide durante il riveglio muscolare del mattino), per capire in cosa consista il suo lavoro.

«Il mio rapporto con Astana – conferma il sanmarinese – c’era stato anche in passato, per tre anni. Perciò, chiuso il rapporto con il Bahrain, ho chiesto se avessero necessità. Anche perché essendo ormai in pensione, posso garantire una disponibilità superiore, non avendo più la problematica lavorativa che mi condizionava con i permessi, i distacchi e tutti quegli aspetti formali. Il mio ruolo rimane lo stesso. La definizione di psicologo dello sport potrebbe creare qualche resistenza nelle persone, quindi si parla di mental coach. E comunque è vero, perché fai una sorta di percorso con i ragazzi che cerchi di aiutare anche dal punto di vista psicologico. E’ un aiuto ulteriore…».

Il ritorno di Lopez rende nuovamente l’Astana uno squadrone da grandi Giri (foto Astana)
Il ritorno di Lopez rende nuovamente l’Astana uno squadrone da grandi Giri (foto Astana)
Non solo gambe, anche testa…

La prestazione è fisica, tecnica e mentale. Per la performance ci si concentra sempre sull’aspetto fisico, sulla forza, la resistenza, la velocità, i carichi di lavoro. Si lavora sulla posizione in bici e poi magari il terzo aspetto raccoglie i precedenti. Perché come diceva il buon Franco Ballerini, puoi avere anche una macchina da 1.000 cavalli, ma se la centralina non va, la macchina non rende

E tu lavori sia sul fisico sia sulla testa, giusto?

Come iter formativo, ho fatto sia il percorso di Scienze Motorie che quello psicologico, per cui abbino i due aspetti in un progetto che si chiama Benessere Psicofisico. Quando tu stai bene fisicamente, hai una corretta postura, un corretto equilibrio fisico, lavori sulla mobilità articolare e sul benessere fisico, la testa lo sente e ti permette di rendere di più

Le attività di risveglio muscolare e stretching di Rosti pescano molto dallo yoga
Le attività di risveglio muscolare e stretching di Rosti pescano molto dallo yoga
Esiste anche un rapporto individuale con gli atleti?

A volte si entra nel ragionamento e nel rapporto personale per costruire un percorso che si chiama mental training. Si lavora sulla definizione degli obiettivi, l’ansia da prestazione. Si lavora su quelli che possono essere i momenti di difficoltà a volte causati da piccoli aspetti, come magari la mancanza del risultato dopo aver lavorato tanto o problemi personali. A volte bisogna entrare in una sorta di dialogo con i ragazzi per trovare quel bandolo della matassa, che ti fa ripensare a tante cose. Quindi costruisci anche un approccio mentale, senza intestardirsi solo sull’aspetto fisico.  

A memoria, si può dire che inizi al mattino con il risveglio muscolare.

Seguiamo ogni giorno un programma ormai collaudato, che dà un certo riscontro. Grazie all’attivazione del mattino, i ragazzi si sentono meglio sulla bici. Si sentono più centrati. Mentre di pomeriggio curiamo l’aspetto del recupero, quindi facciamo allungamenti, una progressione yoga, uno stretching per ciclisti costruito sulle mie esperienze.

Un test a volte può essere più impegnativo di una salita, vero Boaro? (foto Astana)
Un test a volte può essere più impegnativo di una salita, vero Boaro? (foto Astana)
Stretching per ciclisti?

Con loro bisogna lavorare su certi aspetti sulla mobilità della schiena e il recupero delle gambe. Abbiamo inserito la respirazione diaframmatica che permette di ossigenare meglio il fisico e migliorare anche da quel punto di vista. E poi facciamo rilassamento, mental imagery nel rivedere situazioni passate su cui costruire il futuro.  E così rientri nel percorso psicologico per riacquistare più fiducia in te stesso, avere più stimolo, più determinazione, più concentrazione. E’ un cerchio che si chiude. 

Nasce tutto dalla loro libera scelta?

Ovviamente! Si fa in privato e quando uno lo richiede, perché non bisogna mai imporre questa cosa come se fosse dovuta. Adesso magari sta diventando anche un po’ di moda e comunque con il dialogo più riservato si comincia a ragionare su certe cose. Ma prima il ragazzo cerchi anche di conoscerlo, capire se è disponibile o se voglia farsi seguire a livello psicologico, come è capitato che abbiano già chiesto.

Rosti ha lavorato prima con la Liquigas, poi con Cannondale, Astana, Bahrain e ora è di nuovo… kazako
Rosti ha lavorato prima con la Liquigas, poi con Cannondale, Astana, Bahrain e ora è di nuovo… kazako
E se ti chiede supporto?

Allora di fa una sorta di coaching, si parla cercando di capire le cose. La risposta si trova assieme, ma il più delle volte gli dico che la risposta ce l’hanno nella pancia. Parte tutto da lì, dalle emozioni, dalle sensazioni che uno sente dentro di sé. 

I ragazzi accolgono queste pratiche?

C’è più consapevolezza, i giovani sono sensibili a questi aspetti, mentre la vecchia generazione certe cose non le non le possedeva, perché non era nel loro stile e nella loro consuetudine. Adesso arrivano con percorsi già avviati, che noi cerchiamo di spingere ancora più avanti.

Poco fa hai parlato di yoga.

Con lo yoga hai una sensazione piacevole che col tempo diventa anche una sorta di controllo del corpo, che risponde. Si crea un dialogo. Avevo cominciato a usarlo nel 2007 con la Marchiol, poi sono passato alla Liquigas assieme a Sagan e l’abbiamo portato avanti. Ero sempre collegato con Paolo Slongo, perché lui era il preparatore quindi si lavorava in sintonia. E anche oggi c’è un confronto quotidiano col preparatore, con l’osteopata e con il medico. Si lavora in equipe con report giornalieri. Magari l’osteopata mi dice che il tale corridore ha bisogno di un particolare stretching. Più questi report sono giornalieri, meglio segui l’atleta.

Nel ritiro spagnolo dell’Astana, fra test e uscite su strada (foto Astana)
Nel ritiro spagnolo dell’Astana, fra test e uscite su strada (foto Astana)
Sarai una presenza costante al seguito della squadra?

Ai ritiri sicuramente. Però magari con qualche atleta è venuto fuori che nella terza settimana del grande Giro, quando le tensioni cominciano a essere forti, poter fare una sorta di recupero oltre fisico e anche mentale può fare la differenza. Si sta buttando giù il programma. Intanto so già che a alla fine di gennaio tornerò sul Teide. Insomma, sono tornato in mischia…

Lo stretching del professionista

16.11.2020
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Stretching, croce e delizia di molti atleti. Che faccia bene è ormai assodato, ma nella vita così piena di impegni dei corridori spesso subentra la pigrizia nel farlo. E invece potrebbe (e dovrebbe) essere un momento di benessere, come ci spiega Marino Rosti, del settore tecnico-medico della Bahrain-McLaren. Marino associa due competenze: quella in scienze motorie e quella in psicologia dello sport.

Marino, partiamo dagli esercizi: per i ciclisti sono quelli standard o ci sono esercizi speciali?

Ogni sport ha gli esercizi specifici relativi alle masse muscolari utilizzate, in quanto ognuno ha i suoi traumi. Ma prima va fatto un chiarimento.

Una seduta di gruppo della Liquigas di qualche anno fa
Una seduta di gruppo della Liquigas di qualche anno fa
Quale chiarimento?

Quando si parla di stretching si pensa appunto a quei 3-4 esercizi buttati lì che un atleta esegue solo perché deve farli. Non è così. L’allungamento è molto più complesso. E’ utile per recuperare dalle tante ore di sella. Prendiamo per esempio i muscoli della schiena. In bici si tiene per molte ore una posizione anomala. Si usa molto la parte posteriore. Ci sono muscoli come il semimebranoso e il semitendinoso che servono per stare insieme e che lavorano sempre: in bici lavorano ancora di più. La parte anteriore spinge e quella posteriore richiama. Pertanto bisogna lavorare soprattutto su questi.

Immaginiamo siano molti…

Infatti parlare di questo o quel muscolo in senso stretto neanche è corretto. Sarebbe meglio parlare di catene cinetiche anteriore, posteriore e crociata. E infatti, quando si fa un esercizio si deve lavorare su schiena, braccia, gambe… Per questo tutto sommato è meglio lo yoga.

Perché?

Perché non bisogna pensare ad un qualcosa di statico, ma ad un qualcosa che coinvolga anche la respirazione e la mente. Lo yoga prevede dei movimenti che fanno lavorare tutti i distretti interessati nello stesso momento.

Quanto va mantenuta una posizione?

Non meno di 30”, ma un atleta professionista dovrebbe arrivare almeno ad un minuto. E’ importante rispettare questa durata altrimenti il muscolo non capisce se deve allungarsi o se deve allungarsi. E la respirazione è importantissima: per rilassarsi e perché va ad ossigenare il muscolo e lo aiuta nel recupero. Ogni 4-5 respiri, se ne fa uno più profondo e ci si allunga un po’ di più.

Fa bene prima della gara?

Se parliamo di sport esplosivi, in cui esprimere la massima potenza in poco tempo, no. Per il ciclismo invece può anche andare. Ma si tratta di uno stretching più dinamico. Non a caso al mattino nei ritiri faccio fare ai miei ragazzi il dynamic warm up. Sono esercizi simili, ma eseguiti in velocità e con allungamenti meno intensi.

E nel pomeriggio?

E’ uno stretching diverso: più lento, mirato al recupero.

Ma va fatto con il muscolo caldo o freddo? Nel senso, appena rientrati o dopo qualche ora?

Ci sono teorie diverse. Io sono per attendere qualche ora, perché un muscolo caldo che ha appena finito di faticare cerca di difendersi e tende ad accorciarsi, mentre dopo un po’ si è normalizzato. Certo però che va fatto un minimo di riscaldamento.

Rosti esegue, l’esercizio per il piriforme
Rosti esegue, l’esercizio per il piriforme
Come?

Bastano un paio di minuti: volteggiare le braccia, muovere il bacino, fare qualche piegamento. Quel tanto per riprendersi dal torpore. Chiaramente non bisogna esagerare nel tirare all’inizio.

Che ambiente deve esserci?

Essendo anche uno scarico mentale, bisognerebbe prediligere ambienti silenziosi, con luci basse… devi riprenderti il tuo corpo. Per questo sarebbe meglio riuscire a farlo durante le frenesia delle corse a tappe, quando fra trasferimenti, bus, hotel… non c’è mai tempo. Lo dico ai miei ragazzi: mentre aspettate per il massaggio fate questi esercizi. Si tratta di 20-25′ in tutto. Un tappetino non dovrebbe mai mancare nella valigia di un pro’.

In tanti anni chi è stato il più bravo a fare stretching?

Molti, anche perché serve un bel coinvolgimento mentale. Ma Ivan Basso era devo uno molto serio, ne faceva molto e alla fine delle sue sedute mi diceva: Marino, adesso mi sento un ragno. Tanto aveva acquisito mobilità. E poi un amico che non c’è più, Michele Scarponi. Lui non lo aveva fatto in precedenza e mi disse: sai, non credevo che questa cosa mi avrebbe fatto così bene? Scarpa era bravo.