Le iniziative di Enjoy Stelvio Valtellina sono un vero richiamo per gli appassionati di ciclismo. Un modo per vivere e percorrere le strade iconiche di questo sport in sicurezza e senza alcun pensiero, solo quello di pedalare. Il mese di settembre è stato quello finale per quanto riguarda questa iniziativa che, possiamo dire, sta andando avanti in grande stile.
La giornata del 2 settembre ha accolto ben 12.000 ciclisti sulle rampe dello Stelvio (foto Enjoy Stelvio Valtellina)La giornata del 2 settembre ha accolto ben 12.000 ciclisti sulle rampe dello Stelvio (foto Enjoy Stelvio Valtellina)
Numeri da capogiro
Gli appuntamenti da segnare sul calendario erano tre: tutti all’inizio del mese: 1, 2 e 3 settembre. A questo giro gli appassionati pedalatori che hanno scalato queste montagne iconiche sono stati ben 14.000. Un numero da record che racchiude bene quanto sia importante l’iniziativa di Enjoy Stelvio Valtellina. Le salite interessate erano quelle dei Laghi di Cancano, del Passo dello Stelvio e del Passo Gavia.
La chiusura del traffico, che porta via le macchine e i rumori che “inquinano” la natura incontaminata di queste salite, è stata anche aiutata dal bel tempo. «Il weekend di inizio settembre – ha affermato Gigi Negri, responsabile del progetto cicloturismo Provincia di Sondrio – è stato un super successo. Il tempo ci ha aiutato molto e gli appassionati hanno risposto presente. C’è stato un grande afflusso di stranieri, che approfittando della tre giorni di chiusura delle salite, si è goduta la Valtellina. Con un grande riscontro per il turismo in generale».
Un giornata aiutata anche da un tempo ed un clima ancora estivo. Riconoscete il primo da sinistra? (foto Enjoy Stelvio Valtellina)Un giornata aiutata anche da un tempo ed un clima ancora estivo (foto Enjoy Stelvio Valtellina)
Stelvio protagonista
Il re di queste giornate è stato il Passo dell Stelvio, che ha visto un’affluenza record nel suo giorno di chiusura: sabato 2 settembre. Dalle 8 alle 16 i ciclisti che hanno affrontato la “Cima Coppi” sono stati 12.000. La salita è stata scalata da entrambi i versanti italiani: da Bormio sono saliti 4.100 ciclisti, mentre dalla parte trentina, da Trafoi sono saliti 7.600 appassionati.
Questo weekend valtellinese dedicato alla bici si è concluso con le salite dei Laghi di Cancano e del Passo Gavia. Rispettivamente chiuso al traffico l’1 e il 2 settembre, in questo caso per un orario ridotto: dalle 8,30 alle 12,30. In totale su queste due salite si sono alternati 2.000 sportivi.
Una giornata dedicata alla bici in ogni sua forma: dalla strada al gravel passando anche mtb e e-mtb (foto Enjoy Stelvio Valtellina)Una giornata dedicata alla bici in ogni sua forma: dalla strada al gravel passando anche mtb e e-mtb (foto Enjoy Stelvio Valtellina)
Un grande successo
La cornice naturale del Parco Nazionale dello Stelvio ha contribuito sicuramente a richiamare una grande quantità di appassionati. I paesaggi di queste montagne sono, e rimangono, uno scenario dove la natura può dominare incontrastata.
«Questa edizione del 2023 – dice ancora Gigi Negri – ha avuto un grande successo, e come ogni anno ci sono state bellissime sorprese. Possiamo affermare che la più grande è l’aver scoperto che ormai l’Enjoy Stelvio Valtellina è un evento internazionale. Personalmente me ne sono reso conto a giugno, quando parlando con dei turisti ci hanno detto di arrivare addirittura dal Messico».
Da segnalare infine, per domenica 24 settembre, l’ultimo appuntamento stagionale di Enjoy Stelvio Valtellina con la chiusura al traffico della salita a Campo Moro in Valmalenco (strada chiusa dalle 8,30 alle 12,30 da Pradasc – Lanzada).
«Domenica 24 settembre – conclude – termineremo questa stagione, ma stiamo già lavorando per la prossima. Ci saranno delle novità, che speriamo possano continuare a tenere alto il livello di questo bellissimo evento».
Saranno le mitiche ascese valtellinesi del Passo dello Stelvio e del Passo Gavia le assolute protagoniste del secondo appuntamento con la social ride di Merida Italy. L’iniziativa consentirà a tutti coloro che vorranno partecipare di pedalare lungo gli epici tornanti dei due passi alpini accompagnati da Sonny Colbrelli ed in sella alle biciclette Merida del team Bahrain Victorious. E questo anche grazie alla perfetta coincidenza, nei stessi giorni dell’iniziativa, di Enjoy Stelvio Valtellina che prevederà (il 2 e 3 settembre prossimi) le strade delle due storiche salite legate alla storia del grande ciclismo completamente chiuse al traffico. Enjoy Stelvio Valtellina è un evento che dal 2018 programma un calendario specifico di chiusure al traffico motorizzato con l’intento di valorizzare i grandi passi alpini del Parco dello Stelvio e dell’Alta Valtellina.
Dopo il successo della prima iniziativa, andata in scena in giugno in occasione del Sella Ronda Bike Day, torna dunque e… raddoppia l’imperdibile giornata in bicicletta promossa da Merida Italy. Dalle splendide Dolomiti la Merida Social Ride si sposta sposta nello scenario dell’Alta Valtellina dove si potrà scegliere se prendere parte alla pedalata sul Passo dello Stelvio, sabato 2 settembre, oppure a quella lungo i tornanti del Passo Gavia l’indomani domenica 3 settembre.
Colbrelli insieme allo staff di Merida e la sua Reacto Limited EditionColbrelli insieme allo staff di Merida e la sua Reacto Limited Edition
Sui pedali con il Re di Roubaix
E per affrontare al meglio questi due splendidi tracciati, lungo cui si sono scritte autentiche pagine di storia del ciclismo mondiale, Merida Italy metterà a disposizione di ciascun partecipante una Scultura Team: esattamente la stessa bicicletta con cui gareggiano i corridori del Team Bahrain Victorious, nonché la divisa ufficiale del team. Ma non solo, a guidare lo speciale gruppo di 12 fortunati ciclisti selezionati dalla campagna social – già in corso in questi giorni – sarà niente meno che il vincitore della Parigi-Roubaix 2021 Sonny Colbrelli, che pedalerà con la sua personalissima Merida Reacto Limited Editionrecentemente presentata presso la sede italiana del bike brand taiwanese.
La Valtellina è un autentico paradiso per i ciclistiI tornanti dello Stelvio attendono i partecipanti della Merida Valtellina social ride (foto Enjoy Stelvio Valtellina)La Valtellina è un autentico paradiso per i ciclistiI tornanti dello Stelvio attendono i partecipanti della Merida Valtellina social ride (foto Enjoy Stelvio Valtellina)
L’iscrizione alla Merida Valtellina social ride è gratuita, ma la previsione è quella di un massimo di 12 posti disponibili per ciascuna delle due giornate, quella sullo Stelvio e quella sul Passo Gavia (non si potrà prendere parte a tutti e due gli appuntamenti). In entrambi i casi il punto di partenza delle due pedalate sarà Bormio.
Per scalare i fantastici passi del Parco dello Stelvio come un vero professionista, è già possibile inviare la propria candidatura compilando il modulo al seguente indirizzo (reperibile anche sul sito web e sui profili social di Merida Italy):
Fra Caruso e i meccanici c'è un rapporto di stima reciproca. Sulla sua Merida Scultura preferisce il 38, ruote da 55 e i tubolari per la massima rigidità
Il miglior italiano al Giro Next Gen è stato Alessio Martinelli, che si è portato a casa la maglia tricolore, dedicata a questa classifica (in apertura, foto Lisa Paletti). Nelle otto tappe che hanno attraversato il Nord dell’Italia, il corridore della Green Project Bardiani CSF Faizanè ha costruito la sua prestazione, coronata da un sesto posto finale in classifica generale conquistato con solidità e costanza. Qualità che gli hanno permesso di lottare gomito a gomito con i più forti.
Martinelli era uno dei tre capitani designati, la strada ha poi deciso che diventasse lui l’uomo di classifica (foto Lisa Paletti)Martinelli era uno dei tre capitani designati per la Green Project Bardiani CSF Faizanè (foto Lisa Paletti)
Mattone dopo mattone
Martinelli ha ottenuto due ottimi piazzamenti nelle due tappe più impegnative del Giro Next Gen. Un quarto posto sul temuto Stelvio ed un decimo nella tappa forse più impegnativa, quella di Pian del Cansiglio.
«E’ stata una bella esperienza – racconta alla vigilia del campionato italiano di Comano Terme – direi super positiva. Ho ottenuto un buon risultato ed un ottimo piazzamento finale, dispiace aver corso in quattro fin da subito. Ma tra tutti noi della Green Project si è creato un bel rapporto già dalle prime tappe».
Martinelli ha conquistato la maglia di miglior italiano sulle rampe dello Stelvio, nella tappa di casa (foto Lisa Paletti)Martinelli ha conquistato la maglia di miglior italiano sulle rampe dello Stelvio, nella tappa di casa (foto Lisa Paletti)
Negli occhi abbiamo ancora la prestazione dello Stelvio, la migliore del Giro?
Sì, direi proprio di sì. Ci tenevo tantissimo a quella tappa, d’altronde era quella di casa. Ho perso poco dai primi ed il morale era alle stelle. Ho pagato lo sforzo, forse, durante la tappa a Pian del Cansiglio, dove ho preso quasi due minuti dal vincitore.
Hai comunque portato a casa un buon sesto posto finale…
Mi sono sempre sentito bene, quando una corsa va bene e le sensazioni sono promettenti, riesci a dare un qualcosa in più. Anche nella penultima tappa ho dato il massimo e ne sono contento.
La svolta positiva è arrivata sullo Stelvio? Lì sei diventato il miglior uomo di classifica della squadra.
Fin da prima della cronometro di Agliè si era deciso che la tappa decisiva sarebbe stato lo Stelvio. Da lì in poi avremmo capito chi sarebbe stato il capitano per la restante parte del Giro Next Gen. All’inizio eravamo in tre a “giocarci” quel ruolo: Pinarello, Pellizzari ed io.
Martinelli ha potuto contare sull’appoggio di tutti i suoi compagni di squadra (foto Lisa Paletti)Martinelli ha potuto contare sull’appoggio di tutti i suoi compagni di squadra (foto Lisa Paletti)
Il ritiro di Pellizzari è stato un duro colpo?
Sapevamo fin da prima di partire che stesse male, il mercoledì prima del Giro aveva ancora qualche linea di febbre, ma sembrava poter migliorare. Invece ha avuto una ricaduta ed alla seconda tappa si è ritirato.
Correre in quattro vi ha penalizzato?
Non direi, alla fine noi come squadra eravamo votati alla montagna, quindi in pianura abbiamo sempre lasciato lavorare gli altri. Una volta in salita, recuperare tempo alla fuga di giornata risulta più semplice, la tappa dello Stelvio ne è stato un esempio.
Dopo il Tour de l’Avenir dello scorso anno hai avuto un’altra occasione di misurarti con gli under 23 più forti al mondo…
E’ sempre bello correre a questi livelli. Alla fine, se ci penso, ho perso tanto nella cronometro iniziale: 40 secondi. Poi per il resto sono sempre rimasto con i primi, considerando che ho chiuso a 3 minuti da Staune-Mittet direi che già togliendo quei secondi persi a cronometro sarei rientrato nei primi cinque.
Il ritiro di Pellizzari ha lasciato i ragazzi della Green Project in quattro per tutto il Giro Next Gen (foto Lisa Paletti)Il ritiro di Pellizzari ha lasciato i ragazzi della Green Project in quattro per tutto il Giro Next Gen (foto Lisa Paletti)
Non hai mai avuto un “giorno no”?
No. Come detto prima sono stato costante durante tutti gli otto giorni di gara, sia come sensazioni fisiche sia a livello di recupero.
Questo grazie ad una buona gestione dello sforzo o ci sono stati altri fattori?
In generale ogni anno sento di migliorare molto e non ho ancora raggiunto il mio limite. Nelle prossime stagioni correrò ancora per crescere, con la consapevolezza che lo sto facendo bene.
Nelle prove contro il tempo Martinelli, qui a destra, può migliorare ancora (foto Lisa Paletti)Nelle prove contro il tempo Martinelli, qui a destra, può migliorare ancora (foto Lisa Paletti)
Correre con i professionisti ti ha aiutato nella crescita?
E’ sicuramente un buon modo per confrontarsi e capire a che punto si è arrivati. A inizio stagione nelle gare in Spagna ho fatto bene, quindi sono fiducioso di potermi ripetere anche a quei livelli.
Hai fatto per la prima volta lo Stelvio in gara, quando tornerai per la prima volta in allenamento?
Questa settimana non sono andato perché non ho avuto modo. I primi due giorni dopo il Giro Next Gen li ho usati per fare del riposo completo, gli altri mi sono concentrato per preparare al meglio i campionati italiani. Ho comunque promesso ai miei amici di tornare e salire più piano, ci sono delle scritte che devo leggere. In gara ero a tutta e non sono riuscito!
Quello che è successo subito dopo la tappa dello Stelvio al Giro Next Gen, con 31 corridori squalificati per traino, fotografa perfettamente una serie di situazioni così emblematiche, che si potrebbe metterle in scena e ricavarne uno spettacolo teatrale.
Quarto giorno, lo Stelvio
Non era mai successo che gli under 23 arrivassero su una salita così importante, per giunta al quarto giorno. Ci fu il Fedaia come ultima tappa nel 2019, ma la Marmolada non è lo Stelvio. Eppure pochi, in sede di presentazione della corsa, si sono allarmati/interrogati sull’opportunità di piazzare un simile “moloch” a metà corsa. Nel folto gruppo degli squalificati non ci sono solo italiani , ma anche 8 stranieri di squadre blasonate. Di solito il primo arrivo in salita serve a scremare la classifica, lo Stelvio l’ha decisa.
Si capisce che se una società riceve l’incarico di organizzare la corsa a metà febbraio e abbia da gestirne contemporaneamente altre tra cui UAE Tour, Strade Bianche, Tirreno-Adriatico, Sanremo e Giro d’Italia, possa metterci mano solo nei ritagli di tempo. Se in questo quadro, trovi la Valtellina che ti… regala lo Stelvio, non ci pensi troppo e metti la firma. I tecnici di RCS Sport hanno fatto un gran lavoro in poco tempo, la politica se ne è preso molto di più per i necessari incastri. A Vegni hanno chiesto di fare il miracolo e tutto sommato c’è riuscito.
Che cosa c’è stato però dietro l’assegnazione del Giro d’Italia U23 e quello 2024 delle donne? Perché scrivere quel bando ha richiesto tempi così lunghi?
Presentazione del Giro Next Gen, con Mauro Vegni, il ministro Abodi, Cordiano Dagnoni e Paolo BellinoPresentazione del Giro Next Gen, con Mauro Vegni, il ministro Abodi, Cordiano Dagnoni e Paolo Bellino
Le 35 squadre
Con una dichiarazione piuttosto pilatesca, il presidente Dagnoni si è scusato con RCS Sport per avergli chiesto di invitare tutti i team italiani. Perché invece non si è scusato per il calendario italiano degli U23 e la mancanza di progettualità?
Lo Stelvio è stato l’amplificatore di una situazione per niente sconosciuta. Se per Staune Mittet il Giro Next Gen era la quarta corsa a tappe di stagione, per una larga fetta dei nostri si trattava della prima: non per scarsa volontà, ma perché nel calendario U23 italiano non ci sono corse a tappe prima di giugno e si sa che i nostri all’estero non ci vanno. Mancano soldi e volontà, si può ragionare sull’ordine in cui scriverli.
Perché, avendo in mano la gestione del movimento, la FCI non interviene personalmente con le risorse tanto sbandierate (siamo curiosi di conoscere l’esborso per la produzione televisiva del Giro Donne), propiziando la nascita di un calendario migliore? Perché non prendere otto organizzatori di corse di un giorno, unirli e provare a farne gli organizzatori di una corsa a tappe?
Staune-Mittet, corridore norvegese della Jumbo Visma Development, ha conquistato lo Stelvio (foto LaPresse)Staune-Mittet, corridore norvegese della Jumbo Visma Development, ha conquistato lo Stelvio (foto LaPresse)
Il livello degli atleti
Se non sei in grado di arrivare sullo Stelvio 37 minuti dopo il vincitore (questo il tempo massimo), forse hai sbagliato mestiere. Non è obbligatorio essere corridori, ma se hai direttori sportivi che ti fanno attaccare alla macchina, allora sei spacciato. E’ come il doping, ma senza aghi. Non è obbligatorio neppure essere direttori sportivi.
Non si può pretendere di andare al Giro d’Italia contro certe squadre, allenandosi come dieci anni fa. Non basta dire di essere andati in altura il mese prima, se da febbraio a maggio s’è fatta la caccia alle vittorie del martedì, del sabato e della domenica.
Quando la corsa era in mano a Extra Giro e inizialmente la selezione avveniva per punteggio, si capì che i nostri arrivavano a giugno svuotati di ogni energia, mentre le squadre straniere (invitate) avevano freschezza e forze superiori. Per questo si passò agli inviti.
Busatto che vince la Liegi non è un fenomeno venuto dal nulla. Il corridore, che qui non aveva mai vinto ma era stato cresciuto con lungimiranza, è andato in Belgio e ha cambiato pelle semplicemente per la diversa programmazione. Nella sua squadra questo non sarebbe mai successo e il diesse Rosola ha avuto l’onestà di ammetterlo. E poi ci lamentiamo perché i procuratori li portano via?
Negli ultimi 2,5 chilometri, qualcuno si attaccava e qualcuno faceva immagini (foto cyclingpro.net)Negli ultimi 2,5 chilometri, qualcuno si attaccava e qualcuno faceva immagini (foto cyclingpro.net)
Guerra fra bande
Si è detto: con RCS certe furbate di attaccarsi alle macchine non si possono più fare. E’ una sciocchezza: la giuria viene inviata dall’UCI, l’organizzatore non c’entra nulla. Ma è vero che sia gli organizzatori, sia i giudici del Giro Next Gen avrebbero fatto volentieri a meno di una simile figuraccia. Come mai non c’erano auto e moto della Giuria in coda al gruppo, mentre i corridori erano attaccati come grappoli? Non esiste alcuna prova, ma la sensazione è che, avendo fiutato l’aria, i giudici siano andati davanti lasciando a quelli dietro la possibilità di arrangiarsi. Hanno pensato che si è sempre fatto e hanno sbagliato: infatti è scoppiata la guerra fra bande.
Imbufaliti per aver portato solo cinque atleti, lasciando così spazio a squadre non all’altezza, i membri di alcuni staff hanno fotografato e filmato lo spettacolo, condividendolo su varie piattaforme. Erano convinti di colpire avversari indegni, ma hanno sporcato inutilmente tutti. Tanto che poi, alla fine delle condivisioni, le immagini sono arrivate alla Giuria, che si è attivata.
Si capisce che trovare alcuni velocisti attaccati alle macchine, immaginandoli poi vincitori nel finale di Giro, possa dare ai nervi, ma la Giuria li avrebbe squalificati anche se il filmato l’avesse ricevuto con maggiore discrezione. Questo non significa che si sarebbe dovuto insabbiare la cosa, ma avrebbero dovuto e potuto gestirla meglio, senza la valanga di fango che ancora una volta è scesa sul ciclismo. Se devi denunciare un furto, lo metti sui social o vai prima dai Carabinieri?
Per il norvegese, lo Stelvio ha significato maglia rosa, difesa poi agevolmente sino a Trieste (foto LaPresse)Per il norvegese, lo Stelvio ha significato maglia rosa, difesa poi agevolmente sino a Trieste (foto LaPresse)
La prima pietra
La morte di Gino Mader ha fatto calare il silenzio sul triste spettacolo dello Stelvio. In due giorni il ciclismo è passato dallo squallore al dolore. Pensare che un campione come lo svizzero possa essere accomunato a quei 31 squalificati del Giro Next Gen provoca fastidio. RCS Sport ha messo insieme la solita grande squadra e organizzato una bella corsa, forse con un errore di valutazione di percorso. Per decenza e a meno che non ci siano altri sviluppi, chiudiamo qui la storia, frutto di molteplici peccati. Nessuno ne è stato immune, eppure tanti si sono affrettati a lanciare la prima pietra.
PASSO STELVIO – Staune-Mittet e Faure Prost escono dall’ultima curva appaiati, la strada sotto le loro ruote sale e li respinge. Il norvegese è a tutta, così come il francese della Circus-ReUz. Vince il corridore della Jumbo-Visma Development, che esplode in un urlo liberatorio che riecheggia sulle pareti delle montagne. Il Passo dello Stelvio si è confermato il Re di questo Giro Next Gen e con i suoi 36 tornanti ha guardato tutti negli occhi, sputando sentenze.
Subito dopo l’arrivo Johannes Staune-Mittet litiga con i rulli prima di fare defaticamento, dal volto sembra quasi che la parte più difficile della giornata sia questa. Sale in bici e pedala, si copre e pedala, di nuovo. A 2.758 metri fa freddo ed il vento non perdona.
Staune-Mittet “litiga” con i rulli dopo la tappaUna volta sistemati inizia il defaticamentoDopo la premiazione arrivano i complimenti dei compagni di squadraStaune-Mittet “litiga” con i rulli dopo la tappaUna volta sistemati inizia il defaticamentoDopo la premiazione arrivano i complimenti dei compagni di squadra
Nuovo leader
Conquistare il binomio tappa e maglia sullo Stelvio è un qualcosa da ricordare, un motivo di orgoglio. Staune-Mittet lo realizza pian piano, tra una pedalata e l’altra, mentre ringrazia compagni e staff.
«Sono molto felice – racconta con un sorriso che non finisce più – abbiamo avuto una prima parte di Giro molto positiva, siamo rimasti uniti e lontani dai pericoli. L’Italia è un Paese che mi piace molto, c’è una grande passione per il ciclismo e indossare la maglia rosa è fantastico. Qui da voi ho corso molto da inizio stagione, prima la Coppi e Bartali e poi Belvedere e Recioto. Non è la mia prima volta a queste altitudini, l’anno scorso al Tour de l’Avenir abbiamo corso su Iseran e Col de la Madeleine. Ho fatto anche tanti training camp in altura dove ho imparato a gestire certe situazioni».
«Lo Stelvio è una salita mitica – conclude – vincere qui è qualcosa di eccezionale, è una giornata che non dimenticherò mai. Conquistare anche la maglia rosa ha reso questa tappa davvero leggendaria».
Faure Prost e Staune-Mittet stanno per giocarsi la tappa, con loro c’è RaffertyMartinelli stringe i denti, alla sua ruota c’è UmbaFaure Prost dopo l’arrivo rimugina sulla tappa, la vittoria era davvero vicinaFaure Prost e Staune-Mittet stanno per giocarsi la tappa, con loro c’è RaffertyMartinelli stringe i denti, alla sua ruota c’è UmbaFaure Prost dopo l’arrivo rimugina sulla tappa, la vittoria era davvero vicina
Faure Prost ci crede
Il francese della Circus-ReUz ha dato le prime risposte, prima di questa tappa tutti si chiedevano in che modo avrebbe reagito allo Stelvio. Secondo posto e maglia bianca di miglior giovane, una bel modo di mettere tutti d’accordo. La sua squadra si è messa davanti fin dai primi chilometri della salita ed ha imposto il ritmo.
«Stavo bene e ci credevo – spiega Faure Prost seduto nella mixed zone – ho chiesto ai miei compagni di lavorare perché oggi era una tappa fondamentale. Forse la più importante del Giro. Era la prima volta che lottavo con Staune-Mittet, fin dalla riunione del mattino sapevamo fosse lui l’uomo da battere. E’ molto forte ed oggi ha vinto lui, ma anche io ho avuto buone sensazioni. Ora indosso la maglia bianca, ho dimostrato di stare bene e non mi accontento, punterò a quella rosa. Le prossime tappe saranno fondamentali, quella di sabato ci metterà davanti ad una grande chance».
Martinelli dopo l’arrivo viene sorretto dai massaggiatori: ha dato tuttoSull’arrivo una bella sorpresa, l’abbraccio della fidanzata SaraIl corridore della Green Project ha tolto la maglia di miglior italiano dalle spalle di BusattoMartinelli dopo l’arrivo viene sorretto dai massaggiatori: ha dato tuttoSull’arrivo una bella sorpresa, l’abbraccio della fidanzata SaraIl corridore della Green Project ha tolto la maglia di miglior italiano dalle spalle di Busatto
La grinta di Martinelli
Alessio Martinelli si ferma in cima, si sdraia e fa fatica anche a rialzarsi, i massaggiatori della Green Project-Bardiani lo devono sostenere. Lui si piega in due e respira affannosamente, poi si prende la gamba destra e la tira, i crampi mordono.
«Ho dato tutto – racconta una volta rialzato – non potevo arrendermi, oggi era la tappa di casa. Avevo tante persone sul percorso che mi incitavano, mi sono spinto davvero oltre i miei limiti. Alla prima casa cantoniera, a 14 chilometri dall’arrivo, il gruppo ha alzato il ritmo e ho un po’ sofferto. Però ero a conoscenza del fatto che la salita spianasse e allora ho stretto i denti. Ho preferito andare su del mio passo, anche quando mi sono staccato una seconda volta non sono andato in panico. Il fatto di vedere davanti a me il gruppetto di testa mi ha aiutato a non perdermi d’animo. E’ stata la scelta giusta, alla fine sono riuscito anche ad arrivare quarto e conquistare la maglia di miglior italiano».
L’eco del Giro si è spenta da poco e sulle salite della Valtellina è tornato il rotolare di copertoncini sull’asfalto e il fiato grosso dei ciclisti che ogni giorno le sfidano rincorrendo la calma interiore, la scoperta, la forma fisica e la conquista.
La Valtellina, al pari di poche altre aree del mondo, strizza l’occhio al ciclista con la grandiosità delle sue montagne e dei suoi passi in quota. Meta per amatori e corridori che già da qualche giorno hanno iniziato a spostarsi a Livigno per recuperare dalla prima parte di stagione, ricaricarsi e gettare le basi per quel che segue.
Ai Laghi di Cancano si arriva da Bormio. La strada è bellissima. Qui al Giro 2020 vinse Hindley (foto Parco Nazionale dello Stelvio)Ai Laghi di Cancano si arriva da Bormio. La strada è bellissima. Qui al Giro 2020 vinse Hindley (foto Parco Nazionale dello Stelvio)
Enjoy Stelvio Valtellina: strade chiuse
Da oggi e fino al 17 settembre, in date prestabilite e descritte nell’apposito calendario, scatta il progetto Enjoy Stelvio Valtellina 2022: calendario di giorni in cui i valichi della Valtellina sono chiusi al traffico motorizzato, lasciando via libera agli sportivi che possono godere dei paesaggi in assoluta sicurezza.
Il programma coinvolge le salite più classiche (Stelvio, Gavia, Cancano, Mortirolo e Bormio 2000), cui si aggiungono il Passo Spluga, il San Marco e la salita a Campo Moro. Sedici giorni, per otto salite.
Così i valichi che già normalmente sono meta di migliaia di ciclisti, costretti in alcuni giorni a convivere con il rombo delle moto e le manovre delle auto nei tornanti, diventano rotte esclusive e silenziose. Un’occasione da non perdere.
I tornanti dello Stelvio da Bormio sono il marchio di fabbrica di una salita inconfondibile (foto Parco Nazionale dello Stelvio)
Lo Stelvio è il vero gigante. I tre versanti (Bormio, Prato e quello svizzero) sono da collezionare (foto Parco Nazionale dello Stelvio)
Una foto e salite al ritmo che si vuole nei giorni di chiusura al traffico di Enjoy Stelvio Valtellina (foto Parco Nazionale dello Stelvio)
I tornanti dello Stelvio da Bormio sono il marchio di fabbrica di una salita inconfondibile (foto Parco Nazionale dello Stelvio)
Lo Stelvio è il vero gigante. I tre versanti (Bormio, Prato e quello svizzero) sono da collezionare (foto Parco Nazionale dello Stelvio)
Una foto e salite al ritmo che si vuole nei giorni di chiusura al traffico di Enjoy Stelvio Valtellina (foto Parco Nazionale dello Stelvio)
Dalla Colombia allo Stelvio
Valtellina, paradiso dei ciclisti. Alcuni arrivano da molto lontano. Una nota influencer colombiana, nostra amica, che si chiama Caro Ferrer e vive di ciclismo e per il ciclismo, vi ha appena trascorso dei giorni nel quadro di un viaggio ben più lungo su tutto l’arco alpino.
«Impossibile descrivere qui cosa provo per questa montagna – ha scritto su Instagram ai suoi 291 mila follower a proposito dello Stelvio – è un amore assurdo, quasi malato. Le sorrido e le piango dall’inizio alla fine. Questo mio piccolo corpo non riesce a contenere tutta l’emozione. Voglio solo guardare ovunque, scattare 800mila foto, ballare, cantare e continuare a piangere per l’emozione.
«Lo Stelvio ha qualcosa che ipnotizza, che ti innamora, che ci fa sentire pieni anche quando stiamo soffrendo lungo ognuno dei suoi 36 tornanti».
Caro Ferrer, colombiana: sullo Stelvio la quota non è un problema, ma la suggestione è enorme
Caro ha raccontato i suoi “60 giorni in Europa” con post su Instagram per i suoi 291.000 follower
Il ciclismo al femminile impazza in Colombia e la Valtellina è una meta super trendy
Caro Ferrer, colombiana: sullo Stelvio la quota non è un problema, ma la suggestione è enorme
Caro ha raccontato i suoi “60 giorni in Europa” con post su Instagram per i suoi 291.000 follower
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Basso, ambasciatore di lusso
Ivan Basso di queste zone è testimonial d’eccezione. Abbiamo già raccontato delle origini valtellinesi di sua madre Nives e delle sue prime scalate allo Stelvio e al Mortirolo, ma ovviamente c’è di più.
«La Valtellina – dice – è una bomboniera in cui trovi tre salite mitiche come Stelvio, Gavia e Mortirolo, conosciute in tutto il mondo. Più ci sono gli altri luoghi, altrettanto iconici. Aprica. Livigno. Il Santa Cristina, appena fatto dal Giro. La Forcola. Il Foscagno. Chiunque vada lassù con la sua bicicletta, porterà a casa dei trofei indimenticabili, che non hanno niente da invidiare a salite altrettanto impegnative come l’Alpe d’Huez o il Tourmalet che negli anni sono diventati dei veri brand».
Ancora il Mortirolo, scoperto dal ciclismo nel 1990 e poi tenuto… vivo di anno in anno (foto Parco Nazionale dello Stelvio)
Il Mortirolo è un appuntamento fisso del Giro e luogo di sfide soprattutto con se stessi. Ha 8 versanti (foto Parco Nazionale dello Stelvio)
Il versante da Mazzo così spoglio l’avete mai visto? E’quello più tosto, da… addentare con cautela (foto Parco Nazionale dello Stelvio)
Ancora il Mortirolo, scoperto dal ciclismo nel 1990 e poi tenuto… vivo di anno in anno (foto Parco Nazionale dello Stelvio)
Il Mortirolo è un appuntamento fisso del Giro e luogo di sfide soprattutto con se stessi. Ha 8 versanti (foto Parco Nazionale dello Stelvio)
Il versante da Mazzo così spoglio l’avete mai visto? E’quello più tosto, da… addentare con cautela (foto Parco Nazionale dello Stelvio)
Dalla Colombia al Mortirolo
La montagna però è una cosa seria. Perciò, al netto della voglia di eroismo, bisogna andare lassù con le gambe pronte. Ugualmente leggendo dal diario online di Caro Ferrer, si capisce l’impatto di salite come il Mortirolo.
«Vi dico la verità – scrive – questa è una salita che ho sempre voluto togliere dal programma! Ma la sua conquista è così infinitamente soddisfacente che ti rimane per sempre nel cuore. Per molto tempo mi sono prefissata il compito di “terrorizzare” i ragazzi che sono venuti qui con me, affinché si convincessero che sarebbe stata un’impresa durissima e solo oggi mi hanno detto: “Caro, non pensavamo sarebbe stata così dura”. Potete immaginare la sorpresa quando hanno affrontato le 33 curve e hanno visto sui computer della bicicletta che nella maggior parte del percorso non si scendeva mai sotto l’11 per cento».
Il Gavia è un gigante. Il lago in cima e la neve che spesso rimane fino all’estate inoltrata (foto Parco Nazionale dello Stelvio)
Livigno è la base per la preparazione in altura di tanti pro’ e centro dello shopping, grazie al duty free
Il Gavia è un gigante. Il lago in cima e la neve che spesso rimane fino all’estate inoltrata (foto Parco Nazionale dello Stelvio)
Livigno è la base per la preparazione in altura di tanti pro’ e centro dello shopping, grazie al duty free
Allenamento ed esperienza
Basso conferma. Un po’ le pendenze e un po’ anche la quota potrebbero giocare brutti scherzi ed è per questo che la Valtellina offre anche… prelibatezze meno estreme, ai ciclisti con pedalata assistita e ai muscolari, mentre aspettano di acclimatarsi per sfidare i giganti.
«Servono preparazione e allenamento – dice – e i rapporti giusti, anche perché non tutti sono corridori e non tutti hanno l’esigenza di arrivare in cima a ritmo di record, anzi. E dato che le salite poi capita di farle anche al contrario, occhi aperti alle discese. L’alta montagna va affrontata con rispetto, soprattutto da parte di chi magari ha noleggiato una bici con la pedalata assistita, è riuscito ad arrivare in cima a salite molto dure e farà bene a prestare attenzione a discese comunque impegnative».
I piaceri della tavola
E a proposito di prelibatezze, mentre la bicicletta si avvicina nei numeri allo sci e va fatto notare come l’e-Bike abbia dato nuovo impulso a un certo modo di fare cicloturismo, anche l’enogastronomia di questo territorio merita un approfondimento. Un territorio che nelle cime è aspro e pungente, mentre in valle è morbido e verde.
«La Valtellina – conclude Basso – è sicuramente conosciuta per lo sport, ma anche per la cucina. Basta parlare di pizzoccheri, bresaola, formaggi, vino e amari e qualunque turista capisce esattamente a quale zona si stia facendo riferimento. E’ una valle che funziona sotto ogni aspetto, quello enogastronomico non è secondo agli altri».
Sono tre i formaggi tipici della Valtellina: il Bitto, il Casera Dop e lo Scimudin
I pizzoccheri sono simili alle tagliatelle, ma più corti. Preparati con farina di grano saraceno, cavoli e patate
La bresaola è un prodotto di salumeria ottenuto con la carne salata e stagionata delle cosce di bovino
I vini della Valtellina? Tutti Superiori, dal Sassella al grumello. Inferno e Valgella, Maroggia, Rosso e Sforzato
L’amaro Braulio, fatto con erbe, bacche e radici alpine e invecchiato in botti di rivere, è una tipicità della Valtellina
Sono tre i formaggi tipici della Valtellina: il Bitto, il Casera Dop e lo Scimudin
La bresaola è un prodotto di salumeria ottenuto con la carne salata e stagionata delle cosce di bovino
I pizzoccheri sono simili alle tagliatelle, ma più corti. Preparati con farina di grano saraceno, cavoli e patate
I vini della Valtellina? Tutti Superiori, dal Sassella al grumello. Inferno e Valgella, Maroggia, Rosso e Sforzato
L’amaro Braulio, fatto con erbe, bacche e radici alpine e invecchiato in botti di rivere, è una tipicità della Valtellina
Sedici date, per otto salite
Perciò basta sfogliare la locandina con i primi appuntamenti che da oggi inaugurano l’estate a pedali della Valtellina e individuare il giorno in cui potremo pensare di voler sfidare i giganti di lassù. Ci sono 16 date per 8 salite, da oggi al 17 settembre. Rispetto al programma iniziale sono state annullate le giornate del 5 giugno e del 3 luglio dedicate al passo dello Spluga.
Sarà un viaggio fra emozioni, sapori e grandi fatiche. Eppure, come ogni volta che scendiamo di sella e ci ripromettiamo sfiniti che non la prenderemo mai più in mano, basteranno poche ore per riaccendere il desiderio. Nel frattempo la tavola, lo shopping e il ritmo blando di un’estate fresca e silenziosa saranno gli ingredienti perfetti per lasciarci alle spalle per qualche giorno le nevrosi di quaggiù.
Situato a Bormio alle pendici di piste da sci e delle salite più iconiche italiane come Stelvio e Gavia, Hotel Funivia rappresenta la casa della bici a 1.200 metri sul livello del mare. Tanti servizi dedicati e altrettante storie da raccontare, questo Bike Hotel è un nido da cui spiccare per i ciclisti che vogliono immergersi nelle strade leggendarie del Giro d’Italia.
A raccontarci la struttura è il titolare, Daniele Schena, soprannominato “Stelvioman”. Non a caso visto che le sue scalate sulla omonima salita contano più di 400 passaggi.
«Da noi – spiega – si respira la passione vera per la bici. Si discute di materiali, ruote, trasmissioni. Le salite, sono democratiche, in questo ambito non importa che tu sia un idraulico o un manager, su di esse siamo tutti uguali. Pantaloni corti, borraccia e via…».
Il titolare della struttura è Daniele Schena soprannominato “Stelvioman”Il titolare della struttura è Daniele Schena soprannominato “Stelvioman”
Lo Stelvio
Il contesto per un Bike Hotel è fondamentale e spesso determina la qualità del soggiorno. La località diBormio è sinonimo di salite e storie sportive di ogni tipo, soprattutto per le ruote strette. Lo Stelvio su tutti è la salita più iconica presente a pochi passi dall’Hotel Funivia.
«Stelvio è una parola – dice Schena – molto cliccata dal ciclista. Tutti vogliono farlo una volta nella vita. Io l’ho fatto più di 400 volte. Ho costruito la mia figura dietro la passione atavica per questa leggendaria salita. Non mi interessano follower o altro, adoro l’idea di farne parte a mio modo. L’ho odiato da giovane e oggi non ne posso fare a meno. Ma non siamo solo quello, siamo anche Gavia e Mortirolo. Ci sono anche tante altre salite non convenzionali che ti portano in località fuori dal tempo».
A pochi passi dal Bike Hotel è possibile scalare l’iconico Passo dello StelvioA pochi passi dal Bike Hotel è possibile scalare l’iconico Passo dello Stelvio
Servizi dedicati
L’idea di Bike Hotel deriva da un’intuizione ben precisa. «L’idea l’ho avuta – racconta Schena – prendendo spunto dagli hotel della riviera che frequentavo. L’ho importato in montagna adattandolo alle esigenze di questo ambiente. Dalla sua creazione posso dire di aver intrapreso la strada giusta. I clienti arrivano come tali e vanno via come amici. Tutto quello che riguarda il mondo della bicicletta, è legato dalla passione più genuina».
La struttura è cucita sulle esigenze delle due ruote. Sono infatti presenti servizi di noleggio in collaborazione con partner dell’Hotel. Percorsi guidati alla scoperta del territorio. Spazi comuni dove poter conoscere altri ciclisti e confrontarsi. E ancora, la bike room videosorvegliata, l’officina attrezzata e il servizio lavanderia. Anche il momento dei pasti è adattato, è disponibile il packed lunch, frutta secca e sandwich alla partenza dell’escursione e una merenda dedicata al rientro dal tour.
Sono tanti i servizi dedicati alle due ruote tra cui la bike room e l’officina attrezzataSono tanti i servizi dedicati alle due ruote tra cui la bike room e l’officina attrezzata
Il legame con i pro’
Per strutture di questo tipo il mondo dei pro’ è all’ordine del giorno. L’orbita del panorama professionistico è intorno a Bormio e di conseguenza all’Hotel Funivia. Allenamenti, ritiri e passaggi del Giro d’Italia rendono questo luogo un riferimento logistico. Sono tanti i professionisti che passano su quelle strade e che si fermano per un saluto.
«Sonny Colbrelli, Alberto Bettiol e Davide Formolo – dice Schena – sono diventati amici. A volte ci si allena insieme. O meglio, assistiamo al loro lavoro da professionisti. Un aneddoto bello fu quello con Bettiol. Io vendo la birra Kwaremont. Una sera Alberto venne a cena poco dopo aver vinto il Fiandre e ho servito questa birra in suo onore. Le foto vennero ricondivise dalla azienda produttrice. Sono dettagli che valorizzano e arricchiscono l’esperienza nella nostra struttura».
Gli itinerari del territorio sono infiniti, alcuni dedicati anche a gravel, Mtb e E-bikeGli itinerari del territorio sono infiniti, alcuni dedicati anche a gravel, Mtb e E-bike
Da tutto il mondo
Che il concetto di Bike Hotel sia apprezzato all’estero non è un segreto. Quando la vetrina funziona allora il ritorno economico e umano e naturale.
«La svolta ci fu quando Thomas De Gent – racconta Schena – ha vinto la tappa dello Stelvio nel 2012. Da quel momento in particolare è stato dato il via all’arrivo della clientela belga. Loro hanno conosciuto la salita attraverso la sua vittoria».
Non solo Europa ma anche da altri continenti, infatti il concetto dell’Hotel Funivia è sbarcato dall’altra parte del mondo in Australia. «Siamo legati con l’Australia dal punto di vista dell’amicizia e dei rapporti di lavoro. Abbiamo molti clienti che vengono da là e noi siamo clienti a nostra volta. Loro sono innamorati di questo territorio. Un mio amico australiano ha fatto ben 50 volte lo Stelvio. Se ci si pensa, un australiano che ha fatto così tante volte questa salita fa capire quando sia affascinante questo posto».
Stefano Oldani è un libro da sfogliare. Il milanese di 22 anni, che dal 2020 corre con la Lotto Soudal, ha appena concluso il primo Giro d’Italia e nel momento in cui gli abbiamo chiesto come si sentisse, se fosse contento di tornare a casa, ha risposto con un candore illuminante.
«Sono contento perché sono riuscito a finirlo – ha detto – ma ho un po’ di malinconia perché dopo così tanto tempo con i compagni e il personale della squadra, andare via e pensare di non vederli per qualche mese è un po’ triste».
Stefano si è prima messo in luce con il Team Colpak, poi è passato alla Polartec-Kometa e al Giro di Val d’Aosta del 2019, dopo un secondo posto di tappa, assieme al suo procuratore Manuel Quinziato, ha scelto di firmare per la squadra belga che più delle altre si è fatta avanti con decisione. Oltre a parlarci di sé, tuttavia, Stefano racconterà un dettaglio molto interessante (e inedito) sullo sciopero di Morbegno: lettura da consigliare ai vertici di Rcs e a coloro che hanno sostenuto di aver saputo delle richieste dei corridori soltanto all’ultimo momento.
In fuga a San Daniele del Friuli: primo Giro condotto con un buon piglioIn fuga verso San Daniele del Friuli
Come è stato il primo Giro?
Me lo aspettavo duro, ma in alcune fasi è stato oltre ogni immaginazione. Lo Stelvio è stato una dura prova fisicamente e mentalmente. Più di testa che di gambe, perché ho passato la giornata nel gruppetto e davvero non passava più. E quando siamo arrivati ai piedi della montagna, eravamo già tutti stanchi. In più, due giorni prima ero stato in fuga, e avevo addosso ancora quella fatica.
Qual era il tuo obiettivo?
Finirlo, che per un neopro’ non è scontato. Sapevamo di non avere un leader, quindi potevamo giocare le nostre carte. Io mi sono buttato in qualche sprint, ho centrato due piazzamenti nei dieci e alla fine sono soddisfatto. Qualche dubbio di arrivare in fondo l’avevo, ma ero preparato a fare fatica e non riuscivo a immaginare di ritirarmi.
Come ti sei trovato in gruppo?
Bene, ho parlato con tutti e intanto marcavo a uomo Guarnieri per non andare fuori tempo massimo. Dove c’era Jacopo, c’ero io e stavo tranquillo,
E’ vero in primavera ti sei allenato spesso con Bennati?
Confermo. La mia ragazza si chiama Lavinia e abita dalle stesse parti, così mi è capitato di allenarmi con lui. Lo avevo conosciuto in Spagna, nella stessa corsa in cui cadde e si fece male alla schiena. Gli ho chiesto consigli, è diventato un punto di riferimento cui rubare i segreti del mestiere. Ci sentiamo spesso. La dritta più importante è stata quella di trovare il mio equilibrio. «Non impazzire dietro alle diete e alle preparazioni strane – mi ha detto – come accadde a me prima di un Tour, in cui ero magrissimo ma non avevo forza. In bici devi stare bene, altrimenti non rendi». E io vivo così, vado avanti a sensazioni e non peso il cibo.
Il Giro ti ha detto che corridore sarai?
Sapevo di essere abbastanza veloce, ora ho capito che me la cavo anche in salita. Per cui, quando avrò la forza necessaria, potrò giocarmi le classiche dure che magari si chiudono in volata.
Sei nella Lotto, la squadra additata per aver scatenato lo sciopero di Morbegno. Come è andata?
Sapevo poco. Da diversi giorni, sulla chat del Cpa i ragazzi dicevano di voler accorciare la tappa. Lo so bene perché ero in camera con Adam Hansen, che è il rappresentante dei corridori nel Cpa. Lo chiamavano da giorni, non so se abbiano avvertito prima Rcs, ma a quanto ho capito nessuno ha mosso un dito.
E poi?
E poi… volete ridere? Hansen quel giorno voleva andare in fuga, ce lo diceva da una settimana, perché sarebbe piovuto e a lui piace la pioggia. Così siamo andati alla partenza ed eravamo allineati in venti, ma all’improvviso Adam è stato chiamato ed è dovuto andare a parlare con Vegni per il ruolo che riveste. Mi dispiace per lui, ha dovuto farlo, ma avrebbe preferito andare in fuga.
I vertici del Cpa sono nella chat, quindi sapevano cosa si scriveva da giorni?
Immagino di sì.
Chiudiamo questa porta: cosa farai quest’inverno?
Bisognerà vedere le chiusure Covid. Non avrei fatto vacanze, preferisco starmene a casa. E per fortuna Lavinia è venuta su, quindi alla peggio resterà mia prigioniera a casa mia, a Busto Garolfo, in Lombardia.
Damiano Caruso entra a tutta forza nel Giro, che correrà in appoggio di Landa. Il Romandia gli ha dato la conferma della forma. Poi si penserà a Tokyo...
Bettiol parla da padrone di casa. E' arrivato in Australia dal Canada prima degli altri. Ha lavorato bene. Il percorso è veloce e duro. E vede bene Bagioli
Alzi la mano chi poteva immaginare che Rohan Dennis sarebbe stato l’ago della bilancia del Giro d’Italia sulle grandi montagne. L’australiano, un metro e 82 per 72 chili e due volte campione del mondo della crono, se ne era andato dal Tour de France del 2019 in polemica con l’allora Team Bahrain-Merida e poche settimane dopo aveva vinto il mondiale con una bici non ufficiale. Portandosi appresso un fardello di nomignoli non troppo lusinghieri, è approdato al Team Ineos e il suo arrivo era stato salutato come il vezzo dello squadrone così ricco da potersi permettere il lusso di una mina vagante. Poi è venuto il Covid e il mondo si è dimenticato di lui fino al giorno dell’Etna, quando scalò il vulcano assieme a Thomas ferito. Di lì un inesorabile climax ascendente. In fuga a Matera, poi a Cesenatico, tutto il giorno all’attacco a Piancavallo nel giorno della vittoria del compagno Geoghegan Hart e l’indomani a San Daniele del Friuli. E quando il Giro ha addentato le grandi montagne, accanto a Tao si è messo lui. Lo ha preso per mano. E sullo Stelvio prima e a Sestriere poi, ne ha sgretolato i rivali.
Lo Stelvio è un gigante, tira Dennis, poi Geoghegan Hart e HinfleyTira sullo Stelvio, selezione netta
Primo contatto
«Non avevo mai lavorato con lui – racconta Dario Cioni – per cui c’era bisogno di conoscerlo. Durante il lockdown ci eravamo tenuti in contatto, ma la prima esperienza sul campo è stata nel primo training camp fatto a Isola 2000 con il gruppo del Giro. Anche se non c’erano ancora Thomas e Carapaz. Il primo perché era nel gruppo Tour e il secondo ancora bloccato in Ecuador. Però c’erano ragazzi di esperienza come Puccio e Swift e il loro parere mi interessava molto. C’era di buono che si sarebbe parlato inglese e questo ha creato subito una buona amalgama, ma al di là di questo, Rohan è piaciuto subito a tutti. Restava solo da vedere il suo ruolo nel team per il Giro d’Italia».
Verso il Giro
Thomas è il capitano designato, dopo che Carapaz è stato spostato verso il Tour. Il Giro ha tre crono e tre cronoman superbi come Thomas, Dennis e Ganna.
«Così la squadra – prosegue Cioni – ha deciso di dare ai due carta bianca nella prima e nell’ultima crono, mentre a Valdobbiadene sarebbero dovuti andare piano, salvando la gamba per aiutare Geraint. E i due hanno accettato. Poi sappiamo come è andata con Thomas, ma a me stava a cuore il fatto che Dennis avesse accettato di non fare a tutta la crono più adatta a lui per essere al servizio del team».
Le montagne
Con Thomas fuori dai giochi e Narvaez ritirato, il Team Ineos-Grenadiers non ha più gregari per le salite. La squadra miete successi di tappa come nessun altro, ma serve qualcuno che possa assistere Tao che nel frattempo sta scalando posizioni nella generale.
«Abbiamo tenuto a quel punto – dice Cioni – un approccio più soft. Non volevamo dargli la pressione di sentirsi l’ultimo uomo in salita, per cui si è concordato di dargli lo stesso ruolo di Ganna. Entrambi corridori in grado di fare il passo sulle salite pedalabili. Ma quando siamo arrivati al giorno dello Stelvio, gli abbiamo chiesto se se la sentisse di dare una mano. Lui ci ha guadato e ha detto che avrebbe tirato fino a 5 chilometri dalla vetta. Bè, cosa dire… l’approccio ha funzionato. E visto che si sentiva bene, ha continuato e ha fatto quel capolavoro di tappa che avete visto tutti. Fermandosi sì ai 5 chilometri, ma dall’arrivo…».
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La missione
Dennis non è soltanto una macchina come l’ha definito Geoghegan Hart dopo l’arrivo di Sestriere. Evidentemente a un certo punto si è sentito così parte della missione di squadra da volerne fare parte.
«Così la sera prima di Sestriere – sorride Cioni – ha preso lui la parola e ha detto che l’indomani avrebbe fatto la differenza in salita. Insomma… l’avete visto tutti. Forse il segreto è stato renderlo partecipe del ruolo, farlo sentire parte di un progetto».
Oggi Dennis, come pure Ganna, darà gli ultimi consigli di questo Giro a Tao per quella che è la sua specialità preferita: la crono. Il giovane gallese pedalerà come tutti gli altri su una Bolide di Pinarello, sperando che i tanti lavori fatti per la specialità diano i loro frutti. In team è fiducioso, ma per come era partita l’avventura del Giro, con il leader fuori dai giochi al terzo giorno, se anche finisse così, anche stasera non potrebbero che brindare…
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Si chiama Settimana ed è la nostra speciale selezione di contenuti editoriali pubblicati su bici.PRO negli ultimi sette giorni.
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