Continuiamo la nostra serie di racconti sulle occasioni perse, sugli errori tattici o, come in questo caso, su eventi quasi impossibili. Stavolta il protagonista è Stefano Zanini, per tutti Zazà. Il direttore sportivo dell’Astana-Qazaqstan, riflettendo, non punta il dito su una tappa o una corsa in cui si sia veramente mangiato le mani, ma su un ricordo legato alla pura sfortuna.
«Vi parlo di quella volta in cui ho dovuto ritirare l’ammiraglia al Giro delle Fiandre», racconta Zanini. Questa è una di quelle storie invisibili, sommerse dal frastuono della corsa dietro ai vincitori, agli sconfitti, alle dinamiche tattiche. Ma è una storia di ciclismo puro. Quel giorno eravamo ad aprile scorso, nessun corridore dell’Astana-Qazaqstan tagliò il traguardo di Oudenaarde.
Stefano, ci dicevi del ritiro dell’ammiraglia. Raccontaci…
Il Giro delle Fiandre per me rimane una delle gare più belle, insieme alla Milano-Sanremo. Perciò, le aspettative sono sempre molto alte, anche se sai già che magari non puoi giocartela per il podio. Tuttavia, puoi fare un’ottima corsa con i tuoi ragazzi, c’è sempre una speranza in più, specialmente in Belgio, dove le gare possono cambiare fino all’ultimo. Ma quell’anno siamo stati veramente sfortunatissimi.
Cosa è successo?
Attorno al chilometro 190, ora non ricordo con precisione, è caduto Cees Bol, l’ultimo dei nostri atleti in gara. Si è agganciato con uno dei tanti spettatori a bordo strada. Cees è ripartito, ma aveva preso una bella botta. Ha rincorso e ha tenuto duro, ma ormai era fuori dai giochi. A quel punto insistere era inutile: abbiamo pensato alle gare successive. Però certo, non terminare il Fiandre…
È stata una bella botta al morale…
Eh, un bel po’. Al morale sì, perché anche i ragazzi volevano fare una buona gara. Solo che sai, quando la sfortuna ci si mette, quelle gare lì sono sempre difficili da interpretare. Non avevamo più nessun corridore in gara: tra chi si era staccato, chi era caduto e chi aveva avuto problemi meccanici, eravamo fuori. E la sfortuna già ci attanagliava, visto che avevamo faticato per mettere insieme la formazione per il Fiandre. Avevamo gli uomini contati.
Chi si era fermato prima di Bol?
L’ordine dei ritiri di preciso non lo ricordo, ma l’altro atleta che era rimasto in gara era Fedorov. Quel giorno oltre a Bool e Fedorov, avevamo schierato Gidich, Gruzdev, Syritsa, Morkov e Selig. Alcuni non erano al top e si sa quanto siano dure certe gare. Ma Bol, fino a quel momento, circa 60 chilometri dall’arrivo, era nel gruppetto che poi ha fatto la corsa.
Cosa vi siete detti quella sera dopo la gara?
Molto poco, sul bus. Poi la sera abbiamo riflettuto: contro la sfortuna si può fare poco, ma non dovevamo abbatterci. Dovevamo reagire subito. Chiaro, un’analisi di cosa non aveva funzionato l’abbiamo fatta, ma in quel momento serviva soprattutto tenere alto il morale. Certo, l’umore fa fatica a risalire: hai comunque delle aspettative per certe gare. Alla fine, però, ci siamo ripresi bene. Qualche giorno dopo, infatti, Bol ha chiuso quarto alla Scheldeprijs, dietro a corridori come Merlier, Philipsen e Groenewegen.
Ti era mai capitato di ritirare l’ammiraglia?
Sì, mi era capitato all’inizio della mia carriera da direttore sportivo con la Fuji-Servetto TMC, la squadra di Giannetti, nel 2009.
Come è stato il momento del ritiro?
In pratica, prima del secondo passaggio sull’Oude Qwaremont, ho tirato dritto verso il bus, sono uscito dal percorso.
Cosa hai detto? Cosa ti passava per la testa?
Cosa ho detto è meglio non ripeterlo! Per il resto, tanta delusione. Per radio, tanto silenzio. Anche in ammiraglia, dove con me c’era il meccanico, Morris Possoni.
Tutti i successi azzurri al Giro delle Fiandre, dal tris di Magni all'ultimo colpo di Bettiol nel 2019, ben 11 in tutto. Passando per Bartoli, Tafi e Ballan
Ci sono grandi cambiamenti in atto all’Astana Qazaqstan Team e non potrebbe essere altrimenti. Archiviata la rincorsa al record di tappe al Tour di Cavendish ,c’è da fare i conti con una situazione ranking assolutamente deficitaria, che rischia di far retrocedere la squadra fra le professional a fine 2025. Per questo, come succede anche nel calcio, si è proceduto a una profonda rivoluzione nel roster, portando in squadra sia elementi giovani che avanti con gli anni ma dotati di grande esperienza e soprattutto capaci di conquistare quei punti che servono.
Questa rivoluzione ha marchiato ancora di più di tricolore il team kazako, considerando che ora gli italiani sono ben 12 su 29, di gran lunga la percentuale di gran lunga più altra fra le nazioni rappresentate, compresa quella di casa. E proprio guardando alla compagine italiana si nota quel mix di età e di esperienza di cui si parlava prima.
Stefano Zanini, confermato nello staff dei direttori sportivi, sente già la voglia di gettarsi nella mischia con la nuova compagine: «Siamo tutti molto carichi e il fatto che Vinokourov e la dirigenza abbiamo investito così tanto sui corridori italiani è segno che il nostro movimento è ancora forte e apprezzato, considerato ricco di corridori in grado di vincere e portare punti che sarà l’esigenza principale».
Vista la situazione di classifica, dovrete raccogliere sin dall’inizio…
La priorità è molto chiara a tutti, a noi come staff e ai corridori. E’ la nostra strategia e per questo sono stati presi corridori magari avanti con gli anni ma che sanno come si fa. Io poi sono di vecchia scuola, per me nel ciclismo conta vincere, tutto il resto viene di conseguenza. Inutile stare a guardare le classifiche, pensiamo a raccogliere il più possibile perché le vittorie portano tranquillità che aiuta a lavorare meglio.
E’ chiaro però che la campagna acquisti è stata fatta pensando proprio al ranking, prendendo corridori motivati ma anche esperti…
Esatto, Ulissi ne è l’esempio. Io sono convinto che questo cambio gli sarà utile perché potrà correre libero da pressioni e da obblighi. E’ uno che ha portato ogni anno risultati, ha vinto sempre e qui potrà concentrarsi su quello, anche se un corridore come lui resta un riferimento, capace di trasmettere tanto a chi è più giovane, di fare gruppo che è un fattore importante. Diego è fortissimo nelle corse a tappe medio-brevi, ma penso che potrà portare risultati anche nelle gare d’un giorno che, come si sa, danno più punti.
L’arrivo di Malucelli rappresenta per lui un cambio di passo, di livello. Viene da una stagione nella quale è stato tra i 10 più vincenti, ma molto ha influito il calendario…
Sa bene che il suo programma di gare sarà diverso, più qualificato e quindi emergere sarà più difficile, ma guardate quel che ha fatto: ha anche battuto fior di velocisti in questo 2024. L’anno prossimo avrà più responsabilità, ma anche più motivazione. All’inizio forse farà più fatica, ma questa esperienza gli darà stimoli per fare ulteriori passi avanti.
C’è un altro giovane che entra nel vostro gruppo ed è Kajamini, forse il miglior prospetto degli U23 per le corse a tappe. Lo portate subito in prima squadra, che cosa vi aspettate da lui?
Avrà il tempo di crescere. Ricordate quel che ho detto a proposito di Ulissi? Io credo che stargli vicino, seguire un corridore così esperto gli sarà di giovamento, proprio per quel discorso legato alle corse a tappe brevi, da lì seguirà il suo percorso. Uno che vince all’Avenir ha grandi doti, non avviene per caso e poi Samuel ha mostrato grande continuità. Io penso che possa far bene e inserirsi ad alti livelli, ma deve avere il tempo di maturare.
L’Astana 20125 è una squadra senza leader, questo non è strano?
Non nella nostra dimensione, anzi. Teniamo presente che ci saranno settimane con in giro anche tre gruppi impegnati in gare diverse. Noi dobbiamo essere pronti a essere competitivi sempre. Io mi porto dietro l’esperienza di quando correvo, di quand’ero alla Mapei. Erano tutti campioni, tutti vincenti ma erano anche tutti corridori che lavoravano di gruppo e quindi in certe gare, per certi target si mettevano a disposizione. Ognuno aveva la sua occasione, sarà così anche qui e bisognerà farsi trovare pronti, sia per lavorare per i compagni che per finalizzare guardando all’obiettivo comune del team. Tutti avranno occasione per emergere e penso anche a gente come Masnada, Ballerini e gli altri.
Abbiamo lasciato per ultimo Bettiol. E’ il campione italiano, ma la sensazione è che non vinca quanto le sue capacità gli permetterebbero…
Alberto quando è in giornata è a livelli altissimi, deve solo fare quel passo in più per concretizzare. Da che cosa dipende? Difficile dirlo, questione di sicurezza di sé, di fortuna spesso, di sostegno del gruppo. Intanto vogliamo che stia bene, perché quando è in condizione può fare davvero di tutto. Io dico che deve solo crederci e allora vincerà e non sporadicamente, io sono pronto a scommetterci…
Più che il cambio della bici, racconta Bettiol, la parte più originale è stato il cambio delle tacchette. Alla Ef Education usava le Speedplay, alla Astana le Shimano. Non è semplice dopo sei anni passare fra due sistemi così diversi.
«E a quel punto – sorride Alberto – ho chiesto un intervento di emergenza ad Alessandro Mariano, che era in barca a vela all’isola d’Elba. Così ho dato le scarpe a Gabriele Balducci, che era venuto a trovarmi a Livigno per qualche giorno. Le ha portate in Toscana. E’ andato a Piombino. Ha chiamato un suo amico col gommone e le hanno portate all’Isola d’Elba: ho la foto che lo testimonia, ho anche il video. Alessandro ha montato le scarpe sulla barca a vela mentre gli altri due facevano un bagno. Gliele ha ridate. E a quel punto poi, Gabrielele ha date al mio amico Andrea che veniva a Livigno a fare cinque giorni di vacanza. Lui me le ha portate e io le ho provate».
Se non è un film, poco ci manca. Bettiol è per qualche giorno in Toscana e se i giorni in bici non gli sembrano troppo diversi è solo perché i colori della maglia tutto sommato sono rimasti gli stessi. Era tricolore quella della EF Education che ha indossato fino al 14 agosto ed è tricolore quella di adesso, su cui tuttavia c’è scritto Astana. Che qualcosa bollisse in pentola ce lo aveva fatto capire l’8 agosto proprio Gabriele Balducci, da sempre suo mentore e amico comune. In partenza per Livigno con la Mastromarco, si era sentito dire da Alberto di grosse novità in arrivo, ma nessuno avrebbe immaginato che avrebbe cambiato squadra nel bel mezzo dell’estate.
Che cosa è successo nell’estate?
Così alla svelta, neanche noi ce l’aspettavamo. E’ andato tutto molto veloce. Io ero in vacanza quando abbiamo preso questa decisione, quindi anche Gabriele non sapeva niente. Avevamo parlato un po’, è da un annetto buono che parliamo. Però si ragionava comunque sempre del 2025, finché Vinokourov ha chiesto la possibilità di avermi subito e Giuseppe (Acquadro, il suo manager, ndr) ha trovato subito le porte aperte da parte di Vaughters, perché comunque non è facile soprattutto dal punto di vista burocratico. C’è da fare un sacco di richieste in modo molto rapido, perché l’UCI ti dà dei tempi molto stretti e se non li rispetti, non puoi fare niente. Quindi devo ringraziare la EF, perché avrebbero avuto tutto il diritto di aspettare. E poi l’Astana ha fatto un grande lavoro. Insomma, io ero in vacanza: hanno fatto tutto loro.
Com’è stato andare a dormire con una squadra e risvegliarsi il giorno dopo con l’altra?
E’ una cosa che adesso, a questa età e in questo periodo della mia vita, in cui insomma sono un po’ più consapevole di quello che voglio, non mi ha creato grossi problemi. Se mi fosse successo qualche anno fa, in cui ancora avevo da assestarmi bene, magari l’avrei patito. Da un punto di vista di atteggiamento mentale, non mi ha smosso per niente. E’ anche vero che l’Astana è una squadra kazaka, ma ci sono tantissimi italiani e tanti che conoscevo già. Quindi alla fine il passaggio non è stato brusco, come magari andare in una squadra dove non conoscevo nessuno. Per il resto, mi è cambiato poco. Avevo già programmato di andare a Livigno per tre settimane e sarei stato da solo. L’idea di andare al Renewi Tour è venuta fuori durante questo ritiro, non era programmata e voi sapete quanto mi dessero fastidio un tempo le cose non programmate…
Quindi hai tenuto lo stesso calendario?
Ho fatto una settimana in meno a Livigno, che forse è stato anche meglio. Ero andato su dopo le Olimpiadi perché comunque sarei andato alle gare in Canada e poi eventualmente al mondiale, quindi io avevo bisogno di recuperare e allenarmi. Insomma sembra un cambio radicale e in parte lo è stato, però è stato facile da gestire, mettiamola così.
Delle scarpe ci hai detto, per la bici e l’abbigliamento?
Anche questo è stato tutto improvvisato e devo ringraziare l’Astana per l’impegno che ci hanno messo. Per l’abbigliamento il loro referente è Bruno Cenghialta e ci siamo trovati a metà strada tra la Toscana e Livigno, perché io tornavo dalle vacanze e stavo andando su. Abbiamo provato l’abbigliamento e abbiamo fatto anche due foto per il comunicato stampa. Quanto alla bici, Michele Pallini che era a Parigi con noi aveva tenuto a casa quella con cui avevo corso le Olimpiadi, per cui ha preso le misure in videochiamata con il meccanico Tosello. Lui ha sistemato la Wilier e alla fine l’ha data a Panseri, altro meccanico italiano che me l’ha portata a Livigno.
In tempi non sospetti, forse proprio al mondiale di Wollongong, dicesti che ti trovi bene in nazionale perché ti ricorda l’ambiente della Liquigas. L’Astana non è la Liquigas, però ci sono davvero tanti italiani. Può essere un fattore importante?
Sì, è un ambiente familiare. C’è Michele Pallini, c’è il dottor Magni, tante figure che già conoscevoproprio dalla Liquigas. Ci sono i meccanici Borselli e Panseri. Poi gli atleti, che conosco benissimo. Velasco e Ballerini. Con Ballero siamo vicini di casa a Lugano e ci alleniamo spesso insieme, quindi cambia veramente poco. E’ un ambiente in cui mi sono trovato bene, almeno in questa settimana e scommetto ancora di più l’anno prossimo. Adesso è un po’ tutto improvvisato, anche come metodologie. Quelle loro sono un po’ diverse dalla EF, per cui per ora si tratta di adattarsi l’uno agli altri. La bicicletta, le tacchette, ma anche la nutrizione, l’integrazione, le barrette. Ci sono tante cose diverse. Però l’ambiente è bello, c’è tanta voglia di migliorare e quindi l’anno prossimo sono ottimista che faremo belle cose.
Perché cambiare?
Io avevo ancora due anni di contratto e sarei stato anche lì, non ho cambiato perché stavo male alla EF o perché mi mancassero gli stimoli. E’ solo che mi si è presentata questa occasione, mentre prima erano solo parole. Quando sono passati ai fatti, ho fatto le mie valutazioni. E se un corridore come Diego Ulissi, che ha fatto più anni di me nella stessa squadra, ha deciso di cambiare, allora poteva andare bene anche a me. Avevo visto che c’è tanto potenziale ed erano un po’ di anni che anch’io riflettevo sul fatto di rimanere nella stessa squadra e sui pro e i contro di cambiare. Rischi di rimanere seduto, di veder attutire gli stimoli. Ho il mio piccolo staff che mi supporta sempre, indipendentemente dal colore della maglia, però anche trovare un ambiente nuovo può essere uno stimolo. Ma non volevo cambiare perché stavo male.
Come è stato il dopo Olimpiadi? Evenepoel ha raccontato di grosse difficoltà a recuperare…
Ho recuperato bene, semmai ho vissuto un periodo di spossatezza durante il Tour, soprattutto la seconda settimana quando ho avuto un calo di forma. A Parigi non ho stravinto l’Olimpiade come Remco, ma comunque ero lì davanti a giocarmi la top 10, non è che sono andato piano. Quando sono tornato a casa, ho staccato una settimana poi però a Livigno ho trovato subito delle belle sensazioni. Mi sono allenato veramente bene e infatti si è visto al Renewi Tour. Era una corsa a tappe che richiedeva degli sforzi opposti a quello che ho fatto a Livigno. Lassù si parlava di salite lunghe e tante ore in bici a bassa intensità. Invece il Renewi era tutto scatti e strappi corti su cui sono andato bene, quindi vuol dire che il mio fisico aveva recuperato e sono contento. E’ chiaro che non si possa fare il paragone con Remco. Lui è partito dal Delfinato, ha corso il Tour per fare la classifica, poi ha tirato dritto. Ero nel suo stesso hotel a fine aprile a Sierra Nevada, lo vedevo lavorare ed erano bello concentrati.
In Astana conosci i corridori, forse un po’ meno staff e tecnici?
Non è stato un salto nel vuoto, perché già in Belgio i compagni hanno lavorato per me. Mi sono scoperto ben allineato con Zanini in ammiraglia e anche per lui è stato un piccolo passettino per capire come andremo in Belgio il prossimo anno, anche per i materiali. I meccanici hanno cominciato a capire come mi piace fare le cose. Michele Pallini ormai mi conosce da tanto, con tutti i mondiali e le due Olimpiadi che ho fatto con lui. Poi quando veniva a Lugano, spesso Vincenzo (Nibali, ndr) mi chiamava per sapere se volevo fare anch’io un massaggio con lui. Ci si conosce da tanto. Invece meccanici e direttori no. Anche Bruno Cenghialta, Giuseppe Martinelli… Sono tutte facce che conoscevo, ma non ci avevo mai lavorato insieme. Però siamo un bel gruppo, anche a Lugano con Ulissi e Ballerini. La EF è stata un bel periodo della mia vita. Staremo a vedere, spero di aver fatto la scelta giusta. Per ora ne sono molto convinto.
Livigno è là in basso e brulica di turisti e biciclette. Ci sono stradisti e biker da tutte le parti e un senso di ripresa del turismo che sta riportando […]
RIMINI – Quando arriva al bus Mark Cavendish ha lo sguardo perso nel vuoto. E’ un automa. Gli fanno spazio tra i tifosi e i giornalisti che lo attendono. Ad aspettarlo c’è anche il team manager, Vinokourov, il quale gli dà un buffetto d’incoraggiamento e gli apre la tenda del bus. Cav vi s’infila dentro silenzioso.
La sua giornata di debutto al Tour de France è stata molto, molto più dura di come si sarebbe aspettato. Okay, che la Firenze-Rimini non era per lui, ma così… Penultimo a 39’12” da Romain Bardet.
Allarme rosso
Che i velocisti come lui verso Rimini avrebbero potuto fare fatica era cosa risaputa. E di fatto così è stato. Anche Fabio Jakobsen, per esempio, non è andato bene. Lui addirittura ha chiuso ultimo, proprio alle spalle di Cav, e non ha avuto i problemi dell’inglese.
Qualcosa deve essere successo in fase di avvio in casa Astana. Il caldo? Una bevanda troppo fresca o qualcosa di solido prima del via? Di certo qualcosa ha inceppato gli intestini dei turchesi. Di colpo hanno ceduto “Cav” e Gazzoli. Michele addirittura è stato costretto al ritiro.
Entrambi hanno vomitato (c’è persino un video dell’inglese). Mark era in discesa quando è successo. Pensate che grinta, che determinazione: vomita, ma tira dritto. Non perde la concentrazione, continua a guidare. In quel momento era già era staccato di oltre 8′ dalla testa della corsa.
L’Astana-Qazaqstan che è tutta per lui gli fa quadrato. Al primo scricchiolio vengono fermati Gazzoli, Bol, Morkov e Ballerini, in pratica coloro che compongono il suo treno per gli sprint. Qualche chilometro dopo, quando il distacco inizia a diventare preoccupante e Gazzoli ha alzato bandiera bianca, viene richiamato anche Fedorov.
Le parole di Zazà
Un vero peccato, perché tutto sommato Cav sembrava stare bene. Alla presentazione dei team era davvero raggiante. E giusto pochi giorni prima Stefano Zanini, il diesse, ci aveva detto che tutto sommato Cav arrivava a questo Tour in condizioni più che buone.
«L’ho visto in gara allo Svizzera – ci aveva detto Zanini – e anche se il percorso non era propriamente per velocisti si era ben comportato. In salita, quando si staccava, già era rimasta indietro parecchia gente. Mi sentirei di dire che il Giro di Svizzera se proprio non è stato un banco di prova è stato il completamento di un bel blocco di lavoro per Mark».
Cav preparato
Queste parole del direttore sportivo lombardo sono state un tuono quando oggi il primo a staccarsi e con largo anticipo è stato proprio Cavendish.
«Il programma di avvicinamento di Mark – aveva detto Zazà – è stato buono. Nell’ultima corsa era motivato e come lui anche la squadra che aveva intorno, la stessa del Tour de France. Dopo lo Svizzera Mark è stato qualche giorno a casa e poi di nuovo in Grecia dal coach Vasilis Anastopoulos. Anche se lì fa caldo, si trova bene. Ha svolto un altro blocco di lavoro. Era nei programmi che andasse laggiù. E anche questo ha contribuito a renderlo tranquillo».
Un “castello” costruito bene insomma, ma che è crollato dopo 45 chilometri di Tour de France. Deve per forza esserci qualcosa.
Cav è esperto. Ne ha passate tante e ha tanta grinta. Adesso l’obiettivo è riprendersi al più presto e non sarà facile visto il livello e il percorso che propone questo Tour de France.
La Piacenza-Torino è la terza tappa del Tour e misura 230,8 km per un dislivello pari a 1.190 metriIl finale di Torino. Fondo su asfalto e grandi rettilinei, almeno fino ai mille metri dove c’è la doppia curva verso sinistra
Non si molla
Dopo l’arrivo Cavendish ha provato a smorzare i toni dicendo che voleva correre così, al risparmio. Magari avrebbe preferito staccarsi nella salita successiva. E in parte poteva essere una disamina corretta, ma tra le immagini che lo inchiodano, il ritiro di Gazzoli e un ritardo mega è chiaro che non poteva essere solo una scelta tattica.
Una scelta tattica, ripetiamo, condivisibile e che tutto sommato forse covavano anche in casa Astana.
«Più che la distanza della frazione di Torino in sé, ben 230 chilometri, in ottica della prima volata potrebbe fare la differenza lo sforzo che si accumula nelle prime due tappe – ci aveva detto sempre Zanini – Sono due frazioni dure: si affrontano 3.700 metri di dislivello nella prima e oltre 2.000 nella seconda».
Come a dire che l’idea di correre a risparmio era effettiva, concreta.
Un fotomontaggio con Cavendish e Merckx. I due vantano 34 vittorie al Tour. Qualcuno ha ribattezzato la sfida dell’inglese “Progetto 35”Un fotomontaggio con Cavendish e Merckx. I due vantano 34 vittorie al Tour. Qualcuno ha ribattezzato la sfida dell’inglese “Progetto 35”
Progetto 35
L’inglese punta deciso al record assoluto delle 35 vittorie per staccare Eddy Merckx e appunto nella Piacenza-Torino avrà questa prima grande possibilità. Qualcuno ha ribattezzato la sfida dell’inglese “Progetto 35”. Non si molla niente. E la voglia con cui ieri Cav ha voluto raggiungere il traguardo è proverbiale.
«La terza è una tappa per velocisti – ha detto Zanini – Verso Torino ci sono giusto delle salitelle di quarta categoria, una delle quali a 50 chilometri dall’arrivo. Dal vivo l’ha visionata Mark Renshaw. E’ una tappa piatta che ci darà la prima volata del Tour e speriamo che vada subito bene. Tolto il dente, tolto il dolore!».
«Il finale è abbastanza lineare negli ultimi chilometri. Ci sono dei bei rettilinei, ma anche parecchie rotonde e spartitraffico e spesso ormai questi ostacoli sono decisivi (almeno ai fini delle posizioni e di conseguenza del resto della volata, ndr). Ci sono due curve nel chilometro finale, due “sinistra-sinistra”, l’ultima delle quali termina a 750 metri dal traguardo. Ma per il resto, come detto, è un arrivo filante. L’ho visto su VeloViewer. E’ tutto asfalto e sembra anche buono».
Fabrizio Guidi, Mariano Piccoli, Dimitri Konyshev, Stefano Zanini… I più esperti o quelli dotati di miglior memoria, chiudendo gli occhi ricorderanno questi atleti al Giro d’Italia vestiti di blu. Quello era il blu della maglia dell’Intergiro, una speciale classifica della corsa rosa.
Nato nel 1989 per volontà di Carmine Castellano, l’allora direttore del Giro, l’Intergiro aveva lo scopo di movimentare ulteriormente la corsa.
Il primo a vincerlo fu lo sloveno Jure Pavlic, Guidi ne vinse bene tre edizioni, mentre l’ultimo a conquistarlo fu Stefano “Zazà” Zanini, nel 2005. E qui va fatta una precisazione. Una classifica denominata Intergiro risulta anche nel 2006 e a vincerla fu Paolo Savoldelli, ma era già diversa. Si trattava di una classifica mista che non ebbe molto successo e infatti non fu più riproposta.
All’epoca Zanini era un atleta della Quick Step-Innergetic, oggi è uno dei direttori sportivi dell’Astana Qazaqstan. E proprio lui ci racconterà qualcosa di più in merito a questo premio speciale.
Zanini con Bettini, uno in maglia ciclamino e uno in maglia blu al Giro del 2005 (foto Getty Images)Zanini con Bettini, uno in maglia ciclamino e uno in maglia blu al Giro del 2005 (foto Getty Images)
Rispetto ad un semplice traguardo volante che assegna punti, l’Intergiro assegnava punti e soprattutto fermava i cronometri. Era infatti una classifica a tempo. C’erano gli abbuoni per gli sprint e il leader portava una maglia, quella blu appunto. Era come un piccolo Giro nel Giro.
Stavolta l’Intergiro sarà un po’ diverso. Non prevederà una maglia, ma un premio in denaro e un corso di guida sicura. E’ sostenuto da Sara Assicurazioni e Polizia di Stato, come abbiamo scritto anche qualche giorno fa.
“Ogni traguardo Intergiro – si legge nel regolamento – uno per tappa ad esclusione delle tappe a cronometro, assegna ai primi tre classificati abbuoni di 3″ – 2″ – 1″ validi per la classifica generale individuale e ai primi otto classificati punti 12 – 8 – 6 – 5 – 4 – 3 – 2 – 1” . Da qui si stila una classifica di tappa e una generale dell’Intergiro stesso.
La maglia Intergiro di Zanini. Zazà la vinse davanti proprio a BettiniLa maglia Intergiro di Zanini. Zazà la vinse davanti proprio a Bettini
Stefano, torna una classifica e tu sei l’ultimo dell’albo d’oro…
Un bel ricordo. Fu bello indossare quella maglia e portarla a casa. Festeggiai con una grigliata e autografai, a dire il vero anche un po’ inaspettatamente, tante maglie. Me le chiesero amici, parenti…
Come si conquista un primato simile? Ci si parte o viene strada facendo?
Per me venne strada facendo, in partenza non ci avevamo pensato. Però intuimmo presto il potenziale. Se ben ricordo era già alla seconda tappa. Eravamo in fuga col “Betto” (Paolo Bettini, suo compagno di squadra, ndr) verso Tropea e feci la volata per prendere degli abbuoni… In quel momento entrai in classifica e iniziai a tenerla d’occhio. Mentre Paolo andava a caccia della maglia rosa. Poi strada facendo, appunto, è divenuto un obiettivo a cui badare con più concretezza.
Ma non la prendesti subito…
No, però col discorso della classifica a punti di Bettini, nei traguardi parziali eravamo spesso davanti e in lotta. Alla fine presi la maglia blu alla 17ª tappa, quella verso Limone Piemonte… una tappa di montagna!
Cosa dà una classifica così?
Dà visibilità. Consente di distinguerti ogni giorno in una corsa tanto importante come il Giro d’Italia. Sei tutti i giorni sul palco, ti riconoscono. Non ti cambia la carriera, è chiaro, ma è senza dubbio una soddisfazione personale.
Non solo velocisti. Chi vorrà conquistare l’Intergiro dovrà sudarselo. Guardate dov’è posto il traguardo nella penultima tappaNon solo velocisti. Chi vorrà conquistare l’Intergiro dovrà sudarselo. Guardate dov’è posto il traguardo nella penultima tappa
Secondo te oggi con i grandi team che fagocitano tutto e si fa lo sprint per l’ennesimo piazzamento, assume più valore? Ci sarà più lotta magari tra i team più piccoli?
Ci può stare. Ritorniamo al discorso della visibilità, anche sui media, i giornali e non solo per la tv. Penso ad un team piccolo e qui immagino che nel finale del Giro quando la classifica è più assestata ci sia anche una lotta per l’attacco o per la difesa del primato tra i contendenti. Ma penso anche ad un giovane. Per questo profilo l’Intergiro potrebbe essere un buon banco di prova.
Cioè?
Cioè provare a tenere duro. Può vedere come ci si gestisce nel rientrare in hotel più tardi in quanto hai le premiazioni e forse i controlli. Può imparare a difendersi… Sono tutte cose che un giorno ti serviranno per una maglia rosa o una maglia ciclamino.
Ecco, Stefano, hai tirato in ballo la maglia ciclamino. L’Intergiro è a tempo e spesso i suoi traguardi sono posizionati dopo una lunga salita. Pensiamo a quello di Semonzo tra una scalata e l’altra del Monte Grappa…
Non è detto infatti che vada ad un velocista, in passato l’ha vinto anche Indurain. E’ un bell’impegno. Bisogna studiare bene il posizionamento dei traguardi intermedi appunto. Mentre la maglia ciclamino, con gli arrivi in volata è più probabile finisca sulle spalle di uno sprinter… A meno che Pogacar non vinca dieci tappe!
Ancora 24 ore, o poco più, e sarà Liegi-Bastogne-Liegi. Già pregustiamo lo scontro fra Tadej Pogacar e Mathieu Van der Poel.Certo, il percorso vallone gioca a favore dello sloveno, ma se l’olandese avesse di nuovo (o ancora) la gamba della Roubaix allora vedremmo scintille.
Ed è proprio su questo punto che vogliamo insistere. Se ieri in ricognizione abbiamo visto un Pogacar pimpante, ci si chiede come stia davvero Van der Poel. Com’è la sua gamba? E’ di nuovo o ancora fortissima come a Roubaix o è in fase di stallo come abbiamo visto all’Amstel Gold Race (sbuffante nella foto di apertura)?
Abbiamo fatto un’analisi insieme a Stefano Zanini. Oggi “Zazà” è uno dei tecnici dell’Astana-Qazaqstan, ma più che come direttore sportivo lo abbiamo tirato in ballo in quanto ex corridore. Ex corridore che sapeva andare forte alla Roubaix e fortissimo, tanto vincerne anche una, all’Amstel Gold Race.
Dopo una lunga fuga solitaria nel vento, Stefano Zanini vince l’Amstel Gold Race: era il 1996 (foto Instagram)Dopo una lunga fuga solitaria nel vento, Stefano Zanini vince l’Amstel Gold Race: era il 1996 (foto Pinterest)
Stefano, com’è dunque possibile che Van der Poel passi dalla gamba “fotonica”, che ha mostrato e dichiarato di aver avuto alla Roubaix, alla “non gamba” dell’Amstel in appena sette giorni?
E’ possibile che la situazione cambi così nettamente anche in pochi giorni. Ed è possibile proprio perché come ha detto lui stesso, alla Roubaix era in giornata di grazia, quindi ha pescato un picco eccezionale. Magari in quel momento non pensava di sprecare tante energie… ma le spendeva eccome. E poi non bisogna considerare solo la Roubaix e l’avvicinamento alla Roubaix, ma bisogna inquadrare il tutto, nella sua Campagna del Nord.
Spiegaci meglio.
Nel senso che l’olandese ha fatto tutte classiche importanti. Ed erano tutte corse in cui puntava a vincere: queste alla fine lasciano il segno. Quindi questo calo per me ci sta.
Tu hai corso la Roubaix e sai cosa significhi a livello muscolare. Quei sobbalzi, quegli “urti” continui possono incidere più del previsto? Posto che VdP sul pavé ci danza senza guanti.
Anche se è fortissimo, parliamo sempre di un umano. E’ normale che paghi dazio anche lui. La Roubaix in qualche modo ti esce fuori dopo qualche giorno, a chi di più a chi di meno, ma esce. Come ho detto queste gare, le classiche, vanno valutate tutte insieme e sono gare esigenti. Riguardo ai guanti, ce ne sono in tanti senza.Io anche non avevo le piaghe alle mani. Idem Boonen e Museeuw. Dipende molto da come stai sulla bici e da quanto stringi i comandi e il manubrio, ma quella è una conseguenza di come affronti il pavé.
Anche se più sciolto degli altri, i muscoli di Van der Poel hanno pagato dazio dopo la RoubaixAnche se più sciolto degli altri, i muscoli di Van der Poel hanno pagato dazio dopo la Roubaix
Tu cosa facevi nei giorni post Roubaix? VdP per esempio dopo il Fiandre è tornato in Spagna, ma è la stessa cosa farlo dopo la corsa fiamminga e farlo dopo quella francese?
Ai nostri tempi il calendario era diverso. Dopo la Roubaix non c’era l’Amstel, ma c’erano la Freccia Vallone e il Gp Escaut, quindi Liegi e infine Amstel. Io all’epoca non tornavo a casa, ma restavo in Belgio. Facevo Freccia e Liegi in appoggio ai capitani, mentre Escaut e Amstel come leader. Restando su in Belgio cosa succedeva? Che prima di tutto non ti allenavi, ma uscivi in bici solo per scioglierti, per recuperare quell’ora e mezza, due al massimo tra una corsa e l’altra. Avevi sempre il tuo massaggiatore che tra sgambate e massaggio ti aiutava moltissimo nel recupero. E terzo se stavi lassù per tutta la Campagna vuol dire che stavi bene, che eri in forma e quindi recuperavi in fretta. Il massaggio post Roubaix era importante per le gambe ovviamente, ma anche per le braccia e la schiena.
In Spagna VdP ha scelto di rilassarsi giocando a golf e di allenarsi al sole…
Sì, ma credo che a quel livello abbia avuto di certo il suo massaggiatore di fiducia con sé. E se non aveva proprio il suo, avrà avuto un referente in Spagna visto che ci va spesso. Non posso immaginare che non abbia fatto i massaggi… dopo la Roubaix servono.
Sarebbe un’ingenuità insomma. E sul piano mentale? Di fatto Van der Poel i suoi due maggiori goal li ha centrati (Fiandre e Roubaix, appunto): questo può incidere sull’approccio psicologico?
Può starci anche questo punto di vista, certo. L’Amstel, anche se era la corsa di casa, già ce l’aveva in bacheca. E poi è umano anche lui, magari pensava più alla Liegi. Mathieu ha passato un inverno senza corse su strada. Ha esordito con la Sanremo e poi ha fatto le sue gare tutte con l’obiettivo di vincere. Aveva perciò le sue pressioni.
Dici possa essere un fatto di pressione?
Dico che si può essere più o meno motivati. A lui magari la pressione piace pure, ci si motiva e la gestisce bene. Anche perché se vinci le gare che ti sei prefissato significa che la pressione la reggi.
VdP vanta una sola partecipazione alla Liegi: 6° a 14″ da Roglic nel 2020. Eccolo, sulla RedouteVdP vanta una sola partecipazione alla Liegi: 6° a 14″ da Roglic nel 2020. Eccolo, sulla Redoute
E allora forse questo duello con Pogacar gli può ridare lo stimolo giusto?
Van der Poel è fortissimo, ma ha vinto gare dove non ci sono salite lunghe, corse con strappi brevi che richiedono sforzi esplosivi tipo quelli che fa nel cross. Al massimo ha vinto la Strade Bianche, ma è una corsa particolare, e comunque le salite restano brevi. La Liegi invece è un’altra gara. Sì, forse VdP avrà avuto un calo mentale all’Amstel, ma sul piano fisico sono convinto che stia ancora bene. Alla fine ha iniziato a correre alla Sanremo. La forma è ad alto livello ancora.
Nella sua unica apparizione alla Liegi, VdP vanta un sesto posto. Ma va detto che era quella della particolare annata del Covid…
Il problema per lui è che Pogacar è difficile da battere su un terreno così. Ci può stare che arrivi davanti, ma sulle salite lunghe lo sloveno può fare la differenza. Poi dipenderà anche da come andrà la corsa. E’ una sfida interessante senza dubbio. Se vogliono togliersi Van der Poel devono rendere la corsa dura dal chilometro 150, da Vielsam da dove poi inizia la sequenza delle cotes di: Monte le Soie, Wanne e Stockeu.
La notizia è di quelle che non vorremmo sentire: Davide Ballerini non prenderà parte all’Omloop Het Nieuwsblad e con ogni probabilità ad una grossa fetta della Campagna del Nord. Il problema al ginocchio, già manifestatosi nella passata stagione quando Davide saltò proprio le prime due classiche belghe e la Sanremo, è tornato a farsi sentire. E in modo ancora più violento a quanto pare (in apertura foto Astana Qazaqstan Team).
Un vera beffa per il “Ballero” e per la sua nuova “vecchia” squadra. Il lombardo infatti era tornato all’Astana proprio per poter essere leader, protagonista in queste corse. Tre stagioni alla Soudal-Quick Step, dove era maturatoe dove aveva anche vinto proprio l’Omloop Het Nieuwsblad nel 2021, e quindi il ritorno da uomo pronto.
Stefano Zanini, uno dei direttori sportivi dei kazaki, lo aspettava a braccia aperte. L’entusiasmo per potersi giocare queste corse con un uomo come Ballerini era stimolante non poco. Adesso il diesse varesino, che si trova in Belgio già da lunedì, sta ridisegnando la squadra che appunto faceva perno attorno a Ballerini.
Stefano Zanini (classe 1969) è uno dei direttori sportivi del team kazako. Lui è uno degli habitué del Nord (foto Instagram)Stefano Zanini (classe 1969) è uno dei direttori sportivi del team kazako. Lui è uno degli habitué del Nord (foto Instagram)
Stefano, non una grande notizia quella di Ballerini. Sembrava che forse poteva non esserci dopo aver passato un gennaio complicato…
E invece proprio non c’è, poverino. Purtroppo questo problema al ginocchio c’è ancora. O meglio, lo sta risolvendo, sta migliorando. Davide è tornato in sella, ma per queste classiche non c’è. Non può essere pronto chiaramente.
E adesso come ridisegnerai la tua squadra? Alla fine Ballerini lo avevate preso con il grande obiettivo proprio di queste corse…
Abbiamo abbiamo Cees Bol, Alexey Lutskenko e, almeno per l’apertura, anche Yevgeniy Fedorovche secondo me può fare molto bene. Poi vediamo anche con Max Kanter e Ide Shalling cosa riusciamo a fare.
Però Ballero era il vostro uomo di punta: lui, con una squadra intorno…
Eh sì. Io e noi tutti ci contavamo molto. Io ero contento di venire quassù con lui. Sono contentissimo del suo ritorno. Dispiace parecchio che non ci sia. Era un uomo importantissimo per queste gare. Però guardo avanti e allora penso che Bol sul pavé è bravo, che si muove molto bene. E che gli altri ragazzi stanno bene. Possiamo essere protagonisti: abbiamo una buona squadra.
Era il 2021 e Davide Ballerini (classe 1994) vinceva l’Omloop Het NieuwsbladEra il 2021 e Davide Ballerini (classe 1994) vinceva l’Omloop Het Nieuwsblad
Vero, e questo aumenta il dispiacere. Da un punto di vista “romantico”, mettiamola così, immagini che qualche consiglio ai compagni Davide lo darà? Tanto più che è stato l’ultimo italiano a vincere l’Het Nieuwsblad due anni fa? Arriverà qualche messaggio da remoto?
Perché no! Potrebbe essere una motivazione per la squadra. Già da questo inverno Davide ci teneva molto a questa corsa. Sono le classiche che piacciono a lui: sul pavé si diverte. Qualche consiglio da lui magari farebbe bene all’economia della squadra e al morale.
Più o meno quando pensi di poterlo riavere?
Non lo so di preciso. Ma secondo me, visti i tempi, non lo vedremo neanche per le prossime gare del Nord.
Neanche per il Fiandre (31 marzo, ndr)?
Per ora è ancora nelle liste e nei programmi della squadra, ma è troppo indietro. La vedo difficile. A questo punto non è il caso di forzare i tempi. Vogliamo che la cosa si risolva nel miglior modo possibile e soprattutto che Ballerini non abbia altri intoppi, altre ricadute. Se le classiche dovessero essere perse del tutto, meglio recuperare senza fretta, ma bene per tutto quello che viene dopo.
Le poche foto di Ballerini con la nuova maglia dell’Astana. Per ora lo possiamo vedere solo in allenamento (foto Astana)Le poche foto di Ballerini con la nuova maglia dell’Astana. Per ora lo possiamo vedere solo in allenamento (foto Astana)
E tu “Zazà”, sappiamo che sei in Belgio da lunedì. Hai provato anche il percorso dell’Omloop Het Nieuwsblad?
Più che altro ho provato fatica in generale! Ho fatto alcuni muri in bici: il Kwaremont, il Paterberg, qualche strada in pavé. E ho provato il finale, gli ultimi 40 chilometri, della Kuurne-Bruxelles-Kuurne, che è stato un po’ modificato. Ci sono più stradine laterali e per domenica mette vento forte. Vento laterale e questo potrebbe fare la differenza.
Anche i ragazzi sono già lì con te da lunedì?
No, loro sono arrivati ieri sera. La verità è che io fino a domenica ero in Portogallo, all’Algarve. Sarei dovuto venire su in macchina. Sarei passato da casa solo per un giorno, ma con mille chilometri in più da fare. E così ho tirato dritto.
Caspita! Tornando a Ballerini, ripensando anche a come è andata con Moscon l’anno scorso, e a tutti i malanni dell’Astana-Qazaqstan negli ultimi anni, qualche scongiuro in più non guasterebbe…
Servirebbe un tuffo nell’acquasanta! E’ vero. Ripeto, è un peccato. Noi e Ballero ci tenevamo molto. Avevamo fatto le cose per bene. Pensate che il 4 dicembre eravamo venuti quassù in Belgio per fare dei sopralluoghi, per testate i nuovi materiali: per dire quale motivazione c’era. Poi a gennaio è tornato, improvviso, questo dolore al ginocchio.
Il tempo di smaltire la delusione per il 2° posto e ci siamo resi conto che Battistella aveva già fatto una volata come quella di ieri. Ai mondiali del 2019
ALTEA (Spagna) – La compagine italiana dei direttori sportivi dell’Astana Qazaqstan Team ha perso purtroppo Orlando Maini, mentre gli altri ci sono ancora tutti. Nel ritiro di dicembre mancava anche Martinelli, ufficialmente rimasto a casa per fare i programmi. La squadra sta cambiando pelle, lo ha detto anche suo figlio Davide e si sussurra che l’impossibilità di trovargli un ruolo sia stata alla base di qualche malumore. Però intanto c’è una stagione da mettere nel mirino e per Stefano Zanini si annuncia molto interessante. Il ritorno di Ballerini lo ha sorpreso come il più bello dei regali. Il gruppo dei giovani è materiale fertile su cui mettere mani. E poi c’è Cavendish con il suo record al Tour (Mark è con Ballerini al Giro del 2022, entrambi in maglia Quick Step).
Stefano va per i 55, i capelli bianchi si fanno largo, ma la struttura è ancora quella massiccia dell’uomo del Nord e delle volate più energiche. Il ragionamento ha il tono scanzonato di chi ne ha viste tante, ma si capisce che alla base ci sia forte l’esigenza di stabilità, che Martinelli ha assicurato per anni a tutto il gruppo.
Stefano Zanini, classe 1969, ha corso fino al 2007, poi è salito in ammiraglia. E’ all’Astana dal 2013Stefano Zanini, classe 1969, ha corso fino al 2007, poi è salito in ammiraglia. E’ all’Astana dal 2013
Ballerini ha fatto con voi il primo anno in WorldTour, poi è andato alla Quick Step: ti aspettavi che tornasse?
Avevo sentito qualcosa (ride, i due sono ottimi amici, ndr), mi sa che avevamo anche messaggiato… Ma adesso che è tornato, sono felicissimo. Io c’entro poco negli acquisti, però sono veramente contento, per tutte le gare che ci saranno, ma soprattutto per quelle in Belgio sul pavé. Ci sa fare e gli piace: questa è la grande differenza. Perciò abbiamo già cominciato a lavorare, qualcosina abbiamo provato anche con la neve. Insomma, speriamo che funzioni…
In cosa lo hai trovato diverso? La Soudal-Quick Step gli ha lasciato qualcosa?
Certo, più di qualcosa. Lui l’ha portato qui e adesso noi la sfruttiamo. Grazie, Brama! Arriva con un bagaglio importante di conoscenze, perché in quelle corse una squadra come la Quick Step è sempre stata ad altissimi livelli. Sa come muoversi, dove muoversi, dove risparmiare energie. E pedala bene, mi sembra di rivedere qualcun altro con lo stesso nome che sgambettava sul pavé (dicendolo, la voce ha un tremito, ndr). Perciò dobbiamo sfruttare questa situazione per le gare che abbiamo scelto per lui su in Belgio e farle al 110 per cento. Insomma, anche noi faremo la nostra parte. Dobbiamo essere pronti e preparare tutto per metterglielo a disposizione.
Scaroni e Velasco sono due degli italiani da cui ci si aspetta qualcosa di più (foto Astana Qazaqstan Team)Scaroni e Velasco sono due degli italiani da cui ci si aspetta qualcosa di più (foto Astana Qazaqstan Team)
L’Astana ha sette italiani in organico, cosa faranno?
Infatti l’italiano finora era la lingua di tutti, anche se adesso sta arrivando tanto inglese. Di italiani che hanno dimostrato qualcosa ce ne sono. Scaroni, a momenti vince in Norvegia. A Battistella è mancato qualcosa, però ha fatto due secondi posti. Credo che ci siano dei corridori in grado di fare buone cose, cui noi metteremo a disposizione tutto quello che abbiamo, ma alla fine è ovvio che devono essere loro quelli che fanno le cose al meglio per arrivare all’obiettivo. Devono focalizzare gli obiettivi e non mollare. Ed essere capaci di riguardare quel che non è andato e trovare le soluzioni, in modo da crescere.
Quanto impatta la presenza di Cavendish e del suo gruppo sul resto della squadra?
Tanto, secondo me, perché è molto carismatico. Ovviamente è un campione, però lo vedo anche come maestro. Qualche giorno fa abbiamo fatto delle prove di volata e alla fine si è messo anche lui a spiegare le cose. Ha parlato con Kanter per migliorare la sua posizione, come mettersi, come fare la volata e non muoversi tanto, in modo da non perdere energia e sprigionare tutto sui pedali. E questo è bello.
Kanter è arrivato dal Movistar Team alla Astana, Zanini racconta come Cavendish lo aiuti con i suoi consigliKanter è arrivato dal Movistar Team alla Astana, Zanini racconta come Cavendish lo aiuti con i suoi consigli
Te lo aspettavi così?
E’ solo un anno che si lavora insieme, però sono scoperte che fanno bene a tutti. Quando vedi un campione che fa queste cose, i ragazzi se ne accorgono e l’ambiente cresce.
L’arrivo di Morkov sarà importante?
Sono convinto di sì, anche perché l’ha voluto Mark, si fida di lui e Michael ha una grandissima esperienza, che sicuramente metterà a disposizione di tutti gli altri. Ho già visto un bel gruppo. Alcuni un po’ si conoscevano, però gradualmente tutti si lasciano coinvolgere.
Attorno a Cavendish sta nascendo un grande gruppo: Ballerini ne fa parte (foto Astana Qazaqstan Team)Attorno a Cavendish sta nascendo un grande gruppo: Ballerini ne fa parte (foto Astana Qazaqstan Team)
Da dove inizierà la tua stagione?
Australia, tanto per cambiare. Poi Algarve, ovviamente l’apertura in Belgio, Strade Bianche, Sanremo, tutto il Nord e poi il Giro. Ballerini andrà in Colombia con Cavendish, poi verrà in Belgio, per l’apertura. Tutta robetta, insomma (ride, ndr), ma dopo la Roubaix staccherà. Non farà il Giro, dopo tre settimane di pavé o stravinci la Roubaix e non senti più nulla, oppure fai anche l’Amstel sulle ali dell’entusiasmo. Ma il Giro proprio no, quest’anno meglio il Tour con Cavendish.
Il ritorno di Cavendish è ora completo. Con la vittoria di Fougeres, il britannico riallaccia il filo con la sua storia. Il branco di lupi fa festa con lui
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ALTEA (Spagna) – Ridacchiando con Zanini e indicando Ballerini, la battuta è scappata spontanea: «Il figliol prodigo è tornato a casa». Ben altro era infatti lo spirito quando Davide lasciò l’Astana per approdare nella squadra che aveva sempre sognato. Alla Soudal-Quick Step c’è rimasto per quattro anni. Ha vinto e fatto vincere. Quando però il contratto è arrivato a scadenza, il corridore di Cantù ha preferito imboccare la strada di casa.
«Sono sempre stato in contatto con Zanini – sorride – anche negli anni che ero in Quick Step. Dietro c’è una grande amicizia, anche se siamo divisi dal basket: lui con Varese e io con Cantù, ma adesso nessuno dei due ha da fare lo spiritoso. Sono contento di essere ritornato e di poter lavorare ancora con lui».
Zanini e Ballerini sono amici di vecchia data: ora lavorano nuovamente insieme all’AstanaZanini e Ballerini sono amici di vecchia data: ora lavorano nuovamente insieme all’Astana
Quattro anni di più
Tra i fattori che hanno reso il ritorno più gradevole, c’è anche il fatto che all’Astana sia arrivato Vasilis Anastopoulos, con cui Ballerini ha lavorato negli anni in Belgio.
«Rispetto al 2019 sono quattro anni più vecchio – ridacchia – più maturo, suona meglio. Ho tanta esperienza e questa penso sia una delle cose più importanti. Con Vasilis lavoro da quattro anni, mi sono sempre trovato bene. Più lavori insieme a una persona, più riesci a capire quello che ti chiede. Hai più feeling e anch’io piano piano mi sto capendo. Sto crescendo per quanto riguarda il fisico e la consapevolezza. E mentre prima non riuscivo a capire quando ero stanco o quando stavo andando in condizione, adesso ci riesco molto di più. So quando devo tirare il freno e quando posso spingere di più. Queste cose sono molto importanti, mi dispiace di non averle raccolte già da prima».
Vasilis Anastopoulos è approdato all’Astana dopo aver preparato i ragazzi della Quick StepVasilis Anastopoulos è approdato all’Astana dopo aver preparato i ragazzi della Quick Step
Treni in costruzione
Nel drappello di corridori che hanno condiviso chilometri e storie alla corte di Lefevere, c’è anche Morkov. Il suo arrivo ha fatto la felicità di Cavendish, ma ha raccolto anche il gradimento di Ballerini.
«Sono contento che anche Michael sia venuto qua con noi – spiega – è un’altra persona che mi ha dato tanto in Quick Step. Con lui ho imparato tutto quello che c’è da sapere sugli sprint. Ero un giovane, mi buttavo nelle volate, ma insieme abbiamo cominciato a provare i treni e le varie tattiche. Stiamo lavorando già molto bene e riusciremo a fare qualcosa di bello. Faccio parte anche io del gruppo Cavendish per il Tour e non vedo l’ora che si cominci a correre. Ogni tanto facciamo anche qualche garetta tra di noi: sono cose molto importanti che secondo me formano un grande gruppo. Ma quando andremo in ritiro in Colombia e cominceremo a provare i primi treni, allora ci renderemo conto di come abbiamo lavorato».
La più bella vittoria di Ballerini in Belgio è la Omloop Het Nieuwsblad del 2021La più bella vittoria di Ballerini in Belgio è la Omloop Het Nieuwsblad del 2021
Wolfpack alla kazaka
Quando si è lavorato a lungo per gli altri, il rischio è di non vedere altri orizzonti. Per questo nel sentirlo parlare così di Cavendish, ci assale la curiosità di capire se fra gli obiettivi di Ballero ci sia anche… Ballero! Perciò la domanda, subdola il giusto, arriva secca: potendo scegliere tra vincere una Roubaix e la famosa tappa del Tour per Cavendish, Ballerini che cosa sceglie?
«Personalmente la Roubaix – dice senza pensarci un istante – perché dalla prima volta che ho visto una ruota muoversi sulla strada, ho pensato a quella gara. E’ una gara del cavolo, più ci sto dentro e più mi rendendo conto che vincerla non è facile e non è solo una questione di condizione fisica. Ci ho puntato moltissimo negli ultimi quattro anni, ma la volta che ci sono andato più vicino è stato proprio il 2019 con l’Astana (foto di apertura, ndr). Deve girare tutto nel verso giusto e io ci metterò del mio perché vada bene. Cercherò di farmi trovare pronto.
«Ho scoperto dei nuovi ragazzi qui in Astana che possono darmi una mano. La cosa principale è il gruppo e ho notato che mentre nel 2019 c’erano tanti gruppetti diversi, ora stiamo cercando di amalgamarci tutti. Sta nascendo il Wolfpack alla kazaka. “Cav” è bravo a fare gruppo, soprattutto quando l’atmosfera diventa pesante. Se ci sono pressioni, magari lui è il primo che sclera, ma sappiamo che ogni sfogo finisce in quel momento. Poi ci sediamo tutti insieme e ne parliamo: solo così si riesce a migliorare, secondo me».
Al Tour del 2021, Ballerini ha lavorato nel treno, ma con Morkov ha anche scortato Cavendish nelle tappe più dureAl Tour del 2021, Ballerini ha lavorato nel treno, ma ha anche scortato Cavendish nelle tappe più dure
Il Tour dei miracoli
Il ricordo di quel Tour prodigioso del 2021 farà fatica ad andarsene dagli occhi di chi l’ha condiviso accanto a Cavendish, basta ascoltare Ballero per capirlo.
«Non si dimentica – spiega – perché Mark ha avuto una squadra che credeva in lui e piano piano lo sosteneva e lo portava avanti nei momenti critici. Stavamo compatti. Quando si staccava, i velocisti facevano a gara per non stare con noi. Dicevano che saremmo andati fuori tempo massimo, invece siamo sempre arrivati al traguardo. Un paio di volte a pelo, però siamo sempre arrivati. Questo è possibile quando vedi i tuoi compagni di squadra che danno tutto per te. Secondo me ti dà quella cosa in più che ti fa scattare qualcosa nella testa, che ti dà la forza in più per vincere».
Il 5 dicembre, Ballerini è volato in Francia per testare i nuovi materiali sul pavé (foto Instagram)Il 5 dicembre, Ballerini è volato in Francia per testare i nuovi materiali sul pavé (foto Instagram)
Sopralluogo a Roubaix
Nel frattempo, approfittando del fango e del cattivo tempo, Ballerini e pochi altri sono volati sulle strade della Roubaix per fare un po’ di prove sui materiali. L’arrivo delle ruote Vision lo ha richiesto, al pari del voler saggiare la bici dopo quattro anni sulle Specialized, che sulle pietre fanno egregiamente il proprio mestiere.
«Devo dire che andare è stata un’ottima cosa – dice – anche se il meteo era disastroso. Però la condizione migliore per provare materiali è il tempo brutto, quindi ci è andata bene. Era stato brutto i giorni prima, invece quel giorno non ha neanche piovuto. C’era un po’ di vento, ma abbiamo provato le ruote Vision per la Roubaix e le varie pressioni e vari pneumatici. Devo dire che il feeling c’è ancora, quando vado sul pavé cambia tutto. Diciamo che in gara non ti accorgi dei particolari, li noti di più in allenamento. Devi prenderci la mano, perché quando piove è come essere sulle uova.
«Nel 2019 pedalavamo con l’Argon 18, mentre questa volta abbiamo provato la Filante e rispetto a Specialized non le manca nulla. Devo dire che mi sono sorpreso, non pensavo fosse così valida. Cambiando le ruote, le componenti delle ruote, i copertoni e i tubeless, non è facile metterli insieme, però devo dire che è una grande bici. Ho gonfiato i tubeless a 5,5-5,6. Mi ci trovo bene, ma penso di essere un corridore vecchio stampo, perché preferisco ancora il tubolare. Però si cerca sempre di evolvere sempre di più. All’inizio ero scettico anche sui freni a disco, ma quando li ho provati ho detto: non torno più indietro».
Gazzoli riparte dalla Spagna dopo il rientro vincente di fine 2023. Ha voglia di recuperare e la smania di farlo. Ha lavorato bene. Debutto al Down Under