Damiani e il modello Cofidis: niente devo ma tanto scouting

26.01.2025
5 min
Salva

Dall’esperienza di Nicolò Arrighetti e Diego Bracalente, stagisti alla Cofidis per una settimana, è nato lo spunto per chiamare Roberto Damiani. Il diesse del team francese è stato in Spagna a seguire il ritiro dei suoi ragazzi, al quale hanno partecipato anche i due giovani azzurri. Quando raggiungiamo Damiani al telefono ci accoglie con il suo tono gentile e disponibile, che invoglia a parlare e ascoltarlo.

«Stavo guardando gli spostamenti per il Giro d’Italia – racconta – più precisamente per arrivare in Albania. Arrivare a Durazzo non sarà semplice, bisogna viaggiare da Lille, dove partiranno i nostri mezzi pesanti (camion, pullman e ammiraglie, ndr) fino a Bari. Dalla Puglia si prende il traghetto e si attraversa l’Adriatico. Fare il giro dei Paesi dell’ex Jugoslavia diventava troppo complicato a causa delle dogane e dei controlli».

Dall’arrivo di Michelusi nello staff performance è iniziato un lavoro di osservazione e valutazione tra giovani
Dall’arrivo di Michelusi nello staff performance è iniziato un lavoro di osservazione e valutazione tra giovani

Un passo indietro

La stagione della Cofidis si sta costruendo man mano. Damiani dapprima farà un salto in Spagna per seguire la sua prima gara del calendario europeo, successivamente si sposterà in Francia per il Tour des Alpes Maritimes. Ma il grosso del suo calendario sarà in Italia, con Laigueglia, Strade Bianche, Sanremo. Concluderà la primavera con le gare del Nord: Harelbeke, Gand e Fiandre. 

«Tuttavia – riprende – per arrivare pronti a queste gare dovevamo passare prima dal secondo ritiro stagionale. Siamo stati in Spagna per un paio di settimane. Durante quei giorni abbiamo aperto le porte a qualche under 23, sette in totale, che si sono alternati all’interno del team».

Il lavoro di scouting ha già portato i suoi frutti, alla Cofidis per il 2025 è arrivato Clément Izquierdo dal team AVC Aix-En-Provence (foto Mathilde L’Azou)
Il lavoro di scouting ha già portato i suoi frutti, alla Cofidis per il 2025 è arrivato Clément Izquierdo dal team AVC Aix-En-Provence (foto Mathilde L’Azou)
Cosa vuol dire accogliere dei ragazzi under 23 da voi a gennaio. 

Si tratta di un lavoro di scouting che ha preso il via già nel 2024. Stavo leggendo poco fa il vostro articolo sui giovani della Mapei. La scelta di molte formazioni di creare un team di sviluppo ci ha portati a fare un’attività di ricerca tra gli under 23. Non c’è altra via di scelta. La scorsa stagione la Cofidis ha rivoluzionato il settore performance. E’ arrivato Mattia Michelusi, il quale ha iniziato a valutare, testare e capire i giovani. 

Molte squadre WorldTour fanno nascere i devo team, voi?

Molte formazioni dirigono parte del budget per creare squadre continental, ma non è un’idea che mi piace molto. In Francia i costi sono elevati e per fare una squadra devo serve più di un milione di euro. Io ho parlato con Cofidis e ho proposto loro un sistema alternativo. 

Portare gli under 23 al ritiro di gennaio è un modo per mostrare loro come lavora e come funziona un team WorldTour (foto Instagram)
Portare gli under 23 al ritiro di gennaio è un modo per mostrare loro come lavora e come funziona un team WorldTour (foto Instagram)
Ovvero?

Fare un lavoro di scouting europeo. Abbiamo preso i nove Paesi nei quali Cofidis è presente commercialmente. Ci siamo guardati in giro e a gennaio si sono selezionati i primi sette profili, li abbiamo scelti tra Francia, Italia, Belgio e Spagna. 

In questo modo cosa cambia?

Si lavora a stretto contatto con diverse realtà sulle quali si ha fiducia. Ad esempio Arrighetti arriva dalla Biesse Carrera. Io so che di Milesi e Nicoletti mi posso fidare, visto che nel 2024 abbiamo preso come stagista un loro corridore. Questo discorso vale anche per Bracalente. Con queste formazioni si instaura un rapporto di massima trasparenza e solidarietà.

Nel 2024 era toccato a Filip Gruszczynski, sempre della Biesse Carrera fare uno stage con la Cofidis (foto Instagram)
Nel 2024 era toccato a Filip Gruszczynski, sempre della Biesse Carrera fare uno stage con la Cofidis (foto Instagram)
E’ un modo anche per responsabilizzare le squadre.

Vero. In più loro possono affermare di avere un rapporto stretto con la Cofidis, il che permette di avere un maggiore appeal per i ragazzi under 23. E’ un titolo qualificante e che valorizza il lavoro di formazioni continental già esistenti. Inoltre creare una formazione development permette di tenere sotto controllo quei dieci o dodici ragazzi che si prendono. Mentre noi, collaborando con tante formazioni, abbiamo un bacino maggiore. Si parlava della squadra dei giovani della Mapei, voglio dire una cosa.

Prego…

Io sono arrivato alla Mapei l’anno in cui nasceva questo progetto. Avevamo uno staff dedicato e un personale di riferimento. L’investimento economico non era stato di poco conto. Nel ciclismo moderno ci sono troppi venditori di sogni. I procuratori guardano al loro interesse e non a quello del ragazzo. Invece lavorare con i giovani deve essere un piacere. Portarli con noi in ritiro è stato bello, sia Bracalente che Arrighetti hanno toccato con mano una realtà differente. Sapete qual è la cosa che mi è piaciuta di più?

L’obiettivo di queste due settimane di stage svolte a gennaio è quello di trovare i tre stagisti da inserire nel 2025 (foto Instagram)
L’obiettivo di queste due settimane di stage svolte a gennaio è quello di trovare i tre stagisti da inserire nel 2025 (foto Instagram)
Dicci.

Vederli integrati nel gruppo. La sera giocavano a carte e parlavano con i professionisti. In bici si sono mostrati forti e preparati, ma la cosa che ho voluto dire loro è stata di non vivere quei cinque giorni come un test continuo. Non è da una mancata risposta a uno scatto in un ritiro di gennaio che si decide il loro futuro. Volevo che si accorgessero del fatto che si fa sempre ciclismo, cambia la cornice ma il quadro no. 

Però cercate comunque delle risposte? 

Questo è chiaro. Alla fine non nascondo che da questi sette ragazzi vogliamo tirare fuori quelli che saranno gli stagisti che verranno a correre con noi a fine anno. 

I tuoi corridori che hanno detto?

Mi è piaciuta molto una battuta di Thomas che parlando mi ha detto, riferito ad Arrighetti: «Chi è quello? Mentre facevamo la simulazione di corsa mi ha messo alla prova». Mi ha reso felice perché vuol dire che i ragazzi si sono sentiti liberi di muoversi e di fare come se fossero con i loro coetanei. Questo è sicuramente un aspetto positivo.

Montoli, un altro anno di esperienza, poi il salto

06.02.2023
5 min
Salva

Uno dei volti della Fundacion Contador, la squadra under 23 legata alla Eolo-Kometa, è Andrea Montoli: classe 2002, lombardo di Parabiago. Il 2022 è stata la sua seconda stagione corsa nella categoria che fa da anticamera al professionismo. L’inizio delle gare si avvicina e con Andrea bussiamo al 2023, cui chiede qualcosa in più, forte delle motivazioni trovate l’anno scorso. 

A settembre in Spagna per il lombardo è arrivata la prima vittoria tra gli under 23
A settembre in Spagna per il lombardo è arrivata la prima vittoria tra gli under 23

A breve si riparte

Mentre i professionisti hanno già attaccato il numero sulla schiena, gli under 23 si trovano ancora nel periodo pre-stagione. L’inizio però non sembra così lontano. 

«Ora sono in Friuli dalla mia ragazza – racconta Montoli – e ogni tanto vengo qui per stare con lei. Domani (oggi, ndr) sono previsti 18 gradi. Approfitto di questo clima anomalo per passare del tempo insieme a lei e per allenarmi, se fa caldo ti viene anche più voglia (dice ridendo, ndr). A breve, l’11 febbraio, andremo a fare un ritiro con la squadra in Spagna, poi il 18 ed il 19 ci saranno due gare. Sfruttiamo il tempo per lavorare insieme e scoprire quale calendario andremo a fare. Avevamo già fatto un ritiro a dicembre, ma si trattava più di un ritrovo. Arrivavo dalle vacanze e avevo anche qualche chiletto in più. Sapete, difficile non mangiare quando si va a Napoli e Catania, però avevo avvisato la squadra, mi ero portato avanti (dice ridendo di nuovo, ndr)».

Piganzoli Maurienne 2022
Piganzoli e gli altri ragazzi passati alla professional sono la testimonianza che il progetto della Eolo funziona (Foto Zoe Soullard)
Piganzoli Maurienne 2022
Piganzoli e gli altri ragazzi passati alla professional sono la testimonianza che il progetto della Eolo funziona (Foto Zoe Soullard)

I vecchi compagni

Nel ritiro di Oliva di dicembre era presente anche la formazione professional, in cui da quest’anno sono passati anche quattro suoi ex compagni. Che effetto fa trovarli “dall’altra parte?”.

«Ci vedevamo poco – continua – praticamente solo la sera per mangiare e qualche volta incrociavamo il loro gruppo di allenamento. Vedere i ragazzi che erano under l’anno scorso fa un certo effetto, a me ha dato una bella motivazione. Ha alimentato la speranza che un giorno possa arrivare anche per me quel momento. Ho avuto la sensazione che il progetto sia concreto, che impegnandomi come hanno fatto loro, possa arrivare anche il mio turno. 

«I lavori fatti a casa fino ad ora mi danno buone sensazioni – dice – si è lavorato molto sul fondo, tanto volume e qualcosa di intensità. Il ritiro di febbraio servirà proprio per capire il livello al quale siamo arrivati, sarà un primo feedback per il team».

Tra pochi giorni i ragazzi del team U23 si ritroveranno per il secondo ritiro stagionale
Tra pochi giorni i ragazzi del team U23 si ritroveranno per il secondo ritiro stagionale

Un passo indietro

Con Montoli, però, analizziamo prima quello che è successo nel 2022, alla sua seconda stagione con la Fundacion Contador. Qualche passo in più, una buona crescita ed il premio con lo stage tra i professionisti. 

«E’ stata una stagione in crescendo – racconta il lombardo – ero partito in sordina, ma dalle gare internazionali in poi sono migliorato pian piano. Fino ad ottenere la prima vittoria tra gli under 23 a settembre, in Spagna. Lo stage con i professionisti è stata una bellissima occasione dalla quale porto a casa numerose emozioni. La cosa più bella è essere riuscito a scambiare qualche battuta con Nibali alla Coppa Agostoni e Bernal al Giro della Toscana. In quelle corse la squadra mi aveva chiesto di mettermi a disposizione nelle fasi iniziali. Ho provato ad entrare in qualche fuga ma partivano sempre uno scatto dopo rispetto a quelli che riuscivo a fare (ride ancora. ndr).

«Il ritmo è tanto diverso da quello al quale sono abituato. Nei primi venti minuti si va fortissimo, poi si rallenta e le squadre si organizzano. La bagarre per prendere in testa le salite è tostissima, devi saper spingere il rapporto. Mi trovavo tra corridori di Ineos e UAE, mi ha fatto uno strano effetto, ma ho cercato di stargli a ruota. E’ stata una gran bella esperienza: salire sul pullman, fare la riunione pre corsa… Quando ero piccolo andavo a queste corse chiedendomi cosa ci fosse sul bus delle squadre, finalmente l’ho scoperto! Spero di tornarci di nuovo».

Montoli, con il numero 21, in corsa ai campionati italiani under 23 di Carnago
Montoli, con il numero 21, in corsa ai campionati italiani under 23 di Carnago

Il Giro Under 23

Tra le corse affrontate da Montoli nella scorsa stagione c’è stato anche il Giro d’Italia U23. Una prima volta speciale anche questa, per diversi motivi… 

«Si è trattata di una grande esperienza – ci dice – ti confronti con i corridori migliori al mondo. Molti di loro ora li vedi in televisione a correre con i professionisti. E’ un mondo completamente diverso, in qualche modo simile a quello dei grandi, con le dovute proporzioni. Fai tanta esperienza, imparando a “vivere come un professionista”, dalla colazione fino alla cena, e questo giorno dopo giorno. Dal punto di vista atletico l’ho trovato molto utile, ti dà una grande continuità ed impari a gestirti.

«Nella tappa di Santa Caterina, la più dura, fin dai piedi del Mortirolo dalla macchina mi hanno consigliato di risparmiare energie per arrivare al traguardo. Anche perché l’indomani dopo c’era una tappa (quella di Chiavenna, ndr) più adatta alle mie caratteristiche. Devi imparare a correre guardando la corsa nel suo insieme e non semplicemente giorno per giorno».

L’obiettivo per la prossima stagione è migliorare quanto fatto fino ad ora, cercando anche qualche vittoria in più
L’obiettivo per la prossima stagione è migliorare quanto fatto fino ad ora, cercando anche qualche vittoria in più

Debutto in Spagna

Il buon umore di Montoli è contagioso, il giovane corridore parla sciolto, sempre con la risata pronta. Ma non fatevi ingannare troppo, gli obiettivi per il 2023 ci sono e la motivazione anche, d’altronde inizia il terzo anno da under.

«L’obiettivo per la stagione che inizierà a breve – conclude Montoli – è quello di crescere ancora. Presentarmi alle corse che l’anno scorso ho affrontato per la prima volta e riuscire a fare meglio. Vorrebbe dire che ho imparato dalle esperienze pregresse e sarebbe un segno di maturità. Alla fine inizio il terzo anno da under 23 e vorrei provare a fare il grande salto, sono giovane ma per il ciclismo moderno non così tanto (ride, ndr)».

Raffaele Mosca e il ritiro-premio con la Bahrain

29.07.2022
5 min
Salva

Qualche giorno fa vi avevamo parlato del Trofeo Emozione e del suo particolare premio: lo stage con la Bahrain-Victorious. Quest’anno a vincerlo è stato Alessandro Da Ros e il prossimo gennaio volerà lui con la squadra di Mohoric, Colbrelli, Caruso e company.

Ma il suo predecessore, Raffaele Mosca, ci racconta come è andata. Come ha vissuto quella settimana da sogno in Spagna con i professionisti del WorldTour. Da Ros può prendere appunti!

La vittoria di Mosca al Trofeo Emozione 2021 (foto Trofeo Emozione)
La vittoria di Mosca al Trofeo Emozione 2021 (foto Trofeo Emozione)
Raffaele, quest’anno sei andato in ritiro con la Bahrain: prima di iniziare questo “viaggio” con te, raccontaci brevemente chi sei. Ti abbiamo intravisto all’ultimo Valle d’Aosta…

Sono un corridore umbro, di Todi, in provincia di Perugia. Direi che sono uno scalatore. Quest’anno corro al Team Qhubeka con il direttore sportivo e manager Daniele Nieri. E proprio perché sono uno scalatore Nieri mi aveva schierato al Valle d’Aosta, ma avendo avuto la scuola fino a pochi giorni prima non ero ben preparato. Mi sono fermato dopo tre tappe.

Quest’anno, dicevamo, hai fatto questo ritiro con la Bahrain-Victorious. Raccontaci come è andata sin dal tuo arrivo in Spagna…

Il ritiro si è tenuto ad Altea. Una ragazza dello staff mi aveva contattato già nei giorni precedenti per il biglietto aereo. Una volta arrivato in aeroporto mi sono venuti a prendere. Ho notato subito grande cordialità e gentilezza. Ricordo che mi chiesero se avessi mangiato.

Con chi hai passato più tempo dei corridori?

Con i più giovani: Fran Miholjevic e Marco Andreaus, che sono al Cycling Team Friuli .

Com’era una giornata tipo?

Facevo tutto quello che facevano i pro’. Quindi sveglia e stretching tutti insieme in una grande sala. Poi andavamo a colazione, quindi risalivamo in camera per prepararci all’uscita. Prima di andare in bici si faceva un meeting in cui ci spiegavano l’allenamento e quindi si stava fuori, tre, quattro e anche sei e passa ore. Poi si rientrava: pranzo, riposo, massaggio, cena e poi a dormire. 

Hai notato qualcosa di particolare nella loro alimentazione? Ti hanno dato dei consigli?

No, era tutto molto tranquillo e libero, almeno per quel che mi riguarda. Noi avevamo una sala riservata per i pasti in questo grande hotel e ai tavoli eravamo divisi in gruppetti.

Hai detto anche sei ore: avevi mai fatto così tanto?

No, un giorno abbiamo fatto più di 180 chilometri. Però devo dire che non mi sono trovato malissimo. E così ho potuto anche iniziare la stagione con un po’ di chilometri nel sacco.

Pellizotti con Mosca, il tecnico della Bahrain-Victorious è stato vicino a Raffaele
Pellizotti con Mosca, il tecnico della Bahrain-Victorious è stato vicino a Raffaele
E tu come ti sei presentato a questo training camp? 

Qualcosina avevo fatto. Chilometri più che altro, qualche distanza… ma certo non 180 chilometri. Anche perché andando a scuola ed essendo inverno non uscivo tutti i giorni.

Con i rapporti come ti sei trovato?

Nessun problema, già non avevo più il 52×14 degli juniores, ma il 53×11 degli under 23. Avevo già la bici della Qhubeka.

E invece con i rapporti umani?

Ah, se c’è una cosa semplice in Bahrain è proprio quella. Sin da subito ho parlato con tutti. Uno s’immagina un ambiente freddo e grande, e invece tutti, corridori, staff, massaggiatori, sono stati super tranquilli e disponibili. Per qualsiasi necessità bastava chiedere. Ho parlato molto con il team manager Vladimir Miholjevic (ufficialmente è il performance director, ndr), con Artuso che era colui che mi aveva consegnato il premio a Piancavallo, e anche con Pellizotti.

E con i corridori?

Ero nel gruppetto con Colbrelli, Caruso, Mader e altri. Con Sonny ho parlato un po’ di più. Lui era il mio idolo. Ho anche il suo libro.

E cosa gli hai chiesto?

Più che altro gli ho detto che ero un po’ preoccupato del passaggio di categoria. Io non sempre ingrano subito. Sin dagli allievi ho accusato il primo anno, anche perché ho una muscolatura esile. Insomma mi serve un po’ di tempo per adattarmi e lui mi diceva la sua. 

Gli altri corridori sapevano chi eri e perché eri lì?

Sì e questa cosa mi fa anche sorridere.  

Mosca (classe 2003) è un buon scalatore. Veste i colori del Team Qhubeka
Mosca (classe 2003) è un buon scalatore. Veste i colori del Team Qhubeka
Perché?

Uno dei primi giorni ci hanno portato in una grande sala e lì ognuno si è presentato. Così quando è toccato a me, mi sono alzato, ho detto il mio nome e che ero lì perché avevo vinto il Trofeo Emozione. A quel punto è scattato l’applauso. E’ stata la cosa più bella. Gente che aveva vinto la Roubaix, tappe al Giro… che applaudiva me. L’ho subito raccontata ai miei genitori. Sono stato veramente bene con la Bahrain. Sarei rimasto lì a lungo! Quando c’è stata la Tirreno, e la corsa faceva tappa ad una ventina di chilometri da casa mia, sono andato a salutarli.

C’è qualcosa che hai imparato uscendo con i professionisti?

Mi ha colpito l’alimentazione in allenamento. Tutto è stabilito in precedenza, ci sono delle indicazioni prima di ogni allenamento. Se poi uno mangia un po’ di più o in altri momenti, nessuno ti strilla. Però per quel che mi riguarda ho imparato a mangiare più spesso e a gestire meglio l’assunzione dei gel. 

Torniamo invece all’attualità: adesso come procede la tua stagione?

Come detto, sto cercando di prendere le misure con la categoria. Nieri e la squadra, che ringrazio entrambi, stanno facendo un programma specifico per me, per farmi crescere. Non mi stanno mettendo pressione e mi stanno dando i tempi e lo spazio necessari. A volte anche per familiarizzare con il ritmo, Nieri mi ha portato in corse più facili nonostante io sia uno scalatore. Però sono determinato e mentalizzato. Mi alleno al massimo anche per rispetto dei compagni e della squadra. 

Uno stage con la Bahrain, l’insolito premio al Trofeo Emozione

26.07.2022
5 min
Salva

Chissà cosa passa nella mente di Alessandro Da Ros, della Sc Fontanafredda. Il giovane juniores sabato scorso conquistando il Trofeo Emozione, non ha solo vinto una corsa, ma si è anche guadagnato uno stage con la Bahrain Victorious. E questo, in prospettiva, potrebbe valere molto, molto di più.

Ma certo un trionfo è sempre un trionfo, tanto più se in salita. Tanto più se al termine di una corsa su un tracciato duro, come quello proposto dal Trofeo Emozione. Da Pordenone a Piancavallo con nel mezzo le salite di Clauzetto e Forcella Claupa, prima appunto dell’arrampicata finale dove vinse anche un certo Marco Pantani.

Il vincitore Alessandro Da Ros tra Sacchetto (a sinistra) e Favot, organizzatori del Trofeo Emozione (foto Bolgan)
Il vincitore Alessandro Da Ros tra Sacchetto (a sinistra) e Favot, organizzatori del Trofeo Emozione (foto Bolgan)

Idea tutta friulana

«L’idea – racconta Adolfo Sacchetto, presidente della società organizzatrice, Asd Emozione – è nata da me e dal mio socio, Andrea Favot. Io sono un educatore, lui è uno sportivo esperto di ciclismo e così abbiamo voluto unire l’utile al dilettevole. Volevamo offrire ai ragazzi non solo l’esperienza sportiva della gara, ma fargli vedere anche il mondo dei pro’».

Il gancio con la Bahrain Victorious non è stato immediato. Di mezzo ci sono stati altri due intermediari, uno dei quali è stato Alex Corazza, per quello che è un progetto tutto “made in Friuli”, come vedremo.

«Alex – riprende Sacchetto – è un bravissimo ragazzo che ha smesso di correre a causa della leucemia. E’ arrivato fino agli under 23. Lui conosceva bene Enrico Gasparotto. All’epoca Enrico non era ancora in Bora-Hansgrohe, ma con le sue conoscenze si è mosso presso diversi team e alla fine la Bahrain ha accolto questa nostra proposta.

«Dopo Artuso e Miholjevic, quest’anno è venuto Franco Pellizotti. Abbiamo chiuso il cerchio si può dire».

Il gruppo sulle colline friulane (foto Bolgan)
Il gruppo sulle colline friulane (foto Bolgan)

Fatica e vita

Sport come educazione, come insegnamento alla vita… questo conta moltissimo per Sacchetto nel suo Trofeo Emozione. La fatica insegna qualcosa, secondo lui, e anche se sul momento non la si capisce poi lascia qualcosa.

«Anche il percorso che proponiamo è duro non per caso – spiega Sacchetto – Questo perché la vita e lo sport sono complicati. E’ il legame che c’è tra loro. E noi vogliamo metterlo in risalto».

Secondo Sacchetto i ragazzi al via sono consapevoli di questa opportunità. E questo li aiuta a mettersi in gioco ancora di più.

Per il resto il Trofeo Emozione si propone di essere un po’ diverso dalle altre gare juniores, anche nell’organizzazione. L’accoglienza alla vigilia, i premi, i 200 volontari che per la maggior parte sono ragazzi anch’essi… Insomma si cerca di parlare un linguaggio differente.

Franco Pellizotti consegna a Da Ros il “voucher” per lo stage con la Bahrain Victorious (foto Bolgan)
Franco Pellizotti consegna a Da Ros il “voucher” per lo stage con la Bahrain Victorious (foto Bolgan)

Pellizotti in ammiraglia

E poi c’era appunto Pellizotti. Il “Delfino di Bibbione” ha preso la cosa sul serio e ha seguito la gara dall’ammiraglia, quella griffata Bahrain-Victorious chiaramente.

«Eh sì – racconta con piacere Pellizotti – ero in gruppo con la nostra auto. Andavo sulle fughe e nella salita finale ho seguito i primi quattro».

«Non so bene i dettagli di questo accordo, li ha curati tutti Miholjevic. E’ lui che si occupa di queste cose, però posso dire che per noi si tratta di un secondo colpo per quanto riguarda i giovani.

«Dopo l’accordo con il Cycling Team Friuli, che è la nostra continental, abbiamo stretto questo legame con il Trofeo Emozione che per noi è importante sul tema della ricerca dei giovani. Non abbiamo i budget di Jumbo-Visma, UAE Emirates o Ineos-Greandiers, però è un modo per dare un’occhio a qualche ragazzo, di farlo crescere con noi e soprattutto con la nostra mentalità. E’ un’opportunità per lui e per noi». 

Che possibilità!

Al via di una corsa così impegnativa chiaramente il numero dei partenti non era altissimo. Anche Pellizotti ci spiega che vista l’altimetria molte squadre non hanno portato i (tanti) corridori veloci che hanno in rosa. Però il livello era molto buono.

«Prima del via – racconta Pellizotti – sono andato a salutare un po’ di gente, qualche amico, e a parlare con qualche direttore sportivo… Ho ritrovato, per esempio, Eros Capecchi, che era con la rappresentativa dell’Umbria e mi ha fatto un sacco piacere, e fatalità, ho parlato anche con il diesse del ragazzo che ha vinto.

«Il suo tecnico mi ha detto che stava bene. Mi ha detto che non era un super vincente, ma che si piazzava spesso e stava attraversando un buon momento di forma».

E adesso? Adesso Alessandro Da Ros completerà la sua stagione e a gennaio volerà in ritro con la Bahrain-Victorious.

«E’ il secondo anno che un ragazzo verrà con noi in ritiro – dice Pellizotti – Questo non significa che sarà dei nostri, sia chiaro. Lo scorso anno, Raffaele Mosca, venne con la sua bici e la sua divisa, però appunto visse questa esperienza. Fu in camera con Mohoric, se ricordo bene».