Colbrelli, il sogno di Parigi e l’azzurro che purtroppo non brilla

19.08.2024
6 min
Salva

Amadio l’ha appena accennato, Bennati l’ha detto chiaramente, ma forse non tutti l’hanno sentito o voluto capire. Dietro il malcontento per le prestazioni di Bettiol e Mozzato a Parigi c’è una semplice constatazione: abbiamo corso in tre perché il nostro ranking non è all’altezza delle Nazioni più forti. I punti si fanno nei Grandi Giri e anche nelle classiche monumento e noi, persi Nibali e Aru, non abbiamo più trovato sostituti all’altezza. Ci sarebbe stato anche Colbrelli, che però si è fermato per i noti problemi di salute. Sin da Tokyo, Sonny aveva fatto un bel cerchio rosso sul giorno di Parigi. Per cui oggi è con lui che facciamo il punto della situazione azzurra (in apertura è proprio con Bennati, in una foto Limago | Creative Agency).

«Io non ho mai fatto le Olimpiadi – dice il bresciano da casa – ma posso dirvi che con Cassani avevamo parlato proprio di Parigi. Non mi aveva portato a Tokyo nel 2021, nonostante andassi fortissimo in salita. Però ricordo che ne parlammo, vi dico la verità. Fui io a dirgli che avrei preferito non andare, perché il percorso mi sembrava troppo duro. Lasciate stare che Van Aert fece terzo, ma lui quell’anno volava. Io magari sarei stato con Bettiol, che poi ebbe i crampi. Magari venivano anche a me o saremmo arrivati in quel gruppetto e sarei arrivato fra l’ottavo e il decimo posto. Per questo dissi a Cassani che sarei rimasto a casa e sposammo l’idea di andare a Parigi. Che ne sapevo di quello che mi sarebbe successo? Andai anche a fare le visite al Coni perché ero nelle liste olimpiche. Ci tenevo molto, le Olimpiadi mancano alla mia carriera, perché per uno sportivo sono indimenticabili. Ma nel 2021 ci concentrammo sul mondiale…».

Il 2021 è l’anno in cui Colbrelli batte Van der Poel alla Roubaix ed Evenepoel agli europei
Il 2021 è l’anno in cui Colbrelli batte Van der Poel alla Roubaix ed Evenepoel agli europei
A Parigi siamo andati in tre, perché il nostro ranking non era all’altezza.

Purtroppo è così. Le Olimpiadi sono già difficili a pieno organico, che sono 4 corridori. Ma se corri in 3 e uno è Viviani che si è trovato lì per la pista, su un percorso che non era per lui, allora si fa dura. Che poi Elia ha fatto la sua parte. Ma se siamo andati in tre non è solo per quest’anno, ma anche per i precedenti. Mancano un po’ più di continuità e magari corridori da corse a tappe, perché i punti pesanti si prendono nei Giri. Senza più Nibali e Aru, dobbiamo aspettare Pellizzari e Piganzoli e ovviamente il nostro Tiberi, che al momento credo sia la punta italiana. Invece nelle classiche siamo anche in tanti, però quando inizia la vera corsa, non ci siamo. Ganna ha fatto secondo alla Sanremo ed è stato un grandissimo numero. Penso che corridori per le corse del Nord li abbiamo, perché quest’anno Bettiol è stato preso nel finale del Fiandre e poteva andare sul podio. E invece quel giorno è venuto fuori Mozzato, che ha fatto secondo.

La sensazione è che manchino l’incisività, la forza e il coraggio di provare qualcosa fuori dagli schemi.

Che sia una corsa prestigiosa, che sia anche una corsa più piccola, vincere è sempre difficile e in questo nuovo ciclismo ancora di più. Si va a mille, è tutto esasperato. Non devi tralasciare niente. Posso capire la vita che fanno i corridori e la pressione che hanno, perché l’ultimo anno l’ho fatto come Dio comanda e ho avuto i miei risultati. Però non è facile, perché se non sei alle gare, sei in qualche ritiro in altura. Se vuoi fare la differenza servono rinunce, sacrifici e un impegno fuori dal comune. O sei Van Der Poel, Van Aert, Pogacar e Remco, che però li conti su due mani, oppure non è per niente facile. Per un ragazzo che approda in questa nuova avventura è molto difficile, che sia nel WorldTour o una professional. Poi ci sono team e team. E alcuni non sono attrezzati o sul pezzo, come ero io col Bahrain.

Dopo la fuga di Bettiol, il Fiandre 2024 ha segnalato il secondo posto di Mozzato
Dopo la fuga di Bettiol, il Fiandre 2024 ha segnalato il secondo posto di Mozzato
La squadra giusta rende le cose più facili?

Se sei arrivato fino lì e sei professionista, devi essere anche professionista nella vita. E’ un attimo restare senza squadra, è un attimo non fare il risultato o essere messo da parte da un team perché non ti sei allineato a questa disciplina. Diventare professionista vuol dire anche esserlo sul lavoro, sull’alimentazione e la preparazione. Su tutto quanto. Sapete quante volte mi svegliavo la mattina e avevo la classica nausea? Magari pensavo che avrei preferito fare tre ore anziché sei, ma non è così che funziona.

L’Italia porta sempre avanti il tema della gradualità, all’estero si bruciano le tappe: chi ha ragione?

Quando andiamo nelle corse minori, facciamo fatica. Ci sono squadre under 23 che non sposano il progetto continental e si lamentano, quella mentalità di lavorare per il risultato va cambiata. Sto vedendo dei giovani che sono già professionisti e hanno la mentalità da grandi. L’asticella si è alzata molto. In Italia vedo ragazzini di 12-13 anni con la bici da professionisti. Quello che vorrei far capire è che il professionismo si fa da professionista, non da giovane. Fino a una certa età deve essere un gioco, altrimenti a un certo punto è normale che arrivi al bivio e mandi tutto a quel paese.

Protagonista lo scorso anno da junior, Widar ha vinto il Val d’Aosta e il Giro d’Italia U23 (foto Roberto Fruzzetti)
Protagonista lo scorso anno da junior, Widar ha vinto il Val d’Aosta e il Giro d’Italia U23 (foto Roberto Fruzzetti)
Ormai la soglia del professionismo si è abbassata agli juniores.

Mi sto guardando attorno per fare una squadra di giovani e sto vedendo i costi di una squadra di juniores. Alcuni ragazzi prendono anche i soldi, juniores che guadagnano 1.000-1.500 euro al mese. Vuol dire che con 100.000 euro gli juniores quasi non li fai più e questa è una mentalità da cambiare. Come bisogna cambiare il fatto di non andare all’estero.

Tu hai rinunciato a Tokyo, Bennati dice che se un corridore convocato non si sente all’altezza, dovrebbe chiamarsi fuori…

Bisogna sempre guardare il punto di vista del corridore che, se sta bene, vuole onorare la maglia azzurra. Certo, la giornata storta ci può stare, non esiste la bacchetta magica. Ma se nelle settimane prima vedi che non vai come deve andare, a quel punto bisogna essere onesti e dire di no. Chiamarsi fuori perché la figuraccia in corsa sarebbe la tua personale, ma anche per l’Italia. Scegliere gli uomini per le Olimpiadi è difficile perché devi programmarla mesi prima, però il corridore deve essere onesto. E anche in corsa devi dire se stai bene o se stai male…

Tolto Viviani, che ha preso l’argento nella madison, la sensazione è che gli azzurri di Parigi non fossero al meglio
Tolto Viviani, che ha preso l’argento nella madison, la sensazione è che gli azzurri di Parigi non fossero al meglio
Ha fatto bene Pogacar a non andare a Parigi?

Forse dopo una stagione così intensa, capisco che abbia avuto voglia di staccare la spina e pensare alle ultime gare di stagione. Ha vinto prima del Giro. Poi avrà fatto qualche giorno di scarico e si è allenato in altura diretto verso il Tour. Sapete, non è semplice anche se sei Pogacar. La testa conta molto, è quello che conta di più.

Come si batte VdP in volata? Ce lo spiega “killer” Colbrelli

30.03.2024
4 min
Salva

Sapete cosa hanno in comune Sonny Colbrelli, Kasper Asgreen e Mads Pedersen? Sono riusciti a battere Mathieu Van der Poel in volata. E guarda caso ci sono riusciti tutti e tre utilizzando una tattica molto simile: la volata da velocità non troppo basse.

Proprio Colbrelli ci spiega quindi come si fa a battere il campione del mondo. In qualche modo lui ha aperto una breccia, in un “muro” altrimenti sin lì impenetrabile… Persino Wout Van Aert vi si è scontrato più volte. Memorabile la volata del mondiale di cross l’anno scorso. Il belga cadde nel tranello dell’olandese di lanciare lo sprint da velocità troppo bassa. Anche se lì c’era in ballo anche un discorso di rapporti, tra la monocorona di Wout e la doppia di Mathieu, ma il risultato non cambiò.

Alla vigilia del Giro delle Fiandre e di un possibile, quanto auspicabile (nulla contro VdP, ci mancherebbe, ma solo per lo spettacolo) arrivo in volata ristretta, l’attuale diesse della Bahrain-Victorious entra nel dettaglio tecnico di questi sprint contro Van der Poel. Tra l’altro sempre Sonny aveva fatto chinare il capo anche ad un altro imbattibile: Remco Evenepoel.

Sonny Colbrelli (classe 1990) è oggi uno dei diesse della Bahrain. Domani seguirà il Fiandre dall’ammiraglia
Sonny Colbrelli (classe 1990) è oggi uno dei diesse della Bahrain. Domani seguirà il Fiandre dall’ammiraglia
Sonny, come si batte quindi Van del Poel? Partiamo dalla volata della Parigi-Roubaix che hai vinto… 

Entrammo nel velodromo io, Van der Poel e Florian Vermeersch e fortunatamente non ero in testa. C’era VdP. Ricordo che la velocità, calava, calava… ci stava portando nel suo tranello. Ai 250 metri è partito lungo Vermeersch e a quel punto è partito lo sprint. 

Ce lo descrivi metro per metro?

Io volevo stare nel mezzo, per quanto basse le curve del velodromo di Roubaix ti danno sempre un po’ di spinta con la gravità e quando esci, oltre alla gravità sfrutti un po’ la scia. Quindi in questa posizione non ero in basso. Van der Poel era ancora più alto di me. Io però a quel punto guardavo solo Vermeersch. Anche perché era partito forte.

Cioè?

Ci aveva dato una bici e mezza. L’obiettivo era lui. Volevo e dovevo chiudere il gap. Ero concentrato solo su di lui e quando l’ho preso, tra scia e gravità l’ho passato bene. Avevo almeno 3-4 chilometri orari in più.

Fiandre 2021: forse per velocità questo è lo sprint che più somiglia a quello tra VdP e Colbrelli alla Roubaix
Fiandre 2021: forse per velocità questo è lo sprint che più somiglia a quello tra VdP e Colbrelli alla Roubaix
E Van der Poel invece anche se più alto aveva fatto più strada. In ogni caso lo sprint lungo di Vermeersch lo ha costretto a non partire da bassa velocità a non impostare lui la volata?

Esatto. Fossimo rimasti così fino ai 150 metri, sarebbe stato più complicato. Mathieu avrebbe sfruttato le sue doti di esplosività.

E queste gli arrivano dal cross?

Sicuramente dal cross, ma sono anche proprio doti sue.

Eri teso quel giorno?

Direi di no. Quel giorno non avevo chissà quali tattiche in mente. Ero già contento di essere salito sul podio alla mia prima Roubaix, quindi neanche avevo tutta questa pressione. 

Quando dici che la velocità stava scendendo troppo prima dello sprint sai dire a quanto andavate?

Oddio, non ricordo, ma a sensazione sui 35, massimo 38 all’ora.

Gand-Wevelgem 2024: Pedersen parte lungo e VdP china la testa, cosa che fa in tutte e tre queste volate
Gand-Wevelgem 2024: Pedersen parte lungo e VdP china la testa, cosa che fa in tutte e tre queste volate
Lo sprint per conto tuo è iniziato nel velodromo o prima?

Prima. Almeno 400 metri prima del velodromo. Come detto, non volevo entrare in testa. Avevo in mente tutte le Roubaix che avevo visto alla tv nel corso degli anni e i grandi campioni vincere. Mi ricordavo che negli sprint lì dentro non bisognava stare davanti. Ai 200 metri in ogni caso sarei partito.

E’ stata una volata di forza, potente, o come ha detto anche Philipsen alla Sanremo, una volata di resistenza?

E’ stata la volata dei morti! Tanta stanchezza. Non ricordo neanche in questo caso la punta di velocità, ma non credo fu troppo al di sopra dei 55 all’ora.

E dello sprint di Pedersen alla Gand cosa ne pensi? Ha influito questa tattica della velocità non troppo bassa e dello sprint lungo?

Di sicuro ha contato, ma quel giorno Pedersen aveva una gamba stratosferica. Bastava vedere quanto ha fatto soffrire Va der Poel sull’ultimo muro. Mathieu era a tutta, teso in volto, dava di spalle. In più lo avevano messo in mezzo come squadra. Però certamente Mads è stato bravo a fare la sua volata. Una volata intelligente e potente.

Colbrelli sale in ammiraglia: ha vinto il richiamo della strada

27.10.2023
4 min
Salva

Al momento di salutare il ciclismo, Sonny Colbrelli fu categorico su un punto: non farò il direttore sportivo. Ma la vita, lui lo sa meglio di tanti altri, propone bivi inattesi, così la decisione di salire sull’ammiraglia del Team Bahrain Victorious un po’ stupisce e un po’ no. La squadra ha appena perso Alberto Volpi, ma soprattutto i dirigenti sono consapevoli del grande bagaglio di esperienze del bresciano e di quanto sarebbe utile ai loro corridori.

Rintracciamo Sonny mentre sta guidando alla volta di Milano, per un incontro promosso da Rudy Project sul tema della sicurezza. Volevamo sentirlo da qualche giorno per approfondire la sua scelta e capire che cosa potrebbe dare un atleta come lui, che con il duro lavoro era arrivato ai vertici mondiali, a ragazzi che combattono ogni giorno con il ritmo imposto da altri e una fatica sempre più grande.

«Non lo farò a tempo pieno – ride mettendo le mani avanti – perché ho tanti altri impegni, fra sponsor personali e sponsor del team. Però è giusto anche tenersi attivi. Per cui la settimana prossima andrò a fare l’esame da direttore sportivo e dal prossimo anno si comincia».

Colbrelli non sarà un diesse a tempo pieno: vuole passare più tempo in famiglia (foto Instagram)
Colbrelli non sarà un diesse a tempo pieno: vuole passare più tempo in famiglia (foto Instagram)
Te lo hanno proposto quando Volpi è andato via oppure è qualcosa cui già avevi pensato? 

Quest’anno ho fatto alcune gare e mi è piaciuto. Non voglio stare via troppo tempo perché già da corridore ho fatto tante rinunce per la famiglia e non voglio più veder crescere i miei figli dietro un telefono. Però dall’altra parte, questa avventura mi piace e penso sarà utile soprattutto per i giovani che intraprendono questa nuova esperienza del WorldTour. Che scoprono le classiche. Cercherò di portare loro un po’ della mia esperienza. 

Avete già stilato un calendario?

Non li abbiamo ancora definiti bene, ma credo che quasi sicuramente farò tutto il Belgio.

Come è fatto secondo te oggi il direttore sportivo ideale? 

Chi ha provato il ciclismo di adesso, che è ben diverso da quello di 7-10 anni fa, sa quanto si vada forte ultimamente. Sa quante rinunce e sacrifici bisogna fare più di un tempo e io l’ho provato sulla mia pelle. Anche se mi impegnavo al 100 per cento, dovevo avere sempre qualcosa in più per stare al passo con certi campioni cui magari riesce tutto facile come Pogacar o Van der Poel. Contro quella gente, se ti manca qualcosa e non sei al 110 per cento, non vai da nessuna parte. Me ne sono reso conto nel 2021, quando ho fatto l’anno della vita, vivendo praticamente in altura e curando l’alimentazione in modo quasi maniacale. Se parlate con un corridore di 10-15 anni, fatevi dire quante volte andava in altura in un anno. Una, forse due oppure non ci andava nemmeno. Oppure fatevi dire come mangiava, come impostava la giornata. Adesso il corridore è come un robot, fa tutto in modo schematico. Ha la sua tabella per sapere cosa deve mangiare, in gara e in allenamento. Tu devi solo pedalare, pensare a quello che stai facendo in gara. Al resto ci pensa lo staff.

Per lottare contro i grandi campioni (qui con Van Aert alla Het Nieuwsblad 2022) essere al 100 per cento non basta
Per lottare contro i grandi campioni (qui con Van Aert alla Het Nieuwsblad 2022) essere al 100 per cento non basta
E il direttore sportivo a cosa serve?

E’ quello che capisce il corridore. Si rende conto che se anche si impegna al 100 per cento, il risultato può non essere immediato. Però bisogna supportarlo, non bisogna fargli perdere la concentrazione, perché adesso se vai via di testa, sei spacciato e comprometti la stagione anche se fisicamente sei al 100 per cento. In questo ciclismo a volte serve più la testa delle gambe.

Secondo te in questa fase il direttore sportivo è più utile durante la corsa o in tutto ciò che c’è intorno alla corsa?

E’ difficile prevedere come va una corsa. Puoi anche fare la tattica, però dico sempre che non ho la Play Station per gestire i corridori. Basta vedere come si corrono le classiche. Forse solo la Sanremo ha un andamento lineare, nonostante i colpi di scena che possono esserci scendendo dal Turchino. Però di base il gruppo si spacca 4-5 tronconi e dopo si ricompatta sui Capi. Negli altri casi, abbiamo visto un’Amstel corsa a mille all’ora, il Fiandre, la Roubaix e la Liegi fatte subito pancia a terra. Non mi ricordo di aver visto di recente una Roubaix lineare.

Colbrelli è ambassador di vari marchi fra cui Merida e Vision: la bici della Roubaix è ancora infangata
Colbrelli è ambassador di vari marchi fra cui Merida e Vision: la bici della Roubaix è ancora infangata
Tempo fa dicesti che quando andavi alle corse ti si riapriva un po’ la ferita dell’aver smesso in quel modo…

La ferita c’è sempre ed è sempre viva, anche quando guardo una corsa. Vedo il punto chiave, perché guardarla quando sei stato corridore è tutta un’altra cosa. Vedi tutti i particolari, magari anche gli sbagli, o come si muove una squadra. La mia ferita è sempre aperta, non so quando si rimarginerà. Ci vorrà tempo come ogni cosa che in qualche modo ha lasciato un segno profondo.

Alé Capsule Colbrelli, la celebrazione del campione

20.09.2023
4 min
Salva

MISANO ADRIATICO – Passeggiando all’Italian Bike Festival, nelle vie temporanee formate dagli stand, è stato possibile incontrare novità importanti come la Capsule Colbrelli realizzata da Alé. Un omaggio che ha visto proprio il campione essere presente sul palco del maglificio italiano per presentare insieme alla voce di Giada Borgato e la ovvia presenza dell’amministratore delegato Alessia Piccolo. Un kit formato da maglia e pantaloncino che porta su tessuti performanti i risultati più prestigiosi di Sonny. La Parigi-Roubaix e i campionati europeo e italiano. 

Il completo è disponibile sul sito in edizione limitata
Il completo è disponibile sul sito in edizione limitata

Alé e Colbrelli

Per farci raccontare questa collezione unica ed esclusiva ci siamo fermati proprio allo stand imponente di Alé. «L’idea è nata – spiega Alessia Piccolo – perché Sonny è stato un vero e proprio campione. L’ultimo vincitore italiano della Parigi-Roubaix. Vincitore dell’europeo e campione italiano. Al di là dei risultati sportivi, se lo merita perché è una persona che, secondo me, avrebbe potuto dare ancora tanto nel ciclismo, ed è stata sfortunata. E’ rimasto fuori dal professionismo nel periodo migliore della sua carriera, nell’apice. Ma siccome dobbiamo andare avanti, abbiamo deciso di omaggiarlo così. 

«Noi come azienda Alé – conclude la Piccolo – abbiamo sempre supportato Sonny e lui ha vestito per molti anni i nostri capi. Ci sembrava corretto fare insieme qualcosa a lui e anche promuoverlo come nostro testimonial. Per l’idea del disegno, abbiamo un po’ copiato la Reacto Merida a lui dedicata. Abbiamo cercato di dargli continuità, mettendo i risultati più importanti che hanno emozionato i tifosi sulla schiena come simbolo. Per il colore grigio e la trama ci siamo interfacciati direttamente con i gusti di Sonny. Abbiamo lavorato la grafica con un risultato finale molto bello».

Maglia al top

La maglia incarna tutta l’essenza di questa Capsule. Come detto i colori e la grafica sono stati scelti in sinergia con quelli che erano i gusti di Sonny. Mentre sulla schiena sono riportate le tre iconiche vittorie conquistate dal campione bresciano. Il capo accomuna comfort e performance con quattro diversi tessuti posizionati strategicamente per raggiungere il giusto equilibrio. Il pannello anteriore in Microforato Light si asciuga molto velocemente, è traspirante e la sua struttura a micro-fori permette un’ottima ventilazione. 

La parte posteriore è in tessuto Geo Light molto leggero e fresco. I fianchi sono realizzati in rete Piuma per favorire l’eliminazione del sudore. Infine le maniche a taglio vivo, in tessuto Aero Mini Rib con struttura a canali fanno defluire l’aria eliminando il drag e favorendo l’aerodinamicità. La tecnologia J Stability System utilizzata per il fondo maglia mantiene efficacemente il capo a posto durante la corsa. Non manca l’attenzione per la sicurezza in strada, assicurata da un dettaglio riflettente a micro pixel posizionato strategicamente. Il prezzo consultabile sul sito è di euro 99,90.

Pantaloncini ideali

Nella parte bassa della salopette di questa Capsule Colbrelli, viene ripresa la grafica della maglia. Il pantaloncino multi pannello con tessuti scelti offre un adeguato sostegno muscolare. La parte centrale del cavallo è realizzata in tessuto Matrix, una Lycra certificata ad elevata densità ed elasticità multidirezionale, con superficie calandrata che favorisce l’aderenza alla sella. La tecnologia Leg Comfort System sul fondo posteriore, permette invece di adeguarsi alle diverse conformazioni muscolari, seguendo l’anatomia durante la pedalata. 

Il fondo gamba risulta perfettamente aderente, grazie all’inserto sagomato S-Stability System a taglio vivo con leggeri punti di silicone che assicurano stabilità senza pieghe e favorisce ulteriormente l’aerodinamicità. Le bretelle in microfibra conferiscono una mano gradevole e la massima aderenza al corpo, mentre la parte posteriore in morbido tessuto a struttura forata favorisce traspirazione e asciugatura istantanea. Il prezzo indicato sul sito è di 119,90 euro.

Alé

Merida Valtellina social ride: Stelvio e Gavia con Sonny Colbrelli

05.08.2023
3 min
Salva

Saranno le mitiche ascese valtellinesi del Passo dello Stelvio e del Passo Gavia le assolute protagoniste del secondo appuntamento con la social ride di Merida Italy. L’iniziativa consentirà a tutti coloro che vorranno partecipare di pedalare lungo gli epici tornanti dei due passi alpini accompagnati da Sonny Colbrelli ed in sella alle biciclette Merida del team Bahrain Victorious. E questo anche grazie alla perfetta coincidenza, nei stessi giorni dell’iniziativa, di Enjoy Stelvio Valtellina che prevederà (il 2 e 3 settembre prossimi) le strade delle due storiche salite legate alla storia del grande ciclismo completamente chiuse al traffico. Enjoy Stelvio Valtellina è un evento che dal 2018 programma un calendario specifico di chiusure al traffico motorizzato con l’intento di valorizzare i grandi passi alpini del Parco dello Stelvio e dell’Alta Valtellina. 

Dopo il successo della prima iniziativa, andata in scena in giugno in occasione del Sella Ronda Bike Day, torna dunque e… raddoppia l’imperdibile giornata in bicicletta promossa da Merida Italy. Dalle splendide Dolomiti la Merida Social Ride si sposta sposta nello scenario dell’Alta Valtellina dove si potrà scegliere se prendere parte alla pedalata sul Passo dello Stelvio, sabato 2 settembre, oppure a quella lungo i tornanti del Passo Gavia l’indomani domenica 3 settembre. 

Colbrelli insieme allo staff di Merida e la sua Reacto Limited Edition
Colbrelli insieme allo staff di Merida e la sua Reacto Limited Edition

Sui pedali con il Re di Roubaix

E per affrontare al meglio questi due splendidi tracciati, lungo cui si sono scritte autentiche pagine di storia del ciclismo mondiale, Merida Italy metterà a disposizione di ciascun partecipante una Scultura Team: esattamente la stessa bicicletta con cui gareggiano i corridori del Team Bahrain Victorious, nonché la divisa ufficiale del team. Ma non solo, a guidare lo speciale gruppo di 12 fortunati ciclisti selezionati dalla campagna social – già in corso in questi giorni – sarà niente meno che il vincitore della Parigi-Roubaix 2021 Sonny Colbrelli, che pedalerà con la sua personalissima Merida Reacto Limited Edition recentemente presentata presso la sede italiana del bike brand taiwanese.

L’iscrizione alla Merida Valtellina social ride è gratuita, ma la previsione è quella di un massimo di 12 posti disponibili per ciascuna delle due giornate, quella sullo Stelvio e quella sul Passo Gavia (non si potrà prendere parte a tutti e due gli appuntamenti). In entrambi i casi il punto di partenza delle due pedalate sarà Bormio. 

Per scalare i fantastici passi del Parco dello Stelvio come un vero professionista, è già possibile inviare la propria candidatura compilando il modulo al seguente indirizzo (reperibile anche sul sito web e sui profili social di Merida Italy):

Merida

Enjoy Stelvio Valtellina

Al top per Glasgow. Colbrelli punta sulla freschezza mentale

03.08.2023
5 min
Salva

OPOLE – Si parla molto della condizione con la quale i corridori arriveranno al mondiale di Glasgow. Di solito la preparazione è molto più lineare e si sfrutta la Vuelta. Stavolta c’è il Tour de France, ma le due gare a quanto pare non sono proprio la stessa cosa. La prova francese è più snervante.

In più il percorso scozzese non è così duro. Sì, alla fine propone oltre 3.000 metri di dislivello, ma la disposizione dello stesso agevola i corridori più “pesanti”. E’ lecito dunque pensare se possa essere il viatico migliore per la prova iridata.

Qualche giorno fa Alessandro Ballan ci ha detto che chi esce dal Tour ha un’altra gamba – e questo è innegabile – ma poi ha aggiunto un aspetto che ci ha fatto riflettere: l’ultimo che ha vinto il mondiale senza passare dal grande Giro è stato Mads Pedersen. E guarda caso il percorso era piuttosto simile. Questi dubbi li abbiamo “girati” a Sonny Colbrelli, il quale è con Valsir sulle strade del Tour de Pologne.

Al Polonia i “tre tenori” del Tour (Majka, Mohoric, Kwiato) avevano più brillantezza, specie nelle prime tappe
Al Polonia i “tre tenori” del Tour (Majka, Mohoric, Kwiato) avevano più brillantezza, specie nelle prime tappe
Sonny, ma dunque è davvero fondamentale passare dal grande Giro in vista del mondiale? O si può arrivare bene a Glasgow anche  intraprendendo altre vie?

I corridori sono diversi l’uno dall’altro. Io, per esempio, riuscivo ad allenarmi bene in altura: ne uscivo con una gamba da Tour de France o quasi. Altri invece hanno bisogno di più gare. E’ indubbio che qui al Polonia chi è uscito dal Tour abbia un’altra gamba. Prendiamo Almeida, va forte, ma non è super brillante, come Majka, Mohoric o Kwiatkowski.

Chiaro…

Certo, il grande Giro ti dà una grande condizione: una condizione con la quale non dico che arrivi a fine stagione, ma quasi. Molto dipende però da come lo si è fatto. Vingegaard chiaramente ha speso tutte le cartucce, altri no. E se sei riuscito a risparmiare qualcosa, può darti molto.

Tu hai nominato tre corridori che qui al Polonia stanno brillando, ma dalla fine del Tour c’è stata una settimana di riposo, poi la settimana del Polonia, appunto, e domenica si corre il mondiale: la condizione non è infinita…

No, non è infinita, ma come ho detto conta molto come si è usciti dal Tour che è dispendioso sia di gambe che di testa. Io avrei fatto il grande Giro, finito quello di nuovo l’altura e poi il mondiale. Ma mi rendo conto che non è facile ripartire per l’altura dopo un grande Giro. Mi ricordo che nel 2021 ho finito il Tour de France, sono stato cinque giorni a casa e poi mi sono diretto a Livigno e ci sono rimasto un mese. Quella è stata la mia mossa vincente.

In vista di Glasgow conta molto come si è interpretato il Tour. Anche da un punto di vista mentale
In vista di Glasgow conta molto come si è interpretato il Tour. Anche da un punto di vista mentale
Stavolta non ci sarebbe stato neanche il tempo per andare in altura dopo il Tour. Semmai bisognava farlo dopo il Giro. Ma torniamo a cose più concrete: questo mondiale non è durissimo, magari anche arrivarci con più brillantezza, più forza esplosiva facendo altre gare può essere vantaggioso?

Una corsa come il Polonia può essere un ottimo viatico per Glasgow. Bene o male le tappe sono abbordabili. Le strade sono larghe, non c’è stress a parte nei finali, dove se vuoi ti puoi staccare. Puoi a fare il tuo lavoro senza appesantirti. 

Prima hai detto che uno come Vingegaard, o comunque un corridore che punta alla classifica, ne esce sfinito, ma altri possono risparmiarsi. Ti riferivi a qualcuno in particolare?

A Van der Poel. Lui si è messo a disposizione del suo capitano, Philipsen, per le volate e, a parte due o tre tappe in cui si è mosso per dare un po’ di spettacolo, non ha speso troppo. La sua testa era al mondiale. Penso che VdP quest’anno ha una grandissima occasione, tra l’altro è già salito sul podio in quel circuito quando Trentin ha vinto l’europeo. Il mondiale per lui sarebbe la ciliegina sulla torta di una stagione d’oro. E poi la squadra è tutta per lui. I belgi invece sono due: c’è Remco e c’è Van Aert, che al Tour, anche se si è ritirato ha speso più di Van der Poel.

Harrogate 2019, Pedersen vince la maglia iridata. Nel mese precedente aveva inanellato 10 giorni di corsa, ma non la Vuelta
Harrogate 2019, Pedersen vince la maglia iridata. Nel mese precedente aveva inanellato 10 giorni di corsa, ma non la Vuelta
Ballan ci ha fatto notare che l’ultimo a vincere il mondiale senza passare dal grande Giro è stato Petersen. Il percorso di Glasgow non è troppo diverso: magari rispetto ad altre volte il grande Giro potrebbe essere meno importante?

In parte sì, specie dopo un Tour de France corso come negli ultimi anni: sempre a mille, resta nelle gambe. Ma se il corridore riesce a smaltirlo, può aiutarti per un altro paio di settimane. Quello che più conta però è un’altra cosa.

Quale?

La freschezza mentale. Il mondiale è anche una gara lunga e non conta solo essere veloci o arrivare con la gamba ancora buona. E’ importante la freschezza mentale con cui si arriva all’appuntamento clou, l’ho capito sulla mia pelle. Ed è’ quello che ho fatto nell’ultimo anno in cui ho corso. Prima mi sfinivo, mi mettevo delle pressioni addosso da solo, poi ho iniziato a pensare diversamente. «Sono alla Roubaix, all’Europeo, all’italiano – mi dicevo – ma alla fine sono corse come altre: come vanno, vanno… Il prossimo anno ce ne sarà un’altra». 

Mole Occhiali per lo Sport con Colbrelli: obiettivo sicurezza

01.08.2023
4 min
Salva

ZOGNO – Lo scorso anno abbiamo avuto l’opportunità di visitare Mole Occhiali per lo Sport, un centro ottico davvero speciale dedicato esclusivamente all’occhiale sportivo ed in particolare all’occhiale da ciclismo. Dopo un anno siamo tornati nuovamente a Zogno, in provincia di Bergamo, alle porte della Val Brembana, per farci raccontare dal suo titolare Roberto Gambirasio (nella foto di apertura) qualcosa di più su un evento dedicato al tema della sicurezza stradale da lui organizzato lo scorso 1 luglio con il supporto di Rudy Project e Sonny Colbrelli. Nome dell’evento: “Sicurezza in vista”.

Sonny Colbrelli è stato il grande ospite dell’iniziativa “Sicurezza in vista” di Mole
Sonny Colbrelli è stato il grande ospite dell’iniziativa “Sicurezza in vista” di Mole
Come è nata l’idea di organizzare un evento dedicato al tema della sicurezza stradale?

Sono un grande appassionato di ciclismo e soprattutto un praticante. Dal momento che il mio centro ottico è distante da casa mia, in pausa pranzo esco volentieri in bicicletta e la stessa cosa faccio la domenica mattina in compagnia dei miei amici. Pedalando quotidianamente mi rendo conto di quanti pericoli corriamo ogni giorno noi ciclisti. Solo per citare un esempio, un paio di settimane prima del nostro evento, un mio caro amico è stato investito in bicicletta mentre veniva a trovarmi qui al centro ottico. L’Italia è poi in testa nelle statistiche di incidenti che vedono ogni giorno coinvolti dei ciclisti. Qualcosa andava quindi fatto.

Che cosa avete deciso allora di fare?

Fra i marchi con i quali collaboro c’è da sempre Rudy Project. Di recente Sonny Colbrelli è diventato loro “brand ambassador” e fra i temi oggetto del loro accordo c’è anche quello di diffondere la cultura del rispetto reciproco fra tutti gli utenti della strada, in particolare fra ciclisti e automobilisti. Ho contattato Rudy Project e, grazie alla loro disponibilità e a quella di Colbrelli, in poco tempo abbiamo organizzato il nostro evento.

Un’iniziativa legata alla sicurezza su strada, un tema importante che va preso con serietà
Un’iniziativa legata alla sicurezza su strada, un tema importante che va preso con serietà
Come si è svolta la giornata?

Abbiamo previsto due momenti distinti. Al mattino abbiamo organizzato una pedalata con partenza e arrivo qui davanti al nostro centro ottico. Siamo arrivati fino a San Giovanni Bianco. In tutto abbiamo percorso 25 chilometri in un paio d’ore. Volevamo permettere a più persone di partecipare alla pedalata e soprattutto di potersi “godere” la presenza di Sonny scambiando con lui due parole e fare una foto ricordo. Con noi c’era anche Wladimir Belli che vive a Sedrina, poco lontano da qui, e che ha accettato volentieri l’invito di aggregarsi a noi prima di “buttarsi” nelle telecronache del Tour su Eurosport.

Ha parlato di due momenti. Quindi oltre alla pedalata era previsto qualcos’altro?

Esattamente. L’obiettivo che mi sono prefissato nel momento in cui ho deciso di organizzare l’evento “Sicurezza in vista” era quello di sensibilizzare le persone, ma soprattutto i bambini, sul tema della sicurezza e dell’educazione stradale. Sono infatti sempre più convinto, e lo stesso Sonny chiaccherando me l’ha confermato, che il primo passo da fare sia quello di diffondere il tema della sicurezza stradale partendo dai più piccoli. Una corretta educazione stradale imparata da bambini permetterà di avere da adulti degli automobilisti più rispettosi e attenti ai ciclisti incontrati sulla strada.

Concretamente cosa avete deciso di fare?

Nel pomeriggio, grazie alla collaborazione di Sonny e della polizia municipale di Zogno, abbiamo organizzato qui nel nostro centro ottico un divertente gioco a quiz incentrato sull’educazione stradale. Alla fine abbiamo dato a tutti i bambini che hanno partecipato un simpatico attestato firmato dallo stesso Cobrelli che abbiamo chiamato “Patente di DRAGO della sicurezza”.

Il negozio di Mole Occhiali per lo Sport si trova a Zogno, all’inizio della Val Brembana
Il negozio di Mole Occhiali per lo Sport si trova a Zogno, all’inizio della Val Brembana
Lo scorso anno avete organizzato il Campionato Nazionale Criterium ACSI, quest’anno l’evento “Sicurezza in vista”…ci sono altre iniziative all’orizzonte?

Al momento è solo un’idea, ma nel periodo invernale mi farebbe piacere organizzare degli incontri di formazione e informazione su temi che possono interessare chi pratica ciclismo. Vorrei far intervenire delle figure professionali come nutrizionisti o fisioterapisti. Mi farebbe inoltre piacere fare qualcosa anche nelle scuole sempre sul tema dell’educazione stradale per dare seguito all’evento organizzato a inizio luglio.

Un consiglio finale che si sente di dare a chi va in bici, ma anche agli automobilisti?

Fare sempre massima attenzione quando si è in strada, sia che si sia in macchina che in bicicletta. Basta davvero un attimo per rovinare la vita di un’altra persona e la propria…e poi, casco sempre ben allacciato in testa e un buon paio di occhiali per vedere bene e proteggere i propri occhi. Noi di Mole Occhiali per lo sport siamo qui proprio per questo.

Moleocchialiperlospert

La Reacto speciale per il “Cobra”: l’omaggio di Merida

04.07.2023
4 min
Salva

Il numero più significativo per la carriera agonistica di Sonny Colbrelli rimarrà sempre il 71, ovvero il dorsale portato dall’ex corridore della Bahrain Victorious sul gradino più alto del podio alla Parigi-Roubaix. Un numero che Merida ha voluto omaggiare, dedicando a Colbrelli una Reacto dalla livrea speciale, prodotta appunto in 71 esemplari. Chi riuscirà ad acquistare questa esclusiva bici, la potrà ricevere direttamente da Colbrelli nella sede di Merida a Reggio Emilia. 

«Appena ho smesso – racconta Colbrelli in persona – parlando con Merida Italia ci siamo chiesti perché non fare qualcosa che restasse e che fosse legato alla mia carriera. per questo hanno proposto una bici che possa racchiuderla, specialmente legata al 2021 con dei particolari inserti che ricordano la Parigi-Roubaix grazie al disegno del pavé, poi il campionato europeo e il campionato italiano. In più abbiamo applicato anche il mio nuovo logo fatto da Johnny Mole. Anche la bicicletta l’ha disegnata lui e abbiamo trovato un bel compromesso grafico. Da lì siamo andati avanti col progetto e sono nate queste 71 bici. Per quanto riguarda la consegna, stiamo effettivamente predisponendo un pacchetto per cui sarò io a consegnarle. Stiamo definendo poprrio ora i dettagli».

Dedica speciale

Colbrelli è diventato in questi anni ambassador del marchio taiwanese e questo omaggio doveroso arriva con una livrea disegnata dallo stesso “Cobra”. Un disegno realizzato in collaborazione con lo studio di design Jonny Mole, con il quale Colbrelli ha realizzato anche il suo nuovo logo

Il modello scelto da Merida per omaggiare il campione di Desenzano sul Garda è la Reacto, la bici degli sprinter e degli uomini delle classiche. Il telaio ha un colore di base grigio cangiante. Mentre sul tubo piantone, sulla forcella e sul tubo orizzontale sono impresse le date più importanti del 2021 di Colbrelli: la vittoria del campionato italiano, del campionato europeo e della Parigi-Roubaix

I dettagli tecnici

Una versione della Reacto fedele a quella che solca le strade insieme ai corridori del team Bahrain Victorious. Il telaio è il Reacto CF5 IV in carbonio, il quale rende questa bici estremamente leggera e maneggevole. La dimensione massima di copertoni che può ospitare è da 30 millimetri, equipaggiati con freni a disco della dimensione di 160 millimetri. 

Il gruppo è lo Shimano Dura Ace con corone anteriori da 52 e 36 denti, il pacco pignoni, a 12 velocità, va dall’11 al 30. Le pedivelle sono di tre misure: 170 millimetri per le taglie XXS e XS, 172,5 millimetri per S ed M e 175 millimetri per la taglia L. Per quanto riguarda le ruote, sono state scelte le Vision Metro 45SL con altezza del cerchio appunto di 45 millimetri e larghezza del canale interno di 18 millimetri. Ruote, ovviamente, Tubeless ready. Il prezzo per la Reacto in edizione limitata è di 12.990 euro.

Merida

Dalle risate “alla lavatrice”, il pre e post Roubaix di Colbrelli

08.04.2023
5 min
Salva

La Roubaix incombe, oggi tocca alle donne! L’Inferno del Nord ha un fascino tutto suo, fatto di attese, “misteri”, volti infangati, pietre, lotte, velodromo… E tutto questo è accompagnato da un rituale. Nei due giorni precedenti, per esempio, tutte le squadre vanno in avanscoperta dei settori in pavè.

Noi questi rituali che precedono la Parigi-Roubaix, ma anche che li seguono, li abbiamo rivissuti con Sonny Colbrelli. La sua vittoria è ancora viva nelle nostre menti. Negli occhi passano ancora le immagini che lo vedono all’attacco, fino alla volata vincente contro Van der Poel e Vermeersch.

Colbrelli (classe 1990) sereno a pochi istanti dal via della sua prima ed unica Roubaix disputata in carriera
Colbrelli (classe 1990) sereno a pochi istanti dal via della sua prima ed unica Roubaix disputata in carriera
Sonny, come hai vissuto l’avvicinamento alla tua Roubaix?

In modo unico direi, pochi la vivono così. Era ottobre, era la penultima corsa della stagione e quindi c’era un clima un po’ diverso dal solito, almeno da quello che mi raccontavano. Io l’ho presa in modo molto easy, scanzonato. Ridevo coi compagni. Ho vissuto quelle ore di vigilia con la massima tranquillità. Non dico che fossi appagato dalla stagione, ma ero già soddisfatto.

Un approccio diverso dunque… Tu sei riuscito a dormire, per esempio?

Sì, sì… e poi si sapeva che avremmo disputato una Roubaix con pioggia e fango come non accadeva da anni. E questo mi piaceva. Da corridore, quando tieni particolarmente ad una corsa e per quanto dici di non pensarci, la testa finisce sempre lì, pensi a come andrà, al risultato… e riposare non è facile. E soprattutto quelli che stanno bene, già al mattino li vedi “sfiniti”, con le gambe molli. Per me invece è stato tutto diverso. Scherzavo con i compagni. Ci siamo presi in giro fino al momento del via. Questa tranquillità credo sia stata la mia arma vincente.

Quando facesti la ricognizione?

Il giovedì e il venerdì. Il giovedì facemmo i primi 150 chilometri, il venerdì gli ultimi 100.

E che impressioni hai avuto dopo quei test?

Pensavo: «Ma che cavolo ci faccio io qua!»

Il bresciano aveva prestato grande attenzione al setup della bici, affidandosi parecchio i consigli dei tecnici, visto che lui era al debutto
Il bresciano aveva prestato grande attenzione al setup della bici, affidandosi parecchio i consigli dei tecnici, visto che lui era al debutto
Ma come! E per fortuna che l’hai anche vinta…

Giuro! Io il pavè non l’avevo mai fatto. Sì, in una tappa del Tour, ma quando inizi a fare più tratti, più ravvicinati e anche più duri come la Foresta di Arenberg o il Carrefour de l’Arbre cambia tutto. Dalla tv non ci si rende conto quanto sia difficile pedalare lì sopra. Ma quella ricognizione è stata importante per me. Non avevo l’esperienza di chi aveva corso la Roubaix già 5-6 volte. E’ stata importante per capire le pressioni delle gomme e per individuare una velocità di crociera.

Velocità di crociera?

Sì, quella velocità che puoi tenere per 4′-5′ o anche di più se il settore è più lungo, una velocità costante. E l’ho capito subito. Quando ho provato l’Arenberg per la prima volta, sono entrato dentro con una velocità come se non ci fosse un domani. A metà settore ero fermo a bordo strada!

E il setup della bici quando lo avete fatto con il tuo meccanico?

Tra giovedì e venerdì, soprattutto. Il mio meccanico era Alan Dumic. Ho fatto due volte la Foresta, una volta con una pressione e una volta con un’altra. E ho deciso dopo il secondo passaggio. Alla fine ho scelto la bici che utilizzavo sempre (la Merida Reacto, ndr), ma con un manubrio tradizionale anziché integrato. Ho alzato appena la posizione delle leve per essere più comodo, poi doppio nastro con gel e basta.

L’esplosione di gioia sul traguardo. Da lì in poi Sonny è “entrato in una lavatrice”, come ha spiegato
L’esplosione di gioia sul traguardo. Da lì in poi Sonny è “entrato in una lavatrice”, come ha spiegato
Ricordi come passasti il sabato?

Con grande tranquillità. Una sgambatina leggera e poi, come ripeto, con grandi risate.

Okay, la corsa sappiamo come andata! E del post gara cosa ci dici?

E’ stato come entrare in una lavatrice! Una bolgia. Ricordo che quella notte non ho dormito. Ero in camera con Mohoric. Sono stato sul letto a cercare di rispondere ai messaggi. Solo su WhatsApp avevo 870 messaggi. Ho risposto a poco più di 400, quasi la metà. Sui social idem. Sonny, Sonny, Sonny… tutti cercavano Sonny. Non dico che non me la sono goduta, ma di certo mi sono ritrovato sballottato a destra e sinistra.

Passando a discorsi più tecnici: per esempio il “protocollo” post gara tra massaggi, alimentazione… come è stato?

E’ saltato tutto. Pensate che il primo massaggio dopo la Roubaix l’ho fatto due giorni dopo la corsa. Alla vigilia del Gran Piemonte, che era l’ultima gara dell’anno. Ricordo che il massaggiatore quando mi toccò le gambe mi disse che le fibre muscolari erano distrutte. Anche perché nei due giorni successivi non toccai la bici. Il mercoledì, alla vigilia del Gran Piemonte, feci giusto un’oretta. La corsa non andò neanche malissimo. Ma quando arrivò il momento della volata, ai 200 metri mi alzai sui pedali e mi sedetti subito. Mi dissi: «No Sonny, lascia fare. Per il tuo bene!».

La sera della vittoria di Roubaix avete festeggiato?

Sì, ma non in modo eccessivo. Restammo in hotel con i compagni, anche perché ci eravamo spostati a Charleroi in un albergo vicino all’aeroporto e in giro non c’era un granché. Dopo la cena, ci facemmo 2-3 birrette e poi tutti a letto.