Quando il 12 agosto riattaccherà il numero sulla schiena, saranno passati quasi novanta giorni dall’ultima gara disputata. Sofia Bertizzolo ha recuperato bene dal brutto infortunio patito alla Vuelta a Burgos ed ora è pronta per rientrare al Tour de France Femmes.
Riavvolgiamo il nastro per un attimo tornando al 17 maggio e a quegli ultimi centocinquanta metri della seconda frazione della corsa spagnola. Lo sprint è lanciato e la vicentina della UAE Team ADQ resta coinvolta nella caduta in cui c’è anche Balsamo. Vola contro le transenne e la sua bici le finisce addosso. Il dolore si sente subito, forse anche quello morale ed il referto medico non è leggero. Frattura della testa del radio sinistro e lesione del vasto mediale destro lunga dieci centimetri e profonda quasi la metà. Il fast forward ci riporta ad oggi e così prima della partenza per la Francia, abbiamo sentito Bertizzolo per sapere come sta e come ha affrontato il suo ritorno in bici.
Sofia sei stata costretta ad uno stop forzato per buona parte dell’estate. E’ tutto smaltito?
Fisicamente sono a posto, sento di avere un buon livello atletico e anche mentalmente sto bene. Non è stato semplice però perché non mi era mai successo di stare ferma per così tanto tempo. Ho dovuto fare quasi un mese senza toccare la bici. Un po’ per i venti giorni di gesso al polso e un po’ per la lesione alla gamba. Poi ho potuto riprendere a basso ritmo e senza forzare nulla.
Il periodo della riabilitazione pensavi potesse essere più breve o semplice?
Diciamo che non ci ho pensato molto e mi sono subito adeguata a quello che mi è stato detto. Il vero punto di domanda era legato al vasto mediale. Non si vedeva da fuori come un taglio, ma dentro era come esploso, probabilmente per l’impatto violento del manubrio sulla gamba. Pensate che subito pensavo fosse solo un grosso livido, tant’è che volevo pedalarci su per farlo sgonfiare. Invece mi hanno detto giustamente di aspettare un’ecografia per capire perché tanto non sarebbe cambiato nulla pedalare un paio di giorni dopo. In ogni caso ho recuperato progressivamente la piena mobilità della gamba.
Quando hai ricominciato ad intensificare gli allenamenti?
Ho sempre fatto ecografie di controllo, in pratica nel periodo dei campionato italiano ero quasi al 100 per cento. E infatti la squadra ha voluto che andassi sul Passo San Pellegrino assieme alle compagne che stavano preparando il Giro Women. Facevo meno di loro, ma almeno ero tornata a fare gruppo e anche dal punto di vista morale è meglio. Senza però l’enorme lavoro delle fisioterapiste Carla ed Anna non sarei mai potuta tornare così presto e bene in bici. Sono state le mie angeli custodi e non posso che ringraziarle di cuore per quello che hanno fatto.
Com’è andata sul piano mentale? Hai avuto momenti difficili?
Onestamente no. O meglio, ho cercato di viverla più serenamente. Per me è stato un piccolo deja-vu con la caduta alla Ride London dell’anno scorso. Solo un giorno l’ho davvero trascorso male. Mentre facevo fisioterapia, un dottore che non mi aveva mai visto e che non mi conosceva, mi ha detto che dovevo scordarmi di rientrare in bici nel giro di poco. Lui aveva solo valutato gli esami, io però l’ho presa male. Per fortuna è durato poco quel momento e non ci ho più pensato. Ho sfruttato lo stop per fare cose con gli amici che non faccio mai…
Ad esempio?
Beh, visto che ero ferma, sono riuscita ad andare a vedere la tappa del Monte Grappa del Giro d’Italia. Mi sono aggregata al Marco Frigo Fans Club e ho passato una bella giornata, sdrammatizzando un po’ sulle mie botte (dice sorridendo, ndr).
Ti abbiamo vista in ritiro per il Tour Femmes. Com’è andata la preparazione?
Eravamo in altura a Tignes, posto bellissimo in cui non ero mai stata, ma quanto dislivello che ho accumulato. Non ne posso più (sorride, ndr). Mi piacciono i percorsi misti, però facevamo salita o discesa e mi è mancata la pianura. Tuttavia abbiamo fatto un buon blocco di lavoro e sono soddisfatta. Sono pronta per correre.
Con che ruolo vai in Francia?
Al Tour non avremo la velocista pura, quindi toccherà a me fare le volate. E sapete cosa vi dico? Che ho voglia di ributtarmi nella mischia perché sento di avere nelle gambe quella volata che non sono riuscita a fare a Burgos. Per me sarà importante farlo e sono sicura che lo farò senza paura. In ogni caso le tappe centrali sono quelle più adatte a me e vedremo come affrontarle, mentre le ultime di montagna sarò completamente al servizio della squadra e delle compagne che cureranno la generale o che punteranno a quelle tappe.
Questa caduta quanto ha condizionato la stagione di Sofia Bertizzolo?
Non poco a dire il vero. Ho sofferto molto rinunciare al Giro Women, che io preferisco al Tour Femmes. E di conseguenza non essere a disposizione per la prova in linea delle Olimpiadi. Pensare che qualche giorno prima della mia caduta ero a Parigi con alcune mie compagne di nazionale per il sopralluogo del circuito. In realtà sapevo che avrei potuto correre il Giro per arrivare in condizione a Parigi, ma ho dovuto confrontarmi con la squadra prima e poi parlare col cittì Sangalli. Se fossi andata su non sarebbe stato giusto nei confronti delle compagne che avevano dimostrato di andare forte per più tempo del mio. E’ andata così, io penso ad esserci a Los Angeles 2028.
Resta il finale di stagione per fare bene come era stato l’avvio, giusto?
Sì, certo. Il mio calendario è bello fitto. Dopo il Tour correrò a Plouay, il Romandia, il GP Wallonie e tante altre gare fino al Giro dell’Emilia. Gli obiettivi e gli stimoli non mancano di certo. Guadagnarmi una maglia azzurra per europei e mondiali è uno di questi. Solo però dal Tour Femmes capirò qualcosa in più per le prossime settimane. Perché, ci tengo sempre a ricordarlo, anche se hai buoni valori dopo un infortunio, è solo confrontandoti con le avversarie in gara che sai veramente come stai.