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Montjuic, una salita storica: la “scaliamo” con Petilli

31.03.2023
5 min
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La salita con più passaggi e arrivi della storia, il Montjuic che ne conta ben 154, seguono il Col du Tourmalet con 61 e il Col d’Èze con 51. Una statistica sicuramente viziata dalla Volta Ciclista a Catalunya nonché la quarta più antica gara a tappe (1911) per professionisti, che ogni anno si conclude sulle pendici del monte catalano.

Una salita breve (2,7 km con pendenza media 4,7%) ma che ha visto passare campioni di ogni epoca e nazione e ospitato il campionato del mondo del 1973 con Felice Gimondi campione. Una lingua d’asfalto che si arrampica alla sommità posta a 173 metri d’altezza da dove è possibile guardare le bellezze a perdita d’occhio della città di Barcellona. Scopriamo questa breve ma intensa salita insieme a Simone Petilli della Intermarché Circus Wanty che l’ha da poco affrontata alla corsa catalana. 

Simone Petilli ha affrontato la salita del Montjuic quattro volte
Simone Petilli ha affrontato la salita del Montjuic quattro volte
Simone, in quale parte del mondo sei?

Sono in altura a Sierra Nevada, sono rimasto in Spagna direttamente dopo la corsa. Rimango qua due settimane e poi vado direttamente al Giro di Sicilia, successivamente ritornerò per altre due settimane in quota per finire la preparazione sperando di essere poi selezionato per il Giro d’Italia. 

Parliamo della salita del Montjuic, quante volte l’hai affrontata?

E’ la quarta volta come le mie partecipazioni al Catalunya che tutti gli anni finisce lì. 

In che tipo di tappa è inserita?

E’ una tappa impegnativa perché, nonostante sia corta, si va forte tutto il giorno e la salita è bella per il contesto e sopratutto perché c’è sempre tantissima gente, complice anche il fatto che la corsa si chiude di domenica. 

Per farci capire meglio, la paragoneresti a qualche salita nostrana?

Da paragonare è difficile, non saprei trovare un’altra salita con queste caratteristiche. Inizia abbastanza regolare, si passa sotto l’arrivo e da lì è pedalabile. Ci sono due tornanti e poi da metà spiana e scende un po’, poi inizia la parte finale che è quella più impegnativa. Si prende con un’alta velocità perché si arriva da una leggera discesina per poi immettersi sulla rampa subito dura. E’ una salita in cui bisogna soffrire. Non si fanno alte velocità nel finale perché è impossibile viste le pendenze sopra al 10%. Appena finita saper rilanciare è fondamentale. 

Qui Gimondi sul Montjuic durante i campionati del mondo del 1973
Qui Gimondi sul Montjuic durante i campionati del mondo del 1973
Ok, analizziamola meglio. Con che rapporti l’hai affrontata?

La prima parte essendo molto pedalabile si sale con il 54 e a velocità vicine ai 30 km/h. Segue la parte intermedia dove si prende ancora più velocità e infine la rampa conclusiva che si affronta con i rapporti più agili. Le velocità oscillano tra i 10 e i 15 all’ora. Noi usiamo 54-39 e 11-34. I primi giri penso di averli fatti con il 39×34 mentre gli ultimi tenevo il 30 nella parte impegnativa. 

Quanto è lunga l’ultima parte?

Saranno 500/600 metri che si riassumono in circa due minuti di sforzo molto intenso

Si guardano i dati in quei momenti?

In quelle situazioni seguo solo le sensazioni e cerco di gestirmi al meglio. Cercavo di prenderla nella migliore posizione possibile e con la maggior velocità, poi dopo si trattava di gestire. La maggior parte la facevo fuori sella perché mi trovo meglio senza guardare né dati né cardio

Ci hai detto che una fase delicata è anche quella dello scollinamento. Spiegaci…

Il punto di scollinamento ha una velocità molto bassa, sia perché è veramente dura sia perché hai dato tutto. Arrivati in cima si gira a destra c’è qualche metro di ciottolato e dopo inizia subito la discesa. Riuscire a rilanciare subito è fondamentale e si fa la differenza perché la discesa è molto veloce. L’ho provato in prima persona quando ho scollinato a pochi metri da un corridore ma essendo a tutta e senza la prontezza di rilanciare subito capitava di prendere dei metri che poi diventavano difficili da chiudere. 

Ancora oggi il Montjuic è decisivo per la tappa finale. Qui lo scatto di Evenepoel seguito da Roglic
Ancora oggi il Montjuic è decisivo per la tappa finale. Qui lo scatto di Evenepoel seguito da Roglic
Il manto stradale in che condizioni è?

L’asfalto è perfetto anche perché è all’interno del parco del Montjuic, ho sempre trovato delle buone condizioni. La strada è molto larga e si stringe solo nella parte conclusiva, ma comunque c’è sempre ampio spazio per passare. Stesso discorso vale per la discesa, molto ampia e veloce in particolare ci sono due curve che si fanno a piena velocità senza toccare i freni. 

La carreggiata è ampia?

Se uno ha gambe ha sempre la possibilità di recuperare anche in salita. Nel ciclismo moderno la posizione è sempre più importante. In un percorso del genere è importante stare davanti, ma giro dopo giro sono le gambe a parlare e a determinare la posizione.

Hai parlato della presenza di tanto pubblico…

Tutti gli anni c’è sempre grande tifo. Il Catalunya è una corsa importante. Finendo di domenica in un circuito che si ripete più volte, attira molti tifosi e devo ammettere che sulla parte più dura della salita c’è sempre un alto numero di tifosi che ti da una gran mano a livello emotivo e questo è sempre un piacere del ciclismo. 

Una salita storica, qui lo scalatore Luis Ocana
Una salita storica, qui lo scalatore Luis Ocana
Che cosa rappresenta per te questa salita?

E’ una salita bella da fare e che ha il suo fascino essendo la tappa finale da sempre. Vedendo anche cosa dicono i siti di ciclismo e i giornali vincere la tappa del Montjuic ha un valore un po’ particolare. Penso che nel palmares di un corridore la vittoria ad una tappa del Catalunya e una al Montjuic hanno un peso differente. Nonostante sia la stessa corsa, alzare le braccia qui regala qualcosa in più nella carriera di un corridore. 

Si adatta alle tue caratteristiche?

Non è il tipo di sforzo ideale per me. Come dicevo la parte conclusiva richiede un impegno di circa due minuti. Mi trovo meglio con sforzi più lunghi. Però mi sono sempre trovato bene in questa tappa perché arriva l’ultimo giorno e soprattuto si ripete tante volte. E’ tutta salita o discesa senza respiro, e arrivati all’ultimo giro la stanchezza e il fondo fanno la differenza

Petilli, Bonifazio e le Cube della Intermarché-Circus-Wanty

16.02.2023
6 min
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Andiamo alla scoperta delle bici Cube in dotazione ad uno team più vittoriosi di questo inizio 2023. Litening C68X Air e Litening C68X Aero sono le versioni usate dai corridori del Team Intermarché-Circus-Wanty.

Abbiamo chiesto qualche feedback a Simone Petilli, che milita nel team belga già da diverse stagioni, ma anche al nuovo ingresso Niccolò Bonifazio, che è entrato a far parte del roster proprio in questo 2023.

La versione Aero, con le sue forme importanti e voluminose (foto Cyclingmedia Agency)
La versione Aero, con le sue forme importanti e voluminose (foto Cyclingmedia Agency)

Evoluzione Cube, non solo biciclette

Ci sono anche le ruote NewMen, che il team ha iniziato ad usare nel 2021 e che sono state oggetto di diversi aggiornamenti, segno di un progetto che evolve in continuazione e nel suo complesso. Le nuove hanno i raggi in carbonio ed un cerchio con forma wide particolarmente spanciata, adatta ad interfacciarsi con i tubeless da 28. Le versioni delle biciclette sono due, quella più aero e l’ultima Cube con un valore alla bilancia molto ridotto, entrambe hanno il manubrio integrato che avevamo notato lo scorso anno al Giro.

La trasmissione è sempre Shimano Dura Ace con il cambio posteriore che presenta il bilanciere CeramicSpeed, ma da quest’anno c’è la guarnitura Rotor Aldhu Inspider con l’omonimo power meter. Ci sono le selle Prologo e gli pneumatici Continental.

Simone Petilli durante il ritiro in Spagna (foto Cyclingmedia Agency)
(foto Cyclingmedia Agency) (@cyclingmedia agency)

Petilli sceglie Air

«La prima bici, in fatto di scelta tecnica è la Cube C68X Air – spiega SImone Petilli – che è quella più leggera e preferita dagli scalatori o da chi comunque predilige dislivelli importanti. Molti di noi hanno iniziato ad usarla nel 2021. Io ho a disposizione anche la versione Aero, quella più aerodinamica, quasi esclusivamente per le tappe con un profilo piatto, o comunque nelle frazioni veloci. Ho una taglia 54».

Hai modo di scegliere ad inizio stagione, oppure la bici è assegnata dal team in base alle caratteristiche del corridore?

Si, possiamo scegliere ed è una grossa fortuna. In dotazione abbiamo tre biciclette e possono essere la stessa versione, o come nel mio caso un mix tra Air ed Aero. La mia prima bici e scelta è comunque focalizzata sulla Air, si addice di più alle mie caratteristiche.

Forcella spanciata (tanto) verso l’esterno (foto Cyclingmedia Agency)
Forcella spanciata (tanto) verso l’esterno (foto Cyclingmedia Agency)
Se dovessi sottolineare tre peculiarità del tuo mezzo?

Di sicuro il comfort complessivo, dove faccio rientrare anche una guidabilità davvero buona e una bici stabile ti fa risparmiare delle energie. Poi nell’ordine la leggerezza e la velocità, perché pur non essendo una bici aero vera e propria, mette in mostra delle doti di velocità non trascurabili.

Quale è il range di peso della bici pronta per le gare?

Inferiore ai 7 chilogrammi con i tubeless da 28. Usiamo qualche accorgimento nel caso di frazioni particolarmente dure, o per arrivi in salita con pendenze parecchio impegnative ed il peso arriva a 6,8 chilogrammi precisi.

Le prime con i raggi in carbonio, viste al Giro 2022
Le prime con i raggi in carbonio, viste al Giro 2022
E invece per quanto concerne le ruote NewMen, cosa ci puoi dire?

Il team ha iniziato ad usarle nel 2021 quando siamo passati da un prodotto eccellente e conosciuto, al pacchetto ruote NewMen che fa parte del portfolio Cube. Tutti i dubbi sono spariti fin dal primo utilizzo, dubbi che erano legati principalmente al fatto che non si conosceva questo componente. I corridori si sono trovati un pacchetto ruote ottimo, con una notevole rigidità a prescindere dall’altezza del cerchio e un peso contenuto. Il valore alla bilancia è sceso ulteriormente con le nuove che hanno i raggi in carbonio. Inoltre l’ultima versione ha anche il cerchio wide, spanciato e si adatta ai tubeless da 28, quelli che per noi sono ormai uno standard.

Da quest’anno guarnitura e power meter Rotor (foto Cyclingmedia Agency)
Da quest’anno guarnitura e power meter Rotor (foto Cyclingmedia Agency)
Rispetto all’anno passato avete cambiato il power meter?

Sì, da quest’anno abbiamo il Rotor Inspider con il perno passante da 30 millimetri di diametro. In fatto di rigidità, rispetto allo Shimano che avevamo in precedenza non trovo particolari differenze. Per quello che concerne la rilevazione, il Rotor sovrastima leggermente, anche se le variabili in gioco sono tante. Quello che è importante però, è il fatto che offre dei dati ripetibili ed è l’aspetto che per noi conta di più.

Bonifazio sulla Aero

«Da quando mi è stata consegnata la bicicletta – inizia Niccolò Bonifazio – ho percorso 4.000 chilometri, più o meno 200 ore di allenamenti tra dicembre e gennaio. Sono partito con forza e determinazione, perché la volontà era quella di ben figurare gia dalle prime corse. Di sicuro il feeling immediato che ho avuto con la Cube è qualcosa che mi ha lasciato impressionato ed è stato anche un notevole supporto nel fare così tanti chilometri in questi mesi di preparazione. Ho la versione Litening Aero nella taglia small, che corrisponde ad una 52».

Niccolò Bonifazio con la maglia Intermarché (foto Cyclingmedia Agency)
Niccolò Bonifazio con la maglia Intermarché (foto Cyclingmedia Agency)
Hai avuto la possibilità di scegliere oppure il modello di bici ti è stato assegnato a prescindere?

Abbiamo la possibilità di scegliere la bicicletta. Non ho avuto modo di provare la versione più leggera, perché sono approdato tardi al team e perché mi sono trovato talmente bene e fin da subito che non ho avuto la necessità di chiedere un’altra bici.

Come d’abitudine il team usa il bilanciere CeramicSpeed (foto Cyclingmedia Agency)
Come d’abitudine il team usa il bilanciere CeramicSpeed (foto Cyclingmedia Agency)
Il tuo passaggio tecnico è stato importante, da Specialized a Cube. Se dovessi identificare tre cose che ti hanno colpito del nuovo mezzo?

Ai primi due posti metto la scorrevolezza e la velocità, fattori che sono emersi fin dai primissimi chilometri. Inizialmente cercavo di capire se era un singolo componente che mi trasmetteva questa sensazione, oppure la bicicletta nel complesso. Effettivamente è un pacchetto davvero performante. E poi è una bicicletta leggera, perché è vero che è una taglia S, ma è una bici aero con delle linee marcate e tubazioni grandi: 7 chilogrammi sono pochi. Nelle curve è una spada, parecchio precisa e lo sterzo basso contribuisce a tenerti all’interno della traiettoria anche quando la velocità supera i 60 all’ora.

Hai mantenuto le stesse misure, oppure hai fatto delle variazioni?

Rispetto alla bici precedente sono più basso sull’avantreno e più allungato sull’orizzontale, anche grazie ad una pipa da 130. E’ un setting leggermente più estremo, che nasce principalmente dalla differenza di lunghezza della tubazione dello sterzo. La Tarmac era più alta. Onestamente non mi pesa neppure dopo diverse ore di allenamento, anzi nelle fasi di rilancio e sprint riesco ad essere più veloce ed agile.

Una bici super rigida che aiuta ad esprimere le tue abilità in discesa?

Il vantaggio principale arriva dalla precisione della bicicletta, aspetto che semplifica la guida e la gestione del mezzo anche nelle situazioni più tecniche. Un banco di prova ottimale è stata la discesa di Coll de Rates in allenamento, durante il ritiro. E’ una discesa impegnativa ed esigente che mi ha permesso di andare un po’ al limite: difficoltà pari a zero. E poi è quasi immune al vento laterale segno di un’aerodinamica che non pesa. Complessivamente aggiungo anche i tubeless da 28. Abbinati alle ruote larghe e spanciate, gonfiati alle atmosfere giuste, sono tanto scorrevoli e sicuri.

Rota e Petilli: il ritiro, gli obiettivi e due parole fra amici

17.07.2022
5 min
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Simone Petilli e Lorenzo Rota sono in ritiro sulle montagne alpine per preparare la seconda parte di stagione. Un periodo di stacco nel quale si lavora, gli impegni sono alla porta ed è importante prepararsi al meglio. I due corridori della Intermarché Wanty Gobert arrivano da momenti diversi. Simone ha metabolizzato l’esclusione dal Giro ed è pronto ad aggredire i nuovi appuntamenti che si presenteranno. Lorenzo, invece, arriva da una prima parte di stagione ricca ma con qualche episodio sfortunato alle spalle, ed un secondo posto al campionato italiano che fa fatica ad andare giù, come un boccone troppo amaro.

L’Intermarché per questo ritiro ha messo a disposizione dei corridori i propri mezzi
L’Intermarché per questo ritiro ha messo a disposizione dei corridori i propri mezzi

Un programma “distensivo”

PETILLI: «Siamo entrambi partiti per il ritiro il 5 di luglio e torneremo il 20. Non siamo da soli, ci sono altri nostri compagni ed in più abbiamo il supporto del team, ma poi ognuno di noi ha la sua libertà per gestire le tabelle e gli allenamenti».

ROTA: «Siamo in una decina di compagni di squadra, siamo un po’ sparsi intorno alla zona di Livigno. Personalmente arrivavo da un periodo di corse molto intenso: tra Giro d’Italia, Giro del Belgio e campionato italiano ero un po’ cotto».

Livigno in questi giorni è meta di tanti corridori che si preparano per la seconda parte di stagione
Livigno in questi giorni è meta di tanti corridori che si preparano per la seconda parte di stagione

Obiettivi diversi

Se Petilli sta cercando continuità ed una seconda parte di stagione con delle certezze per riscattare l’esclusione dal Giro, Lorenzo vuole delle certezze. E queste passano dalla tanto agognata vittoria. La motivazione è alta per entrambi, gli obiettivi sono diversi, ma la strada è comune.

ROTA: « Devo ammettere, ma penso lo si sappia già ampiamente, che questa vittoria manca e inizia ad essere una situazione frustrante. Ci sto provando da diverso tempo e continua a succedere qualcosa che mi frena, una volta un po’ di sfortuna, altre un piccolo errore…»

PETILLI: «Io e Lorenzo parliamo tanto, ci confrontiamo ed il nostro rapporto è bello così. Ci conosciamo da tanto tempo che ormai sappiamo tutto l’uno dell’altro, o quasi. Quando mi dice che gli pesa questa vittoria mancata, gli dico che ha dimostrato di andare forte. A San Sebastian lo abbiamo scoperto tutti e poi si è riconfermato sempre, anche quest’anno sulle strade del Giro. Insomma, se arrivi ad andare forte su questi palcoscenici, vuol dire che la gamba c’è. Non deve stare a sentire i pareri ed i commenti di tutti, anche dopo il campionato italiano ne ho sentite tante…».

Un inno di Mameli amaro per Rota dopo il secondo posto al campionato italiano, un’occasione unica sfumata per poco
Un inno di Mameli amaro per Rota dopo il secondo posto al campionato italiano, un’occasione unica sfumata per poco

Quel Giro mancato

PETILLI: «Il Giro d’Italia era un mio obiettivo di inizio stagione e mi è mancato farlo, non ne ho fatto un dramma. La squadra prende le sue decisioni ed è giusto rispettarle, ovviamente mi sarebbe piaciuto correrlo. Di contro non dovrei correre la Vuelta, non era in calendario e non mi sto preparando per questo. Mi hanno inserito come prima riserva».

ROTA: «Quando ho scoperto che Simone non ci sarebbe stato al Giro d’Italia, mi è dispiaciuto molto. Io, con il senno di poi, l’avrei portato anche perché abbiamo portato due corridori nella top ten ma ci sarebbe servito qualcuno di maggior supporto in salita. “Pozzo” e Hirt si sono ritrovati spesso da soli e lui avrebbe potuto fare tanto. D’altro canto non credo che l’esclusione dal Giro o da altre corse a tappe crei un problema, farle fa sempre piacere ma non è fondamentale. Abbiamo entrambi una certa età e quindi siamo arrivati alla nostra maturazione ciclistica. Se devo essere sincero spero non vada alla Vuelta così corre con me (dice ridendo, ndr)».

Petilli dopo l’esclusione dal Giro si è rimboccato le maniche lavorando per farsi trovare pronto nelle gare di fine stagione
Petilli dopo l’esclusione dal Giro si è rimboccato le maniche lavorando per farsi trovare pronto nelle gare di fine stagione

Strade simili

PETILLI: «I programmi miei e di Lorenzo sono simili da qui a fine stagione, a parte per quanto riguarda l’approccio alle corse dopo questo ritiro. Io farò San Sebastian lui il Giro di Vallonia. Quando corriamo in Italia, vogliamo farlo al meglio, dando spettacolo, così come fatto al campionato italiano. Eravamo solo noi due della squadra e così abbiamo deciso di provarci, ci è mancato davvero poco».

ROTA: «Essendo lui di Como ed io di Bergamo abbiamo una corsa in comune su tutte in Italia: il Lombardia. L’anno scorso non sono andato benissimo e mi piacerebbe correrlo meglio, avendo la possibilità di rifarmi. Devo dire che mi piace molto di più l’arrivo a Como, si addice molto di più alle mie caratteristiche».

Rota e Petilli non sono soli, con loro ci sono anche gli altri che preparano la Vuelta
Rota e Petilli non sono soli, con loro ci sono anche gli atleti che preparano la Vuelta

Allenamenti e chiacchierate

ROTA: «In questi giorni di ritiro parliamo tanto, ma cerchiamo di spaziare un po’ negli argomenti. Parliamo di macchine, di belle ragazze – ride insieme a Simone – è bello anche così, pensare un po’ ad altro».

PETILLI: «Siamo sempre in bici, in questi giorni è divertente fare altro e chiacchierare anche con gli altri compagni di squadra che sono qui con noi».

ROTA: «Prima di lasciarvi propongo un gioco: quello dei “difetti” dell’altro, altrimenti dopo questa intervista sembriamo troppo amichevoli (scherza il bergamasco, che poi resta in silenzio un attimo, ndr). Ci sto pensando ma non mi vengono! Ah no, ecco, se devo dire qualcosa direi che sei troppe volte per terra!».

PETILLI : «Anche tu non scherzi – replica con una risata – questa cosa mi piace, così poi domani ci scattiamo nei denti per vendetta. In realtà siamo abbastanza affini, ci capita più spesso di discutere con qualcuno del gruppo piuttosto che tra di noi. Ciao Lore, a domani e mi raccomando, puntuale!».

L’insolito compleanno di Petilli sull’Etna, mentre il Giro va…

05.05.2022
5 min
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Auguri un corno, ha pensato ieri Petilli, all’ennesima telefonata per il suo compleanno. Intorno, l‘Etna era lo scenario che meno si aspettava per festeggiare i 29 anni. Da programma, avrebbe brindato con discrezione assieme ai compagni a Budapest, al via del Giro d’Italia. Invece la Intermarché-Wanty-Gobert ha rimescolato le carte e Simone è rimasto in Italia.

Lo avevamo salutato dopo la Liegi, felice come una Pasqua per il secondo posto di Quentin Hermans. La squadra lo aveva richiamato dal ritiro in altura, che stava facendo sul vulcano dopo il Giro di Sicilia, per rinforzare il blocco delle Ardenne. E sull’Etna Simone sarebbe tornato in vista del Giro. Otto giorni assieme a Pozzovivo, sia pure in alberghi diversi. Domenico all’Hotel Corsaro, come d’abitudine. Simone al Rifugio Sapienza.

Petilli è stato richiamato dall’altura, dove preparava il Giro, per correre nelle Ardenne: qui alla Freccia Vallone
Petilli è stato richiamato dall’altura, dove preparava il Giro, per correre nelle Ardenne: qui alla Freccia Vallone

«Immaginavo un compleanno diverso – sorride – sapevo di dover fare il Giro da inizio stagione, ma questo è il ciclismo e la squadra ha scelto per il meglio. Dovevamo essere cinque scalatori, dato che Pozzovivo punterà alla classifica, più tre uomini veloci fra cui Biniam Girmay per le altre tappe. Visto però il risalto mediatico ottenuto da “Bini” dopo la vittoria alla Gand-Wevelgem, la squadra ha deciso di dargli maggior supporto, sacrificando uno scalatore».

Da Liegi all’Etna

Questo è il ciclismo, inutile fare polemiche: Petilli lo sa bene. La squadra sarà al via da Budapest con Peak, De Gendt e Vliet in supporto a Girmay, risultando meno sbilanciata a favore di Pozzovivo.

«Capisco la squadra – dice – ma devo riconoscere che soprattutto all’inizio ci sono rimasto male. Per un italiano il Giro è trovarsi per un mese in un’atmosfera speciale. Io ho capito, i tifosi ancora non se ne fanno una ragione. Dopo la Liegi sono tornato qui sull’Etna, perché volevo farmi trovare pronto. Ma visto che non vado più a Budapest, ho deciso di prolungare per altri 4 giorni, preparandomi per gli obiettivi futuri. In questo modo risolvo anche la parte logistica. L’8 maggio arrivano in Sicilia gli uomini dello staff in discesa dall’Ungheria, vado giù a portargli l’ammiraglia che mi hanno lasciato, così mi accompagnano loro all’aeroporto e torno a casa. Ho ancora in programma il Giro di Svizzera e si sta pensando di inserire il Tour of Norway a fine maggio».

Un grande Giro

La squadra, vera rivelazione di questa primavera, sarà comunque forte: su questo Simone non ha dubbi ed è pronto a scommettere anche qualcosa.

«Con Pozzovivo ci siamo visti poco – sorride – perché lui aveva i suoi lavori ed io i miei. Però abbiamo pranzato insieme un paio di volte e l’ho trovato davvero bene. Ha un’ottima condizione. Non voglio lanciarmi in pronostici, ma secondo me farà davvero un bel Giro d’Italia. E come lui, farà davvero bene Lorenzo Rota, ne sono sicuro. Sarà lui il solo italiano in corsa per noi, anche lui sta bene. E’ stato ad allenarsi in Colombia ed è nell’anno giusto per vincere una tappa. Ha trovato la giusta consapevolezza. In più preparatevi a rivedere un grande Hirt, ai livelli di quando era all’Astana e poi alla CCC. Infine Taaramae, una certezza. Anche lui è stato in altura, ma in Rwanda, fino al Romandia. E’ stato il primo a chiamarmi quando ha saputo che non avrei fatto il Giro e poi tutti gli altri. Sapevano che ci ero rimasto male».

Petilli è nato a Bellano (Lecco) il 4 maggio 1993. E’ alto 1,78 e pesa 65 chili. Corre nel team belga dal 2020
Petilli è nato a Bellano (Lecco) il 4 maggio 1993. E’ alto 1,78 e pesa 65 chili. Corre nel team belga dal 2020

Un anno in più

E tutto sommato, proprio questa vicinanza è il motivo che ha reso la rinuncia meno dolorosa, unita ai contatti con la squadra per il rinnovo del contratto. Con la scadenza a fine 2022, non fare il Giro sarebbe stato un bel danno se non ci fossero state conferme di altro senso.

«Credono in me – conferma Simone – e abbiamo già parlato di prolungare per un altro anno. E’ un progetto a lungo termine, con una squadra che sta crescendo. A inizio stagione avremmo messo una firma subito su questi risultati, ma non so quanti ci avrebbero scommesso. Ora in ogni corsa si parte con una diversa sicurezza e una nuova consapevolezza che ci responsabilizza. Io stesso ho saputo che non avrei fatto il Giro, ma ho continuato ad allenarmi e mangiare bene. Il malumore dei primi giorni se ne è andato. La prima reazione è stata di non vedere neanche una tappa, ma ora so che tutti i giorni sarò lì a guardare. Dopo l’Etna andrò a casa e semmai me ne andrò per una settimana a Livigno per allenarmi meglio. L’obiettivo potrebbe essere il rientro in Norvegia. E poi chissà che da cosa nasca cosa e mi ritrovi per la prima volta al Tour de France. Non dico nulla, neanche ci faccio al bocca, ma non sarebbe affatto male…».

Petilli 2022

Pozzovivo, in Petilli hai trovato la spalla giusta…

10.03.2022
4 min
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Tanta attenzione non se l’aspettava, non ne ha mai avuta intorno. Simone Petilli, dopo il nono posto (primo degli italiani) alla Strade Bianche è tornato nella sua Colico per ricaricare le batterie, ma in questi giorni il telefono ha continuato a squillare. D’altronde la classica toscana sullo sterrato non è mai stata prodiga di soddisfazioni per i colori italiani e anche un’entrata nella Top 10 ha un valore, considerando anche i campioni che ogni anno la compongono.

Questo piazzamento non è stato però un caso e questo Simone ci tiene a sottolinearlo: «Certamente non me l’aspettavo, ma intanto abbiamo interpretato la gara tutti noi della Intermarché Wanty Gobert nella maniera che ci è più congeniale, attaccando sempre. Poi sono stato anche fortunato, ad esempio evitando la grande caduta, ma è grazie alle mie gambe che mi sono ritrovato davanti, questo è sicuro»

Petilli Strade Bianche 2022
Simone Petilli è professionista dal 2014. Alla Strade Bianche era stato 44° nel 2019 e 91° lo scorso anno
Petilli Strade Bianche 2022
Simone Petilli è professionista dal 2014. Alla Strade Bianche era stato 44° nel 2019 e 91° lo scorso anno
Quante volte avevi già corso la Strade Bianche?

Questa era la terza, ma devo dire che mi ci sono sempre trovato bene. Lo scorso anno sono anche andato in fuga. E’ una corsa diversa da tutte le altre, una delle più difficili ma anche delle più intense, nella quale tutto deve girare dritto per ottenere il risultato.

C’è un segreto per riuscire a centrare l’obiettivo?

Non devi mai mollare, perché è tutta un inseguimento, è come se fosse una gara a eliminazione. Bisogna sempre essere vigili e controllare come si evolve la corsa, per questo qui un piazzamento è così importante.

Parlando di una gara con un percorso così particolare, verrebbe da pensare che ci siano i prodromi per far bene anche alla Parigi-Roubaix…

Io non l’ho mai fatta, ma da quel che so ci sono molte differenze. Alla Strade Bianche ci sono comunque 3.500 metri di dislivello, emerge chi è molto leggero e ha un buon passo da scalatore. Alla Roubaix si pedala in pianura ma su terreno sconnesso come il pavé, per questo emergono sempre corridori di potenza. Per me la gara toscana è più vicina a quelle delle Ardenne o al Lombardia.

Petilli Vuelta 2021
Il corridore di Bellano (LC) era stato protagonista alla Vuelta 2021, con tutta la sua squadra
Petilli Vuelta 2021
Il corridore di Bellano (LC) era stato protagonista alla Vuelta 2021, con tutta la sua squadra
Non è un caso quindi se Pogacar sia emerso in queste classiche…

Non è scontato che possa far bene anche sulle pietre. Un giorno correrà anche quella e magari ci stupirà tutti, ma da osservatore posso dire che mi incuriosisce molto la sua presenza al Fiandre, quella è una gara più vicina come caratteristiche alla Strade Bianche.

Veniamo a te: che cosa farai ora?

Volta a Catalunya e Giro di Sicilia sono nei miei programmi, poi preparerò il Giro d’Italia dove tutta la squadra conta di far bene, soprattutto ora che è arrivato Pozzovivo.

Parliamo proprio di Domenico: vi conoscevate?

Avevamo parlato qualche volta, ma quando ho saputo che aveva firmato sono stato contentissimo e l’ho subito contattato tramite social. Era entusiasta, e io con lui. Abbiamo già corso insieme al Laigueglia e alla Strade Bianche e ci siamo subito trovati in sintonia.

Considerate le vostre caratteristiche, tu avrai molto da fare la suo fianco al Giro.

Sì e non vedo l’ora. All’ultima Vuelta ho visto che posso davvero fare bene in appoggio al capitano di turno nelle tappe di salita e con Domenico sarà un piacere fargli da spalla. Io credo che anche tecnicamente possiamo lavorare bene insieme.

Il suo arrivo secondo te quanto influisce sulle caratteristiche del team?

Non più di tanto. La filosofia di base resta, è quella che Valerio Piva ha introdotto lo scorso anno, noi non abbiamo il grande campione che deve vincere la classifica o la classica, dobbiamo correre alla garibaldina e inventarci sempre qualcosa per sovvertire i pronostici. Guardate ad esempio quel che è successo all’ultimo Trofeo Laigueglia: la fuga da lontano che ha deciso la corsa l’abbiamo lanciata noi…

Pozzovivo Tirreno 2022
Pozzovivo alla Tirreno-Adriatico, tappa per preparare un grande Giro d’Italia
Pozzovivo Tirreno 2022
Pozzovivo alla Tirreno-Adriatico, tappa per preparare un grande Giro d’Italia
Con Pozzovivo la Intermarché diventa sempre più italiana…

E questo mi fa molto piacere, non perché mi trovi male con gli altri, anzi, ma con Rota, Pasqualon, ora Domenico c’è un bel gruppo, c’è feeling, poi Piva ha impostato la squadra con una struttura molto tradizionale e i risultati si vedono. Certamente ora con Pozzovivo guarderemo alla classifica, ma senza farci assillare.

Tu per tuo conto che cosa ti aspetti?

Non ho traguardi particolari ai quali ambisco, anche se nel profondo del cuore un successo di tappa al Giro d’Italia dopo una fuga sarebbe il compimento di un’intera carriera. Quel che voglio comunque è semplicemente continuare a emergere, a fare bene come nello scorso anno e in questo avvio di stagione, essere utile alla squadra sapendo che ogni volta può essere la mia giornata. E’ questo il bello della Intermarché: tutti hanno spazio, l’occasione può capitare per ognuno e dobbiamo essere pronti e bravi a coglierla.

Dì la verità: come stavi domenica dopo la gara?

Sfinito… Ma è proprio questo il bello della Strade Bianche, infatti avevo già voglia di rifarla. Ci vediamo nel 2023…

Nalini veste il team Intermarché-Wanty-Gobert Matériaux

18.01.2022
4 min
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Dopo aver comunicato ai primi di dicembre la partnership con il Team DSM, nei giorni scorsi Moa Sport ha ufficializzato la collaborazione con un altro team WorldTour. Si tratta della Intermarché-Wanty-Gobert Matériaux al secondo anno nel massimo circuito del ciclismo mondiale che vestirà completi firmati Nalini.

Nalini, un brand di riferimento

Jean-François Boulart, general manager della formazione belga, non ha nascosto la sua soddisfazione per il nuovo partner tecnico.

«Sono lieto di questa nuova partnership – ha detto – Moa Sport, di cui il marchio Nalini è punta di diamante, è un punto di riferimento iconico nel mondo del ciclismo. Ha già vestito e continua a vestire molti grandi campioni. Condividiamo gli stessi valori non solo professionali e siamo mossi dal desiderio costante di migliorare. I loro designer – ha aggiunto – hanno disegnato per noi un outfit elegante ed essenziale, mantenendo i colori che consentono a Intermarché-Wanty-Gobert Matériaux di distinguersi in gara. Aspetto solo di vederli per la prima volta in azione!».

Andrea Pasqualon è uno dei tre corridori italiani del team Intermarchè Wanty insieme a Lorenzo Rota e Simone Petilli
Pasqualon è uno dei tre italiani del team insieme a Rota e Petilli

La nuova divisa

La nuova divisa conferma i colori tradizionali che hanno reso facilmente riconoscibile in gruppo i corridori del team belga. Le maniche di colore giallo fluo e blu navy si fondono perfettamente con il bianco che domina il busto. Qui troviamo gli sponsor principali che danno il nome alla squadra:  Intermarché, Wanty e Gobert Matériaux. Sempre sul busto ecco apparire una novità per la stagione 2022. Si tratta della Vini Zabù, realtà italiana da quest’anno sponsor del team.

Restando alla maglia, nella parte alta ecco i loghi dei partner tecnici della stagione 2022: Cube, DMT, Force e naturalmente Nalini il cui logo è presente anche sul retro della maglia e sui pantaloncini.

Dal momento che in squadra sono presenti anche diversi campioni nazionali, le maglie del norvegese Sven Erik Bystrøm, del sudafricano Louis Meintjes, dell’ungherese Barnabás Peák e dell’estone Rein Taaramäe, richiamano i titoli nazionali conquistati in carriera. La divisa di Alexander Kristoff presenta invece un richiamo al titolo di campione europeo conquistato ad Herning nel 2017.

La foto ufficiale di presentazione della nuova divisa firmata da Nalini
Presentazione della nuova divisa firmata da Nalini

Legati al territorio

La Intermarché-Wanty-Gobert Matériaux è ambasciatrice della Regione Vallone il cui logo è presente sulla maglia e sui pantaloncini. Quello del legame con la propria terra è un aspetto che ha voluto rimarcare Claudio Mantovani, titolare di Moa Sport.

«Iniziamo con entusiasmo – ha detto – questa partnership con la squadra Intermarché-Wanty-Gobert Matériaux. Un team che è cresciuto molto negli ultimi anni, pur mantenendo un forte legame con il territorio. E’ una realtà importantissima del ciclismo e questa fedeltà alle proprie origini, alle radici, ci trova assolutamente in linea nei principi e negli sforzi che anche la nostra azienda porta avanti in maniera concreta. Nalini produce infatti quasi totalmente ancora in Italia, rappresentando una realtà lavorativa di primaria importanza. Ci auguriamo che questo sodalizio, che ci vede così simili e vicini nei valori, sia fruttuoso per noi e per il ciclismo in generale».

Piva 2021
Valerio Piva (62 anni) è il diesse della Intermarché Wanty Gobert, quella che sta per iniziare sarà la sua seconda stagione
Piva 2021
Piva (62 anni) è il diesse della Intermarché Wanty Gobert dal 2021

Tanta Italia

Nalini andrà a vestire una formazione che presenta al suo interno una forte matrice italiana. Nella Intermarché-Wanty-Gobert Matériaux ricopre con successo il ruolo di direttore sportivo Valerio Piva. Sono italiani alcuni atleti della squadra. Si tratta di Andrea Pasqualon, Lorenzo Rota e Simone Petilli. Con loro l’obiettivo è di ripetere quanto fatto di buono nel 2021 a partire dalla vittoria di tappa al Giro d’Italia ottenuta da Taco Van der Horn.

Nalini

Petilli dorelan 2021

Petilli: «Il defaticamento? Ecco quando servono i rulli»

11.05.2021
2 min
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Il defaticamento relativo al ciclismo è un concetto piuttosto recente, il che può sembrare sorprendente per uno sport di resistenza, quando ad esempio nelle lunghe distanze di atletica rappresenta qualcosa di assolutamente irrinunciabile. Bisogna però fare una distinzione, perché non è sempre necessario. Con Simone Petilli (Intermarché Wanty Gobert) cerchiamo allora di fare un po’ di chiarezza.

«Negli ultimi anni è emersa questa moda dell’utilizzo dei rulli post-gara – spiega Petilli – io ho cominciato a vedere la loro diffusione nel ciclismo professionistico dal 2016, ma non sono sempre necessari. In un grande Giro ci sono ad esempio tappe tranquille che si risolvono in volata, a quel punto il defaticamento è necessario per chi ha lavorato molto negli ultimi chilometri, per gli altri il semplice arrivare consente di smaltire l’acido lattico in eccesso».

Quando allora sono necessari?

Nelle tappe di salita sicuramente, perché raggiungi uno sforzo massimale fino al traguardo e rischi che i muscoli rimangano intossicati. Ancora di più dopo una cronometro, sempre per lo stesso concetto. Tornando alla salita, anche lì però saranno i primi ad averne bisogno, chi arriva staccato, se ha affrontato l’ascesa in maniera tranquilla ha già smaltito e poi non ci sarebbe neanche il tempo, in quel caso è più importante raggiungere l’hotel il prima possibile.

Rulli Dorelan 2021
Il defaticamento sui rulli fa spesso seguito al ben più collaudato riscaldamento prima della tappa
Rulli Dorelan 2021
Il defaticamento fa spesso seguito al più collaudato riscaldamento prima della tappa
Quanto tempo è necessario trascorrere sui rulli?

Basta una decina di minuti senza assolutamente spingere, andando di agilità, in quel modo i muscoli riacquistano scioltezza. Poi saranno i massaggi a completare l’opera considerando anche che il recupero deve essere non solo fisico ma anche mentale.

Come avviene il defaticamento in corsa?

Dipende dai compiti che si hanno – risponde Petilli – anche chi lavora per preparare la volata, o per predisporre l’attacco del capitano, negli ultimi 10 chilometri ha la possibilità rallentando di effettuare già quell’azione di defaticamento necessaria. Chi ad esempio lavora nella fase iniziale dei treni per tenere alta l’andatura fino agli ultimissimi chilometri, poi ha il tempo per defaticare.

Chi ha ambizioni di classifica fa sempre defaticamento?

Anche qui dipende molto da com’è stata la tappa, che impegno ha richiesto. Se si tratta di frazioni altimetricamente impegnative, dove si è lavorato molto anche solo per stare nelle prime posizioni, qualche minuto sui rulli lo trascorrono appena arrivati. Se arriva una fuga da lontano che non interessa la classifica, è una tappa in quel senso tranquilla, allora non è necessario.

Sei già stato al Giro?

Sì, nel 2016 e 2017, tornarci è sempre una grande emozione e credo di avere lavorato bene. Il mio obiettivo è essere il più competitivo possibile, anche su tappe come quella di Cattolica, i segnali che ho avuto al Romandia sono molto confortanti in tal senso.

Passano gli anni, ma Petilli sorride ancora

14.02.2021
5 min
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Un corridore che ride mentre è in fuga. Noi lo abbiamo visto di persona dall’auto di giuria sulla quale viaggiavamo. Simone Petilli ha fatto anche questo. Non era ancora professionista, stava correndo in Argentina con la maglia della nazionale. Da quel giorno sono passati sei anni, ma il corridore lombardo, che per il secondo anno correrà nel team WorldTour Intermarché-Wanty-Gobert, non ha perso quel sorriso. Magari non ha più la stessa spensieratezza, ma è normale con il passare degli anni, delle esperienze, di qualche batosta e di qualche soddisfazione…

«Eh, sono diventato vecchio! Me ne sono reso conto gli ultimi anni con i giovanissimi che passano e vincono», scherza Petilli.

Simone Petilli al Tour de San Luis (Argentina) nel 2015
Petilli al Tour de San Luis nel 2015
Dai Simone che sei ancora giovane! Però un bilancio sin qui dei primi anni da pro’ puoi tracciarlo…

Sono stati anni di alti e bassi. Ho fatto esperienza, ma sinceramente mi aspettavo qualcosa di più. Tuttavia sono contento delle scelte fatte.

Perché secondo te hai avuto questi alti e bassi?

Io ho iniziato nel 2016, alla Lampre, squadra italiana e clima familiare. Ho imparato molto da gente come Ulissi, Rui Costa… ma c’era la mentalità di una volta.  Che poi dire “una volta”: sono passati solo cinque anni!

In effetti è vero, sembra un’altra epoca…

Quando sono passato la mentalità era ancora che il giovane doveva aiutare, poi intorno ai 27-28 anni si prendeva le sue responsabilità e coglieva i grandi risultati. Ora a 21-22 anni passano e vincono. Ma per carità, è giusto così.

Qual è stato il tuo anno migliore?

Il 2017. Non ho ottenuto grandi risultati ma nelle Ardenne e al Giro ho fatto delle belle prestazioni, quando il gioco si faceva duro riuscivo a restare con i migliori. Questo mi dava fiducia, pensavo solo a migliorare. I risultati arrivano, mi dicevo.

Simone è arrivato alla Wanty l’anno scorso. Eccolo con Pasqualon (a destra)
Dal 2020 è alla Wanty con Pasqualon (destra)
E invece…

Alla fine di quell’anno sono caduto in discesa al Lombardia. Mi sono infortunato gravemente e sono rientrato in pratica nella seconda metà del 2018. Ed è difficile riprendere a stagione in corso. Corri senza programma, non riesci ad essere costante. Poi è stata colpa mia che non sia riuscito a riprendermi.

Come hai passato questo inverno?

Cercando di evitare soprattutto l’errore dello scorso anno. Durante il lockdown mi sono allenato, forse troppo. Ho ripreso la stagione e sono andato bene per i primi dieci giorni, poi non ho più reso bene. Andavo più forte a giugno in allenamento che ad agosto in gara. E questa cosa non è facile da digerire. Non dico che non bisogna lavorare, ma bisogna farlo nel momento giusto.

Sei arrivato alla Intermarcheé-Wanty-Gobert…

Con la UAE mi sono lasciato bene, è lì che sono cresciuto. Dopo l’infortunio è cambiato molto il team. La Wanty è stata un’occasione per rilanciarmi. Ero consapevole di aver fatto, l’anno scorso, un piccolo passo indietro. Da quest’anno siamo di nuovo nel WorldTour. Adesso tocca a me dimostrare il mio valore. Bisogna essere realistici, oggi la UAE è ad un livello altissimo e anche solo andare a correre è difficile. Con Pogacar, Ulissi, Hirschi… devi avere non una condizione buona, ma stratosferica! Qui è un po’ più facile, posto che anche da noi c’è gente forte: Meintjes, Taramae, Hirt… ci sarà da lavorare per loro, ma avrò più possibilità di cercare le mie occasioni. La squadra ci mette tutto a disposizione.

E di Pasqualon che si dice? Lui è alla Wanty già da qualche anno…

Andrea lo conoscevo. Avevamo corso insieme nel 2014 nell’AreaZero. Io ero al primo anno in una continental, un novellino, mentre lui era lì per rilanciarsi. Pasqualon è un corridore molto tenuto in considerazione in squadra e se lo merita. In Italia è sottovalutato, invece ottiene risultati, li fa ottenere e sa fare gruppo. Mi ha aiutato ad ambientarmi, anche se mi sono trovato bene con tutti. Ci sentiamo spesso. Io chiedo a lui, ma anche lui chiede qualcosa a me, in fin dei conti anche io corro da un po’!

Parlaci della mentalità della squadra belga…

Rispetto a qualche anno fa c’è una grande differenza e me ne sono reso conto l’anno scorso. In Lampre e nei primi tempi della UAE c’è era ancora la mentalità italiana, quella della vecchia scuola. Per esempio quando ti chiedevano: «Quanto ti alleni in una settimana?». E tu dicevi sette giorni su sette. E ancora: «Nel recupero cosa fai?». E tu: faccio due ore, che per un pro’ sono 60-70 chilometri. Invece all’estero quando ti alleni, lo fai di brutto. Ma quando riposi e stai a casa, non ti fanno sentire in colpa. Non ti fanno passare quel giorno di stop come un qualcosa di sbagliato. Idem con l’alimentazione: se per una volta vuoi una pizza non è un problema.

Petilli (27 anni) al servizio dei capitani alla Uae nel 2019
Petilli al servizio dei capitani alla Uae
Oltre a Pasqualon ci sono anche Lorenzo Rota e Riccardo Minali, un bel gruppetto…

In ritiro ci chiamavano la “mafia italiana”, scherzando. Però la mafia li faceva divertire. Adorano la nostra cucina. L’anno scorso durante le corse italiane ci chiedevano perché noi italiani li guardavamo male se ordinavano un cappuccino dopo cena. Io gli spiegavo che quello si prende a colazione, ma tanto non capiscono! Comunque la compagine italiana adesso è ancora più forte grazie all’arrivo di Valerio Piva, un tecnico davvero bravo. Con lui abbiamo fatto uno step in più ed è un altro fattore a nostro vantaggio

Quando inizierai a gareggiare?

Allo Uae Tour, in realtà avrei dovuto iniziare con il Provence ma poi c’è stato non so quale fraintendimento tra team e organizzatori (in corse di quel livello possono prendere il via al massimo dieci squadre WT, ndr) e non siamo più andati. Dopo Uae dovrei fare Laigueglia, una corsa che mi piace molto e che ben si adatta alle mie caratteristiche, Strade Bianche, Catalunya e, spero, il Giro d’Italia. 

Bè dai, sei un italiano in una squadra belga…

Sì, loro hanno interesse a mandarmi e io a tornarci.