A tutta Tudor: De Kleijn bis, Pellaud fuga di dolore

03.10.2024
6 min
Salva

MELAKA (Malesia) – Come un samurai. Come un corridore che non ha paura e spinge cuore e gambe oltre l’ostacolo. E se oggi Arvid De Kleijn ha vinto di nuovo è anche grazie al suo aiuto. Stiamo parlando di Simon Pellaud, tra i promotori della fuga di giornata, l’ultimo ad arrendersi e il penultimo a spostarsi dal treno della Tudor Pro Cycling Team.

Siamo arrivati a Malacca, una delle città maggiori della Malesia e un tempo della navigazione dell’Asia Meridionale. Da qui e da Singapore passavano merci che poi partivano alla volta di tutto il mondo. Questa era anche una roccaforte dei pirati, quelli dei romanzi di Salgari per intenderci.

Ancora una volata super per De Kleijn e di nuovo davanti a Malucelli. L’olandese ci ha messo un po’ per sbloccarsi, ma ora sembra imprendibile
Ancora una volata super per De Kleijn e di nuovo davanti a Malucelli. L’olandese ci ha messo un po’ per sbloccarsi, ma ora sembra imprendibile

Dal futuro ai pirati

La Kuala Lampur-Malaka è dunque la tappa simbolo di questo Tour de Langkawi. Si andava dalla città moderna, quella delle Petronas Tower sotto le quali è partita la corsa, ad una dei suoi agglomerati più antichi e tradizionali. Anche se va detto che purtroppo la gara non è arrivata in centro.

In questo scenario, il via parecchio movimentato prometteva bene. Ci si aspettava delle fughe e una grande lotta per i secondi di abbuono. Tra coloro che covavano qualcosa c’era anche Simon Pellaud, lo svizzero-colombiano, appunto compagno di De Kleijn.

All’ombra delle Petronas Towers, Pellaud firmava autografi. Anche da queste parti dopo aver vinto la maglia dei Gpm l’anno scorso, Simon è piuttosto popolare. D’altra parte, i tifosi italiani lo conoscono bene. Al Giro d’Italia si è fatto amare non poco. Ma dicevamo: mentre firmava gli autografi ci ha raccontato della sua stagione e del suo futuro.

Un tipico cartello malese! Pellaud (classe 1992) in fuga con a ruota De Bod e Poole
Un tipico cartello malese! Pellaud (classe 1992) in fuga con a ruota De Bod (e fuori campo Poole)

«Una stagione meno brillante? Io non direi. Sono stato tantissimo al servizio della squadra. E quelle poche volte che ho avuto la possibilità mi sono fatto vedere o sono andato in fuga. Ho fatto terzo in una tappa al Tour of the Alps, secondo al campionato nazionale. A Gippingen sono dovuto entrare io in azione nel finale perché i capitani erano rimasti dietro e l’altro giorno verso Cameron Highland purtroppo ho avuto problemi di dissenteria (cosa che succede spesso da queste parti e che oggi ha costretto Carboni al ritiro, ndr), per questo non sono riuscito a seguire i big nell’ultimo chilometro di salita.

«E credetemi, mi dispiace davvero tanto perché avevo una gamba buonissima. Non per esagerare, ma anche ieri se non fosse stato per le mie tirate credo che la fuga di quei sei sarebbe arrivata. O al contrario se avessi avuto la possibilità di entrarci credo che sarebbe andata in porto con un minuto di vantaggio visti i dati e come è andata».

E in effetti anche Davide Toneatti dell’Astana-Qazaqstan di Syritsa, questa mattina, ci aveva detto della fatica fatta per chiudere sui primi ieri.

Partenza dalle Petrons Towers, centro economico e simbolo della Malesia
Partenza dalle Petrons Towers, centro economico e simbolo della Malesia

Senza squadra

Al Team Tudor, dopo Trentin l’anno scorso, sono in arrivo altri corridori importanti: Alaphilippe e Hirschi su tutti. Come potrà inserirsi Pellaud in questo contesto? Lui è sia attaccante che aiutante. Come contribuirà alla crescita di questa squadra?

«Crescerà senza di me – dice Pellaud con chiarezza e dispiacere al tempo stesso – purtroppo non sarò parte di questo team. Farò queste altre tappe in Malesia poi non so. Lo scorso anno mi dissero che erano felicissimi di me, poi senza un chiaro motivo, senza un messaggio diretto mi sono ritrovato fuori dal progetto. Qualche tempo fa mi hanno chiesto se mi fossi trovato una squadra per la prossima stagione. E’ stato un colpo che davvero non mi aspettavo e per il quale ancora non dormo la notte».

A metà tappa la pioggia ha creato grossi problemi alla corsa. «Mai visto nulla di simile», ha detto Ivan Benedetto, fotografo di Sprint Cycling in gara
A metà tappa la pioggia ha creato grossi problemi alla corsa. «Mai visto nulla di simile», ha detto Ivan Benedetto, fotografo di Sprint Cycling in gara

E qui Pellaud si apre. Dal suo sguardo sempre sorridente emerge il suo dolore. E, perché no, anche la paura di dover smettere.

«Guardate questo gruppo – mentre indica i compagni vicino a lui – è un bel gruppo. Mi trovo benissimo con i ragazzi, con lo staff, i materiali. Mi fa male al cuore. Malissimo. Ieri per esempio dopo l’arrivo non ero con gli altri a festeggiare. Troppo dolore, mi faceva male».

Certo, bisogna ascoltare anche l’altra campana, come si suol dire, per avere un quadro definitivo, ognuno ha la sua verità. Però è anche vero che se l’atleta non ha ottenuto risultati perché doveva lavorare per i compagni e se gli dicono bravo per come sta andando, è chiaro che per lui capire diventa complicato. 

«Per me – riprende Pellaud – il ciclismo non è mai stato un mestiere, ma una passione. E forse ho sbagliato a interpretarlo sempre in questa ottica, anche pensando alla squadra. Davvero non posso credere che con questa gamba non possa continuare».

 «Se poi penso ai corridori che hanno preso per il prossimo anno davvero non capisco. Sono corridori a cui avrei potuto dare un aiuto importante e con i quali vado molto d’accordo. Con Lienhard ci conosciamo da quando eravamo ragazzini. Con Alaphilippe ho un buon rapporto, scherziamo… E con Hirschi il rapporto è super. Lui è un vero amico».

Dopo una breve pausa aggiunge: «Ma finché sono qui non mollo». 

Max Poole si era appuntato alla vecchia maniera i numeri dei corridori da tenere d’occhio per la lotta degli abbuoni
Max Poole si era appuntato alla vecchia maniera i numeri dei corridori da tenere d’occhio per la lotta degli abbuoni

Fuga disperata

Parte quindi la corsa e dopo il primo sprint scappa via la fuga buona. Dopo un guasto meccanico dello spagnolo Okamina, restano De Bod, Poole che tra l’altro è il leader della generale il quale per paura degli abbuoni ha deciso di difendersi attaccando, e proprio Pellaud.

Stavolta però il gruppo non commette l’errore di ieri. L’Astana alza subito il ritmo e Poole, una volta terminati i traguardi volanti, non ha tutto questo interesse a far fatica in pianura. All’arrivo mancano oltre 130 chilometri. Quando negli ultimi 45 chilometri ormai si capisce che la fuga è segnata, prima Poole e poi De Bod mollano. Pellaud resiste. Sogna. Spinge e chissà cosa pensa.

Lo svizzero è apprezzato in tutto il mondo per il suo modo di correre
Lo svizzero è apprezzato in tutto il mondo per il suo modo di correre

«Pensavo che non volevo mollare e ve lo avevo detto stamattina – ci dice mentre ancora un tifoso gli chiede la foto e la borraccia – E’ stata una fuga per il futuro. E sono contento anche perché nel finale ero nuovamente davanti a lavorare per De Kleijn. Ho dato il mio contributo: mi sono spostato ai 500 metri».

La sua azione tra l’altro ha consentito ai suoi compagni di stare a ruota e di beneficiare di un treno fresco per il finale. 

«No, non posso pensare di smettere con questa gamba e con questa grinta».

“Nuovo ciclismo”: il punto di vista di Simon Pellaud

19.10.2023
4 min
Salva

LECCO – Il ciclismo come lo viviamo oggi è sempre più veloce, ma è bello ed emoziona. Ci vuole equilibrio nel fare le cose e capire cosa ti chiede il tuo fisico. Abbiamo incontrato Simon Pellaud nella giornata che ha anticipato Il Lombardia, di ritorno dalla Malesia e pronto gettarsi nella mischia dell’ultima classica di stagione.

Con lui abbiamo affrontato il tema di questo ciclismo moderno, che è cambiato tanto e che evolve senza soluzione di continuità. Ritagliarsi un ruolo e capire cosa fare al momento opportuno, aspetti importanti per stare bene ed avere una carriera longeva.

Pellaud a sinistra è anche uomo squadra (foto BMC)
Pellaud a sinistra è anche uomo squadra (foto BMC)
In questi anni il ciclismo è cambiato?

Tantissimo. Il ciclismo è cambiato parecchio, nei materiali per via di una ricerca estrema, spesso anche noi atleti siamo coinvolti nello sviluppo delle nuove bici, ma anche da parte degli stessi corridori, soprattutto quelli più giovani. Ma sono cambiate anche le tattiche di gara, soprattutto nelle corse di un giorno. Prima era difficile trovare un corridore in fuga con la maglia di un team top level, ora invece è la normalità.

Sono i motivi principali delle medie orarie sempre più elevate?

Sicuro, perché tutte le squadre vogliono piazzare un uomo nel gruppo di testa ed il contachilometri va sempre più su. Ma al tempo stesso ogni gara è diventata come una lavatrice che gira fortissimo ed inevitabilmente, ad un certo punto ti sbatte fuori.

Un modo di evitare lo scontro direttO con i grandi protagonisti?

Penso che è un modo per farsi vedere e far vedere la maglia, come è sempre accaduto, ma si, è un modo che permette di azzardare qualcosa, aggirando lo scontro diretto. Avere a che fare con Roglic, Pogacar e altri di questo calibro, non è facile.

Pellaud al recente Giro di Lombardia, con la nuova BMC
Pellaud al recente Giro di Lombardia, con la nuova BMC
Hai 31 anni, ti senti vecchio?

Non mi sento vecchio, perché mi sento ancora capace e ho voglia di fare fatica. In alcuni momenti capisco il valore aggiunto dell’esperienza degli anni vissuti ed è un boost importante che mi aiuta ad andare avanti con serenità.

Questione di equilibrio?

Si, in un certo senso è così, è anche una questione di equilibri e capire fino a dove posso arrivare. Mi sono reso conto che non ho i numeri da extraterrestre di alcuni fenomeni di oggi, ma riesco a fare delle buone performance protratte nel tempo. Sono uno di quei corridori che vanno bene un po’ ovunque. Per la tipologia di atleta che sono le opportunità di vittoria, oggi come oggi, si riducono, ma è ancora possibile mettersi in mostra.

Prova di fuga alla Strade Bianche (foto Simona Bernardini)
Prova di fuga alla Strade Bianche (foto Simona Bernardini)
Capire quando è il momento giusto per la fuga?

Il momento giusto per la fuga e farsi vedere, il momento giusto per dare una tirata in testa al gruppo e lavorare per i compagni, o magari allungare in discesa. Il momento giusto per stare al coperto e vedere cosa succede davanti.

Ti piacerebbe tornare a fare le tue cavalcate al Giro, davanti a tutti?

Di sicuro se il prossimo anno farò il Giro d’Italia, mi vedrete la davanti. Sono cosciente che non potrò fare gli stessi numeri di quando ero alla Androni, come dicevo il ciclismo è cambiato e cambierà molto, ma andare all’attacco è qualcosa che mi appartiene.

Quanti giorni di gara hai nelle gambe?

Considera che noi come Tudor non abbiamo fatto i grandi Giri. Io sono il corridore che ha corso di più e chiuderò il 2023 con più di 70 giorni di gara, che è molto. Mi piace allenarmi, ma sono un corridore e mi piace di più competere. Io dico sempre ai miei direttori sportivi, se sto bene voglio correre e posso aiutare gli altri.

Il periodo di riposo quest’anno sarà in Europa (foto Cassandra Donne)
Il periodo di riposo quest’anno sarà in Europa (foto Cassandra Donne)
Come gestirai il riposo in vista del prossimo anno?

Di solito faccio un mese, ma non mi piace staccare completamente, preferisco rimanere attivo. Se faccio tre giorni consecutivi di spiaggia e senza fare nulla, divento matto. Esco in bici molto tranquillamente, senza watt e magari solo per prendere un caffè, qualche volta con la mtb in mezzo alla natura. Vado a camminare, l’importante è rimanere con la testa libera. Con tutta probabilità questo inverno rimarrò in Europa con mia moglie, negli ultimi anni ci spostavamo in Colombia.

Mader nel dolore di Pellaud. E la storia di una bici

24.06.2023
5 min
Salva

Lubiana. Partenza della quarta tappa del Giro di Slovenia. Facce funeree nella zona dello start e non potrebbe essere altrimenti. La scomparsa di Gino Mader è arrivata come un tornado non solo nella carovana, ma nel cuore di tutti. Per qualcuno però, nello specifico Simon Pellaud, ha un significato maggiore, perché con Gino c’era tantissimo in comune, pezzi interi di vita, battute, risate. Quando condividi qualcosa d’importante, è come se te lo strappassero via.

Simon è un professionista, correre è il suo lavoro e anche se chi lo conosce (nel team in primis, affranto e vedremo il perché) capirebbe se non se la sentisse di partire, è lì, in sella alla sua bici. Le labbra strette in una smorfia. Il pensiero che vaga lontano, la voglia di lasciare un segno, fare qualcosa per ricordare l’amico scomparso lontano, troppo lontano per assisterlo.

La Tudor ha sofferto per la scomparsa di Mader come se fosse stato un proprio corridore
La Tudor ha sofferto per la scomparsa di Mader come se fosse stato un proprio corridore

Un gesto simbolico

La tappa parte e Pellaud si avvicina a Zana, leader della classifica: «Filippo, voglio andare in fuga per qualche chilometro, devo fare una cosa per Gino…». Il veneto dà naturalmente il suo benestare, Pellaud parte e nessuno lo segue. Le immagini della Tv riprendono la sua azione. Pellaud è uno che alle fughe è abituato, al Giro d’Italia dello scorso anno attaccava un giorno sì e l’altro pure, ma questa non è come le altre.

E’ in quei pochi ma importanti chilometri che Simon lascia defluire tutte le emozioni. Indica la fascetta di lutto al braccio, fa con le mani il gesto del cuore e indica il cielo pronunciando poche parole che nessuno sente. Almeno nessuno qui… Poi si lascia riassorbire dal gruppo, in tanti lo abbracciano cogliendo il suo dolore.

Pellaud è andato in fuga e indica il segno del lutto al braccio. Sul viso il dolore per la perdita dell’amico
Pellaud è andato in fuga e indica il segno del lutto al braccio. Sul viso il dolore per la perdita dell’amico

Le gambe c’erano, la testa no…

«Non c’era niente che avesse a che fare con lo sport – racconta il corridore elvetico della Tudor – non ho pensato neanche a come stavo, perché le gambe c’erano, ma la testa assolutamente no e non so neanche come ho fatto a finire quella tappa. Ho sentito l’ispirazione per salutare Gino a modo mio, era qualcosa fra me e lui.

«In quei minuti di fuga non potrei neanche dire se stavo pensando qualcosa di particolare, diciamo che mi sono passati davanti agli occhi tanti momenti condivisi insieme. Forse solo in quel momento mi sono un po’ riavuto, quando il giorno prima i diesse ci hanno chiamato per darci la notizia è stato un terribile schiaffo in faccia, che non dimenticherò mai».

Nel fotogramma della telecronaca di Eurosport lo svizzero fa il segno del cuore dedicato a Mader
Nel fotogramma della telecronaca di Eurosport lo svizzero fa il segno del cuore dedicato a Mader

L’amicizia nata in trasferta

Le storie ciclistiche di Simon e Gino si erano intersecate nel 2018, al team Iam Excelsior, squadra continental svizzera. Mader vi sostò poco, passando l’anno successivo all’NTT Dimension Data, ma bastò quella stagione per legarli in una profonda amicizia. «Abbiamo corso molto insieme, il che significa condividere camere d’albergo, le emozioni e le paure prima della gara, le gioie o le delusioni del dopo e in mezzo tante chiacchiere e soprattutto la storia di una bici…».

Nel raccontare quest’episodio si percepisce fortemente l’emozione legata al ricordo dell’amico che non c’è più: «Un giorno Gino mi confida che ha deciso di comprare l’ultimo modello di Specialissima della Bianchi: “Ho chiesto al team di aiutarmi, la spesa è ingente, ma è un investimento per il mondiale di Innsbruck, è una bici migliore, ma mi dà le prestazioni che voglio”. Il team acconsente e Gino la compra, ci si allena, va in Austria e al mondiale finisce ai piedi del podio.

«L’anno successivo, quando torno in Europa dalla mia Colombia (Pellaud è sempre rimasto molto legato alle sue radici familiari colombiane e affronta parte della sua preparazione invernale oltre Atlantico, ndr) Gino ha già firmato per il team WorldTour. Mi chiama e mi dice se voglio quella bici: “Gino, costa troppo, non posso permettermela”. “Voglio che ce l’abbia tu, come segno della nostra amicizia” e me la dà a un prezzo stracciato, assurdo per la qualità di quella bici. Con quella l’anno successivo ho vinto la classifica degli scalatori al Romandia, ho trionfato alla Fleche Ardennaise, sono finito secondo ai campionati nazionali».

L’abbraccio fra i due amici dopo il mondiale di Innsbruck, con Mader sulla sua Bianchi
L’abbraccio fra i due amici dopo il mondiale di Innsbruck, con Mader sulla sua Bianchi

Un legame indissolubile

«Ma non è il valore dei risultati, è il significato di quella bici, di quel gesto che mi è caro, è il segno della sua generosità, di chi era davvero Gino. Quella bici ce l’ho ancora e niente me ne potrà separare».

Nel ripensare a chi era Gino, non è facile trovare le giuste parole per descriverlo: «Viveva un po’ nella sua dimensione, sembrava quasi assente, ma era il suo modo per affrontare il mestiere. Era sempre concentratissimo su quel che faceva e soprattutto viveva la sua attività in maniera sempre tranquilla, tirando fuori il sorriso anche nei momenti difficili. Era il tipico svizzero tedesco, ferreo e determinato in quel che faceva, convinto delle sue idee».

Pellaud si è poi lasciato riassorbire. Ha chiuso lo Slovenia al 43° posto
Pellaud si è poi lasciato riassorbire. Ha chiuso lo Slovenia al 43° posto

Il viaggio in Cina

«Porto con me i ricordi della bellissima trasferta vissuta insieme al Tour of Hainan in Cina, sempre nel 2018, quando perse la vittoria finale per appena 2 secondi contro Masnada. Era comunque felice perché entrambi avevamo vinto una tappa, avevamo condiviso qualcosa di raro come sempre è una trasferta cinese, sono ricordi che resteranno sempre».

L’indomani della terribile notizia, era evidente come in casa Tudor la si vivesse con un trasporto enorme e la risposta la dà lo stesso Simon: «C’era la possibilità che a fine stagione arrivasse qui, sarebbe voluto venire per fare il leader, per puntare a quei grandi traguardi per i quali era ormai maturo. Avevamo ancora tanta strada da fare insieme, tornando a vestire la stessa maglia, ma il destino ha voluto altrimenti e non ho potuto neanche condividere la sua ultima corsa…».

Come un falco sulla preda, Pellaud è di nuovo in corsa

14.12.2022
5 min
Salva

Tanta fatica per (ri)entrare nel WorldTour e poi una firma per venirne fuori: è la storia di Simon Pellaud che con un anno di anticipo sulla scadenza, ha rescisso il contratto con la Trek-Segafredo.

Il forte corridore svizzero-colombiano circa 48 ore fa ha rivelato al pubblico la sua nuova squadra: la Tudor Pro Cycling di Fabian Cancellara. Ed è pronto ad iniziare questa nuova avventura ritrovando l’entusiasmo che lo ha sempre contraddistinto.

Pellaud (classe 1992) correrà le prossime due stagioni con il Tudor Pro Cycling Team, qui la presentazione dei 20 atleti
Pellaud (classe 1992) correrà le prossime due stagioni con il Tudor Pro Cycling Team
Simon, eccoti alla Tudor dunque. Come ci sei arrivato?

Alla fine ho sempre seguito questo progetto che nasce dalla Swiss Race Academy, c’è gente che già conoscevo. Lo seguivo, ma senza pensare di andarci… tanto più da un giorno all’altro.

Spiegaci meglio…

Ho visto questo progetto nascere. Al Tour de Romandie ho visto che sarebbero partiti… e anche bene. Per la Svizzera avere una squadra professional è davvero importante. Ho aiutato alcune persone ad entrarci, un corridore e un paio dello staff, non pensavo a me. Poi durante una delle ultime corse, le cose sono cambiate. Io avevo vissuto la mia stagione più difficile di sempre sia a livello fisico che mentale. Non ho reso bene e quando è così, per di più in una grande squadra, è difficile ritrovare la fiducia da parte della squadra e in te stesso. Così ho parlato con il team e mi hanno detto che se volevo potevo andare via. Era tardi, eravamo al Giro del Lussemburgo (metà settembre, ndr) e lì è successo il tutto con la Tudor.

Cosa significa, Simon, aver perso la fiducia della squadra?

Io non sono un campione, non ho caratteristiche specifiche. E stare vicino agli atleti della Trek-Segafredo che sono tutti campioni e tutti con una loro caratteristica specifica per me è più complicato. Al netto dei tanti problemi fisici, che di certo non mi hanno aiutato, non mi sono trovato io. Ma con staff e corridori tutto okay. E tutto ciò a livello mentale non mi ha dato nulla. Mi sono sentito solo. Quando ho ripreso a stare bene, per tornare in fiducia, avevo solo un paio di gare.

E la stagione era finita…

Esatto. Ci voleva più tempo, più gare da fare con quella condizione. L’avessi avuta non dico in primavera, ma almeno a giugno magari sarei riuscito a salvare qualcosa. Avrei avuto il tempo di dimostrare che possedevo il talento per stare in una squadra importante. E poi devo dire che il progetto Tudor è impressionante. Loro magari lo tengono sin troppo nascosto, ma c’è uno sponsor fortissimo, un staff super, giovani solidi… Magari non vinceremo subito gare WorldTour, ma credo che fra due o tre anni saremmo tra i team più grandi.

Cancellara si vede mai? E’ presente?

Poco. Era a Ginevra nei giorni del primo meeting con i boss dello sponsor. Poi immagino lo rivedremo in gara. Ma lui rispetta il suo ruolo, quello di proprietario e non entra nei meriti tecnici. Non fa né il manager, né il direttore sportivo.

Prima hai parlato delle tue “non caratteristiche” specifiche, in effetti nel ciclismo attuale non è facile. Perché o diventi l’uomo di super fiducia di un Pogacar (che alla Trek non c’era), oppure si fa dura, specie se non sei in forma come è successo a te nel 2022…

E’ più difficile raggiungere i risultati. Immaginate mentalmente senza una buona gamba e senza un tuo terreno, come vivi. Sei lì solo a fare a numero in attesa di staccarti quando apriranno il gas. Non va bene. Io credo che fare gare giuste per il nostro livello mi aiuterà e ci aiuterà come squadra.

Simon è un appassionato di mtb. In estate ha preso parte al Gran Raid, mitica e durissima gara elvetica. Anche in Colombia ci va spesso
Simon è un appassionato di mtb. In estate ha preso parte al Gran Raid, mitica e durissima gara elvetica. Anche in Colombia ci va spesso
Quindi rivedremo il Simon Pellaud che tanto piace al pubblico, con il suo modo aggressivo di correre, con i suoi attacchi?

Mi avevate fatto la stessa domanda in un’altra intervista e lo spero anche io di tornare il “nuovo vecchio Pellaud”! La cosa che mi dà fiducia è che al mondiale mi sono davvero sentito bene. Ho ritrovato certe sensazioni che mi consentono di fare il ciclismo offensivo che piace a me.

E questo buono per affrontare l’inverno…

Esatto, stavo per dire proprio questo. In questo modo sei più tranquillo per fare bene la preparazione, adesso, e le vacanze, prima.

Più o meno conosci il tuo calendario?

Ci sono un paio di possibilità, ma dovrei iniziare da Besseges e Algarve. Poi dovrei tornare in Colombia. Anche questo è molto importante, per me, per il mio equilibrio. Qui ho più libertà nello stare tra Colombia e Svizzera. Tra l’altro in Colombia, a casa mia, ho la possibilità di stare in quota e di allenarmi al caldo.

Pellaud: «Presto rivedrete il corridore che avete conosciuto»

13.08.2022
4 min
Salva

Attacchi, fughe, scherzi con la telecamera, l’abbraccio del pubblico… quest’anno non abbiamo visto Simon Pellaud fare tutto ciò. E la sua assenza si è sentita. Il corridore della Trek-Segafredo, amatissimo dai tifosi del ciclismo, ha corso “poco” e nelle gare che ha fatto non è mai stato davvero al top.

«Ma adesso – giura Pellaud – voglio tornare. Dare piacere alla gente fa piacere anche a me. Non voglio più essere un fantasma. Sto passando il momento più difficile della mia carriera. E fra un paio di settimane, e nella prossima stagione, vedrete il corridore che avete conosciuto».

In questa frase c’è riassunta tutta la stagione dello svizzero-colombiano. Una stagione che adesso svisceriamo con Simon stesso, passo dopo passo. 

Nonostante le difficoltà di salute, Pellaud ha inanellato 47 giorni di gara sino ad oggi
Nonostante le difficoltà di salute, Pellaud ha inanellato 47 giorni di gara sino ad oggi
Simon, come è andata la tua stagione? Come stai?

Bene dai, adesso sono più tranquillo. Sto passando un anno complicato. Posso dire di aver avuto un Covid lungo, quasi eterno E appena adesso sto uscendo dai miei problemi.

Sin qui infatti ti abbiamo visto poco…

Anche io non mi sono visto! Sin qui è stata una stagione in bianco. Già è difficile trovare un equilibrio quando cambi squadra, con tutte le novità che il cambio comporta, che tutto si è amplificato con i problemi di salute.

Cosa intendi per equilibrio nella nuova squadra?

Tante volte si pensa che per essere un corridore basta pedalare. Che per vincere basta allenarsi e pedalare forte, la verità invece è che tutto è più complicato. Non si tratta solo di pedalare. A livello mentale devi lavorare tanto e certi cambi richiedono del tempo per essere assimilati. Quando dico equilibrio quindi intendo: nuovi allenamenti, modi di correre, materiali, chi fa cosa in staff enormi… I parametri sono moltissimi.

Modi di correre. Abbiamo anche pensato che il WorldTour ti avesse un po’ tarpato le ali. Poi è chiaro che in una squadra così non puoi più correre come prima all’Androni. Hai un ruolo definito?

Che ho un altro ruolo è sicuro. Come è sicuro che non posso più correre come prima. Sono in un grande team, con grandi campioni e sono tra gli atleti più umili. Ma soprattutto sono un corridore senza un precisa caratteristica. Vado forte in salita, ma non sono uno scalatore. Vado bene in pianura ma non sono un passista. Ho un buono spunto ma non sono un velocista. Ho passato un anno a lavorare, ma sapevo che questo sarebbe stato il mio lavoro. In qualche occasione ci ho provato o avrei potuto provarci, ma senza una buona gamba non puoi fare più di tanto.

Come era normale che fosse Pellaud, passando in una WT, ha svolto anche altri ruoli. Non sempre è potuto essere un battitore libero
Come era normale che fosse Pellaud, passando in una WT, ha svolto anche altri ruoli. Non sempre è potuto essere un battitore libero
E torniamo al discorso della salute. Quando sei stato male?

Esatto. Il Covid mi ha veramente distrutto, sia sul piano mentale che fisico, soprattutto la prima volta che l’ho preso. E’ stato a Natale. Ero ancora in Svizzera, prima di andare Colombia, ed è stato davvero forte. Da lì è stata sempre più difficile e sono andato sempre più giù. Ho avuto una stanchezza mai provata in vita.

Come è stata la tua ripresa?

Ho passato un lungo periodo in Colombia e per la prima volta in questa stagione mi sono allenato ad un livello interessante. Ma oltre al Covid sono stato condizionato da un dolore al sacro-iliaco. E’ un problema che è emerso alla Coppi e Bartali. Probabilmente ho utilizzato delle scarpe troppo grandi. Se non spingo forte è okay, però in gara mi esce e mi limita molto. Ci sto lavorando con il fisioterapista e devo dire che ho sempre meno problemi, ma certo va risolto del tutto.

Guardiamo avanti Simon, quale sarà il tuo calendario di gare? Abbiamo visto che per la Vuelta non ci sei…

Secondo il programma d’inizio anno avrei dovuto fare la Vuelta, ma non la farò. E stare in una WorldTour e non fare neanche un grande Giro è una delusione per me. Però io non ho fatto nulla per dimostrare che meritavo un posto nelle selezione per la Spagna. Spero di rifarmi l’anno prossimo.

Dopo il campionato nazionale svizzero (26 giugno) Simon è volato nella sua Colombia. Si allenato in quota… e in allegria (foto Instagram)
Dopo il campionato nazionale svizzero, Simon è volato nella sua Colombia. Si allenato in quota… e in allegria (foto Instagram)
Quindi farai corse di un giorno?

Sto andando al campionato europeo di Monaco – ci ha detto Pellaud al momento dell’intervista – sto lasciando Andorra perché dopo la Vuelta Burgos sono venuto a trovare il mio grande amico Esteban Chaves. Anche se non sono al top e non era nei programmi, la nazionale svizzera mi ha chiamato. Ci sono un paio di corridori che hanno dato forfait tra malanni di salute e la vicinanza della Vuelta. Li sostituisco.

Beh, in ogni caso è un buona cosa, uno stimolo… 

Essere stato convocato fa piacere. Dopo aver corso a Burgos fare l’europeo è importante per trovare: ritmo, fiducia e continuità. E come si dice, non c’è miglior allenamento della gara e dei suoi stimoli.

Dopo l’europeo cosa farai?

Il Giro di Germania che è il mio obiettivo di fine stagione, spero proprio di essere pronto.

Pellaud, i sogni, la Colombia e la faccia da bambino

24.12.2021
6 min
Salva

Concluso il ritiro della Trek-Segafredo ad Altea, Simon Pellaud ha preso un volo da Valencia a Ginevra e da lì con due ore di treno è risalito a Martigny, la città in cui vivono i suoi genitori. Portava negli occhi lo stupore della nuova squadra e nel petto l’orgoglio di essere finalmente arrivato in una WorldTour. Le fughe del Giro con la maglia Androni Giocattoli e il podio di Milano per quelle classifiche portate a casa resteranno per sempre nel suo pedigree, ma la sensazione è che si sia appena aperta la porta su un mondo più ampio.

«C’è sempre da pedalare forte – dice lo svizzero, in apertura con Simmons – forse anche di più. Mi sono trovato in questo ritiro e sono rimasto senza parole per il livello di materiale che abbiamo ricevuto e che possiamo utilizzare. Dalle bici all’abbigliamento Santini. Siamo l’unica squadra che ha per nome il marchio delle bici, vediamo lo sforzo della produzione al nostro servizio. Si cerca di più la performance, abbiamo più armi per raggiungere i nostri obiettivi».

Nelle ultime due stagioni alla Androni, si è distinto per le fughe e i traguardi volanti
Nelle ultime due stagioni alla Androni, si è distinto per le fughe e i traguardi volanti

L’italiano è una delle cinque lingue che parla, assieme al francese, il tedesco, lo spagnolo e l’inglese. Il discorso scorre fluente, in un continuo rimasticare le parole, cercando il senso più profondo.

Quando è nato il contatto con Trek-Segafredo?

Prima del Giro d’Italia è venuto fuori il discorso. Trek mi ha fatto sempre sognare, penso sia il team più adatto alle mie caratteristiche. E’ una squadra internazionale, che va con la mia personalità, le cinque lingue che posso parlare e i due mondi dove vivo, tra Svizzera e Colombia. L’ho sempre seguita con interesse, perciò l’anno scorso ho provato per la prima volta a mettere il mio nome sulla lista e quest’anno è successo presto. Appunto all’inizio del Giro ci siamo stretti la mano con Luca Guercilena e abbiamo chiuso il mercato. Quando è arrivata l’offerta, non ho avuto neanche un dubbio. Era il salto che sognavo, nella squadra che sognavo. Non c’è stato neanche da trattare, ho preso quello che offrivano. Era ancora l’inizio di giugno, si poteva aspettare e sperare in qualcosa di più, però questa mentalità non è la mia. Ho avuto questa opportunità e ho fatto una scelta di cuore. Sono sicuro che abbiamo tanta strada da fare insieme.

Negli ultimi due anni ti sei fatto notare per le tante fughe, cambia qualcosa adesso?

Sicuro che qualcosa cambierà, avrò la possibilità di cercare le fughe un po’ più giuste. Diciamo le fughe che mi fanno sognare e che arrivano. Le classifiche dei traguardi volanti o dei chilometri in fuga, che per l’Androni erano molto importanti, in una squadra come la Trek contano meno. Sono sicuro che ci sarà da lavorare di più. Abbiamo una squadra fortissima, anche se non c’è un grande capo che farà classifica nei grandi Giri. Però avrò libertà e opportunità. Se mi hanno fatto firmare, è per le mie le mie qualità e non per fare qualcosa di completamente diverso.

Al ritiro con la Trek-Segafredo, lo stupore di Pellaud per la disponibilità di materiali
Al ritiro con la Trek-Segafredo lo stupore per la disponibilità di materiali
Avete già fatto i programmi di corsa?

Per grandi linee, è già tutto pianificato. Le mie caratteristiche mi permettono di adattarmi a tutti i lavori, anche se il gruppo classiche è veramente fortissimo e ci sono tantissimi corridori. Quanto al resto, sono capace di fare parte del treno di un velocista, di lavorare anche in salita o di fare le mie fughe. Sono capace di stare un po’ dappertutto. La mia idea era di avere almeno un grande Giro. Di avere alcuni periodi un po’ più tranquilli per tornare in Colombia ed essere lì in preparazione o in in un momento di scarico. E di correre anche le gare di casa, il Tour de Romandie o il Giro di Svizzera. E alla fine mi hanno dato tutto questo.

Quale grande Giro farai?

Normalmente la Vuelta, ma prima tutte le classiche italiane che si fanno a partire da Laigueglia, che mi piacciono e sono importanti per Segafredo e Pirelli. Sarò invece riserva per il Giro, aspettando per vedere come inizierà la stagione e come staranno gli altri corridori. So che il grande Giro mi dà una grande condizione. Anche facendo troppi sforzi, dopo il Giro d’Italia non ero bruciato e sono uscito con una gamba impressionante, a livello mio ovviamente…

Andrai in Colombia durante le Feste?

Questo è il punto che volevo raccontare. La direzione della squadra sa che se un corridore arriva felice alle gare, sarà più performante e si sentirà più forte. Perciò mi hanno lasciato questa grande libertà e l’opportunità di passarci tutto il mese di gennaio. Di non fare il prossimo training camp e di preparare in Colombia il mio primo obiettivo di stagione, che sarà la Vuelta San Juan in Argentina. Va bene per l’altura e va bene per il caldo. Perché in Svizzera, in Italia e penso in tutta Europa è arrivato il freddo e laggiù si sta meglio e più spensierati. Perciò passo Natale con i miei e poi parto.

Ad Antioquia, regione di Medellin, Pellaud ha costruito la sua casa (foto Instagram)
Ad Antioquia, regione di Medellin, Pellaud ha costruito la sua casa (foto Instagram)
Hai già prenotato l’hotel, insomma…

La mia ragazza è colombiana e abbiamo costruito una casa. Quando sono laggiù sto in casa, mentre in Svizzera sto con i miei genitori, dove non ho lo stesso spazio che posso trovare in Colombia.

Ma tu, sotto sotto, ti senti più colombiano o più svizzero?

Mi definiscono el suizo-colombiano, lo svizzero colombiano. Credo che mi vada bene. Sono svizzero, con la mia mentalità di svizzero, però con l’allegria e la felicità dei colombiani. E’ un mix interessante, è il mio equilibrio. Sono proprio due anime completamente diverse, è curioso il cambiamento fra quando entro nell’aereo a Ginevra e quando scendo a Medellin. Però è anche quello che mi fa cambiare la routine, che mi permette di essere sempre motivato per allenarmi rompendo le abitudini che avrei se stessi per tutto l’inverno in Svizzera.

Chi seguirà la tua preparazione?

Ho la fortuna e l’opportunità di lavorare con Paolo Slongo che sarà il mio nuovo allenatore. Stiamo parlando di un bel pezzo d’Italia, di storia e di esperienza. Sono stato più per 10 anni con lo stesso allenatore, Raphael Faiss, che ha fatto il suo dottorato sull’allenamento in altura e mi ha dato veramente tantissimo. Però era il momento giusto per cambiare un po’ il metodo. Credo che anche questo sarà importante.

Dopo Natale, Pellaud volerà in Colombia per intensificare la preparazione (foto Instagram)
Dopo Natale, Pellaud volerà in Colombia per intensificare la preparazione (foto Instagram)
Che cosa ti resta dell’esperienza con l’Androni?

Sono stati due anni per me grandi, anche se di mezzo c’è stata questa pandemia che ha veramente rovinato tutto. Porto con me due stagioni veramente belle. So bene che non era la squadra che mi faceva sognare e che dopo la IAM speravo in altro. Però alla fine mi hanno dato il loro meglio, un buon calendario e un gruppo veramente interessante. Un direttore come Giovanni Ellena, che è una grande persona e che mi ha fatto vedere un bel pezzo del ciclismo italiano. Ho imparato tantissimo. E soprattutto, senza l’Androni, non so se adesso sarei in una WorldTour.

Ci sei arrivato a 29 anni, potevi arrivarci prima?

Lo staff e tutti gli altri mi chiedono quanti anni ho, perché con la mia faccia da bambino non riescono a credere che ne ho già 29 e che ho già vissuto tutto quello che ho potuto vivere. Però sono anche passato per un paio di anni… esotici, diciamo così. Due stagioni gratuite che per me non contano. Per me ho ancora 25 anni e sono ancora fresco. Però è veramente strano essere a tavola con corridori del 2002, con Tiberi che è del 2001 e pensare che sono quasi di 10 anni più vecchio. Ma questa è un po’ una caratteristica speciale del Pellaud di oggi, del corridore che sono diventato con il tempo. Fiero di quello che ho fatto, curioso di quello che potrò fare…

Pellaud alla Trek. Domeranno un cavallo selvaggio?

18.08.2021
4 min
Salva

Nel comunicato stampa che ha certificato il suo passaggio dall’Androni-Sidermec alla Trek-Segafredo, Simon Pellaud viene definito “globertrotter”, letteralmente giramondo. Ma da noi questo termine indica anche quei corrieri che vediamo sfrecciare con i loro camioncini dappertutto. Coloro che lavorano a testa bassa, che corrono, che non mollano mai e qualche volta sono anche un po’ naif nei loro modi di guidare e fare le consegne… Ed è una bella “foto” di questo spumeggiante svizzero-colombiano.

Pellaud è passato pro’ nel 2015 alla Iam…
Pellaud è passato pro’ nel 2015 alla Iam…

Corridore furbo

Simon non è un ragazzino, ha 29 anni. Aveva già assaggiato il WorldTour ai tempi della Iam, poi alcune vicissitudini lo avevano un po’ imbrigliato. Era finito in una squadra più piccola (la Illuminate), salvo tornare un anno alla Iam. Ma due anni fa, era l’inverno del 2020, eccolo arrivare alla corte di Gianni Savio.

«Simon Pellaud – ci disse al via sotto i quasi 50° della prima tappa della Vuelta a San Juan lo stesso team manager – ricordatevi questo nome…». E infatti eccolo mettersi in mostra ben presto. Lo abbiamo imparato a conoscere al Giro dello scorso anno. Sempre in fuga. Era scaltro, spigliato e molto realista. Prendeva quello che c’era da prendere. «Non posso vincere la tappa? Però qui ci sono due traguardi volanti, un Gpm, il premio della combattività…».

E alla fine questo suo atteggiamento lo ha portato ad essere uno dei pochissimi corridori di squadre non WorldTour a salire sul podio finale di Milano: fu il re dei traguardi volanti nel 2020 e il più combattivo quest’anno.

Quest’anno ha preso parte al Giro di Romandia e di Svizzera con la nazionale svizzera, eccolo in prima posizione (foto de Waele)
Quest’anno ha preso parte al Giro di Romandia e di Svizzera con la nazionale svizzera, eccolo in prima posizione (foto de Waele)

Ossessione WorldTour

Pellaud ha firmato un contratto biennale (2022-2023) con la Trek-Segafredo. Giusto o sbagliato, il WorldTour è l’obiettivo di tutti i corridori: più soldi, partecipazione a gare più importanti, possibilità di disporre spesso di tecnici (nutrizionisti, biomeccanici, psicologi, preparatori…) di primo livello. In generale si hanno più certezze. In un’intervista lui stesso ci confidò: «I miei compagni mi dicono: ma come fai a non essere un corridore da WorldTour?». 

E alla fine ce l’ha fatta. Anche meritatamente. Fughe, allunghi, scatti… ma anche tanta gamba. Per stare fuori tutti quei chilometri, attaccare in discesa e in salita, devi comunque mostrare doti atletiche importanti. Le stesse che portano la sua nazionale a convocarlo spesso. «Sono super orgoglioso di entrare a far parte della famiglia Trek-Segafredo – ha detto Pellaud – Mi sento come un neoprofessionista che torna nel WorldTour dopo un paio di anni passati a prepararmi per questo grande momento».

Sulle strade d’Italia, ma non solo, Pellaud ha raccolto molti fans
Sulle strade d’Italia, ma non solo, Pellaud ha raccolto molti fans

Ultimi scampoli di libertà?

In questi giorni Pellaud si trova nella sua seconda patria: la Colombia. E’ laggiù, ad oltre 2.000 metri di quota della zona di Medellin, che sta preparando il suo finale di stagione. La professionalità non manca. Ha ringraziato a lungo l’Androni e Savio per l’opportunità offertagli. E siamo certi che nelle ultime gare correrà ancora di più con il coltello tra i denti: con più serenità per il contratto messo in tasca, ma anche con la consapevolezza che saranno gli ultimi scampoli da “pirata” del gruppo. Cioè di attaccante libero.

«La Trek è stata una squadra che ho sempre sognato – ha ripreso Pellaud- So di aver raggiunto la maturità. Potrò essere un gregario nel WorldTour. Non vedo l’ora di dare il 100% delle mie capacità, del mio impegno e della mia personalità al Team. Sento che è la situazione perfetta per me, perché in questa squadra c’è un’ottima atmosfera. Quando ho parlato con Guercilena sono “andato all-in” (o tutto o niente, ndr)».

Giro 2021, tappa di Canale: Pellaud è l’ultimo ad arrendersi a Van der Hoorn
Giro 2021, tappa di Canale: Pellaud è l’ultimo ad arrendersi a Van der Hoorn

Aiutare ma…

«Simon ha guadagnato spazio e visibilità con grinta e abnegazione – ha detto proprio Guercilena – la stessa che ci aspettiamo da lui nelle prossime stagioni. Può essere un valore aggiunto immediato per il team. Sarà un elemento prezioso al fianco dei capitani, ma di certo non vogliamo che perda il suo spirito aggressivo. L’obiettivo comune è valorizzare le sue qualità per il bene della squadra».

E su quest’ultima frase del team manager milanese Pellaud può riflettere. Se non fosse un semplice gregario? Se Simon fiuterà qualche possibilità se la saprà giocare. E lo saprà fare a modo suo. Nel rispetto dei compagni, con il pragmatismo svizzero e il cuore sudamericano. Di certo Pellaud alla Trek è un bell’esperimento. E’ come domare un cavallo selvaggio. E non vediamo l’ora di vedere sul campo ciò che succederà.

Settimana Italiana, la corsa degli uomini in missione

16.07.2021
4 min
Salva

Arrivato in vista della vetta, Simon Pellaud ha creduto di scorgere una donna vestita da sposa e la Madonna, ma non erano allucinazioni dopo il grande sforzo fatto per tenere le ruote dei migliori. La sposa faceva parte del suo fan club, arrivato da Martigny (Svizzera) sino in Sardegna per sostenerlo e piazzato proprio alla Madonnina, la lunga salita che sale da Cuglieri e che da queste parti è più celebre per la classica automobilistica in salita.

La missione di Pellaud

Pellaud è un uomo in missione. La sua dimensione è l’attacco da lontano e così è stato sin dall’avvio della Settimana Ciclistica Italiana. D’altra parte, dopo aver vinto il premio per il maggior numero di chilometri in fuga al Giro d’Italia, lui si sente quasi investito di un incarico.

Pellaud, dalle fughe del Giro ai Gpm della Sardegna
Pellaud, dalle fughe del Giro ai Gpm della Sardegna

«In realtà la maglia di leader del Gpm (in apertura, con lo sponsor scritto a mano, ndr) mi piace e quindi sono andato all’attacco anche oggi. Ci hanno ripreso sulla salita lunga (11 chilometri al 5,1 per cento, ndr) e ne ho fatto metà assieme al gruppo, ma alla fine sono riuscito anche a sprintare e prendere il secondo posto», ha detto quasi giustificandosi dopo l’arrivo a Oristano, che lo ha visto chiudere il gruppo dei 56 migliori, con lo stesso tempo del vincitore Pascal Ackermann, primo su Barnabas Peak e Sep Vanmarcke.

La missione di Ackermann

Il tedesco è un altro uomo in missione. La Sardegna, come la settimana scorsa la Romania, sono un ripiego per lui. Doveva essere al Tour de France (per contratto, sostiene lui) e quanto sarebbe servito in volata alla Bora-Hansghrohe che nel frattempo ha pure perso Peter Sagan

Ackermann vince la seconda tappa e si toglie un sassolino
Ackermann vince la seconda tappa e si toglie un sassolino

Invece il team lo ha escluso e lui ha risposto con due vittorie al Sibiu Tour e una (per ora, ma è difficile che resti l’unica) alla Settimana Italiana: «Anche se non avevo vittorie, mi ero preparato bene e credo che meritassi di essere in Francia. Oggi era una giornata dura, c’era una salita lunga, ma la squadra credeva in me e io stesso ci credevo. Ho dovuto inseguire da solo dopo la salita e sono davvero felice. So ci sono altre occasioni, ma non significa che sarà più facile perché tutti mi controllano».

La missione di Ulissi

Intanto ha dato una bella dimostrazione e altrettanto sta facendo Diego Ulissi (ieri 7° in volata), che ha indossato ancora la maglia color del mare di leader della classifica, ma che avrebbe preferito un altro azzurro. Però la convocazione di Davide Cassani per Tokyo non è arrivata e a lui non resta che battagliare con Bettiol (anche a Oristano attivissimo perfino negli ultimi chilometri prima dello sprint), Ciccone, Moscon e Caruso e provare a difendere la maglia.

Con l’annunciato ritiro del vincitore del Fiandre 2019 e degli altri azzurri della strada (la partenza per il Giappone è domani), i suoi rivali diretti per la classifica sono il “vecchio” Sep Vanmarcke e l’emergente Giovanni Aleotti (entrambi a 6”), ma più ci si avvicina a Cagliari, sede degli ultimi tre arrivi, più il terreno diventa favorevole ai velocisti puri e la missione di Ulissi meno complicata: «Non è più facile, ma guardo giorno per giorno e la voglio portare a casa», ha detto, festeggiando all’ombra della statua di Eleonora d’Arborea il 32° compleanno.

Ulissi ora vuole portare la maglia di leader a casa
Ulissi ora vuole portare la maglia di leader a casa

Missione Tokyo

Oggi, dopo la Oristano-Cagliari, con passaggio a Villacidro, casa del grande assente Fabio Aru, lasceranno gli altri quattro “uomini in missione”: Davide Cassani ha messo alla frusta i suoi quattro moschettieri olimpici (D’Artagnan-Nibali si unirà a loro domani a Roma), allungando la Sassari-Oristano ben oltre i 185 chilometri del percorso. Per Bettiol, Moscon, Ciccone e Caruso, altre due ore per l’ultima “distanza” italiana prima del trasferimento a Tokyo.

intermarche

Il giorno di Taco, signore solitario di Canale

10.05.2021
3 min
Salva

«Taco non significa un bel niente – dice ridendo Van der Hoorn parlando del suo nome – credo abbia a che fare con la sfera del cibo, ma più semplicemente credo che i miei genitori mi abbiano chiamato così per un giocatore di hockey di cui erano tifosi».

Pellaud è stato l’ultimo a resistergli e anche un ottimo compagno di fuga
Pellaud è stato l’ultimo a resistergli e anche un ottimo compagno di fuga

Pescato il jolly

Quando è passato sul traguardo, l’olandese aveva lo sguardo incredulo. Si è voltato due o tre volte, poi si è portato le mani sul volto. Un metro e 87 per 72 chili, nato a Rotterdam, la sua non è una storia di campione. Non vinceva dalla Primus Classic del 2018. Era il 15 settembre e nella corsa che si svolgeva in Belgio, a Brakel, si lasciò indietro Duijn e Frison: avversari rispettabili, ma non certo irresistibili. La vittoria di Canale è la quarta di una carriera iniziata nel 2017 alla Rompoot. Il ragazzo dai capelli biondi e le gambe come stecchi ha 27 anni, occasioni ne avrà certo altre, ma stamattina alla partenza si potevano fare tutti i nomi, ma pochi avrebbero fatto il suo. Però quando si è trovato lì, non ha fatto scappare neanche le mosche. E quando staccando Pellaud si è reso conto di essere il più forte, ha aspettato il momento giusto ed è andato a prendersi il suo sogno.

Sul palco per Taco una gioia ancora al limite dell’incredulità
Sul palco per Taco una gioia ancora al limite dell’incredulità
Vieni da due anni alla Jumbo Visma e appena ti lasciano libero, vinci una tappa al Giro. La nuova vita è meglio della precedente?

E’ tutto diverso, in realtà. Ho imparato a stare vicino ai miei leader ed era bello lavorare per un campione come Van Aert. Ma andare in fuga è quello che mi è sempre piaciuto di più. E’ bello riuscire a prendere la fuga e ragionare per tutti quei chilometri su me stesso e sugli avversari.

Hai vinto con 4 secondi, si potrebbe dire che tu sia stato fortunato…

In realtà quando me l’hanno detto, ho avuto un sussulto. Strano perché nell’ultimo chilometro mi sono voltato spesso e non c’era nessuno. Li ho visti soltanto alla fine, ma erano abbastanza lontani perché io potessi fare un po’ di festa. Forse per questo alla fine il vantaggio è sceso così tanto.

Quattro vittorie finora, questa la più importante…

Per un come me è difficile vincere. Sono lento per battere i velocisti, peso troppo per battere gli scalatori e di certo non batterò mai Ganna in una crono. Le corse ormai sono super controllate, per cui pescare l’occasione giusta non è affatto semplice.

Quando infine ha deciso di andare da solo, Taco ha aperto il gas e via…
Quando infine ha deciso di andare da solo, Taco ha aperto il gas e via…
La Intermache-Wanty-Gobert è al primo anno WorldTour, la vittoria ci sta davvero bene, no?

Stiamo correndo nel modo giusto, abbiamo fatto un bello step tecnico. Eravamo andati vicini a vincere in un paio di occasioni, finalmente ci siamo riusciti.

Immaginavi una fuga come questa stamattina?

Il mio grande obiettivo era azzeccarne una, ma se dicessi ce avevo previsto tutto questo, sarei bugiardo. Di certo volevo andarmene e sono stato tra i primi ad attaccare. Poi non mi aspettavo che finisse così

Lo sai che dietro non tutti sapevano che tu fossi ancora davanti?

Meglio così, no? Io lo sapevo (ride, ndr), questo mi basta. E credo che adesso lo sappiano anche gli altri.