Lampi di Donati fra i campioni: la profezia di Nicoletti

04.04.2025
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Poco più di un anno fa, era il 25 aprile, raccontammo la vittoria di Davide Donati al Gran Premio Liberazione di Roma. Erano passati appena cinque giorni dall’incidente che avrebbe messo fine alla carriera del compagno Galimberti e a lui, ancora sedato in ospedale, il bresciano dedicò la vittoria. Azzeccò la volata perfetta nel gruppetto di testa e precedette Montoli e Biagini.

Quest’anno, con pari naturalezza ma con la maglia della Red Bull-Bora, Donati ha centrato il secondo posto nell’ultima tappa della Settimana Coppi e Bartali, vincendo la volata alle spalle di Jay Vine, davanti a Lutsenko e Sheffield. Se a 19 anni (in realtà saranno 20 fra tre giorni) è questo il suo livello, forse possiamo aspettarcene di belle. Nel frattempo, lasciando il corridore al suo percorso, abbiamo riavvolto il nastro e chiesto a Dario Nicoletti, suo diesse lo scorso anno alla Biesse-Carrera, di raccontarcelo, per scoprirne qualcosa di più.

25 aprile 2024, Donati precede il compagno Montoli e Biagini sul traguardo di Roma
25 aprile 2024, Donati precede il compagno Montoli e Biagini sul traguardo di Roma
Partiamo dalla fine: Donati ha vinto il Liberazione al primo anno e al secondo è partito verso la Red Bull: si sapeva dall’inizio?

No, è venuto fuori nel corso dell’anno. Il suo procuratore è Omar Piscina, con cui abbiamo un buon rapporto. E’ stato corretto e ci ha sempre tenuto informati sulle varie tappe. Dopo il Liberazione c’era già interesse sul ragazzo. Ho tentato in tutti i modi di trattenerlo, anche parlando con lui. Gli dicevo che secondo me lui è un predestinato e sarebbe potuto arrivare al WorldTour anche restando con noi. Ma non c’è stato niente da fare.

Predestinato?

A che livello non lo so, non vuol dire che diventa come Pogacar. Secondo me lui è destinato ad andare nel WorldTour. Ha valori molto importanti e una grande determinazione. Ha finito la maturità scientifica e quando ha pensato solo a correre, si è visto che è scaltro, sa stare in gruppo. In più ha dati fisici da corridore moderno. Che sia determinato l’ho toccato con mano nella seconda parte di stagione, quando ha avuto un calo. Si poteva pensare che avendo firmato con la Red Bull si fosse seduto, invece era furibondo perché non riusciva a tornare ai risultati di primavera.

Furibondo?

A Poggiana si è ritrovato in fuga con quelli della Jumbo-Visma. Si era staccato sulla salita, che è impegnativa. E siccome voleva rientrare a tutti i costi, ha rischiato troppo e si è schiantato in discesa. Me lo sono trovato sul marciapiede con la mano fratturata (il GP Sportivi di Poggiana 2024 è stato vinto da Nordhagen, ndr). Ha dovuto saltare diverse corse, è rientrato nel finale di stagione e ha fatto ancora qualche piazzamento in Puglia. 

Nella tappa finale di Forlì alla Coppi e Bartali, Donati vince bene la volata di gruppo alla spalle di Vine
Nella tappa finale di Forlì alla Coppi e Bartali, Donati vince bene la volata di gruppo alla spalle di Vine
Per cui i piazzamenti alla Coppi e Bartali stupiscono fino a un certo punto?

A me non stupiscono tanto, perché dopo un test fatto prima della stagione 2024, il nostro preparatore disse: «Ragazzi, questo qua è diverso!». Sapevamo di aver preso uno buono e i test ce lo hanno confermato. E poi lo abbiamo scoperto preciso in ogni cosa e determinato. Dispiace che sia andato via, ma lui è la conferma che alle devo a volte qualcosa scappa.

Lui era sfuggito?

Completamente. Era in ballo con una continental straniera, ma alla fine hanno preso un altro e lui è venuto con noi. Donati è davvero la conferma che i devo team non possono vederli proprio tutti. Anche se poi tornano indietro e se li portano via ugualmente (Nicoletti sorride con una punta di rassegnazione, ndr).

Cosa puoi dirci di suo fratello?

Si chiama Andrea ed è partito con l’handicap di un infortunio, perché anche lui si è rotto la mano in allenamento. Domenica scorsa è rientrato e andava già bene, ma è caduto ancora. Per fortuna non si è fratturato, però ha preso una botta fortissima al ginocchio e ha dovuto fermarsi. E’ forte anche lui, ha lo stesso procuratore e viene fuori dalla Trevigliese, come suo fratello.

La vittoria del Liberazione è stata l’unica nel primo anno da U23 di Donati: accanto a lui il ds Nicoletti
La vittoria del Liberazione è stata l’unica nel primo anno da U23 di Donati: accanto a lui il ds Nicoletti
Che futuro ti aspetti nel breve periodo per Donati?

Piscina ci ha detto che hanno per lui un bel progetto per le classiche. Lui forse ancora non ha ben capito che tipo di corridore potrebbe diventare, ma quando entri in quelle squadre, ti studiano, individuano quali sono i tuoi mezzi e vanno avanti per la strada che hanno scelto. Per cui non resta che aspettarlo. E io intanto faccio crescere un altro ragazzino interessante, un altro che è per ora è sfuggito ai devo team.

Il ritorno (a sorpresa) di Maini, grande acquisto per la Polti

27.03.2025
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Maini ha l’entusiasmo del corridore cui hanno appena consegnato la maglia e la nuova bici. «Oggi è stato il primo giorno sull’ammiraglia con Giovanni Ellena – sorride con pudore – e per l’adrenalina che avevo dentro, se fossi stato un corridore, probabilmente sarei andato in crisi di fame».

Oggi Maini ha debuttato alla guida del Team Polti-VisitMalta alla Settimana Coppi e Bartali (in apertura è sul pullman tra Jesus Hernandez e Giovanni Ellena). L’Astana lo aveva lasciato scivolare indietro e senza spiegazioni alla fine del 2023, lo stesso Martinelli non l’aveva presa affatto bene. Eppure, se lo conosceste, sapreste che adesso “Maio” vuole fare tutto tutto fuorché rivangare il passato. Non l’ha mai fatto. Al contrario, ha soprattutto voglia di normalità e di riallacciare il filo con la grande storia del suo mestiere.

Ivan Basso ha accolto Maini nel Team Polti-VisitMalta a stagione già iniziata (sprintcycling.com)
Ivan Basso ha accolto Maini nel Team Polti-VisitMalta a stagione già iniziata (sprintcycling.com)
Una sorpresona, come è andata?

Ho ricevuto una chiamata qualche settimana fa. Mi hanno detto che ci poteva essere questa possibilità e che mi avrebbero aggiornato. Al di là dei giorni che sono trascorsi tra quando mi hanno chiamato e quando la cosa è andata in porto, la cosa bella è che sia andata veramente in porto. Come ho detto nel comunicato ufficiale, devo ringraziare la dirigenza e i miei colleghi per avermi dato questa opportunità.

Ti aspettavi che sarebbe arrivata un’altra ammiraglia?

Dico la verità: per me è stata una sorpresa molto gratificante. Ho avuto la fortuna di lavorare con dei corridori importanti, ma anche tanto con i giovani e mi è sempre piaciuto molto. Questa cosa mi dà stimolo e accelera ancora di più la mia grande voglia di fare, perché l’ho sempre avuta. Sono sempre stato molto malato di ciclismo.

Sei stato preso con un incarico particolare, proprio legato ai giovani?

No, sono uno dei direttori sportivi, ma ho dato disponibilità totale a coprire qualsiasi ruolo. Mi ha chiamato Zanatta, dicendo che era con Basso, Ellena e gli altri direttori e avevano pensato a me. La squadra aveva fatto il programma delle gare e ha capito di avere bisogno di una figura in più. Così hanno pensato a me e mi fa davvero piacere. Con Ivan non ho mai lavorato, ma non ci sono mai stati screzi o tensioni: sempre grande rispetto.

Nel 1992 Maini guidò Pantani alla conquista del Giro dilettanti e poi lavorò con lui alla Mercatone Uno
Nel 1992 Maini guidò Pantani alla conquista del Giro dilettanti e poi lavorò con lui alla Mercatone Uno
Nel frattempo hai continuato a seguire il ciclismo?

Appena, appena (sorride, ndr)… Ero arrivato al punto di tenere acceso l’iPad, la televisione e il telefono e vedevo tre corse al giorno, anche contemporaneamente. A un certo punto si sono aggiunte quelle dei dilettanti, per cui vedevo le due dei professionisti e nel telefono lo streaming degli under 23.

Che cosa porta Orlando Maini al Team Polti-VisitMalta?

Porta a se stesso. Porta la spontaneità di un lavoro che sente particolarmente suo. L’entusiasmo, che serve per dare la possibilità a questi ragazzi di porsi degli obiettivi e di realizzare il loro sogno. Mi piacerebbe portare tutto questo, perché prendano consapevolezza delle loro forze e delle loro capacità.

Pantani, Scarponi, Pozzato, Ulissi… L’elenco dei tuoi corridori è lungo e importante: da ognuno di loro hai imparato qualcosa che adesso fa parte del tuo bagaglio?

Da ognuno di loro ho imparato qualcosa che mi è rimasto e soprattutto mi ha fatto capire che si può sempre migliorare, anche se hai una grande esperienza. In questi anni mi sono reso conto che ascoltare i giovani è importante. Puoi trasmettere, ma anche ascoltare e assorbire qualcosa da loro e questo fa sì che si crei un dialogo che può portare a raccogliere dei frutti importanti.

Dicembre 2022, ritiro Astana ad Altea, in Spagna. Con Maini (a destra), ci sono Martinelli e Zanini
Dicembre 2022, ritiro Astana ad Altea, in Spagna. Con Maini (a destra), ci sono Martinelli e Zanini
Tu torni in gruppo e contemporaneamente Martinelli ne esce. Si sta verificando un ricambio anche fra i tecnici…

Martinelli è stato il primo a essere felice quando l’ha saputo, fra noi non c’è solo un rapporto di lavoro. Il ricambio fa parte della logica della vita, non solo del mestiere del direttore sportivo. Però io sono ancora del parere che l’esperienza dei più maturi serva ancora. Serve il giusto mix fra le parti. Il futuro è un’ipotesi, il passato è certo perché è già successo. Però la voglia di immaginare quello che sarà è stimolante e l’esperienza ti permette di spiegare cosa serva davvero e cosa invece sia inutile.

Adesso il programma che corse prevede?

Adesso faccio la Coppi e Bartali, quindi il Giro d’Abruzzo e poi vedremo il resto del calendario.

Si può dire che alla fine le cose tornano sempre?

Sapete come sono fatto, ci conosciamo da tanto tempo. Sapete cosa penso e cosa basta perché io sia contento. Mi basta che scriviate che io ho solo voglia di normalità, che sono uno con i piedi per terra. Ho sempre vissuto così e sono contento quelle volte in cui mi viene riconosciuto.

De Pretto e i primi (incoraggianti) passi nel WorldTour

15.06.2024
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La prima stagione tra i professionisti di Davide De Pretto sta procedendo secondo il piano stabilito dal suo team, la Jayco-AlUla. Il veneto classe 2002, rientrato pochi giorni fa dal Giro del Delfinato, sta mettendo insieme tante esperienze differenti. Il suo calendario fino ad ora recita: 36 giorni di corsa, di cui l’esatta metà, 18, nel WorldTour. 

De Pretto ha collezionato presenze a gare importanti, come Strade Bianche, Milano-Sanremo, Liegi e Delfinato. A queste ha alternato corse minori dove però ha avuto modo di mettersi alla prova, collezionando qualche piazzamento e il suo primo podio tra i professionisti, al Tour of Oman. A cui sono seguiti un secondo e un terzo posto di tappa alla Coppi e Bartali

De Pretto è alla sua prima stagione tra i pro’ in maglia Jayco-AlUla
De Pretto è alla sua prima stagione tra i pro’ in maglia Jayco-AlUla

Le fatiche francesi

Al Giro del Delfinato De Pretto ha avuto modo di toccare con mano i ritmi che si respirano in una corsa a tappe di alto livello. Tutti i giorni si sfiorano ritmi altissimi, la fatica nelle gambe e tanta esperienza da mettere in cascina. 

«Sto bene, ho finito da poco di allenarmi – racconta – in palestra per la precisione. Sto continuando a farla, anche durante la stagione, soprattutto per la parte alta, il cosiddetto core. Con il Delfinato ho messo alle spalle un po’ di fatica, ora recupero in vista del campionato italiano del 23 giugno. In Francia la cosa che ho notato è come i primi vadano davvero forte. Arrivavo da un periodo di altura nel quale non ero stato bene, quindi la condizione non era quella desiderata. Avevo nel mirino le tappe due, tre e cinque, ma senza una gamba adeguata era impossibile anche pensare di tener duro».

De Pretto ha già corso molte gare importanti, tra cui la Strade Bianche
De Pretto ha già corso molte gare importanti, tra cui la Strade Bianche
Una bella esperienza comunque?

Assolutamente, ho visto qual è il ritmo al Tour de France. I miei compagni più esperti mi hanno detto che i ritmi sono gli stessi. In salita tutti tenevano duro, era difficile vedere gente che si staccava subito (questo dettaglio lo ha notato anche Fancellu, ndr). 

Stagione piena fino ad ora…

Sono contento di ciò, ho iniziato a correre il 21 gennaio in Spagna alla Ruta de la Ceràmica e praticamente non mi sono mai fermato. Ho avuto il mio spazio nelle gare minori, come le 2.Pro o le 2.1 come la Coppi e Bartali. Nel WorldTour, invece, ho fatto parecchia fatica. Anche se al Giro dei Paesi Baschi ho conquistato la mia prima top 5 nella massima categoria. Quel giorno, devo ammettere, ero parecchio felice. 

Il primo podio è arrivato al Tour of Oman, terzo nella quarta tappa
Il primo podio è arrivato al Tour of Oman, terzo nella quarta tappa
La condizione era al livello previsto?

Stavo bene, forse un po’ stanco, tanto che dopo i Baschi mi sarei fermato volentieri, ma la squadra ha voluto portarmi in Belgio per fare Freccia e Liegi. Ci tenevo anche io, così ho stretto i denti e sono andato.

Tra gli U23 alla Liegi hai fatto terzo, com’è stato correre quella dei professionisti?

Sono molto diverse, anche solo per la distanza. Correre 80 chilometri in più non è semplice, poi i metri di dislivello tra i pro’ sono 4.500. E’ una corsa per gente leggera. Per il futuro penso possa diventare una gara adatta a me, con salite brevi ed esplosive. Penso sia una questione di maturazione, perché dopo 220 chilometri devi avere le gambe per attaccare sulla Redoute e reggere il ritmo dei migliori. 

Durante l’inverno ha fatto un carico di lavoro quasi doppio rispetto a quando era U23 (foto Instagram)
Durante l’inverno ha fatto un carico di lavoro quasi doppio rispetto a quando era U23 (foto Instagram)
Crescita e fondo. A proposito in inverno come hai lavorato?

Durante la preparazione le ore sono raddoppiate rispetto a quelle che facevo tra gli under 23. Ho messo alle spalle tanto fondo, poi con l’avvicinamento alle gare abbiamo fatto sempre più intensità. Anche nel ritiro appena concluso ad Andorra l’ultima settimana ho messo nelle gambe allenamenti più intensi. Rispetto allo scorso anno faccio più lavori di forza in palestra piuttosto che in bici. 

Se si guarda al calendario si nota come tu stia facendo molte più gare a tappe rispetto a quando eri U23. 

Questo mi sta dando una grande mano nel crescere e migliorare. Già dalla seconda corsa a tappe di quest’anno, il Tour of Oman, mi sentivo sempre meglio. Da under 23 fare una gara a tappa mi stancava molto, arrivavo gli ultimi giorni finito, non vedevo l’ora che finisse. Ora arrivo fresco, con ancora energia in corpo, ho un recupero migliore. 

Fino ad ora De Pretto ha preso parte a tante corse a tappe, ben cinque da febbraio a giugno
Fino ad ora De Pretto ha preso parte a tante corse a tappe, ben cinque da febbraio a giugno
Altura alle spalle, come stai?

La condizione sta crescendo, sono uno che ha bisogno di correre per metabolizzare i lavori fatti in altura. Il Delfinato ne è stata la prova, ma sono contento di come l’ho finito. Ora punto agli italiani e subito dopo il Giro d’Austria dal 2 al 7 luglio. Alla fine vedremo come starò, potrei fare Castilla y Leon a luglio, poi Arctic Race e infine San Sebastian. Ma prima, durante il Tour de France, noi che non corriamo faremo un ritiro a Livigno.

Aleotti, un imprevisto cambia i piani ma non troppo

27.03.2023
5 min
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«Una caduta in allenamento mi ha scombinato i piani. Adesso dobbiamo dare la precedenza alle corse». Giovanni Aleotti aveva in mente tutt’altro per questi giorni ed invece si ritrova a rivedere il programma di avvicinamento al Giro d’Italia.

La presenza lampo del 23enne della Bora-Hansgrohe alla Coppi e Bartali aveva destato molta curiosità. Dato partente dagli organizzatori, dopo pochi minuti dal via della prima tappa radio-corsa annunciava il ritiro di Aleotti. Per fortuna, se così possiamo dire, si tratta di un intoppo fisico che il ragazzo emiliano ha assorbito bene, anche dal punto di vista morale come abbiamo avuto modo di vedere.

La mano sinistra porta i segni della caduta. Aleotti ha dovuto abbandonare la Coppi e Bartali e cambiare i programmi
La mano sinistra porta i segni della caduta. Aleotti ha dovuto abbandonare la Coppi e Bartali e cambiare i programmi
Giovanni a cosa è stato dovuto quell’abbandono in corsa?

Il giorno successivo alla Milano-Torino sono caduto in discesa sulle strade di casa. Ho preso una buca dopo una curva e ho battuto forte la mano sinistra. Avevo il palmo particolarmente abraso e qualche dito non messe bene. Ho cercato di recuperare per la Coppi e Bartali, gara che era nel mio calendario e in cui avrei voluto giocarmi le mie chances. Fino all’ultimo, d’accordo con la squadra, abbiamo tentato di partire perché essendo in Italia, e molto vicino a casa, ne valeva la pena.

Poi cosa è successo?

Dopo pochi chilometri ci siamo accorti che ancora non avevo una presa salda. Facevo fatica ad impugnare il manubrio, a frenare e cambiare il rapporto. E così abbiamo deciso saggiamente di non rischiare inutilmente perché una eventuale altra caduta mi avrebbe compromesso ulteriormente.

Adesso come va?

Molto meglio. La botta si è abbastanza riassorbita. Ho pedalato sui rulli fino a giovedì poi venerdì sono riuscito a fare cinque ore di allenamento su strada, circa 170 chilometri, senza dolore e fastidi nelle sollecitazioni. E sempre meglio anche nel weekend. Posso dire che le sensazioni in generale erano buone e quindi sono contento per questo.

Aleotti ha corso la Milano-Torino e il giorno dopo è caduto in allenamento senza gravi conseguenze
Aleotti ha corso la Milano-Torino e il giorno dopo è caduto in allenamento senza gravi conseguenze
Finora com’era andata questa prima parte di stagione?

Ho iniziato presto in Australia col Tour Down Under dove sono andato bene, facendo anche un buon piazzamento. Sono rimasto giù una settimana in più per la Cadel Evans. Dopodiché sono volato in Oman per la Muscat Classic e la gara a tappe. Purtroppo lì mi sono ammalato e ho corso solo le prime due frazioni. Probabilmente la causa potrebbe essere stato il lungo viaggio dall’Australia. Ho preso la bronchite e sono rientrato alla Milano-Torino. E mi sono fermato nuovamente.

Hai dovuto cambiare i programmi in corsa quindi…

Sì, giusto. Sappiamo che sulla carta è sempre una cosa, in pratica un’altra. Dopo la Coppi e Bartali avrei dovuto fare altura a Sierra Nevada, poi Romandia e Giro d’Italia. Invece così riparto subito a correre. Quella è la cosa più importante. Farò il GP Indurain il primo aprile e due giorni dopo farò i Paesi Baschi in funzione del Giro.

Possibile che tu cossa qualche classica?

Rispetto all’anno scorso non avrei dovuto farle ma a questo punto vedremo se varrà la pena modificare ancora il mio calendario inserendo le Ardenne. Vedremo dopo metà aprile. Avevo fatto un inverno intenso però tra Oman e Milano-Torino ho corso troppo poco. Alla fine, visto che la condizione è sempre stata piuttosto buona, questo infortunio alla mano non mi sposta di tanto le cose. E poi so che bisogna sempre essere pronti a questi inconvenienti. Ci vogliono sempre i piani di riserva.

Al Giro con che ruolo e aspettative ci andrai?

L’obiettivo è quello di fare molto bene. Siamo la squadra che lo ha vinto l’anno scorso, vogliamo ripeterci onorando al massimo la corsa. Come capitani avremo Vlasov e Kamna ed io sarò in supporto a loro. Non nascondo che vorrei puntare a quelle tappe interlocutorie e vallonate adatte a me. Questo però lo potrò fare quando ci sarà una situazione più stabilizzata. Quando la classifica dei miei leader potrà concederci un po’ più di libertà. Oltre ad andare in fuga per essere d’appoggio ai miei compagni, cercherò di andarci per giocarmi le mie carte.

Conosci anche i programmi della seconda parte di stagione?

No, ancora non so nulla. A grandi linee so che dovrei correre il Benelux Tour, le classiche canadesi e chiaramente altre corse. Adesso però aspettiamo un po’ a fare i programmi anche perché poi ci ritroviamo a doverli cambiare (sorride, ndr). Di sicuro so che in estate vado sempre meglio, quindi vedremo anche in base a quello.

Sibiu Tour 2022, Giovanni Aleotti con Cian Uijtdebroeks, (foto Bora-Hansgrohe)
Sibiu Tour 2022, Giovanni Aleotti con Cian Uijtdebroeks, (foto Bora-Hansgrohe)
C’è una corsa in cui Giovanni Aleotti si vede capitano a breve?

Difficile rispondere (sorride, ndr). Negli ultimi due anni ho vinto il Sibiu Tour, una gara cui sono affezionato perché ci ho raccolto i miei primi successi da pro’. Ho fatto classifica in altre corse di quella portata ma è ovvio che vorrei provare a fare il leader in gare di un livello più alto. Diciamo che tra le gare WorldTour il Tour de Pologne lo vedo molto adatto alle mie caratteristiche. Per la verità sento di avere un piccolo conto in sospeso con quella corsa. Nel 2021 ho chiuso undicesimo nella generale ma avevo sbagliato la crono della penultima tappa (era settimo, ndr) e così sono uscito dalla top ten finale. Peccato ma è stato comunque valido per fare esperienza al primo anno da pro’. Mi piacerebbe tornarci per lottare per qualcosa di importante.

Leo Hayter, a piccoli passi nel mondo dei pro’

24.03.2023
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RICCIONE – Le strade della Coppi e Bartali non sono una novità per Leo Hayter. Il 21enne talento della Ineos Grenadiers era già stato alla breve corsa a tappe emiliano-romagnola nel 2021, quando era una promessa del Devo Team DSM. All’epoca dovette ritirarsi all’ultima tappa. Quest’anno invece, e ce lo aspettavamo, le cose stanno andando diversamente. Attualmente è undicesimo nella generale a poco più di un minuto da Schmid.

Già perché nel frattempo Hayter è diventato grande, non solo anagraficamente. L’anno scorso sulle colline forlivesi al Città di Meldola aveva ottenuto un secondo posto come trampolino di lancio al Giro d’Italia U23, poi dominato grazie a condizione e impresa favolose. In pratica le due stesse gare, Giro U23 e Coppi e Bartali appunto, in cui il fratello maggiore (e compagno di squadra) Ethan è stato a sua volta protagonista. Tuttavia il giovane Leo sorride davanti a certe coincidenze senza farci troppo caso e tiene sott’occhio la sua crescita.

Finora sulle salite della Coppi e Bartali, Leo è sempre stato col gruppo dei migliori
Finora sulle salite della Coppi e Bartali, Leo è sempre stato col gruppo dei migliori

Vita da pro’

Dopo il finale di 2022 come stagista alla Ineos, lo scalatore londinese ha iniziato la sua carriera da pro’ a tutto tondo ad inizio stagione. Come stanno andando questi mesi? E che differenze ha incontrato finora rispetto al passato? Leo risponde con estrema serenità.

«Forse non è andata come speravo – esordisce Hayter, alto 1,78 metri per 65 chilogrammi di peso – è stato un percorso un po’ dritto e un po’ accidentato. Al momento però sta andando sempre meglio, di settimana in settimana. Le ultime gare sono state buone e per ora posso ritenermi soddisfatto.

«Ad essere onesti non ho notato particolari diversità dall’anno scorso. Stessi tipi di gare, solo un po’ più dure. Stessi allenamenti, solo un po’ più lunghi. Non è stato un passo così ampio come si poteva pensare quando già correvo in un team continental U23 di alto livello (la Hagens Berman Axeon di Axel Merckx, ndr). Si fanno le stesse cose, ma in quantità maggiore».

Quotidianità. Riunione e podio firma sono due dei tanti momenti che un corridore vive in una gara
Quotidianità. Riunione e podio firma sono due dei tanti momenti che un corridore vive in una gara

Ambiente giusto

Per un corridore inglese può essere scontato l’ingaggio nella Ineos. Anche se Hayter junior fa parte di una nidiata di giovani dalla classe innata, l’inserimento di un neopro’ deve sempre prevedere diversi passaggi.

«Mio fratello Ethan è stato certamente la prima persona a cui ho chiesto consigli – prosegue Leo –quando ho saputo che sarei arrivato in questa categoria. Però ho anche altri riferimenti in squadra per mia fortuna. Qua alla Coppi e Bartali ho davvero compagni molto gentili e disponibili, che mi guidano giorno per giorno durante la tappa e anche fuori dalla corsa. Ad esempio uno di questi è Luke (Rowe, ndr) che è un corridore molto esperto ed ha un ruolo importante. Lui finora mi ha sempre detto dove stare in gruppo. E’ un piacere avere compagni così. D’altronde la Ineos è una formazione che ha un ottimo mix. Noi giovani possiamo imparare meglio ed alzare il nostro livello grazie a compagni esperti, specie nelle gare al Nord».

Alla scoperta di sé

Leo Hayter è passato pro’ con le stimmate del campione, ma bisogna restare cauti nel pretendere subito gli stessi risultati che arrivavano da U23. Lui sa che c’è tempo per maturare e centrare gli obiettivi più importanti.

«Per il momento – spiega – non penso a vincere o fare particolari piazzamenti degni di nota. Mi sto concentrando di più sulla mia progressione da corridore giorno per giorno, curando specialmente il mio stile di vita. E’ tutta esperienza e mi sono già accorto che ho fatto miglioramenti nell’ultimo mese».

«E’ ancora troppo presto – conclude Hayter – per dire se mi sto scoprendo un corridore diverso dal passato. Ho lottato finora nelle stesse situazioni di gara in cui sono bravo, ma il mio ruolo ancora non so esattamente quale sia. In carriera ho vinto gare in pochi modi diversi usando alcune mie abilità. Sono uno scalatore, ma devo anche cercare di acquisire una maggiore consistenza e differenti modi di correre. Quando inizierò a farlo, saprò cosa sarò in grado di fare

Visto da Cioni

«Ha iniziato bene Leo – racconta il diesse tosco-inglese della Ineos – partendo dall’Australia col Tour Down Under e poi con un po’ di corse qua in Europa. Ha fatto un primo periodo di ambientamento al salto di categoria anche se qualche esperienza l’aveva già fatta l’anno scorso. Sta imparando e naturalmente alla sua età si hanno sempre margini di miglioramento»

Leo Hayter ha iniziato il 2023 al Down Under. In aprile dovrebbe correre sulle Ardenne
Leo Hayter ha iniziato il 2023 al Down Under. In aprile dovrebbe correre sulle Ardenne

«Alla fine del 2022 – continua l’analisi Cioni – ha dimostrato di andare forte a crono facendo terzo al mondiale U23. Per vincere il Giro U23 era andato forte in salita e penso che sia un corridore abbastanza completo. Da lì ad essere competitivo nelle grandi corse a tappe tra i pro’ ce n’è ancora di strada, ma comunque ha molte qualità. Rispetto a suo fratello è un corridore diverso, anche caratterialmente. Ethan è sicuramente più veloce, mentre Leo è più scalatore. Hanno in comune che entrambi vanno forte a crono.

«La nostra idea – termina – è che Leo faccia un mix tra le corse WorldTour e altre come la Coppi e Bartali. In questo periodo siamo impegnati su tre calendari. In alcune gare Leo può lavorare per capitani affermati, mentre nelle altre partiamo sempre con ruoli un po’ più aperti, specie nelle prime tappe. Quindi in questo tipo di gare può essere un leader strada facendo».

Pozzovivo, le ambizioni di un “giovane” quarantenne

23.03.2023
4 min
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RICCIONE – La forza di Pozzovivo è davvero quella di ripartire quasi da zero senza piangersi addosso e demoralizzarsi. Sotto il punto di vista morale, Domenico è un corridore indistruttibile a scapito degli evidenti segni che porta sul corpo.

E “Pozzo” non disdegna nemmeno la battuta quando gli ricordiamo che una delle ultime volte che lo avevamo visto erano le classiche italiane d’autunno. «Eh, bei tempi quelli in cui andavo forte in salita», ci dice sorridendo prima della nostra chiacchierata.

“Pozzo” si sta già ben integrando nella Israel-Premier Tech. La Coppi e Bartali gli serve anche per questo
“Pozzo” si sta già ben integrando nella Israel-Premier Tech. La Coppi e Bartali gli serve anche per questo

Salite romagnole

Nelle prime due tappe della Coppi e Bartali lo scalatore della Israel-Premier Tech ha dimostrato di avere sempre il solito feeling con la salita, anche se la forma migliore sta arrivando. Sull’arrivo ondulato di Longiano ha chiuso decimo, ovvero nel gruppo che inseguiva i sette fuggitivi, regolati dal californiano Sean Quinn della EF Education-Easy Post. Ora Pozzovivo è ottavo nella generale a meno di un minuto da Schmid (nuovo leader) e guarda avanti con fiducia.

«La prima tappa – racconta Domenico – è stata molto nervosa, con tanti sali e scendi, salite brevi ed esplosive. Personalmente mi è andata bene, perché sono riuscito ad arrivare nel primo gruppo inseguitore di Cavagna. Oggi invece (ieri per chi legge, ndr) c’erano pendenze in doppia cifra. In entrambe le tappe ero lì a battagliare con i migliori nei momenti cruciali. Nei prossimi giorni ci sarà ancora il terreno per fare qualcosa».

Sulle salite in doppia cifra attorno a Longiano, Pozzovivo non si è fatto trovare impreparato
Sulle salite in doppia cifra attorno a Longiano, Pozzovivo non si è fatto trovare impreparato

«La condizione non è male – continua – e comunque l’obiettivo, praticamente sempre quando metto il numero sulla schiena, è quello di fare classifica in queste gare. Alla vigilia della Coppi e Bartali avevo l’ambizione di fare una classifica dignitosa. Magari pensare di riuscire a centrare una top ten non sarebbe stato male. Ecco, qui a Longiano ce l’ho fatta e procediamo così».

Il ritorno

L’inverno incerto che ha vissuto Pozzovivo lo conosciamo. La delusione del mancato rinnovo con la Intermarché Circus Wanty è stata rimpiazzata dalla gioia dell’ingaggio con la Israel, con cui poteva iniziare a correre prima.

«Sarei dovuto rientrare alla Tirreno-Adriatico – spiega – ma sarebbe stato difficile farlo perché ci sono stati un paio di intoppi. Uno burocratico e uno di salute. Avevo preso la bronchite di rientro dal Teide e così ho dovuto stoppare improvvisamente quella che era già una buona condizione. Tuttavia mi sono rimesso in sesto abbastanza presto».

Generazioni a confronto. Marco Frigo e Domenico Pozzovivo hanno diciotto anni di differenza
Generazioni a confronto. Marco Frigo e Domenico Pozzovivo hanno diciotto anni di differenza

«Mi è dispiaciuto tanto non poter continuare con la mia vecchia squadra – prosegue nella sua analisi – anche perché mi è costato a livello tecnico. Ho dovuto passare un inverno in autogestione, senza sapere quando avrei iniziato a correre, qualora mi avesse chiamato qualche altra formazione. Mi ero posto fine febbraio come termine per iniziare a correre. Quella condizione che avevo trovato è servita a poco visto che ormai è roba di un mese e mezzo fa. Sono convinto però che quel lavoro mi tornerà utile qua alla Coppi e Bartali. Dopodiché inizierò a prepararmi per il Giro d’Italia».

Prossimi traguardi

Proprio la corsa rosa è casa sua. A maggio Pozzovivo sarà alla 17ª partecipazione: ininterrottamente presente dal 2010. Ma con quali reali obiettivi partirà, tenendo conto della sua carta d’identità?

«Non mi dispiacerebbe fare un Giro sulla falsariga di quello dell’anno scorso – dice con estrema serenità – con ottime prestazioni in salita. Anche lì punto a fare una top ten. Alla mia età, che saranno 41 anni il prossimo novembre, sarebbe notevole rispettare questo tipo di ambizioni. Durante la mia carriera sono sempre stato meticoloso ma forse il segreto e la difficoltà al tempo stesso è quella di non porsi delle abitudini. Bisogna sempre cambiare e tenersi aggiornato, stando al passo con i giovani che pongono l’asticella sempre più in alto. Se mi fossi arenato sulle prestazioni di 5-6 anni fa non sarei qua, perché non sarei competitivo per quello a cui ambisco».

Pozzovivo è sempre uno dei corridori più acclamati dal pubblico. E lui non si sottrae mai agli autografi
Pozzovivo è sempre uno dei corridori più acclamati dal pubblico. E lui non si sottrae mai agli autografi

«Ora gli obiettivi sono due: essere performante nelle gare a tappe più brevi – conclude – poi essere protagonista come l’anno scorso nelle ultime classiche della stagione. In particolare il Lombardia mi è rimasto sul gozzo per via della caduta che mi ha costretto al ritiro, ma cercherò di rifarmi. Ho firmato solo un anno di contratto, ma non escludo di poter correre anche nel 2024. Vediamo come sarà questa annata che è ancora tutta da correre».

Il nuovo Cavagna, col solito marchio di fabbrica

22.03.2023
4 min
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RICCIONE – Il colpo che ieri Remi Cavagna ha sparato quando mancavano 42 chilometri al traguardo potrebbe risultare decisivo due volte. La prima perché gli ha regalato il successo in solitaria a Riccione nella tappa inaugurale della Settimana Internazionale Coppi e Bartali. La seconda perché potrebbe permettergli di vincere la generale.

Il 27enne francese della Soudal-Quick Step guida con 36” di vantaggio sul compagno Mauro Schmid, che proprio sullo stesso traguardo aveva trionfato un anno fa e che ieri ha stoppato ogni tentativo di chiusura degli avversari vincendo la volata degli inseguitori davanti all’olandese Pluimers della Tudor. Il percorso della gara del G.S. Emilia, seppur preveda ancora salite nelle prossime frazioni, non sembra impossibile per Cavagna.

L’azione di Cavagna si è evoluta sui gpm di Montescudo. Prima riprendendo Teugels (Bingoal) poi andando via solo
L’azione di Cavagna si è evoluta sui gpm di Montescudo. Prima riprendendo Teugels (Bingoal) poi andando via solo

E’ vero che Remi in passato non si è mai cimentato molto nel curare la classifica dei piccoli giri a tappe, però l’impressione è che la forma al momento sia quella giusta. E poi sabato a Carpi, all’ultimo giorno, ci sarà ancora una possibilità di risistemare le cose qualora si fossero complicate nei giorni precedenti

Morale e fiducia

Gli abbracci che riceve Cavagna dai suoi compagni di squadra dopo il traguardo sono l’istantanea più nitida che certifica il perfetto gioco di squadra avvenuto negli ultimi 28 chilometri. Lì, sul secondo gpm di Montescudo, ultimo di giornata, il ragazzone di Clermont-Ferrand, che ha origini di Lepreno, (paesino bergamasco vicino a Serina), è rimasto solo.

«Ero venuto qua alla Coppi e Bartali – ci spiega Cavagna dietro il podio delle premiazioni, dove ha ricevuto anche la maglia della classifica a punti che verrà indossata da Schmid – per puntare alla crono finale di Carpi. Quella tappa resta un obiettivo, ma è ovvio che adesso faccia un pensierino anche alla classifica generale. Quei 18,6 chilometri contro il tempo erano importanti ed ora a maggior ragione lo saranno ancora di più».

Un momento di relax per Cavagna prima di salire sul podio e ricevere le maglie della generale e della classifica a punti
Un momento di relax per Cavagna prima di salire sul podio e ricevere le maglie della generale e della classifica a punti

«Sono molto contento della vittoria – prosegue – perché mi dà tanto morale. Oggi (ieri per chi legge, ndr) ho fatto un po’ di prove generali per sabato visto che gli ultimi 27 chilometri li ho fatti da solo, ben protetto dai miei compagni. Poi questo è il primo successo in Italia, dove ho parenti in una zona di Bergamo in cui i Cavagna nascono come funghi (sorride, ndr)».

Nuovo Remi

L’ultimo successo di Cavagna risale alla cronometro del Tour de Pologne nel 2021. Nel mezzo un periodo buio che ha rivisto la luce ad inizio stagione. Circa 120 chilometri di fuga sulle cote della Faun Ardèche Classic e poi altri 95 in avanscoperta nella frazione di montagna alla Parigi-Nizza.

«A fine 2021 mi ero fratturato delle vertebre – racconta Remi – e quello scorso di conseguenza è stato un anno molto difficile. Avevo sempre delle tensioni nella parte lombare. Per fortuna quel momento è dietro di me ed ora c’è un nuovo Remi. Solitamente vado forte e vinco a crono, ma qua ho vinto come mi è capitato altre volte in passato. La Dwars door Vlaanderen, la tappa alla Vuelta nel 2019 e la stessa Faun Ardèche. Tutte con fughe solitarie.

«Buttando uno sguardo al resto dell’annata – conclude Cavagna prima di concedersi ai selfie di alcune appassionate tifose – punto ai campionati nazionali sia in linea che a crono. Poi mi concentrerò sul Tour de France per qualche tappa. Naturalmente anche le prove contro il tempo di mondiali ed europei sono degli obiettivi. Ma ci penserò più avanti».

Dunbar, il testardo irlandese a caccia di gloria

24.05.2022
5 min
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Squilla il telefono di Eddie Dunbar. Dall’altra parte c’è un dirigente della Ineos: «Eddie, fa le valigie. C’è un posto per te in squadra al Giro d’Italia, Bernal si è rotto una clavicola… Eddie, hai sentito?». Eddie Dunbar non riesce neanche a rispondere, chiude la conversazione senza una parola. Si è avverato un sogno, il suo primo grande Giro. Passano davanti agli occhi, in un lampo, tutti i sacrifici di una vita, la rincorsa dopo aver lasciato l’altro suo grande amore (suo e di una gran parte degli irlandesi) il rugby.

Dunbar nazionale
Eddie Dunbar è nato a Banteer il 1° settembre 1996. In nazionale il meglio l’ha dato a cronometro
Dunbar nazionale
Eddie Dunbar è nato a Banteer il 1° settembre 1996. In nazionale il meglio l’ha dato a cronometro

L’erede di una grande epoca

Di Dunbar nel suo Paese si parla da anni come del diretto erede di quell’epoca nella quale, grazie a due soli corridori come Sean Kelly e Stephen Roche, l’Irlanda dominava nel mondo. Per tanto, tanto tempo poi si è detto che era stato un caso e Dunbar è chiamato a smentirlo e a dimostrare che in questo ciclismo globalizzato c’è posto anche per i verdi irlandesi tutti d’un pezzo.

Eddie sin dai primi anni ha messo in mostra le sue caratteristiche: innanzitutto un modo di correre sempre aggressivo, specchio del suo carattere: «Voglio ottenere il massimo da me stesso. Non mi piacciono le corse facili, preferisco quelle dove devi metterti alla prova, inventare qualcosa. Preferisco sempre essere gettato nella mischia, attendere non fa per me».

Che rabbia con Tiberi…

Da junior ha realizzato un’impresa mai compiuta, vincere per due anni di seguito il Giro d’Irlanda e il secondo anno ci ha aggiunto pure il Giro del Galles. Perché la sua specialità sono le brevi corse a tappe, sin dai suoi inizi. Lo ha capito subito che quello doveva essere il suo destino, perché è portato ad andare sempre meglio con i giorni che passano, a tirare fuori il coniglio dal cilindro anche alla fine, mettendo tutti d’accordo.

Come ha fatto all’ultimo Giro d’Ungheria, ribaltando la classifica nell’ultima frazione. Eppure, a ben guardare alla fine era molto più contento Antonio Tiberi per la sua vittoria di tappa che lui. Già perché un’altra sua caratteristica è il fatto che il bicchiere per l’irlandese è sempre mezzo vuoto: «Sono molto esigente con me stesso. Ero felice di vincere la classifica generale, ma io volevo tagliare il traguardo a braccia alzate, per poter ripagare i compagni che avevano lavorato per me. Mi sono mancati 40 metri, mi sono sentito beffato. Comunque è un altro passo nella giusta direzione».

Dunbar Tiberi 2022
La volata persa con Tiberi in Ungheria gli ha lasciato l’amaro in bocca
Dunbar Tiberi 2022
La volata persa con Tiberi in Ungheria gli ha lasciato l’amaro in bocca

NFTO, una scuola di vita

Eddie è sempre rimasto molto legato alle sue radici. I suoi risultati da giovanissimo lo portarono ad approdare al Team NFTO che è un po’ l’accademia del ciclismo irlandese e lì si è fatto le ossa, non solo a livello ciclistico perché quella è stata per lui una scuola di vita. Lo hanno fatto correre con gente più grande, con i ciclisti della massima serie nazionale, lo hanno soprattutto trasformato in un nomade, lui che non stava più di tre giorni lontano da casa. Ha imparato che cosa significa essere un vero irlandese proprio standone lontano, capendo che le radici le hai dentro: «La mia famiglia è a Londra e nei dintorni, ci ero spesso venuto da bambino, mai avrei pensato di viverci, per me è stato un grande cambiamento».

I risultati si sono visti presto: oltre alle vittorie in patria in in terra britannica, arrivarono la seconda piazza nel Trofeo Karlsberg, classica per junior fra le maggiori corse internazionali a tappe e nel 2017 la vittoria al Giro delle Fiandre per Under 23. Una cosa atipica per lui, ma che gli attirò le attenzioni del team britannico per antonomasia, il Team Sky. E da lì la sua carriera prese il volo, fino a quel giorno, quella telefonata dell’inizio.

Dunbar Coppi e Bartali 2022
Vittoria alla Settimana Coppi e Bartali, con 9″ sul compagno di team Ben Tulett
Dunbar Coppi e Bartali 2022
Vittoria alla Settimana Coppi e Bartali, con 9″ sul compagno di team Ben Tulett

E se al Tour…

Quel Giro, inventato di sana pianta per lui che aveva vinto il Tour of Yorkshire e che pensava di rimanere confinato nel suo dorato alveo delle brevi stage race, andò ben oltre le aspettative: nella dodicesima tappa, la famosa Cuneo-Pinerolo, entrò nella fuga bidone che avrebbe portato lo sloveno Polanc in rosa, cedendo in volata al vincitore Cesare Benedetti e a Damiano Caruso. Quel Giro lo avrebbe finito 22°, regalando un sorriso ai responsabili Sky poco ripagati dalle punte.

Avrebbe voluto esserci anche quest’anno e quando ha visto le convocazioni ci è rimasto male. Ha scaricato la delusione sui pedali, come fa sempre, regalandosi il Giro d’Ungheria, secondo centro stagionale dopo la conquista della Settimana Coppi e Bartali. Ora punta al Delfinato e al Giro dell’Occitania, guarda caso altre due brevi corse a tappe, magari per strappare un posto nella squadra del Tour che appare come una corazzata, con Martinez, Pidcock, l’esperienza di Thomas, tanti interpreti da grandi giri senza un vero leader, per una corsa tutta da inventare. Dove magari questo cocciuto irlandese potrebbe anche dire la sua.

Il re è tornato, ma dal Belgio arriva l’acuto di Van Aert

25.03.2022
5 min
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A 1.300 chilometri di distanza, in due corse completamente differenti e in condizioni non ancora paragonabili, Wout Van Aert e Mathieu Van der Poel hanno vinto a capo di una fuga. Il primo concretizzando una condizione già superlativa al E3 Saxo Bank Classic di Harelbeke. Il secondo costruendo la sua, che tanto male non doveva essere dopo il terzo posto alla Sanremo, sul traguardo di Montecatini alla Settimana Coppi e Bartali.

Van Aert ha tagliato il traguardo abbracciato al compagno Laporte, con cui ha diviso gli ultimi chilometri all’attacco. Van der Poel ha schiodato la concorrenza con una volata di rabbia. La sua ultima vittoria risaliva al 12 settembre, nella Antwerp Port Epic.

Per Van Aert e Laporte, arrivo in parata sul traguardo di Harelbeke
Per Van Aert e Laporte, arrivo in parata sul traguardo di Harelbeke

Delusione Sanremo

Alla Sanremo è successo quello che si poteva pensare, rileggendone la storia comune. Nella sua analisi dopo gara, Van Aert ha ammesso di aver sprecato le energie migliori per chiudere sui tanti attacchi del Poggio e fra questi, due volte si è mosso per riacciuffare Van der Poel. Sembra che l’olandese a tratti lo privi della necessaria lucidità.

«Alla Sanremo – diceva prima del via – cerco di non pensarci. Sono rimasto deluso, è vero. Ma non c’era più niente da fare. Le corse che arrivano ora mi si addicono meglio. Questo è il periodo su cui abbiamo lavorato e ora è il momento di dare il meglio di me. Harelbeke è in cima alla mia lista dei desideri, mi piacerebbe molto vincerla. Il Taaienberg è il punto chiave, di solito il gruppo esplode lì».

Sul Paterberg la selezione di Van Aert è stata spietata
Sul Paterberg la selezione di Van Aert è stata spietata

Una cronosquadre

Van Aert ha dato il primo avviso decisivo a 80 chilometri dall’arrivo selezionando in testa un gruppo di una quindicina di corridori. Poi, quando di chilometri ne mancavano poco più di 40, ha dato il secondo scossone. Con lui è rimasto soltanto Laporte, che alla Parigi-Nizza ha approfittato dei favori del capitano, mentre questa volta ha dovuto chinare il capo.

«Abbiamo fatto una fantastica prestazione di squadra – ha detto Van Aert – non ho parole per questo. Abbiamo perso quasi subito Tosh Van der Sande, ma sapevamo di dover gestire la corsa. Abbiamo sempre avuto il predominio in gara e l’abbiamo gestita in modo fantastico.  Ovviamente abbiamo dovuto lottare prima di ottenere un vantaggio rassicurante. Ma sapevo che c’è sempre un punto in cui gli inseguitori dubitano e rallentano. Stavolta è stato in cima alla Karnemelkbeekstraat, soprattutto perché in quel gruppo c’era anche Tiesj Benoot. Una volta che ci hanno lasciato andare, abbiamo dovuto pedalare forte, ma è stato persino divertente.

«Quando ho vinto l’Omloop Het Nieuwsblad – ha sorriso – hanno detto che difficilmente sarebbe stato possibile vincere qui. Questa vittoria mi offre una posizione di partenza fantastica verso le gare che verranno. Anche perché la prossima settimana saranno aggiunti alla squadra altri ragazzi forti».

Guardate che atleta! Van der Poel, subito vincente, si sta affinando per il Nord
Guardate che atleta! Van der Poel, subito vincente, si sta affinando per il Nord

The King is back

A Montecatini, si legge sui social della Alpecin-Fenix, “the king is back”: il re è tornato. Van der Poel è stato in fuga. Lo hanno ripreso. E poi ha vinto la volata. Niente di troppo facile, esattamente quello che cercava.

«Mi manca solo un po’ di resistenza – ha spiegato – è quello che intendevo quando nei giorni scorsi ho detto che la Milano-Sanremo è stata una corsa molto diversa sotto questo aspetto. E’ veloce. Puoi lasciarti andare alla deriva per i primi 250 chilometri. I cambi di ritmo, le accelerazioni e i rilanci sono molto meno presenti. Ecco perché sto sempre cercando la fuga in questo giro molto difficile. Solo per guadagnare in resistenza. Ne ho ancora bisogno».

La Toscana ha accolto la Coppi e Bartali con il calore e la solita competenza
La Toscana ha accolto la Coppi e Bartali con il calore e la solita competenza

Il lavoro giusto

Il re è tornato: è certamente una grande notizia per i suoi tifosi e per il pubblico che lo aspetta sulle stradelle del Belgio e lo rivedrà alla Dwars door Vlaanderen che si correrà il 30 marzo da Roselare a Waregem, nel cuore più fiammingo delle Fiandre.

«Ho sempre detto che mi sarebbe piaciuto vincere una tappa qui – ha precisato – ma lo scopo di questa corsa è un altro. Voglio uscire da questa settimana meglio di come ci sono entrato ed essere pronto per quello che verrà dopo: la primavera delle classiche, che è molto più importante. In questo senso, ogni giorno è un altro buon allenamento. Questa corsa si adatta benissimo al lavoro di cui ho bisogno».

Ieri Van der Poel è tornato al suo hotel in bicicletta, a una quarantina di chilometri di distanza dall’arrivo di San Marino: «Un’altra ora di allenamento extra a mio piacimento», ha concluso con un sorriso. Chissà se oggi farà lo stesso. E chissà se pure da 1.300 chilometri, Van Aert lo starà seguendo, sia pure senza farsi notare…