EDITORIALE / Campionato italiano, non tutto rose e fiori

24.06.2024
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Diciassette corridori all’arrivo su 155 partenti. L’ordine di arrivo del campionato italiano è un lungo elenco di DNF che un po’ falsa la percezione di come è andata davvero la corsa. La vittoria di Bettiol è stata un flash che ha coperto con la sua luce quello che accadeva alle spalle. E mentre abbiamo ancora negli occhi la sua azione prepotente e sfrontata e la bellezza del suo sorriso sul traguardo, forse è arrivato il momento di guardare là dietro per capire cosa sia successo.

«Il mio campionato italiano – dice Lorenzo Germani, unico atleta della Groupama-FDJ in gara – è stato uguale a quello di chi si è ritirato dopo 5 chilometri e non è vero. Ho provato ad anticipare sul circuito, prima che i pezzi grossi aprissero il gas. Ho resistito fino all’accelerazione di Ciccone e a quel punto mi sono ritrovato con Oldani, Albanese e Vendrame e le ammiraglie della Cofidis e della Arkea a farci da apripista nel traffico. Abbiamo cercato di finire la corsa, avevamo meno di 8 minuti dai primi, ma ci hanno messo fuori durante l’ultimo giro. Il carro scopa e le ambulanze ci hanno passato senza motivo. Volevamo raggiungere il traguardo, ma abbiamo trovato le transenne in mezzo alla strada. Visto anche quello che è successo nei primi 40 chilometri, mi chiedo se fossimo davvero in un campionato italiano dei professionisti…».

Marco Frigo, 17° e ultimo corridore classificato a 3’06”. Gli altri dietro, tutti fuori corsa
Marco Frigo, 17° e ultimo corridore classificato a 3’06”. Gli altri dietro, tutti fuori corsa

Problemi in partenza

Che cosa è successo nei primi 40 chilometri? Ve lo diciamo fra un momento. Prima però facciamo un passo indietro e torniamo al mattino, quando eravamo tutti a Piazzale Michelangelo, per le operazioni di partenza.

Il sistema dei parcheggi è andato in tilt. Senza una vera gestione, si sono ritrovate auto stampa e mezzi della Polizia in mezzo ai pullman delle squadre. E quando il piazzale si è riempito, i pullman Lidl-Trek, Tudor Pro Cycling, VF Group-Bardiani e Team Polti sono stati messi sulla strada, nella corsia dei bus turistici. Questo ha fatto saltare i nervi ai gestori dei chioschi di souvenir che si sono visti bloccare gli affari per gran parte della mattinata. Pace.

Il via è stato dato con un quarto d’ora di ritardo, perché si aspettava Eugenio Giani, il Governatore della Toscana. Non si sa se perché a Firenze fosse giorno di elezioni comunali o se per motivazioni personali, sta di fatto che Giani non c’era e i corridori hanno atteso sotto la pioggia che arrivasse.

«Sulla partenza – spiega Liliana Di Giacomo della Larcianese – abbiamo cercato di attendere il governatore Giani, in quanto Regione Toscana è stata sponsor principale dell’evento e ci pareva giusto portare il massimo rispetto. Siamo subentrati dopo la rinuncia di un altro organizzatore a meno di 45 giorni dall’evento e vogliamo ringraziare il governatore Eugenio Giani. Senza il suo intervento non sarebbe stato possibile realizzare questi campionati Italiani. L’esclusione dei corridori è avvenuta quando il distacco sfiorava il quarto d’ora e avevano da affrontare ancora una volta la salita. Quindi ci avrebbero messo in difficoltà col traffico e con la sospensione della circolazione ordinata dalla Prefettura di 15 minuti».

I numeri non coincidono. I corridori coinvolti portano i loro dati su Strava per dimostrare che le distanze fossero inferiori e il ritardo ben più leggero. Roberto Damiani, che apriva la strada ai ritardatari con l’ammiraglia della Cofidis, parla di 3’45” dalla testa della corsa al penultimo passaggio sul traguardo. «Oldani è arrivato 18° a meno di 8 minuti e trovando le transenne chiuse ai 200 metri dall’arrivo. E’ falso che avessimo quasi 15 minuti di ritardo».

Quando il Governatore Giani è arrivato, la corsa è potuta finalmente partire (foto Valerio Pagni)
Quando il Governatore Giani è arrivato, la corsa è potuta finalmente partire (foto Valerio Pagni)

Tempi troppo stretti

Ma non è solo questo che non ha funzionato in un campionato italiano che, volendosi concentrare unicamente sulla giornata conclusiva, ha presentato diverse criticità. Per amor del vero, va ribadito che le società intervenute per organizzarlo hanno avuto poco tempo a disposizione.

La Federazione aveva dato mandato alla Lega di organizzare i tricolori e la scelta, dopo un bando, era caduta su Extra Giro, la società del mondiale di Imola 2020 e del tricolore 2021. Ci sono stati i primi contatti a ottobre, poi gli incontri con Regione Toscana a dicembre e gennaio. La società romagnola chiedeva le lettere di affidamento economico – così spiega Marco Selleri – e visto che queste non arrivavano e vantando già crediti nei confronti di altre Amministrazioni, il 20 marzo Extra Giro si è tirata indietro.

La ricerca di chi subentrasse non è stata evidentemente agevole. Finché il Comitato regionale toscano, supportato dalla Regione, ha preso in mano la situazione, creando un pool fra varie società: nel weekend, la Larcianese e la US Aurora. Si sono rimboccati le maniche. Ci hanno provato. Hanno puntellato la situazione, ma questo non è bastato per tenere ogni aspetto sotto controllo.

La UC Larcianese ha fatto del suo meglio, ma forse avrebbe avuto bisogno di altro supporto
La UC Larcianese ha fatto del suo meglio, ma forse avrebbe avuto bisogno di altro supporto

I primi 40 chilometri

Veniamo dunque ai primi 40 chilometri. Già durante il ritorno a casa, abbiamo ricevuto messaggi da corridori di una certa esperienza come De Marchi, Trentin e Oldani. Pare che anche Ganna avesse un diavolo per capello. Damiani ci ha fornito altre conferme. Traffico contromano durante il trasferimento. Incroci scoperti e auto che entravano e attraversavano. Traffico fermato pochi secondi prima del passaggio del gruppo, con veicoli fermi dietro le curve. Chi si è fermato per fare la pipì oppure ha bucato, nel rientrare si è trovato con auto private che si infilavano nella coda delle ammiraglie, anche contromano. Almeno fino al Mugello, i corridori hanno definito la situazione imbarazzante sul piano della sicurezza. Poi nel circuito le cose sono migliorate.

Per fortuna non ci sono stati incidenti. A un certo punto però, all’ennesima auto entrata nel gruppo, i corridori hanno rallentato fino quasi a fermarsi. Qualcuno ha proposto di chiuderla lì, ma sotto la spinta delle squadre più numerose (e anche grazie al senso di responsabilità), il campionato italiano è andato avanti. Persone accanto all’organizzazione hanno parlato di disposizioni modificate al mattino, quando tutto era già stato definito come nella gara delle donne del giorno prima. Sarà vero? E perché farlo?

Mentre Bettiol riceveva il premio dal Governatore Giani, non si aveva la percezione di quanto fosse accaduto
Mentre Bettiol riceveva il premio dal Governatore Giani, non si aveva la percezione di quanto fosse accaduto

Il rischio di Bettiol

All’arrivo non si è avuta percezione di tutto questo. Il buffet, l’accoglienza trionfale per Christian Prudhomme e la musica hanno coperto quanto intanto accadeva in corsa. C’era persino l’arco dell’arrivo messo in curva, sebbene ci fosse lo spazio per metterlo in rettilineo. Nessun problema, visto l’arrivo a ranghi ridottissimi. Se invece fosse arrivato un gruppetto in volata?

Alberto Bettiol ha conquistato la maglia tricolore davanti a 16 sfidanti e nulla di ciò che è accaduto dietro avrebbe potuto incidere sul risultato. Tuttavia il gruppo alle sue spalle era molto più numeroso e i corridori che erano ancora nei tempi consentiti meritavano di concludere la corsa. Allo stesso modo in cui meritavano un’organizzazione all’altezza dell’evento che assegna il simbolo più importante della Federazione ciclistica: la maglia tricolore. Forse oltre ad assegnare l’incarico, si sarebbe potuto valutare meglio le forze in campo ed eventualmente intervenire in loro supporto. Magari il Comitato regionale toscano avrebbe avuto bisogno di supporto. Per fortuna è andata bene.

Probabilmente Bettiol, partito per ultimo da Piazzale Michelangelo, non si è accorto nemmeno che al suo uscire dalla zona transennata, un’auto di servizio si è avviata convinta che fossero già usciti tutti e ha rischiato di centrarlo. Chi c’era ha imprecato in modo violento. E’ proprio vero, quando una giornata nasce sotto la buona stella, non c’è proprio nulla che possa mandarla di traverso.

Una bici al cielo, la piazza esplode per Bettiol tricolore

23.06.2024
7 min
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SESTO FIORENTINO – Quante volte hai pensato ad Alfredo Martini durante la corsa? Bettiol si volta quasi di scatto e tira su col naso. Passa la mano destra nei capelli più di una volta, per qualche prurito dopo tutto il giorno col casco sulla testa e poi guarda fisso.

«Ci ho pensato veramente tanto – dice – prima quando ho fatto la ricognizione, perché praticamente lui abitava qua, dietro la piazza, e conosco molto bene le figlie e i nipoti. Poi quando sono partito sulla salita ed ero solo a cinque dall’arrivo, mi è venuto anche un po’ da piangere. Ho pensato ad Alfredo, ho pensato a Mauro Battaglini e pensavo a quanto sarebbe stato bello che anche loro fossero qua con me oggi, con noi. Insomma, ecco… un pensiero va anche a loro due».

Una settimana difficile

Alberto Bettiol ha appena vinto il campionato italiano, con un’azione da duro sul circuito che aveva provato con la Mastromarco appena era stato ufficializzato. Ha trovato collaborazione in Rota e Zambanini e in tre si sono sobbarcati la fatica della fuga, quando Zoccarato ha deposto le armi. Era il favorito, tutti lo indicavano come tale e nessuno – noi compresi – si era fermato invece a riflettere sulla caduta al Giro di Svizzera che lo aveva costretto al ritiro.

Racconta Gabriele Balducci – suo direttore sportivo da U23, amico e padre ciclistico assieme a Carlo Franceschi – che quando è tornato a casa dal Giro Next Gen, seguito con Shimano, ha trovato un Bettiol da mani nei capelli.

«Ho cercato di non buttare benzina sul fuoco – racconta commosso e senza voce – ma la situazione era veramente brutta. Grazie alla nostra famiglia siamo riusciti a riprendere la situazione. Parlo di famiglia, perché è un gruppo allargato. Ci sono delle persone che ci stanno vicine e ci hanno dato una grossa mano».

Non sappiamo se Bettiol percepisca sino in fondo l’amore di cui è circondato in questa parte di mondo, ma a giudicare dagli sguardi delle persone che lo hanno accolto sul traguardo e spinto idealmente in ogni metro della fuga, si tratta di un fuoco davvero potente. Quando ha attaccato ed è rimasto da solo, un boato ha scosso la piazza del mercato.

Sotto il palco l’abbraccio tra Carlo Franceschi e Gabriele Balducci: il cuore di Mastromarco batte sempre forte
Sotto il palco l’abbraccio tra Carlo Franceschi e Gabriele Balducci: il cuore di Mastromarco batte sempre forte
Eri messo davvero male?

E’ stata dura ragazzi, perché faccio una cosa bene e 10 male. Ho vinto la Milano-Torino, poi sono caduto ad Harelbeke. Stavo andando bene allo Svizzera, poi sono caduto. Però questa settimana è stato bello. La mia squadra, la EF-Easy Post, mi ha supportato dandomi tutto il materiale. Ma è stata soprattutto una settimana vissuta come quando ero dilettante. Con Carlo Franceschi, con Boldrini, con Balducci, con Luca Brucini, il mio massaggiatore toscano. E’ stato bello. Ci siamo uniti e abbiamo cercato di rimediare tutti insieme a questo danno. La mia famiglia mi ha supportato. La mia ragazza mi ha lasciato tranquillo, sapeva benissimo quanto ci tenessi a questa settimana. Forse è questo il mio segreto…

Quale?

La famiglia, la squadra di Mastromarco che non mi abbandona mai. C’era Giuba, c’era anche Tiziano il meccanico a darmi l’acqua sulla salita. C’era Luca giù in pianura e Balducci era sull’ammiraglia della Work Service, che tra l’altro ringrazio perché siamo stati loro ospiti. Ringrazio Bardelli e i quattro ragazzi di oggi. Sono fortunato e questa vittoria la dedico veramente a loro.

La gente di Bettiol? Eccone una bella fetta. E stasera si fa giustamente baldoria
La gente di Bettiol? Eccone una bella fetta. E stasera si fa giustamente baldoria
Che cosa succede adesso?

Sarà un’annata lunga. Devo onorare questa maglia e ce la metterò tutta. Ma ho anche bisogno di festeggiare, perché le vittorie vanno festeggiate. E poi mi voglio concentrare, perché tra una settimana c’è il Tour de France e spero di essere un degno campione italiano.

Eri il favorito, hai avuto sempre l’espressione molto concentrata…

Oggi è stata dura. Sapevo che era una delle corse più difficili da vincere, perché ero solo e avevo davanti squadre da 17 corridori. Non potevo fare altro che rendere la corsa dura. Fortunatamente ci hanno pensato la Lidl-Trek e l’Astana, ma sapevo che a un certo punto dovevo andare. Non avendo nessuno che potesse darmi una mano, dovevo muovermi. Ho rischiato anche un po’ a farlo tanto in anticipo, però oggi sapevo che bisognava rischiare. In generale mi piace rischiare, oggi bisognava farlo un po’ di più.

Dopo aver animato la fuga, Bettiol ha rotto gli indugi sull’ultimo passaggio in salita
Dopo aver animato la fuga, Bettiol ha rotto gli indugi sull’ultimo passaggio in salita
Sembri un altro Alberto: più preciso, concentrato, anche determinato.

Si invecchia, si matura, si impara dagli errori. Più che errori, direi semplicemente che il ciclismo adesso è diventato molto difficile, molto competitivo. Quest’anno, l’ho sempre detto, è una annata particolare. I Giochi Olimpici, i mondiali, i campionati italiani a Firenze, il Tour che parte da Firenze. Ero stato a vedere il percorso un paio di mesi fa, perché sapevo che sarebbe stato molto difficile tornarci, dato che partivo per Sierra Nevada, poi per la Francia e il Giro di Svizzera.

Come è stato correre senza radio?

Avevo Daniele Bennati (sorride, ndr) che dalla moto mi dava qualche consiglio, perché non avendo la radio e nemmeno la lavagna, non sapevo neanche bene i distacchi. E’ stata veramente una bella giornata. Devo ringraziare anche Lorenzo Rota e Zambanini, che sono stati veramente bravi. E’ stato un degno podio, perché alla fine ci hanno creduto come me. Ci siamo detti di rischiare, io non credevo di staccarli tutti. Credevo comunque di giocarmi qualcosa, scollinata la salita. Ho fatto uno sforzo notevole per balzare davanti, perché ero rimasto dietro. E neanche stavo tanto bene…

Per fortuna…

Avevo i battiti un po’ alti. Era una settimana che non correvo, poi ho fatto tre giorni senza bici e ho avuto un’infezione al braccio. Ho dovuto fare gli antibiotici. Insomma non è stato facile, però avevamo un obiettivo. Dico avevamo perché le persone di cui ho parlato prima si sono sacrificate come me, nella stessa misura. Hanno sacrificato le loro famiglie, i loro impegni, il loro lavoro per dedicarli a me. Luca, il mio massaggiatore, stasera doveva andare in ospedale a lavorare e non ci va perché oggi bisogna festeggiare. Anche questo è importante.

Avevi studiato il fatto di sollevare la bici sul traguardo?

No, dico la verità. Mi sono girato all’arrivo, avevo spazio e volevo fare questa cosa perché devo ringraziare anche Cannondale: sono 10 anni che mi dà le bici e me ne ha fatta una speciale, bellissima. Martedì sera festeggeremo la bici con un grande evento a Castelfiorentino e festeggiarla da campione italiano è una bella cosa.

La partenza è stata data da Piazzale Michelangelo a Firenze: qui fra cinque giorni sbarcherà il Tour
La partenza è stata data da Piazzale Michelangelo a Firenze: qui fra cinque giorni sbarcherà il Tour
Sarai alla partenza del Tour da Firenze e per giunta in maglia tricolore…

E’ una cosa che non avrei immaginato neanche in un sogno. Essere l’unico fiorentino alla partenza era già qualcosa di speciale. Ma sfilare con la maglia tricolore non me lo so neanche immaginare. Ho fatto cinque partenze del Tour e sono state una più bella dell’altra. Però ecco ho fatto la ricognizione del trasferimento, ho fatto dei servizi per ASO e ho capito da dove passiamo. E insomma, con tutto il rispetto per le altre città, Firenze sarà Firenze…

E’ il ritratto della felicità. La sua gente lo aspetta. Il fratello, la ragazza, Balducci, Franceschi. Un sacco di gente che non conosciamo. Una famiglia allargata che da anni lo protegge, lo coccola e a volte lo ha giustificato invitando a volergli bene quando le cose non andavano. Per tutti loro stasera sarà il tempo della commozione, della felicità sfrenata e dei brindisi. Fra meno di una settimana saremo nuovamente a Piazzale Michelangelo. E il viaggio tricolore di Alberto Bettiol prenderà ufficialmente il largo.

Hirschi 2022

Rinascita Hirschi. La Per Sempre Alfredo è sua

20.03.2022
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In un fresco pomeriggio di (quasi) primavera risorge Marc Hirschi. Uno dei baby fenomeni del 2020 mette a segno un buon colpo a Sesto Fiorentino, alla Per sempre Alfredo. Lo svizzero del UAE Team Emirates ha vinto con un’azione da manuale.

Scatto secco a poche centinaia di metri dallo scollinamento, qualche secondo nel taschino e via a tutta verso l’arrivo. Il distacco che oscilla tra i 13” e i 5”, ma lui a testa bassa ha tirato dritto e non si è lasciato intimorire.

La Per Sempre Alfredo è alla sua seconda edizione, il tracciato passava “sotto casa” dell’indimenticato cittì azzurro a Sesto Fiorentino
La Per Sempre Alfredo è alla sua seconda edizione, il tracciato passava “sotto casa” dell’indimenticato cittì azzurro a Sesto Fiorentino

Rinascita Hirschi

In effetti mancava un po’ da radar Hirschi. Per lui molti problemi di salute. Questa era la sua prima gara del 2022. Un debutto con vittoria.

«Sì – dice Hirschi con gli occhi lucidi mentre si cambia dopo l’arrivo – per me è un sogno. Una rinascita? Diciamo che questa vittoria mi dà fiducia per le corse che arrivano. E sì penso che sia una rinascita. Adesso tutto sommato sto bene, ho ripreso continuità, i mei problemi alla spalla sono abbastanza superati, mi manca ancora un po’ di flessibilità, ma miglioro».

«Ma soprattuto è stato un sogno vincere così. Ho fatto un bell’attacco. Ho spinto al massimo fino alla fine. Ero un po’ teso, concentrato prima del via perché era passato molto tempo dall’ultima gara».

Come lo scorso anno Moschetti in forza alla Trek-Segafredo, in un certo senso per Hirschi e la sua UAE Emirates affrontare una corsa più piccola come questa era quasi più rischioso, era un po’ come avere l’obbligo di vincere.

«Vero, ma non solo per me – Hirshi era senza dubbio il nome più importante al via – ma per tutto il team, eravamo sotto gli occhi di tutti. Eravamo  la squadra più forte e tutti ci guardavano. Non è stato affatto facile per questo. Ma con i ragazzi e in particolare con Camilo Ardila abbiamo lavorato bene. Fare la differenza non era facile in quanto c’era molto vento in faccia. Lui ha fatto il forcing prima del mio attacco».

Marc Hirschi (classe 1998) pochi secondi dopo la vittoria a Sesto Fiorentino
Marc Hirschi (classe 1998) pochi secondi dopo la vittoria a Sesto Fiorentino

Ardenne in vista

Adesso lo svizzero si preparerà per gli appuntamenti più grandi. Metterà le classiche delle Ardenne nel mirino.

«Farò la Coppi e Bartali, poi il Gp di Larciano, il Gp Indurain e le Ardenne. Tirerò dritto fino al Romandia, dove voglio andare forte. Poi farò una pausa. Farò l’altura e quindi Tour de Suisse e Tour de France. La mia stagione proseguirà così».

Hirschi dunque torna nel ciclismo di altissimo livello. Ricordiamo che ha vinto il mondiale U23 del 2018, nel 2020 si è portato a casa la Freccia Vallone, una tappa al Tour ed ha sfiorato la Liegi.

Un posto tra i grandi

In questi giorni Hirschi ha ammirato le imprese dei suoi compagni tra UAE Tour, Tirreno e tutto sommato anche la Sanremo di ieri, corsa da leader. Ci può stare lui in questo gruppo?

«Spero di essere all’altezza – ha detto – abbiamo una squadra super forte per le Ardenne. Oltre a Tadej ci sono tanti altri ragazzi che sanno il fatto loro e per questo spero di migliorare ancora la mia condizione».

«Allenarsi con tutti loro è un vero stimolo. Siamo un gruppo molto competitivo. Pogacar, Ayuso, Formolo, ma anche Majka e Polanc… in tanti hanno vinto e questo motiva il gruppo. Senza contare che adesso la maglia della UAE Emirates è molto rispettata in gruppo».

Moschetti, la vittoria fra un aereo e il successivo

22.03.2021
6 min
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Matteo Moschetti ha vinto a Sesto Fiorentino la corsa di Amici dedicata ad Alfredo Martini. Quello che pochi sanno è tuttavia che il milanese, che oggi ci risponde dal Belgio dove mercoledì correrà De Panne, la vera corsa ha dovuto farla per aeroporti tutta la settimana precedente. Questo racconto spiega per sommi capi che forma possa avere a volte la vita di un professionista, nonostante il tanto parlare che si fa di preparazione, alimentazione e tutto quello di cui abitualmente si scrive. L’ultimo giorno normale nella settimana di Moschetti è stato infatti il martedì, ultima tappa della Tirreno-Adriatico: il giorno della crono.

«Non avendo mire di risultato – sorride – l’ho corsa con impegno per chiudere bene la settimana, ma con lo spirito dell’ultimo giorno di scuola, quando tutti vogliono andare a casa. Per cui mi sono svegliato, ho fatto una colazione normale, neanche troppo abbondante…».

L’abbraccio con Mosca, che sabato ha aiutato Stuyven a Sanremo e domenica Moschetti in Toscana
L’abbraccio con Mosca, che sabato ha aiutato Stuyven a Sanremo
In cosa consisteva?

Avevamo due orari, quello per la colazione e quello per il pasto prima della crono. Io ho preferito fare un solo pasto 4 ore prima della partenza e ho mangiato cereali, un’omelette e una fetta di pane con la marmellata. Uno sforzo del genere, 15 minuti a tutta quindi violento, andrebbe fatto quasi a digiuno.

Dopo la crono subito a casa?

Ci hanno accompagnato in 5 ore di macchina fino a Malpensa e abbiamo dormito lì. Il giorno dopo avevamo il volo per Bruxelles, con scalo a Monaco e c’erano anche parecchi altri corridori. Per cui sveglia alle 6 e via con la valigia in aeroporto, mentre le bici erano state spedite con un mezzo via terra. Il primo volo è andato liscio, decollava intorno alle 7,30-8, e siamo arrivati a Monaco.

Da come lo racconti, adesso arriva il colpo di scena…

Lo scalo era di 30 minuti, per cui siamo arrivati, hanno preso il bagaglio ma la hostess si è accorta che il nostro tampone, fatto alla Tirreno-Adriatico, era scritto in italiano. Ha detto che ammettevano fra le altre lingue l’inglese, lo spagnolo e il tedesco, ma non l’italiano. Anche se negativo in inglese è negative e si capisce benissimo. Anche un corridore della Uae era nella stessa situazione. Ho chiamato subito il dottor Magni, ma nel tempo che lui sentiva il laboratorio, hanno chiuso il gate e scaricato i bagagli. Parlando con la squadra, abbiamo deciso di dormire a Monaco e di prendere lo stesso volo il giorno dopo.

Sul podio di Per Sempre Alfredo, Moschetti davanti ad Aristi e Zambelli
Sul podio, Moschetti davanti ad Aristi e Zambelli
Insomma, alla fine in Belgio ci siete arrivati?

Il giorno dopo alle 14. Ci hanno portato in hotel, abbiamo fatto 40 minuti di rulli e poi di corsa siamo andati a fare un altro tampone rapido, richiesto prima della corsa. E così si è fatto giovedì sera, il venerdì abbiamo corso.

Con le gambe belle morbide, ovviamente…

Cosa ve lo dico a fare? In più sono partiti subito a tutta con i ventagli, quindi non c’è stato nemmeno il tempo di riscaldarsi e considerato che non facevo un allenamento serio da tre giorni. Comunque siamo andati anche bene, Pedersen è arrivato secondo e la sera ci hanno portato di corsa a Bruxelles. Notte in hotel e la mattina dopo alle 11 del sabato ero di nuovo a Malpensa, dove un massaggiatore mi ha caricato e mi ha portato a Firenze.

Arrivato e subito in bici?

Mi vergogno un po’ a dirlo a questo punto, ma siamo arrivati che mancavano 20 chilometri alla fine della Sanremo e mi sono fermato a vederla. Ha vinto un compagno, Stuyven, per cui abbiamo aspettato il podio. E a quel punto si era fatto tardi, erano le 17. E d’accordo con il mio allenatore e con Paolo Slongo, che era lì come direttore sportivo, si è deciso di fare altri 40 minuti sui rulli per sudare un po’. Inserendo anche una fase bella intensa. E poi finalmente ho fatto i massaggi, che davvero mi mancavano.

E il giorno dopo hai vinto…

Chiaramente mi rendo conto che il campo dei partenti non fosse eccezionale, ma per i ragazzi delle continental quelle sono le poche occasioni per mettersi in luce, ci sono passato anche io. E quando tutti vogliono vincere, vincere non è mai facile. A livello psicologico è stato importantissimo. Qualcuno ha criticato questo andare su e giù, preferivano non corressi domenica, ma era un’occasione e ho voluto coglierla.

Nonostante il lungo stop, le capacità di Moschetti sono intatte (foto Instagram)
Nonostante lo stop, le capacità di Moschetti sono intatte (foto Instagram)
Come stai adesso?

Bene, ovviamente un po’ stanco per via dei viaggi, ma sento di stare meglio che nelle settimane passate e che il lavoro di una corsa come la Tirreno-Adriatico sta dando comunque i suoi frutti. Ero già partito benino. Al Tour de la Provence avevo centrato due top 10 e alla Tirreno ho fatto una grande fatica, anche perché era la prima corsa dall’incidente fatta a quel modo e con corridori di quel livello. Adesso non posso dire di aver recuperato, ma se non altro domani non devo viaggiare e mercoledì si corre, prima di tornare ancora una volta a casa.

Ma allora tanto parlare di preparazione e alimentazione in certi casi va a farsi benedire?

Bisogna sapersi arrangiare. Sugli aerei chiaramente non si mangia, perché sono voli corti e a meno che tu non sia un vip, là dietro non ti danno neanche più la bottiglietta d’acqua. Non è facile gestirsi. Si va avanti con insalate e panini e soprattutto nei giorni prima della corsa devi saper fare con quello che trovi e che possa in qualche modo essere funzionale alle tue necessità.

Moschetti in allenamento, preparando la prima vittoria (foto Instagram)
Moschetti in allenamento, preparando la prima vittoria (foto Instagram)
Ad esempio, la sera dopo la corsa in Belgio?

Ero in hotel all’aeroporto di Bruxelles, con il ristorante chiuso e il room service non era troppo adatto a uno sportivo. In quei casi mangi ciò che capita oppure vai a letto digiuno.

E dopo la vittoria di Firenze, di nuovo hotel a Malpensa?

No, questa volta sono andato a casa dei miei, così ho potuto salutarli e poi l’indomani sono partito.

Prossime corse?

Torno in Italia dopo De Panne e poi torno su per fare Scheldeprijs, che si corre tra il Fiandre e la Roubaix, se la Roubaix davvero si farà. Mi sento finalmente bene, anche se sono lontano dal mio top.

Hai più sentito Fabrizio Borra, con cui hai fatto la rieducazione?

Ci siamo sentiti a inizio stagione per fare il punto e l’altra sera dopo la vittoria gli ho mandato la foto dell’arrivo, perché ci tenevo. L’anno scorso di questi tempi ero nel suo studio per ricostruirmi e abbiamo vissuto insieme l’inizio del lockdown. Dopo la vittoria il mio pensiero è andato a lui, ai medici e a tutti quelli che mi sono stati accanto in questo periodo. E speriamo d’ora in avanti, toccando ferro, di fare interviste solo per raccontare belle vittorie e non più rieducazioni o cadute.