Nimbl, una storia italiana ai piedi della Jumbo-Visma

07.01.2023
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Ricordate quando qualche tempo fa eravamo andati al Service Course della Jumbo-Visma? In quel regno del massimo ciclismo in mezzo a campioni, test, reparti di meccanica… siamo stati testimoni di un appuntamento davvero all’avanguardia e segretissimo: la consegna delle scarpe Nimbl.

Il team olandese e l’azienda italiana ci hanno aperto le porte per questa esperienza che ci regala un esempio concreto di quei marginal gains di cui tanto parliamo.

Un accordo incredibile

Un po’ come per la scelta dei nuovi gruppi, è stata la corazzata giallonera a contattare Nimbl. In test privati, dopo aver acquistato in incognito alcune paia di scarpe di varie marche, gli olandesi avevano visto che quelle italiane rispondevano ai loro canoni di performance. Da lì è germinato l’accordo, tra Jumbo-Visma e Nimbl.

«In effetti – racconta Francesco Sergio di Nimbl – i Jumbo ci hanno espresso il loro desiderio di correre con le nostre scarpe, ma visto che siamo un’azienda artigianale, la cosa all’inizio poteva “spaventarci”. Tra continental, WorldTour e squadra femminile qui ci sono 60 corridori, avremmo avuto difficoltà nella capacità di rispondere alle loro esigenze. E parlo proprio di produzione.

«Quando ci siamo trovati, avevo con me le scarpe e i loro tecnici mi hanno detto che le conoscevano. In qualche modo già le avevano provate ed erano rimasti soddisfatti. C’era solo un piccolo miglioramento da fare riguardo al sistema di posizionamento delle tacchette, ma solo perché loro avevano preso un modello prodotto fino a maggio.

«A quell’epoca ancora non avevamo un macchinario specifico e le faceva Luigino (Verducci, ndr) a mano. Ma in quanto a peso, rigidità e aerodinamica, erano soddisfatti dei nostri modelli».

Luigino Verducci e Francesco Sergio hanno unito le loro esperienze per il progetto Nimbl e la sfida Jumbo-Visma
Luigino Verducci e Francesco Sergio hanno unito le loro esperienze per il progetto Nimbl e la sfida Jumbo-Visma

Sfida accettata

Pensate, una piccola realtà con base nelle Marche che opera sì nella sfera dell’altissima qualità, ma anche dei piccoli numeri, che si ritrova sul piatto una collaborazione con il team che ha appena vinto la classifica UCI e il Tour. Non solo, la vita di Nimbl è recentissima: due anni e mezzo. Alla base c’è la grandissima esperienza di Luigino Verducci e dello stesso Francesco Sergio nel mondo delle scarpe e dei materiali. Sin qui le collaborazioni con i professionisti erano state con i singoli corridori e non con i team. 

«A quel punto ci siamo guardati in faccia. E ci siamo dettI: “Abbiamo la possibilità di collaborare con il più grande team del momento. Buttiamoci!”. E abbiamo accettato la sfida».

Parte quindi questa collaborazione e nei mesi intermedi tra le due stagioni, in attesa della fine del contratto col brand precedente, Nimbl realizza per i ragazzi della Jumbo-Visma un modello camouflage. Perché qui ogni cosa va provata e riprovata al millimetro. Sono le richieste del settore performance dei materiali, i quali volevano che i corridori appunto provassero le scarpe, anche per guadagnare tempo.

Col nuovo anno la collaborazione italo-olandese ha visto la luce (foto Instagram)
Col nuovo anno la collaborazione italo-olandese ha visto la luce (foto Instagram)

Iniziano i lavori

Guadagnare tempo per metterle a punto. I feedback dei ragazzi infatti sono utilissimi. Quelle scarpe camouflage erano modelli standard e sono serviti come base di partenza per la personalizzazione, fiore all’occhiello di Nimbl e una delle peculiarità che ricercava la Jumbo-Visma.

«Una volta fatto l’accordo, abbiamo ricevuto le taglie dal team – va avanti Sergio – e abbiamo inviato le scarpe ad ogni atleta. Come potete vedere, a turno vengono qui e ci dicono cosa va bene, cosa bisogna cambiare, i dettagli da affinare.

«Essendo la produzione nostra, per noi è facile intervenire sulla tomaia, ma anche sul layup del carbonio. Non si tratta d’intervenire solo sulla forma, ma anche sulla rigidità. C’è infatti chi vuole la scarpa più rigida avanti e meno rigida dietro e chi il contrario. Per la realizzazione di una scarpa, c’è bisogno di circa 7 giorni, mentre per i piccoli cambiamenti servono mediamente 3-4 ore per corridore. Per alcuni abbiamo dovuto rifare la suola ex novo.

«Abbiamo sviluppato un’App con la quale annotiamo misure e richieste di intervento. Per esempio se c’è un corridore che ha un osso sporgente, cerchiamo di aumentare la parte esterna dove c’è il punto di pressione. O ancora, c’era un corridore che aveva una taglia 47 in quanto a lunghezza, ma una 44 quanto a larghezza. In questo caso abbiamo rifatto la suola nuova direttamente».

Il calco

E mentre Sergio ci spiegava questo progetto, Verducci eseguiva il calco sugli atleti. Seduti su una sedia, a sua volta posta su un tavolo, l’artigiano marchigiano eseguiva un calco in gesso che riprendeva la forma esatta del piede fino alla caviglia.

Una volta ottenuto il calco, Verducci con un frullino apriva “la scultura” e sfilava il piede. In fase di realizzazione vengono presi in considerazione il calco, chiaramente, ma anche i feedback del corridore.

I feedback dei corridori sono importantissimi. Qui le prime indicazioni dopo aver provato il modello camouflage (prima del calco)
I feedback dei corridori sono importantissimi. Qui le prime indicazioni dopo aver provato il modello camouflage (prima del calco)

Dettagli e progetti

Per il momento Nimbl ha messo a disposizione il modello Ultimate (con il Boa), Air Ultimate (con i lacci) ed Exceed.

«Perché i lacci? Non ci crederete ma le scarpe risultano essere più aerodinamiche. E non di poco, secondo alcuni test in pista sono emersi vantaggi fino a 4 watt».

Come dicevamo Nimbl ormai è presa totalmente in questo progetto. Dopo l’accordo c’è stato un grande riassetto aziendale, grazie al quale si prevede di raddoppiare la produzione, migliorare ulteriormente il sistema per il serraggio delle tacchette e lanciare nuovi modelli. In arrivo infatti ci sono un modello full carbon, uno special edition per il Tour e anche uno gravel.

Le indicazioni dei corridori sono annotate su un’App
Le indicazioni dei corridori sono annotate su un’App

Feedback preziosi

La cosa bella è che i corridori sono rimasti piacevolmente colpiti da questo nuovo modo di lavorare, questa personalizzazione così certosina. Uno di questi è stato Primoz Roglic, che ha tempestato di domande per oltre mezz’ora i tecnici di Nimbl (foto di apertura). Il lavoro a stretto confronto fa alzare l’asticella da entrambe le parti.

Un esempio di alcune domande? Si dice che il carbonio non aiuti molto a refrigerare il piede e vedendo così tanto carbonio gli stessi corridori hanno posto la questione a Sergio e colleghi.

«E’ una domanda che ci hanno fatto in parecchi – ha detto Sergio – noi abbiamo risposto che tra coloro che l’hanno utilizzata nei 40°C del Tour de France nessuno si era lamentato. Era ben più calda la suola in plastica di qualche tempo fa. Se ricordate c’erano corridori come Cipollini che con il trapano andavano a forare le suole. In ogni caso è un aspetto che abbiamo preso in considerazione e che non trascureremo».

Foss, vichingo dal carattere latino che ama l’Italia

02.12.2022
5 min
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Capello biondo, guance da vichingo e una chiacchiera infinita. Tobias Foss parla con tutti. Si aggira nel Service Course della sua Jumbo-Visma e trova sempre il modo di attaccare bottone. E’ simpatico, solare, disponibile e soprattutto è forte. Il sorriso non gli manca neanche mentre sta provando le nuove scarpe dopo gara.

Foss è il campione del mondo a cronometro, ma non va forte solo contro il tempo. Per molti è già considerato l’erede di Roglic e di Vingegaard. La sua vittoria contro il tempo a Wollongong ha stupito un po’ tutti, non ultimo se stesso.

Tobias iridato a Wollongong. Foss è di Vingrom (a meno di 10 chilometri da Lillehammer) è alto 1,84 e pesa 74 chili
Tobias iridato a Wollongong. Foss è di Vingrom (a meno di 10 chilometri da Lillehammer) è alto 1,84 e pesa 74 chili

E’ tutto vero

«Vero – racconta Foss – no, no… non me l’aspettavo per niente quella vittoria. In cuor mio miravo ad arrivare nei primi cinque. La vittoria non era mai stata nella mia immaginazione, quindi è stato davvero incredibile. E a volte ancora devo realizzare il tutto.

«Dopo questa importantissima vittoria, un po’ la mia vita è cambiata. Adesso ci sono così tante persone che vogliono un po’ di più di me ed è semplicemente… carino. Ma a parte questo il mio quotidiano non è cambiato molto». 

Tobias dovrà pure realizzare, ma intanto nel suo spazio tecnico, nell’immenso magazzino dei meccanici spunta il segno dell’iride sulle sue bici da crono. In particolare l’occhio ci va su una forcella profilata tutta bianca con l’arcobaleno.

Il norvegese è campione del mondo a crono. Sul suo “carrello tecnico” ecco una forcella aero con i colori dell’iride
Il norvegese è campione del mondo a crono. Sul suo “carrello tecnico” ecco una forcella aero con i colori dell’iride

Pianeta crono 

In Jumbo-Visma però non si siedono sugli allori. Si godono il momento positivo, i tanti e importanti successi ma vanno avanti. 

«Penso che in squadra – prosegue Foss – abbiamo trovato una bella chiave di lettura nello sviluppo dei materiali e delle preparazioni. Quindi continuiamo a lavorare in questo modo. Di certo da parte mia, avendo questa maglia sulle spalle, passerò più tempo sulla bici da crono.

«Non ne sono ancora sicuro, ma dovrebbero fare il manichino per la galleria del vento anche per me. Sarà interessante vedere come testeranno i materiali e vedere come potrà essere migliorata la mia posizione in bici».

Foss entra di diritto tra i giganti della crono. La specialità contro il tempo sta vivendo un’era quantomai ricca di grandi interpreti. Kung, Bissegger, Evenepoel, Ganna, Dennis, Van Aert

«Sono tutti molto forti. Se dovessi scegliere una qualità da ognuno di loro? Direi – ci pensa un po’ – la posizione di Bissegger. Da quel che vedo penso sia molto veloce. E poi credo la potenza di Ganna… ma anche di Affini. Loro ne “buttano fuori” tanta di potenza.

«Io credo di essere nel mezzo. Ho un buon mix tra posizione e potenza. Ho un buon motore».

Foss in azione in Australia, la posizione è buona ma si può migliorare. Pronto anche per lui il manichino per la galleria del vento?
Foss in azione in Australia, la posizione è buona ma si può migliorare. Pronto anche per lui il manichino per la galleria del vento?

Norvegia e sport

Se c’è una cosa che non manca a questo ragazzo è il suo entusiasmo. Il sorriso va da orecchio ad orecchio. E davvero ci sembra colpito del suo successo iridato. Colpito, ma anche determinato a dargli un seguito. Tobias Foss non vuole assolutamente essere una meteora.

La cosa che ci si chiede è che la Norvegia continua a sfornare talenti. Foss ha vinto l’Avenir nel 2019. La scorsa estate è stata la volta del suo connazionale Tobias Johannessen. E non vanno dimenticati i vari Kristoff, Eiking, Boasson Hagen e prima ancora Thor Hushovd campione mondiale su strada e anche a crono tra gli U23. Per la serie: “in Norvegia curiamo tutto”. E quei pochi che ci sono sono tutti validi.

«E’ vero è così, ma sinceramente non so spiegarmelo. Quello che posso dire è che in Norvegia in generale lo sport è una cosa importante. Molte persone praticano sport e poi penso anche che abbiamo la mentalità che: se vuoi farlo, devi farlo al 100%».

Giro, che passione

Dicevamo dell’eredita di Roglic e Vingegaard. Foss può fare bene nei grandi Giri. Questo atleta, ricordiamo, ha vinto il Tour de l’Avenir nel 2019 e ha già preso parte tre volte al Giro d’Italia, arrivando nono nel 2021.

E’ dunque pronto a tornare in Italia? E a farlo con determinate velleità di classifica visto che ci sono ben tre cronometro individuali?

«E’ possibile che io sia al Giro – ammette Foss – ma è tutto da vedere. Lo vedremo nei prossimo giorni al ritiro in Spagna. Non so quale grande Giro farò e per me ognuno dei tre andrà benissimo. In Italia ci sono stato già tre volte e il mio amore per il Giro è grande. C’è una bellissima atmosfera, un grande pubblico e quindi mi piacerebbe davvero tornarci, tanto più con il percorso di quest’anno».

Laporte? Doveva fare il gregario, è diventato un leader

01.12.2022
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Christophe Laporte è uno di quei corridori che a raggiungere il suo apice ci ha messo un po’ di più. A 29 anni è in qualche modo esploso e chissà non possa crescere ancora. Non è finito nel dimenticatoio, né è stato relegato a fare il gregario vita natural durante. Non che ci sia nulla di male, anzi. Ma un conto è esserlo perché si è davvero dei fenomeni in quel ruolo, vedi per esempio Salvatore Puccio, e un conto è perché non si è stati in grado di essere campioni.

Laporte è passato dalla Cofidis alla Jumbo-Visma. Era stato nel team francese per ben otto stagioni. Poi lo scorso inverno l’approdo alla corazzata olandese. Doveva essere il passistone che veniva ad aiutare Van Aert e invece si è mostrato un super corridore già nei primi ritiri. Un corridore in grado sia di vincere che di aiutare. E di essere presente con costanza nelle corse più importanti.

Quando ormai era sera, lo abbiamo “pizzicato” nel Service Course della Jumbo-Visma, mentre correva a ritirare i materiali nuovi o a fare le foto per questo o quello sponsor. Altissimo, magro, gentile… 

Laporte (classe 1992) ci ha messo poco ad ambientarsi nella nuova squadra. I compagni riconoscono il suo valore
Laporte (classe 1992) ci ha messo poco ad ambientarsi nella nuova squadra. I compagni riconoscono il suo valore
Christophe, una buona stagione per te: cinque vittorie e sempre nel vivo delle azioni più importanti della squadra. Cosa ne pensi?

E’ stata una gran bella stagione. Ho vinto solo una classica (la Binche-Chimay-Binche, ndr) ma ci sono andato molto vicino in altre. Spero di conquistarle negli anni prossimi.

Heijboer, il capo della performance, ha detto che sei un corridore completo e anche un uomo squadra…

E questo fa piacere. Ho sentito subito la fiducia della squadra. Quando sono arrivato ho trovato subito una gran bella atmosfera. Mi sono inserito presto, altrettanto rapidamente mi hanno dato l’opportunità di vincere e ci sono riuscito. Ho combinato bene le opportunità personali, con quelle di aiuto ai compagni. Speriamo di continuare così.

Hai notato delle differenze fra la mentalità francese e quella di una squadra olandese? Qui vediamo una grande organizzazione in tutto…

Non è facile fare un paragone tra le mie esperienze passate e la Jumbo-Visma. Sono due squadre parecchio differenti, ma di sicuro qui ho trovato un team super professionale, che non lascia nulla al caso. Una squadra perfezionista in tutti i settori e in tutti i dettagli. E tutto ciò funziona a quanto pare.

Da quando sei arrivato in Jumbo-Visma, hai cambiato qualcosa sul piano dell’alimentazione e della preparazione?

Il più grande cambiamento è stato di sicuro quello dell’allenamento e sì, poi anche sull’alimentazione ho rivisto qualcosa. Questa è stata differente sia in corsa che in fase di preparazione.

Van Aert e Laporte: arrivo in parata sul traguardo di Harelbeke. Il francese fu secondo. Tra i due è nato un rapporto di grande amicizia
Van Aert 1° e Laporte 2°: arrivo in parata ad Harelbeke. I due sono diventati grandi amici
In cosa l’approccio alla preparazione è stato differente?

Nella parte iniziale soprattutto. Non facciamo più tanti chilometri, ma parecchia intensità già nelle prime fasi. E poi è cambiato molto il discorso degli stage. Ne facciamo molti. E quando li facciamo ci si allena parecchio. In tre settimane di training camp ci si allena di più che a casa da soli. Si fanno più chilometri e più lavori differenti. Quindi quando sei a casa poi non fai così tanto. E se non sei a casa, sei alle corse.

Sei cresciuto molto dicevamo, Christophe, hai dimostrato di essere un corridore di sostanza: quali sono i tuoi obiettivi per la prossima e per le prossime stagioni?

Il mio primo obiettivo è quello di conquistare una classica. Ho fatto due volte secondo l’anno passato (ad Harelbeke e alla Gand-Wevelgem, ndr) e vorrei finalmente vincere. E poi voglio ancora aiutare la squadra a raggiungere i suoi obiettivi. Non li abbiamo ancora raggiunti tutti. Noi vogliamo vincere.

Essere leader chiaramente fa piacere, ma vorresti esserlo sempre oppure ti fa piacere anche aiutare i compagni, visto che ne parli spesso?

Sono due cose che amo fare. Ho bisogno di essere il leader in alcune corse e avere la possibilità di vincere. Ma amo anche correre per i compagni, soprattutto in quelle corse che sono aperte. Perché è vero che abbiamo un leader, che è Wout (Van Aert, ndr), ma in certe gare possono esserci delle opportunità per ciascuno di noi. 

Hai nominato Van Aert: lui è un grandissimo corridore, ma è anche un buon maestro?

Penso che tutti possano apprendere da lui. E’ un “perfezionista professionale”, un pro’ al 100 per cento. Che sia forte fisicamente tutti lo sanno, ma io credo che sua vera forza sia mentale. Sa cosa deve fare, cosa serve e quando serve… 

Tour de France 2022, la vittoria di Chistophe a Cahors
Tour de France 2022, la vittoria di Chistophe a Cahors
Hai lavorato non solo per Van Aert, ma anche per Vingegaard e per Roglic: ci sono differenze tra i due? 

La più grande differenza fra i due è di carattere… credo. Primoz è più calmo e posato, vale a dire che si lascia più guidare e lascia fare più ai suoi compagni. Jonas invece è un po’ più “nervoso”, ma non con noi… forse perché è più giovane.

Christophe, un’ultima domanda. Tu, francese, hai vito una tappa al Tour dopo molto tempo: cosa c’era nella tua testa, nelle tue gambe, nel tuo cuore in quei momenti?

Eh, c’erano tante cose. La prima cosa era vincere il Tour con Jonas e quindi pensavo che tutto fosse sotto controllo sin lì. Dovevamo portarlo davanti nel finale. Poi quando questo aspetto era sistemato sapevo che avevo la possibilità di giocarmi le mie carte. Et voilà, ero davvero motivato quel giorno. Sapevo che poteva essere la mia ciliegina sulla torta dopo il Tour che aveva fatto la squadra. Non c’era miglior modo per festeggiare questo successo.

E’ vero che il giorno della tua vittoria è stato Van Aert a dire: «Oggi si lavora per Laporte»?

Sì, sì… sarebbe stato un arrivo adatto anche a Wout, ma il giorno dopo c’era la crono e lui voleva un po’ risparmiarsi. Ai -3 chilometri mi ha detto: «A Jonas ci penso io. Il lavoro di squadra per Jonas è fatto». E quindi potevo andare. Potevo stare tranquillo. E quando Wout ti dice così, questo di dà fiducia, ti dà morale. Quando si ha un’opportunità del genere è bene sfruttarla.