Sidi Sport continua a… pedalare al fianco di Filippo Pozzato e della sua PP Sport Events. La realtà trevigiana, storica produttrice di scarpe per ciclisti e motociclisti, ha difatti recentemente confermato la propria fiducia ed il proprio sostegno alla società dell’ex professionista vicentino e agli eventi di Ride the Dreamland.
Presenti sin dalla prima ora, Sidi è stata una delle aziende che ha creduto da subito nel progetto PP Sport Events di Filippo Pozzato. Confermato adesso dalla nuova proprietà Sidi Sport (Italmobiliare), il brand di Maser sarà già da quest’anno e nuovamente al fianco degli eventi di Ride the Dreamland: il Giro del Veneto (11 ottobre), la Serenissima Gravel (13 ottobre), la Social Ride VENEtoGO (14 ottobre) e la Veneto Classic (15 ottobre). Nel 2020, quando Pozzato si è proposto in prima persona nel campo dell’organizzazione di eventi di ciclismo, con il riuscito Campionato Italiano disputatosi tra Bassano del Grappa e Cittadella, Sidi ha appoggiato immediatamente l’iniziativa. Un impegno che ha poi mantenuto nel 2021, quando Ride the Dreamland ha fatto il proprio ingresso, per la prima volta, nel contesto del calendario professionistico.
Questi sono gli eventi organizzati da Filippo Pozzato e dalla sua PP Sport EventsQuesti sono gli eventi organizzati da Filippo Pozzato e dalla sua PP Sport Events
Un progetto vincente
«Filippo è un amico di Sidi, da sempre – ha dichiarato Davide Rossetti, il CEO di Sidi – e siamo davvero felicissimi di continuare a partecipare al suo progetto, ovvero quello di portare il ciclismo di alto livello vicino alle persone: un’idea che sento di dire condividiamo assieme. Nei giorni di evento, Sidi sarà presente al villaggio sponsor mostrando i propri prodotti, a disposizione di chiunque vorrà conoscere meglio un’eccellenza del settore ciclistico e non solo».
I ragazzi della Eolo-Kometa corrono con Sidi, questa la recente vittoria di Bais a Campo Imperatore al Giro d’Italia I ragazzi della Eolo-Kometa corrono con Sidi, questa la recente vittoria di Bais a Campo Imperatore al Giro d’Italia
«Per manifestazioni giovani ma ambiziose come Ride the Dreamland – ha ribattuto Pozzato – è un onore poter essere affiancati da un marchio conosciuto in tutto il mondo. Questo perché conferisce prestigio al nostro progetto e allo stesso tempo conferma quanto di buono abbiamo fatto fino a questo momento. Quando un partner crede in ciò che fai, vuol dire che sei sulla strada giusta! Con Sidi c’è una sintonia che dura ormai da anni, e sono contento che, con l‘arrivo del nuovo team dirigenziale in azienda, a seguito dell’acquisizione da parte di Italmobiliare, questa sintonia si rafforzi ancora di più».
La torta con le candeline e a letto presto. La sveglia stamattina ha suonato nuovamente di buon’ora. Il 25esimo compleanno di Caroalberto Giordani è trascorso così, in famiglia (nella foto di apertura, all’ultima corsa con padre, madre, fratello e compagna), fra un turno e l’altro in fabbrica. Il veronese di Isola della Scala ha corso la Serenissima Gravel di venerdì 14 ottobre e il lunedì mattina ha iniziato a lavorare in un’azienda vicino casa. Voleva andare alle Olimpiadi e magari prima entrare in un gruppo sportivo militare, ma di colpo il telefono ha smesso di squillare. Le convocazioni sono finite. E così a luglio ha fatto il colloquio in fabbrica. Ora ha la voce sicura, come quando te ne sei fatto una ragione. Ma se in tanti anni abbiamo imparato a conoscere i corridori, la ferita non ha ancora smesso di pulsare.
«Da quando ho visto Viviani vincere a Rio – racconta – il mio sogno è diventato vincere, ma soprattutto andare alle Olimpiadi. Avevo l’obiettivo di entrare in un corpo di Polizia, ma non ho più ricevuto convocazioni. Avevo deciso di investire sulla pista, vista la vittoria in Coppa delle Nazioni e il secondo posto con il quartetto a Milton, in Canada. Ero molto soddisfatto. Poi ho corso i Giochi del Mediterraneo su strada, ma alla fine si è spento tutto e non so neanche io il motivo. Forse sarà arrivato qualche giovane che ha preso il mio posto, non lo so e non voglio fare polemica. Solo che durante l’estate ho maturato questa decisione e alla fine… l’ho presa».
Ieri Carloalberto Giordani ha compiuto 25 anni: tanti auguri da bici.PRO!Ieri Carloalberto Giordani ha compiuto 25 anni: tanti auguri da bici.PRO!
Uno stile di vita
Questa è la storia di uno di quegli azzurri che per anni ha girato sulle piste del mondo a caccia di punti per qualificare l’Italia ai mondiali. Serve sempre qualcuno che faccia il lavoro… sporco, ma di solito una pacca sulla spalla è il minimo che merita. Altrimenti la motivazione sparisce, il tempo si porta via gli anni migliori e ti ritrovi di colpo a 25 anni con la sensazione di non aver tirato insieme nulla. Si può smettere come Nibali perché hai raggiunto i tuoi sogni, oppure come in questo caso perché li hai visti crollare. Forse però quel che scoccia è il silenzio, che a un certo punto sembra mancanza di considerazione.
«Nessuno mi ha chiamato per chiedermi di ripensarci – ammette – perché negli ultimi mesi il distacco è stato totale. Li ho sentiti oggi (ieri, ndr) per gli auguri di compleanno. Il rammarico c’è. Non era questo quello a cui miravo, ma sono comunque consapevole di aver dato in ogni corsa non il 100, ma il 110 per cento. Perché comunque non erano solo le corse, ma un vero stile di vita che posso dire di aver sempre seguito diligentemente. Il ciclismo mi mancherà. La competizione e l’adrenalina di voler dimostrare agli altri che non sei da meno. Sono appassionato di sport a 360 gradi e posso dire che è stato una grande scuola di vita. Anche adesso sul lavoro sento già di sapermi muovere».
Montichiari è stata a lungo la sua casa, poi il rapporto con l’azzurro si è interrottoNella Coppa delle Nazioni di Milton in Canada, a metà maggio, Giordani nel quartetto d’argentoMontichiari è stata a lungo la sua casa, poi il rapporto con l’azzurro si è interrottoNella Coppa delle Nazioni di Milton in Canada, a metà maggio, Giordani nel quartetto d’argento
Dal calcio alla bici
Sulla bici c’è salito presto, anche se all’inizio ha giocato a calcio. A 8 anni ha fatto provini col Chievo e con l’Hellas Verona, anche se a prenderlo alla fine fu il Mantova. Il ciclismo c’era già da prima, ma è arrivato con più convinzione per imitare suo fratello che già correva.
«Fu amore a prima vista – sorride – ma non volevo lasciare il calcio, tanto che il primo anno li facevo entrambi. Poi i miei mi dissero che avrei dovuto scegliere e io scelsi la bici, perché dava l’emozione della vittoria che dal calcio non arrivava. All’inizio era un divertimento, con tutti gli amici del veronese, poi da dilettante le cose sono cominciate a farsi più serie.
«In un primo momento guardavo più alla strada e ho sbagliato con l’alimentazione. Volevo essere magro e non avevo più forze. E infatti poi ho capito che funzionava al contrario e ho fatto i risultati migliori. I velocisti di adesso sono più muscolosi di una volta, ma ci sono ancora in giro direttori sportivi che ti martellano con il tema del peso ed è facile cadere nel tranello».
La Serenisima Gravel 2022 è stata la sua ultima corsa, fatta in maglia Biesse CarreraNel 2019 correva nella Arvedi e nel suo gruppo pista: qui alla Coppi e BartaliLa Serenisima Gravel 2022 è stata la sua ultima corsa, fatta in maglia Biesse CarreraNel 2019 correva nella Arvedi e nel suo gruppo pista: qui alla Coppi e Bartali
Otto ore al giorno
La torta con le candeline e a letto presto. La sveglia stamattina ha suonato nuovamente di buon’ora. L’azienda in cui lavora si chiama Sierra e produce scambiatori a pacco alettato per l’impiego in applicazioni civili e industriali.
«Attacco ogni giorno alle 7,30 – racconta Giordani – finisco alle 16,30, con la pausa di un’ora per il pranzo. Ho qualche altro progetto per la testa, ma non mi andava di scendere dalla bici e stare senza far nulla. Continuerò a fare sport. Oggi ho corso con Kimberly, la mia ragazza e mi ha tirato il collo. Non ho la bici, anche se alla Serenissima Gravel mi sono divertito e mi è venuta voglia di comprarla. Corro, vado in palestra, gioco a basket con gli amici. E vorrei tanto salutare e ringraziare le persone che mi sono state vicino. La mia famiglia in primis che mi ha sempre sostenuto. Mia mamma si chiama Stefania, mio papà Stefano. Mia sorella Matilde e mio fratello Lorenzo, con cui ho condiviso questa passione. E anche gli amici e tutti quelli che in modo diverso mi sono stati vicino, mentre correvo e in quest’ultimo periodo».
L’esordio del mondiale gravel è alle spalle. l’Italia è stata protagonista della consacrazione iridata di una disciplina nuova che sta attirando sempre di più l’interesse del movimento ciclistico in generale. Filippo Pozzato ha timonato l’organizzazione della sua PP Sport Events sapientemente portando a casa una prima edizione esemplare, ricca di nomi importanti e senza lacune di alcun tipo dal punto di vista del percorso e della sicurezza.
I mondiali donne e uomini si sono corsi in un territorio che rappresenta un polmone del ciclismo in Italia e non solo. Per il Veneto le due ruote a pedali sono una cosa seria e questa due giorni di corse su sterrato ne è stata la dimostrazione. Il pubblico ha risposto numeroso. L’aria dell’autunno ha dipinto le rive dei canali vicentini per poi addentrarsi accarezzando Padova ed infine con l’arrivo degno di un quadro rinascimentale dentro le mura di Cittadella. Pippo è provato, ma sorridente, il clima è disteso e i calici di prosecco dello staff e dei collaboratori si alzano in un sentimento di soddisfazione e orgoglio per quanto fatto. E’ ora di festeggiare.
Pozzato ha guidato l’organizzazione con l’esperienza della Serenissima Gravel alle spalleQui la nazionale italiana in compagnia del presidente Cordiano Dagnoni prima della partenzaPozzato ha guidato l’organizzazione con l’esperienza della Serenissima Gravel alle spalleQui la nazionale italiana in compagnia del presidente Cordiano Dagnoni prima della partenza
Podi degni dell’iride
Spesso per determinare la valenza di una corsa ci si affida alla lista partenti e all’ordine d’arrivo. Nei mesi che precedevano questa rassegna iridata i dubbi e gli interrogativi non sono mancati. Una disciplina nuova partita da una vena turistica rivolta al viaggio e all’esplorazione che da qualche tempo si sta iniziando a vestire di agonismo. I pro’ hanno spazzato via ogni dubbio rispondendo “presente” a questo mondiale.
La starting list vedeva nomi come Sagan, Van der Poel, Van Avermaet, Lutsenko, Stybar, Lopez. E poi la nazionale italiana con il tricolore Zana, Oss, De Marchi, Ballerini, per citarne alcuni. Così come per le donne con Pauline Ferrand Prevot, la fuoriclasse pluriridata nella Mtb cross country, short track e marathon. Le azzurre Bertizzolo, Sanguineti, Guarischi, e le specialiste del cross country Teocchi e Lechner.
«Abbiamo avuto – dice Pozzato – un ottimo campione del mondo come Vermeersch che ha disputato una gara bellissima. Secondo Daniel Oss che è un nome importante per il panorama italiano e non solo. Terzo Van der Poel, quarto Van Avermaet, nomi che danno un segnale chiaro e forte che ci sono corridori importanti che credono in questo e l’hanno dimostrato perché hanno interpretato la corsa dando anche spettacolo, non sono venuti qua per partire e basta. Stesso discorso per le donne con la campionessa Pauline Ferrand Prevot davanti alla Frei e alla nostra Teocchi terza».
Partenza maxi con un’organizzazione che ha funzionato alla perfezioneTra gli ospiti incuriositi c’era anche Tadej Pogacar: si è cercato a lungo di farlo partirePartenza maxi con un’organizzazione che ha funzionato alla perfezioneTra gli ospiti incuriositi c’era anche Tadej Pogacar: si è cercato a lungo di farlo partire
Anno zero
Oltre 500 corridori provenienti da 39 nazioni. Un campionato del mondo che ha saputo partire dal suo anno zero con un parterre di tutto rispetto muovendo una mole importante di atleti e addetti ai lavori. Proprio così perché oltre alle categorie elite di donne e uomini anche le categorie amatoriali hanno percorso le stesse strade ghiaiate.
«Penso – racconta Pozzato – che abbiamo scritto una pagina di storia del ciclismo. Non noi, non io, ma tutti quanti insieme. Intendo addetti ai lavori, giornalisti, l’UCI, noi che abbiamo organizzato e non per ultimi i corridori che hanno partecipato. Sicuramente è un punto di partenza importante, secondo me storico, che darà il via con le prossime edizioni ad un movimento importante e del tutto nuovo con dinamiche proprie. Già al primo anno aver portato a termine una corsa con questi risultati è un qualcosa che dà un segno».
I terreni affrontati si differenziano per finezza e tipologia di sterrato e ghiaiaLa sicurezza è stato uno degli aspetti su cui Pozzato ha voluto investire più risorseI terreni affrontati si differenziano per finezza e tipologia di sterrato e ghiaiaLa sicurezza è stato uno degli aspetti su cui Pozzato ha voluto investire più risorse
Obiettivo raggiunto
Il gravel è una disciplina nuova che, come detto, si sta approcciando ad un movimento sempre più rivolto alle gare agonistiche. L’UCI quest’anno ha stilato un programma di competizioni a cui atleti presi in prestito da altre discipline si sono approcciati e di conseguenza hanno conquistato la qualificazione per questa prova. Di pari passo alle dinamiche di corsa nuove per tutti ci va il saper organizzare e mettere in sicurezza una competizione di questa caratura.
«E’ andata bene – spiega Pippo – senza ombra di dubbio. Ieri e oggi c’era grande entusiasmo. I corridori si sono divertiti. Il pubblico era contento. Diciamo che l’obiettivo nostro era questo: fare divertire la gente e far divertire i corridori. E’ andato tutto liscio, l’UCI è stata molto contenta, la corsa l’abbiamo portata a casa, l’obiettivo l’abbiamo raggiunto.
«Era difficile da chiudere il percorso – dice – come le corse su strada tra polizia e tutto, ma alla fine siamo riusciti nel nostro intento garantendo la sicurezza in tutte le corse senza incidenti o imprevisti. Per noi la tutela dei corridori è la cosa più importante».
Qui il passaggio a Cittadella con i due di testa che sono già nel circuito finaleUn passaggio sul lungofiume nei dintorni di Padova su una ciclabile che conta un anno di vitaQui il passaggio a Cittadella con i due di testa che sono già nel circuito finaleUn passaggio sul lungofiume nei dintorni di Padova su una ciclabile che conta un anno di vita
Gravel anche in futuro
Un anno fa la Serenissima Gravel vinta da Alexey Lutsenkoci ha fatto capire che questo tipo di corse se organizzate con un obiettivo chiaro possono avere un palcoscenico internazionale. Pippo ha saputo fin da subito carpire ciò che questa specialità delle due ruote potesse regalare agli atleti e agli appassionati e si è messo in gioco dando il via ad un movimento che ha raggiunto già un primo picco con questo mondiale.
«Con la Serenissima Gravel – conclude Pozzato – siamo stati i primi a far la corsa per i pro’. Oggi siamo stati i primi a fare il mondiale e adesso faremo sicuramente la Serenissima (in programma il 14 ottobre, ndr) con il campione del mondo e con Van der Poel, quindi diciamo che siamo veramente contenti di questo perché era quello che volevamo fare».
Oss nel retro podio ci ha confidato che questo format gli piace e che il gravel può diventare un obiettivo per il futuro. L’anno zero è alle spalle, l’alba della nuova disciplina è sorta, il gravel è realtà.
La prossima edizione di Ride The Dreamland, la quattro giorni di gare organizzate a ottobre da Filippo Pozzato, potrà fare affidamento su un partner di assoluto prestigio. Si tratta Weider, marchio di integratori di fama mondiale, desideroso di farsi conoscere ora anche in Italia, soprattutto fra quanti praticano ciclismo.
Ricordiamo che Ride The Dreamland può contare sulla regia organizzativa dell’agenzia PP Sports Events che ha alla sua guida proprio l’ex professionista vicentino. L’edizione 2022 è in programma dal 12 al 16 ottobre con le seguenti manifestazioni: 85° Giro del Veneto; 2° Serenissima Gravel; VENEtoGo – Social Ride; 2° Veneto Classic. A parte la VENEtoGo – Social Ride, tutti gli eventi saranno riservati ai professionisti.
Nelle intenzioni degli organizzatori Ride The Dreamland vuole essere un’opportunità per far scoprire il Veneto come territorio a forte vocazione ciclistica.
Per conoscere meglio il marchio Weider abbiamo contattato MarcoBettazzi, Sales & Marketing Manager di Bf Pharma, azienda che si occupa della sua distribuzione per il mercato italiano.
Filippo Pozzato e Marco Bettazzi, Sales & Marketing Manager di Bf PharmaFilippo Pozzato e Marco Bettazzi, Sales & Marketing Manager di Bf Pharma
Per chi ancora non conosce il marchio, ci può raccontare qualcosa di Weider?
Fino ad oggi il marchio Weider è conosciuto in Italia quasi esclusivamente nel mondo delle palestre. Stiamo parlando di una realtà davvero importante, basti pensare che è nata più di 80 anni fa ed è stata la prima azienda al mondo a produrre integratori. A fondarla sono stati due fratelli, Ben e Joe Weider, originari di Montreal. Nel 1936 hanno dato vita ad un’impresa famigliare, la Weider Global Nutrition. Grazie ad una serie impressionante di successi, dovuti a qualità ed efficacia dei loro prodotti, hanno trasformato la loro piccola impresa in una delle multinazionali più importanti del mondo nel campo degli integratori alimentari per sportivi. Oggi il marchio è presente in oltre 60 nazioni al mondo, Italia compresa.
In Italia però è ancora poco conosciuto, almeno per quel che riguarda il ciclismo, come mai?
Effettivamente ad oggi siamo ancora poco conosciuti. Il precedente distributore ha sempre guardato al mondo delle palestre. In un certo senso possiamo quindi affermare che il marchio sia rimasto fino ad oggi “chiuso” in quell’ambito. Bf Pharma, il nuovo distributore, crede invece fortemente nelle potenzialità dei prodotti, soprattutto in ambito ciclistico. Pochi in Italia lo sanno, ma Weider è stato per tanti anni partner tecnico del Team Movistar. Quando Valverde ha conquistato la maglia di campione del mondo a Innsbruck gli integratori utilizzati dal team erano Weider. Il legame del marchio con il ciclismo era quindi già molto forte.
Weider si rivolge anche a tutti coloro che vogliono seguire uno stile di vita sano ed una dieta equilibrata Weider si rivolge anche a tutti coloro che vogliono seguire uno stile di vita sano ed una dieta equilibrata
Con quali aspettative nasce la collaborazione con Ride The Dreamland di Pozzato?
Siamo sempre più convinti che il ciclismo abbia una forza mediatica incredibile. Sempre più persone vanno in bici e lo fanno senza spirito agonistico, ma per il puro piacere di farlo. Questo tipo di utente è quello a cui noi puntiamo. Fra tutte le discipline del ciclismo, il gravel è quella che sembra essere la più adatta per un tipo di pubblico che ha semplicemente voglia di divertirsi e stare bene in bicicletta. Pozzato con Ride The Dreamland è stato uno dei primi a credere nelle potenzialità del gravel e noi siamo davvero felici di essere ora al suo fianco.
Obiettivo farsi conoscere dunque…
Esatto, vogliamo far sapere chi siamo. Anche per questo motivo stiamo definendo nuove partenership. A settembre e ottobre collaboreremo con altri due eventi, la Gran Fondo Michele Scarponi e la Fiorino Mud, una bike experience in programma in Toscana. E presto ne arriveranno altri.
Ecco la gamma dei prodotti Weider, adatti per qualsiasi esigenza in ambito sportivo e non solo Ecco la gamma dei prodotti Weider, adatti per qualsiasi esigenza in ambito sportivo e non solo
Sport e salute
Tutti gli integratori Weider sono volti a soddisfare qualsiasi esigenza in ambito sportivo, siano esse associate al mondo del fitness e del sollevamento pesi oppure agli sport di resistenza come ciclismo, running, triathlon.
Grazie a specifiche linee di prodotto, Weider si rivolge anche a chi intende semplicemente seguire un’alimentazione sana ed equilibrata associandola ad un’integrazione adeguata.
La volata di Bettiol e le braccia alzate allo Svizzera? C'è chi ha fatto peggio: ricordate Pozzato alla Roma Maxima del 2013? Cosa gli passò per la testa?
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La repentina affermazione del gravel sta creando non pochi movimenti in Federazione. Alla vigilia di quella che dovrebbe essere la prima vera stagione agonistica strutturata attraverso un calendario, ci sono alcuni aspetti ancora nebulosi, sulle attribuzioni delle competenze ma anche, anzi soprattutto, sulla struttura stessa dell’attività, figlie di un regolamento internazionale che l’Uci ha realizzato, probabilmente in fretta, lasciando aperta la porta ad interpretazioni, il che significa che le strade possono essere diverse da Paese a Paese.
Andiamo per ordine e partiamo dalla responsabilità tecnica. Inizialmente (quando ancora era in fase di costruzione tutto il settore federale che ha visto numerosi cambi, in primis quello di Bennati chiamato alla guida della strada) era previsto che l’ex cittì del ciclocross Fausto Scotti assumesse l’incarico di gestore dei settori gravel, endurance ed E-bike. Alla resa dei conti, mentre questi ultimi due sono andati al tecnico romano, il gravel è stato accorpato al ciclocross e affidato a Daniele Pontoni.
Davide Martinelli alla Serenissima Gravel: la gara di Pozzato era a invito e aperta agli elite di ogni disciplinaMartinelli alla Serenissima Gravel: la gara di Pozzato era a invito e aperta agli elite di ogni disciplina
Una normativa lacunosa
Scotti intanto aveva messo mano alla normativa gravel, provando a sviluppare una serie di punti per la gestione dell’attività; d’altronde senza un documento specifico di base che regolamenti l’organizzazione, ogni disciplina non può esistere. Il suo lavoro e i suoi contatti con la Federazione sono stati rallentati dal Covid, che il tecnico romano ha preso in maniera forte, passando le feste natalizie in ospedale e dal quale solo ora si sta riprendendo.
In Fci però non erano rimasti a guardare e la Commissione Fuoristrada guidata da Massimo Ghirotto aveva già redatto una normativa, mutuata direttamente da quella Uci. Normativa che da una parte specifica in maniera molto dettagliata modalità di partecipazione agli eventi da parte dei corridori, divisione delle categorie e via discorrendo. Dall’altra è ancora piuttosto lacunosa su come un evento di gravel debba essere organizzato.
«E’ proprio questo l’aspetto sul quale ho lavorato – specifica Scotti, che appena ripresosi ha in programma di affrontare il tema con i vertici federali – serve una normativa attuativa che non guardi solamente all’agonismo.Non deve essere solo a uso e consumo dei praticanti. Gli organizzatori devono avere un quadro chiaro di come si organizza un evento. Non basta dire che la distanza deve essere fra 50 e 200 chilometri e che l’asfalto non deve superare il 20 per cento del totale».
Scotti, ex cittì del ciclocross, ora responsabile tecnico per endurance ed E-bikeScotti, ex cittì del ciclocross, ora responsabile tecnico per endurance ed E-bike
La costruzione dei percorsi
Che cosa manca quindi? «Il gravel – prosegue Scotti – è qualcosa di differente sia dalla strada che dal cross country di Mtb: fare un percorso in linea su quelle distanze è molto complicato, significa che devi transitare per più comuni, su strade spesso private dovendo chiedere permessi; inoltre la normativa vigente impone paletti severi, come l’evitare prati, ridurre al minimo i single track, ecc. Il problema principale è il controllo di un tracciato di gara prevedendo velocità maggiori a quelle della Mtb e una marea di incroci. Per certi versi è più facile allestire un circuito, anche di 40-60 chilometri, più gestibile. Senza dimenticare poi che il gravel non è solo agonismo, dobbiamo pensare alla gestione di un movimento legato molto all’escursionismo. Ne parlerò al più presto in federazione».
Ghirotto perentorio
La normativa però c’è già e non si tocca, su questo Ghirotto è stato perentorio. Era fondamentale sentire anche la sua voce e il responsabile della commissione fuoristrada tiene a specificare come il lavoro di redazione della stessa normativa vada inquadrato in un discorso più ampio che coinvolge tutto l’offroad.
«Noi dobbiamo uniformarci ai regolamenti internazionali – dice – ma questo non vale solamente per il gravel ma per tutte le discipline. E’ un lavoro grande ma necessario perché nel corso degli anni le cose sono cambiate in ogni specialità e spesso siamo rimasti indietro. Sul gravel l’Uci sta procedendo velocemente, prima ad esempio si parlava di bicicletta gravel, ora la filosofia è diversa perché bisogna contemplare il territorio, i percorsi di gara».
La nazionale offroad alla Serenissima 2021: con Ghirotto da sinistra il cittì Celestino, Luca e Daniele Braidot, Luca Cibrario e Jakob DorigoniLa nazionale offroad alla Serenissima 2021: con Ghirotto da sinistra il cittì Celestino, Luca e Daniele Braidot
L’evoluzione del gravel
«In commissione ne abbiamo parlato – riprende Ghirotto – perché definire una gara gravel non è semplice.Qui ad esempio dobbiamo pensare a percorsi prevalentemente ghiaiosi, ma senza trasformarli in qualcosa tipo Strade Bianche perché allora rientriamo nel ciclismo su strada. Poi c’è l’aspetto della partecipazione, pensare a modulare le gare in maniera diversa in base alle categorie (per i più giovani non si possono prevedere le stesse distanze dei grandi) e considerare anche le disposizioni da dare sul comportamento dei partecipanti. C’è tanto da fare, ci rendiamo conto anche noi che la normativa internazionale va ancora perfezionata».
Torna a galla il problema delle distanze, che a lungo ha caratterizzato anche il mondo delle gran fondo di Mtb, esponendo l’Uci a critiche senza che si trovasse una definizione chiara.
«Il regolamento dice che l’asfalto non deve superare il 20 per cento, il che significa che dovrebbero essere costruiti percorsi fuoristrada per l’80 per cento, ma dove li trovi? Forse si può pensare a superare il 50 per cento…Un altro discorso è legatoal cambio ruote che fino al 2021 non era possibile. Noi abbiamo mutuato l’esperienza della Mtb e previsto aree tecniche dove poter provvedere. Come detto, è un discorso in evoluzione legato a una disciplina che si sta affermando a una velocità impressionante».
L’affermazione del gravel passa principalmente per l’escursionismo (foto Duncan Philpott/Redbull)Ad ora il gravel passa per l’escursionismo (foto Duncan Philpott/Redbull)
La Serenissima Gravel
Un grande peso, anche per verificare sul campo tutto quel che va fatto, lo ha avuto l’esperienza della Serenissima Gravel allestita da Filippo Pozzato.
«E’ stato indubbiamente un bel test – sottolinea Ghirotto – in quel caso ad esempio tutti hanno parlato di gara professionistica, ma non era così. Era una prova elite a invito, tanto è vero che hanno partecipato anche atleti di Mtb come i fratelli Braidot. Noi abbiamo stabilito delle linee guida alle quali gli organizzatori dovranno attenersi e sulla base delle quali verrà sviluppato il calendario della nuova stagione».
Effettivamente molto c’è da fare per un settore ancora in piena evoluzione. Il gravel, dal punto di vista agonistico, può essere un punto d’incontro fra specialisti della strada e della Mtb, ma molti addetti ai lavori sono convinti che a breve termine diventerà una disciplina a sé stante, con propri protagonisti, senza però dimenticare che il ciclismo moderno è fatto anche da gente come Van Der Poel o Pidcock che svaria indifferentemente da una bici all’altra. Questi però sono fattori successivi alla necessità di una regolamentazione chiara e completa, un traguardo che appare ancora lontano.
C'è una polemica silenziosa attorno alla presenza di Aru al mondiale di cross. Il manager della Qhubeka ha dato via libera. I diesse no. Adesso parla Scotti
Dieci giorni dopo la sua Veneto Classic, Filippo Pozzato è a casa riordinando le idee e immaginando a uno scenario possibile per le prossime edizioni. La collocazione a ottobre non lo ha convinto molto. E siccome il vicentino è perfezionista, piuttosto che dirsi che è andato tutto bene, ha ben chiaro cosa si potrebbe migliorare. E la data è il fronte più importante.
«Sono contento – dice – è stato un bell’inizio. Peccato per la data, appunto. C’è andata bene con il meteo, ma abbiamo avuto poche squadre. La collocazione perfetta sarebbe a settembre, per avere i corridori che preparano il mondiale e più team al via. Ma a settembre pare non ci sia posto e quindi ci sarà da ragionare bene».
Come sfondo per la vittoria di Meurisse al Veneto, c’era Prato della Valle a Padova
Il podio della Serenissima Gravel, vinta da Lutsenko, davanti alla Villa Palladiana di Piazzola
Infine per la Veneto Classic di Battistella, il Ponte degli Alpini a Bassano
COme sfondo per la vittoria di Meurisse al Veneto, c’era Prato della Valle a Padova
Il podio della Serenissima Gravel, vinta da Lutsenko, davanti alla Villa Palladiana di Piazzola
Infine per la Veneto Classic di Battistella, il Ponte degli Alpini a Bassano
Quattro giorni di ciclismo: Giro del Veneto, Serenissima Gravel, gran fondo e Veneto Classic: che bilancio fai?
Il Giro del Veneto me lo ha proposto la Regione e ho subito pensato che, avendolo sempre organizzato la Padovani, sarebbe stato brutto portarglielo via. Sono contento perché siamo riusciti a farlo insieme a loro. Non è semplice fare squadra con altre associazioni, ma è venuta bene, ci hanno aiutato anche nelle altre corse e penso che si possa ripetere.
Il concetto di squadra, se ne parla spesso…
E’ la mia filosofia. Da solo non vai da nessuna parte, giocando di squadra si fanno grandi cose.
La Serenissima Gravel?
Bellissima. Posti stupendi, che le foto e le immagini hanno valorizzato. E’ venuta bene, un bel vincitore, spettacolare, ma è stata un disastro sul fronte dei permessi. Si passava in parchi e riserve naturali, ognuno con il suo regolamento. L’ultimo permesso, quello per passare nel Parco del Sile, è arrivato alle 16,30 del giorno prima.
Nella GF VeneToGo, niente classifiche e traffico aperto: per Pozzato è stato un successoNella GF VeneToGo, niente classifiche e traffico aperto: un successo
La gran fondo?
Un bel momento di condivisione (in apertura, Pozzato con Davide Cassani, ndr). Sono stato contento e la formula senza classifica ha funzionato, credo sia piaciuto anche a quelli che normalmente partecipano pensando al risultato. Ho partecipato al Fiandre e a quella di Miami, si corre con il traffico aperto e rispettando il codice della strada. Credo sia stato il primo caso che in Italia si sia svolta una gran fondo con il traffico aperto. Ci siamo fermati ai ristori, siamo andati in bici tutti insieme.
E poi la Veneto Classic, la tua corsa…
Non è un mistero che sia quella in cui credo di più. E’ la mia idea di corsa, impegnativa e spettacolare. Quest’anno l’abbiamo fatta con pochi corridori buoni ed è venuta fuori molto bene, immagino che cosa potrebbe diventare con le squadre al completo. Per me è lei la corsa, ispirata ancora una volta al Belgio.
In ciascuna delle tre corse, podio minimal e grande scenario alle spalle…
Come ai campionati italiani l’anno scorso, con le mura di Cittadella alle spalle. Come al Tour, con l’Arco di Trionfo. A Padova abbiamo scelto Prato della Valle. A Bassano, il Ponte degli Alpini. A Piazzola sul Brenta la Villa Palladiana. E’ il modo migliore per valorizzare il nostro territorio.
Questo il team con cui Pozzato (al centro) ha realizzato i 4 eventi di ottobreQuesto il team con cui Pozzato (al centro) ha realizzato i 4 eventi di ottobre
Parli spesso di Belgio, il legame con Flanders Classics esiste davvero?
Thomas Van der Spiegel (Ceo di Flanders Classics, ndr) è un mio amico. E’ grazie a lui e alla mia mediazione che Vermiglio ha avuto la Coppa del mondo di ciclocross a dicembre. Le località che avevo sotto mano erano già impegnate con lo sci, ma nel 2023-24-25 probabilmente ci saranno altre sedi.
Durante tanto organizzare, sei stato contattato dalla FCI come possibile commissario tecnico: questo ti ha distratto?
In realtà no. Ho incontrato il presidente Dagnoni ai mondiali di mountain bike in Val di Sole, abbiamo fatto grandi ragionamenti, poi non s’è fatto più sentire. Ha espresso valutazioni sui nomi che giravano, sono curioso di vedere quali saranno alla fine le sue scelte. Da lì capiremo forse anche il resto.
Viviani, alla vigilia delle ultime corse, punta al mondiale su pista per qualificarsi a Parigi. E per il futuro vede tanta pista per vincere forte su strada
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Della prima edizione della Serenissima Gravel, la corsa organizzata da Pozzato e vinta da Alexey Lutsenko, vi abbiamo già raccontato. Ora, invece, ci vogliamo concentrare sulla bici del corridore dell’Astana. Quasi per ironia del destino Wilier aveva presentato pochi giorni prima la Rave SLR bici dedicata al Gravel che Alexey ha utilizzato per la Serenissima. A raccontarcela ci pensa Gabriele Tosello meccanico dell’Astana Premier Tech.
La Wilier Rave SLR di Lutsenko che ha vinto la prima edizione della Serenissima Gravel La Wilier Rave SLR di Lutsenko che ha vinto la prima edizione della Serenissima Gravel
Nessuna rivoluzione più comfort
«Il telaio ha geometrie simili a quelle da strada –ci dice Tosello – devo dire che in Wilier hanno mantenuto un assetto molto competitivo. Il carro posteriore e l’avancorsa sono più lunghi per permettere di montare dei copertoni fino a 42 millimetri. La serie sterzo è un po’ più alta, si parla di mezzo centimetro, ma non ha causato problemi di misure, anzi ha fornito più stabilità sull’avantreno così Alexey ha potuto spingere al massimo».
I corridori hanno utilizzato la misura di bici che usano su strada?
Assolutamente, le bici ci sono state consegnate giovedì ed i corridori le hanno provate immediatamente così da darci un primo feedback. Anche perché poi il giorno dopo ci avrebbero già corso, insomma, un battesimo di fuoco.
Come si sono trovati?
Molto bene, il primo impatto è stato subito positivo, la caratteristica di non cambiare le misure ed il posizionamento in sella ci ha avvantaggiato. Per questo abbiamo già chiesto a Wilier di poter utilizzare la Rave SLR anche per Strade Bianche e Parigi-Roubaix per il prossimo anno.
Vi ha particolarmente impressionato allora…
Oltre a non dover cambiare le misure, quel che ci ha colpito maggiormente è la capacità del telaio di assorbire le sconnessione del terreno, il che è un vantaggio enorme. Il peso è maggiore rispetto alla Wilier Zero che utilizziamo tutto l’anno ma alla fine in queste gare il peso non conta.
Passiamo all’assetto, abbiamo visto molti monocorona, ma voi no, perché?
Avevamo la possibilità di provare in anteprima il nuovo Dura Ace a 12 velocità e quindi l’abbiamo colta al volo. Le scelte erano 54-40 o 52-36 per la guarnitura anteriore, mentre il pacco pignone era il classico 11-30, abbiamo optato per la compact (52-36 ndr). La monocorona abbiamo visto che non era la scelta migliore, i corridori sviluppano una velocità troppo elevata per usarla al meglio, diciamo che è più una scelta cicloturistica.
Subito uno stress test per il nuovo Dura Ace…
Diciamo di sì – dice ridendo Gabriele –
I copertoni utilizzati?
La scelta è ricaduta sui Vittoria Terreno, sezione da 35 millimetri. Anche in questo caso c’è stata una novità per noi: abbiamo usato per la prima volta dei tubeless.
Come mai non li avevate mai provati?
Su strada non avevamo la necessità di usarli, invece, su gare del genere sono fondamentali, lo abbiamo visto anche sulla bici di Colbrelli alla Roubaix. Pensiamo di riproporre i Vittoria Terreno in accoppiata al telaio Rave SLR alle prossime Strade Bianche e Roubaix. Magari non sezioni così grandi ma con un 30 millimetri, massimo 32 millimetri, queste da 35 diventerebbero troppo complicati da spingere sui tratti di asfalto.
Alexey Lutsenko in azione sulla nuova Wilier SLR con la quale ha vinto la Serenissima Gravel Alexey Lutsenko in azione sulla nuova Wilier SLR con la quale ha vinto la Serenissima Gravel
Vi siete “adattati” facilmente?
Per le pressioni ed il montaggio non ci sono stati problemi, abbiamo gonfiato i copertoni a 2,7 o 2,8 bar. La cosa più complicata su cui abbiamo chiesto un piccolo aiuto per i dosaggi è il liquido da inserire all’interno del tubeless.
Lo userete anche in futuro?
La tecnologia e lo sviluppo spingono in quella direzione, ma è anche giusto così, soprattutto in gare con terreno sconnesso. La pressione è più bassa grazie all’utilizzo del liquido ed in più è auto sigillante sulle micro forature…
Per quanto riguarda freni e manubrio?
I freni erano gli stessi di sempre, diametro da 160 millimetri all’anteriore e 140 millimetri al posteriore. Il manubrio era quello da strada.
La Serenissima Gravel vinta ieri da Lutsenko ha detto due cose, anzi tre. La prima è che di colpo le aziende che hanno investito sul settore hanno provato la grande voglia di dirlo. La seconda è che non tutti, malgrado quanto si pensasse, erano davvero attrezzati con le bici più di tendenza degli ultimi mesi. La terza, che esula in parte dagli aspetti precedenti, è che se Pozzato e Moletta anziché invitare i team avessero contattato le case produttrici, avrebbero avuto al via anche altre squadre. Perché non esserci è stato commercialmente un passo falso e chi ci ha creduto ora è in vantaggio. Come ad esempio Deda…
La MCipollini della Bardiani alla Serenissima Gravel era una delle più tecnicheLa MCipollini della Bardiani alla Serenissima Gravel era una delle più tecniche
Novità esclusive
Raccontano alla Bardiani che quando in Deda Elementi hanno saputo che la squadra avrebbe partecipato, si sono fatti in quattro per fornire il meglio nel catalogo, tirando anche fuori un paio di chicche che sarebbero dovute rimanere sotto embargo sino alla fine di ottobre. Nel catalogo 2022 infatti spiccano quattro nuovi manubri da gravel, con ampia scelta nella forma per poter soddisfare ogni taglia di corridore. In più una coppia di ruote in alluminio, le Gera Alloy, che possono davvero fare la differenza nei vari montaggi possibili.
Il manubrio Gera Alloy, con finitura Ghiaia, ha una grande varietà di presa per le mani
Fra la parte superiore della curva e quella bassa c’è una differenza di 10 centimetri
Le ruote Gera Alloy hanno 24 raggi e sono costruite attorno a mozzi gravel
Il profilo del cerchio è alto 25 millimetri, per una larghezza del canale da 28
Il manubrio Gera Alloy, con finitura Ghiaia, ha una grande varietà di presa per le mani
Fra la parte superiore della curva e quella bassa c’è una differenza di 10 centimetri
Le ruote Gera Alloy hanno 24 raggi e sono costruite attorno a mozzi gravel
Il profilo del cerchio è alto 25 millimetri, per una larghezza del canale da 28
Infinite posizioni
Fra i manubri gravel spicca il Gera Alloy, che nasce proprio per uso offroad e deriva dal Superzero, prodotto con alluminio 7050 e che nella versione stradale ha misure dalla 42 alla 46 per un peso di 305 grammi. Gera Alloy invece utilizza la lega 6061 e il suo peso arriva a 310 grammi anche e soprattutto per esigenza di solidità.
Ma gravel e strada hanno pochi punti di contatto, l’influenza del gusto e del mercato americano ha portato a un’ampia scelta di misure e posizioni per le mani. Il particolare che più salta agli occhi è la differenza di larghezza fra superiore e inferiore: la differenza è di 10 centimetri, così che un manubrio da 48 nella parte bassa della curva sarà largo 58 centimetri. Il disegno della curva rientra nell’acronimo EOS, ossia endurance Optimized Shape. Il montaggio è possibile con cavi interni ed esterni.
Sulle bici della Bardani, si riconoscono le ruote Gera Alloy, con la finitura Ghiaia
Anche se molto… nastrato, il nuovo manubrio ha svolto egregiamente il suo compito
Sulle bici della Bardani, si riconoscono le ruote Gera Alloy, con la finitura Ghiaia
Anche se molto… nastrato, il nuovo manubrio ha svolto egregiamente il suo compito
Ruota a 24 raggi
Allo stesso modo vale la pena far notare la nascita delle ruote Gera Alloy, prodotto 100 per cento made in Italy con profilo da 25 millimetri e canale esterno da 28 e interno da 23. La particolarità del cerchio è la sua asimmetria, con una serie di mozzi gravel. Il design asimmetrico e la raggiatura con 24 raggi si traducono in alta rigidità in cambio di un livello di peso piuttosto esiguo, condizioni fondamentali per ridurre il momento di inerzia ad ogni rilancio della ruota. Il peso della coppia è di 1.690 grammi. Anche in questo caso la finitura è Ghiaia per abbinarle al manubrio.
«Di solito quando sei in fuga c’è sempre l’ammiraglia dietro di te e la radiolina che parla. Oggi invece sono state quasi due ore di silenzio. Ad un certo punto ho salutato una signora a bordo strada». Con poche parole Alexey Lutsenko è riuscito a descrivere al meglio lo spirito della Serenissima Gravel. Combattimento, meno tecnologia da una parte, ma più da un’altra (pensando alle bici): in una parola, un qualcosa di diverso, ma dal sapore antico.
Quasi tutti hanno montato il fast dietro la sella, alcuni anche lungo l’orizzontalePer gli Astana oltre al “fast”, c’erano le bombolette di Co2Le pressioni? Quasi per tutti al di sotto dei 3 barSi sono visti anche i monocorona (in pieno stile gravel) con dentatura da 46Quasi tutti hanno montato il fast dietro la sella, per alcuni anche lungo l’orizzontalePer gli Astana oltre al “fast”, c’erano le bombolette di Co2Le pressioni? Quasi per tutti al di sotto dei 3 barSi sono visti anche i monocorona (in pieno stile gravel) con dentatura da 46
Organizzatori tenaci
E’ vero alla fine sono partiti 39 corridori. Meno, molto di meno, di quello che ci si aspettava, una sessantina. Tanti team non avevano le bici, questa è stata la voce unanime. Ma questo evento meritava di essere portato a termine e dopo lo spettacolo di oggi possiamo dirlo con maggior certezza. Un bravo quindi a Pozzato e Moletta che hanno ufficialmente aperto una nuova strada.
Il via era molto tecnico. E tra i corridori si è stipulato un patto di “non belligeranza”. Quindi gruppo compatto fino a Treviso, circa al chilometro 50, ma più che altro bisognava stare attenti ai primi 15, che erano i più tecnici. Un trattato al quale la Intermarché-Wanty sembrava non volesse aderire. I belgi erano venuti qui per vincere e anche con una certa attrezzatura. Poi però si sono allineati.
Appena giunti a Treviso però è scattata la cavalleria. Colonne di polvere si sono alzati come sotto le diligenze del far west. Si entrava e si usciva dai borghi in un lampo e si spariva nello sterrato successivo. E le facce erano sempre più impolverate.
Scorci suggestivi lungo i fiumi Sile e BrentaGruppo in caccia del kazako nel circuito di finale di 11 chilometri (ripetuto tre volte)Scorci suggestivi lungo i fiumi Sile e BrentaGruppo in caccia del kazako nel circuito di finale di 11 chilometri (ripetuto tre volte)
Astana vs Intermarché
A fronte di molti team che non si sono presentati perché non avevano le forniture tecniche, la Intermarché ma anche l’Astana erano super attrezzate. E anche Bardiani CSF Faizanée Vini Zabù non erano da meno.
Taco Van der Hoorn era il favorito, ma non dovevano far scappare Lutsenko. Questo almeno aveva detto Valerio Piva ai suoi ragazzi prima del via. E invece… Giuseppe Martinelli dal canto suo aveva detto ai suoi: «Ragazzi, si corre col coltello tra i denti perché in una novità ci si ricorda sempre del primo vincitore. Sapevamo che Lutsenko stava bene. E oggi ha fatto una vera impresa, quasi 70 chilometri di fuga da solo. Ma per me non è una sorpresa, ricordate la Sabatini del 2019? In quell’occasione ne fece 120».
Minali è impolverato. Lui ha fatto secondo. Ma alla fine è contento. «Mi sono divertito, ma ho anche faticato più del previsto. Non me lo aspettavo. Qui se sei oltre la terza posizione diventa durissima. Non vedi bene, rischi di più, prendi le frustate. E quanto è andato forte Lutsenko! Noi dietro tiravamo in tre a tutta, ma lui scappava. Valerio ce lo aveva detto: avete fatto uscire l’unico che non doveva.
«Noi volevamo spingere a tutta sin dall’inizio? Non eravamo gli unici a quanto pare… Penso che queste gare potranno avere sbocco nel WorldTour, oggi lo abbiamo dimostrato. Avvio tranquillo, ma poi è stata guerra vera. Ho fatto – e ci mostra il computerino – quasi 38 di media. E nelle prime fasi siamo andati tranquilli».
Il computerino di Minali segna 37,8 di mediaGli Intermarché a fine gara (da destra): Minali, Van Melsen, Van der Hoorn e il ds PivaIl computerino di Minali segna 37,8 di mediaGli Intermarché a fine gara (da destra): Minali, Van Melsen, Van der Hoorn e il ds Piva
Impresa Lutsenko
E queste parole si legano quelle del vincitore. Il kazako è stato protagonista nella polvere come nelle fughe dei pionieri. E non può che essere soddisfatto, se non altro è pieno di orgoglio per quel che ha fatto. Sull’arrivo ha alzato la bici al cielo, come si usa fare nelle gare di Mtb, forse anche perché voleva omaggiare Wilier. La casa veneta ci credeva moltissimo a questo evento. Lo stesso patron Gastaldello, che girava in bici con tutta la sua truppa, ci ha detto che la Rave è frutto di un lavoro di due anni.
«E’ qualcosa che in futuro si potrà riproporre – ha detto l’eroe di giornata – Penso a gente come Van Aert eVan der Poel, queste gare sarebbero perfette per loro».
Lutsenko alza la bici al cielo davanti a Villa Contarini a Piazzola sul BrentaLutsenko alza la bici al cielo davanti a Villa Contarini a Piazzola sul Brenta
Corridori spaesati
Una delle grandi novità era l’assenza di assistenza tecnica al seguito. Ma a quanto pare i materiali da gravel hanno fatto il loro, visto che non solo ci sono state pochissime forature, ma a fine gara i tubolari neanche avevano perso pressione.
«Come è stato andare senza ammiraglia e assistenza? Beh, un po’ ci sentivamo spersi – dice Lutsenko – di solito c’è sempre qualcuno che ci guida, che ci dà i distacchi, ci ricorda quando mangiare, ci dà i gel… Ogni tanto lungo il percorso incontravamo qualche massaggiatore che ci dava le informazioni e ci passava una borraccia. E’ stato strano ritrovarsi in fuga senza radiolina. C’era silenzio. Io pensavo solo a spingere, perché non credevo fosse così dura. Mantenere alta la velocità con queste ruote quasi da Mtb è davvero faticoso (ciò nonostante sugli sterrati hanno toccato i 48 all’ora, ndr)».
Cicli Drali Milano si immerge nel gravel con due modelli: Ghiaia Vintage e Ghiaia New. Stessa tecnologia, telai in acciaio saldati a tig, look differenti