Bernal e Caruso, una difesa per due

26.05.2021
4 min
Salva

Bernal e Caruso si sono ritrovati insieme nei chilometri finali della salita e forse a un certo punto si sono guardati negli occhi e hanno capito che tanto valeva arrampicarsi insieme fino in vetta e rimandare tutto a venerdì. Erano insieme anche quando Yates ha cominciato a scattare, ma mentre la maglia rosa si è messa a rispondere agli scatti, il siciliano si è lasciato sfilare, si è messo in difesa ed è andato su con il suo passo. Un gran passo, se è vero che ha perso solo 50 secondi e a un certo punto è rientrato su Bernal e con un po’ di cinismo in più avrebbe persino potuto provare a staccarlo.

Caruso col sorriso

«E’ stata una delle tappe più dure di questo Giro – dice Caruso sorridendo – l’ultima ora e mezza l’abbiamo fatta a tutto gas, specialmente l’ultima salita è stata durissima. Come mi aspettavo, Yates ha attaccato e ha fatto il vuoto, ma io stavo bene e ho preso il mio ritmo fino all’arrivo. Alla fine il distacco non è stato così grande. In ogni caso, non potevo seguirlo e non avevo altre opzioni che andare del mio passo. Quando ho visto la maglia rosa soffrire come me, il morale è cresciuto, perché ho pensato che allora era duro per tutti…».

Damiano Caruso ha gestito con freddezza e lucidità il finale, tenendo il 2° posto
Damiano Caruso ha gestito con freddezza e lucidità il finale, tenendo il 2° posto

Mal di schiena?

Bernal si è piantato e onestamente un po’ ce l’aspettavamo, difficile dire perché. Sarà che lo avevamo visto da vicino riprendere fiato sullo Zoncolan ed era parso che per respingere Yates avesse fatto una fatica oltre ogni limite. Oppure perché questo tipo di arrivo avrebbe messo a dura prova la sua schiena più di quelli visti finora. Quando Yates ha affondato davvero il colpo, Egan ha ceduto e non sembrava in grado di imprimere forza nei pedali. Il primo pensiero è andato alla schiena, perché era evidente che gli eventuali dolori sarebbero venuti fuori sulle salite lunghe e ripide, che costringono la schiena a contrastare per un lungo tempo la spinta delle gambe. Chiaramente la maglia rosa si è guardata bene dal fare una simile ammissione, che sarebbe benzina sul fuoco dei rivali, ma qualcosa oggi non ha funzionato.

Bernal sapeva che Caruso stava tornando, per questo si è messo in difesa
Bernal sapeva che Caruso stava tornando, per questo si è messo in difesa
Che cosa è successo?

Ho sbagliato a rispondere allo scatto di Yates e per fortuna ho avuto accanto Martinez, che mi ha scandito il passo e mi ha pure incoraggiato (foto di apertura). Forse se come Yates avessi visto la salita sarebbe cambiato qualcosa, avrei mollato prima, mi sarei messo in difesa e avrei limitato il distacco negli ultimi 2,5 chilometri, ma non si può avere il tempo di provarle tutte. Poteva andare peggio, tutto sommato mi sono salvato bene.

Yates adesso ti fa paura?

Lo dico dal primo giorno che mi fanno paura tutti, non sottovaluto nessuno. Il Giro è una corsa imprevedibile, voglio essere tranquillo e concentrato. Devo gestire bene la corsa, perché si è visto oggi che se qualcuno ha gambe, può fare la differenza.

Per la prima volta i tuoi avversari hanno visto che non sei imbattibile…

Mi fa piacere sentirmi dire che sono il più forte in salita, ma non ci ho mai creduto. Già ieri avevo detto che avere un buon margine mi avrebbe permesso di stare tranquillo casomai avessi avuto una giornata storta ed eccola arrivata. Nessuno è imbattibile, neanche io. In questi momenti in cui si soffre, però, si vede la grinta dei corridori. Non sarebbe bello vincere facilmente. Bisogna essere onesti e dire che oggi sono stati più forti gli altri.

Caruso è rientrato sulla maglia rosa e Martinez, i tre si aiutano
Caruso è rientrato sulla maglia rosa e Martinez, i tre si aiutano
Hai avuto paura di crollare?

Yates ha fatto un paio di scatti davvero forti e ho sbagliato a seguirlo, c’era tanta pendenza e sono andato fuorigiri. Quando poi vai sopra al tuo ritmo, serve tempo per recuperare, ma su quelle pendenze è dura. In più dovevo tirare il fiato perché sapevo che sarebbe arrivato Caruso. Se mi avesse staccato, non avrei risolto un bel niente.

Mal di schiena o giorno di riposo che ha lasciato delle tracce?

Non so dire se sia stato il riposo, anche se può capitare. Gli scatti di Yates sono stati importanti, quindi magari non sarei riuscito a seguirlo anche se fossi stato bene. Bisogna essere onesti, Simon ha vinto perché era il più forte. Ma ho anche pensato che non fosse poi così vicino in classifica. Ho ancora un buon margine e il Giro è ancora lungo».

Martin, brindisi a un piano ben riuscito

26.05.2021
4 min
Salva

Daniel Martin non è bello da vedere, ma in questi sorrisi mentre racconta la vittoria si riconosce il segno della fatica condotta in porto. Siamo davanti a un corridore che ha comunque vinto la Liegi e il Lombardia, oltre a tappe in giro per tutto il mondo, per questo non ci stupiamo della sua reazione quando gli chiedono se abbia il rammarico di non aver mai vinto un grande Giro.

«Non ho rimpianti nella mia carriera – dice infastidito – sono orgoglioso di aver sempre fatto del mio meglio».

Aver visto la salita gli ha permesso di gestirsi bene quando era da solo
Aver visto la salita gli ha permesso di gestirsi bene quando era da solo

Da non crederci

Difficile capire se perché glielo abbiano detto alla radio o perché a forza di veder passare macchine e moto abbia pensato che di lì a poco gli sarebbero piombati sul collo, Martin conferma che la sensazione di aver vinto l’ha avuta soltanto quando si è ritrovato dall’altra parte dell’arrivo.

«Finché non l’ho passato – sorride con la finestrella fra gli incisivi – non sono stato certo di niente. Avete visto che ho persino scosso la testa? Avevo deciso fin dal mattino che sarei andato in fuga, perché in quest’ultima settimana ho cominciato ad avere delle buone sensazioni. La mia tattica era chiara: prendere più vantaggio possibile e poi resistere con il mio passo agli attacchi che avrebbero fatto dietro. Per la prima volta quest’anno ero venuto con la chiara idea di vincere una tappa e sono contento di esserci riuscito».

Martin era venuto al Giro per vincere una tappa: missione compiuta
Martin era venuto al Giro per vincere una tappa: missione compiuta

Internet non basta

Internet funziona, ma provare le salite funziona di più. Così non è un caso che Martin e Yates prima di lui abbiano raccontato che sia stato decisivo venire a vedere questa salita. Le app spiegano curve e pendenze, ma non c’è niente come la fatica per farti capire la tattica migliore.

«Fare la ricognizione – spiega – è stato molto importante. Sapevo esattamente dove avrei trovato i tratti più duri e sapevo che ai meno 2,5 dall’arrivo un po’ mollava e si poteva fare la velocità che mi ha permesso di respingerli. Non sono mai andato full gas fino a quel momento, prima ho solo tenuto il mio ritmo.

«Ero venuto con Claudio Cozzi dopo il Tour of the Alps e si è creato subito un feeling speciale con questa salita, difficile spiegare perché. Amo le pendenze molto elevate, si prestano a una condotta di gara aggressiva, che è quella che mi viene meglio. Ed è bellissimo aver vinto su un traguardo che avevo provato, perché dà l’idea del lavoro ben fatto. Questo è il motivo per cui sono venuto qui. Sapevo che quella di oggi era una delle mie ultime opportunità e con il tempo supplementare perso a Cortina era possibile che mi lasciassero andare in fuga».

Montagne russe

E’ il premio a una squadra che non si è arresa alle sfortune e ha saputo portare a casa un bottino comunque considerevole.

«Per noi come squadra – dice – questo Giro è stato una montagna russa. Il primo giorno abbiamo perso Neilands. Poi abbiamo fatto delle tappe davvero buone, abbiamo conquistato qualche podio e proprio sul più bello abbiamo perso De Marchi. E poi ci si è messo anche Dowsett che si è ammalato. Ma il nostro spirito è sempre stato fantastico. Abbiamo avuto un’ottima atmosfera di squadra. Lo ha dimostrato questa mattina il fatto che siamo riusciti a progettare la fuga e a portare a casa la tappa».

Full gas soltanto negli ultimi 2,5 chilometri, per respingere gli inseguitori
Full gas soltanto negli ultimi 2,5 chilometri, per respingere gli inseguitori

La prima volta

Un altro sorriso ed è tempo di andare. Con i suoi 35 anni, l’irlandese della Israel Start-Up Nation è il 23° corridore più anziano a vincere una tappa al Giro. Supponiamo che gliene importi poco, ma l’ultimo pensiero è un bel tributo al Giro.

«Ogni grande Giro è diverso – dice parlando del fatto di aver vinto tappe in ciascuno dei tre – ma il Giro d’Italia è davvero una bella corsa. Ci ero venuto soltanto due volte prima e in una mi ero ritirato. Questa è la prima volta che sono venuto con l’ambizione di vincere una tappa. E devo dire che questa resterà come una delle mie vittorie più belle».

Oggi Yates li ha presi tutti a schiaffi, Bernal compreso…

26.05.2021
4 min
Salva

Yates attraversa la linea e non si ferma. Il massaggiatore continua a corrergli accanto, ma l’inglese continua a pedalare piano verso quel che resta di una salita che parrebbe infinita. Non potendo corrergli accanto come una volta, immaginiamo il battito del suo cuore che rallenta, il respiro che si normalizza. Fa esercizi per il collo e ancora pedala. Piano, come in una slow motion. E’ evidente che voglia essere lasciato da solo, per questo e per il fiatone, anche l’uomo del Team Bike Exchange smette di correre e lo raggiunge quando si ferma. Si scambiano uno sguardo. Simon inarca la schiena all’indietro, come quando togli lo zaino pesante. Poi scuote il capo, fa mezzo sorriso e torna indietro dove il resto dei massaggiatori aspetta i compagni. Molla la bici. E finalmente, dopo un giorno di schiaffi presi e dati, si siede per terra.

A 3,3 chilometri dall’arrivo si è reso conto che Bernal soffriva ed ha attaccato
A 3,3 chilometri dall’arrivo si è reso conto che Bernal soffriva ed ha attaccato

Un bel giorno

Ha attaccato a 3,3 chilometri dall’arrivo, dove la strada è nel bosco e la pendenza bastarda come un pugno sotto lo sterno. Se andate a riguardarvi la foto pubblicata su bici.PRO all’indomani del Tour of the Alps, vedrete che è stata scattata proprio in quel settore di salita. Bernal ha risposto alla prima botta e anche alla seconda, ma mentre Yates davanti pedalava composto, si è visto subito che la maglia rosa aveva la bocca aperta come sullo Zoncolan. Ma questa volta mancava più strada. Il momento in cui Bernal si stacca e lo vede andare via è quello su cui i più grandi giornalisti costruirebbero la storia del giorno. Ma Yates in quel momento non pensa alla storia, soltanto a spingere e dare schiaffi. Ha preso troppi schiaffi in questo Giro, che era venuto a vincere, per sbilanciarsi anche soltanto con la fantasia. E poi voi credete che su una salita così dura, forse la più dura del Giro, ci sia stato tempo per la fantasia?

Dopo l’arrivo Simon ha continuato a pedalare ed è tornato dopo 5 minuti buoni
Dopo l’arrivo Simon ha continuato a pedalare ed è tornato dopo 5 minuti buoni

Meglio col sole

«Ci siamo persi la fuga – dice – e volevo provare a vincere la tappa oggi. Quando davanti sono partiti c’erano solo 60 chilometri prima del San Valentino, la prima salita, perciò inseguire non è stato un lavoro enorme. I ragazzi hanno fatto un ottimo lavoro e io ho cercato di fare la mia parte. E’ stato un giorno davvero folle. Ma avevo buone gambe e il sole splendeva e ho avuto per tutto il giorno buone sensazioni di poter fare questa cosa».

La più dura

Ha il casco in testa con gli occhiali infilati e capovolti. Sul naso c’è ancora il cerotto per respirare meglio e attorno al collo un asciugamano di spugna azzurro gli impedirà di prendere freddo in discesa, perché i pullman sono stati parcheggiati in basso e i corridori per tornarci hanno dovuto ripercorrere la salita al contrario. E chissà che facendolo, non si siano resi conto di essersi lasciati alle spalle l’arrivo più impegnativo del Giro.

«Eravamo stati a fare la ricognizione – dice – per questo la squadra ha tirato sin dal San Valentino. Sapevamo che sarebbe stata una salita molto dura, per me la più dura della corsa. Sapevo che c’era margine per provare, così ho tentato di fare la differenza e ho guadagnato un buon tempo. Dire se potrò fare meglio, avendo più di un minuto da Caruso, che resta secondo… Se avrò gambe proverò ancora, ma adesso non mi sembra di avere molto altro da dire».

Si è seduto per terra e finalmente ha iniziato a mandare giù qualcosa
Si è seduto per terra e finalmente ha iniziato a mandare giù qualcosa

Gira la bici, corridori continuano ad arrivare alla spicciolata. Lui si avvia verso la discesa, dopo un giorno per lui migliore dello Zoncolan, in cui l’attacco gli era stato ricacciato in gola. Per la prima volta in questo Giro, ha visto Bernal in difficoltà, come per la prima volta a Prato Nevoso, Froome iniziò a minare la sua sicurezza nel 2018. Il Giro ha davanti ancora due tappe di montagna e una crono. Difficile, dopo quanto visto a Sega di Ala, dire che il tempo degli schiaffi sia finito.