Bernal e Caruso si sono ritrovati insieme nei chilometri finali della salita e forse a un certo punto si sono guardati negli occhi e hanno capito che tanto valeva arrampicarsi insieme fino in vetta e rimandare tutto a venerdì. Erano insieme anche quando Yates ha cominciato a scattare, ma mentre la maglia rosa si è messa a rispondere agli scatti, il siciliano si è lasciato sfilare, si è messo in difesa ed è andato su con il suo passo. Un gran passo, se è vero che ha perso solo 50 secondi e a un certo punto è rientrato su Bernal e con un po’ di cinismo in più avrebbe persino potuto provare a staccarlo.
Caruso col sorriso
«E’ stata una delle tappe più dure di questo Giro – dice Caruso sorridendo – l’ultima ora e mezza l’abbiamo fatta a tutto gas, specialmente l’ultima salita è stata durissima. Come mi aspettavo, Yates ha attaccato e ha fatto il vuoto, ma io stavo bene e ho preso il mio ritmo fino all’arrivo. Alla fine il distacco non è stato così grande. In ogni caso, non potevo seguirlo e non avevo altre opzioni che andare del mio passo. Quando ho visto la maglia rosa soffrire come me, il morale è cresciuto, perché ho pensato che allora era duro per tutti…».
Mal di schiena?
Bernal si è piantato e onestamente un po’ ce l’aspettavamo, difficile dire perché. Sarà che lo avevamo visto da vicino riprendere fiato sullo Zoncolan ed era parso che per respingere Yates avesse fatto una fatica oltre ogni limite. Oppure perché questo tipo di arrivo avrebbe messo a dura prova la sua schiena più di quelli visti finora. Quando Yates ha affondato davvero il colpo, Egan ha ceduto e non sembrava in grado di imprimere forza nei pedali. Il primo pensiero è andato alla schiena, perché era evidente che gli eventuali dolori sarebbero venuti fuori sulle salite lunghe e ripide, che costringono la schiena a contrastare per un lungo tempo la spinta delle gambe. Chiaramente la maglia rosa si è guardata bene dal fare una simile ammissione, che sarebbe benzina sul fuoco dei rivali, ma qualcosa oggi non ha funzionato.
Che cosa è successo?
Ho sbagliato a rispondere allo scatto di Yates e per fortuna ho avuto accanto Martinez, che mi ha scandito il passo e mi ha pure incoraggiato (foto di apertura). Forse se come Yates avessi visto la salita sarebbe cambiato qualcosa, avrei mollato prima, mi sarei messo in difesa e avrei limitato il distacco negli ultimi 2,5 chilometri, ma non si può avere il tempo di provarle tutte. Poteva andare peggio, tutto sommato mi sono salvato bene.
Yates adesso ti fa paura?
Lo dico dal primo giorno che mi fanno paura tutti, non sottovaluto nessuno. Il Giro è una corsa imprevedibile, voglio essere tranquillo e concentrato. Devo gestire bene la corsa, perché si è visto oggi che se qualcuno ha gambe, può fare la differenza.
Per la prima volta i tuoi avversari hanno visto che non sei imbattibile…
Mi fa piacere sentirmi dire che sono il più forte in salita, ma non ci ho mai creduto. Già ieri avevo detto che avere un buon margine mi avrebbe permesso di stare tranquillo casomai avessi avuto una giornata storta ed eccola arrivata. Nessuno è imbattibile, neanche io. In questi momenti in cui si soffre, però, si vede la grinta dei corridori. Non sarebbe bello vincere facilmente. Bisogna essere onesti e dire che oggi sono stati più forti gli altri.
Hai avuto paura di crollare?
Yates ha fatto un paio di scatti davvero forti e ho sbagliato a seguirlo, c’era tanta pendenza e sono andato fuorigiri. Quando poi vai sopra al tuo ritmo, serve tempo per recuperare, ma su quelle pendenze è dura. In più dovevo tirare il fiato perché sapevo che sarebbe arrivato Caruso. Se mi avesse staccato, non avrei risolto un bel niente.
Mal di schiena o giorno di riposo che ha lasciato delle tracce?
Non so dire se sia stato il riposo, anche se può capitare. Gli scatti di Yates sono stati importanti, quindi magari non sarei riuscito a seguirlo anche se fossi stato bene. Bisogna essere onesti, Simon ha vinto perché era il più forte. Ma ho anche pensato che non fosse poi così vicino in classifica. Ho ancora un buon margine e il Giro è ancora lungo».