Syncros per DSM: raggi e cerchio in un solo pezzo di carbonio

24.07.2023
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COMBLOUX – Nel giorno del lancio, abbiamo passato qualche minuto con il loro progettista William Juban. Di lì a poche ore, le nuove ruote Capital SL di Syncros avrebbero debuttato ufficialmente nella cronometro del Tour de France sulle Scott del Team DSM-Firmenich. Alle loro spalle un lavoro davvero lungo, frutto di una collaborazione con la squadra. E se l’obiettivo per la WorldTour di Bardet e compagni era arrivare a un set di ruote per la crono (nello stesso giorno debuttava anche la lenticolare posteriore), la genesi del progetto Capital risale ad almeno 5 anni fa. Il debutto infatti risale a un terreno diametralmente opposto: quello della mountain bike. La stessa tecnologia era alla base delle Silverton SL, portate in gara da Nino Schurter e con cui Pidcock ha vinto le Olimpiadi a Tokyo.

Da dove vogliamo cominciare?

Dal fatto che queste ruote sono piuttosto diverse dal solito. Sono realizzate in un unico pezzo di carbonio. Non ci sono raggi e non ci sono nipples. E’ un pezzo unico, dal centro e fino al cerchio. Solo il mozzo dove alloggiamo i cuscinetti è in alluminio ed è incollato nella struttura. Il resto è una vera costruzione in un unico pezzo, con la novità che possiamo variare ugualmente tensione nei raggi, che quindi si comportano come in una ruota tradizionale.

Come è possibile?

Grazie a un processo brevettato di Syncros. Nella fase in cui inseriamo il mozzo nella parte centrale della ruota e lo incolliamo, riusciamo a portare la tensione nei raggi. Nella ruota normale, lo fai tirando i nipples, qui lo facciamo attraverso il mozzo e tirando le due flange della ruota. E’ tutto ottimizzato al meglio.

Ottimizzato cosa?

L’interazione fra tutte le parti che compongono la ruota. La forma dei raggi, il numero di raggi, la posizione dei raggi perché lavorino perfettamente con la forma del cerchio. Lavorando su un unico pezzo, non abbiamo dovuto integrare una serie di componenti, ma abbiamo sviluppato una singola entità.

Ci fai un esempio?

Non avere i nipples significa ad esempio che non abbiamo bisogno di rinforzare l’area in cui i raggi si inseriscono nel cerchio. E’ tutto nello stesso layup. Guardando con attenzione, si può notare la fibra del raggio che arriva alla flangia. Il raggio che proviene dal mozzo va verso il cerchio e lo attraversa. Anche i raggi si incrociano, ma non sono incollati uno sull’altro. Sono davvero fibre che si sovrappongono e si fondono insieme. Il carbonio o i compositi danno il meglio quando vengono utilizzati sotto tensione e il raggio per natura è sotto tensione. Quindi l’uso dei raggi in carbonio aveva molto senso e ci ha permesso di mettere a punto la geometria e la forma dei raggi in modo che abbiano un profilo aerodinamico.

Quale forma hanno?

Sono schiacciati, ma abbiamo aumentato un po’ la loro sezione, arrivando a renderli il 35% più resistenti di un raggio d’acciaio. Questo ci ha permesso di ridurne il numero, infatti abbiamo solo 16 raggi e grazie ai quali otteniamo anche un ottimo risultato aerodinamico. La stessa assenza dei nipples concorre a questo risultato, grazie a forme assolutamente fluide.

Ruote hookless per tubeless: unica opzione?

Crediamo che sia il futuro. La ruota per la crono è larga 23 millimetri, questa che vi sto mostrando è da 25, per cui la dimensione minima del pneumatico da utilizzare è 28. Non abbiamo bisogno di nastro sulle ruote perché escono dallo stampo perfettamente lisce. In questo modo il team sta risparmiando qualcosa fra i 300 e i 400 grammi rispetto alla configurazione che avevano prima e ne sono entusiasti.

Quali feedback avete avuto dai corridori in termini di resa?

Prima si sono stupiti per la reattività delle ruote, perché sono più leggere di quelle che avevano prima. Poi, dopo averci pedalato più a lungo, si sono molto sorpresi dalla stabilità. Quindi abbiamo lavorato molto nello sviluppo dell’aerodinamica per assicurarci che i venti trasversali non influiscano troppo sulla stabilità di guida e le loro valutazioni vanno tutte in questo senso. Un altro aspetto che li ha sorpresi è il comfort. Le ruote possono sembrare un po’ troppo rigide, ma non lo sono. Rimangono elastiche e confortevoli.

Sono ruote per il solo uso crono?

No, in realtà sono state sviluppate anche per l’uso gravel, ovviamente con pneumatici più grandi. Abbiamo appena detto che la misura più redditizia di pneumatico sia la 29, in realtà si può arrivare fino a pneumatici da 50. Tuttavia, queste non sono ruote da mountain bike, quindi bisognerebbe restare in un corretto utilizzo gravel. E poi ovviamente si potranno usare nelle gare su strada. Qui al Tour abbiamo portato la versione più leggera, quindi con cerchio da 40 millimetri, ma si può salire senza problemi.

Al Tour ha debuttato anche la nuova ruota a disco.

Parte da una base simile a quella della ruota anteriore, come ci è stato richiesto dal team. Dopo i primi test di giugno 2022, infatti, ci hanno chiesto di sviluppare la lenticolare posteriore. In pratica partendo da un disco da 40, abbiamo applicato due coperture aerodinamiche, una per lato.

Quindi il disco non è portante?

No, c’è sotto la struttura in carbonio. Gazie a questa costruzione e alle nostre ruote super leggere come base, abbiamo raggiunto la ruota a disco più leggera del mercato. Quindi il peso finale è di 970 grammi con specifiche molto moderne, quindi canale da 25 millimetri, cerchio hookless tubeless ready. Questo per noi è il futuro.

Sono serviti davvero 5 anni?

Cinque anni di sviluppo, da quando abbiamo lanciato le Silverton SL. Avevamo appena iniziato lo sviluppo della versione strada. Nel 2018 siamo passati nella galleria del vento, distaccando sul progetto due ingegneri che ci hanno lavorato a tempo pieno per cinque anni. Ora le ruote esistono e vengono prodotte come i nostri telai in Asia, perché sono i migliori partner e hanno la tecnologia più avanzata. In Europa non esistono realtà industriali di questo livello. 

Bianchi Specialissima 2021

Da Scott a Bianchi, inizia il cambio di stagione

24.11.2020
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Nella Mitchelton-Scott è cambiato quasi tutto. E alla fine, oltre al nome e ai dirigenti, cambieranno anche le bici, che saranno Bianchi. L’annuncio è arrivato poco dopo metà ottobre in pieno Giro d’Italia. L’azienda di Treviglio ha ringraziato e salutato la Jumbo-Visma, che pochi giorni prima aveva abbandonato in massa il Giro d’Italia, prima di vincere la Vuelta. Mentre Scott ha impacchettato le sue cose per trasferirsi alla Sunweb, che a sua volta ha ceduto le Cervelo proprio alla Jumbo di Roglic. In questa girandola di nomi da Fiera dell’Est, qualcuno ha pensato a chi fisicamente ha spostato le bici da una casa all’altra?

In questo video del 2018, Alberto Chiesta descrive la Scott Addict Rc PRO di Simon Yates

Noi abbiamo parlato con Alberto Chiesa, meccanico della squadra australiana che da Scott è passata a Bianchi e che assieme ai suoi colleghi ed un furgone ha ritirato le Scott e consegnato le Bianchi.

Cambia tutto o non cambia niente, a parte il nome?

Normalmente non c’è molta differenza, se non individuare la taglia giusta. Ogni brand ha le sue misure, angoli e lunghezze, e il lavoro da fare è sistemare al meglio i corridori che rimangono, nel nostro caso quelli che avevano le Scott. Per i nuovi è diverso, perché cambiando squadra sanno anche di doversi adattare alla nuova bici. Mentalmente è differente.

Tante differenze di centimetri?

Scott, vado a memoria, fa 47-49-52-54-56-58-61. Bianchi fa 47-50-53-55-57-59-61-63. Sembra poca roba, ma quando ci sei sopra, un po’ si sente.

Partite dalle schede o partite da zero?

Partiamo da quello che abbiamo su carta e poi facciamo il meglio possibile con i vari componenti

Simon Yates 2020
Simon Yates ha vinto la Tirreno-Adriatico 2020 conquistando la tappa di Sassotetto
Simon Yates 2020
Simon Yates su Scott, primo alla Tirreno
Quando avviene questa prima fase?

Di solito si fa un pre-ritiro a fine stagione. Quest’anno si è fatto poco dopo la Vuelta, anzi ne abbiamo fatti due. Una parte in Spagna, una a Varese. Si accontentano tutti, anche se non si può dire che tutti avranno la stessa posizione dell’anno precedente.

Cambia soltanto il telaio o i componenti seguono a ruota?

Telaio, selle e attacchi, perché Scott portava con se la sua parte accessori.

Di quali bici parliamo dunque?

I più correranno con la nuova Specialissima, presentata alla fine del Giro d’Italia. Altri avranno anche l’Oltre. Gruppi Shimano Dura Ace Di2 disco, attacchi Vision di Fsa e selle Fi’zi:k ma di questi si occupa direttamente Bianchi che ha il contatto con le aziende fornitrici.

La Jumbo-Visma non usava freni a disco, però…

Esatto, mentre noi con Scott sì. Non so se Bianchi spingesse per questa soluzione e loro non volessero, queste a volte sono scelte dei team. Anche Pinarello ha le bici pronte con i dischi, ma Ineos vuole i rim-brakes.

Manubrio Vision Metron 5D
Le nuove Bianchi del team avranno manubrio Metron 5D di Vision
Manubrio Vision Metron 5D
Vision Metron 5D per le nuove Bianchi
Dal tuo punto di vista?

Capisco che un’azienda voglia sviluppare quel che sul mercato sembra tirare di più. Dal punto di vista del meccanico, il disco va bene fra gli amatori, meno per il professionista.

Come mai?

Sicuramente funziona benissimo e ormai abbiamo anche imparato a cambiare le ruote velocemente con il perno passante. Ma quando arrivi in hotel la sera, è sempre tardi. Se non ci sono problemi, la bici è perfetta. Ma se qualcosa non funziona, non finisci più. Se c’è stata una caduta e qualcosa si è storto il lavoro si complica di molto.

Mitchelton aveva già usato selle Fi’zi:k in precedenza?

Sì e questo è positivo, anche se i modelli nel frattempo sono cambiati. Per cui i nostri hanno individuato dei modelli a catalogo e abbiamo fatto la nostra richiesta, mentre loro hanno proposto di provare anche un modello nuovo che si chiama Argo. Adesso siamo nella fase in cui i corridori provano e poi scelgono.

Attacchi e manubri?
Roglic Vuelta Bianchi
Con la Vittoria della Vuelta, Roglic ha salutato il marchio Bianchi
Roglic Vuelta Bianchi
Con la Vuelta, Roglic ha salutato Bianchi

Si userà l’integrato, il Metron 5D, ma anche una combinazione di attacco più manubrio, ugualmente aero. La scelta è soggettiva, ma tante volte dipende dalle misure. Ad esempio per le ragazze, che usano manubri più stretti da 38, l’integrato non viene fatto. Va da 40 a 44.

Ci sono differenze di montaggio fra Scott e Bianchi?

Non troppe. Il nostro responsabile è stato in Bianchi e gli sono state indicate le particolarità di cui tenere conto, per cui imparato il sistema Bianchi, si procede spediti. Detto questo, facciamo questo lavoro da così tanto tempo, per cui già alle corse ci siamo informati con i colleghi che usavano Bianchi. Abbiamo chiesto e osservato. Nessuno di noi è novellino e alla fine le bici nel montaggio sono abbastanza simili fra loro.

Da quanto tempo lavori nel professionismo?

Con le squadre dal 2007, ma faccio il meccanico da 40 anni.

Nel 2020 la Jumbo-Visma ha usato per le crono (qui Roglic alla Vuelta) la Bianchi Aquila Cv
Per le crono Roglic ha usato l’Aquila Cv
Avete già messo mano anche alle bici da crono?

Stiamo cominciando. Gli atleti hanno la prima bici da strada, che a norma non potrebbero ancora utilizzare, ma sappiamo come funziona. Quelle da crono vengono subito dopo. Ci sono anche qui geometrie un po’ diverse, ma ho visto che con le misure arriviamo vicini al passato. Sono io che faccio il primo montaggio e valuto queste cose. Le prime vanno agli atleti australiani, che fra poco tornano a casa e devono fare il campionato nazionale. Agli altri più o meno arrivano tutte insieme.

Chi ha portato le Bianchi ha anche ritirato le Scott?

Esatto, abbiamo fatto tutto nello stesso viaggio. Noi da Varese siamo andati dai due italiani, Konychev e Colleoni. Poi Matthews, Stannard e Mezgec in Slovenia. E da Zeits che sta a Montecarlo.

Ci sarà una bici a parte per la Roubaix?

No, la normale bici da strada. Del resto quando vincemmo con Hayman nel 2016, aveva una bici da strada. Di sicuro parecchi anni fa con i telai su misura era diverso. Potevi personalizzare in base ai singoli corridori e ai percorsi. Partivi dalla scheda e ognuno aveva la sua bici.

Valentino Sciotti

Sciotti, il ciclismo costa poco e rende bene

10.10.2020
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Valentino Sciotti, il signor Vini Fantini, si aggira per le partenze e fra i pullman come nel giardino di casa. I suoi marchi sono sulla maglia di Israel Startup Nation e Vini Zabù-Ktm. E il prossimo anno, se tutto va come pensa, i Vini Fantini saranno anche sulla maglia di Chris Froome. Impossibile non fregarsi le mani. Un po’ perché il ciclismo è la sua grande passione. Ma soprattutto perché tra i soldi spesi e quelli ricavati, il rapporto è così vantaggioso da chiedersi come mai anche altri non si precipitino sulla torta a due ruote.

damiano_cima_giro19
Al Giro d’Italia del 2019, la vittoria di Damiano Cima a Santa Maria di Sala
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Al Giro d’Italia del 2019, la vittoria di Damiano Cima a Santa Maria di Sala
Perché si investe sul ciclismo?

Sia per passione sia per tornaconto. Ma di sicuro è l’investimento che rende di più a livello sportivo. In termini di costo/contatto sono i soldi spesi meglio.

C’è differenza fra la resa di una professional e di una WorldTour?

Hanno entrambi dei ritorni molto buoni. I numeri sono diversi e il tipo di esposizione è diverso. Quindi l’uno o l’altro, ciascuno nel suo, non fa un’immensa differenza.

Quanto rende partecipare al Tour de France?

Se tu pensi che una gara come il Tour raggiunge più di un miliardo di persone e tu vendi un bene di largo consumo, che si presta ad essere consumato da una platea molto ampia, capisci bene che davvero non ci sia un investimento che abbia un costo più basso.

Ci sono termini concreti di riscontro?

Io ho aperto parecchi mercati grazie al ciclismo. Ho aperto la Turchia, ne ho aperti tanti in Sudamerica. In Belize non mi volevano nemmeno ricevere perché il mio interlocutore era in campagna elettorale. Ma appena ha letto il nome Fantini, ha chiesto alla segretaria di informarsi se fosse quello del ciclismo.

E quando lei ha detto di sì?

Il tipo è arrivato di persona, si è presentato. E ha cominciato a dire: «Io sono un fan, sono un appassionato». Si è girato verso la segretaria e ha detto: «Questi vini li voglio dentro».

Da sponsor, c’è una vittoria che le è rimasta dentro?

Sull’Etna c’è andato vicino Visconti, ma sicuramente quella dell’anno scorso di Damiano Cima. E’ stato un giorno da prendersi l’infarto.

Dispiaciuto di non avere più una squadra tutta sua?

Non ho rimpianti. Lo sponsor deve fare lo sponsor, il team manager il team manager e via dicendo. Io ho altre preoccupazioni. Devo dare il 100 per cento di me stesso per il resto. Arriverà Froome? Penso di sì, si deciderà a breve.

Simon_Yates_crono_Palermo_Giro2020

Yates: Algeri svela il mistero del 2019

04.10.2020
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Incontro per caso con Vittorio Algeri, tecnico della Mitchelton-Scott, alla partenza della tappa di Alcamo. L’imminente arrivo di Agrigento un paio di anni fa avrebbe solleticato la fantasia del suo Simon Yates. Ricordate il Giro vinto poi da Froome? Yates annichilì tutti nelle prime due settimane, poi iniziò a vacillare e alla fine venne spinto giù dalla classifica proprio da Chris e dalla sua impresa sul Colle delle Finestre.

Simon abbozzò, Vittorio fece la sua analisi. Digerirono la sconfitta, poi Yates andò alla Vuelta e la vinse. Salvò la stagione, ma nelle sue gambe rimase un carico di fatica che avrebbe dovuto smaltire. Tuttavia non lo fece.

Simon_Yates_Giro2020
Nella tappa di Agrigento, adattissima a lui, è rimasto coperto dietro i compagni
Simon_Yates_Giro2020
Nella tappa di Agrigento, adattissima a lui, è rimasto coperto dietro i compagni

«Dopo allora – dice Algeri – Yates ha cambiato preparatore. Quando un corridore fa una stagione così impegnativa, poi deve avere il tempo di recuperare. Il corpo umano non è inesauribile. Invece a gennaio era già a tutta, pronto a lavorare per trovare più resistenza nelle tre settimane. Il guaio è che se fai certi lavori su un organismo fresco, la condizione migliora. Se lo fai su un ragazzo già in crisi, ottieni il risultato opposto».

Yates: esplosività a rischio

Si spiega così l’opaco 2019 del fenomenale Simon Yates, dice Algeri, che lo scorso anno iniziò il Giro con il secondo posto nella crono di Bologna. Poi sparì dai piani alti. Ricomparve a Courmayeur, con un secondo posto. Poi l’indomani a Como, con il terzo. Ma da uno così ti aspettavi la vittoria, invece alla fine chiuse con l’ottavo posto. Poi andò al Tour. Vinse la tappa di Bagneres de Bigorre e quella di Foix, ma chiuse la classifica al 49° posto.

«Dal 2018 – prosegue Algeri – abbiamo fatto tesoro di tante esperienze. Ci siamo resi conto delle forze che abbiamo sprecato e capito che se si punta alla terza settimana, nelle prime due è bene stare tranquilli. Per cui, unitamente al cambio di preparatore, Yates ha capito anche di doversi nascondere. A Bologna l’anno scorso si è salvato, perché le doti di esplosività le ha sempre avute. Eppure, con quel tipo di lavoro, stava perdendo anche quelle. Era necessario fermarsi e ripartire. Quello che abbiamo fatto».