Carbonari: «La Scheldeprijs con la WorldTour mi ha ravvivata»

08.04.2023
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Ad Anastasia Carbonari serviva una scossa per ravvivare questa prima parte di stagione. Non che finora le fossero mancati alcuni buoni piazzamenti con il Devo Team UAE, ma per una serie di circostanze stava perdendo mordente. Talvolta basta poco avere una scarica di adrenalina ed uscire dal torpore.

Ecco quindi che arriva la chiamata per correre lo Scheldeprijs con la formazione WorldTour e Carbonari si ritrova a vivere situazioni di un anno prima. In ammiraglia c’è “Capo” Arzeni e in squadra una fetta della vecchia Valcar. L’italo-lettone contribuisce al terzo posto di Consonni (dietro Wiebes e Kool) e rinfranca il suo morale per meritarsi nuovamente il posto.

A Carbonari è servito correre la Scheldeprijs per rivivere certe sensazioni e per darsi una scossa
A Carbonari è servito correre la Scheldeprijs per rivivere certe sensazioni e per darsi una scossa
Anastasia partiamo dai primi mesi del 2023. Come sono andati?

Devo considerarli sotto due punti di vista. Soddisfatta per le prestazioni, ora sostengo sforzi più prolungati. Bene anche per i risultati. Seconda a Umag ad inizio marzo e qualche giorno dopo abbiamo vinto la cronosquadre del Trofeo Ponente in Rosa. Lì ho fatto anche un piazzamento nei dieci, così come al Tour de Normandie. Se invece penso alla condizione, speravo di essere più fortunata. Nell’ultimo periodo ho avuta una mezza bronchite. Facevo quasi fatica a tossire per la gola infiammata. Per fortuna non ho avuto febbre né placche. Peccato perché stavo così anche poco prima della Scheldeprijs.

Che sensazione è stata correre quella gara con la squadra maggiore?

E’ stato come un salto all’indietro, condito da tanta emozione. Naturalmente c’era Arzeni in ammiraglia, insieme ad Anna Badegruber, la nostra diesse nel Devo Team. “Capo” ha chiamato anche lei, che è giovane ed ex corridore, per fare un po’ di esperienza. Lui era contento di rivedermi, ci siamo scambiati le solite battute. Ed io avevo bisogno di ritrovare i suoi stimoli, senza nulla togliere agli altri miei tecnici che mi insegnano tanto, ma con lui sono diventata un corridore. Poi c’erano anche Chiara e Karolina (rispettivamente Consonni e Kumiega, ndr). Sono stata contenta di rivederle. Abbiamo corso con lo spirito della Valcar sapendo di essere il UAE Team ADQ, quindi più importante.

Carbonari seconda a Umag dietro Vigilia. Pochi giorni dopo vincerà la cronosquadre del Ponente in Rosa (foto instagram)
Carbonari seconda a Umag dietro Vigilia. Pochi giorni dopo vincerà la cronosquadre del Ponente in Rosa (foto instagram)
Qualcuno ti ha fatto gli onori di casa?

Intanto mi ha fatto piacere che avessero preparato per me una maglia di campionessa lettone per il team WT, quindi un po’ diversa da quello che uso di solito. Ho conosciuto meglio Elizabeth Holden, mia compagna di stanza. Poi è stato un onore salire sul bus della squadra e tutto il resto del contesto. Sia lì che in gara ci ha spiegato tutto Trevisi. Lei era la più esperta in squadra e ci ha aiutato tanto. Si è complimentata sia con me che con Linda (la svizzera Zanetti, anche lei atleta del Devo Team, ndr).

In corsa poi come ti sei trovata?

Avvertivo un’ansia buona. Sapevo che ci sarebbero stati ritmi diversi da quelli che facevo ultimamente ma è andato tutto bene. Anzi mi sono sentita parte in causa del terzo posto conquistato da Chiara. Ad un certo punto la fuga di sette atlete aveva ancora un bel vantaggio a venti chilometri dall’arrivo. SD Worx e Team DSM stavano lasciando fare anche se non avevano nessuno là davanti. Così ci siamo incaricate noi di chiudere. Non avevamo nulla da perdere, pur sapendo che Wiebes e Kool ora sono un gradino sopra tutte in volata. Avevamo fiducia in Chiara che non ha nulla da invidiare a loro due e infatti ha dimostrato di essere al loro livello. Ecco perché dicevo prima che mi sembrava di essere tornata ai tempi della Valcar. Mi piace questa filosofia di correre.

Com’è stato il finale?

Il compito mio e di Kumiega era quello di portare Consonni sulle ruote di Wiebes prima dello sprint. E lo abbiamo fatto bene. Poi l’ordine d’arrivo lo conosciamo tutti, ma era importante rispettare le indicazioni. Arzeni era contento e non solo lui. A fine gara Lars Boom (il diesse della SD-Worx, ndr) ha ringraziato Trevisi per il nostro lavoro negli ultimi chilometri, così come la stessa Kool ha fatto con Consonni. Ecco, questo mi ha inorgoglito. Ci voleva per me. La Scheldeprijs mi ha svegliato (dice sorridendo, ndr).

Ora Anastasia Carbonari come si presenterà alle prossime gare?

Torno nel Devo Team con molta più carica. E’ molto motivante correre con la squadra WorldTour. E’ una cosa che fa bene ad ognuna di noi che finora l’ha fatto. Già lunedì a Mouscron voglio fare bene, anche mettendomi a disposizione di compagne più veloci e adatte di me a quella corsa. Fra di noi c’è molta disponibilità ad ascoltarci. Dobbiamo ancora imparare tanto e dobbiamo crescere, però riconoscere con onestà se possiamo fare la corsa o se dobbiamo lavorare per una compagna è fondamentale. E’ un aspetto a cui fanno attenzione di là.

Ex Valcar. Nel finale di Scheldeprijs, Carbonari e Kumiega (a sx) hanno lavorato per tenere davanti Consonni
Ex Valcar. Nel finale di Scheldeprijs, Carbonari e Kumiega (a sx) hanno lavorato per tenere davanti Consonni
Cos’hai notato in UAE del rapporto tra team WorldTour e Devo?

Oltre ai risultati, so che i due staff si confrontano abbastanza con vari report su di noi della formazione development. Guardano come lavoriamo, se siamo unite o come facciamo un lead-out. Vogliono vedere se siamo pronte a ripetere le stesse cose più in grande. Personalmente questo lo ritengo molto stimolante. Il mio obiettivo è quello di entrare nel 2024 nella formazione WorldTour. Mi sto impegnando per farlo sperando di centrare qualche vittoria.

Barbieri, compleanno sul pavè preparando la Roubaix

05.03.2023
5 min
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Rachele Barbieri finora aveva corso a Roubaix solo nel 2021 quando disputò i mondiali in pista. Poche settimane fa invece ha festeggiato il suo 26esimo compleanno con una ricognizione sul pavè, chiudendola dentro al vecchio e mitico velodromo André Pétrieux, a pochi metri dall’anello iridato, intitolato invece a Jean Stablinski.

Per una “monumento” come la Parigi-Roubaix non si lascia nulla al caso, figuriamoci se è la prima che correrai. La velocista modenese della Liv Racing TeqFind conosce già le pietre fiamminghe, ma doveva prendere coscienza di quelle francesi. Barbieri ha così scoperto cosa la attende malgrado il suo passato da ciclocrossista. Da qui all’8 aprile avrà un avvicinamento piuttosto specifico, sia in gara che in allenamento. Anzi, non è escluso un secondo sopralluogo ancor più approfondito.

La recon sul pavé della Liv Racing TeqFind si conclude dentro al mitico di Roubaix (foto instagram)
La recon sul pavé della Liv Racing TeqFind si conclude dentro al mitico di Roubaix (foto instagram)
Rachele quando ritorni al Nord?

Riprenderò l’11 marzo alla Ronde van Drenthe, poi mi aspetta un bel blocco di gare. In sequenza farò la Nokere il 15, la De Panne il 23, la Gand-Wevelgem il 26, la Dwars door Vlaanderen il 29, la Scheldeprijs il 5 aprile ed infine la Roubaix. Dopo di che ho dato la disponibilità per tornare in pista alla Nations Cup a Milton in Canada (dal 20 al 23 aprile, ndr). Al rientro inizierò a lavorare per la seconda parte di stagione.

Intanto le prime pietre le hai assaggiate con la Het Nieuwsblad. Com’è andata?

Poteva andare meglio. Nel finale ho scollinato il Kapelmuur (o muro di Grammont, ndr) assieme a Bastianelli, Gasparrini, alcune mie compagne e altre ragazze. Eravamo un bel gruppetto. Ma ero morta, infatti il Bosberg, l’ultimo muro, l’ho fatto praticamente all’indietro (sorride, ndr) e ho perso le ruote. Peccato perché vedendo la volata per il secondo posto mi è mancato poco. Il lato positivo è che rispetto al 2022 ho fatto grandi miglioramenti e questo mi ha dato morale. Avrei voluto rifarmi a Le Samyn.

Che non hai corso però…

Esatto. Purtroppo la nostra squadra non è stata invitata. Mi è spiaciuto fermarmi subito e tornare a casa. Anche in questo caso, vedendo com’è finita, con la tripletta Bastianelli, Confalonieri e Guazzini, mi sarebbe piaciuto giocarmi le mie carte. In ogni caso “viva l’Italia” e complimenti alle ragazze. Io avrò altre occasione per recuperare.

Barbieri (qua alla Het Nieuwsblad) sa che dovrà prendere davanti i tratti di pavè alla Roubaix
Barbieri (qua alla Het Nieuwsblad) sa che dovrà prendere davanti i tratti di pavè alla Roubaix
Ti stai allenando su quel “poco” che ti è mancato e di cui parlavi prima?

Alle prossime gare voglio arrivarci pronta. La differenza la fai non solo tenendo sui muri, ma dando il cambio di ritmo nel tratto di pianura appena scollini. Li ho sofferti infatti. Per questo mi sono allenata su tratti di 4/5 minuti molto forte, compresi 30/40 secondi finali in cui vai a tutta. In sostanza ho anche allenato il recupero per andare oltre il limite dopo. Devo ringraziare il mio preparatore Stefano Nicoletti che mi è sempre molto vicino e capisce subito le mie richieste. Anzi, spesso mi accompagna fuori in allenamento tirandomi il collo (sorride, ndr). E questo è uno stimolo per me a fare di più.

La recon della Roubaix com’è stata?

Vi racconto questo aneddoto. Ero particolarmente entusiasta di farla, visto che era il giorno del mio compleanno (21 febbraio, ndr). A metà dell’allenamento Wim (il diesse Stroetinga, ndr) mi affianca con l’ammiraglia e mi chiede sorridendo: «Ti piace ancora questa ricognizione?». Io lo guardo e facendo il gesto con la mano, gli rispondo che ero meno convinta. Battute a parte, è stato un test molto probante, tant’è che vorrei rifarne un altro. Se ci sarà il tempo, tra Dwars e Scheldeprijs, potremmo magari provare i materiali che useremo in gara.

Rachele Barbieri è attesa da una campagna del Nord fatta di 7 gare (foto instagram)
Rachele Barbieri è attesa da una campagna del Nord fatta di 7 gare (foto instagram)
Che impressioni hai avuto?

E’ stato un allenamento intenso. Abbiamo simulato un ritmo gara nei vari settori di pavè, prendendoli forte e accelerando in uscita. E’ vero che è una classica senza dislivello, ma ho sofferto e ho davvero capito che è una gara molto dura. Tuttavia col passare del tempo stavo meglio e ho notato la differenza dal primo all’ultimo tratto di pavè. Bisognerà tenere conto di tante cose, molto più di altre corse.

Quali sono quelle che ti hanno colpito di più?

Ci sono tanti aspetti che possono condizionare la Roubaix. Penso al meteo naturalmente. Noi l’abbiamo provata in una giornata grigia ed un po’ di fango lo abbiamo raccolto. Ma se pioverà o se ci sarà bel tempo, quindi con tantissima polvere, sarà tutta un’altra gara. Ecco il motivo della seconda recon più sotto data. Poi c’è la questione della pressione dei copertoncini. Quello sarà un bell’enigma. Io che sono abituata a gonfiarli abbastanza alti, appena siamo partiti mi sono sentita lenta, incollata al terreno, ma sul pavè viaggiavo bene. Proprio come aveva raccontato Colbrelli quando la vinse. Infine, tra i tanti aspetti, ci sono quelli legati alle posizioni da tenere, ai rapporti o agli accorgimenti da usare col vestiario.

A Barbieri nella Het Nieuwsblad è mancato il cambio di ritmo in cima ai muri. Ci sta lavorando (foto Stephan De Goede)
A Barbieri nella Het Nieuwsblad è mancato il cambio di ritmo in cima ai muri (foto Stephan De Goede)
A Rachele Barbieri la Roubaix fa più paura o è più uno stimolo?

Bella domanda. Senza dubbio mi stimola correrla perché è una gara che ho sempre sognato di fare, ma non vi nascondo che mi impensierisca. Ho chiesto consigli alle compagne che l’hanno già corsa, così come ai miei tecnici. Qualcuno mi ha detto che si partirà subito a tutta. Ci sarà grande stress per stare nella prima parte del gruppo. Dovrò prestare attenzione a tutto ma sono tutti discorsi che faranno anche le altre atlete. Insomma, diciamo che potremmo riassumere il tutto in due condizioni necessarie. Una grande condizione e molta fortuna.

Una vittoria, un podio e tanto altro. Il ritorno di Rachele Barbieri

12.04.2022
6 min
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Non se lo aspettava nemmeno lei di poter tornare nel giro che conta, quello del WorldTour femminile, e di farlo così bene. Nonostante la partecipazione alle Olimpiadi di Tokyo, gli ultimi due anni sono stati complicati, ma Rachele Barbieri non si è mai persa d’animo. E nell’ultimo mese ha raccolto una serie di buonissimi risultati con la sua Liv Racing Xstra.

Il più importante è il successo conquistato il 5 marzo nella terza tappa dell’EasyToys Bloeizone Fryslan Tour (foto in apertura) davanti a Martina Fidanza ed Elodie Le Bal, all’indomani di un quinto posto. Gli altri invece, sempre in ordine temporale, sono il sesto posto alla Dwars door Vlaanderen vinta da Chiara Consonni ed il terzo ottenuto a Scheldeprijs il 6 aprile dietro a Lorena Wiebes e la stessa Consonni.

Se nelle passate stagioni aveva solo sfiorato il bersaglio grosso, quella realizzata in Frisia dalla 25enne modenese (che già aveva vinto quattro gare open in Italia) è la prima vittoria nel circuito UCI. E’ stata l’occasione quindi per sentirla e conoscere i suoi programmi futuri.

Rachele partiamo dalla vittoria in Olanda dove c’erano nomi importanti. Raccontacela…

Sono contenta, oltre che per il risultato, di aver portato a casa la fiducia della squadra. E’ stato bello che le mie compagne ed il diesse Wim Stroetinga (Giorgia Bronzini quel giorno era alla Strade Bianche, ndr) abbiano creduto in me. Non è stata una volata come le ultime che ho fatto, perché mancavano le migliori velociste. Però quando sei ad una corsa non devi pensare alle assenti, ma a chi è presente. Comunque è arrivata seconda Martina Fidanza che ritengo una velocista molto forte ed in gara c’erano anche Lonneke Uneken, una delle punte della SD Worx, poi Chloe Hosking della Trek-Segafredo, le ragazze della Jumbo-Visma ed altre qua e là. Il livello era valido.

Te lo aspettavi di vincere così presto?

Onestamente no. Erano tre giorni di gara ed ognuna con una storia a sé, come le altre del resto. Questo 2022 lo vedevo più come un anno di esperienza, visto che nelle ultime due stagioni avevo perso un po’ il ritmo e l’abitudine a fare 140-160 chilometri di gara. Distanze che oltretutto negli ultimi tre anni sono cresciute tanto. Invece ho già fatto diversi risultati che mi rendono felice.

Hai fatto un bel terzo posto dietro Wiebes, che sembra imbattibile su certi arrivi.

Sicuramente quello è un podio che mi dà tanto morale. Forse uno dei risultati più importanti della mia carriera. Lei è la più forte ed è supportata anche dalla squadra. Quel giorno a Scheldeprijs sono rimasta sola per una caduta a 5 chilometri dal traguardo che ha tagliato fuori le mie compagne. Ho preso la volata molto indietro, l’ho fatta praticamente in rimonta per 500 metri. Lorena ha vinto nettamente, meritandosela, e probabilmente lo avrebbe fatto lo stesso. Però mi piacerebbe in futuro avere la possibilità di disputare una volata allo stesso livello. Vorrei avere un treno come lei, partendo al suo pari e capire quali possono essere le differenze con lei. Sono fiduciosa nelle mie potenzialità.

Alla Scheldeprijs, Rachele Barbieri ha raccolto un bel 3° posto dietro Lorena Wiebes e Chiara Consonni (foto Instagram)
Alla Scheldeprijs, Rachele Barbieri ha raccolto un bel 3° posto dietro Lorena Wiebes e Chiara Consonni (foto Instagram)
A parte il Trofeo Binda finora hai corso sempre tra Olanda e Belgio. Come hai ritrovato il gruppo?

C’è una tensione incredibile ad ogni gara. Bisogna sempre stare concentrati. Si va forte, si inchioda, si riparte accelerando. Poi su quelle strade dove ci sono tanti dissuasori di velocità, le righe in mezzo alla carreggiata che delimitano le due corsie. Diciamo che aver imparato a limare e sgomitare in pista mi ha aiutato molto.

Come proseguirà la tua stagione?

In questi giorni tornerò a correre in pista. Sarò a Gand dal 15 al 17 aprile per l’International Belgian Track Meeting (gara classe 1 UCI, ndr) poi andrò a Glasgow dal 21 al 24 aprile per la prima prova di Nations Cup. Su strada invece mi preparerò per il mio Giro d’Italia Donne. Non ho mai fatto una gara a tappe così lunga, quindi sono molto tesa perché non so cosa aspettarmi. Tuttavia ho visto che ci sono tappe, specie all’inizio, che potrebbero arrivare in volata. Ad una in particolare, la quinta, ho già fatto un cerchiolino rosso. Si parte da Carpi e si arriva a Reggio Emilia (il 5 luglio, 123,4 km di gara). Corro praticamente in casa, sulle mie strade di allenamento. So già che verranno amici, parenti e tifosi a vedermi. Ci tengo a fare bella figura.

Con la nazionale invece che obiettivi hai?

In pista vorrei puntare ai mondiali (si terranno dal 12 al 16 ottobre in Francia al velodromo Saint-Quentin-en-Yvelines, ndr). Su strada so che l’europeo non ha un percorso troppo duro e sarebbe un sogno partecipare anche a quello. Non sarà semplice guadagnarsi un posto perché in nazionale siamo in tante e sempre più forti. Farò il massimo per ottenere la fiducia del cittì Sangalli, col quale ho un buonissimo rapporto fatto di chiarezza e serenità. Così come il clima che ha creato in squadra. Anche se non sono ancora stata in ritiro con loro, per la concomitanza con quelli della mia squadra, è stato lui il primo a parlarmi degli europei.

E con la squadra come ti trovi?

Molto bene, davvero. Innanzitutto sono molto fortunata ad avere due diesse come Wim e Giorgia che hanno corso tanto in pista e quindi mi assecondano nella mia doppia attività. Conoscono i benefici che può darmi la pista in funzione della strada e viceversa. Poi sto bene anche con le compagne. Purtroppo nell’ultimo periodo siamo state decimate dal Covid. Ad esempio, dopo la Dwars door Vlaanderen sarei dovuta rientrare a casa ed invece sono rimasta in Belgio a correre il Fiandre che non era nei miei programmi proprio per sostituire una compagna ed avere il numero minimo per partire. L’ho fatto volentieri, anche se sono arrivata penultima. Sono stata contenta di essere restata su. Ho fatto esperienza, ho capito meglio le gare del Nord. E poi mi sono sentita parte di un gruppo.

Che differenze hai notato tra la Bronzini diesse e corridore?

Beh, adesso in ammiraglia ti fa scoppiare le orecchie quando ti parla alla radio (ride di gusto, ndr). Siamo state compagne di nazionale al mondiale su pista ad Hong Kong nel 2017, quando ho vinto nello scratch. Se da atleta era tranquilla e ti faceva sentire a tuo agio nonostante fosse una grande campionessa, ora ti incita in continuazione, soprattutto nei tratti duri in salita. Non mi era mai successo prima di avere un diesse che mi conoscesse già e così bene. Per me è il massimo e mi farà crescere ancora.

Qualche buon motivo per seguire Kristoff alla Roubaix

11.04.2022
5 min
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Di Alexander Kristoff si è smesso da tempo di parlare, come se non avesse più niente da dire, anche se di corridori con il suo palmares nel gruppo ce ne sono davvero pochi. Per raccontare il gigante di Stavanger, che a 34 anni corre con la Intermarché Wanty Gobert e continua a vivere in Norvegia, basterebbe ricordare la Sanremo conquistata nel 2014, il Fiandre nel 2015, la Gand del 2019, le quattro tappe al Tour e adesso la Scheldeprijs, corsa per velocisti conquistata con 24” di vantaggio sul secondo.

Kristoff, campione europeo nel 2017 e bronzo olimpico a Londra 2012, cominciò un po’ a perdere consistenza al passaggio nel UAE Team Emirates. Senza responsabilità particolari, semplicemente per il tempo che passava o per un ambiente in cui non è riuscito a esprimersi. Per cui, passato nella squadra belga, per un motivo o per l’altro, ha ritrovato lo spazio e la voglia per emergere.

Il 2022 di Kristoff è iniziato con il piede giusto alla Clasica de Almeria
Il 2022 di Kristoff è iniziato con il piede giusto alla Clasica de Almeria

Conti pareggiati

Hilaire Van der Schueren, storico direttore sportivo del team, non vinceva una classica dall’Amstel Gold Race del 2016, quando ad alzare le braccia fu Enrico Gasparotto. Quest’anno prima Biniam Girmay e poi appunto Kristoff hanno pareggiato tutti i conti in un colpo solo. Dopo la sorprendente volata dell’eritreo nella Gent-Wevelgem, Kristoff si è preso il gusto di arrivare da solo.

«Lavoriamo su ogni aspetto dello sport – ha spiegato – ed è così che riusciamo a superare i nostri limiti. Non ho davvero nulla di cui lamentarmi. Stiamo vivendo una stagione fantastica come squadra. Prima Biniam che vince la Gand-Wevelgem, poi ho vinto io. E la stagione è ancora lunga, possiamo essere molto orgogliosi di questa stagione alle classiche. Lavoriamo bene insieme e ci concentriamo sui piccoli dettagli».

Kristoff ha vinto il Fiandre del 2015: con quei muri ha un feeling particolare
Kristoff ha vinto il Fiandre del 2015: con quei muri ha un feeling particolare

Un grande gruppo

Quando la Intermarché Wanty Gobert ebbe l’occasione di salire al WorldTour, oltre alla ricerca di corridori che le permettessero di rimanervi, mise mano in modo deciso proprio alla preparazione dei corridori e allo studio dei dettagli tecnici. E se il primo anno è stato di rodaggio, il 2022 è iniziato in modo importante. Il gruppo ha risposto nel modo giusto. Kristoff stesso aveva già vinto la Clasica de Almeria. Jan Hirt si è portato a casa una tappa e la classifica del Tour of Oman. Infine le vittorie di Girmay e Kristoff in Belgio hanno reso tutto più bello. Se c’è un aspetto su cui la squadra sta lavorando davvero bene – cosa non affatto scontata – è la creazione del gruppo, operazione sempre difficile quando avviene un innesto massiccio di nuovi corridori.

«Senza l’aiuto di Gerben Thijssen – ha detto Kristoff dopo la vittoria alla Scheldeprijs – non avrei mai potuto vincere. In questa squadra abbiamo molti corridori che sanno posizionarsi bene nel gruppo. Una cosa fondamentale, a mio avviso. Puoi essere forte quanto vuoi, ma se non sei nel posto giusto quando attaccano, sei fuori dai giochi. Gerben mi ha portato fuori in modo esemplare. Peccato solo che sia caduto, altrimenti il finale sarebbe stato anche più facile».

Nel 2018 con Aru e Martin al UAE Team Emirates, portando in dote la maglia di campione europeo
Nel 2018 con Aru al UAE Team Emirates, portando in dote la maglia di campione europeo

Sentirsi importanti

Il nuovo ambiente lo ha ringalluzzito, anche perché la UAE Emirates nel frattempo si è attrezzata con un gruppone fortissimo di scalatori e nella squadra del Tour per Kristoff non c’è più stato posto.

«Ovviamente questa è una squadra più piccola – ha detto – nessuno può negarlo. Ma di là non c’era la stessa attenzione per le classiche che abbiamo qui. Ecco perché per me arrivare alla Intermarché-Wanty non è stato un passo indietro. La UAE ha il grande obiettivo di vincere il Tour con Pogacar e tutto deve essere funzionale a questo. E le cose alla fine si erano fatte difficili, proprio perché è difficile trovare posto per me in una simile impresa. Quindi ho più motivazione. Da un lato sono più prezioso per la squadra di quanto fossi in UAE Emirates, che pullula di grandi campioni. E d’altra parte, sento più supporto per potermi dedicare alle corse che amo di più. Ho trascorso qualche giorno a casa – ha concluso – ma niente paura: tornerò per la Parigi-Roubaix».

In azione alla Roubaix del 2019: ha corso all’Inferno per 11 volte. Miglior risultato un 9° posto
In azione alla Roubaix del 2019: ha corso all’Inferno per 11 volte. Miglior risultato un 9° posto

Numeri da Roubaix

A Roubaix è arrivato due volte tra i primi 10, l’anno scorso è stato 14°. Sa andare sul pavé, basti considerare anche che in 11 partecipazioni al Fiandre, è stato per 8 volte tra i primi 10 e non è mai finito fuori dai 20. Se la cava anche bene quando piove: vivere a Stavanger accentua questa sua attitudine. E’ potente, ha il fisico giusto (è alto 1,81 e pesa 78 chili) e in questa stagione ha anche buone gambe. Potrà vincere? La Roubaix si gioca spesso sulla fortuna e ci sono favoriti più forti, ma Kristoff forse merita di essere considerato.

Ehi, Alafaci, cosa ci facevi a Scheldeprijs?

10.04.2021
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In uscita dal raduno di partenza della Scheldeprijs, a un certo punto dall’ammiraglia del Team Qhubeka-Assos è saltato fuori il baffetto sorridente di Eugenio Alafaci che non vedevamo in gruppo da un pezzo. Che cosa ci facesse ve lo diciamo qui ed è una storia di amicizia vera fra l’ex corridore varesino e Giacomo Nizzolo. Sentite perché.

Eugenio dice basta alla fine del 2019 a causa di problemi probabilmente di origine genetica all’arteria femorale iliaca della gamba sinistra. Nonostante cinque interventi, il primo già da dilettante, l’arteria tende a restringersi. Il sangue non passa e sotto sforzo la gamba fa un male cane. Continuare non ha senso. L’unica soluzione sarebbe semmai la sostituzione integrale del vaso, ma sarebbe un intervento troppo pesante. Per cui alla fine dell’ultima stagione con la Evo Pro Cycling e dopo i primi 5 anni con la Trek, Eugenio si ritira.

Alafaci e Nizzolo insieme alla Trek-Segafredo: qui nel 2018 dopo una vittoria alla Vuelta San Juan
Insieme alla Trek-Segafredo: qui nel 2018 dopo una vittoria alla Vuelta San Juan
Cosa ci fai qua?

Durante l’ultimo anno da corridore, avevo studiato per diventare massaggiatore e, quando Giacomo (Nizzolo, ndr) era a casa, gli facevo i massaggi. Abbiamo sempre avuto un bel rapporto, siamo amici. Ci frequentiamo con le nostre compagne, andiamo a cena insieme, a fare gli aperitivi. E così una sera a cena, quasi per scherzo, mi ha proposto se volessi lavorare nel team. Era novembre, la squadra aveva appena risolto il problema dello sponsor. Dissi di sì, subito! E’ stata una scelta improvvisa, che rifarei anche subito. La mia ragazza, Nicole, era con me già da corridore ed è stata al mio fianco nell’accettare. E così, eccomi qua. E sono proprio contento.

Di nuovo in squadra insieme?

Mi piace, è il mio mondo. E come massaggiatore mi sento ancora parte del risultato, posso dare il mio contributo. Facciamo un bel gruppo a tavola, ci divertiamo come una volta e mi piace pensare che con me accanto, Giacomo sia più tranquillo. In Trek si stava bene, ma ci sono squadre in cui tra i membri dello staff c’è tensione. Seguirò il suo programma, più le corse in Italia che lui non farà, come l’Emilia e il Lombardia.

Alafaci, Nizzolo, Popovych, Pelucchi, l’amicizia oltre il lavoro
Con Alafaci, Nizzolo, Popovych e Pelucchi, l’amicizia oltre il lavoro
Quanto è stato pesante ritirarsi?

Mi è dispiaciuto tanto. Avevo sempre male alla gamba e facevo sempre fatica. Non la fatica bella di quando ti spingi oltre il tuo limite, ma una fatica malata. Se avessi avuto la salute, sono certo che avrei ottenuto anche dei risultati. Ma non mi lamento, se non altro al professionismo ci sono arrivato. C’è gente che non è mai riuscita a passare.

Che cosa ti ha lasciato il ciclismo?

I ricordi migliori sono legati all’aver imparato a soffrire. La gente si stupisce della mia costanza nel mantenere un impegno, anche se faticoso. La bici te lo insegna e questo mi manca. Prima ho lavorato per un po’ in ufficio e la sera ero insoddisfatto, perché mi mancava la fatica. Così sono andato per una settimana a fare il muratore con il padre di Pelucchi. La sera ero distrutto, ma ero contento. La fatica è il bello del ciclismo, anche se adesso a questi ragazzi si sta chiedendo troppo, è tutto esasperato, il corpo a volte cede.

A proposito di Pelucchi, anche l’arrivo di Matteo in squadra si deve a Nizzolo…

Eravamo quelli della vecchia compagnia e ci ha radunato Giacomo. Con Matteo si allenava quando erano a casa ed è importante avere un amico in corsa. Ora sta a lui dimostrare di essere all’altezza, ma con entrambi Giacomo è stato davvero un signore.

Nizzolo e Alafaci hanno corso insieme dal 2014 al 2018, ma sono stati sempre amici
I due hanno corso insieme dal 2014 al 2018, ma sono stati sempre amici
Non puoi proprio più pedalare?

No, perché con il gesto della pedalata, si chiude l’angolo e il sangue non passa. Posso correre a piedi, ma anche lì se forzo troppo, qualcosa sento. Ma va bene, ho la mia nuova vita e sono super contento.

Nuova vita?

Con Nicole abbiamo comprato casa in Brianza, dopo tre anni a Gallarate, dalle mie parti. Lei ha i genitori vicini, io ricomincerò a partire. Casomai volessimo avere un bambino, ora la sistemazione è perfetta. Stiamo scegliendo cosa mettere nel giardino. E’ tutto bello come in un sogno.

Scheldeprijs a Philipsen, con un lampo di Cavendish

07.04.2021
4 min
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Ricomincia a nevicare su Schoten quando la Scheldeprijs entra nell’ultimo chilometro e il risultato è dato quasi per scontato. Bennett e la Deceuninck-Quick Step hanno una tale superiorità numerica da non ammettere repliche: in testa c’è anche Cavendish. I due soli italiani all’arrivo (entrambi inviati di bici.PRO) fanno timidamente il tifo per Nizzolo, ma la corsa onestamente è già scritta. Vince Bennett e tutti a casa.

Per Philipsen la conferma della bontà della nuova squadra
Per Philipsen la conferma della bontà della nuova squadra

Pronostici azzerati

Ma a capo di una giornata così fredda e resa dura dal vento, che ha spezzato il gruppo in tre ventagli, magari ci sta che nulla vada come te lo aspetti. E così Jasper Philipsen decide di fare la sua volata e parte a centro strada, mentre Bennett a ruota di Morkov si prepara a scrivere il suo finale. Cavendish è dietro. Ha lavorato per il compagno e adesso viaggia a rimorchio della volata.

Sembra tutto scritto, quando Bennett fa la sola cosa che non dovrebbe fare. Molla Morkov e si sposta verso Philipsen. E a quel punto, senza il solito riferimento, non ha altra scelta che… stantuffare fino al secondo posto, mentre “Cav” arriva terzo e quasi gli scoccia.

Cavendish si è mosso benissimo nei ventagli
Cavendish si è mosso benissimo nei ventagli

Conferma Philipsen

«Ogni sprint è un po’ pazzo – racconta il vincitore – non so come l’abbiano fatto gli altri, ma noi siamo stati calmi. Eravamo in tre. Dries (De Bondt, ndr) ha preso in mano la situazione e ha lanciato il treno. Jonas (Rickaert, ndr) mi ha dato l’ultimo strattone con tutta la forza e io sono partito ai 200 metri. Una bella dimostrazione per chi pensa che questa sia la squadra di Mathieu Van der Poel e basta. In realtà la stanno costruendo bene, siamo incamminati sulla strada giusta».

Jasper Philipsen ha 23 anni ed è abbastanza inspiegabile che la Alpecin-Fenix sia riuscita a strapparlo alla Uae Team Emirates o forse sarebbe più corretto dire che è inspiegabile che il team degli Emirati se lo sia fatto soffiare. Cresciuto alla scuola di Axel Merckx, il belga lo scorso anno ha vinto a 22 anni una tappa alla Vuelta e ancor prima, nel 2017, lo avevamo visto vincere al Giro d’Italia U23 nel giorno di Gabicce. Sotto la mascherina ha gli occhi che brillano.

Sul podio, Bennett, Philipsen e Cavendish con insolite bottiglie griffate Lidl
Sul podio, Philipsen e Cavendish con bottiglie griffate Lidl

Orgoglio Cavendish

Cavendish batte i denti, sembra quasi che non riesca a parlare o che dentro di lui ci sia un terremoto di sensazioni. Il suo rientro in squadra è avvenuto da una sorta di porta di servizio, per cui sin da subito ha evitato le interviste e preferito lavorare in silenzio. Però lo vedi che il fuoco non è affatto sopito e davanti alla riga di un arrivo il guerriero è sempre lì che brucia.

«Non so se sono felice – comincia – la vittoria per la squadra sarebbe stata molto meglio. Personalmente mi rende già felice esserci. Il mio risultato? Ho vinto questa corsa per tre volte per cui pensavo che sul podio ci sarei potuto arrivare. Siamo arrivati in fondo. Eravamo in cinque: Sam, io e tre ragazzi per tirare lo sprint. Dovevamo preparare il treno e prendere il controllo. Ma ci siamo mossi un po’ troppo tardi e Philipsen è partito sulla sinistra. Sam (Bennett, ndr) arrivava da dietro e ho dovuto spostarmi per farlo passare. Lo sapete, lui ha la gamba ed è stato la nostra arma vincente al Tour de France. L’ho fatto passare e adesso non sono contrariato. Penso che volevamo vincere. Patrick (Lefevere, team manager della Deceuninck-Quick Step, ndr) si aspetta che vinciamo. Oggi eravamo per Sam, va bene tutto purché si vinca».
Da domenica prossima Mark sarà al Presidential Tour of Turkey per lavorare e mettere chilometri nelle gambe. La sua crescita è davvero convincente.

Negli occhi di Cavendish, emozione, fatica e… freddo
Negli occhi di Cavendish, emozione, fatica e… freddo

Disappunto Bennett

Bennett ha picchiato i pugni sul manubrio. Aveva tutto da perdere e alla fine l’ha perso. Sul podio l’effetto di due compagni di squadra al secondo e terzo posto non è mai bello e fa pensare che uno dei due abbia fatto il furbo. Solo in un secondo momento, guardando e riguardando la volata ci si rende conto che Cavendish aveva già concluso la sua fatica e che lo sbaglio è di Bennett, che perde la ruota di Morkov e si sposta verso Philipsen. Il resto sono il fuggi fuggi verso l’aeroporto e la chiusura della prima parte di Nord tristemente orfano della Roubaix. Prossime tappe il Tour of the Alps e le Ardenne. Poi arriverà la primavera e sarà tempo per il Giro d’Italia.

Giornata amara per Viviani. «Ciao Nord, testa al Giro»

07.04.2021
4 min
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L’espressione di Elia Viviani quando passa nella zona mista dice tutto. La sua Scheledeprijs non è andata come sperava. «Oggi era una giornata da bianco o nero. E’ stata da nero», commenta il veronese.

Se il vento che soffiava dal Mare del Nord in qualche modo aveva risparmiato la gara femminile, nel senso che non era stato fortissimo, non è stato così per quella maschile. La Scheldeprijs degli uomini infatti partiva proprio da uno di quei bracci di terra rubati al mare, addirittura in territorio olandese. Pale eoliche, prati infiniti, canali e navi portacontainer grandi come quella che si è incagliata recentemente nel canale di Suez, erano il contorno. E i pesi massimi del gruppo si fregavano le mani: tutto ciò era pane per i loro denti e per quelli dei velocisti.

Gruppo nel tunnel della Schelda Occidentale (6,6 chilometri, il più lungo d’Olanda)
Gruppo nel tunnel della Schelda Occidentale (6,6 chilometri, il più lungo d’Olanda)

Voglia sì, gambe no

Elia Viviani al mattino aveva detto chiaramente che era qui perché credeva nella vittoria, altrimenti neanche sarebbe partito da casa. Un ragionamento corretto, degno del campione qual è. Ma la sua determinazione non “ha fatto scopa” con le sue gambe.

Subito dopo il via il gruppo doveva affrontare il tunnel sotto il mare per raggiungere la penisola di Zuid-Beveland e da lì pedalare in direzione di Schoten. Il vento a quel punto sarebbe stato laterale. E presto è scoppiata la bagarre dei ventagli.

«Dopo 15 chilometri – racconta Elia – ero nel primo gruppo, ma quando poi si è rotto per una caduta ero nel secondo con Cavendish. Da lì sono saltato sul terzo. Non avevo una posizione buonissima. Ho preso una “frustata”, poi un’altra e alla terza sono saltato. Abbiamo inseguito tutto il giorno. Niente da fare. Peccato perché alla fine è andata anche bene con il meteo. E’ stata una gara asciutta, non ha piovuto, né nevicato. Il vento ha caratterizzato la corsa e i più forti erano davanti con diversi uomini. Soprattutto quelli del secondo gruppo, che sono poi riusciti ad agganciarsi».

In queste terre il vento è quasi sempre presente. Avere un team capace è fondamentale
In queste terre il vento è quasi sempre presente. Avere un team capace è fondamentale

Ventagli fatali

Elia ha il volto gonfio dal freddo, così come i suoi colleghi che sfilano alle sue spalle nella zona mista.

«Sensazioni? Bene, ma non benissimo altrimenti sarei rimasto con quelli davanti. Ero determinato però, ripeto, dal secondo ventaglio sono saltato sul terzo. La chiave è tutta lì. Quando succede così è perché le gambe non sono quelle che dovrebbero essere. La vittoria è arrivata, manca confermarsi: vincere, fare secondo o terzo. Quello che sta facendo Bennett, quello che ho fatto io nel 2018, 2019».

In queste situazioni il team conta moltissimo e saper correre con il vento ancora di più. E’ incredibile però. Si sa che certe gare e certe situazioni nascondono determinati trabocchetti, quello che ci si aspetta si verifica, eppure ogni volta ne esce una bolgia. E’ il fascino di queste gare.

«Quando poi davanti – riprende Viviani – ci sono cinque corridori della Bora-Hansgrohe e cinque della Deceuninck-Quick Step è ovvio che il nostro inseguimento è stato lungo. Una vera agonia. Alla fine ci abbiamo creduto gli ultimi tre giri, perché abbiamo visto che guadagnavamo, dai 2’30, siamo passati a 1’20”, però era tardi. E probabilmente con un gap i primi così stavano gestendo».

Scheldeprijs decisa nelle prime fasi. I tanti ventagli hanno respinto anche Viviani (31°)
Scheldeprijs decisa nelle prime fasi. I tanti ventagli hanno respinto anche Viviani (31°)

Viviani e il Giro

Ma come ogni campione che si rispetti, il corridore della Cofidis, già guarda avanti. Gli obiettivi futuri sono la benzina per rimettersi sotto. Il suo biennio con il team francese, almeno sin qui, non è stato fortunatissimo tra cadute e covid. E fa pensare che Elia dica che il Giro è il grande obiettivo della stagione.

«Adesso – conclude Viviani – riposo qualche giorno e poi inizio a pensare al Giro che sarà probabilmente l’appuntamento clou della stagione. La prossima settimana tornerò in pista, comincerò con dei blocchi di lavoro che serviranno per il Giro, ma anche per Tokyo. Il recupero mi servirà più la testa che per il fisico. E poi sotto a lavorare. In primis per il Giro».

Paternoster in Belgio. Cade si rialza e tira la volata

07.04.2021
3 min
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Nel gelo della Scheldeprijs, la prima edizione per le donne, si è rivista anche Letizia Paternoster. La portacolori della Trek-Segafredo è arrivata in Belgio giusto poche ore prima della gara, la cosiddetta corsa dei diamanti. Si gareggia infatti nei dintorni di Anversa la città di queste preziosissime pietre.

Paternoster in Belgio dal suo Trentino a ridosso della gara, subendo un bel balzo termico (foto Instagram)
Paternoster in Belgio dal suo Trentino a ridosso della gara, subendo un bel balzo termico (foto Instagram)

Letizia apripista 

Corsa piatta, ma davvero gelata. Vento e neve si alternano e si mischiano. Fino ad un’ora dal via neanche si sapeva se l’avessero disputata per intero. Si ipotizzava un taglio della parte in linea, poi di un giro del circuito. Invece alla fine si è portati a casa la corsa nella sua totalità. E tra le ragazze che sono riuscite a concludere la gara da pieno Inferno del Nord c’è proprio la Paternoster.

Appena dopo l’arrivo, Letizia allarga le braccia, quasi sconsolata. Come a dire ci abbiamo provato. Lei doveva tirare la volata ad Amalie Dideriksen e così ha fatto. E non è stato facile, nonostante alla fine sia uscita una corsa meno dura del previsto, con pochi ventagli e un gruppo piuttosto numeroso all’arrivo.

«Ho dato il massimo per il mio team – racconta la Paternoster, appena dopo l’arrivo – Ho fatto un buon lavoro nel finale per portare fuori la nostra capitana e sono felice di essere qua. Sto ritrovando me stessa. Durante la corsa sono anche caduta ma mi sono rialzata, ovviamente, e ho lottato fino alla fine».

La grinta non manca alla trentina. Il testa a testa della pista sa farle tirare fuori gli artigli anche su strada. E sa farla rialzare dopo una caduta (evidenti i segni sulla coscia sinistra). 

Dideriksen (decima) capitana della Trek, che schierava solo quattro atlete
Dideriksen (decima) capitana della Trek, che schierava solo quattro atlete

Solo due corse

Per la Paternoster questa era solo la seconda corsa su strada della stagione. La prima l’aveva fatta ad inizio marzo e il fatto che sia riuscita non solo a finire la gara ma anche a rendersi utile per le compagne la dice lunga sulla sua forza. Le avversarie avevano ben altri chilometraggi di gara nelle gambe. In corsa le sue sensazioni sono state discrete.

«Sì, e poi passare dalle temperature di casa a quelle di qua si è fatto sentire. Adesso tornerò a correre in pista. La mia preparazione sta andando bene e di certo daremo il massimo anche là». Intanto lo chaperon dell’Uci la porta via in quanto sorteggiata per il controllo antidoping. Lei saluta, sorride: «Scusate, mi portano via!».

Quest’anno Letizia (21 anni) aveva corso solo a Le Samyn ad inizio marzo
Quest’anno Letizia (21 anni) aveva corso solo a Le Samyn ad inizio marzo

Al top a giugno

La Partenoster viene da un infortunio importante al ginocchio e prima di Natale era stata colpita dal Covid. E’ sulla via della ripresa ma ancora distante dalla forma totale. Lo sa lei stessa e lo sa il suo staff. Giorgia Bronzini, una delle diesse della Trek, ci spiega che Letizia è sicuramente sulla via del recupero, ma non è al massimo della condizione. In squadra prevedono (e sperano) che questa possa arrivare a giugno, quando ci sarà anche il campionato italiano.

«Sarebbe importante per noi – dice la Bronzini – visto che una ruota veloce come la sua fa sempre comodo, e sarebbe importante per lei tornare a fare qualche risultato».

Balsamo, rischio pazzesco. Il podio va bene…

07.04.2021
3 min
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Certi giorni devi prendere il buono che viene e rendere grazie. Questo pensa forse Elisa Balsamo mentre racconta la sua disavventura e il podio arrivato in modo ormai inaspettato

Dopo l’arrivo, le compagne si sono strette per chiederle come fosse andata
Dopo l’arrivo, le compagne si sono strette per chiederle come fosse andata

«A meno 10 più o meno dall’arrivo – dice – il gancio della ruota davanti di una si è agganciato nei raggi della mia. Siamo rimaste incastrate. Sono stata fortunata a non cadere. Ho distrutto la scarpa strisciando. Lei continuava ad andare avanti, io avevo un piede giù e pattinavo ancora. Non pensavo neanche di riuscire a rientrare per fare la volata. Alla fine è arrivato il podio, sono un po’ dispiaciuta, ma va bene così».

Prova al debutto

Un freddo cane, da ragionare alla partenza se valesse la pena correre. Nevica da ieri, in certe zone i prati sono bianchi. Anche tutto intorno alla villa presa in affitto dalla Valcar la campagna era congelata e bianca, mentre nel salone al pianterreno Elisa studiava e di tanto in tanto guardava fuori per capire che tempo avrebbe trovato l’indomani. E stamattina a Schoten c’era solo un freddo cane. E’ la prima edizione della Scheldeprijs per le donne, dopo che quella degli uomini ha visto la luce nel 1907 ed è la corsa più antica del Belgio.

Interviste in inglese per Elisa, prima del podio
Interviste in inglese per Elisa, prima del podio

Con i bar tutti chiusi, ti salvano la vita gli amici delle squadre con un bicchierino bollente che ti salva la vita. Alle 10 la riunione dei tecnici ha stabilito che gareggerà sull’intera distanza e quando la corsa è cominciata, nessuna delle ragazze si è tirata indietro oppure è parsa disposta a farsi regali.

Giornata storta

Dopo l’arrivo le compagne le sono corse incontro, chiedendo il risultato, raccontando le proprie disavventure, alcune scusandosi per l’apporto forse non all’altezza. E chissà se senza il ritiro di Vittoria Guazzini il finale sarebbe stato diverso. Probabilmente sì. ma come dice Elisa, con i se e con i ma non si va da nessuna parte.

«Sono dispiaciuta – dice – perché questa campagna del Nord è andata molto bene, sono arrivati tanti piazzamenti positivi, ma mi è mancato il podio a De Panne e a Gand. Oggi eravamo qui per vincere, poi il podio va bene, ma dispiace un po’».

Podio finale per Wiebes che ha vinto, davanti a Norsgaard e Balsamo
Podio per Wiebes davanti a Norsgaard e Balsamo

Viaggio a Roma

Eppure il suo viaggio è appena iniziato. Stasera intorno all’ora di cena, le ragazze di Arzeni avranno il volo di ritorno e domattina di buon’ora Balsamo e Guazzini sono attese a Roma per il vaccino, poi torneranno a casa in attesa di ripartire con gli allenamenti in pista. Da qui a Tokyo non ci saranno tanti periodi di recupero. Tanto che scherzando, nella casa sperduta nella campagna belga, ieri si dicevano fra loro di approfittare di quelle ore di attesa. Presto davvero ne sentiranno la mancanza.