Solette BMZ, il plus nascosto dentro le scarpe

22.01.2025
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Le solette BMZ offrono dei vantaggi non secondari, sono semplici e si adattano facilmente. Un utilizzo costante permette di capire quanto è importante sfruttare il piede nella sua totalità. La prestazione e il comfort del ciclista passano anche dalle scarpe, da come appoggia il piede al loro interno.

Le solette BMZ non sono completamente in carbonio, resina o kevlar. Non sono estremamente rigide e sbilanciate nel supporto verso l’arco plantare. Non sono customizzate, pur adattandosi in modo soggettivo una volta inserite nelle scarpe ed indossate. Ecco di seguito alcune considerazioni e feedback.

Solette BMZ, non sono plantari customizzati
Solette BMZ, non sono plantari customizzati

Fanno appoggiare tutto il piede

Le solette BMZ si adattano perfettamente alla forma della scarpa ed al volume interno della calzatura stessa. A prescindere dalla categoria sono più morbide nella parte anteriore (si piegano e sono morbide anche grazie al cuscino posizionato sotto la zona del metatarso) e più sostenute nella zona centrale/posteriore (dove presentano il punto di pressione per l’osso cuboide).

Il concetto principale si riferisce allo sfruttare l’appoggio del piede per intero, creando una maggiore superficie di contatto con la soletta (e la suola della scarpa). Significa una stabilità aumentata e un bilanciamento ottimale che non arrivano esclusivamente dal “riempimento” dell’arco plantare.

Liberare le dita dei piedi

Indossate per la prima volta (inserite in una calzatura da ciclismo road con suola di carbonio che ha una resa tecnica elevata) offrono una sensazione diversa dal solito, non comune e molto differente se messa a confronto con un plantare custom in carbonio. Il primo punto da argomentare è legato alle falangi che restano più libere, tendono ad allargarsi e ad essere distese. Questo aspetto si percepisce soprattutto quando si è in spinta e ci si alza in piedi sui pedali (considerando sempre la medesima calzatura).

Il tallone invece sembra voler “entrare in sede” ed alloggiarsi in quella che ci è piaciuto definire come una depressione delle solette. Si crea tanta stabilità, perché a prescindere da come è strutturata la scarpa, il tallone va ad alloggiare (a sedersi), creando al tempo stesso una sorta di arco nella parte centrale, nella zona dell’osso cuboide.

La pressione arriva dal basso

Le prime sensazioni sono piacevoli, fin da subito il piede tende a “lavorare” in tutte le sue parti, anche se è necessario prevedere una fase di adattamento che può durare anche per 2 o 3 mesi, molto graduale. Durante la prima uscita in bici, condotta a ritmi blandi, è possibile riscontrare qualche indolenzimento alle ginocchia, per via dell’assestamento di tutta la gamba. Il punto dove le solette creano pressione (sotto il cuboide), quasi tende ad informicolarsi, così come tutta la fascia dove sono posizionati i muscoli retinacoli. C’è una riattivazione muscolare e nervosa.

Il medesimo feedback si ha nel momento in cui si inseriscono le solette anche all’interno delle scarpe da running o quelle che si utilizzano al di fuori della bici. Questa sorta di continuità nell’utilizzo porta ad un adattamento più rapido. E’ possibile quantificare delle diversità nel modo di pedalare subito dopo la prima settimana, avendo un maggiore controllo e percezione dopo un mese, per un’abitudine completa del piede dopo 80/90 giorni.

Cosa cambia una volta in bici

Le solette BMZ tendono a far riposizionare completamente la pianta del piede. Il riposizionamento si riflette sull’arto, sulle articolazioni e ovviamente su come lavora la gamba. E’ fondamentale prendersi del tempo per capire il cambiamento e come sfruttare le solette. La comodità complessiva arriva dal fatto che, rispetto ad una soletta tradizionale, completamente piatta e senza sostegno cuboide, rispetto ad un plantare custom sbilanciato verso il sostegno (riempimento) dell’arco plantare, con le BMZ la caviglia tende a lavorare e muoversi di più. Si cerca maggiormente la fase di spinta verso l’anteriore del piede (e della scarpa). Si tende ad equilibrare in modo naturale le due fasi principali del gesto, ovvero trazione e spinta. In buona sostanza, sembra di spingere di più e meglio, sensazione avvalorata da qualche watt guadagnato a parità di bici, di scarpe, di percorso e con condizioni meteorologiche sovrapponibili.

Man mano che passano il tempo di utilizzo e le ore in bici, come è facile immaginare si crea abitudine e una sorta di dipendenza da questa tipologia di solette ed è difficile tornare ad usare solette standard, ma anche plantari super rigidi eccessivamente sbilanciati verso il rialzo dell’arco plantare.

I prodotti BMZ sono distribuiti in Italia dalla commerciale reggiana Beltrami TSA (www.beltramitsa.it).

BMZ

Northwave Revolution, molto di più di una media gamma

03.12.2024
5 min
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Se dovessimo considerare il posizionamento della Northwave Revolution nel mercato attuale, sarebbe da collocare in una fascia medio alta, sicuramente ambiziosa, ma un paio di gradini sotto la Veloce Extreme.

Quanto le considerazioni si concentrano sulla resa tecnica le voci da argomentare, da approfondire e da tenere ben presente sono diverse. La Revolution è una scarpa performance senza molti compromessi, una sorta di evoluzione/rivisitazione della “vecchia” Extreme Pro 3. Entriamo nel dettaglio della prova.

Revolution è una calzatura ben fatta che abbina comfort e prestazioni
Revolution è una calzatura ben fatta che abbina comfort e prestazioni

Accostabile alla Extreme Pro

Si, perché la Northwave Veloce Extreme è un’altra tipologia di calzatura, sviluppata in modo differente sotto ogni aspetto. Veloce Extreme ha in comune con le generazioni precedenti di Northwave, il nome dell’azienda, i rotori del sistema di chiusura ed il concetto Powershape della suola. Veloce Extreme ha dato forma ad una nuova generazione di calzature “estreme” per quello che concerne le prestazioni.

Extreme Pro 3 (la precedente top di gamma) è stata un riferimento per ventilazione, comfort e supporto dell’arco plantare, soluzioni che ritroviamo proprio nell’ultima versione della Revolution. Si tratta di una calzatura tecnica, prestazionale e robusta, non estrema, ma comunque bella tosta, con un abbondante volume interno e del fitting come vuole la tradizione NW. Il design, la linguetta, i due rotori ed in parte la suola richiamano fortemente la Extreme Pro 3, ma anche l’integrazione completa (ottima soluzione a favore della longevità e di un po’ di eleganza) della talloniera, nascosta al di sotto della tomaia.

Molto sostenuta

La nuova Revolution è una scarpa che mostra un sostegno non banale, una scarpa tutta d’un pezzo quando si spinge con forza sui pedali. La suola è rigida, lo è dal fronte verso il retro e viceversa, con il valore aggiunto di un arco plantare pronunciato verso l’alto. Si sente, ma non è invasivo e lascia spazio per chi ha l’abitudine di usare dei plantari custom. Al sostegno si aggiunge una tomaia che ha bisogno di qualche ora di utilizzo per “smollarsi e diventare più malleabile”, in modo da adeguarsi al meglio al piede.

Eccellente (come sempre) è l’arcuatura della suola con la sezione della pianta e la punta che tende a curvare leggermente verso l’interno. Questo aspetto (non solo di design) offre dei vantaggi anche in termini di allineamento pedale/ginocchio, a prescindere da come viene montata la tacchetta. E’ uno dei fattori che apprezziamo maggiormente.

Tallone senza costrizioni

Rispetto alla Veloce Extreme ha una talloniera “più aperta”, meno chiusa e blocca meno il tallone ed il tendine. E’ un po’ più comoda e si adatta bene a diverse tipologie di utenza. Ovviamente anche la suola è diversa. Conferma inoltre una certa versatilità della calzatura Northwave che non si rivolge esclusivamente agli agonisti.

Non è una di quelle calzature che fa “male” ai piedi, che stringe troppo e diventa controproducente dopo qualche ora di utilizzo. Non è necessario far abituare il piede. Mostra un buon comfort quando le vibrazioni che arrivano dal basso sono fastidiose, ma è da tenere bene presente che non è una scarpa da gravel. Nella dose di comfort ottimale entra in gioco lo spazio interno che va a vantaggio del piede e delle dita che non risulteranno mai compresse, schiacciate e si possono muovere. Northwave Revolution è perfetta anche per chi vuole fare endurance.

In conclusione

Una bella calzatura che non ha molto da invidiare a prodotti top level in senso assoluto e che è anche più accessibile in termini di prezzo di listino. 225 euro circa non sono pochi, ma di fatto la Revolution è una calzatura adatta a chi spinge forte in ottica competizione, adatta a chi è meno agonista e vuole una scarpa che permette di non perdere watt, forza e affidabile nelle fasi di rilancio a gas aperto.

Northwave

Northwave ridisegna e rinnova le scarpe della gamma media

27.09.2024
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MISANO – Northwave rinnova completamente la gamma media nella categoria delle calzature, con il focus principale che rimane il comfort. Revolution e Storm Carbon sono le due nuove scarpe.

La prima adotta la suola Morph Carbon con design Powershape per il sostegno dell’arco plantare e adotta la calzata Pro-Fit. Northwave Storm Carbon ha la medesima suola della sorella, ma punta ad un maggiore comfort complessivo. Vediamole nel dettaglio.

Disegno NW, ma le due scarpe sono molto differenti tra loro
Disegno NW, ma le due scarpe sono molto differenti tra loro

Le NW Revolution

Per lo sviluppo e la produzione della nuova Revolution si è partiti dalla suola con disegno Powershape, ormai una garanzia in termini prestazionali. Il nome si riferisce in modo diretto al supporto dell’arco plantare, se pur con materiali diversi, quella in dotazione alla nuova calzatura ha posta in dote il medesimo concetto di quella che utilizza la Veloce Extreme. Nel complesso la Revolution è una scarpa categorizzata Pro Fit, con una calzata che si rivolge all’agonismo. Sempre in merito alla suola, ha una rigidità di livello 13 (scala Northwave) ed è un composto di carbonio.

Poi il doppio rotore X-Dial SLW3 e la tomaia in PU con fori posizionati in modo strategico e ottenuti con la tecnica laser. I passanti dove scorrono i cavi dei due rotori sono in tessuto e la linguetta presenta una rete per una ventilazione e traspirazione massimizzate. Infine la sezione interna del tallone ha degli inserti grippanti che stabilizzano il tallone. La Revolution è disponibile in taglie dalla 36 alla 50, ad un prezzo di listino di 224,99 euro.

Northwave Storm Carbon

Diversa dalla Revolution, per costruzione e anche per il pubblico alla quale si rivolge. Punta ad offrire un maggiore comfort, pur utilizzando la medesima suola della sorella. Quest’ultima, così come la Revolution, è compatibile anche con il sistema SpeedPlay (grazie all’apposito adattatore). Ma è la tomaia e il sistema di chiusura che fanno la differenza in fatto di resa tecnica. Tessuto in TPU forato al laser, rotore singolo e cavo, con l’aggiunta di un velcro nella sezione più bassa.

Semplice e comoda anche grazie ad una forma che ha l’obiettivo di non creare pressioni. La linguetta ha un inserto in rete. Northwave Storm Carbon è disponibile con prezzo di listino di 189,90 euro. Le taglie sono comprese tra la 36 e la 50.

Northwave

Spiuk Bruma e Bruma Carbon, la media gamma punta in alto

21.09.2024
4 min
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Spiuk Bruma e Bruma Carbon, la media gamma punta in alto. Comfort prima di tutto, ma anche un buon potere avvolgente e cura dei dettagli. Spiuk Bruma si colloca in una fascia media del mercato, ma un ulteriore valore aggiunto è la possibilità di scegliere la suola, in carbonio oppure in nylon. Molto interessanti i prezzi di listino per entrambe le versioni.

Spiuk arricchisce a completa la gamma delle calzature road della fascia media. Bruma e Bruma Carbon si basano sul medesimo concetto, con la possibilità di scelta in fatto di materiale della suola, in nylon oppure in carbonio.

Tomaia morbida e avvolgente, un rotore Boa Li2 e cura dei dettagli, per una scarpa elegante e con prezzi molto interessanti. La versione Carbon ha un listino di 179,90 euro, mentre quella con la suola standard è proposta a 129,90 euro. Se consideriamo il posizionamento sul mercato, sono un gradino al di sotto del modello Profit. Vediamo nel dettaglio la nuova Spiuk Bruma.

Bruma punta al comfort prima di tutto
Bruma punta al comfort prima di tutto

Spiuk Bruma, due in uno

Ci è piaciuta definirla una calzatura “due in uno”, perché fa collimare alcune caratteristiche tecniche di alta gamma a particolari che la rendono facilmente sfruttabile anche da chi pratica il ciclismo su strada in modo più tranquillo, senza agonismo. Il rotore singolo posizionato nella sezione superiore offre una chiusura potente e regolabile al tempo stesso, in ogni situazione.

L’intera forma della scarpa copre diverse esigenze, a partire da chi ha necessità di una scarpa a pianta larga, fino ad arrivare a chi ha un piede più magro e allungato. E poi la possibilità di scegliere il materiale della suola, in carbonio per chi vuole qualcosa in più in termini di rigidità e reattività, in nylon per chi non vuole una maggiore morbidezza.

Un rotore singolo

Il rotore Boa Li2 è leggermente disassato e posizionato sulla parte alta/laterale della Spiuk Bruma. E’ facile da raggiungere e da azionare. Agisce su un cavo che, in particolare nella sezione mediana e bassa, incrocia e obbliga la tomaia ad avvolgere il piede, contenendo al tempo stesso ogni movimento dell’estremità corporea. Come sempre è da sottolineare la chiusura micrometrica dei rotori Boa.

Un valore aggiunto sono i passanti in tessuto, delle vere e proprie guide per il cavo, soluzione votata ad eliminare qualsiasi inserto plastico. Il comfort ne guadagna. La Spiuk Bruma è disponibile in tre differenti livree cromatiche: bianca, azzurra e una colorazione acid-green-yellow.

La suola è ben fatta

In carbonio oppure in nylon, come per le altre calzature Spiuk, la suola è un valore aggiunto non secondario. A prescindere dal materiale di costruzione adotta lo stesso disegno, con un’arcuatura neutra, così come è neutro anche il supporto nella zona dell’arco plantare. Questi due aspetti permettono alla Bruma di non porre limiti quando indossata e di interfacciarsi al meglio con plantari customizzati.

La predisposizione è per la tacchetta con le tre viti. Ci sono due aperture frontali per l’ingresso dell’aria, più una centrale. Davanti e dietro ci sono due inserti più morbidi che proteggono la suola e aumentano il grip quando si scende di sella.

Spiuk

La prima UDOG con i rotori? Eccola qui, si chiama Cento

05.12.2023
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Il mercato l’ha chiesta a gran voce ed ecco la prima UDOG con i due rotori. Ci sono stile ed eleganza, ma anche l’efficienza di un prodotto che vuole essere performante.

UDOG Cento utilizza il sistema di chiusura con i due rotori proprietari, disegnati e sviluppati in casa. La suola è completamente in carbonio e riprende la stessa forma di quella utilizzata per il modello Cima.

Le nuove UDOG Cento
Le nuove UDOG Cento

Il concetto rispettato

Durante la chiacchierata con Alberto Fonte, fondatore del marchio, è emersa la volontà di non stravolgere quell’identità che UDOG ha saputo costruire in pochissimo tempo.

«Il mercato della calzatura per il ciclismo ci ha chiesto questo tipo di scarpa – spiega – nonostante viviamo in un periodo dove le scarpe con i lacci sono tornate in auge. Per noi era necessario sviluppare il nuovo prodotto mantenendo quel feeling e la brand identity che ci è stata riconosciuta, nonostante siamo un’azienda molto giovane. Abbiamo cercato di farlo grazie ad un impatto estetico che richiama alcuni dettagli delle calzature già esistenti – prosegue Fonte – ma anche con la creazione di un sistema di chiusura, che prende il nome di Micro Twist, pensato e disegnato interamente da noi».

Il rotore superiore unito alla linguetta
Il rotore superiore unito alla linguetta

Come sono fatte

Sarà disponibile una sola versione con la suola completamente in carbonio, la stessa usata in precedenza per il modello Cima. La tomaia è in microfibra ed ha numerosi fori per l’ingresso dell’aria. Gli stessi fori sono ottenuti grazie ad una lavorazione al laser. Tutta la sezione anteriore è rinforzata con un guscio in TPU.

I due rotori UDOG Micro Twist trovano posizionamenti differenti, per due azioni ben distinte. Quello superiore agisce direttamente su una linguetta che al tempo stesso diventa una sorta di tirante per la zona dell’arco plantare. Il rotore centrale è stato sviluppato per distribuire la sua azione potente e i punti di pressione. Inoltre le stesse rotelle hanno una sorta di diametro oversize (ben 30 millimetri), sono facili da azionare e hanno uno spessore di soli 10 millimetri (inferiore ai rotori Boa).

I Micro Twist sono sostituibili, ma l’intervento deve essere eseguito da un tecnico UDOG. I cavi sono in tessuto con un’anima super resistente in Dyneema. Sono costruiti in tessuto anche le guide per gli stessi cavi (non in materiale plastico).

I tensionatori TWS abbinati al cavo
I tensionatori TWS abbinati al cavo

Non ci sono i lacci

E’ uno dei segni distintivi di UDOG e della nuova Cento. I tensionatori esterni prendono il nome di TWS 2.0 (tension wrap system) e contribuiscono a rendere ancora più efficace il lavoro del Micro Twist centrale, che scarica le sue pressioni verso la suola e su una superficie più ampia della tomaia. Abbracciano la scarpa da ambo i lati e sono ancorati alla suola. Il valore alla bilancia dichiarato è di 270 grammi (misura 42).

UDOG Cento sarà disponibile a partire da Marzo 2024 (anche se è pre-ordinabile) ad un prezzo di listino di 295 euro. Le misure sono 11, dalla 38 alla 48.

UDOG

udog Cima, la scarpa che ha cambiato il concept lacci

12.04.2022
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udog, acronimo di Underdog, lo sfidante che parte senza i favori del pronostico. Perché? Perché lanciare un marchio di calzature in un periodo come quello attuale è prima di tutto una sfida. Il modello udog Tensione ha rappresentato l’ingresso del brand nel mercato, Cima invece è già un’evoluzione, capace di far collimare leggerezza, qualità dei materiali e performances. Le abbiamo provate.

Si vede il cambio di trama della tomaia
Si vede il cambio di trama della tomaia

udog Cima, una vera svolta

Questa di udog non è solo una calzatura tecnica per la bicicletta, ma è una scarpa di alta gamma che stravolge completamente la concezione delle stringhe per le scarpe da bici. Cima è stata sviluppata con due obiettivi principali: fare una scarpa con un valore alla bilancia contenuto e senza sacrificare nulla in termini di resa tecnica. E poi c’è quel design e l’utilizzo dei materiali, che nell’insieme rappresentano buona parte del DNA dell’azienda. Si parla di una scarpa che pesa 240 grammi (dichiarati) nella misura 42 (ne abbiamo rilevati 242, senza la soletta e nella taglia 43), con le stringhe e senza alcun rotore, cavi e applicazioni meccaniche esterne alla tomaia. I lacci rappresentano il sistema di chiusura di udog Cima, semplice ed efficace, ma anche personalizzabile.

La chiusura che non ti aspetti

I lacci sono omogenei ed uniformi e sono completamente senza aria. Questo fattore dona una sorta di rigidità, di sostegno e di estrema efficienza in fase di chiusura, cose che non ci si aspetta dalle stringhe. Un aspetto molto importante che influisce in maniera positiva sulla stabilità delle stringhe che non si dilatano durante la pedalata. Ovviamente il lavoro all’unisono con la tomaia in tessuto è fondamentale. Inoltre la stessa azione di chiusura trova un’ampia personalizzazione, in base all’incrocio dei lacci.

Tomaia a sezioni differenziate

La tomaia adotta la tecnologia Knit, traspirante, ventilata e dalla rapida asciugatura, ma anche in grado di adattarsi alle forme del piede e all’azione delle stringhe. Non presenta cuciture e ogni zona ha una specifica costruzione del tessuto. Ad esempio la parte frontale ha dei microfori che agevolano un’ingresso costante dell’aria, così come la zona posteriore che integra e nasconde la talloniera.

La parte centrale invece, quella dell’arco plantare ed esterna, ha un tessuto allungato in senso orizzontale. Qui il sostegno al piede deve essere al massimo e la tomaia non deve costringere. La suola è in carbonio, con un’arcuatura ottimale, giustamente rigida e con due asole per l’ingresso e la fuoriuscita dell’aria.

Lo shape della udog Cima, uniforme dal fronte verso il retro e viceversa
Lo shape della udog Cima, uniforme dal fronte verso il retro e viceversa

Le nostre impressioni

Che stile e che prestazioni! Se il primo aspetto balza all’occhio e va oltre la soggettività, perché le scarpe con i lacci danno sempre un tocco di eleganza a prescindere, le performance sono un affare che riguarda le udog Cima da vicino. La suola è rigida, non è estrema ed è fatta davvero bene, perché invita a spingere sulla parte anteriore dove lo spessore è aumentato. L’arco plantare è uniforme e non presenta delle curvature e/o inserti di sostegno. Questo particolare, insieme al volume interno della calzatura, offrono ampi margini di sfruttabilità dei plantari personalizzati.

Piede sempre in linea

La tomaia non è cedevole, non spancia ai lati dove ci sono le due V inverse e neppure nell’arco plantare. Questo avviene anche con la soletta standard che è in dotazione alla udog Cima, bella da vedere, ma senza note tecniche di rilievo. Nell’insieme si può beneficiare di un piede sempre ben in linea con il pedale, sempre in assetto a prescindere dall’arretramento della tacchetta. A questo aggiungiamo una grande affidabilità della scarpa nella parte superiore, che non si dilata e non molla. L’assenza dei rotori non permette i micro-aggiustamenti in corsa, fattore che passa in secondo piano dopo qualche uscita e dopo la giusta presa di confidenza con il prodotto.

Il tallone delle Cima e la talloniera che completamente nascosta
Il tallone delle Cima e la talloniera che completamente nascosta

In conclusione

Categorizzarla “solo” come una scarpa da palcoscenico e da danzatori della bicicletta è sbagliato. La udog Cima è una gran calzatura, fatta bene e curata, leggera e ventilata, disegnata e sviluppata da chi la bicicletta la vive sul serio. Questa scarpa non è solo un compromesso, tra stile e design, ma è performante e lo è in modo quasi inaspettato. Non è banale e la performance che esprime deve essere valutata nel complesso, senza prendere in esame pezzo per pezzo e sezione per sezione.

Tutte le parti lavorano insieme ed è un fattore che si percepisce quando viene indossata. E poi c’è un altro vantaggio, quello di una suola con le tre asole filettate per la tacchetta, che offrono uno slittamento di quasi un centimetro, che va a sommarsi a quello della cleat. Molte calzature di altissimo livello e costose non portano in dote questa soluzione. Il prezzo e la qualità, un rapporto ottimale tra i due, perché 250 euro di listino non sono molti, anche in considerazione degli standard attuali della categoria.

udog