Scafoide rotto: come si ritorna in bici? L’esempio di Oldani

12.02.2024
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La nuova avventura di Stefano Oldani alla Cofidis non è iniziata esattamente come si sarebbe aspettato. Giusto il tempo di prendere le misure con le gare, i metodi di lavoro e la nuova squadra che si è ritrovato fermo ai box. Una caduta al GP Marseillaise, con conseguente frattura dello scafoide, hanno fermato il 2024 di Oldani. Che però non si dà per vinto e riparte.

«Eravamo all’inizio di una discesa – racconta – il gruppo viaggiava a 50/60 all’ora. In una curva qualcuno è andato lungo, mi hanno toccato e sono finito contro il guardrail. Nel cadere in avanti ho messo tutto il peso sul braccio destro e lo scafoide non ha retto. 

La stagione di Oldani era iniziata con le corse in Spagna e poi il GP Marsellaise
La stagione di Oldani era iniziata con le corse in Spagna e poi il GP Marsellaise

Ripresa rapida

Le tempistiche dei vari passaggi per rimettere in bici Oldani sono stati rapidi. Non facciamoci ingannare, le cose vanno comunque fatte nella maniera corretta. Però la fiducia di poter tornare presto in gara c’è, e non si può nascondere. 

«L’operazione è andata bene, due giorni dopo ero già sui rulli. Mentre mercoledì sono tornato in bici, a nemmeno una settimana dall’intervento. Per pedalare indosso un tutore apposito. In realtà ho due tutori a disposizione: uno per la bici e l’altro per la vita normale. Chiaramente in bici non ho la libertà di fare tutti i movimenti. Ad esempio, non riesco a impugnare il manubrio nella parte bassa. Però riesco a mettere insieme tante ore, già nell’uscita di mercoledì ne ho fatte quattro. 

«Non dovrei perdere troppo tempo, in teoria il ritorno alle corse è previsto per il Trofeo Laigueglia. Sarò costretto a saltare la Strade Bianche, troppe sollecitazioni, ma per il resto il programma dovrebbe rimanere invariato. Ora sto valutando se andare sull’Etna per fare un ritiro, ma deciderò dopo la lastra di controllo». 

Oldani insieme al dottor Pegoli (i due sono insieme al centro della foto)
Stefano Oldani, Dottor Loris Pegoli

Frattura e tempi di recupero

Tastate le emozioni del corridore della Cofidis, che si dice speranzoso nel rientrare presto in gruppo, andiamo a capire in cosa è consistito tutto l’iter portato avanti dal dottor Pegoli e dall’equipe medica Sport Hand Doctors. 

«Partiamo con il raccontare in cosa consiste la frattura dello scafoide – dice il dottor Pegoli – dicendo che tra le ossicina della mano lo scafoide è una delle più importanti. Questo perché fa parte del 60 per cento dell’articolazione del polso e gran parte dei movimenti passano da questo ossicino. Poi lo scafoide è composto per l’80 per cento da cartilagine, che si articola con tutte le altre ossa che lo circondano. I tempi di guarigione di questo ossicino possono essere davvero lunghi, si parla anche di più di due mesi per la formazione del callo osseo. Chiaramente ogni situazione è a sé».

Come mai i tempi possono essere così elevati?

La vascolarizzazione dello scafoide è molto esigua. Il rischio è che inizialmente non si formi il callo osseo ma un tessuto fibroso tra le due parti di osso fratturate. Ciò potrebbe portare alla necrosi e al “collasso carpale”. Si possono evitare queste problematiche riconoscendo la frattura attraverso radiografie, tac e risonanze. 

Nel caso di Oldani è stato difficile individuare la frattura?

Assolutamente no. Oldani ha subito una frattura composta, che può anche guarire con una terapia conservativa. Trattandosi di un atleta di alto livello i tempi di recupero vanno accorciati, quindi abbiamo optato per un’operazione. Nella quale, per immobilizzare le due parti, abbiamo usato una vite percutanea. 

In cosa consiste?

Tramite la fluoroscopia abbiamo inserito un filo metallico all’interno della mano. Questo ha fatto da guida per inserire la vite a compressione. La vite ha il passo diverso in punta e in coda, ciò vuol dire che nel momento in cui avvito stringe le due parti di osso interessate. L’operazione dà una maggiore stabilità, va detto che la vite rimane all’interno della mano per sempre. Ma non ci sono rischi di nessun tipo. 

Il pomeriggio dopo l’operazione Oldani ha portato la bici in studio e gli è stato costruito un tutore su misura per allenarsi
Dopo l’operazione gli è stato costruito un tutore su misura per allenarsi
Il recupero inizia subito?

Oldani è stato operato alle 13 e nel pomeriggio avevamo già fatto il tutore su misure, anzi i tutori. Come detto dall’atleta stesso uno è specifico per andare in bici. Bisogna sottolineare che tutte queste operazioni vengono fatte nel rispetto dei tempi biologici di guarigione. Sono processi che aiutano, ma non velocizzano la convalescenza.

Questo tutore in cosa consiste?

E’ realizzato in materiale termoplastico ed è stato modellato sul manubrio della bici. Una persona teneva fermo il mezzo, Oldani ha appoggiato la mano e il tutore è stato realizzato facendogli prendere la forma necessaria. 

Questo tutore dovrà essere indossato fino alla completa guarigione
Questo tutore dovrà essere indossato fino alla completa guarigione
Oldani è tornato a pedalare a nemmeno una settimana dall’operazione…

Il tutore glielo permette, giustamente non può fare tutti i movimenti, ma riesce a pedalare senza fastidio. Gli ho consigliato, a distanza di due settimane dall’operazione, di provare a fare delle volate. In modo tale da vedere come reagiva la mano. 

E’ plausibile, come detto dal corridore, il ritorno in corsa a fine mese al Trofeo Laigueglia?

Si può fare. Ora va monitorato, ma Oldani è un ragazzo giovane, un atleta e in più alla prima lastra di controllo tutto era in ordine. I fattori per tornare in corsa ci sono tutti. Il prossimo controllo sarà a 30 giorni dall’operazione per vedere in che modo si è formato il callo osseo. Fino ad allora si può fare attività, ma meglio tenere il tutore

Fratture invisibili: le incognite sono tante, l’iter è chiaro

18.08.2022
6 min
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L’infortunio è un fulmine a ciel sereno che può colpire la stagione di un ciclista in qualsiasi momento. Se accade in prossimità di un appuntamento importante la voglia di recuperare e salire in sella in fretta è tanta. A minare questa possibilità però ci sono le temute fratture invisibili. Due esempi lampanti sono Lorenzo Germani e Marco Frigo, che pochi giorni fa ci hanno raccontato l’incidente di Sestriere, attraverso il sollievo di averla scampata prima e l’amara scoperta dopo di due fratture invisibili. 

Scafoide per Frigo e rotula per Germani. La rinuncia al Tour de l’Avenir in partenza oggi è stata una decisione obbligata e maturata a quasi due settimane dalla caduta avvenuta a Sestriere dove si trovavano per il ritiro con la nazionale U23. Nelle parole di entrambi abbiamo trovato rammarico e stupore dovuto alla mancata scoperta delle rispettive fratture una volta ricevuta la prima diagnosi da radiografia (foto in apertura radiografieadomicilio). Avrebbero potuto anticipare il trattamento o l’operazione? Queste fratture invisibili, lo sono davvero o sono frutto di un’indagine offuscata dalla voglia di ritornare al più presto in sella? Per rispondere a questi dubbi ci siamo affidati a Maurizio Radi, titolare di Fisioradi Medical Center.

Attraverso la risonanza magnetica le fratture invisibili sono facilmente individuabili (foto MInihospital)
Attraverso la risonanza magnetica le fratture invisibili sono facilmente individuabili (foto MInihospital)

L’Iter

La risposta è no a entrambe le domande che ci siamo posti. Maurizio Radi è chiaro e di fratture invisibili ne ha viste passare molte sui lettini del centro medico privato di Pesaro.

«Le fratture invisibili sulle radiografie ci sono. L’iter che si fa su un trauma – spiega – è chiaro ed efficace. Si parte con l’RX. Se questo non segnala nulla, si procede con i trattamenti delle contusioni normalmente. Se il dolore persiste o si presenta dopo qualche giorno quando si riprende l’attività, allora si effettuano accertamenti diversi per andare a vedere se c’è qualcosa che non si è visto con la radiografia. A questo punto la strada più comune è quella della risonanza, che va ad indagare in maniera mirata per fare emergere la presenza di eventuali fratture.

«Su di un trauma contusivo – spiega Radi – come può essere quello di una caduta non grave, dove il ciclista si alza e risale in bici, il primo accertamento è quello della radiografia. Il dolore seppur sia un sintomo banale è quello che però ci fa capire se la strada che abbiamo preso sia corretta o meno. Gli strumenti ci aiutano, ma la risposta del nostro fisico è la cosa più importante».

Il caso di Germani

Seppur la caduta sia stata la medesima le due fratture sono molto differenti, così come i rispettivi metodi di recupero e tempi di ripresa.

«Quando parliamo di microfratture – dice Radi – e non di intervento vuol dire che si deve creare un consolidamento dove c’è stata la frattura. Deve ricrearsi un callo osseo e quindi nel momento in cui è guarita la frattura, non si creeranno problemi di ripresa. C’entra più tutto quello che riguarda il contesto della funzionalità dell’articolazione del ginocchio, il recupero del tono muscolare e l’elasticità del tendine

«Laddove c’è un soggetto – continua – come in questo caso molto allenato che gode di un ottima forma fisica, si è visto da alcuni studi medici che 30 giorni di immobilizzazione possono fare perdere fino al 50% della forza dell’atleta. Il recupero diventa lungo perché per riprendere l’attività ai livelli in cui la si è lasciata bisogna avere un programma definito. Riprendere la mobilità, il tono, la forza e la funzionalità di tutto l’arto inferiore è fondamentale, ma si ritorna facilmente. In questo caso Germani non arriverà a tanto, comunque la ripresa deve essere ponderata e definita.

«Il problema poteva essere – conclude Radi – se una frattura da composta si scompone pedalandoci sopra, ma stiamo parlando di un caso limite, allora sì che si ha un problema. Essendo una microfrattura, questo è molto difficile. E’ chiaro che se si avverte un dolore anche qualche settimana dopo la caduta, l’indagine che è stata fatta e la frattura che è emersa sono la prassi».

Il caso di Frigo

Nel caso di Germani il problema alla rotula va ad incidere direttamente sull’atto fisico della pedalata. Marco Frigo invece ha impattato la mano e la frattura ha riguardato lo scafoide.

«Qui si deve ragionare in maniera differente – spiega Radi – lo scafoide è un osso poco vascolarizzato, questo comporta che nel momento in cui si fa una radiografia e il dolore persiste nei giorni successivi anche qui si arriva alla risonanza. Lo scafoide spesso di rompe e dalla radiografia è difficile coglierlo perché l’RX non riesce a fare una fotografia dell’osso nella sua completezza a 360 gradi. 

«In linea di massima per un atleta, per non perdere tempo, la strada migliore da intraprendere è l’intervento chirurgico. Prima si fa meglio è. Non è come un arto inferiore che si va a caricare. Oggi ci sono dei tutori termoplastici che si fanno su misura. Noi stessi li abbiamo utilizzati per i ciclisti, realizzati ad hoc con la sagoma della mano sul manubrio per farli allenare e metterli in bici in meno di 15 giorni

«Mentre su un arto inferiore – fa notare Radi – la prospettiva di risalita in bici va ad incidere molto sulla muscolatura ovviamente a seconda del caso. Con una frattura dello scafoide i tempi si possono tenere molto più compressi perché non va ad interessare gli arti più stressati durante la pedalata. In questo caso la ripresa è qualcosa di pianificabile con un’incidenza poco invasiva per la forma fisica del ciclistica. Banalmente basterebbe fare due tutori, uno per il riposo e uno per quando si va in bici in modo tale da continuare il recupero al meglio senza perdere allenamenti».

Marco Frigo ha corso la Vuelta a Burgos con la mano fasciata e il dolore dovuto all’ignota frattura
Marco Frigo ha corso la Vuelta a Burgos con la mano fasciata e il dolore dovuto all’ignota frattura

In conclusione

Le fratture invisibili fanno parte del gioco. Che si militi in un top team o che si sia saliti per la prima volta in bici l’iter per l’indagine post trauma contusivo è lo stesso.

«Prendendo come esempio questi due casi – conclude Radi – non ci sono stati errori. Forse si sarebbe potuto anticipare di qualche giorno l’intervento, ma poco sarebbe cambiato ai fine del recupero. Il dolore è ciò che ci porta a scoprire cosa fare del nostro corpo in questi casi. Fare esami su esami sarebbe sbagliato e non si fa a nessun livello».

Scafoide rotto, meglio operarsi subito

02.03.2021
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Dato che la memoria non sempre assiste, per capire quanto sia frequente la frattura dello scafoide nel ciclismo, basta digitare le giuste parole chiave su Google e il gioco è fatto. Cataldo al Tour del 2017. Sean Bennett al Giro del 2020. Pozzato al Giro d’Italia del 2012. Caruso al Giro del 2014 (foto di apertura). Demare a casa sua, in mountain bike, a maggio 2020. Soler al Catalunya del 2019…

Come sempre la prima reazione del corridore è ripartire e di solito riesce a finire la corsa, con grande difficoltà (e dolore) nel poggiare la mano sul manubrio. Poi immancabilmente il passaggio al pronto soccorso e le radiografie. A quel punto ci si ferma, anche se non sono rari i casi di corridori più forti del dolore che provano a tener duro. Fra gli esempi di stoicismo, quello di Giampaolo Caruso al Giro del 2014. Cadde a Belfast, nella seconda tappa. Arrivò al traguardo. Ebbe la diagnosi e decise di continuare. Tenne duro fino alla 6ª tappa, quella della maxi caduta di Cassino, poi cadde ancora e a quel punto si fece operare.

Di fatto, quando un corridore cade e mette giù la mano per ripararsi, rischia la frattura della clavicola e quella dello scafoide.

Lo scafoide è una delle ossa che forma l’articolazione del polso
Lo scafoide è una delle ossa che forma l’articolazione del polso

Per saperne di più ci siamo rivolti al dottor Roberto Cozzolino, Ortopedico e specialista in Chirurgia della mano e del polso, consulente del Centro Fisioradi di Pesaro.

Dottore, che cos’è lo scafoide e in quanti modi si può rompere?

Lo scafoide è un piccolo osso del polso, con una forma estremamente complessa, che ricorda appunto la chiglia di una nave. Durante una caduta accidentale è l’osso che più frequentemente si può fratturare. In base alla localizzazione della frattura possiamo dividere le fratture dello scafoide, cercando di essere molto semplici, in fratture del polo prossimale, frattura del polo distale e fratture del corpo, cioè quelle centrali.

Si passa necessariamente attraverso l’intervento chirurgico?

Il trattamento può essere conservativo, cioè con gesso, oppure con intervento chirurgico. Dipende dal tipo di frattura e anche dalle richieste funzionali del paziente. Nel caso si decida per il gesso, dovrà essere alto fino al braccio, incluso il gomito per almeno 45 giorni. Poi sarà fatta la rimozione della componente del gomito e si andrà avanti per altri 45 giorni con il gesso solo al polso. Questo naturalmente comporterà una rigidità dell’articolazione che richiederà tempi più lunghi per la ripresa funzionale.

In caso di intervento, si applica un tutore che immobilizza il polso, ma lascia libere le dite
Dopo l’intervento, si applica un tutore che lascia libere le dite
Tempi lunghissimi. Invece con l’intervento?

Nel caso si decida per l’intervento chirurgico, nel post operatorio verrà applicato un semplice tutore sagomato sul polso, da portare per 20-30 giorni, con dita e gomito libere di muoversi.

In cosa consiste l’intervento?

L’intervento consiste in una piccola incisione, volare e dorsale (a secondo del tipo di frattura), attraverso cui si applicherà una mini vite per tenere fermi i monconi della frattura.

Quanto dura normalmente la convalescenza?

Dopo l’intervento verrà portato un tutore per circa 20 giorni, ma le dita saranno libere completamente di muoversi. Poi gradualmente si ritorna alle normali attività. Diciamo che in 30-40 giorni sarà tutto a posto.

Durante la convalescenza si porta sempre il tutore?

No. Se si sta in casa, tranquilli, può anche essere rimosso.

Dopo quanto tempo si può ricominciare a pedalare sui rulli, quindi senza colpi?

Con una adeguata protezione del polso, con tutore opportunamente sagomato, anche dopo 2-3 giorni dall’intervento.

Dopo quanto tempo si torna su strada?

Di solito, circa 45 giorni.

Al Giro 2014, Caruso corse per 6 tappe con lo scafoide rotto. Si ritirò per un’altra caduta e si operò
Al Giro 2014, Caruso corse per 6 tappe con lo scafoide rotto
Una ripresa prematura porta soltanto dolore oppure può “riaprire” la frattura?

Se la frattura non è guarita bene, cioè non si è formato il cosidetto callo osseo, i rischi sono molto alti, in quanto una mancata consolidazione dello scafoide porta ad un quadro clinico di pseuodoartrosi dello scafoide. Questo con il tempo comporta un quadro di artrosi diffusa del polso nota con l’acronimo di SNAC (Scapho Non-union Advanced Collapse). E’ un grave quadro di artrosi che blocca quasi completamente il polso e richiede interventi estremamente complessi e demolitivi del polso.

Dopo essere stato operato, Giampaolo Caruso dichiarò che sarebbe risalito in bicicletta nel giro di una settimana. Ciò effettivamente avvenne, ma sui rulli. Per rivederlo in corsa si dovette aspettare la fine di giugno, per i campionati italiani vinti a Fondo da Vincenzo Nibali lanciato verso la conquista del Tour. Caruso invece si ritirò, a conferma che i professionisti spesso bruciano i tempi di recupero, ma quando si tratta di fratture così particolari non sempre la fretta è buona consigliera.