L’Androni Giocattoli di Gianni Savio e del suo ds, Giovanni Ellena, è al Giro d’Italia con una squadra a dir poco giovane. Mai come quest’anno il team del manager piemontese si è affidato ai ragazzi. Nel giorno di riposo, proprio Ellena, ci dice qualcosa di più.
Giovanni, un’Androni giovane…
Sì, la nostra è stata una scelta ponderata. Abbiamo fatto una valutazione in base alla condizione dei nostri atleti. I più esperti, Belletti e Gavazzi non erano stati bene. Belletti 20 giorni prima del Giro ha avuto una faringite piuttosto seria. Insieme allo staff sanitario che ha valutato la situazione dell’ultimo mese e mezzo abbiamo scelto gli otto uomini che ci davano più garanzie.
Senatori a casa, dunque…
Per noi che abbiamo sempre puntato sui giovani, può essere un’opportunità in più. Perché non puntare su un Mattia Bais? L’aver portato Alexander Cepeda è stato un investimento per la squadra. Questo ragazzo due giorni fa mi ha guardato in faccia e mi ha detto: Giovanni, che pensi, come sto andando? Io gli ho risposto che aveva imparato più in questi 15 giorni che nei tre anni precedenti.
Cosa può fare l’Androni Giocattoli in questo Giro?
Manca la settimana più dura e due tappe sono difficilissime. Continueremo a fare dei tentativi è nel nostro Dna. Ne parlavo qualche giorno fa con Savio. Quando abbiamo portato al Giro per la prima volta Ballerini, Vendrame o Masnada loro già avevano almeno un anno di professionismo. Oggi non possiamo paragonare i nostri ragazzi a loro.
Conta molto un anno in più?
Sì. Nella tappa di Dowsett, per esempio, non dico che avremmo vinto ma saremmo andati più avanti, godendo di un’altra visibilità. Simone Ravanelli si era staccato proprio con Dowsett che, posso garantire, era il meno forte della fuga. Eppure quando sono rientrati Ravanelli è rimasto lì e Dowsett ha allungato. Questa è solo esperienza.
Pellaud e Bais sembrano i più vivaci. Un giudizio su di loro?
Sono due attaccanti nati. Simon Pellaud è più esperto rispetto a Bais. Mattia ieri è rimasto tra due gruppetti. Lo affianco con l’ammiraglia e vedo che mena. Vuole rientrare su quello davanti. Gli ho dovuto dire io di aspettare il drappello dietro. Stava sprecando energie preziose per i giorni a venire. Simon un errore simile non lo avrebbe commesso. Viene da due anni di WorldTour, era alla Iam. Hanno numeri simili. In futuro possono essere uomini importanti per team importanti. Con un pizzico di fortuna magari un successo lo raggiungono.
Questa vostra consapevolezza è un limite o un punto di forza?
Un punto di forza. Quando ti guardi allo specchio devi sapere di chi sei e cosa hai. Non posso andare da Bais stasera e dirgli domani devi vincere perché tu correvi con il Cycling Team Friuli e conosci queste strade. Psicologicamente lo distruggerei. Se poi si ritrova in fuga e si può giocare la tappa il discorso cambia. Ma è tutt’altro approccio.
Con i giovani bisogna tatto…
Io seguo i sudamericani. Non posso trattare Cepeda come Bernal. Hanno storie e culture ciclistiche diverse. Bernal aveva assaggiato un po’ di gare internazionali con la Mtb. Parlava un po’ d’inglese. Sapeva utilizzare i file degli allenamenti. Cepeda parte da zero. Quando è arrivato a fine luglio, tanto per rendere l’idea, gli abbiamo dovuto spostare la sella di 4 centimetri. Un’enormità per un pro’.
Sarai soddisfatto a fine Giro se…
Se i ragazzi continueranno a correre con questo atteggiamento e questa voglia d’imparare. Nella tappa di Brindisi, quella corsa a 51 di media e con i ventagli, nella riunione gli ho detto: guardate che non è banale. Non siamo capaci in queste condizioni. Stasera rischiamo di essere uno in meno. Ho preso la cartina. Gli ho fatto vedere da dove arrivava il vento. Li ho resi consapevoli dei ventagli. Cepeda mi guardava con due occhi che sembrava il personaggio di un fumetto. Non sapeva neanche cosa fossero i ventagli. In corsa sono stati bravi e alla fine hanno chiuso davanti. Altri più esperti, senza questa voglia, non sarebbero rimasti lì.