Search

Tonelli e l’obiettivo di vincere, prima di spiccare il volo

22.07.2022
5 min
Salva

Appuntamento all’ora di pranzo, perché poi Tonelli dovrà andare nella sede Deda a sistemare le nuove ruote di cui è tester con altri due compagni. C’è qualcosa da sistemare nella tensionatura dei raggi, mentre la scorrevolezza è eccellente. Quando non si corre, si provano i materiali e così anche l’estate passa meglio, in attesa di riattaccare il numero sulla maglia. Provando a riprendere il filo del terzo posto al Sanuario di Castelmonte al Giro, quando il bresciano di 29 anni (avrebbe compiuto i 30 due giorni dopo) si piazzò terzo alle spalle di Bouwman e Schmid, dopo aver battagliato a testa alta in salita con un gruppo di corridori WorldTour.

Tonelli terzo al traguardo del Santuario di Castelmonte, due giorni prima del suo 30° compleanno
Tonelli terzo al traguardo del Santuario di Castelmonte, due giorni prima del suo 30° compleanno

L’esempio di Cattaneo

La stagione sta andando bene e vari segnali fanno capire che si potrebbe essere sulla porta di un salto di qualità. Il ragionamento verte su questo e su cosa sogni effettivamente un corridore di 30 anni che corre in una professionale come la Bardiani-CSF-Faizanè.

«Finora in questa stagione – dice Tonelli, in apertura al via del Giro da Budapest (foto Bardiani-Csf) – mi do un sette e mezzo. E’ partita bene. E’ venuto qualche piazzamento in gare WorldTour (si è piazzato 4° nella sesta tappa del UAE Tour, ndr) che non mi aspettavo. Cosa sogno magari è proprio un posto nella categoria più alta, prendendo ispirazione da Cattaneo che c’è tornato a 31 anni. Più che un sogno potrebbe essere un obiettivo».

Il Giro d’Italia è stato un crescendo: il terzo posto a Castelmonte è venuto nella 19ª tappa
Il Giro d’Italia è stato un crescendo: il terzo posto a Castelmonte è venuto nella 19ª tappa
Ripartiamo da quel terzo posto al Giro, allora?

Venivo da due settimane ad attaccare. Centravo la fuga, però non andavamo mai all’arrivo. Quel giorno il gruppo era numeroso e si è scremato. Mi preoccupava Vendrame, che è molto veloce. Mi sono staccato sulla penultima salita, il Kolovrat, perché non sarei riuscito a tenerli se avessero continuato con quel ritmo folle. Invece dopo un po’ si sono calmati e sono rientrato a 3 chilometri dallo scollinamento. E a quel punto avevo due soluzioni: staccarli o aspettare la volata.

E’ finita in volata, in effetti…

Ho provato per due volte ad attaccare, ma mi hanno preso. E a quel punto c’è stata la volata, con il Garibaldi disegnato male e quell’ultima curva che ha tradito Vendrame. Nella mappa c’era scritto che si entrava in un ampio parcheggio, invece la strada chiudeva troppo e l’abbiamo sbagliata tutti. A me non sarebbe cambiato molto, Vendrame ci ha rimesso la vittoria.

Al UAE Tour, Tonelli ha centrato il 4° posto nella sesta tappa, vinta da Vacek
Al UAE Tour, Tonelli ha centrato il 4° posto nella sesta tappa, vinta da Vacek
In salita a testa alta, pensi di poter limare ancora qualcosa per migliorare?

Qualcosina si può migliorare, perché ho 30 anni ma credo di avere ancora delle potenzialità da esplorare. Penso che alla Sanremo ho fatto la Cipressa in fuga dopo sei ore di gara con un tempo non troppo lontano dai migliori. Non credo di essere un corridore sfruttato. Questo sarà il terzo anno su 8 di professionismo in cui chiuderò con più di 70 giorni di gara, che è il bilancio di quasi tutti, mentre io all’inizio sono sempre stato sui 50-60.

Qual è il tuo ruolo alla Bardiani?

Posso essere protagonista in ogni gara e quando ci sono, faccio il regista. Roberto (Reverberi, ndr) parla con me e sta a me fare in modo che le tattiche vengano come le abbiamo progettate. In questo momento in cui stanno aprendo forte al progetto giovani, hanno anche diversi corridori di esperienza come Modolo e Battaglin che sono usciti dal WorldTour. Io credo in questi otto anni di aver fatto tutto quello che potevo.

Guardando il calendario, hai fatto anche una bella attività.

Ho corso tanto e quasi tutte gare WorldTour. Mi hanno trattato decisamente bene. Siamo rimasti stupiti di aver corso Harelbeke, De Panne e la Gand. Stavo bene, quasi ero certo, una volta arrivato l’invito, che avrei partecipato. Se fossi stato in una WorldTour, sarebbe stato certo che la squadra avrebbe partecipato, ma poi sarebbe stato più difficile per me essere convocato. Però correre nel WorldTour è un obiettivo. La differenza potrebbe essere che adesso, invece di essere qui a lavorare per il Giro di Danimarca, saremmo a parlare della Vuelta…

Ecco, appunto, cosa prevede il menù per la seconda parte di stagione?

Danimarca, poi Tour du Poitou Charentes e Tour of Britain. E l’obiettivo è che arrivi finalmente la vittoria. Aver fatto terzo al Giro è una bella cosa, ma vincere sarebbe stato meglio. In Gran Bretagna nel 2018 feci un secondo posto e misi la maglia di leader, è una corsa in cui mi trovo bene. E poi in generale mi piacerebbe arrivare in condizione al finale di stagione. Per ogni cosa che possa saltar fuori. Da un risultato importante al mostrare a Bennati che io ci sono.

Un terzo posto che vale oro: il gran giorno di Tonelli

28.05.2022
5 min
Salva

Alla fine sempre di uomini si tratta, anche se certe volte osservando il gap fra atleti WorldTour e quelli professional ti viene da pensare che facciano sport diversi. Tappe come quella di ieri al Santuario di Castelmonte rimettono parzialmente in pari la bilancia. Alessandro Tonelli infatti si è giocato la corsa con Bouwman, Schmid, Attila e Vendrame, cogliendo un terzo posto che parla più di tanti altri piazzamenti di questo Giro d’Italia. Proprio lui, arrivato a tre tappe dalla fine, con una sorta di maledizione sulle spalle. Entrava sempre nella prima fuga e quella immancabilmente veniva ripresa.

«E’ stata una volata un po’ strana – ha detto a caldo – non pensavamo che l’ultima curva fosse così ad angolo retto. Due sono usciti fuori dritti, io ce l’ho fatta a curvare senza cadere e ho ottenuto questo terzo posto. Ci ho sempre provato e non mi andava mai bene. Anche oggi… La prima mezz’ora andavamo a 60 di media, andavamo da far paura. Sul Kolovrat hanno accelerato e io mi sono gestito perché sapevo di non avere quel ritmo. Ho preso il mio wattaggio, i miei valori. Sono rientrato in discesa e me la sono giocata fino all’ultimo. Ho anche provato ad attaccare, essendo il meno veloce. Avevo una buona gamba. Speriamo di averla anche domani (oggi, ndr)».

Terzo al traguardo, miglior risultato al Giro per Tonelli, bresciano di 29 anni
Terzo al traguardo, miglior risultato al Giro per Tonelli, bresciano di 29 anni

Caldo e fatica

Tappa dura, lo abbiamo già detto, da aspettarsi che fra quelli di classifica venisse giù il mondo. Invece la fuga ha preso margine e se ne è andata, grazie anche alle tirate di Affini, che la sua crono l’aveva iniziata il giorno prima verso Treviso, l’ha prolungata in questo angolo di Friuli e la concluderà finalmente a Verona con la bici più adatta.

Nel Giro in punta dei piedi della Bardiani-CSF-Faizanè, dopo i buoni piazzamenti di Gabburo si attendevano segnali dagli uomini delle montagne. E se Zana ha pagato un avvicinamento forse non ottimale alla corsa rosa, per Tonelli si trattava di infilarsi nel tentativo giusto. Le gambe c’erano, la preparazione ha dato buoni frutti, ma nessuno continuando così, se ne sarebbe accorto.

«Avevo corso tanto, prima del Giro avevo già 31-32 giorni gara. L’ultima è stato il Giro in Sicilia, quando mi hanno dato la conferma che avrei fatto il Giro. Così sono andato in altura per 12-13 giorni, ma vicino casa, in Maniva: un po’ per recuperare e un po’ anche per fare dislivello. Di sicuro non mi sarei mai aspettato tanto caldo. In Sicilia si stava bene, era ancora sopportabile. Ma già nella tappa di Potenza arrivavo in cima alle salite come se mi fossi tuffato in piscina. Ero fradicio e la stessa cosa è successa per tutta la seconda settimana. E’ stato così fino alla tappa di Cogne, a metà gara eravamo bagnatissimi e poi invece si vede che questa settimana è cambiato il tempo oppure ci siamo abituati. Era caldo anche a Torino, in realtà, ma è stata la tappa più battagliata e non c’è stato davvero il tempo di accorgersi se facesse caldo».

La fuga giusta

Ieri la fuga è andata sin da subito, ma per parecchi chilometri ha stentato a decollare. Poi, complici il gran lavoro in testa e il disinteresse del gruppo, il vantaggio è finalmente esploso fino a raggiungere i dieci minuti.

«Entravo nelle prime fughe che andavano – racconta Tonelli – ma venivano sempre chiuse e poi partiva quella buona. A Cogne la stessa cosa, nel senso che siamo partiti in 5-6 sempre con Vendrame e poi ci hanno preso dopo 50 chilometri. Ci vuole fortuna ovviamente, però capitava anche che entrassero corridori fra il decimo e il ventesimo, quindi gente forte, e il gruppo chiudeva. E poi ha continuato a entrare in fuga gente che in altre occasioni avrebbe fatto classifica, come martedì nella tappa di Salò. Quindi se non sei in ottima condizione, entrare in certe fughe non è facile».

Tonelli è arrivato al Giro con oltre 30 giorni di corsa. Lo ricordate in fuga con Rivi alla Sanremo?
Tonelli è arrivato al Giro con oltre 30 giorni di corsa. Lo ricordate in fuga con Rivi alla Sanremo?

Un fatto di fiducia

Dalla tappa di ieri, Tonelli è uscito con il terzo posto e un bel carico di fiducia che in un certo senso potrebbe dare la svolta alla sua carriera. Se come ha detto Mosca, l’imperativo per prendere il volo è farsi vedere, ieri i suoi attacchi sull’ultima salita non possono essere passati inosservati.

«Questo terzo posto conta tanto – sorride – come contava nel 2020 la tappa di San Daniele. Anche quel giorno ero l’unico “professional” in fuga e ho fatto decimo. Anche dal mio punto di vista c’è il gap fra noi e e le WorldTour, però se i corridori sono buoni, i risultati arrivano lo stesso. Una tappa così dà fiducia, certo ma se non hai fiducia dal mio punto di vista non vai avanti a fare questo sport».

Tanto tuonò che alla fine non piovve. E Carapaz sorride

27.05.2022
6 min
Salva

Tanto tuonò, verrebbe da dire, che alla fine non piovve. Guardando la tappa che ha portato il gruppo faticosamente al Santuario di Castelmonte, tornano alla mente le parole di Bartoli di poche ore fa: i primi tre si equivalgono. E non può esserci altra spiegazione davanti alla tattica timida di Carapaz, Hindley e Landa. Con la logica attenuante a favore della maglia rosa: lui il primato ce l’ha già e veder passare salite, giorni e chilometri in modo così… insipido gli sta più che bene.

«Mi piacerebbe vincere una tappa – dice – e ammetto che quando vinsi nel 2019 corsi in modo più aggressivo. Però bisogna riflettere bene e fra una tappa e il Giro, io scelgo il Giro».

Carapaz ha regolato i tre ancora in volata: la maglia rosa c’è
Carapaz ha regolato i tre ancora in volata: la maglia rosa c’è

Questioni di famiglia

Quando Richard trova il tempo per raccontarsi, il suo sorriso dice tutto. Probabilmente il buon umore è accentuato dall’aver incontrato la sua famiglia arrivata dall’Ecuador. E non stupisce nemmeno che le sue parole alla fine suoneranno come una minaccia per gli avversari.

«E’ importante avere con sé la famiglia – dice – quando partiamo e lasciamo il Sud America, stiamo tanto tempo senza vederci. Comunque è stato un giorno impegnativo. Alla fine ci siamo ritrovati testa a testa, ma siamo allo stesso livello e… siamo ancora qui. Non credo però che domani finirà allo stesso modo».

Landa è parso più brillante: domani è quello che dovrà rischiare di più
Landa è parso più brillante: domani è quello che dovrà rischiare di più

Senza Porte

Non si può certo fargliene una colpa, se davvero non ce la fanno: lo show si ferma davanti ai limiti oggettivi. Diverso sarebbe se davvero aspettassero tutti la Marmolada, svuotando le altre tappe di ogni significato, in un Giro che ha visto l’uscita di scena di Richie Porte per problemi di stomaco.

«Aver perso Richie – dice il leader del Giro 2022 – è un brutto colpo visto che ci aspetta la tappa di montagna più importante. La squadra però è motivata. Stamattina sapevamo che Porte non stesse bene. Ha provato lo stesso a partire, ma appena il ritmo si è alzato, ha dovuto arrendersi. Per fortuna oggi la Bora ha preso l’iniziativa e ha lavorato in testa al gruppo. Non so perché lo abbiano fatto e poi si siano rialzati a fondo valle, forse perché la discesa è stata troppo tecnica e non valeva la pena insistere. In ogni caso, è bello che non sia solo il Team Ineos a lavorare».

Nibali è ora 4° a 5’53”: domani giocherà la carta dell’attacco nella discesa del Pordoi?
Nibali è ora 4° a 5’53”: domani giocherà la carta dell’attacco nella discesa del Pordoi?

Tre secondi bastano?

Hindley in apparenza sta meglio di tutti. Sgambetta con disinvoltura e ha davanti la chance che gli fu negata ai Laghi di Cancano, quando gli fu chiesto di rispettare la rosa di Kelderman. Lui ubbidì, si presentò ugualmente all’ultima crono vestito di rosa e Tao Geoghegan Hart lo svestì senza troppi complimenti. Si disse allora, in quell’insolito Giro d’ottobre 2020, che se avesse potuto guadagnare terreno, l’esito sarebbe stato diverso. Per questo, quando oggi si è vista la Bora-Hansgrohe riprendere in mano la corsa come a Torino, si è pensato che fossimo sulla porta di un altro forcing estremo. Invece probabilmente la squadra di Gasparotto sperava di trovare una collaborazione che non è venuta e si è rialzata.

Il diesse friulano era stato a studiare la tappa assieme a Matteo Fabbro durante l’inverno, era lecito pensare a un attacco. Invece, finita la salita di Kolovrat e atterrati nella valle, visto che nessuno si è affiancato al loro lavoro, gli uomini del team tedesco si sono allargati, riconsegnando la corsa al Team Ineos Grenadiers che l’ha portata sino alla salita finale.

«La Bora ha fatto la sua parte – riprende Carapaz – Landa è parso molto attivo con tutta la squadra. Abbiamo visto che siamo allo stesso livello e di conseguenza è difficile fare grandi distacchi. Però domani sarà diverso. Mi aspetto altri scenari. L’arrivo è in quota, la salita è dura. Non credo proprio che arriveremo insieme. E se anche dovesse finire come oggi e arrivassi alla crono di Verona con 3 secondi di vantaggio, sarà meglio averli che partire indietro».

Bouwman fa doppietta dopo la tappa di Potenza e consolida la maglia dei Gpm. Sullo sfondo, Tonelli
Bouwman fa doppietta dopo la tappa di Potenza e consolida la maglia dei Gpm. Sullo sfondo, Tonelli

Il prezzo del biglietto

Diciamolo chiaramente, parlando per una volta da appassionati: questa tappa non è valsa il costo del biglietto. Ci si aspetta che in certe giornate gli uomini di classifica siano lassù a giocarsi la tappa. Invece il disinteresse del gruppo dei primi ha lasciato carta bianca alla fuga. Tanto che alla fine i più sorpresi sono stati proprio gli attaccanti.

«Abbiamo faticato a prender margine – ha ammesso il vincitore Bouwman in un mare di sorrisi – poi abbiamo sentito che la Bora si era messa a tirare. Eravamo ancora sulla salita lunga, ho avuto paura. Ma a quel punto abbiamo lavorato tutti e soprattutto Affini, che si è sacrificato e ha fatto un passo incredibile. Metà di questa vittoria è per lui. Quanto a me, resto un gregario, non saranno queste due tappe vinte a farmi cambiare mentalità e pretese. Semmai avrò più spazio quando non dovrò lavorare per i miei capitani. Vinsi la mia prima corsa da pro’ indossando la maglia di leader dei gpm al Delfinato, è stupendo che la storia si ripeta dopo una tappa così prestigiosa».

Il tappone dolomitico

Così domani si andrà finalmente sulla Marmolada, in un tappone dolomitico che prima dell’arrivo sul Fedaia li costringerà a sciropparsi il Passo San Pellegrino dal versante più duro (quello agordino) e il Passo Pordoi. Difficile dire se gli organizzatori si aspettassero di arrivare alla partenza con distacchi così esigui, di certo ci sono tutti gli ingredienti perché Landa provi a recuperare e Carapaz si metta al riparo dal ritorno di Hindley nella crono. E lo stesso australiano, che è già passato per lo smacco di un Giro sfuggito l’ultimo giorno, magari vorrà togliersi il dubbio prima che accada un altro pasticcio.

«La tappa è stata molto dura – dice Landa – e quando la fuga è partita, ha Bora ha fatto il lavoro per andare a prenderla. Hanno fatto il forcing anche sulla penultima salita e quando siamo arrivati all’ultima, l’ho trovata corta ed esplosiva. Non adatta a uno come me. Sono contento di essere arrivato con Carapaz e di non aver perso terreno…».

L’ultima curva manda in pezzi i progetti di Vendrame

27.05.2022
5 min
Salva

Una curva. L’ultima maledetta curva ha mandato all’aria i piani di Andrea Vendrame. Eravamo quasi certi che oggi Andrea sarebbe andato in fuga. Un corridore come lui, lo abbiamo imparato a conoscere, vuol lasciare il segno. Quantomeno vuol provarci.

Ma come? Sarebbe stato lecito chiedersi: Vendrame, che è quasi un velocista, vincente in una tappa di 3.600 metri di dislivello e per di più con arrivo in salita? La risposta è sì. E non sarebbe la prima volta che conquista tappe dure, ricordiamoci dello scorso anno a Bagno di Romagna.

Prima del Santuario di Castelmonte, in questo Giro d’Italia, si era buttato in due volate di gruppo e in un paio di fughe. Ma il veneto è particolare. Un corridore che riflette e che pondera bene ogni mossa. Una volta ci ha detto: «Il ciclismo è 80% testa e il resto gambe».

Dopo le primissime interviste, Andrea si raccoglie nei suoi pensieri
Dopo le primissime interviste, Andrea si raccoglie nei suoi pensieri

Castelmonte nel mirino

A Budapest, la sera della presentazione delle squadre ci aveva detto che avrebbe cerchiato di rosso, anche con l’aiuto del suo mental coach, due o tre tappe. 

«E questa era una di quelle», ha ribadito il corridore dell’Ag2R-Citroen dopo l’arrivo.

Oggi voleva andare in fuga e ci è andato.

«Sul Kolovrat – dice Andrea – ho cercato di mantenere il mio passo, non volevo fare fuori giri. Sapevo che potevo rientrare in discesa, dove vado bene. La tappa non ero venuto a vederla, ma me l’ero studiata bene».

E rientrando sui quattro al triplo della velocità, ci ha anche provato. Ha tirato dritto, come impone il manuale del buon ciclista.

Sul Kolovrat e verso Castelmonte il trevigiano si è gestito magistralmente
Sul Kolovrat e verso Castelmonte il trevigiano si è gestito magistralmente

Ostacolo salite

La scalata finale però è di nuovo un ostacolo enorme per Vendrame. Lui è sicuramente il più veloce, ma altrettanto sicuramente è il meno scalatore. Per sua fortuna gli altri quattro erano sfiniti.

Durante la scalata gli occhi di Vendrame sono incollati sull’asfalto e in particolare sull’ultima ruota di turno da seguire.

«Nella mia testa – racconta Andrea ora con le mani nella testa e ancora tremolante dalla “botta” di adrenalina – c’era di arrivare in volata. Di nuovo salivo col mio passo. Sapevo e speravo si controllassero. Anche perché quella era l’unica speranza per arrivare in volata. Le gambe erano buone. Sono contento di averci provato».

Vendrame incredulo all’arrivo. Schmid lo ha buttato fuori strada (errore totale di traiettoria)
Vendrame incredulo all’arrivo. Schmid lo ha buttato fuori strada (errore totale di traiettoria)

La curva…

E alla fine ce la fa. Il suo progetto va (quasi) in porto. Supera Castelmonte. Agli 800 metri la salita è ormai un ricordo. La strada scende impercettibilmente in un punto. Dentro di lui aumenta la consapevolezza. E ancora prima che diminuisca la pendenza ha le mani basse. 

Adesso la distanza da quell’ultima ruota è ridotta all’osso. Non è più “defilato”. La curva a sinistra è forse anche più stretta che dei canonici novanta gradi.

«Sapevo – dice Vendrame – di essere il più veloce e sapevo che c’era questa curva. L’avevo visto anche stamattina prima del via su internet, con la squadra. Magari non pensavo così stretta».

«La mia idea era di prenderla all’esterno, in prima o seconda posizione per poter uscire più veloce. Quella per me era la traiettoria migliore per vincere. Ma purtroppo sono andati dritti e mi hanno costretto ad allargare (nella foto di apertura, ndr), come si è visto. Per me hanno giocato anche un po’ scorrettamente. Oggi tutti vogliono prenderle all’interno e… Cosa potevo fare se non frenare. Per fortuna che non c’erano le transenne, altrimenti ci saremmo fatti male». 

«Le volate a volte si vincono, a volte si perdono: è un jolly. Ed è andata così. Meglio un quinto posto che una caduta».

E i sogni infranti

Si frantumano a 70 metri dall’arrivo dunque i sogni di Vendrame. Sarà il suo percorso psicologico, sarà che magari Andrea è proprio così, ma cerca già di buttarsi alle spalle questo episodio. La delusione però suo volto c’è.

Tra l’altro non è la prima volta che vive una situazione simile. Già verso San Martino di Castrozza, al Giro del 2019, ruppe la catena nel finale quando stava per vincere.

«Una tappa persa al Giro fa male, però ci riproveremo. In qualche altro Giro o già al prossimo Tour de France, vedremo cosa deciderà la squadra».

Intanto, Antonello Orlando della Rai gli chiede se vuol andare al Processo alla Tappa. Andrea che era già pronto per scendere a valle con l’ormai immancabile fischietto per farsi spazio nel traffico, traduce la richiesta al suo addetto stampa, il quale gli dà l’okay.

Prima di partire, fa appena in tempo a prendere un sacchetto di caramelle gommose e a dirci: «Il Giro non è finito. Domani c’è un’altra tappa e si corre ancora in casa. Vediamo cosa si può fare».

Da Andorra, i consigli di Fabbro per la tappa di Castelmonte

27.05.2022
5 min
Salva

Matteo Fabbro non è al Giro d’Italia a dar man forte a Hindley e compagni. Il friulano è in ritiro ad Andorra. Al Giro avrebbe voluto esserci. E avrebbe voluto esserci soprattutto oggi, nella frazione che arriva a Castelmonte. Ma vista la situazione già al Tour of the Alps ci aveva detto che non avrebbe avuto molto senso venire al Giro senza essere in forma.

«Ora – dice Fabbro – sono qui in altura. Rientrerò al Delfinato. Il Tour? Un’ipotesi più che un programma, per ora. Intanto pensiamo a rientrare in corsa al Delfinato, visto che la Grande Boucle quest’anno non è molto adatta alle mie caratteristiche, tra la partenza in Danimarca, il vento, la tappa in pavé. Le montagne ci sono, ma prima devi sopravvivere!

«L’idea normale è quella di fare la Vuelta».

Con Fabbro però andiamo alla scoperta della tappa numero 19 del Giro, la Marano Lagunare – Santuario di Castelmonte, frazione friulana (e un po’ slovena).

Matteo già ce ne aveva parlato questo inverno, ma adesso vogliamo ritornarci, per farci dare dare una sorta di “consigli” per entrare nei meandri tecnici della tappa e analizzarla con la classifica attuale.

Matteo Fabbro (classe 1995) dal ritiro in Andorra ci ha raccontato la tappa nel “suo” Friuli
Matteo Fabbro (classe 1995) dal ritiro in Andorra ci ha raccontato la tappa nel “suo” Friuli
Matteo, se fossi in Gasparotto, che consigli daresti ai tuoi ragazzi per affrontare questa tappa?

Bisognerebbe vedere come stanno. Sin qui hanno speso molto, vengono da tappe dure e li aspetta la Marmolada. Se avessimo avuto la maglia rosa avrei corso in difesa, altrimenti avrei cercato d’inventarmi qualcosa sul Kolovrat, che di certo resterà indigesto a qualcuno. E’ una salita micidiale.

Micidiale, addirittura?

Ha una pendenza media del 10%, ma bisogna considerare che in un tratto spiana un po’ e in un altro scende, quindi si significa che sei sempre sopra al 12% E chi ha la gamba lì va.

Che rapporti monteresti?

Un 36 davanti e un classico 11-30 al posteriore. Con quello vai dappertutto.

E che ruote sceglieresti: alte o a medio profilo?

Una ruota alta ti potrebbe agevolare nella prima parte che è piatta, quella a medio profilo ti potrebbe aiutare dopo, ma alla fine credo che opterei per una ruota da 50 milllimetri.

Per te questa frazione somiglia a quella di Torino? Lì c’erano molti saliscendi…

Da Villanova Grotte la strada diventa stretta e tortuosa e lo diventa già in salita, ma soprattutto dopo. Quindi potrebbero esserci degli attacchi in discesa. Ma dal Tanamea in poi non c’è più respiro. Da Caporetto inizia la salita più dura e poi ancora è tutto un vallonato. Nella prima parte di questo segmento vallonato è più discesa, poi per rientrare in Italia ci sono dei pezzi che salgono e scendono, in ogni caso bisogna pedalare. Difficile organizzare un inseguimento di squadra.

C’è spazio per attaccare dunque?

Sì, anche perché il tratto vallonato è nel bosco, è umido, è tortuoso. E se dovesse piovere sarebbe tutto più complicato.

Invece il finale?

Terminato questo tratto vallonato si arriva in pianura, ma saranno tre, quattro chilometri al massimo. Una svolta a sinistra e inizia la salita di Castelmonte. Però qui non è super necessario stare davanti. La salita infatti è larga. E’ una salita impegnativa, ma ben più pedalabile del Kolovrat.

Nibali ha detto che nella frazione di Torino, anche per come è stata corsa, era difficile persino alimentarsi. Sarà così anche verso Castelmonte?

Non credo. Perché tra una salita ed un altra ci sono dei tratti rettilinei. Sono brevi, però hai spazio per mandare giù un boccone. E poi per il Kolovrat dovresti esserti alimentato prima. Da quel punto in poi mandi giù un gel che è ben più pratico.

Tornando sempre alla frazione di Torino, lì la tua Bora-Hansgrohe ha stravolto il Giro, sarà ancora così? Gasparotto s’inventerà qualcosa?

“Gaspa” ha portato una ventata di aria nuova e credo che serviva. Abbiamo iniziato a correre più all’attacco invece che subire la corsa. E per ora ha dato i suoi frutti. Kamna quando sta bene ha carta bianca e in fuga sbaglia poche volte. Kelderman anche nel giorno dell’Aprica è stato sfortunato: ha avuto dei problemi meccanici, e Hindley è lì. Vedremo cosa s’inventerà (ride, ndr).

E quindi si potrebbe arrivare tutti insieme ai piedi del santuario di Castelmonte?

Mi aspetto due corse, quella per la tappa e quella per la classifica. La tappa è divisa in due parti nette: i primi 75-80 chilometri che sono totalmente piatti, e i secondi 100, da Tarcento in poi, in cui non c’è più respiro. Quindi gli uomini di classifica che decideranno di attaccare devono essere consapevoli che il giorno dopo c’è la Marmolada.