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Dieci del mattino, sale in cattedra “prof” Cavalli

07.03.2023
6 min
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Stamattina Marta Cavalli è entrata nuovamente dal portone nell’Istituto Comprensivo Marco Gerolamo Vida di San Bassano, invitata a parlare della sua vita, del ciclismo, dello sport e di come lo si possa collegare alla scuola. Ha parlato di cultura alimentare e di sicurezza stradale, poi è tornata a casa ed è uscita per allenarsi.

«E’ stata una bella emozione – racconta – perché mi sono proprio rivista nei ragazzi e nella loro sorpresa nell’avere a che fare con qualcuno di più giovane, perché comunque sono sempre con professori che hanno un’età superiore. Avere davanti una ragazza più giovane li ha resi più partecipi e questo mi ha fatto piacere. E mi sembrato di tornare indietro nelle stesse emozioni. Anche a me è piaciuto molto perché mi sono raccontata in un modo diverso e ho visto lo stupore negli occhi dei ragazzi. Spero che abbiano trovato anche loro la stessa motivazione che ho io.

«E’ stata proprio una bella esperienza. Sono stata dalle 10 alle 12. Ho parlato per un’oretta, poi quando ho chiesto se ci fossero domande, i ragazzi si sono scatenati. La domanda più interessante è stata se mi sarei mai immaginata di arrivare dove sono adesso. Mentre per la più strana mi hanno chiesto la velocità massima mai raggiunta. Ero indecisa se dire la verità o meno. I ragazzi tendono ad emulare le cose pericolose, quindi non sapevo se dire che in discesa si arriva “facilmente” a 100 all’ora. Alla fine ho detto la verità. E a quel punto… boato di sorpresa generale!!!».».

La FDJ Suez non le mette fretta: il suo processo di crescita è ancora nel pieno
La FDJ Suez non le mette fretta: il suo processo di crescita è ancora nel pieno

Inizio faticoso

Il suo inizio di stagione è stato problematico. Dopo un inverno positivo, all’inizio delle corse Marta non ha avvertito le sensazioni che si aspettava. E così, con una decisione inattesa ma fondata, la squadra l’ha vista correre al UAE Tour e poi alla Het Nieuwsblad e poi l’ha fermata.

«Sto facendo un po’ fatica – spiega – più che altro con il ritmo gara, quando proprio la corsa si fa dura, anche in pianura. Ho sentito di essere un po’ in deficit. I tecnici dicono che può risalire tutto alla caduta del Tour. E proprio guardando questo aspetto, ho capito che era necessario prendersi ancora qualche giorno, qualche settimana per definire bene la condizione e riparare queste piccole mancanze».

Dopo le prime due gare, il 2023 di Cavalli si è interrotto per un supplemento di preparazione (foto FDJ Suez)
Dopo le prime due gare, il 2023 di Cavalli si è interrotto per un supplemento di preparazione (foto FDJ Suez)
Sei sempre rimasta a casa per lavorare?

Nessun ritiro, sono a casa. Adesso il clima è più gradevole, quindi si lavora bene. La preparazione è tutta proiettata sul miglioramento, perché le basi le ho fatte e sono anche belle solide. Quindi si lavora più per cercare lucidità, brillantezza e ritmo gara.

Non sarà anche che dovendo fare classiche, Giro, Tour, mondiale e tutte le corse che vengono dopo il mondiale, sia anche utile partire un po’ più piano?

Dipende dagli obiettivi. Come primo avevo fissato la Strade Bianche e comunque avevamo visto che, gestendo bene una fase di recupero a metà stagione, si sarebbe potuto fare tutto il programma. In questo modo, con meno gare nelle gambe, sicuramente rivedremo il calendario. Detto questo, non c’è ancora una data di rientro. Guardiamo ai prossimi giorni, magari si potrebbe correre al Binda o magari no. Il giorno in cui dovessi star bene, sarei la prima a dire di provare e loro mi inserirebbero. Però l’importante è prendersi il tempo giusto, non c’è la fretta di rientrare a tutti i costi.

Longoo Borghini e Cavalli: sul fronte delle corse dure, due colonne del ciclismo italiano
Longoo Borghini e Cavalli: sul fronte delle corse dure, due colonne del ciclismo italiano
La stai vivendo sorprendentemente bene…

Allora, con calma (sorride, ndr). I primi giorni non è stato facile, però adesso la sto prendendo giorno per giorno. Anche come un’opportunità per capire meglio quali effetti abbiano su di me certi allenamenti. Il 2022 è stato un anno importante, dove ho ottenuto dei risultati veramente sorprendenti, ma lo considero parte di un processo di crescita. Quest’anno non devo arrivare ancora a quel livello, ma devo cercare di migliorarmi e per farlo a volte può esserci anche l’inconveniente di non vincere. Il problema è che ormai si è creata l’aspettativa, quindi se non vinco, la gente si interroga. Noi invece lo vediamo più razionalmente, come un processo di crescita.

Aspettativa della gente, oppure anche di Marta?

No, bè, anche mia.

Il UAE Tour ha fatto capire a Cavalli che manca la necessaria brillantezza anche in pianura
Il UAE Tour ha fatto capire a Cavalli che manca la necessaria brillantezza anche in pianura
Che tipo di preparazione stai facendo?

L’attività principale è il dietro motore. Un esercizio di sforzi brevi, ma intensi. Un’intensità non troppo protratta nel tempo, quindi più volate, allunghi, accelerazioni. Anche se non lo abbiamo ancora definito, stavo pensando anche a fare qualche passaggio in pista. 

Hai seguito la Strade Bianche?

Ho visto la replica quando sono rientrata, perché prima ero fuori in bici. E’ uscita una bella corsa. Quando ho visto Vollering e Kopecky, inizialmente pensavo che dall’ammiraglia gli avessero comunicato di giocarsela. E così è stato, ma inizialmente sembrava che non fossero proprio contente l’una dell’altra. Riguardando i video, si vede che comunque appena dopo l’arrivo si sorridono. Quindi credo che sia emersa forse più la stanchezza di una gara dura, rispetto all’emozione di aver fatto prima e seconda. Avremo comunque l’occasione nelle prossime settimane e nelle prossime gare, di vedere se fra loro c’è della ruggine, per poterne magari approfittare.

L’Het Nieuwsblad è stato l’ultima corsa finora di Marta Cavalli e si è conclusa con il ritiro
L’Het Nieuwsblad è stato l’ultima corsa finora di Marta Cavalli e si è conclusa con il ritiro
Cosa ti è parso di Van Vleuten che non è riuscita a rispondere?

Credo che sia frutto di una preparazione. Ora come ora, il livello è cresciuto tantissimo rispetto agli ultimi due anni. Ora il gruppo di atlete che possono giocarsi le gare è molto più ampio. Sono tante quelle che riescono ad arrivare brillanti nei momenti chiave. E se lei ora è in preparazione per le Ardenne, non essendo già al 100 per cento, non è più una bomba come al solito. Una volta il suo 90 per cento le bastava per fare la differenza, ora non è più così. Sa di non avere ulteriori margini di miglioramento. E avendo deciso di ritirarsi a fine anno, avrà concentrato i suoi sforzi sugli obiettivi che vuole davvero centrare.

Alle radici di Marta Cavalli, parlando con il padre

24.04.2022
7 min
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Se non fosse stato chiaro dopo l’Amstel, la vittoria di Marta Cavalli alla Freccia Vallone ha acceso un riflettore potentissimo sulla ragazza di Cremona. Se infatti la prima volta ha vinto usando la testa, sul Muro d’Huy ha ragionato e atteso fino all’ultimo, poi ha riversato nei pedali la forza che ha piegato la rocciosa Van Vleuten. Non tante atlete possono dire di esserci riuscite.

In quarta elementare

Da dove viene Marta Cavalli? Sappiamo della trafila completa con la maglia della Valcar, ma cosa c’è prima? Sapevamo che suo padre Alberto per qualche anno avesse oragnizzato delle corse e da lui siamo partiti per andare all’origine della campionessa della FDJ Nouvelle Aquitaine Futuroscope. Appuntamento alle 9 del mattino, prima che il lavoro in azienda lo sommerga.

«D’accordo con Valentino Villa – racconta – avevamo messo insieme la Freccia Rosa, una challenge di tre corse in cui la maglia di classifica aveva i colori della Valcar. Villa ci metteva i premi, davanti al primo sbocciare del ciclismo femminile. Però Marta aveva cominciato prima. In terza, quarta elementare, cominciò a dire di voler correre, anche se io cercavo di scoraggiarla».

Arriva la bici

Alberto ha giocato a calcio, poi si è appassionato alla bici, correndo da amatore. Bici in casa non sono mai mancate, per cui era prevedibile che la figlia si innamorasse dello sport del padre. Che invece faceva di tutto per sconsigliarla.

«Le dicevo – sorride – che le soddisfazioni sono poche, che è più facile perdere che vincere. Ho cercato di indirizzarla altrove. Finché un giorno tornò a casa annunciando che il suo amico Cristian correva in bici e lei avrebbe voluto fare come lui. Faceva ormai la quinta e visto che conoscevo la Gloria Guarnieri di Cremona, la portai a provare. Cominciammo il martedì e giovedì, facendo piccoli passi. Quando un figlio comincia a correre, la famiglia viene tirata dentro, soprattutto nei primi anni. Sentivo direttori sportivi dire che i genitori dovessero starne fuori, ma da quando Marta ha cominciato, io ho smesso di correre e 3-4 volte a settimana mi dedicavo a lei. Avere la famiglia alle spalle è tanta roba. Nei momenti belli non lo capisci, in quelli storti fa la differenza».

Fra i giovanissimi, già ben determinata e vincente
Nei giovanissimi, già ben determinata e vincente

Se Marta pianta il chiodo

Marta è un tondino d’acciaio. La guardi negli occhi e riconosci una determinazione pazzesca. E’ orgogliosa. E la bicicletta non ha fatto altro che amplificarne le doti del carattere.

«Pedalare insieme – prosegue Alberto – non ha aggiunto molto alla mia conoscenza di Marta. La nostra famiglia è molto unita. Siamo insieme a colazione, pranzo e cena. Siamo sempre presenti, può capitare che il lavoro ci costringa a qualche assenza, ma i figli li abbiamo cresciuti noi per il 90 per cento del tempo. Mia moglie lavora part time proprio per questo.

«Uscendo con lei in bici, ho visto lo stesso carattere che ha sempre messo nelle sue passioni. La conosco molto bene. E’ una che, se pianta il chiodo, poi è quello! E’ consapevole di quel che può fare e questi risultati aumenteranno la convinzione. Non è semplice attaccare certe campionesse, ci vuole un bel coraggio…».

FDJ, un progetto di crescita

Da esordiente alla Valcar e con la Valcar è cresciuta. Poi quando è stato il momento ha spiccato il volo. Si può capire che certe partenze, come quella più recente di Elisa Balsamo, siano ferite per la squadra di Villa, ma al contempo se ne può essere fieri. Le parole di Marta su cosa significhi correre in una squadra estera fa riflettere sulla difficoltà di un trasferimento a 22 anni.

«Quando si è fatta avanti la FDJ – riflette papà Cavalli – abbiamo voluto capire se fossero davvero interessati. Bisognava decidere se fare il salto o rimanere. Con la Valcar-Travel&Service c’erano e ci sono ancora ottimi rapporti. Il secondo che mi ha scritto quando Marta ha vinto l’Amstel è stato Valentino Villa. Così prima abbiamo valutato il progetto. Poi abbiamo fatto un consulto di famiglia, dopo esserci sentiti con il suo procuratore (Fabio Perego, ndr). Si è fatto un ragionamento globale nell’ottica di un’evoluzione nella crescita di Marta. Abbiamo messo sul piatto il discorso economico, ma soprattutto il progetto. Non sarebbe partita per fare numero. Abbiamo deciso insieme e alla fine è andata in Francia».

La Coppa Rosa

Lo ha detto chiaro Cassani nei giorni scorsi: per arrivare in cima alla scalinata serve salire un gradino per volta. Perciò se tanti si sono meravigliati dei risultati di Marta, chi l’ha vissuta più da vicino era lì ad aspettarli, certo che sarebbero venuti.

«Ci sono stati passaggi importanti nella sua carriera – ricorda il padre – il primo di tutti la vittoria della Coppa Rosa a Borgo Valsugana. Lì ha capito di poter fare di più. Purtroppo ebbe quell’incidente nel 2016, cadendo a Montichiari. Rimase quasi per un mese in ospedale a Brescia e poi ferma per altri sei, con il rischio che le asportassero un rene. Però ripartì cocciuta come al solito e tornò a Montichiari per vincere il titolo italiano dell’inseguimento. Ve l’ho detto, aveva piantato il chiodo. E anche l’anno dopo, passando fra le elite e correndo contro i mostri, riuscì a centrare due vittorie. E nel 2018, con il campionato italiano, capì che era la sua strada. Adesso a certi passaggi non ci si pensa più, si guarda solo in avanti».

Dopo le vittorie di Amstel e Freccia e nel giorno in cui si corre la Liegi, andiamo alle origini di Marta Cavalli, parlando con suo padre Alberto
Eccola nel 2013 con Marianne Vos, iridata e all’apice della sua fama
Nel 2013 con Marianne Vos, iridata e all’apice della sua fama

In ginocchio sul pavimento

Il giorno in cui Marta ha vinto l’Amstel, in casa Cavalli c’erano solo tre persone. Alberto, sua moglie Romina e Irene la figlia più piccola.

«Non siamo gente da bar – sorride – anche perché durante le corse a volte do in escandescenze ed è meglio che rimanga tutto tra le mura di casa. Quando hanno iniziato il Cauberg, mi sono messo in ginocchio sul pavimento. Ero consapevole che avesse quella forza, tutto stava arrivare a quel punto per dare la stoccata. Appena ho visto che aveva preso 30-40 metri, ho detto: “Ci siamo!”. Ha vinto da finisseur, sapevo che avrebbe tenuto. La volata non sarebbe stata così sicura, anche se è cresciuta con il mito di Cavendish. Non perché fosse o volesse diventare una velocista, ma perché Cavendish era il fuoco sotto la paglia. Vedendo quelle volate, si esaltava. Quando faceva il quartetto era più veloce, aveva più massa e abitudine. Poi si è specializzata su strada. E adesso quando usciamo in bicicletta insieme, in pianura se lo scorda di staccarmi. Ma appena inizia la salita, le dico: “Figlia mia, aspettami in cima oppure tornami incontro”. E lei fa così. Arriva su e poi gira e la finiamo insieme…».