Freccia Welsford, la via più veloce dalla pista alla strada

29.01.2023
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Tutti in attesa di Jakobsen, oppure Bennett e Gaviria, invece dal gruppo è schizzato fuori uno che di volate ne sa parecchio, ma su strada è poco più di un debuttante: Sam Welsford.

Il suo palmares parla di due medaglie olimpiche su pista (argento e bronzo a Rio e Tokyo nell’inseguimento a squadre) e di quattro titoli mondiali sempre su pista (tre volte nel quartetto e l’ultima nello scratch).

Sam Welsford ha 27 anni, è australiano e ha un grande palmares su pista
Sam Welsford ha 27 anni, è australiano e ha un grande palmares su pista

Cerotti e abrasioni

Qui alla Vuelta a San Juan lo avevamo visto tutto bendato nei primi giorni, finito sull’asfalto in malo modo, ma avendolo appena visto strecciare sul traguardo di San Juan davanti a Bennett e Gaviria, la sensazione è che abbia ben recuperato.

«Oggi ha funzionato tutto alla perfezione – racconta nella conferenza stampa subito dopo l’arrivo – la squadra ha lavorato bene ed è una coincidenza divertente il fatto che la tappa si sia conclusa davanti a un velodromo così bello, visto il mio palmares su pista. Avevo studiato il finale, sono molto contento, ma per arrivare allo sprint, la giornata è stata molto dura».

Salite e peso

Un metro e 82 per 79 chili, Welsford ha quadricipiti da chilometrista. Tanto che gli illustri sconfitti non hanno neppure accennato la minima protesta, consapevoli del fatto che se a uno così lasci strada aperta, c’è il rischio che ti infili.

«Ho battuto alcuni dei più forti – dice con un sorriso grosso così – che mi motiva molto. Detto questo, fare volate su pista è completamente diverso che farle su strada. Le velocità forse sono più basse, ma lo sprint in pista è più breve. Qui invece si comincia a sgomitare dai meno 3 chilometri dall’arrivo e per arrivarci devo comunque combattere con il peso, allenarmi sulle salite…».

La notizia del ritiro di Bernal arriva a sorpresa: dolore al ginocchio. Prima del via sembrava tutto normale
La notizia del ritiro di Bernal arriva a sorpresa: dolore al ginocchio. Prima del via sembrava tutto normale

E le classiche?

Le Olimpiadi di Tokyo sono state una parentesi chiusa sulla pista. Da quel momento, Welsford ha firmato il contratto con il Team DSM e ancora adesso ci si chiede quale potrebbe diventare il suo terreno di elezione. Le volate, certo, ma perché escludere le classiche?

L’anno scorso, Welsford ha infatti conquistato il podio alla Scheldeprijs vinta da Kristoff su Van Poppel e pochi giorni prima era stato quarto alla Bredene Koksijde Classic, dietro Ackermann, Hofstetter e Merlier.

«E’ forte – mormora il massaggiatore che lo aspetta – all’inizio aveva qualche problema nello stare in gruppo, ma sul motore non si discute».

Quadricipiti ipertrofici per Welsford che ha sorpreso i rivali in volata
Quadricipiti ipertrofici per Welsford che ha sorpreso i rivali in volata

Se ne sono accorti tutti, Bennett e Gaviria su tutti. Soprattutto il colombiano non se lo aspettava e dopo la riga sembrava contrariato. Eppure anche oggi si conferma la legge dichiarata nei giorni scorsi da Viviani: non c’è più un dominatore assoluto. Le volate si vincono sui dettagli e perché tutti si combinino nel modo giusto, occorre anche un po’ di fortuna…

Cavendish giro belgio 2021

Cavendish e un sogno che dista quattro tappe

23.06.2021
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Sabato indosserà maglia, calzoncini, il casco e tornerà lì, sulla linea di partenza, per affrontare la sua 13ª avventura al Tour de France: se a inizio stagione glielo avessero detto, Mark Cavendish avrebbe pensato a una presa in giro, una battuta di cattivo gusto. Invece il ciclismo è così, ti riserva sorprese quando meno te lo aspetti.

A dir la verità, Mark non se lo aspettava neanche una settimana fa. Al Tour doveva andare Sam Bennett, questi erano i programmi sin da inizio stagione. E’ pur vero che il nativo dell’isola di Man aveva provato a mettere in discussione le gerarchie con 4 vittorie in Turchia e buone prestazioni, mai viste negli ultimi tre anni, ma non sembrava abbastanza.

Cavendish 2021
Cavendish torna al Tour dopo 3 anni, forte di 4 successi in Turchia e 1 al Giro del Belgio (foto di apertura)
Cavendish torna al Tour dopo 3 anni, forte di 4 successi in Turchia e 1 al Giro del Belgio (foto di apertura)

Acque agitate in casa Deceuninck

Patron Lefevere era stato chiaro: «La sua presenza innervosirebbe Bennett – aveva dichiarato a Cyclingnews – alla Schelderprijs abbiamo perso proprio perché i due erano insieme (secondo Bennett e terzo Mark, ma quel che conta è sempre e solo la vittoria, in questo caso di Jasper Philipsen, ndr). La maglia è di Bennett, fine della discussione».

Macché fine… Tre giorni dopo le dichiarazioni cambiano e sono improntate alla furia: «Bennett ha sbattuto il ginocchio al manubrio prima del Giro del Belgio e non ci ha detto niente. Poi ha fatto tira e molla ogni giorno per allenarsi. Questo dice molto su di lui». Le loro strade stanno per dividersi, Bennett forse tornerà alla Bora Hansgrohe, certo che questi addii anticipati non fanno bene alla Deceuninck Quick Step

Scheldeprijs 2021
Il podio della Scheldeprijs 2021 con Philipsen fra Bennett e Cavendish: un esito che a Lefevere non è piaciuto
Scheldeprijs 2021
Il podio della Scheldeprijs 2021 con Philipsen fra Bennett e Cavendish: un esito che a Lefevere non è piaciuto

30 vittorie e non è ancora finita…

Intanto però Mark c’è e ha risposto presente appena glielo hanno detto. Il britannico con il Tour ha un rapporto idilliaco, iniziato nel 2008 con 4 vittorie, 6 l’anno dopo, 5 nel 2010 e 2011, 3 nel 2012, 2 l’anno dopo e ancora una nel 2015 e 4 nel 2016. Il bello è che a queste ha quasi sempre abbinato vittorie negli altri grandi Giri, 13 in Italia e 3 in Spagna. Ha anche provato il tris consecutivo (quello che vuole tanto Ewan, magari ritirandosi prima…), ma nel 2011 non ne aveva più e alla Vuelta resistette solo 4 tappe.

A 36 anni Cavendish è uno che ha vinto tutto: ha la collezione completa delle maglie della classifica a punti nei tre grandi giri, ha vinto Mondiali e classiche, ha anche una medaglia d’argento olimpica a casa (nell’omnium a Rio 2016, battuto solo da Viviani), perché allora riprovarci, rimettersi in gioco?

Cavendish Tour 2017
L’ultima vittoria di Cavendish al Tour, nel 2017 a Parc des Oiseaux. Quell’anno vestì anche il giallo…
Cavendish Tour 2017
L’ultima vittoria di Cavendish al Tour, nel 2017 a Parc des Oiseaux. Quell’anno vestì anche il giallo…

Una risalita partendo da… zero

Una ragione è legata ai suoi ultimi tre anni, contraddistinti da una mononucleosi che ci ha messo tantissimo a scomparire e soprattutto a un forte stato depressivo, quella malattia subdola e sotterranea che colpisce sempre più i protagonisti delle due ruote. Non poteva finire così, Mark non voleva questo. Si è rimesso in gioco, al punto che quando alla Deceuninck Quick Step gli hanno proposto un ingaggio a stipendio zero, guadagnandosi gli euro con fatica, sudore e risultati, ha detto sì.

Ma forse c’è anche altro: Cavendish ha vinto 30 tappe al Tour e il primato dista solo altri 4 centri. E’ uno dei tanti record in possesso del “Cannibale” Eddy Merckx, forse a 36 anni pensare di vincere almeno 4 volte è difficile, ma il suo treno è da leccarsi i baffi (Ballerini e Morkov daranno l’anima per pilotarlo) e poi chissà se gli altri hanno una spinta emotiva forte quanto la sua…

La pessima giornata del signor Bennett

30.03.2021
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Assieme a Erica Lombardi, nutrizionista, proviamo a mettere insieme quel che ci ha raccontato lunedì Simone Consonni e la brutta scena di Sam Bennett, il corridore della Deceuninck-Quick Step che a 33 chilometri dalla conclusione della Gand ha reso per due volte l’anima.

In riferimento alla sua alimentazione durante la stessa corsa, Consonni ha spiegato di non aver mangiato pasta a colazione né panini durante la gara, preferendo integrare i carboidrati con barrette e gel, tanto è stato violento lo sforzo. E che così facendo, alla fine aveva comunque lo stomaco sotto sopra ed ha trovato appena le forze per andare al traguardo.
«L’ultima volta sul Kemmel – ha detto invece Sam Bennett a Barry Ryan di Cyclingnews – siamo andati fortissimo e nel tratto successivo ho vomitato. Le gambe sono esplose e non potevo farci più nulla. Avevo le vertigini e mi sentivo svenire. Ho cercato di tenermi tutto dentro, ma non è stato possibile. Probabilmente ho mangiato troppo. Ho fatto uno sforzo così violento e nel mio stomaco c’era così tanto cibo, che non sono riuscito a trattenerlo. E’ stata colpa mia. Ho provato a fare il pieno di cibo perché è una gara davvero lunga, invece ho mangiato troppo».

Sull’ultimo Kemmel, forcing violentissimo in testa e in fondo Bennett soffre
Sull’ultimo Kemmel, forcing violentissimo in testa e in fondo Bennett soffre
Erica, che cosa succede quando si corre su quelle strade?

C’è da fare un discorso più ampio. Alimentarsi è come allenarsi, non si valuta in acuto ma in cronico. Non basta guardare al giorno della gara, insomma, ma a quello che si è fatto nei giorni prima. In più su quei percorsi e con quel fondo, il ciclista ha le stesse sollecitazioni di un maratoneta. Sobbalzi violenti che vanno avanti per ore. Sono fattori di cui tenere conto, preparando una corsa così.

Spiegaci meglio.

Nelle 48 ore precedenti, si comincia a creare la scorta di glicogeno, che è decisiva per gestire bene la prestazione. Ognuno di noi ha un serbatoio di glicogeno epatico e muscolare non infinito, ma si può lavorare per imparare a spostare l’ossigeno dai muscoli allo stomaco. Bisogna allenarsi a mangiare durante l’allenamento, per sapersi gestire in corsa. Invece in allenamento non mangiano per paura di ingrassare e in corsa mangiano troppo per paura di non avere abbastanza scorte.

Dopo il Kemmel, lo sforzo violento provoca la reazione di Bennett: Gand addio
Dopo il Kemmel, la crisi di Bennett: Gand addio
Ovviamente è un dato soggettivo?

Certo, ogni corridore ha una diversa soglia per il peso e le sue stesse caratteristiche. Il corridore leggero va più facilmente in crisi per il freddo, per cui la massa grassa influisce sulla quota di carboidrati da reintrodurre in corsa. Ma è fondamentale, andando al via di una classica, avere un’alta scorta di carboidrati e il glicogeno al massimo, oltre ad avere l’apparato gastro-intestinale in ordine.

Se tutto è a posto prima, poi non succedono cose come quelle di Bennett?

Non so come stesse e come avesse mangiato prima, perché non è un mio corridore. Ma diciamo che ci sono due organi di fondamentale importanza, oltre ovviamente alla testa: lo stomaco e il fegato. La prestazione migliore viene se l’equilibro del microbiota è perfetto. Laddove il microbiota è l’insieme dei microrganismi contenuti nell’intestino, capaci di sintetizzare per noi vitamine e altre sostanze che aiutano l’organismo a svolgere le proprie funzioni quotidiane. Gli sbalzi termici e lo squilibrio ormonale derivante dallo stress spostano il sangue verso i muscoli, rallentando le funzioni gastriche.

Nella tappa di Bormio al Giro 2017, Dumoulin inseguì da solo dopo una sosta forzata
Al Giro 2017, Dumoulin inseguì da solo dopo una sosta forzata
Forse c’entra anche il modo in cui si mangia in corsa?

Bisogna certamente bilanciare liquidi e solidi. Se integro soltanto con gel e liquidi, non ci sarà il senso di sazietà. Però se prendo solo gel e sali, perché magari ho paura dei crampi, creo uno stato di ipertonia a livello gastrico e magari capita di rimettere, soprattutto se c’è disequilibrio fra sali e acqua. Invece, se per malaugurata sorte si mischiano gel e sali, allora l’impulso è quello di correre in bagno, come magari è successo a qualcuno sullo Stelvio in un Giro di qualche anno fa.

Come fa il corridore a regolarsi?

Gestendo lo stress e semmai mettendo sotto stress l’organismo a casa, per imparare a gestire le situazioni. Magari Bennett ha mangiato prima del Kemmel perché ha avvertito il senso della fame e a quel punto purtroppo era già tardi. Detto questo, puoi impostare tutte le strategie alimentari che vuoi, ma il ciclismo è uno sport di situazione e non sempre le cose vanno come le hai immaginate.

Parigi-Nizza: vince Bennett, riparte Roglic

07.03.2021
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A quattro mesi dall’ultima tappa della Vuelta, alla Parigi-Nizza è tornato oggi in gruppo Primoz Roglic. Il numero uno al mondo del 2020 ha rimesso sul tavolo lo stesso programma dello scorso anno, anche se proprio allora il rifiuto del team di partire nella corsa francese lo costrinse a cominciare direttamente dopo il lockdown. Al campionato di Slovenia, vinto il 21 giugno. Che cosa ha fatto Roglic per tutto questo tempo?

La sua ultima corsa era stata la Vuelta
La sua ultima corsa era stata la Vuelta

Poche distrazioni

Dopo la Vuelta ha passato qualche giorno in Svizzera, poi è andato in Slovenia per salutare i parenti e già alla metà di dicembre era di nuovo a Monaco. Pochi giri reali per compiacere gli sponsor, sostituiti da incontri virtuali perché il Covid non permetteva di fare diversamente. La stessa Jumbo Visma ha chiesto il giusto, ma soltanto quando era davvero possibile, anche perché in questo tempo è meglio evitare di prendere troppi voli. Facile intuire che se si fosse trattato di un corridore olandese, vinte la Liegi e la Vuelta e perso il Tour al penultimo giorno, avrebbe avuto il suo bel da fare in giro per aziende. Ma Roglic si è dato una disciplina tutta sua, segue a dovere i pochi nomi che gli stanno a cuore e per il resto respinge ogni invito.

Al via della Parigi-Nizza, anche Nizzolo e il suo nuovo casco
Al via della Parigi-Nizza, anche Nizzolo e il suo nuovo casco

Bici e fondo

Ovviamente un corridore di simile livello non è stato per quattro mesi a perdere tempo. Roglic infatti si è allenato forte, concedendosi anche una parentesi sugli sci di fondo a gennaio, mese dell’unico ritiro con la squadra. In quella stessa occasione, come tutti gli altri membri del team, Primoz ha dovuto digerire il saluto di Dumoulin che davvero non si aspettava. Non ha commentato, ma come tutti ne è rimasto spiazzato. Al di là dell’aspetto umano, l’olandese era un importante valore aggiunto e avrebbe fatto molto comodo.

Obiettivo Ardenne

Al momento di disegnare la sua stagione, inaugurata appunto oggi con la Parigi-Nizza, Roglic ha chiesto di eliminare dal programma una corsa a tappe, per concentrarsi sulle corse ardennesi (nel 2019, ultima annata… normale prima del Covid, dopo la Tirreno-Adriatico, corse infatti il Romandia). Di certo aver vinto la Liegi dello scorso anno potrebbe averlo ingolosito, anche se quelle gare lo hanno sempre affascinato. Nel 2020, uscito dal mondiale, saltò la Freccia Vallone e puntò dritto sulla Liegi. Quest’anno il menù potrebbe essere completo.

Prima tappa della Parigi-Nizza a Saint Cyr L’Ecole per Sam Bennett
Prima tappa della Parigi-Nizza a Saint Cyr L’Ecole per Sam Bennett

Nodo Dumoulin

L’argomento Dumoulin in realtà non può essere liquidato in poche parole, al netto del rispetto dovuto alla sua scelta. E se anche in un angolo c’è la timida speranza che Tom ci ripensi, l’atteggiamento di Roglic è di totale fiducia nei confronti della squadra. La Jumbo Visma infatti lo ha sempre ben sostenuto, ha fatto scelte sensate e contemporaneamente ha coltivato una bella schiera di giovani che faranno certamente la loro parte.

L’unico nodo da sciogliere riguarda forse George Bennett. Lo scalatore neozelandese dovrebbe essere infatti uno dei pilastri del team sulle salite del Tour, ma ha anche espresso la volontà di tornare al Giro d’Italia, puntualizzando cautamente che non lo farebbe pensando alla classifica. Di certo occorre individuare un nome in grado di esprimersi al livello di Dumoulin e non sarà facile.

Alaphilippe_Roglic_Hirschi_Liegi2020
L’anno scorso Roglic ha vinto la Liegi al fotofinish su Alaphilippe. Terzo Hirschi
Alaphilippe_Roglic_Hirschi_Liegi2020
L’anno scorso ha vinto la Liegi al fotofinish su Alaphilippe

Obiettivo Tokyo

Il Tour è già di per sé un impegno piuttosto oneroso e quest’anno, fra le incognite di cui tenere conto, c’è anche il poco tempo fra la tappa di Parigi e le Olimpiadi di Tokyo. Si tratta a ben vedere di un problema per tutti i corridori che dalla Francia voleranno in Giappone. Per Roglic, Pogacar e Bernal che lotteranno per la classifica. Per Hirschi che magari dovrà lavorare per Pogacar. E forse per lo stesso Van Aert, che sarà proprio al fianco di Primoz. Quelli più liberi da compiti particolari saranno Alaphilippe e Nibali, come pure Valverde, Van Avermaert e Fuglsang. La stagione dello sloveno è appena iniziata, ma gli impegni e le variabili sono già tanti. E al momento giusto sarà bene per lui avere a disposizione tutte le energie possibili. Forse alla luce di questo, l’inizio ritardato della stagione non è poi così sballato.

Michael Morkov, Sam Bennett, Tour de France 2020, Saint Martin de Ré

Bramati non ha dubbi: Morkov è una star

28.11.2020
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Poche squadre come la Deceuninck-Quick Step sono in grado di supportare bene un velocista. Lo dicono tutti quelli che per scelta di vita e soldi ne sono andati via o vorrebbero farne parte. Lo ha detto Mareczko alla Vuelta. Lo ripete a oltranza Cavendish, che con Lefevere è tornato a parlare di recente. Probabilmente da qualche mese lo starà pensando anche Viviani. Il bello è che qualunque velocista ci metti, lui vince. Se però va via, almeno inizialmente non vince più. Come mai? Cosa fanno di tanto esclusivo da scavare un solco così netto? Lo abbiamo chiesto a Davide Bramati, che la prossima settimana con la sua ammiraglia raggiungerà Altea, per il primo raduno del team.

Fernando Gaviria, Tour de France 2018, Fontenay le Comte
Fernando Gaviria vince la tappa di Fontenay le Comte al Tour 2018
Fernando Gaviria, Tour de France 2018, Fontenay le Comte
Gaviria, Tour 2018, 1° a Fontenay le Comte

«Siamo fra i pochi – dice – che lo faranno. Il solito hotel è chiuso fino a febbraio e per questo abbiamo preso quello in cui di solito andava l’Astana. E’ necessario, con tutte le precauzioni del caso. Chi ha smesso dopo il Giro e dopo De Panne è fermo da oltre un mese. Per questo nei giorni scorsi abbiamo parlato con tutti i corridori, uno ogni mezz’ora. In questo modo andiamo per 11 giorni, ci alleniamo. Facciamo tutto quello che serve a inizio stagione. E quando si farà il prossimo ritiro a gennaio, non avremo formalità da sbrigare e potremo iniziare subito a lavorare».

E adesso il treno, i velocisti, le vittorie…

E’ la nostra mentalità. Quando tanti anni fa nello staff è entrato Tom Steels con la sua esperienza di velocista, la spinta è anche aumentata. Ci abbiamo lavorato e continuiamo a farlo. Non è solo il velocista, è soprattutto quello che c’è intorno. Morkov ad esempio è uno dei migliori nel suo ruolo, ma abbiamo avuto anche Renshaw, Richeze e Sabatini che negli anni hanno supportato campioni come Cavendish, Kittel, Gaviria e Viviani.

Dipende tutto dall’ultimo uomo?

Chiaro che no. Tutti si mettono a disposizione. Se c’è da stare avanti a tirare, anche Alaphilippe e Remco fanno la loro parte. In qualsiasi corsa abbiamo il velocista, se perdiamo vogliamo farlo sulla linea. Si sbaglia, si fa bene, ma di sicuro ce la giochiamo. E Morkov adesso è un fuoriclasse, importante quanto il velocista che vince. Al mondo al suo livello ci sono giusto Richeze e Guarnieri, magari altri due, ma non di più. 

Bramati, dicci, come si asseconda il velocista?

Bisogna creare il gruppo. Quando facciamo i programmi, prevediamo anche chi sarà il penultimo. In ritiro facciamo mille prove. C’è il giorno che partiamo e iniziamo a simulare gli ultimi 5 chilometri di gara, prevedendo curve, rotonde e tutte le situazioni. Poi mettiamo i birilli per indicare la distanza dal traguardo e facciamo le simulazioni. Scambiamo i ruoli e cerchiamo la soluzione migliore.

Elia Viviani, Tour de France 2019, Reims
Elia Viviani, tappa di Nancy al Tour del 2019
Elia Viviani, Tour de France 2019, Reims
Viviani 1° a Nancy al Tour 2019
E chi va via non vince più…

Non è una situazione che puoi creare subito. Chi ha fatto i passi avanti migliori negli ultimi due anni è la Groupama. Sono cresciuti tanto. Al Giro sono venuti con 5 uomini per Demare e si è visto. Hanno vinto anche la tappa di Matera senza tirare un metro, ma alla fine erano tutti lì. Con un solo uomo, che magari inizia a prendere vento negli ultimi 5 chilometri, non fai tanto. Ormai il velocista vincente è diventato importante quanto l’uomo di classifica. E visto che non tutti possono vincere il Giro o il Tour, forse a volte conviene concentrarsi sulle volate.

Anche perché, caro Bramati, gestire i finali richiede forze fresche.

Non è facile prendere la testa della corsa. I 5-6 velocisti vogliono giocarsela e mettono davanti la squadra. Portarli davanti ai 200 metri è un’impresa. Per questo è importante anche studiare i finali. Guardare curve e rotonde. Capire che se possono partirti da dietro, è meglio mettere un uomo a ruota del velocista. Ormai devi essere al 110 per cento in ogni cosa che fai.

Per questo Viviani non vince più?

Credo abbia avuto un anno particolare, anche perché a causa del Covid non ha mai avuto con sé i suoi uomini. Con noi ha vinto tanto e credo, da italiano, che sia stato quello che meglio ha approfittato del treno. Abbiamo vinto con tanti campioni, ma Elia a ruota di Morkov era infallibile. Seguiva il treno, doveva solo sprintare. Gli ho consigliato di farsi un gruppo di 5 uomini che lo seguano dovunque. Se prendi uno così, devi assecondarlo. E credo che possa tornare ai suoi livelli. Noi non abbiamo potuto tenerlo, volendo puntare su Remco e Julian. L’offerta che ha ricevuto era troppo più alta. Certo, restare gli avrebbe permesso di arrivare alle Olimpiadi con altre sicurezze, ma sono certo che tornerà vincente come sempre.

Sam Bennett, Mark Cavendish, Caleb Ewan, Uae Tour 2020
Bennett il presente del team, Cavendish il nostalgico, Ewan lo sfidante
Sam Bennett, Mark Cavendish, Caleb Ewan, Uae Tour 2020
Bennett, Cavendish, Ewan, 3 generazioni di sprint
Bramati, voi avete Bennett in palla e Jakobsen da recuperare.

Bennett è arrivato con noi nel 2020 e, nonostante il Covid e il calendario sballato, ha vinto due tappe al Tour e una alla Vuelta. Fabio ha davanti un cammino più lungo. Verrà in ritiro e si allenerà da solo. A fine settembre sono stato in Belgio. Prima ho pranzato con lui e poi sono andato a casa di Evenepoel. Erano i miei due ragazzi per il Giro, mi è sembrato giusto fargli sentire la mia presenza.

Altro particolare da annotare. Tra i fattori che rendono vincente un gruppo, ci sono anche direttori sportivi come Davide Bramati.

Polemica Vuelta. Bennett fa a spallate, vince Ackermann

29.10.2020
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Un sole insolitamente tiepido per la Vuelta, colori autunnali… Il via questa mattina da Castrillo del Val sembrava piuttosto silenzioso con quel chilometro zero nel “deserto” delle colline castigliane.  Tutto tranquillo, prima della tempesta e delle polemiche.

Volata che Deceunick-Quick Step, ma soprattutto Bora Hansgrohe nel finale sono riuscite ad ottenere. I primi con Sam Bennett, i secondi con Pascal Ackermann.

La giornata era passata tranquilla. Una fuga a due non impensieriva il gruppo. L’unico brivido c’era stato a poco meno di 15 chilometri dall’arrivo, quando Primoz Roglic forava. Ma l’assistenza dell’ammiraglia, l’attesa dei suoi compagni e delle gambe davvero ottime lo riportavano in gruppo in pochissimo tempo.

Spallate old style

I due treni schierati entrano all’ultimo chilometro la Bora davanti e la Deceuninck dietro. La velocità è alta, ma forse non altissima. Infatti il lettone della Trek-Segafredo Emils Lipeins decide di buttarsi sulla ruota “pregiata” del gruppo, quella di Sam Bennet. La maglia verde di Parigi chiaramente non ci sta a perdere quel bel vagone. Tanto più che è a ruota di un suo compagno e così prima gli molla una spallata e poi un’altra. Di certo l’irlandese non gli ha fatto gli auguri per il compleanno. Lipeins si voleva fare il regalo ma evidentemente ha sbagliato giorno.

Sam Bennett (30 anni) nel retro del podio con la giuria
Sam Bennett (30 anni) nel retro del podio con la giuria

Scoppia la polemica

Si arriva ai 300 metri e parte tutta la cavalleria pesante. Bennett rimonta e passa Ackermann. Tra i due nessuna polemica. Ma quando l’irlandese si prepara per salire sul palco la giuria lo ferma e chiama il tedesco sul podio.

«Serve il var», tuona il manager belga Patrick Lefevere. La spallata di Bennet in effetti è forte, ma non è la prima volta che si vedono certi colpi in volata. Sam non parla. Mentre Pascal, che ha certamente rivisto lo sprint, glissa: «Ero davanti e non ho visto nulla. Io ho fatto il mio sprint e ho visto Sam che risaliva forte tanto da passarmi. Devo ringraziare i miei compagni che hanno fatto un lavoro eccezionale portandomi nella migliore posizione. E mi fa piacere di aver vinto una tappa alla Vuelta alla mia prima partecipazione».

Ma intanto la polemica è scoppiata. Patrick Lefevere della Deceuninck ripropone gli sprint a spallate che si sono visti anche in questa stagione. Luca Guercilena, manager della Trek Segafredo risponde che la scorrettezza è evidente. E soprattutto che le immagini televisive sono chiare e che non c’è bisogno del var.

Parla Petacchi

A questo punto quale parere migliore di Alessandro Petacchi? Alejet che certe situazioni le ha vissute chiarisce: «La spallata c’è. Diciamo che ia miei tempi non sarebbe successo nulla. Bennett è stato un po’ troppo “vistoso”. In fin dei conti erano un po’ “mezzo e mezzo”. Per me la giuria lo ha penalizzato più in ottica futura che non per il fatto. Sulla prima spallata il lettone si sposta e se ci fosse stato qualcuno o fosse stato alle transenne sarebbe stato un bel caos. La giuria vuole evitare altre situazioni tipo quelle viste in Polonia e scoraggiarle.

«Poi, ragazzi, bisogna vedere cosa è successo davvero tra i due – riprende lo spezzino – se c’erano dei pregressi, se gli ha detto qualcosa. Senza contare che Bennett era a ruota di un suo compagno e ci sono regole non scritte che vanno rispettate: non puoi inserirti così in un treno. Fosse stato a ruota di un altro uomo magari si sarebbe arrabbiato di meno».

Sam Bennett, Jasper Philipsen, Jakub Mareczko, Vuelta 2020

Mareczko terzo, super treno per Bennett

23.10.2020
4 min
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Per poco a Kuba non è riuscito il colpaccio e se alla fine ha dovuto inchinarsi a Bennett e Philipsen è stato perché ha iniziato la volata troppo indietro e quelli della Deceuninck-Quick Step hanno messo in strada un treno che, oltre a lanciare Bennett, ha impedito ai rivali di prendergli la ruota.

Però la notizia di Mareczko terzo sul traguardo di Ejea de los Caballeros è una buona notizia che merita un approfondimento e si unisce ai già buoni piazzamenti spagnoli centrati da Mattia Cattaneo e prima ancora da Andrea Bagioli.

«Per essere la prima volata della Vuelta – dice Jakub – è andata bene. I compagni mi hanno dato una grossa mano nella baraonda del finale. Ma il lavoro della Deceuninck-Quick Step in quelle ultime due curve spiega benissimo a cosa serve avere un treno».

Jakub Mareczko, 2020
Jakub Mareczko, 26 anni, alla Ccc dal 2019
Jakub Mareczko, 2020
Mareczko, alla Ccc dal 2019

Kuba lo avevamo perso di vista dalle tre tappe e la classifica a punti al Tour de Hongrie: il Giro d’Ungheria subito dopo il lockdown. Da uno come lui eravamo abituati ad aspettarci di più, invece dopo i grappoli di vittorie ottenute fino al 2018, il passaggio nel WorldTour con la Ccc lo ha bloccato. Il ciclismo non aspetta e le vittorie ungheresi erano il trampolino giusto per rilanciarsi.

Poi cosa è successo?

Sono andato al BinkBank Tour e poi a Scheldeprijs, ma non pedalavo bene e non sono riuscito a fare le mie volate. A quel punto, anche se avrei avuto nei programmi il Giro d’Italia, con il mio preparatore Marco Pinotti abbiamo deciso di puntare forte e bene sulla Vuelta e per questo mi sono messo a lavorare.

Ha funzionato?

Ho tanta forza addosso, sto bene. E se un rimpianto posso averlo per questa prima volata è per non aver voluto rischiare troppo nelle ultime due curve, che erano davvero brutte. Bennett ha avuto il treno migliore e per questo ha vinto. Io ho fatto il massimo coi mezzi che avevo.

Quali sono i compagni che ti accompagnano alla Vuelta per le volate?

Ho una bella squadra che punta su di me e questo fa la differenza. Ci sono Wisniowski, che ha una forza sovrumana. Poi anche Ventoso e Paluta, che sono bravi in pianura. E per il resto bisogna saper limare.

Chris Froome, Vuelta 2020
Chris Froome in classifica a 37’45”
Chris Froome, Vuelta 2020
Froome in classifica a 37’45”

L’argomento è delicato e si ha quasi timore a parlarne a fine ottobre. Ma con la Ccc che chiude e i pochi risultati, quale futuro si annuncia per il velocista bresciano, che ha ancora 26 anni e potenzialità importanti? Sono domande da porre con garbo.

«Dopo l’Ungheria – risponde – avevamo ricevuto delle proposte, che poi i pochi risultati in Belgio magari hanno raffreddato. Prima di parlare vorrei firmare, perché le parole contano zero. E poi comunque non vi nascondo che questa Vuelta è importante anche per questo ed è uno dei motivi per cui ho lavorato per essere competitivo al massimo livello».

Quante altre volate avrai?

In tutto sono quattro, cinque e non tutte velocissime, nel senso che una ha l’arrivo che tira in su e strizza l’occhio a corridori come Valverde. Per cui ogni occasione è buona e va acchiappata.

Bennett è davvero così forte?

Certo che lo è, altrimenti non avrebbe vinto la maglia verde al Tour. Ma soprattutto ha una squadra fortissima, sono molto ben organizzati per supportare i loro velocisti e non ne sbagliano una.

Basta prendergli la ruota?

Magari fosse così facile come dirlo. Il problema è che a ruota ha sempre un paio di compagni e se ti va di lusso inizi la volata due posizioni dietro di lui, ma io oggi ero ben più indietro.

Come va in Spagna con il Covid?

Siamo nella bolla ed è una cosa seria. Lungo le strade non ci sono persone, tranne quelli col camper che non si fermano davanti a niente. Le immagini degli arrivi affollati del Giro fanno pensare. La gente non capisce che la corsa si segue meglio da casa e che al traguardo stai delle ore per dieci secondi di show?

Stai seguendo il Giro?

Un po’, ho visto che oggi ci sono state delle polemiche ma non ho capito tanto bene. Preferisco guardare le cose di qui e fare delle belle volate. Voglio cogliere tutte le occasioni.