Roglic e Meznar, l’amico ritrovato sul ciglio della strada

30.05.2023
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«Che dici, Matevz, andiamo a vedere Rogla?». E’ mattina presto a casa di Mitja Meznar e l’idea ha fatto capolino appena sveglio. Chiama il suo amico Matevz Sparovec e gli suggerisce di fare quel tratto di strada, lungo ma neanche poi tanto, per andare a vedere Primoz Roglic, nel suo assalto alla maglia rosa sull’aspra salita del Monte Lussari.

Mitja è un tifoso di Roglic, ma non come gli altri. Perché lui lo conosce, lo conosce bene. Erano nella stessa squadra nazionale junior di salto con gli sci, quella che proprio poco lontano da Tarvisio, sede della penultima tappa del Giro d’Italia, conquistò il titolo mondiale di categoria. Era il 2007 (foto di apertura).

Al bar, il Tour aspetta…

Roglic, non andò oltre quel trionfo: prima l’infortunio, poi le sirene del ciclismo. Mitja no, lui ha continuato: è approdato nella nazionale maggiore, è andato alle Olimpiadi di Vancouver nel 2010 e ha chiuso quinto a squadre e 29° nell’individuale. Ma le loro strade si erano forzatamente divise.

Eppure erano amici, addirittura compagni di stanza. «Primoz era un saltatore molto determinato – ricorda Meznar – ma lo faceva quasi come un dovere. Non era quella la sua passione. Quand’eravamo in ritiro estivo per preparare la stagione, al pomeriggio mi trascinava fuori dalla camera, prendevamo le bici e cercavamo il bar più vicino perché doveva guardare il Tour de France. E mentre eravamo lì, ecco che tirava giù esempi, regole, tattiche, vita di gruppo. Era un fiume in piena, un fiume di passione».

Il ricordo del 2020

Poi la vita li aveva un po’ separati. Solo un po’, perché i contatti non si sono mai persi: troppe esperienze condivise. L’occasione di ritrovarlo, anche se solo per il breve battito di ciglia del suo passaggio sulla strada, era troppo ghiotta. Qualche ora di macchina e poi via a cercare un posto buono, per sé e per Matevz.

I due si separano, un paio di centinaia di metri, ognuno cerca la prospettiva migliore per scattare le foto con il proprio smartphone. Primoz arriva, le prime notizie dicono che sta già recuperando quei 26” di ritardo da Thomas. Si avvicina, si avvicina sempre più. Poi si ferma, scende di bici e comincia a smanettare: «No – grida Mitja – non un’altra volta». Il pensiero è a quella maledetta cronometro del Tour 2020, quella che ha lasciato fantasmi nell’animo di Primoz non del tutto dissolti neanche dalla conquista di ben tre Vuelta consecutive.

Mitja comincia a correre e vede che nel frattempo un meccanico è sceso dalla moto e ha riassestato la bici dello sloveno della Jumbo Visma. Lo spinge, ma non ha poi gran vigoria. L’amico di un tempo si mette dietro e cambia marcia. Non c’è bisogno di parole, Mitja ha un fisico possente, che risalta ancor di più in televisione per l’abbigliamento rosso e nero. Roglic riprende velocità e il suo amico gli grida dietro: «Vaiiii!».

Meznar in azione. Due volte oro mondiale junior, è stato alle Olimpiadi 2010
Meznar in azione. Due volte oro mondiale junior, è stato alle Olimpiadi 2010

Una fortunata coincidenza

Il tamtam dei social impazzisce e procede ancora più veloce di Roglic e della sua cavalcata ricominciata, di quel divario con Thomas che progressivamente si riduce fino a invertirsi. Ci vogliono pochissimi minuti per identificarlo: «Non ci credo, è come vincere cinque volte la lotteria – sentenzia Jens Voigt, commentatore di Eurosport – neanche a volerlo si poteva scrivere una sceneggiatura migliore».

Il gesto di Mitja assume contorni epici proprio perché sembra quel prezzo che il destino paga per compensare i tormenti francesi di tre anni prima. Tutti si riversano sul suo profilo Facebook, richieste su richieste. Ma lui si schermisce.

«Avrebbe vinto lo stesso – dice – non ho fatto nulla di trascendentale. In quel momento non sono stato tanto a pensare, ho fatto quel che sentivo e che so avrebbe fatto anche lui, perché lo conosco bene.

Roglic davanti ai Fori Imperiali. Il Trofeo senza Fine finalmente è suo
Roglic davanti ai Fori Imperiali. Il Trofeo senza Fine finalmente è suo

Una birra per riparlarne

«Se mi ha riconosciuto? Non penso proprio – ammette Meznar, anche se Roglic lo ha riconosciuto e ne ha parlato dopo la tappa di Roma – in quel momento l’ho guardato negli occhi ed era in trance agonistica, completamente concentrato su quel che doveva fare. Primoz se ne sarà accorto molto dopo, gli avranno fatto rivedere le immagini e magari un giorno ne rideremo insieme davanti a una birra».

Ne hanno parlato e ne hanno riso, Mitja e Matevz tornando a casa, oltreconfine: «Avrei voluto esserci il giorno della sua incoronazione a Roma ma avevo altri impegni. Quel che conta è che Rogla l’ha fatto, ora quella brutta pagina è finalmente nella storia e non ci si pensa più».

Resta però l’incredibile storia di un incontro lontano da casa, di due strade che si tornano a incrociare nel momento più importante. Certe volte si diventa semplici strumenti del fato e Mitja lo è stato, per pochi, interminabili secondi.

Roglic, i pensieri di un ciclista quasi casuale

22.03.2022
6 min
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Forse è destino che la carriera di Primoz Roglic sia così legata alla Parigi-Nizza. Nella domenica della sua conquista, la prima gara del WorldTour vinta in quella Francia dove aveva vissuto cocenti delusioni (l’edizione precedente, senza tornare al terribile Tour de France 2020 perso all’ultima cronometro) una marea di pensieri sono passati nella sua mente, una serie di ricordi che per certi versi contraddistinguono la sua carriera e che abbiamo voluto mettere in fila, prendendo spunto da alcune sue dichiarazioni rilasciate ai giornali d’Oltralpe.

Roglic figlio 2022
Primoz con suo figlio Lev, che a giugno farà 3 anni, sul podio dell’ultima Parigi-Nizza
Roglic figlio 2022
Primoz con suo figlio Lev, che a giugno farà 3 anni, sul podio dell’ultima Parigi-Nizza

Le radici di famiglia

In fin dei conti, se guardo alla mia carriera non posso lamentarmi, ho messo a frutto quel che mi hanno inculcato in casa. Vengo da una famiglia di minatori: i miei nonni facevano lo stesso mestiere e hanno vissuto gran parte della loro vita sottoterra, almeno 12 ore al giorno, sempre. Mio padre stava seguendo la stessa strada, ma non è vissuto poi tanto a lungo. Io sognavo un futuro diverso, ho iniziato a cercarlo fin da bambino e volevo trovarlo nello sport.

Ho iniziato nel calcio, ma se devo dire la verità lo sport di squadra non è mai stato il mio preferito. Certo, sembra strano dirlo appartenendo a un team di ciclismo, ma questo è uno sport strano, che unisce aspetti individuali e collettivi. Il mio sogno era il salto con gli sci, che per noi in Slovenia è una religione, basta vedere il risalto che hanno avuto le nostre vittorie ai Giochi di Pechino: Ursa Bogataj e Nika Kriznar sono famose quanto me e Pogacar. Volevo salire io su quel podio olimpico e quando ho vinto la cronometro di Tokyo, salendoci ci ho pensato: «Veramente non era questo quello che davvero sognavo, ma va bene lo stesso…»

Roglic 2007
Roglic ai Mondiali Juniores di Tarvisio 2007, dove vinse l’oro a squadre nel salto con gli sci (screenshot Eurosport)
Roglic 2007
Roglic ai Mondiali Juniores di Tarvisio 2007, dove vinse l’oro a squadre nel salto con gli sci (screenshot Eurosport)

Lo sport di squadra

Dicevamo che il ciclismo è qualcosa di ben diverso. E’ vero, ma lo imparo ogni giorno e non sono ancora arrivato al termine di questo viaggio. Il rapporto con gli altri è ottimo, ma non è semplice, anche e soprattutto quando sei un leader e devi gestire le responsabilità Con i dirigenti della Jumbo Visma parliamo molto, il confronto è importante e tante meccaniche che potrebbero sembrare scontate per me non lo sono, le sto apprendendo, come nel giorno della vittoria di Laporte, della fuga con me e Van Aert. Era giusto vincesse lui, non c’è stato neanche bisogno di mettersi d’accordo, ma mi sono stupito di me stesso per questo, significa che ho fatto dei passi avanti e ne ero davvero felice.

In tanti mi hanno attaccato, lo scorso anno, per la vicenda del Col de la Colmiane, quando superai Gino Mader a 30 metri dal traguardo. Ci siamo ritrovati, poi, io e lo svizzero e ne abbiamo parlato a lungo. Non mi ha mai accusato, mi ha detto: «Se fossi andato più forte non mi avresti raggiunto». Perché Gino ha capito, conosce questo mondo, sa che ho fatto quel che andava fatto, anche se spesso ho pensato, in seguito, che in fondo potevo anche lasciargli la vittoria. Ma poi penso che no, ho fatto bene e vi spiego perché.

Roglic Mader 2021
Un sorpasso che ha fatto tanto discutere: Roglic passa Mader a 30 metri dal traguardo
Roglic Mader 2021
Un sorpasso che ha fatto tanto discutere: Roglic passa Mader a 30 metri dal traguardo

Gli obblighi verso il team

E’ sempre un discorso legato al team. Se dite che il ciclismo non è uno sport individuale, allora bisogna accettare anche simili epiloghi. Quel giorno tutta la squadra aveva lavorato alla grande per un unico obiettivo: la vittoria. Io dovevo finalizzare tutto quel lavoro, perché non fosse andato sprecato. Se non ci avessi provato, avrebbero potuto dirmi «E allora che abbiamo lavorato a fare? Ci chiedi di tirare e poi non ci provi…». Avevo la maglia di leader, forse quella vittoria avrebbe aggiunto poco, ma dovevo farlo per gli altri, prima ancora che per me stesso.

Il giorno dopo, forse per una sorta di karma, ho pagato, ho perso. Ma non voglio che si dica che sono un egoista. L’ultimo giorno del Giro dei Paesi Baschi 2021, ero con David Gaudu e non ho fatto la volata, era giusto che quel giorno vincesse lui, ma cambiava poco.

Roglic Tour 2020
Tutta la delusione sul suo volto dopo la crisi nella cronometro finale del Tour, che va a Pogacar
Roglic Tour 2020
Tutta la delusione sul suo volto dopo la crisi nella cronometro finale del Tour, che va a Pogacar

La maledizione del Tour

Sembrerà strano, ma il Tour dello scorso anno mi ha fatto più male di quello del 2020, da ogni punto di vista. Ci credevo, anche dopo la caduta, ma la tappa di Le Grand Bornand è stata un calvario vero e proprio. Io pensavo di riprendermi, non per la classifica ma almeno per lasciare un segno, ma poi mi sono accorto che faticavo come una bestia anche solo per rimanere nel gruppo dei velocisti… Molti dicono che sarebbe stato più saggio mollare, ma la gente mi incitava, lo dovevo a loro. Arrivato al traguardo ho preso coscienza della mia situazione e ho mollato, ma volevo andar via dal Tour con un bel ricordo, così il giorno dopo ho preso qualche cassa di birre e mi sono messo fuori dal camper e mi sono messo a distribuirle e condividerle con i passanti. In fin dei conti non ero finito in ospedale, era già qualcosa…

Dovevo partire per Tokyo e non ne avevo alcuna voglia. Con il cittì Andrei Hauptman abbiamo discusso a lungo, ha fatto una grande opera di convincimento, prima della gara in linea dove andavo pure bene, ma la schiena ha iniziato a farmi male. Figuriamoci l’umore dopo: la crono non volevo neanche farla, Andrei è stato ore a parlare, a convincermi che dovevo provarci, a dissipare i miei dubbi. Un bel po’ di quella medaglia d’oro è merito suo.

Roglic Tokyo 2021
Sofferente per la caduta al Tour, Roglic si esalta sul percorso olimpico di Tokyo e vince l’oro a cronometro
Roglic Tokyo 2021
Sofferente per la caduta al Tour, Roglic si esalta sul percorso olimpico di Tokyo e vince l’oro a cronometro

E ora un’altra avventura

Ora sono qui, a preparare altre avventure. Forse la maledizione delle gare francesi è sfatata ed è giusto che sia avvenuto rischiando fino all’ultimo metro, vincendo la Parigi-Nizza quasi come l’avevo persa l’anno prima. Soffrendo, come d’altronde è parte di questo mestiere. Tutta la mia carriera è così, ma devo dirmi fortunato: in quanti potrebbero iniziare la loro a 22 anni, senza quasi neanche saperlo? I miei sogni di bambino erano altri, ma è andata così, attraverso un cammino mai dritto, sempre tortuoso. Nel quale ogni giorno è una scoperta e io sono ancora tanto curioso…