A tu per tu con Lappartient: il ciclismo globalizzato e i costi

25.11.2024
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RIVA DEL GARDA – Al margine della presentazione del Tour of the Alps c’è stata la conferenza dell’AIOCC (Association Internationale des Organisateur de Courses Cyclistes). La corsa a tappe dell’Euregio punta in alto e vuole entrare nel ciclismo dei grandi, ne ha il diritto e la forza di farlo. A questo incontro ha partecipato anche David Lappartient, presidente dell’UCI. Il momento è delicato, il ciclismo vive un periodo di forte globalizzazione, con tante gare fuori dal Vecchio Continente. Da un lato è giusto, la crescita porta ad un’espansione del movimento e della disciplina. Dall’altra parte bisogna fare in modo che gli attori possano seguire il calendario proposto. Nel 2026 si parla di ben 14 gare WorldTour in più, un numero non da poco che obbliga le squadre a pensare al futuro, programmando già gli investimenti. 

A destra David Lappartient, mentre a sinistra Christian Prudhomme, entrambi intervenuti alla presentazione del TOTA
A destra David Lappartient, mentre a sinistra Christian Prudhomme, entrambi intervenuti alla presentazione del TOTA

Il passo giusto?

Uno degli argomenti che ha fatto discutere ultimamente è la questione campionati del mondo. L’appuntamento di Zurigo ha sicuramente regalato un grande spettacolo per il pubblico. Tuttavia è innegabile che i costi del mondiale svizzero abbiano avuto un grande impatto sui bilanci delle varie federazioni. La via però sembra ormai tracciata, e il prossimo appuntamento iridato in Ruanda non sarà di certo meno costoso

«Per noi – ci dice Lappartient in disparte – che siamo l’Unione Ciclistica Internazionale, l’obiettivo è andare ovunque. Nel 2024 siamo stati a Zurigo, ed è stato uno dei mondiali più costosi in una delle città più costose al mondo. Tuttavia l’organizzazione è stata davvero perfetta (forse Lappartient si è dimenticato della scomparsa di Muriel Furrer, la junior svizzera deceduta nella prova in linea iridata, ndr). L’anno prossimo saremo in Rwanda, non siamo mai stati in Africa e quindi è un sogno per tutti. Quando sono diventato presidente dell’UCI ho dichiarato che entro la fine del mandato saremmo andati in questo Continente. Dovevamo andare e così sarà, dopo più di cento anni il campionato del mondo arriva in Africa

Il campionato del mondo di Zurigo è stato uno dei più costosi degli ultimi anni per le federazioni
Il campionato del mondo di Zurigo è stato uno dei più costosi degli ultimi anni per le federazioni
Le federazioni nazionali, con grande probabilità, saranno costrette a sostenere un costo elevato

Sappiamo che per le nostre federazioni nazionali ha un costo. Tuttavia non siamo al pari di altre federazioni internazionali, come la FIFA nel calcio. Quindi non siamo in grado di sostenere direttamente tutte le federazioni nazionali dal punto di vista finanziario. Quello che possiamo fare è dare un sostegno a tutte le Nazioni che partecipano alla prova del mixed team relay. È una cosa che ho proposto due anni fa e che ora non è più così grande, ma almeno aiuta un po’.

Le varie Nazioni dove possono trovare il sostegno?

E’ difficile, sappiamo che è un tasto dolente per le federazioni nazionali, ma hanno le risorse per farlo o il sostegno anche da parte dei vari governi. Il ciclismo è obbligato ad andare nel mondo, nel 2026 i mondiali saranno a Montreal, per poi tornare in Europa nel 2027. 

Girmay Alcudia 2022
Per Lappartient l’arrivo del ciclismo in Africa è un passo doveroso vista la crescita di questo Continente
Girmay Alcudia 2022
Per Lappartient l’arrivo del ciclismo in Africa è un passo doveroso vista la crescita di questo Continente
Il ciclismo è davvero uno sport così internazionale?

La maggior parte delle Nazioni che prendono parte agli eventi UCI sono localizzate in Europa, così come la maggior parte dei corridori in gruppo. Tuttavia ci sono circa cento Nazioni che partecipano attivamente ai campionati del mondo. Ecco perché dobbiamo essere ovunque. 

Non è però un periodo facile, economicamente. 

Vero, lo si vede anche dai governi che tagliano le spese, è il caso dell’Italia ma anche del mio Paese (la Francia, ndr). Naturalmente di questo risentono anche i budget dello sport. A volte sono fermi, il che è vero. E’ chiaro che questa difficoltà si ripercuote anche sulle sponsorizzazioni private, le quali non stanno crescendo a causa dell’inflazione. 

La richiesta di un salary cup non fa piacere ai team che guidano la classifica UCI e che possono accaparrarsi i corridori più forti
La richiesta di un salary cup non fa piacere ai team che guidano la classifica UCI e che possono accaparrarsi i corridori più forti
Le soluzioni quali possono essere?

Cerchiamo di modellare anche altre organizzazioni. Ad esempio, abbiamo ridotto da sei a tre le tappe di Coppa del mondo su pista, passando a tappe di Coppa delle Nazioni. Questo per ridurre anche i costi per la federazione nazionale. Abbiamo anche lavorato sulla Coppa delle Nazioni juniores e under 23, per avere una maggiore collocazione a livello continentale. Non è facile, come UCI cerchiamo sempre di non aumentare gli obblighi per le nostre federazioni nazionali.

Il salary cup tanto richiesto dalle squadre è attuabile?

Crediamo che questo sia un modo per assicurarsi che non ci siano due o tre squadre in grado di dominare. Per l’interesse del gruppo e dello sport stesso è meglio avere più squadre in grado di vincere come avviene in NBA o nel campionato di rugby. Stiamo quindi lavorando a stretto contatto con l’AIGCP.

Guercilena è stato uno degli ultimi team manager ad affrontare il tema dei costi nel ciclismo
Guercilena è stato uno degli ultimi team manager ad affrontare il tema dei costi nel ciclismo
Si riuscirà a raggiungere un accordo?

Naturalmente ci sono alcune discussioni, ma il direttivo è fortemente sostenuto, non da tutti, perché ovviamente i team di punta non sono sempre completamente d’accordo. Direi che la grande maggioranza delle squadre sostiene l’argomento. Ma è vero che il diavolo si nasconde nei dettagli, quindi stiamo lavorando molto anche su quelli. La prossima settimana faremo una presentazione del progetto al seminario dei team WorldTour.

Ci sono degli obiettivi?

Vorremmo iniziare con il prossimo ciclo triennale, nel 2026. Ma inizieremo lentamente e ci vorranno tre anni per avere l’implementazione completa, visto che ci sono già dei contratti firmati che bisogna rispettare. L’obiettivo non è ridurre il budget, è solo fare in modo che il divario tra i top team e gli altri possa essere più contenuto. 

Salary cap, tetto ai punti, sponsor: quanto lavoro per l’AIGCP

26.10.2024
6 min
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In questo periodo si parla molto anche di “riassetti” dal punto di vista di salari budget, ma anche di punti e sponsor. Il circus del pedale cerca sempre di evolversi, di adattarsi alle nuove situazioni. I team manager si sono riuniti prima del Giro di Lombardia, per parlare del salary cap. Una mossa secondo la quale ci sarebbe un contenimento dei costi e al tempo stesso una ridistribuzione degli atleti più forti nei vari team. Questo garantirebbe più spettacolo: più corridori forti in più squadre. 

Oggi ci sono pochissime squadre WorldTour che detengono la maggior parte dei punti, i budget più alti, gli atleti più forti… Questo alla lunga può essere un rischio per il ciclismo, qualora venisse meno il suo appeal, con gare di cui salvo imprevisti si sa l’esito sin dall’inizio e con pochissimi protagonisti.

Alcuni team hanno fatto grande fatica nelle ultime stagioni: Astana, Cofidis, Arkea e persino un super team come la Bahrain giusto per citarne alcuni
Alcuni team hanno fatto grande fatica nelle ultime stagioni: Astana, Cofidis, Arkea e persino un super team come la Bahrain giusto per citarne alcuni

Fortissimi o debolissimi

Un esempio concreto? UAE Emirates (escluso Pogacar) e Visma-Lease a Bike solo con i loro primi cinque corridori si collocherebbero al nono posto della classifica a squadre. Ripetiamo: solo cinque corridori. E per il team emiratino non abbiamo incluso Pogacar, che è una particolarità, sarebbe nono da solo! 

Di fronte a queste sfide a cui è chiamato il ciclismo abbiamo interpellato Brent Copeland, team manager della Jayco AlUla, ma in questo caso e lo ribadiamo con forza, presidente dell’AIGCP, l’associazione che riunisce le formazioni professionistiche.

«Io – spiega Copeland – chiaramente ho la mia idea ma in questo caso rappresento i 35 team della Aigcp. Non decido io insomma».

Brent Copeland (classe 1971) è il presidente dell’AIGCP, Associazione Internazionale Gruppi Ciclisti Professionisti
Copeland (classe 1971) è il presidente dell’AIGCP Associazione Internazionale Gruppi Ciclisti Professionisti
Brent, partiamo dal salary cap. 

Premesso che è tutto in divenire, proprio perché è un argomento delicato, non posso scendere troppo nel dettaglio. Abbiamo un buon gruppo di lavoro, con tante idee e ne stiamo parlando già da un po’.

Perché c’è questa esigenza di un salary cap, che qualcuno ha già criticato, o di uno strumento simile?

Perché bisogna creare quello che in inglese è chiamato level playing field, cioè creare un sistema che ponga i suoi attori su un livello più egualitario possibile affinché il ciclismo sia uguale per tutti. Sappiamo che non è facile, che ci sono team più ricchi e altri meno, team più capaci e altri meno, ma non dovrebbe esserci troppa differenza di base ed economica. Non andiamo contro le squadre più grandi o più numerose, sia chiaro.

Da chi nasce l’idea di appianare certe differenze?

Dall’UCI e dal suo board. Quando l’UCI vede che una, due squadre fanno una netta differenza, che riescono a prendere tutti i corridori più forti e a vincere le corse, scatta un campanello d’allarme e ne risente lo spettacolo.

Si tratta di sopravvivenza del ciclismo, anche se forse sopravvivenza è un termine un po’ forte?

Si cerca di equilibrare il livello senza rovinare la crescita del ciclismo. Questo è un aspetto molto importante. La prima cosa che noi vogliamo è quella di non spaventare gli sponsor che investono o vogliono investire nel ciclismo. Per questo prima dicevo che si tratta di un argomento delicato.

La F1 ha stabilito un budget cup: è di 135 milioni di euro a stagione. E deve essere così ripartito: 35% costo del lavoro, 20% sviluppi e imprevisti, 45% spese produttive (foto Ferrari.com)
La F1 ha stabilito un budget cup: è di 135 milioni di euro a stagione. E deve essere così ripartito: 35% costo del lavoro, 20% sviluppi e imprevisti, 45% spese produttive (foto Ferrari.com)
Quindi i vostri colloqui trattano anche di sponsor: li volete tranquillizzare con un riassetto di budget e magari di punti UCI?

Certamente, ma questo è il secondo punto. Il primo è quello dello spettacolo che può offrire il ciclismo, per far sì che le tattiche non ruotino intorno a una o due squadre, che ci possa essere più incertezza nell’esito delle gare. Il secondo punto riguarda gli sponsor. Noi dobbiamo stare attenti che gli altri sport non ci passino avanti e ce li portino via.

Spiegaci meglio…

In Formula 1 per esempio, ma anche nel calcio, sono stati introdotti dei budget cap e se investire per uno spazio su una maglia di calcio o su una vettura di Formula 1 non è più costoso come un tempo e nel frattempo da noi i costi continuano ad aumentare, per il ciclismo può essere un problema. Un altro aspetto poi non riguarda solo il salary cap fine a se stesso. Formula 1 e calcio, dobbiamo essere realisti, hanno un altro ritorno per i loro investitori e noi dobbiamo dare una garanzia a questi sponsor che investono sul ciclismo. Faccio un esempio.

Vai…

Se uno sponsor investe mille euro per 4-5 anni deve essere certo che quell’investimento mantenga il suo valore. Ma se poi l’anno dopo arriva uno sponsor che offre di più, i mille euro del primo non valgono più allo stesso modo. Perdono valore. Per questo servono dei cap. Chissà, magari anche in Italia in questo modo si muoverà qualcosa e le grandi aziende torneranno ad investire nel ciclismo.

Discorso afferrato: servono regole più chiare e che garantiscano stabilità e certezza d’investimento. Passando ad aspetti più tecnici si è parlato anche di un tetto dei punti, di una ridistribuzione dei corridori nei team. Cioè una squadra non può avere più di un “tot” di corridori con “X” punti…

Onestamente abbiamo un gruppo di lavoro molto buono ed esperto e non ne abbiamo ancora parlato fino in fondo. C’è stato qualche scambio di messaggi tra i direttori sportivi e direi potrebbe essere una buona idea. Ma come ho detto prima: l’importante è che ci sia più equità tra le varie squadre.

Jorgenson e Vingegaard, Pogacar e Adam Yates: quattro atleti formidabili in due squadre e due di loro sono gregari
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Urge una mossa

Certamente c’è da fare qualcosa, al netto di chi è pro o contro Pogacar, che ha cannibalizzato la stagione. Perché poi, inutile negarlo, questo tema che sì vige da tempo si è acuito quest’anno. C’è da fare qualcosa soprattutto sul fronte tecnico, dal nostro punto di vista, ed economico da quello dei manager che devono imbastire le squadre. Anche se poi a ben pensare le due cose vanno (e molto) a braccetto. 

L’idea di trovare la maggior equità di cui parla Copeland, attraverso una regolamentazione dei punti UCI potrebbe non essere male e potrebbe al tempo stesso superare i limiti del tetto salariale, che in qualche modo sarebbe aggirato. Ma questa è solo una nostra supposizione.

Per sapere ufficialmente come proseguiranno i lavori, sarà necessario attendere la fine del prossimo novembre, quando l’AIGCP si riunirà di nuovo su questo tema.