Rossato-Modolo, storia veneta di grinta e fiducia

21.11.2021
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«Rossato lo conosco da quando ero dilettante alla Zalf e lui guidava la Parolin. Era ed è ancora un bel cagnaccio veneto. Quello che serve a me».

Con queste parole un paio di giorni fa, Sacha Modolo ha descritto Mirko Rossato, il direttore sportivo che lo aspetta alla Bardiani-Csf e con cui ha già lavorato nei suoi anni con il team di Reverberi. Un po’ per ridere e un po’ incuriositi dalla definizione, abbiamo bussato alle porte del padovano, che in realtà ormai vive da qualche anno in Spagna, per capire che cosa intendesse Modolo.

«Un cagnaccio veneto – sorride Rossato – è uno che non molla mai. Uno che vorrebbe sempre vincere e cerca in tutti i modi di motivare i ragazzi. Cerca di stimolarli e dargli degli obiettivi. Uno che crede nel corridore e riesce a fargli capire questa fiducia. Che sa anche gestire i momenti di difficoltà. Già ai tempi della Fior, Sacha era un ottimo corridore, uno di classe. E anche quando abbiamo lavorato insieme alla Bardiani, aveva grinta, ma aveva bisogno comunque che gli si stesse accanto…».

Super vincente anche da U23. Qui nel 2009 a Sommacampagna, Modolo davanti a Viviani e Cimolai
Super vincente anche da U23. Nel 2009 a Sommacampagna, Modolo davanti a Viviani e Cimolai

Il piatto è ricco. Abbiamo ben chiare le espressioni da mastino di Rossato quando punta un obiettivo oppure se qualcosa non va e vuole fartelo capire. Anche la fisicità conta e Mirko sa farsi rispettare con quel suo portamento da velocista e qualche ruggito nei punti salienti della frase.

Aveva bisogno che gli si stesse accanto: che cosa vuol dire?

Che se una gara andava male, come può capitare, non serviva puntare il dito. Era meglio andare a cena, parlando d’altro. Poi magari prima di tornare in camera, ti sedevi lì con una birra, cominciavi a chiacchierare e piano piano arrivavi a dire quello che era andato e quello che poteva andare meglio. E andavi a dormire sapendo che il giorno dopo sarebbe stato migliore. C’è un aneddoto che non dimenticherò mai…

Nel 2012 con Battaglin e la… pulce Pozzovivo, lanciato proprio dalla Bardiani
Nel 2012 con la… pulce Pozzovivo, lanciato proprio dalla Bardiani
Racconta.

Nel 2013 eravamo in Cina a correre il Tour of Qingai Lake, che si faceva a luglio dopo il Giro d’Italia. Sacha aveva vinto la prima tappa, ma il giorno dopo mi disse di stargli vicino perché stava malissimo e rischiava di ritirarsi. Può capitare che un corridore si svegli nel verso sbagliato. Io sapevo che c’erano altre dieci tappe e così con l’ammiraglia rimasi vicino al gruppetto, anche a scapito di quelli che avevo davanti, Colbrelli compreso. Rimasi lì finché non gli vidi prendere un buon passo e poi gli chiesi se potevo andare. Lui mi disse di sì, il momento di crisi era passato. Finì la tappa. E nei giorni successivi ne vinse altre cinque. Questo è Sacha…

E lui per primo ha detto di aver bisogno proprio di questo.

Qui trova un ambiente familiare. Conosce bene i Reverberi che sono i pilastri della società. Bruno non gli stresserà il carattere e tantomeno Roberto. Ha bisogno di lavorare tranquillo, con degli obiettivi veri.

Viene da un paio di anni davvero difficili.

Ma ho visto la Vuelta ed è andato fortissimo. Poi ha trovato la continuità per vincere una delle ultime corse di stagione, con quasi 3.000 metri di dislivello, su strade toste che magari qua non si conoscono.

Modolo e Rossato hanno già lavorato insieme alla Bardiani, dopo anni in squadre rivali fra gli U23
Modolo e Rossato hanno già lavorato insieme alla Bardiani, dopo anni in squadre rivali fra gli U23
La grinta che metti ora nel tuo ruolo ce l’avevi da corridore?

Quando puntavo, la cattiveria agonistica non mi mancava. Ma forse è vero che adesso ci metto più grinta, perché vorrei che i ragazzi che dirigo non commettessero i miei stessi errori.

Tu ce l’hai avuto un cagnaccio veneto come Rossato?

Un cagnaccio veneto… (ci pensa e sorride, ndr). In primis metterei Remigio Zanatta, poi Billy Ceresoli che aveva una grinta notevole. Alla Mg Boys eravamo uno squadrone con Rebellin, Minali, Salvato, Conte e Zanette e non ne lasciavamo una. E poi Bruno Reverberi, quando ho corso con lui. Anche lui è un cagnaccio. Un bel cagnaccio… emiliano!

Sacha torna a casa ed è pronto a tutto. Anche a graffiare…

18.11.2021
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Sacha torna a casa e ne è contento. La Bardiani Csf Faizanè gli ha spalancato le porte con uno dei colpi di mercato più efficaci in ambito professional. Eppure qualcosa del modo in cui si è chiuso il rapporto con la Alpecin-Fenix provoca tristezza nel trevigiano che quest’anno finalmente è tornato a vedere la luce.

«Speravo di rimanere – dice Modolo – specialmente dopo aver vinto. Invece loro hanno sposato un progetto di ringiovanimento, di cui peraltro mi avevano parlato. Alla Vuelta ho lavorato bene per Philipsen e mi proponevo per fare ancora questo. Non posso dire niente su come si sono comportati. Durante il periodo dell’infortunio mi sono stati vicini e mi hanno sempre pagato. Non mi hanno lasciato a piedi e questo lo apprezzo».

Il Modolo che approda alla Bardiani (in apertura al Giro di Danimarca del 2011) ha vinto una tappa al Giro del Lussemburgo a metà settembre, battendo Cosnefroy, Grosu, Boasson Hagen e Vendrame, in una delle rare occasioni in cui la squadra gli ha permesso di fare la sua volata.

La vittoria di Sacha Modolo al Lussemburgo la scorsa estate (screenshot a video)
La vittoria di Sacha Modolo al Lussemburgo la scorsa estate (screenshot a video)
Tornando alla Bardiani non sarai quello che tira le volate, ma quello che le fa…

Mi ritrovo sulle spalle il ruolo di faro della squadra e non mi fa paura. Spero di essere bravo a trasmettere qualcosa a questi giovani. La politica di puntare solo sui giovani funziona, ma crescere senza riferimenti non è sempre facile. Quando ero con loro, c’erano in squadra Pozzovivo, Gavazzi e Belletti da cui comunque si poteva imparare tanto.

Che sensazioni ti dà tornare alla squadra in cui sei passato professionista?

E’ bello tornare – fa una pausa Sacha – Stavo per smettere, non avevo alternative e non dipendeva da me. E se non avessi vinto a fine stagione, avrei avuto anche meno possibilità. Parlavo con mia moglie. Le dicevo che non ne sarei venuto fuori. Poi ho vinto, dopo due mesi che non correvo. E adesso vedo la luce.

Secondo tanti, la vera differenza la fa la testa…

Soprattutto nel mio caso, posso confermarlo. Vengo da tre anni di problemi e di testa non c’ero più. Poi una sera a cena sentimmo Vendrame che parlava dell’importanza del mental coach e ho iniziato a pensarci anche io. Mia moglie già da un po’ mi diceva che non mi riconosceva più, così grazie a un consiglio di Soraya Paladin, mi sono rivolto a Moreno Biscaro di Ponte di Piave e mi ha un po’ ripreso…

Il trevigiano (classe 1987) è stato alla Alpecin per due stagioni
Il trevigiano (classe 1987) è stato alla Alpecin per due stagioni
Perché non farlo prima?

Perché io ero di quelli secondo cui non serviva. Mi automotivavo da solo. Invece c’è voluto lui per salvarmi, perché ero davvero a terra.

Rivedremo il Modolo cannibale dei dilettanti?

Eh, quello mi sa che è rimasto a quel periodo. Mi piaceva vincere, ma era un ciclismo più romantico, con più tempo per fare le cose. Sono contento di avere la mia età, non vorrei essere un neoprofessionista oggi.

Arrivi al 2022 con grandi motivazioni?

Grandissime. Appena ho firmato, ho chiamato tutti quelli che conosco nella Bardiani, da Amoriello a Rossato. Mirko lo conosco da quando ero dilettante alla Zalf e lui guidava la Parolin, era ed è ancora un bel cagnaccio veneto. Quello che serve a me.

Bruno Reverberi (ri)accoglie Modolo. Passò pro’ con questo team nel 2010
Bruno Reverberi (ri)accoglie Modolo. Passò pro’ con questo team nel 2010
Come è nato il ritorno?

Feci una chiacchierata con Bruno (Reverberi, ndr). Lui me lo propose e io cominciai a pensare a come poteva essere. Ho accettato, ma non ho obiettivi precisi, se non tornare quello che ero. Non il velocista puro, ma quello veloce che tiene sugli strappi. Ho qualche rivincita da prendermi con la sorte.

Ad esempio?

Nel 2017 con la UAE feci settimo al Fiandre, cercando proprio di uscire dai panni del velocista. Firmai con la EF Procycling per continuare e per lavorare con Vanmarcke e corridori di esperienza al Nord. Invece proprio lì sono iniziati i problemi. Ora sarà dura fare le classiche, è diventata difficile anche la Sanremo…

Perché?

Per colpa di Nibali, glielo rinfaccio spesso. Con quel suo attacco nel 2018 ha messo in testa agli scalatori che possono provarci. E così adesso il Poggio si fa a una velocità pazzesca e i velocisti là in cima passano troppo staccati. Oddio, in realtà, io non sarei più un velocista…

Sorride, saluta, che sia un bell’inverno. La rincorsa è appena cominciata.

Philipsen Francoforte 2021

«Philipsen? Ha margini enormi». Parola di Modolo

23.09.2021
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E’ stato un mese intenso, per Sacha Modolo: prima la Vuelta corsa in aiuto di Jasper Philipsen (nella foto d’apertura la vittoria di quest’ultimo al GP di Francoforte), poi il ritorno alla vittoria dopo tre anni in Lussemburgo con i festeggiamenti anche da parte di amici di squadre nemiche, un crogiolo di emozioni al quale il 34enne veneto non era più abituato. Tornando a casa, è il momento di riassaporare alcune di quelle sensazioni e analizzare quanto fatto. Il ruolo di ultimo uomo per Philipsen sembra il suo passaporto per il futuro, ma il velocista belga lo sta ancora scoprendo.

«Ci corro insieme da quest’anno – racconta l’alfiere dell’Alpecin Fenix – anzi proprio alla Vuelta abbiamo iniziato a interagire. Prima lo avevo affrontato come avversario, quando era alla Uae Team Emirates, ad esempio all’Eneco Tour».

Che tipo è?

E’ un personaggio, questo è sicuro. Lo definirei un ragazzino disordinato: dimentica sempre guanti, calzini, bisogna anche ricordargli quando si parte, quando è ora di farsi trovare pronti in albergo… E’ come se vivesse nel suo mondo.

Philipsen team 2021
Philipsen è nato a Mol (BEL) il 2-3-1998. Quest’anno ha vinto 8 volte, di cui 3 nell’ultima settimana
Philipsen team 2021
Philipsen è nato a Mol (BEL) il 2-3-1998. Quest’anno ha vinto 8 volte, di cui 3 nell’ultima settimana
Eri così anche tu alla sua età?

No, sempre stato molto attento, concentrato sia in gara che dopo. Abbiamo una decina di anni di differenza. Ma attenzione: il mio non è un giudizio negativo, solo una constatazione, perché quando si comincia a pedalare le cose cambiano drasticamente.

In che senso?

Jasper diventa una vera macchina, attentissimo, è quasi un veterano per come si muove nel gruppo e per la concentrazione che ci mette. La nostra generazione non era così pronta a quell’età, si vede che sono più avvezzi già dalle categorie minori.

Com’è il vostro rapporto?

Ottimo, ma dobbiamo ancora entrare in sintonia nei rispettivi ruoli. Mi spiego con un esempio: alla Vuelta, in una delle prime tappe, sono partito lungo per tirarlo fuori dalla lotta, ma lui non mi ha seguito e pensava che volessi fare un’azione personale. Alla sera abbiamo parlato, concordando il da farsi, gli ho detto di seguirmi al momento che ritenevo giusto. Risultato: il giorno dopo ha vinto e per questo quel successo l’ho sentito anche mio.

Modolo Lussemburgo 2021
L’incredulità di Sacha Modolo dopo il suo ritorno alla vittoria al Giro del Lussemburgo, dopo 3 anni di attesa
Modolo Lussemburgo 2021
L’incredulità di Sacha Modolo dopo il suo ritorno alla vittoria al Giro del Lussemburgo, dopo 3 anni di attesa
Come ti trovi a lavorare per lui in questo ambito?

Bene, perché ha tali capacità che ti rendono il compito facile. Anche nelle tirate lunghe resta dietro, ha una forza straordinaria e soprattutto una tranquillità che diventa contagiosa per tutta la squadra. Io dico però che ha ancora grandi margini di miglioramento.

Dove può arrivare secondo te?

Per me non è solo un velocista, ma può andar forte anche su certe classiche con percorsi nervosi, anche perché è uno che sa programmarsi bene: dopo il Tour aveva detto che voleva fare un grande finale di stagione, ha lavorato per quello sin dalla Vuelta è ora nel sta godendo i frutti.

Merlier Philipsen Tour 2021
Merlier e Philipsen dopo la vittoria del primo al Tour. Sarà difficile rivederli nella stessa gara…
Merlier Philipsen Tour 2021
Merlier e Philipsen dopo la vittoria del primo al Tour. Sarà difficile rivederli nella stessa gara…
Tu, dopo la vittoria in Lussemburgo, hai cambiato idea sul tuo futuro?

No, anche se quel successo, in una gara dov’ero tornato a essere il velocista della squadra, mi ha dato la carica. Ho 34 anni, devo essere realista, il ruolo di ultimo uomo è ideale per me. Mi serve solo vivere una stagione senza intoppi, soprattutto d’inverno, potermi preparare come si deve, lavorare in palestra senza problemi. Anche adesso che vado forte, sento che in salita la gamba non è quella che vorrei, faccio troppa fatica. In fin dei conti sono sempre il Modolo che è finito 6° al Giro delle Fiandre…

Torniamo a Philipsen: in casa Alpecin avete anche Tim Merlier, quali sono le differenze tra i due?

Merlier è uno sprinter puro, forse anche più veloce, ma soffre di più sui tracciati duri, per questo dico che Philipsen ha più frecce al suo arco e con l’età e l’esperienza può variare la gamma delle gare a lui congeniali. Al Tour hanno corso insieme, Jasper lavorava per Tim, possono anche convivere in qualche occasione, ma si tratta di due vincenti che vogliono emergere e meritano di farlo, quindi è facile presumere che seguiranno calendari diversi. A tirare le volate meglio che ci pensi io…

Vendrame-Modolo, la vera storia di quell’abbraccio

21.09.2021
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In un’estate piena di brindisi per noi italiani – grazie a tante imprese sportive – c’è stato un abbraccio pochi giorni fa che non ci è sfuggito e che non è avvenuto dopo un titolo od una medaglia. 

Siamo alla terza tappa dello Skoda Tour de Luxembourg, arrivo allo sprint. Sullo slancio della volata il vincitore viene subito travolto da un sentito abbraccio di un suo collega, quinto al traguardo, prima di ricevere i complimenti dei propri compagni appena si appoggia alle transenne. Sono amici e compagni di allenamento nella vita di tutti i giorni, rivali invece in quelli di gara. Sono rispettivamente Sacha Modolo della Alpecin-Fenix ed Andrea Vendrame della Ag2R Citroen, entrambi trevigiani di Conegliano.

Il primo ha ritrovato la vittoria dopo 1.300 giorni – dal 16 febbraio 2018, sigillo nella terza frazione della Ruta del Sol in Andalucia, al 16 settembre scorso a Mamer nella corsa del Granducato – mentre il secondo è stato testimone oculare e dietro le quinte di questa rinascita.

Abbiamo voluto sentire Vendrame e chiedergli cosa c’era dietro a quel gesto sincero con Modolo, approfondendo anche tanto altro.

Una stagione piena di soste per Modolo, con la vittoria in Lussemburgo che potrebbe aver chiuso il periodo nero
La vittoria in Lussemburgo potrebbe aver chiuso il periodo nero di Modolo
Andrea sei andato subito a dare un abbraccio a Modolo che aveva appena battuto il tuo compagno di squadra Cosnefroy. E’ stata una bellissima immagine, qualcosa più del fair-play. 

E’ stato un gesto spontaneo. Ero e sono davvero contento per Sacha, perché conosco il difficile periodo che ha dovuto passare. Abitiamo vicini, praticamente usciamo in bici quasi tutti i giorni e in questi mesi abbiamo parlato di ciclismo, ma soprattutto tanto dei suoi problemi. 

Ti senti particolarmente coinvolto da questa sua ripresa?

Sì, onestamente mi sento molto partecipe. Ho stimolato Sacha a non demoralizzarsi e a fare di più. Gli ho sempre detto che sarebbe tornato a sorridere presto ma che non doveva perdersi d’animo. Ed infatti ha corso una bella Vuelta in supporto a Philipsen, aiutandolo a vincere due tappe. Infine è riuscito a ritrovare la vittoria.

E’ una situazione piuttosto inusuale. Tu che hai 27 anni che supporti lui che ne ha 34 ed è professionista da tanto tempo. 

E’ vero. So quanto siano importanti queste cose perché noi ciclisti danziamo sulla sottile linea che divide la depressione e l’esaltazione. Diciamo che anche questo è stato naturale farlo. Anche perché ricordo che quando ero appena passato neopro’, Franco Pelizzotti, nelle sue ultime stagioni da corridore, mi dava dei consigli e mi aiutava. Abbiamo sempre avuto un rapporto tipo padre-figlio. Poi abbiamo una chat su whatsapp di corridori della zona dove c’è anche lui. E per esempio durante il lockdown di inizio pandemia sentivamo sempre anche il suo parere per tenerci su di morale tutti assieme

Al contrario, la stagione di Vendrame è stata un bel crescendo, con la vittoria al Giro a impreziosirla
Al contrario, la stagione di Vendrame è stata un bel crescendo, con la vittoria al Giro a impreziosirla
In bici invece come sollecitavi Modolo?

Bisogna dire che siamo diventati gradualmente buonissimi amici fin dai tempi in cui io ero dilettante alla Zalf e lui era in Lampre, ma prima di allora non ci conoscevamo. Quando ti alleni frequentemente assieme a qualcuno, ti viene da pungolarti e confrontarti. Ad esempio, io sono molto schematico nei miei allenamenti, mentre Sacha lo era un pochino meno nell’ultimo periodo. Così gli dicevo, quasi lo forzavo a venire con me. Però ci sono stati anche altri episodi.

Quali?

Quest’anno avevo appena finito il Giro, dove ero andato molto bene vincendo una tappa. Mi sono trovato con lui per andare a fare il Nevegal, la nostra montagna di riferimento. Io ero ancora in condizione, lui invece aveva ricominciato ad allenarsi intensamente dopo il problema al ginocchio. Facevo il ritmo io e lui mi chiedeva tante cose, come i valori con cui stavo salendo. Watt, battiti. E’ quasi sempre rimasto a ruota e una volta arrivati in cima mi disse che aveva fatto la salita a tutta. Io gli risposi che era sulla strada giusta non essendosi staccato. Poi parlammo di un altro aspetto e mi chiese informazioni per provare a fare un salto di qualità.

Cosa ti domandò?

Lui sapeva che da più di un anno mi seguiva un mental coach (toscano, ma preferisce tenerlo segreto, ndr) che mi aveva fatto migliorare sotto il punto di vista psicologico. Così gliene consigliai un altro che conoscevo, di sentirlo e di tentare. Perché il 90 per cento della nostra forza arriva dalla testa ed e lì che puoi fare la differenza. Su certi problemi non ci puoi lavorare da solo. So che stanno lavorando assieme e stanno arrivando i risultati.

Dopo la vittoria in Lussemburgo, Modolo si è rimesso al servizio di Philipsen. Qui riceve l’abbraccio dei compagni
Dopo la vittoria in Lussemburgo, Modolo si è rimesso al servizio di Philipsen. Qui riceve l’abbraccio dei compagni
Ad aprile 2016 eri under 23 nella Zalf e hai subito un drammatico incidente. Poi alla fine di quella stagione eri tornato in bici facendo tantissimi piazzamenti nei primi cinque. Nei problemi di Modolo ti sei rivisto? 

Sì, anche se sono due situazioni differenti. Io incidente e lui infortunio fisico col lockdown ad accentuare il tutto, compresa la sua situazione contrattuale. Però ho subito capito il tipo di sofferenza che stava passando. In realtà con lui non sono mai andato nello specifico di certe cose, anche un po’ per rispetto personale, ma sapevo cosa gli passava per la testa. Conosco la sensazione di toccare il fondo e risalire ritrovando il giusto morale. Ora Sacha ha ritrovato la giusta forma e spero che possa essere riconfermato perché può insegnare tanto ai giovani.

Modolo e Cattaneo, un calcio agli anni bui

18.09.2021
5 min
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«La sensazione che mi mancava è quella di quando arrivi e allarghi le braccia, alla fine io correvo per quello. Sono passati tre anni, tre anni brutti, da solo con mia moglie. Io poi tendo un po’ a chiudermi quando le cose non vanno. A Mamer mi hanno dato il telefono già all’antidoping e l’ho chiamata subito. Io piangevo, lei quasi. Ero sempre un po’ sul duro io, ma stavolta sembravo un cucciolo». 

«Da quando sono qua sento che le cose vanno sempre meglio. Ho fatto un salto di qualità che per il futuro mi fa pensare di poter alzare l’asticella. Con certi risultati prendi consapevolezza. E io sapevo che se avessi beccato la giornata e il percorso giusti, una vittoria a crono poteva anche scapparci».

Modolo e Cattaneo si sono incrociati alla Lampre, ultima WorldTour italiana. Qui con Cunego e il massaggiatore Chiodini
Modolo e Cattaneo si sono incrociati alla Lampre, ultima WorldTour italiana. A sinistra Cunego

Storie parallele

Il primo è Sacha Modolo, grandi trascorsi, poi anni altalenanti e mesi dannati per un ginocchio che non voleva guarire. Il secondo è Mattia Cattaneo, classe limpida e una fragilità che spesso dal fisico si spostava alla convinzione. In due giorni hanno avuto l’occasione per riconnettersi con la loro storia e l’hanno colta alla grande. Per entrambi lo stesso palcoscenico, quello dello Skoda Tour of Luxembourg. Modolo prima e Cattaneo all’indomani hanno interrotto digiuni diversi ma entrambi lunghissimi. Il veneto non vinceva dal 16 febbraio del 2018, il lombardo dal 28 aprile del 2019. Storie particolari, che si incontrarono alla Lampre dal 2014 al 2016, come quelle di uomini che si guadagnano da vivere su una bicicletta che non sempre vuol sapere di andare nella giusta direzione.

«La vittoria? Neanche la cercavo più – dice Modolo, abbracciato dopo il traguardo da Vendrame (foto di apertura) – ormai non ci speravo più. Se si arrivava in volata dovevo farla io, però siccome Caleb Ewan non c’era più, era più probabile che arrivasse la fuga. Anche perché la tappa comunque non era facile e infatti gli attaccanti li abbiamo ripresi a 500 metri dall’arrivo.

Calvario di mesi

«Stavo bene anche alla Vuelta, solo che ho fatto i primi 10 giorni a tirare le volate a Philipsen e infatti le ho tirate da Dio. In altre occasioni non ho avuto fortuna che invece ho avuto a Mamer. Sono riuscito a trovare il varco giusto in una volata molto caotica».

Lo abbiamo seguito nel lento ritorno, sperando che ce la facesse ma a volte coltivando qualche dubbio sulla sua solidità. E forse proprio lo scetticismo intorno ha reso la salita più ripida.

«Ci sono voluti 2-3 mesi per arrivare a questo – continua – stando fermo tanto e soprattutto perdendo tutto l’inverno, non ho la base che ha uno che fa la stagione completa. In salita ancora mi manca qualcosa, però onestamente non pensavo neanche io di avere una gamba per vincere. Nelle prossime corse tornerò a tirare per Jasper, l’altro giorno ho avuto l’occasione e l’ho sfruttata. In squadra sono tutti contenti però per ora non si parla di rinnovo. Sono sempre stati corretti, non posso dire niente. Mi hanno sempre pagato anche se potevano non farlo, visto che non ho corso per mesi. Mi hanno sempre aiutato, anzi mi avevano detto che se non fossi riuscito in Italia, mi avrebbero seguito loro lassù. Mi dispiacerebbe non rinnovare qua proprio per questo». 

Passione crono

Cattaneo se la ride e se la rideva anche sulla hot seat, aspettando l’arrivo di Almeida: l’unico e l’ultimo a poterlo battere ieri sul traguardo di Dudelange. La sua risalita è stata chiara sin dallo scorso anno, quando l’approdo alla Deceuninck-Quick Step ha significato soprattutto un cambio di mentalità.

«C’è tanto di speciale in questa squadra – dice – è tutto particolare, non si fa niente per caso. E se vedono uno che si applica tanto, come faccio io con la crono, allora anche a loro piace investirci ed è quello che è successo. A me le crono piacciono sin da quando ero under 23 con Rossato alla Trevigiani. E quando uno di noi vince, sul gruppo whatsapp di squadra si scatenano tutti gli altri. Il Wolfpack è una cosa vera».

A Trento come juniores

A Dudelange si è lasciato dietro Almeida, che oggi correrà per portarsi a casa la maglia di leader, e già nella testa di Mattia c’è la convinzione di aiutarlo a coronare questo obiettivo. Anche se il portoghese il prossimo anno andrà via, anche se lo stesso bergamasco è terzo nella generale e potrebbe ambire alla fuga in un’ultima tappa che sembra tanto una Liegi.

«La priorità è Joao – dice – io so di essere competitivo e questa convinzione mi rimarrà addosso per il prossimo anno e le corse a venire. Mi sarebbe piaciuto poter correre una crono in maglia azzurra, l’ho sempre detto. Ci tengo tanto a questa specialità, ma intanto ho riconquistato la maglia della nazionale a Trento. Ho fatto il lavoro che mi è stato chiesto, abbiamo corso come juniores in una corsa davvero pazza ed è stato bello tornare dopo tanto tempo».

Forza azzurri

Di nazionale parla anche Modolo, che sul percorso di Louvain nei tempi andati si sarebbe trovato davvero bene e vedrà giocarsela i coetanei con cui anni addietro duellava su tutti gli arrivi. Trentin, Colbrelli, Nizzolo sono stati per anni i suoi rivali.

«Farlo per vincere no – ammette – però per aiutare la squadra avrei la gamba, l’esperienza e la conoscenza delle strade per farlo. Però Cassani ha già i suoi uomini e fa bene ad andare dritto. Se ha creato negli anni il suo gruppo, non è che adesso, solo perché ho vinto qua, può tirare fuori uno per fare posto a me. Perciò in bocca al lupo a tutti gli azzurri. Io torno a casa con un buon sapore in bocca e le dita incrociate».

Modolo Vuelta Espana 2021

Modolo: «Riparto dalla Vuelta con un nuovo ruolo»

07.09.2021
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E’ stata una Vuelta travagliata, quella di Sacha Modolo e forse non poteva essere altrimenti, visto che il corridore di Conegliano veniva da mesi davvero travagliati. Lo avevamo lasciato in primavera alle prese con grossi guai a un ginocchio che gli avevano precluso il Giro d’Italia, per questo ritrovarlo alla Vuelta è stato già un bel risultato. Ogni tappa però diventava sempre più pesante, tanto che dopo la corsa era una fatica anche rispondere alle chiamate e controllare i social, ma fa parte del gioco. Quando però sei costretto a mollare a due tappe dalla fine, un po’ di rammarico c’è, per non dire altro…

Sono passati un paio di giorni dalla fine dell’avventura, ma la delusione nel cuore del corridore dell’Alpecin Fenix è ancora tanta: «Venerdì ho vissuto la classica giornata no, mi sentivo stanchissimo già dal mattino appena sveglio, non avevo recuperato dallo sforzo del giorno prima, quando comunque ero riuscito a salvarmi. Lì invece sono rimasto subito solo, con oltre 20 chilometri di salita davanti, non avevo speranze. Chi mi conosce sa che non rinuncio se proprio non sono costretto, ma rientrare nel tempo massimo era impossibile, si era spenta la luce».

Modolo crono 2021
Sacha Modolo è nato a Conegliano il 19 giugno 1987. E’ all’Alpecin Fenix dallo scorso anno
Modolo crono 2021
Sacha Modolo è nato a Conegliano il 19 giugno 1987. E’ all’Alpecin Fenix dallo scorso anno
Un peccato perché eri ormai arrivato alla fine e dopo tutto quel che avevi passato non era per nulla scontato…

Infatti mi dispiace perché ci tenevo a finirla, per chiudere tre settimane che nel complesso mi avevano dato soddisfazione. Avevo iniziato con evidenti difficoltà, mi staccavo quasi subito, ma sentivo con i giorni che passavano che la condizione stava arrivando, tenevo anche in salita, ero davvero soddisfatto. L’ho detto, è stata una giornata no, il fisico non aveva recuperato, evidentemente gli anni che passano si fanno sentire…

Come giudichi nel complesso la tua Vuelta?

Positiva, le soddisfazioni non sono mancate. Quando sono stato convocato mi hanno chiesto di lavorare per Jasper Philipsen, fargli da ultimo uomo e già al secondo giorno è arrivata la vittoria. Ero felice come se avessi vinto io, perché non avevo mai interpretato quel ruolo. Alla fine ha vinto due volte, in squadra erano molto soddisfatti di come sono andate le cose e di come abbiamo lavorato.

Potrebbe essere questo il tuo nuovo ruolo?

Direi proprio di sì: ho 34 anni, ho avuto le mie gioie personali, ma chiaramente devo fare i conti con il tempo che passa, penso però di poter ancora dire qualcosa in aiuto di un altro velocista, diciamo che la Vuelta mi ha aperto nuove prospettive.

Modolo Philipsen 2021
L’entusiasmo in casa Alpecin per la prima delle due vittorie di Philipsen alla Vuelta
Modolo Philipsen 2021
L’entusiasmo in casa Alpecin per la prima delle due vittorie di Philipsen alla Vuelta
Il ginocchio come va?

Bene, considerando che tra una cosa e l’altra mi ha costretto a un’inattività di oltre 6 mesi. Avevo ripreso la bici in mano a due settimane dai campionati Italiani, giusto per rientrare in gruppo. Poi il Giro di Vallonia e la Vuelta a Burgos sono serviti per riabituarmi alle gare, sentivo che la condizione era in crescita e sono fiducioso per il prosieguo della stagione. Infatti i vertici della società mi hanno già convocato per il Giro del Lussemburgo.

Sai già che intenzioni hanno all’Alpecin per il 2022?

No, ma sono stato io che ho evitato di affrontare l’argomento. Per poter parlare del 2022 devo prima correre, far parlare i fatti. Sicuramente l’andamento della Vuelta, il lavoro svolto per Philipsen sono punti a mio favore, staremo a vedere, anche perché ho molta fiducia nei dirigenti.

Ti hanno messo fretta durante il periodo dell’infortunio?

Assolutamente no, anzi. Lo scorso anno, nei lunghi mesi del lockdown gli stipendi sono comunque arrivati puntuali e lo stesso nei mesi nei quali sono stato costretto a stare fermo. Si sono dimostrate persone corrette, anche per questo vorrei rimanere, è un bell’ambiente.

Modolo Algarve 2020
L’ultimo podio di Sacha Modolo, alla Vuelta ao Algarve 2020, terza tappa, secondo dietro Cees Bol
L’ultimo podio di Sacha Modolo, alla Vuelta ao Algarve 2020, terza tappa, secondo dietro Cees Bol
Tu eri il più anziano della squadra: che cosa ti dicevano gli altri del team?

Non mi trattavano come il “grande vecchio”, siamo tutti amici, è vero però che all’inizio molti erano timorosi nell’affrontare una corsa di tre settimane e chiedevano consiglio a me che ne ho affrontate 12 concludendone la metà. Mi faceva un certo effetto tranquillizzarli, mi piace poter trasmettere qualcosa a chi ha molti meno anni in questo circo.

Hai lavorato per Philipsen: come ti sei trovato a fargli da “pilota”?

Benissimo, devo dire che è un velocista un po’ com’ero io alla sua età. Lavora tanto, tiene bene in salita e soprattutto ha una gran fame di successi. Devo dire che con il suo entusiasmo ha contagiato anche me…

Modolo in Spagna per tornare a ruggire (e trovare un contratto)

12.08.2021
5 min
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Quando lo abbiamo raggiunto al telefono Sacha Modolo stava facendo le valigie per la Vuelta. «Ho il volo a breve». Il suo tono era squillante, nonostante il veneto venga da una stagione (ma sarebbe meglio dire tre) a dir poco complicata e, aggiungiamo, sfortunata.

Eppure il corridore della Alpecin-Fenix non si è perso d’animo e ha continuato a lavorare. Non è stato facile, per sua stessa ammissione, ma tant’è.

Per Sacha Modolo, a Burgos, prime sensazioni positive dopo tanto tempo (foto Instagram)
Per Sacha Modolo, a Burgos, prime sensazioni positive dopo tanto tempo (foto Instagram)
Sacha, parti per la Vuelta quindi, ma come parti?

Con tanta voglia di fare bene e al tempo stesso con la consapevolezza di non essere al 110 per cento. Bisogna considerare che è la quinta gara della mia stagione e che l’anno prima praticamente non ho corso.

Però qualche timido segnale lo abbiamo visto…

Infatti pensavo peggio. Al Wallonie siamo andati veramente forte, ma mi sono salvato bene. Arrivavo con il gruppo davanti, solo che poi ero senza gambe per fare la volata. Ma era normale dopo tanto tempo lontano dalle gare. Però ero fiducioso perché sapevo che la condizione sarebbe andata a migliorare e infatti a Burgos sono riuscito a disputare la prima volata della stagione, facendo settimo. Mi spiace che nella prima tappa sia caduto e abbia preso una botta al costato che mi ha un po’ condizionato. E’ vero che l’arrivo era forse un po’ duro per me, ma magari se avessi fatto anche quello sprint, quello successivo sarebbe potuto andare meglio. Però dai, pian pianino si torna a migliorare. Ci vuole calma. Andare alla Vuelta già è tanto.

Come si fa a non saltare di testa dopo tanti problemi. Adesso il ginocchio, ma prima i problemi con lo stomaco, il glutine, la pandemia…

Eh – sospira Modolo – non è facile. Di fatto è dal 2018, dalla mia ultima vittoria (una tappa alla Vuelta Andalucia, ndr) che non sto bene e non riesco a fare una stagione senza intoppi.

Come ti sei allenato per questo rientro?

Mi sono affidato al preparatore della squadra dalla A alla Z. Ho seguito le sue tabelle, i lavori specifici. Forse si poteva rientrare anche un po’ prima del Wallonie, ma lui mi ha detto di stare tranquillo e di lavorare bene. Così ho fatto e onestamente credevo di fare più fatica.

L’ultima vittoria di Modolo. Era la 3ª tappa della Vuelta Andalucia, sempre in Spagna. Che sia di buon auspicio…
L’ultima vittoria di Modolo. Era la 3ª tappa della Vuelta Andalucia, sempre in Spagna. Che sia di buon auspicio…
Sei stato anche in altura?

Sì, 15 giorni a Livigno, poi sono sceso e una settimana dopo appunto sono andato al Wallonie.

Hai fatto tanti chilometri? Perché ci avevi detto che non ve ne fanno fare tantissimi in Alpecin…

Vero. I chilometri li ho fatti a Livigno, ma proprio perché ero lì, altrimenti le 6 ore sono una rarità. In montagna invece ho fatto anche 6-7 ore per mettere sotto stress il ginocchio e vedere come reagiva. Raramente con le loro tabelle supero le 4-5 ore, ma sono ricche di esercizi che certe volte quando torni a casa devi buttarti sul divano!

Sei in scadenza di contratto, hai parlato con la Alpecin?

No, ed è stata anche una scelta mia. Che senso avrebbe parlarne adesso? Ho corso talmente poco: l’infortunio, il Covid, il ginocchio… Devo dirgli solo grazie perché non solo non mi hanno mai messo in discussione e mi hanno pagato regolarmente, ma mi hanno anche assecondato. Per esempio, sono stato io che ho chiesto di fare la Vuelta. Con la mia situazione avrebbero tranquillamente potuto dirmi di no e invece mi hanno detto: tranquillo Sacha, era nei programmi andrai in Spagna. Questa è una professional solo di nome, di fatto è uno squadrone.

Che ruolo avrai?

Dovrò aiutare Philipsen nelle volate. Io almeno ai capi avevo detto così, ma poi loro mi hanno detto: «Okay, ma resta anche concentrato su di te, se avrai qualche opportunità». E poi ci sono dei giovani. C’è l’australiano Jay Vine che va forte. E come lui in squadra ci sono altri ragazzi davvero interessanti. Non li conosco bene, perché come ripeto ho corso poco, ma in questo team crescono bene e adesso capisco perché a 23-24 anni vanno così forte.

Per Sacha due settimane di altura a Livigno prima del Wallonie (foto Instagram)
Per Sacha due settimane di altura a Livigno prima del Wallonie (foto Instagram)
Perché?

Perché la squadra è eccezionale. Ti dice e ti segue in tutto: quando, cosa e quanto mangiare, come bere in corsa, le tabelle, l’idratazione, cosa fare quando sei a riposo… Quando ero giovane io, c’era ancora la vecchia scuola: testa bassa e menare. Non avevi uno staff dietro. A sapere tutte queste cose a 24 anni…

In effetti sarebbe stato un bel potenziale. Torniamo alla Vuelta: quest’anno il percorso sembra favorire un po’ più del solito i velocisti…

Ho sentito che è un po’ meno dura, ma io le tappe le scopro il venerdì quando ci consegnano il Garibaldi, che non so come si chiami in spagnolo! Conosco i chilometraggi e le prime tre frazioni, che più o meno sono le stesse fatte a Burgos la scorsa settimana. In ogni caso non ho obiettivi così specifici. Diciamo che sono riposato, dai! E’ meglio non pensare a quanto hanno corso gli altri e a come ci arrivo io. Peccato perché questa poteva essere una bella stagione.

A proposito: il mondiale di Leuven sarebbe perfetto per il miglior Modolo…

Eh già! Ero partito per guadagnarmi la nazionale. Magari fare il capitano sarebbe stato difficile, però ho esperienza da vendere per le gare lassù, per aiutare i compagni, per stare davanti. Oh, poi magari vinco quattro tappe e cambia tutto, ma per adesso non ci penso. Penso solo a fare bene e a trovare un contratto. Perché vorrei fare altri due anni, ma fatti bene e senza intoppi.

Ma Modolo non doveva fare il Giro? Andiamo a cercarlo

01.05.2021
5 min
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Quattro giorni di corsa quest’anno, chiusi con il ritiro al Presidential Tour of Turkey. Sedici giorni l’anno scorso. Dire che Sacha Modolo sia ormai un fantasma sarebbe quasi scontato, al punto che per trovare delle foto attuali si deve andare sul suo profilo Instagram. Nelle cronache di corsa non ce n’è traccia. Ma avendolo conosciuto sin da quando era dilettante e piuttosto che mollare si sarebbe fatto ammazzare, la curiosità di sapere che cosa diavolo stia succedendo nella sua vita era troppo forte. Lo avevamo già chiamato a novembre e a Filippo Lorenzon aveva annunciato un inverno di lavoro in vista di una possibile rinascita. Invece tutto si è fermato di nuovo.

Un’altra ripartenza per Modolo, speriamo sia la volta buona
Un’altra ripartenza per Modolo, speriamo sia la volta buona
Sacha, cosa succede? Non dovevi fare il Giro?

Ero andato in Turchia per fare le prove generali, ma non sono riuscito neppure a finirla. Il solito ginocchio ha ripreso a farmi male e abbiamo preferito fermarci.

Che cosa aveva il ginocchio?

E’ cominciato tutto a a dicembre, alla fine del ritiro con la squadra. Nei giorni procedenti ero stato bene, neanche una caduta o qualsiasi avvisaglia. Invece quel giorno sono salito in bici e ha iniziato a farmi malissimo. Sono tornato a casa. Ho riposato per due giorni. E quando sono ripartito, c’era lo stesso dolore. E’ stato difficile accettare il fatto di doversi fermare ancora e ancora più difficile è stato trovarne la causa. Abbiamo fatto tutti gli esami. E’ venuto fuori che avevo la cartilagine consumata e la rotula non più in asse. Saranno i 34 anni…

Matilde è arrivata a ottobre del 2019: se va bene il papà presto ripartirà… (foto Instagram)
Matilde è arrivata a ottobre del 2019: se va bene il papà presto ripartirà… (foto Instagram)
Al Turchia è rivenuto fuori lo stesso dolore?

Diverso, per fortuna. Abbiamo fatto un’altra risonanza, la rotula e la cartilagine erano a posto, ma si era formata una borsite. Questo da una parte è una cosa positiva, vuol dire che l’articolazione è a posto. Fermarsi era necessario per evitare che l’infiammazione andasse troppo avanti. Per cui ho fatto una prima infiltrazione e va già meglio. Dovrò farne un’altra e poi basta, in modo che magari a fine maggio io possa ripartire. Ma al Giro, cari miei, al Giro non ci sarò…

La gente non sa e magari parla di Modolo finito. Quanto è duro rincorrere ogni volta la salute?

Tanto, anche perché per me si tratta di una rincorsa prolungata. Inseguo dal 2018 e mi ritrovo ancora fra le ammiraglie. Prima quel problema alimentare, risolto a fine 2019. L’anno scorso c’era tutto per fare bene, ma dopo il lockdown sono caduto, mi sono rotto due costole e stagione compromessa. E’ il momento più buio della mia carriera, psicologicamente non è bello per uno che ha sempre fatto le sue volate. Ho vinto l’ultima a febbraio del 2018, tre anni fa…

Modolo sesto al Giro delle Fiandre del 2017
Modolo sesto al Giro delle Fiandre del 2017
Con quale prospettiva sei qui a lavorare?

Quella di rientrare, correre dovunque si possa, tornare il solito Modolo. Non sarà facile trovare il contratto, quello con la Alpecin-Fenix scade quest’anno. Ma non vorrei smettere così.

Come sta adesso il ginocchio?

Non voglio cantare vittoria, finora ha portato male. Ieri sono uscito per la seconda volta e non ho avuto dolori. L’ultima risonanza era meglio di quella di dicembre. Mi basta tornare. Per fortuna in tutto questo ho avuto accanto la famiglia, ma davvero ormai mia moglie Valentina non ne può più di vedermi in casa. Sono sul divano a guardare le corse ed è brutto pensare che dovrei esserci anche io.

Che cosa ti sembra di quello che vedi?

Un bel ciclismo. Non mi è mai piaciuto guardarlo alla tele, ma anche dal riscontro dei social, mi pare che questa nuova ondata di campioni stia smuovendo la gente. Sembra uno sport più seguito a livello mondiale.

Il 2017 è stato il suo ultimo anno buono. Qui vince a Katowice: l’arrivo di Jakobsen
Il 2017 l’ultimo anno buono. Qui a Katowice: l’arrivo di Jakobsen
Quando sei in bici, hai mai paura che il dolore torni?

Ho sempre paura. Un po’ spingo e un po’ mi trattengo. Sto diventando dottore a forza di sentire tutti e l’ultima che ho sentito è che il corpo ha memoria del dolore e di conseguenza condiziona la mente. Per questo bisogna farlo abituare gradualmente ai movimenti di prima. Così faccio lavori brevi e ravvicinati, per adattarmi di nuovo alla bicicletta.

Domanda cruciale, in questi casi: come va con la bilancia?

Sto bene, per fortuna. Mi fosse successo tutto questo 3-4 anni fa, sarei già a 80 chili. Invece sono stato bravo e sono sui 69-70, quando il mio peso forma è sui 67. Sicuramente sarà calato un po’ di muscolo, ma finché non posso ricominciare a fare le 3-4 ore con continuità, posso farci poco.

Come sarà seguire in televisione anche il Giro?

Durissima, anche perché a casa mia sono tutti appassionati, dalla moglie ai suoceri. Mi toccherà seguirlo, oppure magari prenderò il passeggino e andrò a farmi dei bei giri. Altrimenti starò nell’altra stanza a guardare la bimba che dorme…

«Durante il Giro magari andrò a farmi qualche passeggiata con Matilde…» (foto Instagram)
«Durante il Giro andrò a passeggio con Matilde…» (foto Instagram)
Quale potrebbe essere un obiettivo ragionevole?

Ci penso tanto. Se riuscissi a rientrare a fine maggio, correndo il giusto, potrei pensare ai campionati italiani (si faranno a Imola su un percorso simile a quello dei mondiali 2020, ndr).

E a proposito di mondiali, a settembre si corre nelle Fiandre.

E quello è un pensiero fisso, ma visto come sto, farei meglio a stare zitto. Nel mio ultimo anno senza acciacchi, era il 2017, sono arrivato sesto al Fiandre. Che dopo Pozzato secondo e Bettiol che l’ha vinto, è stato il miglior piazzamento italiano degli ultimi anni. Mi piacerebbe essere a posto per allora. Ma continuiamo con la scaramanzia, magari viene fuori che è la cura migliore. E comunque grazie per la chiamata ed esservi ricordati di me…