Due anni alla Uae, ma ora Zanetti ha scelto un’altra strada

07.01.2024
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Il cambio di squadra di Linda Zanetti ha destato molto rumore nell’ambiente. Le parole di Bertogliati risuonano ancora forti, nella sua analisi dei due anni della giovanissima elvetica al UAE Team Adq, il primo nel team principale, il secondo in quello Development dove volevano lasciarla a dispetto del suo ottimo 2023. Una decisione che non è piaciuta al manager e ha spinto la svizzera fra le braccia della Human Powered Health.

Linda Zanetti, 21 anni, nel 2023 ha affrontato 53 giorni di gara con 6 vittorie e 12 Top 10 (foto Instagram)
Linda Zanetti, 21 anni, nel 2023 ha affrontato 53 giorni di gara con 6 vittorie e 12 Top 10 (foto Instagram)

Grazie al UAE Team Adq

Dopo l’intervista a Bertogliati era importante sentire direttamente dalla Zanetti il suo parere, le sue idee sul recente passato e soprattutto sulle sue prospettive, ma chi si aspettava da lei parole di fuoco rimarrà deluso.

«A conti fatti – dice – non posso che ringraziare la Uae perché mi ha dato una grande opportunità. Quando sono arrivata, ero una novizia a tutti gli effetti ed è stata davvero dura. Ho dovuto imparare tanto, io ero una biker proiettata in una disciplina completamente nuova, affrontando gare che erano impossibili da finire. Nel secondo anno sono passata al devo team ed è stata la decisione giusta, con gare più adatte a me, ma certamente all’inizio un po’ di delusione c’era, mi sentivo declassata».

Per Linda un prestigioso podio agli europei U23, dietro la vincitrice Pluimers e Shackley
Per Linda un prestigioso podio agli europei U23, dietro la vincitrice Pluimers e Shackley
Il tuo però è stato un anno decisamente positivo, con 6 vittorie e il bronzo europeo per under 23…

E pensare che avevo iniziato male la stagione, forse proprio perché psicologicamente mi sentivo bocciata, ma poi ho capito che avevo tanto da imparare e piano piano ho trovato il ritmo giusto, quella forma che l’anno prima non avevo mai raggiunto.

Con quei risultati pensi che meritavi la promozione nella prima squadra?

Non devo dirlo io. Ho parlato tanto con i miei procuratori su che cosa fosse meglio per me. Io avrei anche continuato, ma l’esperienza fatta doveva portarmi a nuovi sviluppi, così mi hanno consigliato di accettare la proposta della Human Powered Health, perché il loro progetto si attaglia maggiormente alle mie aspettative e possibilità. Credo in questi due anni di avere imparato tanto, ma so che la strada è ancora lunga e devo fare ancora molto. Ora entro in un team dove affronterò gare del massimo livello, in una squadra strutturata e con compiti precisi che mi verranno assegnati. Sarà un altro passo di crescita.

Il 2023 non è stato sempre semplice: qui la caduta e il ritiro alla Vuelta Andalucia, dopo il 2° posto iniziale
Il 2023 non è stato sempre semplice: qui la caduta e il ritiro alla Vuelta Andalucia, dopo il 2° posto iniziale
Hai mai avuto nostalgia della mountain bike?

E’ il mio primo amore, ogni tanto anche vedendo le gare un po’ di malinconia mi viene, ma fa parte del passato. Qualche volta mi alleno ancora fuoristrada, ma non è un’attività che si sposa benissimo con la strada. E’ più un divertimento, qualcosa per uscire dai rigidi schemi di preparazione.

Eppure vieni da un ambiente, quello elvetico, dove la doppia attività è quasi un must, soprattutto sentendo le idee di Telser che è il nume tutelare del ciclismo femminile rossocrociato…

E’ vero, le ragazze da noi vengono indirizzate verso ogni disciplina, quasi spremute per far emergere le loro attitudini. Quando sei giovanissima è bello applicarsi su tutto per conoscersi meglio. Poi però bisogna fare una scelta e io mi sento una stradista al 100 per cento.

La vittoria in Olanda, alla EPZ Omloop van Borsele ha dato un’impronta alla sua stagione (foto organizzatori)
La vittoria in Olanda, alla EPZ Omloop van Borsele ha dato un’impronta alla sua stagione (foto organizzatori)
Qual è stato il momento più bello della tua passata stagione?

Non uno solo. In maglia Uae la prima vittoria, alla EPZ Omloop van Borsele. Ero partita per fare i traguardi volanti e lavorare per le compagne, poi mi sono ritrovata in fuga cercando di tenere e alla fine ce l’ho fatta. E’ stata una vittoria totalmente inaspettata, per il team e per me, mi ha dato nuovo vigore. Poi il successo al Tour de l’Avenir, quando vinci con la maglia della tua nazionale tutto ha un sapore diverso. Inoltre non conoscevo le mie compagne di squadra e in poco tempo si era formato un bel gruppo, è stata una grande esperienza.

Come ti trovi nel nuovo team?

Abbiamo effettuato il nostro primo ritiro a dicembre, importante per mettere chilometri, ma soprattutto per conoscerci. Mi piace molto il progetto alla base della squadra, completamente incentrato sulle ragazze e dove potrò crescere senza pressioni, potendo fare gare importanti. Per me è stato studiato un buon programma, con tante gare importanti.

Per Zanetti primo approccio con le compagne in Spagna, trovando subito una bella sintonia (foto Instagram)
Per Zanetti primo approccio con le compagne in Spagna, trovando subito una bella sintonia (foto Instagram)
Sai già quali?

Inizierò a fine mese con la Clasica de Almeria, poi il Uae Tour. In primavera farò poche classiche del Nord, probabilmente un paio, e gareggerò soprattutto in Spagna, in un contesto più adatto al mio attuale livello.

Questo è l’anno olimpico. E’ vero che sei molto giovane, ma nel fondo del cuore una speranza di convocazione ce l’hai?

Più che una speranza, è un sogno. So che non ho abbastanza esperienza anche se la Svizzera ha diritto a 4 posti. Sono in tante a competere per una chiamata, io so che avrò altre possibilità in futuro. Ma d’altronde penso anche che sono i risultati e il comportamento in corsa a determinare le scelte, quindi devo pensare solo a fare la mia parte.

Bertogliati fuori dal UAE Team Adq, ma ha qualcosa da dire

05.01.2024
7 min
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Rubens Bertogliati è in vacanza sulla neve di San Bernardino. Lo svizzero, che sino a fine stagione è stato il team manager del UAE Team Adq, ha preferito non affrontare il tema del rinnovo del contratto in scadenza. Che qualcosa non andasse si era capito osservando il gigantismo del team in trasferta, capire il perché dell’uscita è un alto affare. E la cosa migliore in questo caso è fare domande.

Per chi non lo conoscesse, Bertogliati è nato a Lugano 44 anni fa. E’ stato professionista dal 2000 al 2012, correndo anche con Lampre e Androni. Fra i trofei più cari, spicca la vittoria di tappa al Tour del 2002 che gli valse anche la maglia gialla per due giorni. Dopo aver smesso di correre, è stato direttore sportivo e allenatore alla IAM Cycling, poi alla Cervélo Bigla femminile, infine è passato alla UAE Emirates. Prima nel 2019 come allenatore degli uomini, poi dal 2022 come manager della neonata squadra femminile (in apertura, lo vediamo in una foto Instagram con Erica Magnaldi a fine Giro 2023).

Nel 2023, secondo anno della gestione Bertogliati, il UAE Team Adq ha chiuso al 4° posto mondiale, nel 2022 era 7°
Nel 2023, secondo anno della gestione Bertogliati, il UAE Team Adq ha chiuso al 4° posto mondiale, nel 2022 era 7°
Come mai hai preferito uscire?

Il contratto scadeva e ho preferito non rinnovarlo. Ho anticipato una decisione che secondo me sarebbe arrivata dall’alto. I motivi sono tanti, forse anche troppi da raccontare in pubblico. Si può dire che non avevo la stessa visione della proprietà del team. Il loro riferimento è sempre stata la squadra maschile, che in 4-5 anni è arrivata a vincere il Tour e ad essere la numero uno al mondo. Penso che con le donne si vogliano bruciare le tappe.

Perché lo pensi?

Per crescere in modo sano e duraturo, il ciclismo femminile ha bisogno di una costruzione più graduale. Okay, arrivi a essere primo, poi cosa fai? Deve rimanerci e per farlo devi avere una struttura che te lo consenta. E struttura non significa andare al Tour con 16 persone di staff, quelle sono esagerazioni. Sappiamo tutti che si tratta di sport, tra fare primo e secondo è spesso una questione di attimi che sono indipendenti dall’investimento finanziario. Io mi sono scontrato molto su questa visione, eravamo su posizioni differenti.

Ci sono state discussioni?

Se prendi Bertogliati, prendi il pacchetto completo. Quindi quello che va sul mercato e prende le ragazze, ma anche la persona che poi ti metti di fronte alle problematiche. Sarebbe bello che non ci fossero problemi, ma non è la realtà delle cose. Noi lavoriamo con tante variabili da gestire giorno per giorno. Magari ho due atlete che vanno bene e devo forzatamente decidere chi tira per l’altra: qualcuno si deve prendere la responsabilità e io me la prendevo. Però giustamente, devo avere la fiducia dall’alto e a un certo momento ho capito che non c’era più.

Arzeni è stato portato nel team da Bertogliati. Oggi è uno dei cinque diesse in ammiraglia
Arzeni è stato portato nel team da Bertogliati. Oggi è uno dei cinque diesse in ammiraglia
Perché dici che il ciclismo femminile sta crescendo troppo velocemente?

Faccio due numeri. Il Team Alé-Cipollini nel 2021 ha partecipato a 88 gare. E’ vero che si veniva dal Covid, alcune gare non erano ripartite e c’erano state sovrapposizioni e cambiamenti di date. Nel 2022, il UAE Team Adq ha fatto 110 giorni di gara. Nel 2023, abbiamo chiuso a 130 con 16 ragazze. Abbiamo corso tantissimo e anche il development team ha fatto un centinaio di giorni. Questo fa capire che il ciclismo femminile sta crescendo in maniera molto rapida, soprattutto come impegno atletico delle ragazze, ma non tutte sono pronte. E poi i percorsi…

Distanze più lunghe e dislivelli superiori.

Fino a 4-5 anni fa, certe strade non erano prese in considerazione, ad esempio l’arrivo sul Tourmalet. Adesso le ragazze fanno percorsi da uomo e questo richiede un repentino cambiamento della preparazione e della professionalità. Fino a 5 anni fa, molte andavano a scuola o avevano un lavoro accessorio, perché solo col ciclismo non potevano andare avanti. Oggi invece sono giustamente trattate come professioniste, che però non è solo uscire in bici e andare a correre. C’è anche come gestisci la corsa, la preparazione e lo stress, il recupero, la nutrizione. Siamo passati in due anni dal dilettantismo a questo nuovo mondo. La decisione di fare il team di sviluppo è stata una delle poche che ho condiviso, perché è la chiave per il futuro e Valentino Villa ha fatto un ottimo lavoro con Linda Zanetti, con Carbonari, Biriukova e Lara Gillespie. Eppure ad esempio ho notato che la proprietà del team storce il naso se le ragazze giovani devono prima finire la scuola.

Gianetti ha un ruolo in tutto questo?

No, non c’entra niente e forse sta volutamente alla larga. Avrei avuto piacere se fosse stato Mauro il mio referente, perché con lui si parla bene delle questioni e degli errori, si trova insieme la soluzione e il modo per non caderci nuovamente. Parliamo di atleti e anche di decisioni operative, come l’acquisto di un bus o prenderlo in affitto. L’acquisto del materiale fuori gara oppure la ricerca di uno sponsor che non è facilissima. Ho trovato nel team una visione diversa, che per me è totalmente sbagliata.

Silvia Persico stremata sul Tourmalet al Tour 2023: le ragazze sono tutte pronte per simili inasprimenti dei percorsi?
Silvia Persico stremata sul Tourmalet al Tour 2023: le ragazze sono tutte pronte per simili inasprimenti dei percorsi?
Parliamo di atleti: cosa intendi?

Linda Zanetti, svizzera di 21 anni. Ne avevo parlato con “Edi” Telser della nostra nazionale, che è un’eminenza del ciclismo femminile. Io la conoscevo, lui la raccomandava, abbiamo messo in due la mano sul fuoco. Aveva fatto dei buoni europei e dei buoni mondiali, così l’ho presa per il team WorldTour, dato che c’era un posto libero e all’inizio non avevamo ancora il devo team. La squadra era appena nata e la stavamo traghettando dalla realtà italana della Alé a quella più internazionale e Linda si sposava bene con il progetto. Veniva dalla mountain bike, le sue esperienze su strada le aveva fatte con la nazionale. Per cui l’abbiamo fatta passare e, a causa dell’indisponibilità di cinque ragazze, si è ritrovata a correre tantissimo anche in gare WorldTour, con le prevedibili difficoltà. Per cui nel 2023 abbiamo deciso di passarla nel team di sviluppo, che nel frattempo era nato. 

E come è andata?

Si è ritrovata in un ambiente più giovane in cui ha avuto più carte da giocare e ha fatto una grandissima stagione, con sei vittorie di peso. Al Tour de l’Avenir ha vinto una tappa e fatto meglio di ragazze come Eleonora Gasparrini e anche altre che uscivano dal Tour de France. A quel punto l’idea giusta era di riportarla nel team WorldTour, ma la proprietà ha bloccato l’operazione: volevano tenerla ancora nella development. Liberissimi di decidere, ma senza il mio nome. E alla fine è venuto fuori che Linda ha firmato con la Human Powered Health

Non le sarebbe servito crescere ancora?

Lo avrei capito se avessimo preso atlete di caratura gigante. Non so, si apre il mercato e prendo la Vollering. In quel caso dico a Linda Zanetti che è forte, la faccio firmare nel WorldTour, ma la tengo un anno ancora nella development. Ma non è stato questo il caso, sono state prese ragazze forti, ma del suo livello.

Linda Zanetti dal 2024 correrà alla Human Powered Health. Nel 2023 ha vinto 6 corse in maglia UAE Development
Linda Zanetti dal 2024 correrà alla Human Powered Health. Nel 2023 ha vinto 6 corse
Puoi fare un bilancio della tua esperienza?

Ho lavorato e fatto delle scelte. Sicuramente qualche errore c’è stato e me ne prendo la responsabilità, succede quando si prendono decisioni in tempi molto brevi. Sono contento dell’esperienza, perché mi ha fatto crescere come persona. E’ stata impegnativa, non solo dal punto di vista sportivo, ma anche amministrativo, perché la firma era mia e avevo la responsabilità della gestione finanziaria della squadra. Comunque nel 2022 abbiamo chiuso al settimo posto mondiale, nel 2023 siamo stati quarti e secondo me, se avessi potuto fare come dicevo io, avremmo fatto anche meglio.

E adesso cosa farà Rubens Bertogliati?

Sei anni fa, mi sono laureato in Economia Aziendale e nel frattempo ho cominciato il master in Business Administration all’Università di Lugano, che concluderò a fine gennaio, devo solo consegnare la tesi. L’ho fatta sul confronto fra i modelli di business di calcio e ciclismo. Sono due mondi diversi e la ricchezza del calcio e la possibilità di dividere i diritti viene dall’unione di tutti gli attori in gioco. Nel ciclismo ogni componente tratta per sé, per quello non ci si arriva. Cosa farò? Mi guarderò intorno. Ho dei colloqui da fare, non escludo per un po’ un lavoro fuori dal ciclismo. Ma se dovessi rientrare, penso che lo farei nel femminile. Nonostante tutto, è un mondo ancora a misura umana e credo di aver accumulato l’esperienza per dare la mia impronta.

Albasini, spalla di lusso per Arzeni al UAE Team ADQ

29.03.2023
4 min
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L’ultima volta che avevamo parlato con Marcello Albasini, ci aveva raccontato della EF Education-Nippo Development, di cui era il direttore sportivo e da cui Enrico Gasparotto aveva preso il volo direzione Bora-Hansgrohe. Più di un anno dopo, ce lo siamo ritrovati a Le Samyn sull’ammiraglia di Davide Arzeni, mentre parlavamo con il tecnico del UAE Team ADQ della vittoria di Marta Bastianelli. Abbiamo scoperto a questo modo che lo svizzero fosse approdato nella squadra gestita da Rubens Bertogliati. E a quel punto sono bastati dieci secondi per immaginare il collegamento fra i due.

«La prima volta che ho fatto un mondiale con Rubens – racconta Albasini – era in Spagna, a San Sebastian 1997. Lui aveva 17 anni, io ero tecnico della nazionale svizzera, si arrivò tutti in gruppo e vinse il vostro D’Amore. Per quei due anni abbiamo fatto qualche corsa in nazionale negli juniores. Poi quando era già grande e aveva chiuso la carriera, l’ho cercato perché venisse a fare il direttore sportivo alla IAM Cycling. Adesso invece mi ha chiamato lui perché venissi qui. Il ciclismo è un mondo piccolo, ma intanto mi trovo bene e andiamo avanti».

Albasini è stato tirato a bordo da Rubens Bertogliati, team manager del tema femminile
Albasini è stato tirato a bordo da Rubens Bertogliati, team manager del tema femminile
Abbiamo perso un passaggio: come è finita con la continental?

Per me era abbastanza difficile, avevamo idee un po’ diverse. E così alla fine, dato che sono anche andato in pensione, ho scelto di andare via.

Quanti anni hai?

Ne ho 66, pensavo di aver finito. Invece mi ha chiamato Rubens. Mi ha chiesto come fossi messo e io gli ho detto di toglierselo dalla testa, che volevo andare in pensione. Lui ha insistito. Gli ho proposto di fare il 50 per cento delle giornate, invece sono diventate il 100 per cento. Come sempre quando dico di no, finisce che accetto.

Cosa ti pare di questo ciclismo femminile?

Con le donne è tutto nuovo, però è anche interessante. Sono rimasto sorpreso vedendo a quale livello si sia portato il movimento, specialmente come organizzazione. Sapevo che le atlete hanno fatto un bel passo avanti, perché ho allenato per due anni Marlene Reusser e so quando sia salito il livello atletico. Invece l’organizzazione mi ha sorpreso. Non so se tutte le squadre siano allo stesso livello nostro, ma siamo quasi al livello di una WorldTour maschile.

Sull’ammiraglia alla Gand-Wevelgem, Albasini è accanto ad Arzeni, che parla con Gasparrini
Sull’ammiraglia alla Gand-Wevelgem, Albasini è accanto ad Arzeni, che parla con Gasparrini
Quanto è diverso invece il livello tecnico delle corse al tuo punto di vista?

Sto ancora guardando, non conosco ancora tutte le ragazze, lo sto facendo pian piano. E’ un po’ diverso dal quello maschile, perché se partono le più forti, è difficile trovare un gruppo dietro per chiudere i buchi. Ci sono 10-15 ragazze fortissime e alle loro spalle c’è una sorta di altro livello. Ma credo che si andrà nella stessa direzione dei maschi, per cui le differenze andranno progressivamente a ridursi.

Voi siete già organizzati bene, da quest’anno anche con il team di sviluppo…

Penso che qui si facciano le cose proprio come si deve, anche pensando al futuro, per vedere chi si può prendere per i prossimi anni.

Bastianelli ha detto che al Nord è molto più importante che altrove avere in ammiraglia tecnici esperti.

In Belgio l’esperienza ti aiuta tanto. Conosci i percorsi, conosci i tratti importanti, i punti importanti. Anche Marta però è un’atleta di spessore, veramente una campionessa e i campioni hanno tutti lo stesso carattere, che siano uomini oppure donne

Con quale entusiasmo si riparte a 66 anni?

Come posso dire… E’ sempre interessante vedere cose nuove. Impari, chiedi, capisci come funziona questo nuovo mondo. In parte è diverso da quello in cui ho lavorato finora, però se ci sono cose nuove e la motivazione di vedere come funzionano, allora non ci sono differenze.

Avere tecnici esperti è utile soprattutto al Nord. Qui Marta Bastianelli tira il gruppo
Avere tecnici esperti è utile soprattutto al Nord. Qui Marta Bastianelli tira il gruppo

Un progetto molto ampio

A margine delle parole di Albasini, è interessante notare che rispetto allo scorso anno, Rubens Bertogliati ha smesso di preparare i corridori di sua competenza nel team maschile e si è dedicato al 100 per cento alle donne. Il UAE Team ADQ è infatti parte integrante di un progetto sociale ben più ampio negli Emirati Arabi Uniti.

«Il progetto globale che abbiamo iniziato nel 2014 – spiega il team principal Mauro Gianetti, in apertura con Albasini – è sfociato nella WorldTour maschile a partire dal 2017. Ora si sta sviluppando, si sta ingrandendo e l’ambizione è quella di far crescere tutto il movimento, anche quello femminile. Si è fatta una programmazione a lungo termine, soprattutto per il progetto negli Emirati Arabi. Ormai siamo quasi a 2.000 chilometri di piste ciclabili, quando solo 10 anni fa non c’era nulla. Centinaia di migliaia di persone, che prima non lo conoscevano, hanno iniziato a fare ciclismo. Hanno aperto centinaia di negozi. La bici non serve solo per trovare futuri campioni, ma soprattutto per la salute e il benessere di una nuova generazione. Il team femminile rientra in questo stesso filone. Avere delle squadre ad ogni livello che rappresentano questo ideale per noi è molto importante».

La UAE riparte da Marta e dalla… Valcar: Bertogliati spiega

31.08.2022
5 min
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Questo articolo nacque a suo modo alla partenza della Parigi-Roubaix Femmes di quest’anno. Rubens Bertogliati aveva appena finito di parlare con Marta Bastianelli che si scaldava sui rulli, poi si era messo a osservare il camper della Valcar-Travel&Service, da cui le ragazze andavano e venivano. Era una sorta di punto di riferimento per tutte. Per Elisa Balsamo e Marta Cavalli, che si erano fermata a parlare con Davide Arzeni. Per Martina Alzini, che aveva chiesto a Chiara Consonni di legarle i capelli. E per tutte le ex, che per vari motivi tornano ogni volta a salutare, informarsi di come vada e chiedere consiglio.

«Sanno lavorare molto bene con le giovani – disse il team manager del UAE Adq Team – sono sicuramente un bell’esempio da seguire. Noi ci siamo presi quest’anno come osservazione, ma dal prossimo inizieremo a dare la nostra impronta».

Bertogliati erà nello staff del team emiratino come allenatore (foto UAE Team Emirates)
Bertogliati erà nello staff del team emiratino come allenatore (foto UAE Team Emirates)

Poi la corsa scrisse la sua storia con la vittoria di Elisa Longo Borghini e delle parole di Bertogliati ci siamo ricordati un paio di mesi dopo, quando si è sparsa la voce che alcune ragazze della Valcar sarebbero passate con loro: si parla di Consonni, Persico e Gasparrini. E soprattutto che anche Davide Arzeni avesse deciso di cambiare. Proprio lui, che assieme al presidente Villa è stato l’artefice della favola Valcar. Perciò da Rubens siamo ripartiti.

E’ iniziata la fase due?

Esatto. Annunceremo più avanti i nomi delle ragazze, ma è vero che diverse arrivano dalla Valcar, due molto importanti. Abbiamo costruito la squadra 2023 in modo diverso. Ho bisogno di 12 ragazze solide, che sappiano fare i loro risultati e aiutino le compagne a conseguirli. Atlete capaci di fare il lavoro vitale di supportare le leader. Il nostro obiettivo è dichiarato. Diventare entro il 2024-2025 una delle squadre faro del movimento. Non dico la numero uno, ma che diventi la squadra in cui vogliono venire le più forti.

Arzeni, qui alla Roubaix 2022, è forse il rinforzo più importante per il team
Arzeni, qui alla Roubaix 2022, è forse il rinforzo più importante per il team
Sulla falsa riga del team maschile?

Più o meno, sapendo bene che anche Mauro (Gianetti, ndr) farebbe fatica a diventare la numero uno con Pogacar. Preferisco riuscire a vincere Giro e Tour: sarò all’antica, ma certe classifiche non mi dicono molto. Per me la numero uno al mondo dovrebbe essere la Movistar, che ha vinto la maglia rosa e la gialla con Annemiek Van Vleuten.

Bene le ragazze, ma fa notizia l’arrivo di Arzeni.

Non è più un segreto. Avevamo bisogno di un rinforzo e lui ha creduto nel progetto dal momento che glielo abbiamo sottoposto, prima che arrivassero le ragazze. Volendo rifondare la squadra, abbiamo preso prima una nutrizionista e poi Arzeni. Con Valentino Villa ho un buon rapporto e so che grande lavoro abbiamo fatto negli anni. Sappiamo di portargli via una bella fetta della squadra. Non sarà facile sostituire uno come Davide, ma mi ha detto di aver già individuato persone valide.

Il team degli Emirati vuole diventare il riferimento entro il 2024-25 (foto UAE Team Adq)
Il team degli Emirati vuole diventare il riferimento entro il 2024-25 (foto UAE Team Adq)
Conoscevi Arzeni?

Solo di vista, lo avevo incontrato a Montreux a un aggiornamento UCI. Il suo nome me l’ha fatto per la prima volta il nostro tecnico, Fortunato Lacquaniti. Gli avevo chiesto chi avrebbe preso e lui rispose che il migliore fosse Davide. Quando ho scoperto che è di Varese, ho fatto una decina di telefonate ad amici e corridori della zona e tutti me ne hanno parlato molto bene. Anche Alessandro Covi, che lo ha avuto come direttore sportivo fra gli juniores. Con queste referenze e i 10 anni di esperienza che porta in dote, penso che il nostro parco direttori sportivi sia a posto.

Andate verso una struttura tecnica importante.

Decisamente, quello che volevo. Ora mancano due profili di donna, su questo sono stato categorico, per cui abbiamo individuato due ragazze che devono ancora firmare. Una coach e un direttore sportivo, che si integreranno col resto dello staff. Sarà donna anche il nuovo medico, lo abbiamo visto al Tour.

Mavi Garcia ha scelto di lasciare il team per passare alla LIV Cycling Xstra di Giorgia Bronzini
Mavi Garcia ha scelto di lasciare il team per passare alla LIV Cycling Xstra di Giorgia Bronzini
Tanti direttori sportivi e le corse si possono seguire con una sola ammiraglia?

Questo è un bel problema. Pare che l’UCI voglia mettere la seconda per Giro, Tour e le corse a tappe più importanti. Finora siamo stati fortunati che non è successo niente. Ma se fosse capitata una fuga importante, avremmo dovuto lasciarla scoperta o abbandonare la squadra dietro. Magari non in tutte le gare, ma questo ormai è uno sport in cui si fanno salite più lunghe di 10 chilometri. Se anche la doppia ammiraglia ce l’hanno solo 5-6 squadre, ci si organizza fra noi per coprirle tutte.

Ragazze in arrivo, cosa succede a quelle che ci sono già?

Marta Bastianelli dovrebbe rimanere e fate ancora un anno (foto UAE Team Adq in apertura). Restano Bertizzolo e Magnaldi. Non continua con noi Maaike Boogaard che va con Lefevere e Mavi Garcia che passa alla LIV Racing Xstra, forse perché è l’unica WorldTour che non abbia una leader per le corse a tappe. La trovo una scelta strana, ma ha detto di volere un ambiente diverso, forse perché ha sofferto la presenza di più leader.

Magnaldi è fra le ragazze del team 2023, qui al Tour of Scandinavia (foto UAE Team Adq)
Magnaldi è fra le ragazze del team 2023, qui al Tour of Scandinavia (foto UAE Team Adq)
Arzeni è stato fortissimo finora con velociste e pistard, come lo vedi a lottare per i Giri?

Ho visto come ha gestito il Tour di Silvia Persico e secondo me è stato molto bravo. Ha le caratteristiche per farlo. Diciamo che la squadra 2023 sarà nuova per tutti, dovremo decidere cose cammin facendo. E in questi giorni ho avuto una chiamata importante con una ragazza di gran nome, già impegnata però con un lavoro importante. Il suo arrivo sarebbe la ciliegina sulla torta.

Bertogliati, l’occhio di Gianetti nel UAE Team Adq

06.02.2022
5 min
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Al momento di rilevare la Ale-BTC-Ljubljana, Mauro Gianetti ha lasciato tutto com’era, ma nel ruolo di team manager, che fino a quel momento era stato di Alessia Piccolo, ha messo Rubens Bertogliati. Lo svizzero, che ha smesso di correre nel 2012, faceva già parte dello staff del UAE Team Emirates come allenatore. Eppure, quando gli è stato proposto il nuovo incarico, ha accettato di slancio con la curiosità che ha sempre accompagnato la sua carriera.

«L’ho saputo a fine settembre – dice – quando Mauro me lo ha chiesto. Avevo ancora da fare il Giro di Sicilia e intanto ci pensavo. Poi quando a fine ottobre c’è stato il meeting di squadra ad Abu Dhabi, abbiamo preso la decisione. Ho detto di sì, perché in ogni caso è un’esperienza in più. Posso portare nel ciclismo femminile il bagaglio dei pro’ e quella che ho maturato nell’ambiente giovanile della Federazione svizzera. E poi non è niente di nuovo. Quando si va fuori con la nazionale, ci sono gli uomini e ci sono anche le donne…».

Bertogliati era nello staff del team emiratino come allenatore (foto UAE Team Emirates)
Bertogliati era nello staff del team emiratino come allenatore (foto UAE Team Emirates)
E come va?

Devo dire tutto bene. Quando si forma una squadra, anche se parte da una base che già c’era, ci sono cose da fare. Le maglie che devono arrivare, le bici, i mezzi… Può cambiare la categoria, ma le cose da fare sono sempre le stesse. Da parte mia, devo abituarmi alla nuova realtà. Sono qui nel ritiro, in questi giorni le abbiamo seguite. E anche se il passo dei professionisti è un altro, a vederle in salita a me è parso che vadano forte.

Il tuo sarà anche un ruolo tecnico?

Non farò l’allenatore, se è questa la domanda, né il diesse. Invece con gli uomini continuerò a lavorare come allenatore, ma farò poche trasferte e solo se la squadra avrà bisogno di una mano.

Posa di gruppo sulla spiaggia di Altea per team (foto Heres-Adq)
Posa di gruppo sulla spiaggia di Altea per team (foto Heres-Adq)
Che cosa ha portato Bertogliati nel team?

Lo schema di lavoro del professionismo. La Alè-BTC-Ljubljana era basata su una casa madre che era anche sponsor, con la presidente che voleva la squadra. Alle spalle della nostra squadra invece c’è un Paese che ci ha dato delle linee guida importanti e degli sponsor molto grandi. Non abbiamo fatto altro che portare la nostra filosofia.

Questo è avvenuto prendendo per buono tutto quello che c’era oppure cambiando qualcosa?

C’è stata prima la fase dell’osservazione e ora quella dell’imposizione del metodo di lavoro, che però in parte già c’era. Il passo successivo è crescere. Se serve un coach per le ragazze, stanziamo il budget e lo prendiamo. E’ comunque un primo anno, anche se il gruppo è ben consolidato.

Marta Bastianelli sarà la leader per le corse veloci (foto Heres-Adq)
Marta Bastianelli sarà la leader per le corse veloci (foto Heres-Adq)
Quanto servirà per andare a regime?

Faremo il fine tuning, come si dice, durante l’anno e dai prossimi si comincerà a crescere. Mi trovo bene. Le persone con cui lavoro sono motivate e lo staff selezionato da Fortunato Lacquaniti è ben assortito. Lavorano e ci supportano bene, sono persone di qualità.

Seguirai le gare?

Cercherò di esserci alle più importanti, ma lascerò ai tecnici la scelta delle atlete, perché le conoscono meglio di me. E’ bene che in questa fase io resti un passo indietro, perché non conosco le avversarie. Per ora mi accontento di conoscere le mie.

Melissa Moncada è la Presidente del team (foto Heres-Adq)
Melissa Moncada è la Presidente del team (foto Heres-Adq)
Che rapporto hai con le atlete?

Le trattiamo come professioniste, anche se in Italia questa figura non è contemplata, per cui tante ragazze sono inserite nei gruppi sportivi militari. Sono professioniste al top e con quei gruppi sportivi si riesce a lavorare, ma occorrerà mettere dei paletti per risolvere la cosa nell’interesse delle ragazze. Spero che dal 2023-2024 l’UCI risolva questa anomalia, il professionismo dovrà essere uguale per tutti. Io ad esempio ho scelto di lasciare Swiss Cycle, tenendo un impegno con la federazione regionale. Non si possono tenere i piedi in tante scarpe.

Gianetti è presente nella gestione oppure fa tutto Bertogliati?

Molto presente, per fortuna. All’inizio mi ha trasmesso il metodo di lavoro ed è venuto anche lui in ritiro per un paio di giorni. Sa che la squadra esiste, ma appena il team degli uomini entrerà nel vivo, anche lui avrà il suo bel da fare.

Dai una mano ai coach della squadra?

Li seguo e li ascolto volentieri per creare buone sinergie.

Lei è Safia Al Sayegh, campionessa degli Emirati (foto Heres-Adq)
Lei è Safia Al Sayegh, campionessa degli Emirati (foto Heres-Adq)
Chi si occupa di cercare nuove ragazze da inserire?

Fortunato ed io, devo dire che la mia presenza alle gare sarà legata proprio a un lavoro di scouting, nonostante i procuratori si stiano inserendo nel movimento. Potrebbe venir fuori una sorpresa. Il ciclismo femminile è legato a meno schemi. Mavi Garcia viene dal triathlon, ad esempio. Ho portato dentro Linda Zanetti, una ragazza svizzera che viene dalla mountain bike e che vuole concentrarsi sulla strada. E poi c’è la campionessa degli Emirati, Safia Al Sayegh, che ha dimostrato di avere dei bei numeri, ma deve crescere. E’ nata nel 2001, è importante per lei e per le ragazze del suo Paese.

C’è rivalità con gli uomini? Vi toccherà vincere il Tour?

Me lo chiedono in tanti (ride, ndr). Dobbiamo puntare a un ottimo risultato e abbiamo ottime atlete. Tadej (Pogacar, ndr) deve essere fonte di ispirazione, ma non di stress. Dobbiamo fare la nostra strada, ma sapendo che si tratta di un altro livello. Di sicuro la concorrenza interna stimola, ma il percorso del Tour non è troppo selettivo. I francesi sono stati cauti per la prima volta, ma credo che la Super Planche des Belles Filles farà selezione. Avremo il nostro percorso di avvicinamento. Di sicuro l’idea di correre il Tour Femmes è anche per noi un bello stimolo…

Formolo

Formolo più forte della caduta (e dell’anestesia)

23.09.2020
4 min
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Davide Formolo è stato uno dei protagonisti della ripresa dopo il lockdown: secondo alla Strade Bianche, primo in una tappa del Delfinato e spesso davanti nelle altre corse cui ha preso parte. Al Tour de France stava svolgendo egregiamente il suo ruolo di gregario di lusso per Tadej Pogacar quando nella quinta tappa è caduto, si è rotto la clavicola ed è stato costretto al ritiro.

Come ha cambiato la sua stagione questo incidente? Come ha vissuto quei giorni dopo la caduta? Ce lo dice direttamente “Roccia”.

Davide, raccontaci come è andata dopo la caduta al Tour…

Sono stato fermo completamente solo quattro giorni. Poi sono subito risalito in sella però non avevo considerato una cosa: l’anestesia, dopo l’operazione. Mi ha davvero “ammazzato”. Pensate che il primo allenamento l’ho fatto sui rulli e quando ho finito sono svenuto. Mi sentivo debole nelle uscite, ma non immaginavo di stare così.

Formolo
Giro del Delfinato 2020, Formolo a braccia alzate sul traguardo di S. Martin-de-Belleville
Formolo a braccia alzate al Delfinato
Una tenacia incredibile…

Eppure l’anno scorso alla Vuelta fu peggio. Mi si staccò il gluteo dall’osso. Pedalare era un disastro. E sulle buche poi, un dolore bestiale. Quando arrivai ero sfinito. Quest’anno al Tour devo dire che è stata una brutta sensazione, non mi ero mai rotto un osso, però alla fine la tappa l’ho conclusa “bene”. Guidavo con una mano sola, la destra. In cuor mio pensavo che la spalla fosse solo uscita. Mi dicevo: stasera il massaggiatore mi farà vedere le stelle, ma me la rimetterà a posto. Invece appena sono arrivato al bus tutti sono stati pessimisti.

Ecco perché ti chiamano Roccia! 

Questo mondiale mi… chiamava, ci avevo messo l’anima per esserci. Poi però le cose non sono andate come immaginavo e a quel punto ho dovuto rinunciare, però volevo mantenere almeno le classiche delle Ardenne, che erano nel mio programma. Ma alla fine ho dovuto dire no anche a quelle.

Quando Davide Cassani ha eliminato i nomi dalla prima lista di 13 uomini, ha dichiarato di aver apprezzato la sincerità di chi si è chiamato fuori, il pensiero è andato a te…

Olimpiadi e mondiali sono gare che ho sempre sognato. Anche l’anno scorso dopo la Vuelta, dove ero caduto e mi sono ritirato, ho fatto di tutto per esserci. Sono andato a fare le classiche italiane, Toscana, Sabatini, Matteotti…. All’inizio non andavo, ho sofferto, poi però stavo bene e sinceramente fui amareggiato quando Davide non mi convocò.

E glielo hai detto?

Sì, con Cassani ho un bel rapporto. Sono una ragazzo sincero. Lui lo ha apprezzato e infatti quest’anno mi ha dato fiducia fino alla fine. Poi sono stato io dopo le prime uscite a dirgli che non ero in grado di correre. I dottori mi dicevano che avrei perso 4-5 settimane, io dicevo che al massimo ne avrei persa una, invece…

Oggi quasi nessuno si allena con le corse, ma tutti puntano. E’ il metodo Contador…

Come hai fatto invece ad essere subito al top dopo il lockdown?

Con il mio preparatore, Rubens Bertogliati, avevamo deciso di partire forte. Poi avrei “staccato” quasi subito, cioè avrei fatto due settimane tranquille dopo il Delfinato. Sarei andato al Tour per essere d’aiuto a Pogacar, soprattutto nella terza settimana. L’idea era di crescere durante la Grande Boucle ed essere in forma per il finale, così da aiutare Tadej e uscire bene per il mondiale e le classiche delle Ardenne.

E come hai lavorato per essere vincente al rientro?

Ho sempre fatto le mie best performance dopo l’altura e i grandi blocchi di lavoro. A me piace allenarmi. Quando va così riesco a tirare la corda il giusto, a calibrare bene le fasi intense e quelle di recupero, quando sei in corsa invece non sei tu che decidi l’andatura. E’ un po’ il ciclismo moderno. E’ il metodo Contador.

Cosa intendi?

Che oggi raramente qualcuno va alle corse per allenarsi. Squadre, atleti, sponsor nessuno lo vuole. Contador magari correva meno, ma mirava ad ogni appuntamento. Quest’inverno al Teide c’erano Roglic e la sua squadra, ebbene da lì andavano direttamente alla Parigi-Nizza senza intermezzi. A me per esempio hanno più volte proposto di fare la Challenge di Majorca (ad inizio febbraio, ndr) ma se vado lì devo fare dei lavori specifici ed intensi già a gennaio, lavori che poi servono a poco per il resto della stagione. Mi sono trovato bene invece iniziando al UAE Tour.

La caduta al Tour non ha quindi cambiato il tuo programma: niente Giro ma classiche delle Ardenne…

Sì, ci tenevo troppo. Mi piacevano troppo. Ma poi ero indietro e sono saltate anche quelle. Ho lasciato però un occhio alla Vuelta. In Spagna vorrei fare bene.

Un calendario serratissimo…

Esatto. Se tutto fosse andato secondo programma da dopo il lockdown avrei fatto due allenamenti, ma due di numero! Uno dopo il Delfinato e uno dopo il mondiale: poi o viaggi o corse.

Formolo
Tadej Pogacar e Davide Formolo scherzano con Vasile Morari, meccanico della UAE
Formolo
Formolo scherza con Vasile Morari, meccanico UAE
Prima hai parlato di aiutare Pogacar, ma quindi questa vittoria non è stata del tutto una sorpresa come si dice, la UAE era partita con l’idea di far classifica con lo sloveno?

Beh, dopo quella sua Vuelta dello scorso anno… Lì Pogacar aveva vinto le tre tappe più dure e aveva fatto terzo nella generale. Mi è dispiaciuto non poterlo aiutare, anche perché Tadej abita due piani sotto di me e usciamo sempre insieme. Nel ritiro di Livigno questa estate siamo andati insieme ripartendo quasi da zero, stando sempre fianco a fianco in bici e fuori.

Per te quindi non è stata una sorpresa?

No. Ricordiamoci che alla Vuelta 2019 nella cronosquadre iniziale erano caduti tutti, perdendo oltre un minuto. Pogacar è un ragazzo davvero unico. Lo svegli a mezzanotte e gli dici di fare un test all’improvviso si alza e ti fa 20′ a 7 watt per chilo!

Bertogliati, due parole su Fabio Aru

21.09.2020
3 min
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A partire dal 2020, Fabio Aru ha iniziato a lavorare con Rubens Bertogliati, ex corridore svizzero e ora allenatore del Team Uae-Emirates. Perciò dopo aver fatto passare il tempo necessario, bici.PRO lo ha contattato per capire se si sia dato una spiegazione del drammatico ritiro del sardo dal Tour de France, il 6 settembre, sulle strade pirenaiche di Laruns.

Rubens, pensavi che per Aru potesse arrivare un blackout di quel tipo?

Davvero no, anche se come allenatore non vivo con i ragazzi. Ne seguo cinque, ma con le direttive Covid è stato impossibile essere presente al loro fianco durante la preparazione. Non è invece nel nostro ruolo di allenatori seguirli alle corse o selezionarne gli obiettivi.

Rubens Bertogliati, Iam, 2016
Bertogliati, svizzero classe 1979, coach dal 2013 al 2016 alla IAM Cycling
Rubens Bertogliati, Iam, 2016
Rubens Bertogliati, svizzero classe 1979, coach dal 2013 al 2016 alla IAM Cycling
Non avevate alcun elemento sicuro di valutazione?

Abbiamo fatto diverse riunioni prima del Tour per valutare la squadra e decidere se, dopo la pausa per il Covid, fosse il caso di rivedere i piani dei singoli, compreso Aru.

E Fabio come stava?

Lui stava bene, aveva valori migliori dello scorso anno quando al Tour fece 14°. I suoi dati sono personali, ma aveva un rapporto potenza/peso migliore dello scorso anno. Non si poteva pensare a un ritiro così.

Quale sarebbe stato il suo ruolo?

Pensavo che piano piano sarebbe migliorato. Forse non sarebbe arrivato tra i primi cinque, ma dopo i due anni che ha passato, per Fabio Aru entrare nei dieci ed essere un uomo chiave per Pogacar sarebbe stato un bell’obiettivo.

Come si spiega il crollo?

Dal mio punto di vista, posso dire che è stato un anno particolare. Un anno di soli allenamenti e di poche gare prima dei veri obiettivi. Di solito al Tour si arriva dopo cinque mesi, qui dopo neanche cinque settimane e questo può aver giocato un ruolo, soprattutto per i corridori più esperti.

Quali problemi possono aver incontrato i corridori più esperti?

Dopo un po’ sono abituati a seguire una strada forse ripetitiva, di cui si fidano. Il motore è abituato a picchi che quest’anno non sono arrivati prima del Tour.

Dici che i problemi fisici di cui si è parlato sono stati effettivamente risolti?

Se Fabio ha avuto problemi alla gamba operata, dovrà fare dei test e valutare come funziona, ma non gli ho mai sentito dire nulla in questo senso. Andava tutto bene, per questo le parole di Saronni sono suonate strane.

Saronni ha sostenuto che sia stato mandato in Francia non essendo nella forma giusta.

Ripeto: Fabio era pronto per andare al Tour. Uno con i suoi numeri poteva e doveva stare davanti. Lo dimostrano i piazzamenti venuti prima, sul Ventoux, a Burgos e al Tour de l’Ain. L’unico passaggio negativo in effetti c’era stato al Lombardia.

Escludi che non si sia allenato, quindi?

E’ uno che lavora, per questo ho difeso la sua posizione in squadra. Fa il suo lavoro e da metà maggio si è impegnato al 100 per cento. E’ dimagrito bene, quello che ci si aspetta da un pro’ come lui.

Può esserci stato allora un blocco psicologico?

Sta a lui ripercorrere il Tour e capire dove ci sono stati momenti buoni e dove momenti cattivi. Se il problema è psicologico, lui lo sa. Il giorno prima è morto suo nonno, che stava già male. Queste cose provocano reazioni come a Bettini, che dopo la morte del fratello vinse il Lombardia, oppure ti buttano giù.

Di sicuro ha subito un colpo duro, come essere tornato ai problemi dello scorso anno…

L’ho incontrato a inizio anno e mi è sembrato una persona solare e disponibile per condividere le sue emozioni, una cosa che non riesce con tutti. Ma ora se vuole risalire, deve mettere in fila il bello e il brutto. Il corridore c’è. Il fisico c’è. Il ciclismo è duro, non è come nel 100 metri piani, in cui forse non devi neanche tenere duro. Qua devi saper stringere i denti.

Lo avresti mandato al Giro d’Italia?

Forse il Giro sarebbe stato prematuro, per uno che soffre anche la pressione mediatica. La squadra ha rispettato i suoi programmi e per uscirne avrebbe bisogno di un risultato in qualsiasi gara, per ritrovare morale. Fabio c’è, trovo assurdo che gli abbiano consigliato di smettere, ma di certo deve ritrovarsi. Se non capisce cosa non abbia funzionato, è sempre a rischio che accada di nuovo.