Il GP Liberazione di Masciarelli, vittoria e profumo di rinascita

26.04.2025
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Quelle mani sugli occhi dopo l’arrivo e la dedica verso il cielo danno la misura esatta del bisogno che Lorenzo Masciarelli avesse di vincere. Ce lo aveva raccontato pochi giorni fa e per questo la vittoria di Roma, in questo giorno a suo modo così strano, resterà scolpita nella sua storia personale di atleta e di uomo (in apertura, foto di Simone Lombi).

Il Gran Premio Liberazione si è svolto in un frullatore di emozione. Per la squadra bergamasca, quelle successive alla morte di Pietro Valoti, papà del diesse Gianluca, cui anche Masciarelli ha rivolto un pensiero avvicinandosi al traguardo. Per Roma e per il mondo cattolico, quelle dei giorni successivi alla morte di Papa Francesco. Un 25 aprile che l’abruzzese del team MBH Bank-Ballan ha vissuto come una vera rinascita e come tale ci piace raccontarla. Cinquant’anni dopo la vittoria di suo nonno Palmiro, memoria di un ciclismo diverso, di quando i dilettanti erano tali e al via di questa corsa ne trovavi anche 250 da tutto il mondo, lanciati verso le Olimpiadi.

Sono stati 160 i corridori al via del Gran Premio Liberazione organizzato da Claudio Terenzi (foto Simone Lombi)
Sono stati 160 i corridori al via del Gran Premio Liberazione organizzato da Claudio Terenzi (foto Simone Lombi)
Uno scalatore che vince il Liberazione, stavi davvero tanto bene?

Sapevo di andare forte e che potevo fare bene, però non mi aspettavo di vincere. Con la squadra sapevamo che avrei dovuto anticipare, ne avevamo parlato, anche perché comunque in volata sarebbe stato più rischioso. Ho visto l’occasione dopo due giri e mi sono infilato nella prima fuga di giornata. Ho pensato che a qualcuno era andata bene facendo così e mi sono buttato dentro. E poi nel finale mi sentivo bene, grazie anche al mio compagno che mi ha dato una grande mano (l’ungherese Takács, primo anno che nel 2024 ha vinto il Giro del Friuli juniores, ndr).

Forse il fatto di essere uscito dai panni dell’uomo da giri a tutti i costi ha aperto altre porte?

Sono contento perché ho ritrovato un po’ più di esplosività, anche se devo ancora capire bene che corridore sono, perché al Recioto sono andato forte anche in salita e avevo buone sensazioni. Ora so di avere anche questa sparata, quindi è complicato trovare una definizione unica. Non so sinceramente come descrivermi, so che ho vinto e questo è davvero una grande notizia.

Takàcs è stato di grande aiuto in fuga per Masciarelli, facendo tirate decisive (foto Simone Lombi)
Takàcs è stato di grande aiuto in fuga per Masciarelli, facendo tirate decisive (foto Simone Lombi)
Sei stato in fuga per tutto il giorno: hai sempre creduto che sareste arrivati oppure avete avuto paura per il gruppo che si avvicinava?

Da quando sono entrato in fuga, ho visto i corridori che c’erano e ho pensato sin da subito che si poteva fare bene, perché era gente forte e facevamo una bella andatura. Nonostante dietro il gruppo menasse forte, non ci prendeva tanto. Ho avuto paura in qualche momento che tornassero sotto, dopo 2-3 giri che eravamo partiti. Però poi abbiamo iniziato a prendere sempre più margine e soprattutto tra noi c’è stato molto dialogo.

Dialogo?

Quando abbiamo visto che il gruppo ci è arrivato a 1’30”, abbiamo alzato nuovamente l’andatura e siamo riusciti a tornare sui due minuti, c’era un bell’accordo tra di noi. Ci parlavamo molto e quindi lì ho iniziato a essere sempre più convinto. Si poteva arrivare. Anche quando si è messa davanti la Uae e ci hanno preso subito 30 secondi, li abbiamo respinti aumentando il ritmo.

Nell’ultimo giro a testa bassa e senza voltarsi: così Masciarelli ha respinto gli inseguitori (foto Simone Lombi)
Nell’ultimo giro a testa bassa e senza voltarsi: così Masciarelli ha respinto gli inseguitori (foto Simone Lombi)
Fino al tuo assolo finale…

Ho fatto la prima azione a tre giri dalla fine e siamo tornati a 2 minuti di vantaggio e mi sono reso conto che dietro non fossero fortissimi. Takàcs mi ha aiutato tantissimo, ha fatto delle tirate veramente forti e intanto i ragazzi che erano con noi erano sempre più sofferenti. A quel punto, ho capito che si poteva fare.

Sei andato via da solo e non ti sei mai voltato.

Esatto, ma fino ai 400 metri non ci credevo ancora. Nell’ultimo giro, non mi sono mai guardato alle spalle. Avevo qualche riferimento soltanto quando vedevo il gruppo nel controviale. All’inversione dopo l’ultimo passaggio sull’arrivo, li avevo visti vicini. Saranno stati 6-7 secondi e quindi da lì in poi non mi sono più girato. Sono andato a tutta fino al traguardo e quando negli ultimi 400 metri ho visto che nella discesa alle mie spalle non c’era nessuno, mi sono reso conto di aver vinto.

Le dita al cielo salutando Pietro Valoti, scomparso la settimana precedente (foto Simone Lombi)
Le dita al cielo salutando Pietro Valoti, scomparso la settimana precedente (foto Simone Lombi)
Una vittoria che dà fiducia?

Sapevo di stare bene e già questo mi dava convinzione. Quello che mi porto via da Roma è la lezione che a volte osando di più si può tirare fuori un bel risultato. Su strada non vincevo dal secondo anno da allievo, davvero tanto tempo. Ci sono riuscito, quindi ho più serenità a livello personale, magari d’ora in poi potrò divertirmi di più.

Che cosa prevede ora il programma?

Ci sono ancora tante gare, poi c’è il Giro Next Gen, ma intanto andiamo alla Torino-Biella. E’ un bel momento. Nespoli ha vinto il Recioto ed è dal primo ritiro che abbiamo avuto la sensazione di una squadra in ottima salute. Ci dispiaceva di non aver ancora raccolto i frutti degli allenamenti e degli sforzi che avevamo fatto nei giorni sull’Etna con cui abbiamo preparato le classiche di aprile. Questa settimana è stata la vera svolta.

E’ stata anche la conferma che lavorando bene, i devo team non sono poi così lontani?

Secondo me è così. Magari hanno qualche piccola accortezza, qualche aggiornamento in più avendo alle spalle dei team WorldTour. Però alla fine sono ragazzi come noi, abbiamo la stessa età. Quindi per quanto possano essere più aggiornati di noi, tolti 2-3 corridori che vanno fortissimo come lo stesso Finn, non abbiamo nulla da invidiargli. A patto che si lavori nel modo giusto: questa è la premessa più giusta.

EDITORIALE / Il ciclismo ha bisogno di ponti, non di muri

03.03.2025
4 min
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C’è qualcosa che vorremmo dire sulla Coppa Italia delle Regioni, presentata la settimana scorsa a Roma, nella solennità di Montecitorio. Come spesso avviene nel ciclismo, già la sera qualcuno ha iniziato a inviare messaggi di scetticismo, come a dire che non fosse vero niente. A noi invece la cosa sembra importante, a patto che tutti accettino di giocare secondo le stesse regole.

Il ciclismo nel salotto buono della politica avrà anche una parte di facciata, ma alla base ci sono sostanza e impegni concreti
Il ciclismo nel salotto buono della politica avrà anche una parte di facciata, ma alla base ci sono sostanza e impegni concreti

Il ciclismo a Montecitorio

Primo aspetto: la solennità della manifestazione. Nulla si fa senza immaginare un tornaconto. Perciò, se alcuni ministeri hanno elargito finanze per mettere in piedi questa collaborazione, rendergli grazie è un passaggio istituzionale e di buon senso. La presenza di tre ministri serviva a questo: a fargli spiegare la loro scelta e ricevere in cambio la visibilità che ne hanno potuto trarre.

In ogni caso, il fatto che il ciclismo sia stato ospitato nella sede istituzionale più prestigiosa, è un segnale che dobbiamo valorizzare, senza lasciar prevalere il cinismo di sempre. Prendiamo il buono che abbiamo, il male non ha bisogno di essere scelto: si impone da sé.

Facciamo che se ne parli nei salotti che contano e approfittiamo dell’occasione di uscire dai soliti circoli in cui a volte ci si sente comodi e altre volte ci si sente imprigionati. Roberto Pella, sindaco e deputato, sta compiendo passi evidenti. Lo fa perché ha un animo sensibile o per qualche tornaconto? Cerchiamo di capire cosa può darci e lasciamolo lavorare. Ci siamo spesso lamentati di non essere rappresentati nei centri del potere: adesso in parte lo siamo, proviamo ad approfittarne. Di certo nella mattinata di Roma sono emersi spunti importanti, che sarebbe un peccato non cogliere.

Mercoledì torna il Trofeo Laigueglia: qui il via del 2024, con le continental in mezzo alle WorldTour
Mercoledì torna il Trofeo Laigueglia: qui il via del 2024, con le continental in mezzo alle WorldTour

Il calendario italiano

Secondo aspetto: il calendario italiano. Lasciando stare l’eterna e malinconica disputa sull’assenza di una squadra WorldTour in Italia, quel che manca è un’attività credibile per tutto il resto del nostro ciclismo. Ci sono classiche di remoto prestigio e altre che trovano ancora una loro ragione di essere. Quel che manca è il coinvolgimento delle squadre italiane che, fatte salve le tre Professional, sono ormai soltanto delle continental.

Proprio nel mattino di Roma, un organizzatore è stato chiaro: io voglio portare più squadre WorldTour e non essere costretto a far correre le continental. Soprattutto perché alcune delle squadre italiane hanno a suo dire un livello tecnico che lascia a desiderare. Questo è proprio il punto su cui Lega e Federazione dovrebbero trovare un accordo. Si può ricorrere al ranking delle continental e prevederne la presenza in numero ragionevole?

Le cose si possono fare, basta la volontà. Per questo è sembrato strano che alla presentazione di Roma non ci fossero esponenti della FCI. La Lega del Ciclismo Professionistico è un’emanazione della Federazione, ha senso che ci sia una distanza?

Al momento l’ACCPI del presidente Salvato si occupa unicamente dei professionisti
Al momento l’ACCPI del presidente Salvato si occupa unicamente dei professionisti

I grandi e i piccoli

Terzo aspetto: il grande protegge i piccoli. Coinvolgere le continental e i devo team nelle gare della Coppa Italia delle Regioni significa per i grandi prendersene in qualche modo cura. Il professionismo non può essere diviso dal resto del ciclismo da altri muri che non siano il contratto. Avere sul movimento degli U23 e degli elite un occhio del professionismo significa anche lavorare per un loro miglioramento. Significa provare a esportare le tutele minime, magari in termini di sicurezza, semplicemente prevedendo un osservatore che ci metta un occhio. In modo che se succedesse di nuovo qualcosa come la morte di Giovanni Iannelli, l’Associazione dei corridori non si ritrovi a dire che il ragazzo non era un professionista e di conseguenza loro non possono occuparsene. Non è possibile creare un tavolo condiviso?

Quando si parla di ciclismo, è difficile far capire al di fuori che ci sono certe distinzioni, anche davanti alla sicurezza degli atleti. Il giovane che muore, qualunque sia il suo nome, un giorno sarebbe potuto diventare un grande professionista. La sua perdita è un lutto per tutte le categorie. Prendersi cura dei più piccoli è indice della civiltà di qualsiasi tipo di società.

Coppa Italia delle Regioni, il ciclismo racconta l’Italia

27.02.2025
7 min
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ROMA – Fa un certo effetto pensare che di là c’è l’aula del Parlamento. E fa nuovamente un certo effetto – la prima volta accadde dopo il Giro d’Italia – rendersi conto che il ciclismo è l’ospite d’onore nella Sala della Regina, al cospetto del Presidente della Camera, di tre Ministri e dello stato maggiore della Lega del Ciclismo Professionistico. Il presidente Roberto Pella sa come muoversi e il risultato è che si parla di sport alla presenza di altissime cariche dello Stato.

«Il ciclismo attraverso le vittorie dei suoi campioni – dice il presidente Fontana – di Coppi, Bartali e poi anche Pantani, ha avuto grande valenza per la vita degli italiani. Quindi è un grande piacere essere qui con voi a presentare questa manifestazione ed è un grande piacere che venga fatto alla Camera. E’ molto bello che ci siano questi campioni intervenuti oggi con noi. E io li ringrazio. Alcuni di loro, probabilmente senza saperlo, hanno cambiato le vite di tantissime persone. Magari in maniera anche più profonda di quello che essi stessi possono immaginare. Sono parte del ricordo intimo di tantissime persone, per me è stato così. Perché anche in alcuni momenti difficili della mia vita, nel ciclismo ho avuto un momento di empatia e quindi li ringrazio per le emozioni che hanno dato.

«E ringrazio chi si impegna quotidianamente in questa attività e in questo sport – conclude Fontana – perché continua a regalare tantissime emozioni. Vedere questi atleti nel loro sforzo fisico, nell’impegno che ci mettono e nell’ardore che hanno sicuramente ne fa dei punti di riferimento importanti per la vita di tante persone».

Lorenzo Fontana, Presidente della Camera, è appassionato di ciclismo: eravamo già stati qui dopo il Giro (foto LCP)
Lorenzo Fontana, Presidente della Camera, è appassionato di ciclismo: eravamo già stati qui dopo il Giro (foto LCP)

La Coppa Italia delle Regioni

L’occasione è la presentazione della seconda edizione della Coppa Italia delle Regioni, il circuito voluto appunto dalla Lega Ciclismo e dalla Conferenza delle Regioni, per fare delle corse in calendario il più efficace veicolo promozionale per il territorio italiano.

«Non è solo un insieme di ottime corse – dice il senatore Pella – ma nasce dagli intenti di due entità che vogliono valorizzare il territorio su cui si muovono e vivono. Il ciclismo passa sotto le case e coinvolge le famiglie. Il ciclismo entra nel cuore e nelle anime. Lo dico da sindaco: non c’è niente di meglio di quel gruppo che passa per valorizzare un territorio».

Undici regioni e 31 corse

Il calendario della Coppa Italia delle Regioni coinvolge 11 regioni e guarda avanti ad attirarne di più. Le corse sono 31 (21 per gli uomini, 10 per le donne). Il presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome è Lorenzo Fedriga, ma oggi non c’è. Nel messaggio che affida al depliant di giornata parla del ciclismo come «una disciplina che unisce passione e determinazione, attitudine al lavoro di squadra e resilienza, capace di trasformare ogni strada percorsa in un viaggio alla scoperta delle bellezze del Paese».

Al suo posto interviene dunque Vito Bardi, presidente della regione Basilicata e coordinatore della Commissione Sport della Conferenza delle Regioni. «Questo calendario di gare e questa presentazione – dice – non sono un atto formale, ma un impegno per promuovere il ciclismo. Le competizioni sportive sono una chiave eccezionale per raccontare il territorio e propugnare un modo sano di vivere. Si è costituito un gruppo di lavoro permanente dello sport in collaborazione con Sport e Salute, con il Governo e con la Conferenza delle Regioni per promuovere stili di vita migliori. Abbiamo inaugurato la miglior fase collaborativa».

Il Ministro Abodi ha parlato di sport, di sicurezza, di giustizia, di cultura e di turismo
Il Ministro Abodi ha parlato di sport, di sicurezza, di giustizia, di cultura e di turismo

La saggezza di Abodi

Conduce Giada Borgato, che guida il discorso da un interlocutore a un altro. Introduce i contributi video di Antonio Tajani e Giancarlo Giorgetti, assenti e giustificati da alti compiti istituzionali, e poi passa la parola al Ministro dello Sport Andrea Abodi, che va dritto al sodo con parole competenti.

«Ringrazio i campioni – dice – gli organizzatori e i media, ma soprattutto ringrazio per la passione popolare. Se siamo qui e se il ciclismo è lo sport popolare che amiamo è per una staffetta generazionale. Dare la cornice di questa Coppa Italia delle Regioni a tutti gli organizzatori significa fare un passo nella giusta direzione, quella del cambiamento che permette allo sport di stare al passo coi tempi. Come Governo, non faremo mancare il nostro contributo. Nonostante sia uno sport che parte dalle individualità, il ciclismo insegna a fare gioco di squadra. Ma il nostro impegno non si limiterà all’agonismo, ma anche alla promozione di impianti rivolti ai più piccoli.

«La sicurezza ci sta a cuore. Vorrei che in caso di morte nelle competizioni, ci fosse la ricerca puntuale delle responsabilità. Vorrei che la contabilità dei morti sulle strade non fosse così elevata. C’è bisogno di un’alfabetizzazione per chi va sulle strade, per chi quando guida si distrae o non è nelle condizioni per farlo. E poi c’è la promozione turistica, che non deve limitarsi alle gare, ma essere un obiettivo per 365 giorni all’anno».

Il trofeo nasce dal Simbolo del Terzo Paradiso, ideato da Pistoletto, in duplice versione: uomini (sopra) e donne

Le pari opportunità

C’è anche Daniela Santanché, in quanto Ministro per il Turismo, che in questi giorni ha probabilmente altri fronti caldi su cui contentrarsi, ma ugualmente snocciola i numeri del cicloturismo e decanta la crescente voglia di Italia nel mondo. E poi Giada Borgato passa la parola alla Ministro delle Pari Opportunità e Famiglia Eugenia Maria Roccella. E lei ricorda immancabilmente Alfonsina Strada e racconta di aver aderito con entusiasmo alla richiesta di Roberto Pella di sostenere la Coppa Italia delle Regioni anche con il suo Ministero.

«Le pari opportunità – spiega – partono dal riconoscimento di una differenza. Il fatto che si siano pareggiati i premi fra uomini e donne non è simbolico, ma un fatto di sostanza. Abbiamo contribuito con grande entusiasmo al questo progetto, perché lo riteniamo un progetto simbolo. E visto che sono anche Ministro per la Famiglia, ricordo tanti anni fa quando le famiglie si ritrovavano attorno alla radio per ascoltare le cronache del Giro d’Italia. Era una comunità che si stringeva attorno all’orgoglio di essere italiani, al senso di appartenenza».

Chiusura con i campioni

L’ultimo scampolo di tempo spetta ai quattro campioni inseriti a pieno titolo nell’organigramma della Lega Ciclismo: Giuseppe Saronni, Francesco Moser, Vincenzo Nibali e Gianni Bugno. Li vedi che sono emozionati nel parlare davanti a una simile platea, ma tutti ti comunicano l’orgoglio di esserci e la voglia di svolgere appieno l’incarico ricevuto. Poi di colpo un commesso del Parlamento con i guanti bianchi consegna un foglietto a Giada Borgato e si capisce che si deve chiudere.

Di là a breve discuteranno di bollette e altri provvedimenti del Governo, di qua ci guardiamo intorno, salutiamo facce che normalmente vedremmo alle corse e poi ci rituffiamo nel traffico, contando i giorni che mancano per la prima prova della Coppa Italia delle Regioni. Il Trofeo Laigueglia, mercoledì prossimo. Poi il 2025 italiano prenderà finalmente il via.

Sicurezza: manifestazione a Roma all’indomani del Giro?

29.01.2025
3 min
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«Sicuramente bisogna fare qualcosa – dice Salvato – perché tutti quanti stiamo qua solo a lamentarci per la poca sicurezza o a fare il post con il cuoricino spezzato per Sara che è morta, ma alla fine diventa ridicolo, hai capito?».

Abbiamo chiamato il presidente dell’ACCPI perché l’idea di organizzare una manifestazione di ciclisti sta prendendo forma. Dopo la morte di Sara Piffer era solo nella nostra testa , ma quando ne è uscita attraverso l’Editoriale di ieri, ha incontrato il consenso del popolo del ciclismo. Quantomeno della gente comune, ma i corridori? I professionisti sono disposti a scendere in piazza e metterci la faccia per protestare contro una strage che riguarda loro per primi? Chi può essere sicuro di non essere il prossimo?

In questi ultimi 30 anni li abbiamo visti scioperare per non mettere il casco, contro le scorribande della Polizia al Tour del 1998, contro le rotaie e la poca sicurezza sulle strade del Giro, perché c’era troppo vento, perché c’era troppa pioggia e anche per la neve. 

L’uccisione di Sara Piffer ha fatto traboccare il vaso? E’ immaginabile scendere in piazza? (immagine Instagram)
L’uccisione di Sara Piffer ha fatto traboccare il vaso? E’ immaginabile scendere in piazza? (immagine Instagram)
E adesso, presidente, avrebbero voglia di metterci la faccia?

Riavvolgendo un po’ il nastro, sapete da quanto stiamo battagliando su questa cosa, no? Siamo stati i primi a muoverci sul tema della sicurezza e lungo la strada abbiamo conosciuto tanti amici. Marco Cavorso, ad esempio, che è stato uno dei motori e sempre una forza di tutto questo movimento. Poi c’è stato il tira e molla per la legge del metro e mezzo. Ci siamo arrivati vicini tante volte. Siamo stati a Roma con vari ministri, ne ho conosciuti tanti, però alla fine c’è stata la versione di Salvini: non era come la volevamo, però almeno è stata approvata.

Cristian, non basta…

Per questo abbiamo parlato con varie persone e avevamo pensato di muoverci sul fronte della comunicazione. Si pensava di realizzare degli spot sulla sicurezza stradale, ci erano state date parole di collaborazione che poi sono state rimangiate. Tanto che ne abbiamo riparlato nel nostro Consiglio e ci siamo detti di fare anche da soli.

Di cosa si tratterebbe?

Avevamo in mente di coinvolgere qualche personaggio noto, si pensava a Paolo Kessisoglu, che è un grande appassionato di bici. L’idea era di realizzare delle pillole video in cui far parlare corridori, familiari che hanno perduto qualcuno, ma anche personaggi di spicco come Paolo, appunto, ma anche Cannavaro, oppure Jovanotti e magari Mancini…

Cavorso, con Paola Gianotti e Fondriest: una settimana dopo questa foto al Mugello, la morte di Sara Piffer
Cavorso, con Paola Gianotti e Fondriest: una settimana dopo questa foto al Mugello, la morte di Sara Piffer
Non basta. Finora hai parlato di iniziative cui partecipi tu e nessun corridore. Quello che sarebbe bello sapere è se per questo scenderebbero in strada. Altrimenti si fa un funerale e ci si mette buoni ad aspettare il prossimo…

Ognuno è preso dalle sue mille cose. Se li prendi singolarmente, magari De Marchi che è sempre più sensibile, oppure Trentin… E’ difficile coinvolgerli, devi organizzargli le cose, lo sai come sono fatti…

Ma qui si parla della loro vita e il solo modo perché la gente se ne accorga è invadere le città…

Allora proviamo a organizzare qualcosa che potrebbe essere, non so, il giorno dopo il Giro d’Italia? I ragazzi saranno a Roma, gli si può chiedere di fermarsi un giorno in più, sennò come fai a portarne tanti? La carovana è là e magari invece di tornare a casa la mattina dopo, tornano il pomeriggio. Ma una cosa dobbiamo saperla.

Quale?

Puoi mettere in atto tutte le azioni che vuoi, ma c’è poco da fare se ti ritrovi con quel vecchio che andava troppo forte e in Spagna ha investito la nazionale tedesca, a Calpe che sembra il paradiso dei ciclisti. Però sono d’accordo, qualcosa bisogna fare e bisogna anche coinvolgere più gente possibile. Anche io tante volte quando sono in bici, quando torno più che altro, penso che potrebbe toccare anche a me.

Il Giro 2025 secondo la Longo: sbagliato aspettare il finale

14.01.2025
5 min
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ROMA – Elegante e con la battuta pronta, Elisa Longo Borghini ha tenuto a battesimo il Giro d’Italia Women 2025 sul palco dell’Auditorium Parco della Musica con la naturalezza della padrona di casa (in apertura, con Barbara Pedrotti e Pierluigi Pardo). Vedendo scorrere le immagini delle due maglie rosa del 2024 – quella di Pogacar e la sua – la battuta è stata che per evitare di essere sconfitto, lo sloveno l’abbia portata con sé alla UAE. Chiaramente si fa per ridere: le due squadre sono mondi distinti, resta però il fatto che con lo stesso sponsor quest’anno correranno i vincitori uscenti di entrambi i Giri d’Italia.

«Se penso a quell’ultimo arrivo – dice Elisa ridendo davanti all’altimetria dell’ultima tappa, quella di Imola – mi ricordo il mondiale del 2020 con una punta di amarezza. Fui battuta nella volata per il secondo posto dalla Van Vleuten, spero che a luglio si possa sprintare per il successo».

L’Aquila, 14 luglio: ultima tappa del Giro Women 2024. Kopecky cede, Longo Borghini capisce di aver vinto
L’Aquila, 14 luglio: ultima tappa del Giro Women 2024. Kopecky cede, Longo Borghini capisce di aver vinto

La Longo e un gruppo di compagne sono in partenza per il Teide. Un’altra parte della squadra è nuovamente in Spagna e un’altra in Australia per il Tour Down Under, guidata da Sofia Bertizzolo ed Erica Magnaldi. Nel parterre della presentazione di Roma, Elisa si muove a suo agio, salutata da chiunque passi, come si conviene per una campionessa dal palmares davvero importante. Il Giro è casa sua e le immagini sul traguardo de L’Aquila, nel momento stesso in cui si rende conto di aver staccato definitivamente Lotte Kopecky e conquistato la maglia rosa, sono ancora oggi da pelle d’oca.

Che effetto ti ha fatto rivedere certe immagini?

Ho ancora i brividi. Per questo, anche nel 2025 portare a casa questo trofeo sarà uno dei miei obiettivi stagionali. Il percorso mi piace, si adatta molto alle mie caratteristiche.

Cosa te ne sembra?

Sulla carta non sembra durissimo, però ci sono delle tappe particolarmente impegnative. Tipo quella di Valdobbiadene, la tappa di Monte Nerone e l’ultima di Imola, che secondo me sarà molto dura. Poi ci sono delle tappe un po’ strane da interpretare, come quella con il Tonale all’inizio e alcune ondulate, come quella di San Marino.

Ti sembra che lo schema ricalchi quello del 2024?

Sì, esatto. Il format sembra molto simile, con una cronometro iniziale e le ultime tappe dure. Sembra un bel Giro, ma non credo che si vivrà in attesa della salita di Monte Nerone: sarebbe sbagliato. Prima ci sono delle tappe belle movimentate e c’è anche spazio per qualche fuga. E si sa che su 8 giorni di corsa, se va via una fuga di corridori buoni che ti rientrano in classifica, poi è difficile riprendere terreno. Si è visto al Tour de France, quindi sarà un Giro da tenere sempre gli occhi aperti.

Dicembre era il mese dei programmi: nel tuo ci sarà il Giro oppure il Tour?

Tutti e due (ride, ndr).

Ci saranno tappe da andare a vedere?

Sì, mi piacerebbe andare a vedere la tappa di Valdobbiadene, quella di Monte Nerone e quella di San Marino. E poi andrò a provare il percorso della crono, ma quella è una cosa che fai anche nei giorni prima.

Hai parlato del percorso di Imola: a parte la rivincita rispetto a quella volata, sarà una tappa decisiva come l’anno scorso a L’Aquila?

Secondo me sì, anche perché verremo comunque da una giornata particolarmente impegnativa come quella del Nerone. Ed è una tappa dove se non hai recuperato bene, puoi soffrire molto.

Elisa Longo Borghini, Annemiek Van Vleuten, Imola 2020
La volata fra Longo Borghini e Van Vleuten a Imola 2020, in cui l’olandese batté l’azzurra per l’argento alle spalle di Van der Breggen
Elisa Longo Borghini, Annemiek Van Vleuten, Imola 2020
La volata fra Longo Borghini e Van Vleuten a Imola 2020, in cui l’olandese batté l’azzurra per l’argento alle spalle di Van der Breggen
Fra Giro e Tour ci sono appena 13 giorni di stacco: si può pensare di andare con lo stesso gruppo di compagne o ci saranno due blocchi distinti?

Si potrebbe pensare di avere un gruppo molto simile di atlete che fanno sia il Giro che il Tour. Però visto anche come si è mosso il mercato ultimamente, secondo me in ogni squadra ci saranno gruppi distinti per ciascuna corsa. Se penso alla FDJ, potrebbe essere così, idem la SD Worx.

E in casa vostra?

Probabilmente cercheremo di fare bene uno dei due Giri e poi andare magari per le tappe nell’altro.

Doveva essere così anche l’anno scorso, poi dalle dichiarazioni di Gaia Realini venne fuori che anche al Tour saresti andata per fare classifica.

Quelle parole hanno stupito anche me. Ma in ogni caso, dal Tour mi sono proprio autoeliminata con quella caduta, quindi ci ho proprio messo io la firma.

Giusy Virelli, direttrice del Giro d’Italia Women (qui con Marta Bastianelli), ha spiegato il percorso dell’edizione 2025
Giusy Virelli, direttrice del Giro Women (qui con Marta Bastianelli), ha spiegato il percorso dell’edizione 2025
Come si recupera fra Giro e Tour con così poco tempo?

E’ un periodo che ti permette di riposare, fare un po’ di compensazione e ripartire. Se non si esce distrutte dal Giro, è fattibile. Penso che farò un paio di giorni a casa e poi andrò in altura anche solo una settimana. Però vediamo come si mettono le cose e soprattutto che cosa dice Paolo (Slongo: il suo allenatore, ndr). E’ lui che valuterà la situazione.

Ultima cosa, prima di lasciarti andare: non pensi che otto tappe siano poche per un Grande Giro?

Sfondate una porta aperta, due settimane dobbiamo raggiungerle. Romperò le scatole a Giusy (Virelli, direttrice del Giro d’Italia Women, ndr) fino a farle venire l’esaurimento. Ma su ieri sera una cosa voglio ancora dirla: credo che finalmente il Giro Women abbia avuto il palcoscenico che si merita.

Nibali: «Puglia e Abruzzo trabocchetti. Squadra fondamentale»

14.01.2025
5 min
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ROMA – Il Giro d’Italia numero 108, presentato poche ore fa nella Capitale, ha subito suscitato opinioni contrastanti: c’è chi lo ha definito «Senza capo né coda», chi lo ha elogiato come «bellissimo» e chi lo ritiene «ben equilibrato e interessante». Noi di bici.PRO e anche Vincenzo Nibali, ci collochiamo in quest’ultimo gruppo, trovando che il disegno proposto sia intrigante e carico di sfide. Non è un Giro mostruosamente difficile, ma il dislivello complessivo supera i 52.000 metri, quasi 10.000 in più rispetto ad un anno fa: un incremento significativo rispetto al 2024.

Alla presentazione, tenutasi presso l’Auditorium Parco della Musica, abbiamo raccolto l’opinione del siciliano. Due vittorie del Trofeo Senza Fine per Nibali e una conoscenza profonda della corsa e dei corridori: senza dubbio lo Squalo rappresenta una delle voci più autorevoli.

In attesa di scoprire il lotto definitivo dei pretendenti, il livello medio si annuncia piuttosto buono, anche considerando le assenze quasi certe di Pogacar e Vingegaard. Qualche nome? Auyso, Adam Yates, Gee, Landa, Hindley, Tiberi, e soprattutto Primoz Roglic. Cosa riserverà per loro il percorso della corsa 2025? Scopriamolo appunto con Nibali.

Giro 2018 per la quarta volta la corsa rosa si arrampica sul Colle delle Finestre… e Froome regala l’impresa decisiva
Giro 2018 per la quarta volta la corsa rosa si arrampica sul Colle delle Finestre… e Froome regala l’impresa decisiva
Vincenzo, sarebbe piaciuto questo Giro allo Squalo?

E’ un Giro molto duro, quindi direi di sì. La partenza però mi fa un po’ paura: da atleta, avevo spesso il dubbio di essere pronto o meno e una tappa così impegnativa all’inizio può fare male. Se sbagli giornata, rischi di compromettere tutto subito o comunque di metterti nei guai.

Che peso avranno le cronometro? Ricordiamo che i chilometri contro il tempo sono 42…

Avranno sicuramente un ruolo importante. Se sei in forma, già quei primi 13 chilometri a Tirana ti danno un’indicazione chiara di dove ti trovi in termini di condizione e questo vale un po’ per tutti. Mentre in generale per i cronoman, come Roglic per esempio, sono essenziali. Le crono permetteranno a Roglic di guadagnare terreno prezioso. E poi di gestire la corsa in certo modo.

Cosa ti piace di più e cosa di meno di questo percorso?

A prima vista, il percorso mi sembra bello. La partenza dall’Albania è impegnativa, ma coerente: costringe i corridori a mettersi subito in gioco. Ciò che mi convince meno sono i trasferimenti, che possono pesare sul recupero degli atleti e complicano il lavoro dello staff, sono uno stress in più. Magari da fuori non ci se rende conto ma pesano. E gli arrivi tardivi in hotel non sono mai ideali.

Una squadra forte sarà vitale secondo Nibali, specie per Roglic, visti i tanti trabocchetti. La Red Bull-Bora (qui alla Vuelta 2024 vinta giusto da Roglic) si annuncia fortissima
Una squadra forte sarà vitale secondo Nibali, specie per Roglic, visti i tanti trabocchetti. La Red Bull-Bora si annuncia fortissima
Le famose tappe “trabocchetto” ci è sembrato essere numerose: cosa possiamo aspettarci?

Vero, ce ne sono parecchie. Abbiamo quella di Siena con lo sterrato, ma penso anche alle tappe abruzzesi, che spesso vengono sottovalutate e invece possono fare grandi danni. E poi non sottovaluterei la Puglia. La tappa che va verso Matera sembra tranquilla, ma non lo è e da quelle parti il vento potrebbe diventare un fattore determinante. Quando c’è il vento, cambia tutto. Sono situazioni che possono mettere in difficoltà…

Magari proprio uno come Roglic che spesso in certe tappe ha pagato dazio…

Anche un corridore come Roglic, che tante volte in difficoltà ci si mette da solo… a meno che non abbia una squadra impeccabile. Lui per me in questo Giro deve fare una cosa sola. Sfruttare al massimo le cronometro, farsi scortare bene della squadra e non fare altro. Aspettare anche nelle tappe di montagna e aspettare, controllare.

Cosa ne pensi della posizione del Mortirolo? Non ti sembra un po’ lontano dal traguardo?

No, per me è il Mortirolo è posizionato bene: tiene gli atleti sempre sotto pressione, ma sposta l’attenzione verso la parte finale della tappa e del Giro. Dopo il Mortirolo, ci sono altre salite come Le Motte, che sono impegnative. Il Mortirolo e le altre salite lasciano il segno nelle gambe. Anche il giorno successivo, con il Sestriere, potrebbe essere decisivo. Questa sequenza mi ricorda molto la battaglia tra Hindley e Geoghegan Hart. Molto dipenderà dal supporto delle squadre.

Pensando al Sestriere e all’arrivo nelle zone di Bormio due giorni prima, Nibali ha ricordato il duello fra Hindley e Tao Geoghegan Hart del 2020
Pensando al Sestriere e all’arrivo nelle zone di Bormio due giorni prima, Nibali ha ricordato il duello fra Hindley e Tao Geoghegan Hart del 2020
Ecco, hai toccato un tasto centrale: i team. Quanto conta la squadra in un Giro così?

Conta tantissimo. Con un dislivello così importante, è fondamentale avere un team in grado di supportarti fin dalle prime tappe. L’obiettivo è quello di risparmiarsi. Se a metà Giro i tuoi compagni sono già stanchi, rischi di rimanere solo nella parte più impegnativa, e quello è un problema.

Qual è la salita più dura secondo te?

Non ho analizzato tutto nei dettagli, ma il Mortirolo è sicuramente una salita vera, che si fa sentire soprattutto se dopo devi affrontare altre difficoltà. La fatica si accumula ed è qui che si vedono i corridori davvero forti. Mentre il Finestre è duro perché è lunghissimo: quello più il Sestriere sono salite che ti logorano.

E tra le tappe trabocchetto, quale ti preoccupa di più?

Siena ha i suoi insidiosi sterrati, ma anche la tappa di Castelraimondo nelle Marche o quelle abruzzesi possono riservare brutte sorprese. La salita di Tagliacozzo è il primo arrivo in quota e questo rende i corridori sempre un po’ nervosi. Non sanno mai davvero come andranno le cose. Tutti vorranno stare davanti. L’arrivo di Tagliacozzo (Marsia, ndr) non è impossibile, ma gli ultimi tre chilometri sono molto duri. E poi, come dicevo, il vento in Puglia: quello è un altro elemento che non va sottovalutato.

Le strade della maglia rosa 2025: si decide in Val d’Aosta

13.01.2025
9 min
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ROMA – L’Auditorium Parco della Musica ha accolto la presentazione del Giro d’Italia 2025. Lo scenario è da grande evento e se non fosse per la data decisamente avanzata, da italiani potremmo dire che per questa volta non abbiamo nulla da invidiare ai cugini francesi. Proprio sul ritardo nella presentazione e nella firma del contratto, un sorriso viene strappato dal premier albanese Edi Rama, che ha ironizzato sulla trattativa con Urbano Cairo.

«Consiglio alla Groenlandia – ha sorriso – di ingaggiarlo per la trattativa con Trump».

«Sono 15 anni che partiamo dall’estero – ha replicato Cairo – e indovinate un po’ chi è quello che ha pagato meno!».

«Questo è vero – ha chiuso Rama – ma alla fine chi ci ha guadagnato?».

La serata è ricca di storie e personaggi. Elisa Longo Borghini, la vincitrice uscente, ha tenuto a battesimo il Giro d’Italia Women, accanto alla direttrice Giusy Virelli e a Marta Bastianelli, che si muove col piglio dell’ex campionessa e del tecnico federale in pectore. Poi quando si comincia a parlare del Giro d’Italia degli uomini, salgono sul palco Mauro Vegni assieme a Vincenzo Nibali e Alberto Contador. E’ il giorno del 55° compleanno di Marco Pantani: su quel palco ci sarebbe stato benissimo anche lui. Nell’annunciarlo, Barbara Pedrotti strappa l’applauso più bello: «Speriamo che questi auguri e questo applauso giungano dove devono arrivare».

La planimetria generale del Giro d’Italia 2025. Dall’Albania in Puglia e poi si inizia la risalita
La planimetria generale del Giro d’Italia 2025. Dall’Albania in Puglia e poi si inizia la risalita

Dopo l’Albania, in Puglia

Il Giro d’Italia 2025 parte dall’Albania, con tre tappe impegnative, compresa una cronometro lungo le strade di Tirana. La prima è impegnativa con arrivo nella Capitale e finale con due salite ravvicinate anche con pendenze in doppia cifra. La prova contro il tempo sarà seguita dalla frazione di Valona con le salite di Qafa e Llogarase, primo punto sopra quota 1.000 metri.

Dopo il primo giorno di riposo, si riparte con tre tappe veloci, ma non necessariamente destinate all’arrivo di gruppo compatto. Dopo la Puglia e la Campania, con l’arrivo di Napoli che sta diventando uno stupendo appuntamento fisso, si risale la penisola l’Italia con il primo arrivo in salita a Tagliacozzo. In realtà il traguardo è posto 3,5 chilometri più in alto, a Marsia: località turistica dismessa, ma salita di tutto rispetto. Poi l’arrivo a Castelraimondo, quindi la Gubbio-Siena, tappa Bartali del Giro 2025, con cinque settori di strade bianche (per circa 30 chilometri) prima dell’arrivo in Piazza del Campo.

Foto di partenza con le autorità: spicca per statura e spirito il premier albanese Edi Rama
Foto di partenza con le autorità: spicca per statura e spirito il premier albanese Edi Rama

Le 21 tappe del Giro 2025

Il Giro d’Italia 2025 parte dall’Albania e si conclude a Roma. Come sempre quando si parte dall’estero, i giorni di riposo sono tre. Due prove a cronometro individuale per un totale di 42,3 km. Sei tappe per velocisti, otto di media montagna e cinque di alta montagna. Saranno circa 38 i km di sterrato: 30 di strade bianche nel finale della tappa di Siena e 8 sul Colle delle Finestre (Cima Coppi del Giro con i suoi 2.178 metri). La Montagna Pantani sarà il Passo del Mortirolo, mentre la Tappa Bartali sarà la Gubbio-Siena, con arrivo in Piazza del Campo.

datatappapartenza-arrivokmdislivello
9/51ª tappaDurazzo-Tirana1641.800
10/52ª tappaTirana-Tirana (crono individuale Tudor)13,7150
11/53ª tappaValona-Valona1602.800
12/51° riposo
13/54ª tappaAlberobello (Pietramadre)-Lecce187800
14/55ª tappaCeglie Messapica-Matera1441.550
15/56ª tappaPotenza-Napoli2262.600
16/57ª tappaCastel di Sangro-Tagliacozzo1683.500
17/58ª tappaGiulianova-Castelraimondo1973.800
18/59ª tappaGubbio-Siena1812.500
19/52° riposo
20/510ª tappaLucca-Pisa (crono individuale Tudor)28,6150
21/511ª tappaViareggio-Castelnovo ne’ Monti1853.850
22/512ª tappaModena-Viadana (Oglio-Po)1721.850
23/513ª tappaRovigo-Vicenza1801.600
24/514ª tappaTreviso-Nova Gorica/Gorizia1861.100
25/515ª tappaFiume Veneto-Asiago2143.900
26/53ª riposo
27/516ª tappaPiazzola sul Brenta-San Valentino (Brentonico)1994.900
28/517ª tappaSan Michele all’Adige-Bormio1543.800
29/518ª tappaMorbegno-Cesano Maderno1441.800
30/519ª tappaBiella-Champoluc1664.950
31/520ª tappaVerres-Sestriere (Vialattea)2034.400
1/621ª tappaRoma-Roma141600
tot. 3.413,3tot. 52.500

Finale da brividi

Dopo il secondo riposo, il Giro 2025 riparte dalla Toscana con la cronometro da Lucca a Pisa. Il giorno successivo è estremamente interessante, con il ritorno al Giro dopo 25 anni di San Pellegrino in Alpe: salita che ha scritto pagine importanti nelle edizioni degli anni 90. Seguono Viadana con arrivo in volata, Vicenza sullo strappo di Monte Berico e Nova Gorica/Gorizia con il circuito transfrontaliero. La settimana si conclude ad Asiago con una tappa molto impegnativa da 3.900 metri di dislivello.

Il tappone trentino, l’indomani del terzo riposo, ha cinque salite dure una dietro l’altra con arrivo a San Valentino sul Monte Baldo che domina il Lago di Garda. Gli arrivi di Bormio – con il Passo del Mortirolo (Montagna Pantani) – e Cesano Maderno precedono le due tappe più terrificanti del Giro. La prima da Biella a Champoluc: breve ma dislivello di 4.950 metri. La seconda da Verrès a Sestrière, è lunga e ripropone l’accoppiata finale Colle delle Finestre e Sestriere, che nel 2005 lanciò la stella effimera ma splendente di Rujano.

Totale di 3.413 i km per 52.500 metri di dislivello: tutte le salite del Giro 2025
Totale di 3.413 i km per 52.500 metri di dislivello: tutte le salite del Giro 2025

L’occhio di Contador

Alberto Contador segue tutto con grande attenzione e parla in quel misto di italiano e spagnolo che ha messo a punto in tanti anni di sfide sulle nostre strade. «Il Giro d’Italia per me è un ricordo speciale – dice – a partire da quando nel 2008 arrivai per la prima volta e all’ultimo momento. Mi sentii benvoluto come se fossi a casa mia. Per questo fra i Grandi Giri, mi sento di dire che il vostro è quello più speciale».

Poi Alberto sofferma la sua attenzione sulla cronometro di Pisa, che individua come la svolta da cui capire come impostare la corsa che resta. «E’ il momento in cui i corridori di classifica – dice – capiscono quello che hanno da recuperare o il vantaggio che hanno. E poi restano le montagne, in cui si può riprendere tanto terreno. Guardo le altimetrie e ricordo il Colle delle Finestre, quando Aru e Landa mi attaccarono nel 2015 e io mi staccai. Ma avevo ancora 4 minuti di vantaggio e gestii lo sforzo. Quella è una salita da stare attenti. Ricordo bene quando Froome riaprì il Giro e lo tolse dalle mani di Dumoulin».

Lo spirito di Bettini

La presentazione va avanti fino alle 20,30. Sfilano personaggi. Paolo Pacchioni, giornalista di Rtl 102,5 radio ufficiale del Giro, fa le sue interviste dalla platea e coinvolge prima il presidente federale Dagnoni e poi Antonio Tiberi, quindi Paolo Bettini. E il “Betto” mette subito l’etichetta giusta a questo Giro così spettacolare e spigoloso, dall’inizio alla fine, quando le ultime due tappe di montagna saranno il terreno per la resa dei conti.

«Visto che in montagna non ero bravo come Vincenzo e Alberto – dice sorridendo – io avrei cominciato a fare un gran casino sin dalle prime tappe. La gente vuole lo spettacolo, ma anche i corridori quando attaccano il numero, vogliono divertirsi. Qui per fortuna non ci sono i velocisti, loro magari non sarebbero d’accordo».

Nibali gli fa notare che in sala c’è Bennati, commissario tecnico per ora non confermato e domani chissà. Ma Bettini è arguto: «Il Benna non era soltanto un velocista – dice – secondo me anche a lui sarebbe piaciuto combinare qualcosa».

Sono le ultime parole, poco prima di quelle in cui Paolo Bellino svela il sogno di Urbano Cairo di fare del Giro un prodotto superiore al Tour de France. Si respira l’entusiasmo che a volte fa perdere di vista le reali proporzioni, ma non è sera per fare confronti. Abbiamo assistito alla presentazione di un sontuoso Giro d’Italia. Domani ve ne offriremo qualche approfondimento. Ora non resta che scoprire quali campioni, a parte quelli già annunciati, verranno in Italia a prendersi lo scettro di Pogacar.

Telecamere sul Giro Women: Nerone e Imola, gran finale

13.01.2025
6 min
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ROMA – Quando scorrono le immagini dell’arrivo dell’Aquila dell’anno scorso, Elisa Longo Borghini ammette di emozionarsi ancora. E noi con lei. Abbiamo vissuto quei momenti dal vivo e, ora, avere tra le mani un nuovo Giro d’Italia Women sembra già una grande opportunità per rivivere quel successo.

All’Auditorium Parco della Musica di Roma, in un contesto finalmente all’altezza di eventi di questa portata, si è svolta la presentazione del Giro d’Italia Women e del Giro d’Italia. La prima parola che viene in mente è: equilibrio. Il percorso del 2025 appare più aperto e meno “bloccato” da una tappa monolitica come quel del Blockhaus della passata edizione.

Elisa Longo Borghini sul palco dell’Auditorium: bella e preziosa la presenza della vincitrice in carica
Elisa Longo Borghini sul palco dell’Auditorium: bella e preziosa la presenza della vincitrice in carica

Dislivello in crescita

Scopriamo quindi il percorso del prossimo Giro d’Italia Women. Abbiamo parlato di equilibrio, anche se poi a conti fatti il dislivello aumenta. Su un totale di 939,6 chilometri i metri verticali saranno 14.000, un migliaio in più rispetto all’anno scorso. In tutto otto tappe: una crono individuale in apertura, due tappe pianeggianti, tre di media montagna e due di alta montagna

La prima tappa sarà una sfida contro il tempo: 13,6 chilometri sulle strade di Bergamo che daranno subito uno scossone importante alla classifica generale. Ma tutte, non solo le donne di classifica, dovranno spingere forte. Viste le frazioni successive la maglia rosa potrebbe fare gola a molte. E questo è il bello di questo Giro Women.

La seconda frazione infatti è sì, uno arrivo in quota, ma è anche molto pedalabile. Si va infatti da Clusone all’Aprica: sul traguardo del valico lombardo potrebbe presentarsi un gruppo di atlete relativamente nutrito. Non è così scontato che le scalatrici possano fare il vuoto, anzi… Specie in questo ciclismo femminile che sta crescendo e che pone livelli simili, una passista ci può arrivare lassù e nel finale può sfogare la sua potenza.

DataTappaPartenza-ArrivoKmDislivello
6/71ª tappaBergamo-Bergamo (crono individuale Tudor)13,6100
7/72ª tappaClusone-Aprica991.400
8/73ª tappaVezza d’Oglio-Trento1241.350
9/74ª tappaCastello Tesino-Pianezze (Valdobbiadene)1562.700
10/75ª tappaMirano-Monselice108100
11/76ª tappaBellaria Igea Marina-Terre Roveresche1442.300
12/77ª tappaFermignano-Monte Nerone1573.850
13/78ª tappaForlì-Imola (Autodromo Enzo e Dino Ferrari)1382.200
totale 939,614.000

La terza tappa è la Vezza d’Oglio-Trento e quasi sicuramente sarà la prima delle due occasioni per le ruote veloci. Diciamo quasi perché in partenza c’è il Passo del Tonale, salita vera, salita dura e non a caso Cima Alfonsina Strada con i suoi 1.883 metri. Questa potrebbe far nascere una fuga importante che per le squadre potrebbe non essere così facile da controllare. Però è anche vero che dalla cima del Tonale a Trento è tutta discesa o strada velocissima. 

Chiude il primo troncone del Giro Women la Castello Tesino-Pianezze, secondo arrivo in salita di questa edizione. Ed è un’ascesa vera: 11,5 chilometri ad una pendenza media del 7,5 per cento. Non a caso qui vinse una certa Fabiana Luperini. Era il Giro Donne del 1995: 30 anni dopo chi sarà la sua erede? Sarà interessante anche confrontare i tempi d’ascesa in questo ciclismo dei numeri. Occhio però, perché non c’è solo Pianezze quel giorno, prima il menù propone i continui saliscendi delle colline del prosecco.

Nerone decisivo?

La seconda metà del Giro d’Italia Women inizia con una tappa che sulla carta è per le ruote veloci. Si ripartirà dal Veneto e la quinta tappa è totalmente pianeggiante: si va da Mirano a Monselice, lambendo i Colli Euganei. Chiara Consonni, Elisa Balsamo e le altre… sono avvertite!

Le ultime tre tappe sono dure (o durissime) e sono anche lunghe. Da Bellaria quindi si deciderà tutto. E’ dalla cittadina adriatica che scatta infatti la sesta frazione e che si concluderà a Terre Roveresche (Orciano di Pesaro). Non c’è una salita predominante, ma tanti strappi. Insomma, come una classica inserita in “grande Giro”.

E si arriva al 12 luglio con la tappa regina: Fermignano-Monte Nerone di 157 chilometri e quasi 3.900 metri di dislivello. Il Nerone è lungo, duro (spesso va oltre il 10 per cento) ed è assolato. Visto il caldo delle ultime estati potrebbe essere il colpo che segnerà le differenze. E anche prima non si scherza: una vera e pura tappa appenninica. La classifica del mattino potrebbe essere un lontano ricordo alla sera.

Il giorno dopo gran finale ad Imola. Si parte da Forlì e si arriva nell’Autodromo Enzo e Dino Ferrari, ma guai a pensare ad una passerella. Il dislivello di questo atto finale supera di molto i 2.200 metri e dopo la frazione del giorno prima i conti potrebbero essere molto salati. Si pedala sulle strade dei Mondiali del 2020 con le ascese di Mazzolano e Cima Gallisterna da ripetere quattro volte.

Chi vincerà? Di certo un’atleta di fondo, che certamente saprà andare forte in salita, ma che sa guidare bene la bici (anche le insidie tecniche non mancano) e che saprà magari segnare differenze con lo sprint o comunque difendercisi bene. Il dislivello infatti, ad esclusione del tappone del Nerone e del piattone di Monselice, è una costante di questo Giro Women e in qualche modo bisogna farci i conti sempre.

Un percorso quindi equilibrato e, aggiungiamo, moderno.

EDITORIALE / Tutto a Roma: prima il Giro, poi le elezioni FCI

13.01.2025
5 min
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Fra una settimana saremo nuovamente qui a commentare l’esito delle elezioni federali. Avremo il nome del presidente che guiderà la FCI fino a Los Angeles e le reazioni dei due sconfitti. Quello che potrebbe succedere nell’assemblea non ha limiti. L’ultima volta, con quattro candidati in lizza, il testa a testa fra Dagnoni e Martinello fu deciso da uno spostamento di voti dell’ultima ora. In teoria c’è solo da aspettare, mentre nel frattempo le corse australiane hanno iniziato a produrre titoli e immagini e le interviste portate a casa dal secondo giro di ritiri in Spagna racconteranno la preparazione e i buoni propositi degli atleti che di qui a poco debutteranno in Europa.

La politica federale non ha molta presa sul pubblico, forse per questo finora delle elezioni si è parlato poco. E forse per questo la settimana che ci attende vivrà di colpi di coda o colpi bassi e pochi approfondimenti, nel nome di convenienze più o meno manifeste.

A metà del guado

Il ciclismo è un mondo speciale a metà del guado. E’ passione, sogno, esaltazione, sfida. Ha bisogno a tutti i livelli di gente che ci creda: gli atleti per sostenere fatiche al limite dell’umano, i volontari per riconoscere un senso ai loro sacrifici. Il ciclismo parla al cuore e lo fa senza mezze misure e forse per questo non si riconosce nelle verità non dette e nelle spiegazioni balbettanti della politica. Guccini cantava che il profumo del ricordo cambia in meglio, in questo caso la sensazione è che in assenza del minimo contraddittorio, il tempo ammanta gli eventi e lascia che siano dimenticati.

Stasera nell’Auditorium Parco della Musica di Roma (immagine depositphotos.com in apertura) saranno presentati i due Giri d’Italia WorldTour: quello degli uomini e quello delle donne. Ricordiamo bene la grande pressione esercitata sulla FCI nei giorni successivi alla vicenda delle provvigioni irlandesi e di come questa cessò, come per incanto, quando le organizzazioni del Giro Donne e quello U23 passarono al RCS Sport. Se avete dedicato qualche minuto alla lettura delle missive tra il presidente Dagnoni e l’ex presidente Di Rocco, pubblicate su Tuttobiciweb, avrete avuto probabilmente la sensazione di un cesto di panni sporchi che si è cercato per anni di tenere nascosto. Se ne sentiva persino l’odore. Certe cose devi leggerle, se vuoi farti un’opinione. E se vuoi toccare con mano lo scollamento fra il vertice e la base che cerca di districarsi fra mille problemi – economici, amministrativi e legali – senza il senso di avere nell’istituzione una madre capace di sciogliere i nodi prima che arrivino al pettine.

Presentazione Giro d'Italia U23, 2017, Renato Di Rocco, Marco Selleri
Renato Di Rocco e Marco Selleri fanno entrambi parte della squadra di Martinello: l’ex presidente resta figura centrale
Presentazione Giro d'Italia U23, 2017, Renato Di Rocco, Marco Selleri
Di Rocco e Selleri fanno entrambi parte della squadra di Martinello: l’ex presidente resta figura centrale

Ottavi in classifica

Siamo cresciuti sentendoci dire che il ciclismo fosse il secondo sport d’Italia, preceduto soltanto dal calcio. In realtà non è più così da un pezzo. Al punto che un sondaggio Demos realizzato lo scorso anno per Repubblica mostra il nostro sport all’ottavo posto, dopo calcio, tennis, formula 1, volley, atletica, nuoto e motociclismo. Può bastare l’assenza di grandi campioni e di una squadra WorldTour, per giustificare un simile calo? Oppure la si prende come alibi per giustificare l’incapacità di guidare questo sport meraviglioso attraverso il guado?

Lino Secchi, il quarto candidato che però ha fatto un passo indietro, lo ha spiegato chiaramente. Il ciclismo non entra nelle scuole, così come non era presente ai tavoli della politica in cui si lavorava sul tema della sicurezza. Il ciclismo è sparito dalle feste di paese e non svolge azione di promozione sociale. Per contro, il ciclismo continua a campare sul volontariato, sperando che duri. Non mostra vigorosi tentativi nell’arginare il calo dei tesserati e la chiusura di squadre che riducono la possibilità di accesso allo sport. Non c’è una strategia o almeno non si vede. La partita non si gioca sul numero degli amatori, a nostro avviso, ma sul fatto che i ragazzini non sognano più di scoprire il mondo su una bicicletta. E quelli che ancora lo fanno, trovano la strada sbarrata da problematiche insormontabili, soprattutto perché non gestite. 

Fra i progetti di Sport e Salute, Bici in Comune riguarda la promozione del ciclismo, fra società e sport
Fra i progetti di Sport e Salute, Bici in Comune riguarda la promozione del ciclismo, fra società e sport

I soldi scarseggiano

La FCI nuota in acque basse e questo non è un buon segno. I soldi scarseggiano, attendiamo di capire se l’accordo con Infront darà una svolta. Il tesoretto ricevuto in eredità grazie ai risparmi del 2020 è stato speso in tre anni. E anche se nel primo anno post olimpico ci saranno certamente meno spese, è chiaro che il disavanzo sia importante e il risparmio non sia una scelta ma una necessità. Nella conferenza stampa di Milano, che ha preceduto il Giro d’Onore in cui ha recitato per tutto il pomeriggio da conduttore, il presidente uscente Dagnoni ha vantato i risultati, sfoggiato le medaglie e spiegato i suoi risultati. Si è però detto stupito, a fronte dei risultati conseguiti, del taglio dei contributi da parte di Sport e Salute. E questo forse dà la misura del cambiamento non percepito: le sole medaglie non bastano più.

I progetti pubblicati sul sito della società che distribuisce i fondi per lo sport sono tutti nel segno della diffusione della pratica sportiva e della promozione sociale. Lo sport è veicolo di benessere e salute, limitarsi a sbandierare le vittorie espone il ciclismo ufficiale alla rimonta da parte degli Enti che fanno attività sui territori e possono vantare un numero di tesserati di tutto rispetto. Se vuole garantire un futuro allo sport – chiunque sarà il presidente chiamato a guidarla – la FCI deve cambiare pelle. Per non ritrovarsi ancora una volta a chiudere la stalla quando i buoi sono già tutti fuori. Prendere esempio dall’operato del Presidente di Lega Roberto Pella, firmatario con il ministro Abodi e Mezzaroma di Sport e Salute del progetto Bici in Comune, potrebbe essere un bel modo per fissare degli utili punti di riferimento.