«Quando l’ho saputo – dice Valentina Scandolara – ho inviato un messaggio ad Annette Edmonson e a Carlee Taylor. Ho chiesto loro: “Ditemi che non è vero!”. Invece mi hanno mandato un video, ma la mia prima reazione è stata comunque di non crederci. Non c’è niente da dire, la morte di una persona così giovane è una cosa che non ci si aspetta mai. E tutto il resto ancora meno, ma non sta a noi parlarne».
Il ritiro in Australia
La veronese si sta allenando per la ripresa della stagione su pista, la strada appartiene al suo passato. Nel 2014 e 2015, quando approdò in Australia alla Orica-AIS, trovò ad accoglierla anche Melissa Hoskins. Il suo nome è balzato drammaticamente alle cronache alla fine dell’anno: la sua morte a 32 anni è una notizia che non va giù. Forse per questo abbiamo chiesto a Valentina Scandolara di ricordarla per noi. Perché non l’abbiamo mai conosciuta e non ci sembrava giusto lasciarla andare così. Per lei non è facile parlarne e per questo la ringraziamo sin d’ora.
«Uno dei ricordi che mi fa più ridere – dice – è di quando l’ho incontrata al primo ritiro della squadra a Melbourne. Arrivai la sera tardi e la notte non dormii per il jet lag. Al mattino le trovai tutte a colazione e non capivo cosa dicessero. Un po’ perché ero intontita, un po’ perché la pronuncia australiana è molto dura. Melissa assieme a Carlee Taylor cercò invece di farmi sentire più a mio agio. E poi era una burlona. In quel ritiro ad esempio si mise a farmi vedere un video con i 42 modi per morire in Australia. C’erano gli squali, i ragni, gli scorpioni… Mi raccontava storie assurde, esagerate, tutte quelle che si raccontano agli stranieri che vanno in Australia.
«Una sera – prosegue e ride – per farmi sentire a casa, andò con Annette a prendermi una pizza. Io ero super felice. Aprii questa scatola e vidi che me l’avevano presa all’ananas. E gli dissi: “Ragazze no, bisogna fare una lezione di cucina italiana!”. Ma loro sapevano benissimo che avrei reagito così, perché chiaramente avevano il ritiro in Italia…».
Foto e ricordi
Parlare costa, è trascorso troppo poco tempo e il rischio di passare per qualcuno che vuole metterci sopra il nome l’ha tenuta a freno dal pubblicare ricordi sui social.
«Ci ho pensato – ammette – perché all’inizio ero indecisa se postare e dire qualcosa. Col tempo i contatti si allentano, ci si sente solo per gli auguri e non ero certa di essere la persona più adatta per dire qualcosa. Però dopo un po’ hanno iniziato a mandarmi le foto che avevano di noi e mi sono ritornati in mente tanti ricordi a cui magari non pensavo più. In questi giorni ho pensato bene a cosa ricordo di lei ed è vero, come si dice, che i migliori partono sempre troppo presto».
Il Tour Down Under
Forse il ricordo più bello, lo si capisce dalla voce che trema, è quello legato alla vittoria del Tour Down Under nel 2015. Fu il successo di un’italiana di 25 anni, davanti a un’australiana già molto nota in patria per le sue vittorie su pista.
«Quella corsa – conferma Scandolara – fa capire veramente chi fosse Melissa. L’anno prima a Ponferrada eravamo arrivate seconde al mondiale della cronosquadre e lei al Down Under arrivava in preparazione ai mondiali su pista, il suo obiettivo a fine febbraio. Si correva ad Adelaide, la sua città adottiva, dato che si era stabilità lì per la pista. In quel periodo volava, io andavo forte, ma la corsa non era un mio obiettivo. Invece vinsi la prima tappa e lei fece seconda. Chiaramente i giochi erano ancora apertissimi, invece Melissa si mise a disposizione per tutta la settimana, perché io potessi tenere la maglia. La foto che dopo la sua morte ha pubblicato anche la GreenEdge (immagine di apertura di Nikki Pearson, ndr) è l’abbraccio fra noi due dopo l’ultima tappa che vinse lei. Ero felicissima. Infatti nella foto dell’arrivo alle sue spalle, esulto anche io. Melissa aveva un talento straordinario, era fortissima e super competitiva. Però quando si metteva a disposizione, rinunciava a tutte le sue possibilità di vittoria. Era una persona veramente rara e la ricordo con tantissimo affetto. E’ stata una tragedia incredibile».
Argento a Ponferrada
Nei mondiali 2015 su pista, che si svolsero nel velodromo parigino che ospiterà le prossime Olimpiadi, Melissa Hoskins conquistò la maglia iridata nel quartetto facendo anche il record del mondo. Il ricordo dell’argento nella cronosquadre di Ponferrada (vittoria alla Specialized Lululemon), che ha fatto capolino nelle parole di Scandolara, merita a sua volta un racconto.
«Melissa e Annette Edmondson – ricorda – erano in prestito nella squadra della strada, perché la loro attività era prevalentemente su pista. Nel 2014 condividemmo tanti momenti, ritiri e corse, ma l’obiettivo finale della squadra era il campionato del mondo della cronosquadre. Io fisicamente non sono mai stata un corridore da crono, però Melissa mi incoraggiò per tutto l’anno. All’inizio non avevo nessuna prospettiva di far parte della squadra, invece in ogni ritiro lei, Annette ed Emma Johansson, che erano le più esperte, mi sostenevano con i loro consigli. E alla fine, miglioramento su miglioramento, entrai di diritto in squadra e fui addirittura una delle quattro che sarebbero passate per prime al traguardo e su cui sarebbe stato fermato il tempo».
Ritiro e famiglia
Le loro strade si separarono alla fine del 2015. Scandolara passò alla Cylance Pro Cycling, mentre Melissa lasciò la strada per concentrarsi sulla pista e di lì a poco lasciò la carriera per dedicarsi a quella di suo marito.
«Dopo allora – ricorda Scandolara – capitò di vedersi qualche volta in Australia, magari al Tour Down Under. Lei si stabilì fra Girona e Andorra e andava spesso vedere le gare maschili. Quando si è ritirata, mi è dispiaciuto molto, perché aveva ancora tantissimo da fare. Era giovanissima, aveva appena 25 anni. Però so che voleva una famiglia e supportare la carriera di suo marito. E così adesso di lei mi restano questi ricordi e una bandierina dell’Australia, di quelle di scarsissima qualità che ci diedero sul podio dei mondiali. Pensate che in questo momento sto vestendo una felpa dell’Orica. Mi ricordo anche del soprannome che mi diedero, forse perché Valentina Scandolara era troppo difficile da pronunciare senza storpiarlo. Mi chiamavano Brumby, come il cavallo selvaggio australiano…».
La morte e i giornali
Adesso Valentina sorride e prima di salutare ha un sassetto da togliere dalla scarpa, qualcosa che abbiamo pensato anche noi nei giorni immediatamente successivi alla tragedia di Adelaide.
«Mi è dispiaciuto – dice – vedere anche delle testate prettamente sportive che hanno dedicato i loro articoli a Rohan Dennis, il campione di ciclismo, accusato di aver ucciso la moglie. A Melissa invece hanno dedicato tre parole. Ebbene anche Melissa Hoskins era una campionessa di ciclismo ed è stata protagonista di questa brutta storia. E in ogni caso, anche se non fosse stata Melissa con i suoi risultati sportivi, penso che le parole vadano pesate bene. Capisco che il marito sia più conosciuto, ma sarebbe servito più rispetto anche per Melissa. L’ho detto a chi mi ha cercato per parlarne: se volete scrivere qualcosa, tenete conto anche di questo aspetto. Sarebbe assurdo fare il contrario».