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Green Project: avvicinamento mirato al Giro d’Italia

24.04.2023
4 min
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La Green Project Bardiani CSF Faizanè sarà chiamata ad attaccare al prossimo Giro d’Italia, l’obiettivo è quello di mettersi in mostra. Il ritmo e la competizione si alzano sempre di più e per le formazioni professional diventa più complicato mettersi in mostra.

«L’anno scorso – racconta Roberto Reverberi – lo abbiamo approcciato in un modo e ci sono state rivolte un sacco di critiche, perché non andavamo in fuga nelle tappe di pianura. Ci eravamo ripromessi di non spendere energie per niente nelle tappe pianeggianti, dare tutto nelle frazioni più mosse, dove c’era la possibilità di andare all’arrivo».

Zoccarato è un corridore potente e di fondo. Lo scorso anno al Giro fu sfortunato. E’ chiamato al riscatto
Zoccarato è un corridore potente e di fondo. Lo scorso anno al Giro fu sfortunato. E’ chiamato al riscatto

Le difficoltà del 2022

Nel 2022 i ragazzi di Reverberi si erano ritrovati dimezzati fin dall’inizio, nonostante ciò i risultati non sono mancati. Dobbiamo anche ricordarci che vincere non è così semplice, soprattutto per chi parte con il ruolo di cacciatore di tappe.

«Avevamo perso Zoccarato fin da subito – ricorda il team manager – e lo stesso Fiorelli lo perdemmo presto. Il primo si ritirò alla settima tappa, il secondo, invece addirittura prima, alla quinta. Non è stato facile rimettere le cose a posto. Nonostante ciò siamo riusciti a portare a casa tanti buoni piazzamenti: il secondo posto di Gabburo a Napoli e il quarto a Treviso. Poi Tonelli si è piazzato terzo al Santuario di Castelmonte. Questo per dire che nelle tappe di nostro interesse ci siamo sempre mossi bene.

«Tra l’altro Covili nel finale di Giro è riuscito ad entrare tra i primi 25 nella classifica generale ed a Cogne si è messo in luce con un buon sesto posto».

Luca Covili (classe 1997) proverà a curare la classifica generale al Giro. Una piccola rivoluzione in casa Green Project. e uno stimolo in più
Covili proverà a curare la classifica generale al Giro. Una piccola rivoluzione in casa Green Project. e uno stimolo in più

Più forti nel 2023?

Lo stesso Roberto Reverberi, nel proseguire il suo discorso, ci tiene a dire che, a suo modo di vedere, la squadra è migliorata tanto.

«Quest’anno – continua – abbiamo una squadra più forte rispetto all’anno scorso. Il percorso ci potrebbe anche dare una mano, non ci saranno molti arrivi in volata. Fiorelli, che è il nostro uomo veloce, non è tuttavia un velocista puro. Frazioni più miste e nervose danno una mano a squadre come le nostre. Ormai la tecnologia fornisce dati in tempo reale per tutto e si fa fatica a prendere di sorpresa il gruppo. E’ più semplice mirare a qualche tappa e cercare di massimizzare gli sforzi.

«L’idea è anche quella di provare a fare un po’ di classifica con Covili, cercando di entrare nei quindici, senza troppe pressioni. L’anno scorso in questo periodo non andava così forte, eppure fece un Giro discreto. Ora sta bene, quindi mi aspetto che possa fare qualcosa in più, poi lui è un diesel, migliora chilometro dopo chilometro».

Martin Marcellusi (classe 2000) ha buone opportunità che Reverberi lo porti al Giro. Il laziale è un vero combattente
Martin Marcellusi (classe 2000) ha buone opportunità che Reverberi lo porti al Giro. Il laziale è un vero combattente

Tutti all’attacco

Gli altri corridori in maglia Green Project non dovranno perdere lo spirito battagliero che li ha sempre contraddistinti. E’ vero che bisogna programmare bene gli sforzi, ma allo stesso tempo, quando si decide che bisogna andare in fuga ci devono provare tutti

«I restanti sette – spiega Reverberi – saranno votati all’attacco. Ho guardato in generale le frazioni, ma non sappiamo ancora quali scegliere. Vedremo di volta in volta in base alle caratteristiche dei ragazzi. La cosa certa è che non sarà uno solo a cercare la fuga, ma tre o quattro, è difficile rispondere a dieci, venti attacchi. Nella tappa che ha portato da Diamante a Potenza, ci furono tantissimi tentativi prima di che andasse via la fuga.

«Non dimentichiamoci anche che ci sono i giovani – aggiunge – Magli, che è arrivato sesto al Giro della Città Metropolitana di Reggio Calabria, e Marcellusi. Quest’ultimo potrebbe essere uno dei nomi che vedrete al Giro d’Italia. E’ stato un po’ sfortunato a inizio stagione, perché a Majorca stava bene, ma è caduto e si è rotto la clavicola. Ha ripreso e ha avuto altri problemi, al Giro di Sicilia è andato bene. Marcellusi è uno che combatte bene ed in più è in grado di interpretare la corsa, potrebbe essere molto utile».

Henok, l’orgoglio d’Africa sulle strade del mondo

17.02.2023
5 min
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E’ stato portato in trionfo, proprio come accadeva da noi quando gli arrivi non erano circoscritti dalle transenne e la folla poteva acclamare il campione. Henok Mulubrhan è stato festeggiato così ad Accra, capitale del Ghana, dove si sono tenuti i campionati continentali d’Africa.

Il corridore della Green Project-Bardiani è stato autore di una doppietta che a suo modo è storica. Era il campione uscente e ci teneva moltissimo a confermarsi.

Una maglia “lunga” 

«Henok voleva mantenere il titolo – racconta con orgoglio il suo team manager Roberto Reverberi – ed è un titolo di prestigio per lui, ma anche per noi della squadra. Non sarà un campionato europeo, che è quasi un mondiale, ma ha il suo bel lustro. E poi questo vuol dire che per un anno porterà in giro una bella maglia.

«E proprio sulla maglia un po’ mi viene da ridere. Lo scorso anno per fargliela abbiamo impiegato un sacco di tempo. Questa infatti deve prima essere approvata dalla confederazione africana, quindi dall’Uci e poi di nuovo dalla confederazione africana. Non vi dico che giostra! Alla fine ce l’abbiamo fatta».

Henok Mulubrhan (classe 1999) è arrivato alla corte di Reverberi lo scorso marzo
Henok Mulubrhan (classe 1999) è arrivato alla corte di Reverberi lo scorso marzo

Obiettivo continentale

«Comunque – va avanti Reverberi – Henok ci teneva e sapevamo che stesse bene. Ha passato tutto l’inverno in patria, dove tra l’altro ho scoperto che il ciclismo è sport nazionale… più dell’atletica. Impazziscono per i ciclisti, più che per i podisti. Chissà, forse per il fatto che è stata una colonia italiana, perché conoscevano Coppi e Bartali, no so… Laggiù in Eritrea c’è un ambiente ideale per allenarsi. Henok vive a 2.500 metri di quota ed è come se fosse primavera tutto l’anno.

«Prima del campionato africano aveva preso parte all’Amissa Bongo. Era ben messo in classifica, ma in un momento cruciale della corsa, quando i migliori hanno attaccato, lui ha forato. E ora sarà al via del Tour du Rwanda (19-26 febbraio, ndr), che correrà con i nostri colori e non con quelli della nazionale».

L’eritreo ha legato molto con Filippo Zana, il quale parlando inglese lo ha aiutato ad inserirsi nel gruppo
L’eritreo ha legato molto con Filippo Zana, il quale parlando inglese lo ha aiutato ad inserirsi nel gruppo

Henok non si tocca

Reverberi racconta che Henok è un bravo ragazzo. Uno di quelli che s’impegna a fondo e che ha anche un certo margine di crescita.

«Il motore è buono – spiega Roberto – è un ragazzo che non si tira indietro. Rispetto ad un Girmay è forse un po’ meno velocista e un po’ più scalatore, ma di base resta un atleta abbastanza veloce. 

«Non si nasconde. In riunione chiede cosa deve fare. E’ uno che dà, non è un individualista. Pensate che lo scorso anno la B&B Hotels ce lo chiese, ma noi lo avevamo preso da poco e non vedevamo un motivo per cederlo. Lo abbiamo preso adesso – ci siamo detti – perché non crederci?».

Henok è in Italia ormai da diversi anni. Prima correva alla Qhubeka diretta da Daniele Nieri. L’italiano lo sta imparando sempre di più e lo stesso si sta integrando sempre di più.

«Aveva legato parecchio con Zana – prosegue Reverberi – e infatti all’Adriatica Ionica Rece lo scorso anno lo aiutò con molto piacere a vincere. Henok fece un grosso lavoro per lui. Ma vedo che anche con gli altri ragazzi se la cava. Gli vogliono bene e si fa voler bene».

Henok Mulubrhan è stato portato da Daniele Nieri (in foto) nel 2020, quando il suo team era ancora NTT Continental
Henok Mulubrhan è stato portato da Nieri (in foto) nel 2020, quando il suo team era ancora NTT Continental

Parla l’ex diesse

E in quanto ad integrazione, anche Daniele Nieri ci racconta qualcosa di Henok. Alla fine lui lo ha diretto per due anni. E due sono ancora a stretto contatto.

«Ci sono in contatto sì – interviene Nieri – Henok, ma anche Natnael (Tesfatsion, ndr) vivono a due chilometri da casa mia a Vinci… sono diventati compaesani di Leonardo! Pensate che mia mamma li porta a fare la spesa certe volte e anche loro la chiamano “mamma”!

«Henok è uno dei ragazzi del ciclismo africano che sta crescendo. Guai a fare i paragoni con Girmay, perché lui è un fenomeno, vedrete come verrà fuori, ed è un caso a parte. Mulubrhan è un buon corridore. Un corridore veloce, scaltro e che impara in fretta. E’ stato così con la lingua, con l’alimentazione. Viene dalla scuola di ciclismo dell’Uci, dal progetto del ciclismo per tutti, e poi è arrivato da me. In due anni ha imparato parecchio.

«Ricordo che fece il Giro U23 del 2020, quello del Covid. Non doveva farlo, sostituì proprio Natnael che ebbe un problema fisico, e riuscì a fare bene (fu 11°). Per me potrà andare molto bene anche in Rwanda».

Nel ritiro della Bardiani. Giornata tipo da mattina a sera

13.12.2022
8 min
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Siamo andati nel ritiro della Green Project Bardiani Csf Faizanè, la squadra dei Reverberi, che come da tradizione avviene presso la tenuta Il Cicalino tra le colline toscane di Massa Marittima. Ma a questa tradizione, quest’anno più che mai, si affianca tanta innovazione.

Innovazione che passa non solo attraverso il nuovo sponsor, i nuovi atleti, ma anche e soprattutto attraverso il nuovo staff medico-atletico e dal loro nuovo metodo di lavoro. Vi raccontiamo dunque una giornata tipo dei Bardiani.

Sveglia e bilancia

Sveglia alle sette circa. Poi a scaglioni in gruppi 8-9 atleti si va al controllo nella grande sala comune al centro della tenuta che è un po’ il centro nevralgico dell’intero ritiro.

In questa sala al mattino, ancora a digiuno, gli atleti vengono prima pesati e poi passano al controllo impedenziometrico, vale a dire alla presenza dei liquidi nel corpo. 

«Questo – spiega il dottor Andrea Giorgi – è un esame rapidissimo ma importante. Dalla quantità dei liquidi, e volendo anche dalla loro “disposizione”, possiamo capire quanta ritenzione c’è stata dopo la cena della sera prima, il livello d’idratazione e di recupero. E quest’ultimo aspetto è molto importante soprattutto durante le corse a tappe. Ma anche in questa fase, che è quella costruttiva della preparazione».

I ragazzi passano poi nell’adiacente sala da pranzo, dove fanno la colazione. Intanto i medici, anche Borja Martinez Gonzalez e Maurizio Vicini, incamerano i loro dati e fanno i primi confronti. In caso di qualche caso eclatante “alzano la mano” e intervengono in vista dell’immediato allenamento.

Al grammo

Parlavamo della colazione. Sul tavolo ci sono: cereali, affettati, uova sode o strapazzate, yogurt, frutta secca o essiccata… ma soprattutto delle bilance vicino ai vassoi. 

Agli atleti è stata fornita una App con cui sanno quanto e cosa devo mangiare. In questo modo una volta posato il piatto sulla bilancia, pesano le quantità di cibo necessarie.

E le quantità variano. Per esempio dopo una distanza devono prendere un grammo di carboidrati per chilo. Quantità inferiore magari dopo il giorno di riposo. La App dà poi le differenze di peso tra il cibo cotto e asciutto. Il caso più emblematico è la pasta. Nel vassoio del buffet c’è la pasta cotta chiaramente e se i ragazzi sanno che ne devono mangiare 100 grammi (cruda) la App gli mostra la rispettiva quantità cotta.

Gli atleti sanno che devono stare attenti, specie in questo momento, ma i diesse seduti in un altro tavolo allungano gli occhi… soprattutto col dolcetto (solitamente una crostata) della sera.

Si parte…

L’orario dell’allenamento varia a seconda del lavoro. Ma non è mai prestissimo. Nel giorno della distanza (5 ore) per esempio era stato fissato alle 9:45.

I ragazzi vengono divisi in due gruppi: coloro che sono più avanti nella preparazione, e che presumibilmente inizieranno a gareggiare prima, e quelli che sono un po’ più indietro. Sono stati anche i test fatti prima del ritiro a decretare i due gruppi.

Altro vantaggio di dividerli è che c’è più omogeneità nella sessione stessa. I direttori dicono che in questo modo in cima alle salite, che magari devono essere fatte ad un determinato passo, ci si deve attendere di meno.

Quindi ci si prepara. Stavolta si è nel secondo punto nevralgico del ritiro: due casolari all’interno di questa immensa e splendida tenuta. Dalla sala centrale ci sono un paio di minuti in macchina, ma sempre su stradine private. Qui ci sono gli alloggi dei ragazzi, gli spazi per i meccanici e anche una palestra.

Si riempiono le tasche di integratori o rice cake che hanno preparato i massaggiatori. Si prendono le borracce. I ragazzi provvedono alla borsa del freddo che caricano sulla rispettiva ammiraglia: Gruppo 1 o Gruppo 2. Qualche controllo alla bici (questo è anche il periodo per affinare la posizione tanto più che ci sono materiali nuovi) e finalmente si parte.

Intanto qualche ragazzo va con lo staff medico a fare il test del lattato, da cui poi si otterranno le varie zone d’intensità per gli allenamenti: base, medio, soglia… Finito il test una terza ammiraglia li scorterà verso il rispettivo gruppo. Le tre ammiraglie condividono in tempo reale la posizione.

Pranzo e massaggi 

A pomeriggio ormai inoltrato si rientra. L’allenamento è filato via bene e delle 5 ore previste se ne sono fatte quasi 5 e mezzo. Oltre 160 i chilometri messi nel sacco.

Sono quasi le 16, quando dopo una rapida doccia i ragazzi raggiungono la sala pranzo. Gli altri dello staff, che non erano in ammiraglia (dottori e massaggiatori), avevano già mangiato ed erano pronti ad accoglierli.

Al buffet, i corridori trovano quanto i medici hanno suggerito ai cuochi. Ognuno prende le sue quantità.

Terminato il pranzo c’è il fuggi, fuggi verso l’altro casolare per riposo e massaggi. «Ma nei giorni in cui si fa meno – dice Alessandro Donati – si va in palestra». Intanto i coach raccolgono i dati sui loro software.

La sera

Prima di cena c’è un importante appuntamento con l’osteopata, Emanuele Cosentino. Tutti e 26 i ragazzi, prendono un tappetino e svolgono precisi esercizi di stretching indicati da Cosentino. 

Sono esercizi volti maggiormente alla distensione della colonna vertebrale e allo sblocco del diaframma.

Una mezz’oretta e poi verso le 19:30-20 tutti a cena. Nei piatti quantità e cibi prestabiliti, come a pranzo.

Finita? Non del tutto. Prima del rompere le righe è il momento del briefing. Ci si sposta nell’ormai noto stanzone e si illustra l’allenamento del giorno successivo. Si parla di cosa non ha funzionato in quello precedente. Ci si confronta. 

Quindi tutti a dormire. Non prima di aver indossato l’orologio del sonno. Altra novità introdotta dal nuovo staff medico. Altro elemento per migliorare le prestazioni e che viene poi analizzato da Borja.

Roberto Reverberi (classe 1964) manager e diesse della Bardiani
Roberto Reverberi (classe 1964) manager e diesse della Bardiani

Verso il futuro

Vedere questo metodo di lavoro accurato e moderno, lo ammettiamo, ci fa piacere. Dopo essere stati dalla Jumbo-Visma sapere che anche un team italiano possa lavorare bene è una bella conferma. Chiaro, i budget non sono neanche paragonabili, ma la qualità del lavoro può esserci lo stesso. Si nota dunque un bel cambio di marcia. E di mentalità.

«Dovevamo adeguarci – spiega Roberto Reverberi, manager e diesse – Vedendo come si sta evolvendo il ciclismo mondiale era un cambio di marcia necessario. C’è un gap esagerato con le squadre WorldTour più importanti, adesso cerchiamo di tenere duro con l’inserimento di persone così preparate».

«Tutto è più coordinato. L’intera squadra è un organismo. Alimentazione, recupero, allenamenti… tutto è organizzato al dettaglio. Abbiamo fatto una riunione prima del ritiro per vedere cosa serviva e lo abbiamo messo in atto. Vedo che i ragazzi hanno recepito bene questo cambiamento. Si sentono seguiti e fanno le cose con morale ed entusiasmo».

«Ne parlavo proprio con Gabburo. Mi ha detto: “Roby, abbiamo fatto un salto di qualità e i ragazzi sono contenti».

Martinelli, uno dei giovani più promettenti, con Mirko Rossato
Martinelli, uno dei giovani più promettenti, con Mirko Rossato

Sulla rosa

Dopo il saluto di Zana, Visconti, Modolo, Battaglin… c’è un gruppo nuovo.

«L’idea era di svecchiare l’ambiente. Visto che si parla della crisi del ciclismo italiano, abbiamo puntato ancora di più sui giovani. Abbiamo preso altri juniores prima che ci arrivassero gli altri, con l’idea di farli crescere. Faranno attività U23 di alto livello, con qualche puntata tra i pro’».

«Il corridore esperto deve essere propositivo. Deve spronare i giovani e non essere un deterrente. Se deve fare un allenamento non voglio più sentirgli dire ad un giovane: “Sei troppo convinto, vai più piano”. Solo perché lui vuole fare meno. Deve aiutare i giovani e… noi. A quel punto l’esperienza è un valore aggiunto per ottenere i risultati».

E a proposito di risultati: su chi si punta quest’anno in Green Project Bardiani?

«Noi – conclude Reverberi – facciamo molto affidamento sui più esperti: Fiorelli, Zoccarato. E anche Tonelli e Gabburo sono una garanzia. Ma anche da Covili: da lui mi aspetto un salto di qualità (sembra sia stato tra i migliori durante i test, ndr). Lo vedo più convinto. Vorrei fargli fare classifica al Giro per farlo maturare ancora e responsabilizzarlo».

«Abbiamo dei giovani davvero di grandi prospettive. Non voglio esagerare se dico che abbiamo quelli più interessanti del panorama italiano, escludendo quei 6-7 che sono passati nel WorldTour ma che non so quanto spazio avranno».

Covili, tutto quello che serve per sognare il WorldTour

07.12.2022
6 min
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CASTELFRANCO EMILIA – Gli interminabili scaffali pieni zeppi di libri della Biblioteca Comunale “Lea Garofalo” di Castelfranco Emilia fanno da cornice all’incontro con i giovani campioni del ciclismo modenese voluto dal comitato provinciale. Fuori piove, fa freddo. Le parole di Luca Covili (foto Demetra Photography) e Rachele Barbieri, gli attori protagonisti dell’evento, scaldano l’animo della platea.

La premiazione diventa un pretesto per sentire le parole di due ragazzi coetanei cresciuti sul loro Appennino a venti chilometri di distanza l’uno dall’altra. All’appello mancano Giovanni Aleotti, Luca Paletti e Gaia Masetti – trattenuti da impegni di squadra – però ci sono Stefano Masoni, Matteo Pongiluppi e Francesco Calì, le nuove leve che militano in continental italiane.

Nono posto: in Repubblica Ceca Covili ha disputato un buon Sazka Tour, vinto da Rota
Nono posto: in Repubblica Ceca Covili ha disputato un buon Sazka Tour, vinto da Rota

Loro tre, assieme ad altri giovanissimi corridori, ascoltano attenti quello che dicono Covili e Barbieri. E se Rachele ormai è diventata una nostra fedelissima, a fine serata ci prendiamo invece qualche minuto per una chiacchierata con il 25enne scalatore della Bardiani-Csf-Faizanè, alla vigilia del loro training a Massa Marittima (fino al 20 dicembre). Approfondiamo qualche spunto e buttiamo uno sguardo alle prossime stagioni di Luca.

Che effetto fa presenziare a manifestazioni del genere insieme ad altri colleghi?

Sono momenti che risvegliano l’orgoglio modenese che c’è in ognuno di noi. Come c’è scritto sulla pergamena di Rachele e sul riconoscimento che ho ricevuto io, siamo degli ambasciatori di valori e della nostra terra attraverso il nostro sport. Ma serate come queste sono importanti per i più piccoli. Lavoriamo per essere degli esempi per loro. Non sono un campione ma sono sempre onorato quando qualche giovanissimo mi dice che vorrebbe diventare come me. E’ una cosa che stimola.

Che 2022 è stato per te?

E’ stata un’annata divisa in due. Così così fino ai primi 5 giorni del Giro d’Italia. Molto buona dalla quinta tappa sino a fine stagione. Senz’altro è stata la mia migliore stagione da quando sono pro’. Sono cresciuto in tutto. Più esperienza, resistenza, forza, tenuta sulle salite lunghe e recupero. Quello ce l’ho sempre avuto buono fin da giovane, ma adesso è migliorato.

Come mai queste differenze?

A febbraio avevo iniziato bene sia in Oman che al UAE Tour, poi alla Milano-Sanremo sono caduto battendo la coscia sinistra. Ero arrivato lo stesso al traguardo, ma qualche giorno dopo alla Coppi&Bartali non riuscivo a spingere e mi sono dovuto ritirare. Ho recuperato, però venti giorni dopo al Giro di Sicilia sono caduto nuovamente andando contro un guardrail, colpendolo col ginocchio e facendomi pure un occhio nero. Peccato perché mi sentivo bene in salita. Non nascondo che mi sono spaventato e preoccupato. Pensavo di aver perso il treno per andare al Giro. Ho corso il Tour of the Alps praticamente con una gamba ed anche un po’ demoralizzato. Invece è arrivata la convocazione per partire per l’Ungheria.

Nel 2022 Covili ha disputato 72 giorni di gara con nove giri a tappe
Nel 2022 Covili ha disputato 72 giorni di gara con nove giri a tappe
Alla fine è stato un bene la chiamata per il Giro…

Sì, assolutamente. In realtà fino alla tappa dell’Etna ho sofferto. Quel giorno ho preso venti minuti. Ma da lì in avanti sono stato sempre meglio. Ho iniziato a recuperare posizioni e condizione. Il sesto posto a Cogne è stato forse il momento migliore dell’anno. Sono andato in fuga, eravamo in tanti e molti erano forti. In vista del traguardo sono riuscito a staccare uno tosto come Mollema. Moralmente mi ha caricato nei giorni successivi. La buona forma del Giro l’ho poi sfruttata alla Adriatica Ionica Race in cui stavo veramente bene. Sul Grappa ho tirato quasi sempre io visto che avevamo Zana che poteva prendere la maglia da leader. Infatti lui ha vinto la generale ed io ho chiuso quarto assoluto. Sono andato forte anche al Sazka Tour e mi sono stupito…

La crono è il vero tallone d’Achille di Covili. Lui vorrebbe lavorare di più su posizione e materiali
La crono è il vero tallone d’Achille di Covili. Lui vorrebbe lavorare di più su posizione e materiali
Come mai?

Perché da quando sono pro’ era la prima volta che dopo un lungo periodo lontano dalle corse sono rientrato competitivo. La AIR l’abbiamo finita ai primi di giugno, mentre in Repubblica Ceca abbiamo corso due mesi dopo precisi. Nel mezzo mi sono riposato e allenato, però non credevo di essere a quel livello. Lassù c’era della qualità. Alla fine ho fatto nono lavorando per Zana che ha concluso quarto ad otto secondi da Rota. Anche questo significa che sono cresciuto e che ho lavorato bene.

Visto che proprio Zana è andato via, sarà Luca Covili quello deputato a prendere il suo posto? Roberto Reverberi cosa dice?

Filippo è un talento e mi piacerebbe ripetere anche solo una parte del suo percorso o dei suoi risultati. Sicuramente voglio alzare l’asticella, cercando di prendermi uno spazio maggiore. Roberto sa quali sono i miei obiettivi e i miei margini. Credo sia anche per quello che mi ha fatto firmare anche per il 2024. Penso di essere all’80 per cento del mio processo di crescita. Vorrei colmare parte del restante gap nei prossimi tre anni. L’intenzione è andare in un team WorldTour o in una professional estera più quotata. Prima però devo sistemare un po’ di cose.

Covili Cogne
Luca soddisfatto (e sesto) al traguardo di Cogne al Giro. Spera di fare altrettanto anche al Lombardia
Covili Cogne
Luca soddisfatto (e sesto) al traguardo di Cogne al Giro. Spera di fare altrettanto anche al Lombardia
Quali sono? In cosa devi migliorare per vederti davanti nel 2023?

Innanzitutto la differenza la fanno i dettagli e dovrò continuare a curarli. Devo limitare le giornate storte. Devo capire se sono un uomo-classifica per grandi o piccoli giri a tappe. A crono soffro tanto. Al momento non ci sto lavorando molto. Mi piacerebbe lavorare un po’ di più sulla posizione per capire quanto posso contenere i distacchi. E poi vorrei migliorare nelle gare di un giorno siccome sono sempre stato uno che andava bene dal secondo o terzo giorno di corsa in poi. Ad esempio, quest’anno sono stato a lungo in fuga al Lombardia. Nel 2023 un obiettivo sarà provare a stare con i migliori il più possibile. Quella è una classica che mi piace tanto.

Pinarello, la Tre Valli come premio per il suo 2022

08.11.2022
5 min
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Ha già la mente proiettata sul 2023 quando potrà dedicarsi alla bici fin dai primi mesi. Quest’anno Alessandro Pinarello ha dovuto districarsi tra la maturità, il Covid e gli impegni con la Bardiani-Csf-Faizanè. Contestualizzando il tutto, è riuscito a farlo piuttosto bene.

«Sono rientrato da pochi giorni dalle vacanze – ci spiega al telefono il 19enne trevigiano – che ho fatto a Marsa Alam con alcuni compagni di allenamento della mia zona. Ci eravamo già messi d’accordo questa estate di andare via tutti assieme. Adesso inizierò la preparazione invernale, visto che a metà dicembre dovremmo fare il primo raduno in Toscana».

Pinarello con Zana alla Tre Valli. Per il 19enne correrla è stata un premio della squadra
Pinarello con Zana alla Tre Valli. Per il 19enne correrla è stata un premio della squadra
Alessandro, partiamo dal finale di stagione che ci sembra sia stato positivo.

Sì, è stato così in effetti. In pratica sono rientrato ad agosto. Ho fatto Poggiana, Capodarco, una gara in Olanda, il Flanders Tomorrow Tour (gara a tappe per U23, ndr), poi tra i pro’ Giro di Slovacchia e Tre Valli Varesine. In mezzo ho corso il Piccolo Lombardia chiudendo al settimo posto. E con un po’ di rammarico.

Perché?

E’ stata una gara combattuta e strana. Il gruppo si è rotto dopo pochi chilometri. Mi sentivo bene. Così ho attaccato sul Ghisallo facendo selezione, ma proprio in cima ho rotto la bici. In pratica ho tirato fuori la fuga decisiva in cui non c’ero dentro. Con Busatto della General Store e Villa della Biesse-Carrera abbiamo provato a rientrare. Ce l’avevamo quasi fatta, ma sugli ultimi strappi abbiamo pagato lo sforzo. Piuttosto mi spiace che con me non sia rimasto Martin (Marcellusi, ndr) perché sono convinto che avremmo potuto fare qualcosa di più. Peccato, ero un po’ deluso, ma sono stato anche sfortunato. E se ci penso, davanti c’erano due quasi pro’ come Fedorov e Segaert, che ha la mia età e va come una moto.

Pinarello ha esordito tra i pro’ al Giro di Slovacchia disputando buone prove
Pinarello ha esordito tra i pro’ al Giro di Slovacchia disputando buone prove
La maturità è stata spartiacque per la tua attività. Come hai gestito scuola e bici?

Fino a giugno ho fatto fatica. E’ stato un periodo molto duro perché avevo giornate piene e facevo orari un po’ sballati. Andavo a scuola, durante la ricreazione mangiavo il pranzo che mi ero fatto la sera prima. Poi arrivavo a casa, mi infilavo i vestiti della bici che avevo già preparato al mattino ed uscivo ad allenarmi. Tornato a casa mi mettevo a studiare e preparavo tutto per il giorno seguente. E così via tutti i giorni. Certe sere ero cotto e andavo a dormire tardi perché dovevo finire. Diciamo che a scuola mi sono venuti poco incontro, considerando i miei impegni. Tuttavia sono riuscito a diplomarmi bene, anche se non con la votazione che speravo. Va bene così.

Dopo l’esame invece com’è andata?

Non ho trascorso una estate bellissima. Come dicevo prima, sono rientrato ad agosto perché ho preso il Covid. Al Val d’Aosta stavo già male ma ero ancora negativo ai test. Qualche giorno dopo a casa ero positivo. Lo sapeva solo la squadra. Ho dovuto riprendere quasi daccapo. Avrei dovuto fare l’altura però mi è saltata. Mi sono allenato a casa e poco per volta ho ritrovato una buona condizione.

Come è stato invece correre in mezzo ai professionisti?

In Slovacchia c’erano quattro formazioni WorldTour e, benché non avessero le prime punte, il livello della corsa era piuttosto alto. Di base è andata molto bene, in due tappe specialmente. Nella seconda mi sono staccato solo a 5 chilometri dal traguardo dove si arrivava in salita. Nella terza invece, che era lunga 210 chilometri con quattromila metri di dislivello, ho chiuso col gruppo di testa. Ho imparato a conoscermi meglio. Alla Tre Valli invece è stato un premio che mi ha fatto la squadra. Ero già su per il Piccolo Lombardia e mi hanno detto che l’avrei corsa. Ma va bene così, posso dire di aver corso con Pogacar e con due mostri sacri come Nibali e Valverde prima del loro ritiro.

Alessandro Pinarello nel 2023 manterrà un calendario prevalentemente di gare U23 (foto TM Marketing)
Alessandro Pinarello nel 2023 manterrà un calendario prevalentemente di gare U23 (foto TM Marketing)
Cosa ti hanno detto i tuoi tecnici di questa annata?

Beh, il giorno della Tre Valli, visti i calibri in gara, mi hanno detto che avrei dovuto solo portare la bici all’arrivo (sorride, ndr). Per il resto so che Roberto (Reverberi, il team manager, ndr) ha parlato bene di me in un’intervista e me lo ha anche detto. Però quest’anno è stato più vicino a me Mirko (Rossato, il diesse della formazione U23, ndr) perché ci guidava lui nelle nostre gare. Anche lui ha speso belle parole per me. Naturalmente mi fanno piacere questi riscontri. Sono motivazioni importanti per la prossima stagione.

Tu e il tuo compagno Pellizzari eravate stati al centro di un caso particolare nel passaggio a pro’. Ora che è finita la stagione, consiglieresti la stessa cosa ad uno junior?

Senza entrare nel merito delle questioni burocratiche che non mi competono, direi proprio di sì. Quest’anno io ho fatto un’attività uguale a quella che avrei fatto in una qualsiasi altra formazione U23. Mi hanno concesso il tempo di studiare e di organizzarmi a dovere con la scuola. Mi hanno aspettato quando ho avuto problemi. Ed il programma delle gare è stato fatto in modo graduale. Ora mi sento più responsabilizzato e noto la mia crescita mentale. Ogni giorno devi sapere che hai fatto bene i tuoi lavori. La tua coscienza deve essere sempre a posto. Per me è stato così.

Al Giro di Slovacchia, Pinarello si è piazzato settimo nella classifica dei giovani (foto Okolo Slovenska)
Al Giro di Slovacchia, Pinarello si è piazzato settimo nella classifica dei giovani (foto Okolo Slovenska)
A questo punto, che obiettivi ha Alessandro Pinarello per il 2023?

Di sicuro potrò dedicarmi solo alla bici. Quindi sarò più pronto a chilometraggi più lunghi. Dopo la maturità avevo pensato di iscrivermi all’università di agraria a Udine, ma ho rimandato a fra qualche anno, quando avrò ben capito come potermi gestire al meglio. Ho avuto la conferma che adesso nel ciclismo devi curare ogni dettaglio perché il livello è alto ovunque. Quest’anno ho fatto alcune corse dove volevo strafare. Una euforia che mi ha portato a sbagliare. Per l’anno prossimo il mio intento è fare lo stesso calendario, ma farlo molto meglio. Soprattutto nelle corse attorno a casa come Piva, Belvedere o San Vendemiano vorrei andare molto forte. O anche vincere, perché no…

Ramanzine e risate. Roberto Reverberi racconta il “suo” Sonny

04.11.2022
7 min
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Sonny Colbrelli lo aveva puntato prima degli altri. Prima di altri aveva capito che quel ragazzo dal viso buono avesse anche gambe ottime. Roberto Reverberi un po’ di aneddoti nel taschino ce li ha e ora che Sonny, suo malgrado, ha detto basta per i problemi al cuore che ben conosciamo, inizia il momento dei ricordi.

E Reverberi non lesina. Il direttore sportivo e manager della Bardiani Csf Faizanè ne parla con piacere. Risate, strigliate, potenzialità…

Roberto Reverberi e un selfie con Sonny Colbrelli. Il bresciano è stato nel gruppo dei Reverberi per sei stagioni
Roberto Reverberi e un selfie con Sonny Colbrelli. Il bresciano è stato nel gruppo dei Reverberi per sei stagioni
Roberto, come arrivaste a Sonny?

Lo prendemmo ancora prima che andasse alla Zalf. Da juniores in pratica aveva già firmato con noi. Ce lo avevano consigliato Luca Mazzanti e Gianluca Giardini. «Guarda che questo ragazzino promette bene», mi dissero. Ci fidammo e lo prendemmo dopo una stagione in cui fece non so quanti secondi posti.

Già all’epoca li collezionava dunque…

Perdeva un sacco di corse, però era sempre davanti. Quando gli facemmo fare lo stagista con noi, per poco non vinse subito la sua prima gara da pro’.

Racconta, racconta…

Era il Gran Piemonte, se ben ricordo. Precedeva di un paio di giorni il Lombardia e il gruppo era con la testa già alla Classica delle foglie morte. In riunione diedi i compiti e a lui non dissi niente. Così mi chiese: «E io cosa faccio?». «Tu hai campo libero, se ci riesci vai in fuga». Così escono 4-5 corridori e lui non c’era. Lo chiamo per radio e gli chiedo come mai. Al che fa uno scatto dei suoi e da solo rientra sugli attaccanti. La fuga era andata. Il gruppo pensava al Lombardia. Passo con l’ammiraglia quando Virgilio Rossi, di radio corsa, mi fa: «Roby, fermo, Roby fermo hanno sbagliato strada».

Già da dilettante Colbrelli sprecava molto, però era sempre presente nelle posizioni di vertice
Già da dilettante Colbrelli sprecava molto, però era sempre presente nelle posizioni di vertice
No, che sfortuna!

Tra che se ne accorsero e tornarono indietro avevano perso tantissimo. A quel punto il gruppo riavendoli a tiro si mise a fare la corsa e li riprese. Ma di quel drappello Colbrelli era il più veloce. Senza contare che si arrivava su uno strappetto. Era il finale ideale per Sonny.

Come era Sonny era in squadra?

Un generoso, anche troppo a volte. In quegli anni avevamo anche Modolo che andava forte, ma Sonny non era da meno. Tante volte gli dicevo che si sarebbe potuto correre per lui, ma preferiva mettersi a disposizione di Modolo e magari tirargli la volata. In generale faceva sempre ciò che gli dicevo. Non era un “gasatone” è sempre rimasto umile. E lo è tutt’ora.

Però qualche volta ti avrà pur fatto arrabbiare…

Eh, in particolare mi fece uscire di testa dopo un Gp Beghelli. Ora ci si ride su, ma eravamo in lotta per la Coppa Italia. Ed era importante perché garantiva la wild card per il Giro d’Italia dell’anno successivo. Ci serviva non tanto la vittoria, quanto i punti. E per questo dissi ai ragazzi di fare la volata in tre: Colbrelli, Piechele e Ruffoni. E voi sapete che tra Colbrelli e Ruffoni c’è sempre stata un po’ di maretta.

Come mai?

Erano tutti e due della stessa zona, avevano i fans club, se le davano sin dalle categorie giovanili. E quel giorno s’impuntarono su chi dovesse tirare la volata all’altro. Colbrelli diceva che gliel’avrebbe dovuta tirare Ruffoni. Fatto sta che ci bastava un dodicesimo posto. Vado a ritirare le classifiche e vedo che fece 18°. Arrivato al bus non so cosa gli dissi. Perdemmo la Coppa Italia per un punto dalla Neri Sottoli.

E’ Colbrelli dai! Era ancora anatroccolo e non cigno…

Vero. E c’è un’altra storia, questa tutta da ridere – e in effetti Reverberi ride mentre racconta – di un Tour of Oman. Era una delle primissime gare dell’anno e Sonny si presenta un po’ cicciottello. Si è “preso un po’ di parole” da me, ma mio padre ci andava giù di brutto. Lo massacrò. Una sera eravamo ad un tavolo tutti insieme e c’era l’acqua gasata. Lui riempiva il bicchiere. Al che mio padre sbotta: “Bevi ancora, così scoppi”. E Sonny: “Bruno, ma è acqua”. Ma glielo disse con una faccia che scoppiammo tutti a ridere.

Possiamo immaginare…

E non è finita. Sapete, quando si va a fare queste corse lontano, l’organizzazione ti dà le macchine. E sono identiche. Non ci fai l’occhio subito. Così il mattino dopo sbaglia ammiraglia: anziché venire come d’abitudine in macchina con me, sale su quella di mio padre. Due ore e mezzo di trasferimento, il più lungo di tutta la corsa. Quando è sceso: “Oh, Roby, ma me lo potevi dire che avevi cambiato macchina!”. “Guarda che sei te che hai sbagliato!”, replicai io. Si è preso tante di quelle parole che era sfinito!

Invece Roby, passando ad aspetti più tecnici, quando è stata la prima volta che hai capito che Colbrelli era un corridore vero?

In generale si vede subito. E anche con lui fu così. Ma in particolare ricordo una tappa dura del Giro in cui fu ripreso solo alla fine. Era in fuga, fece un corsone. Ci vollero il miglior Santambrogio, che poi fu “pizzicato”, e Nibali per riprenderlo. E quell’arrivo era duro. Pioveva, un freddo cane tutto il giorno.

Vero, con il freddo andava forte. 

Ve la ricordate la Sanremo della neve, no? Lui arriva al bus e se nesce: “Ma perché ci hanno fermato?”. C’erano corridori congelati dappertutto. Lui era a maniche corte, senza guanti, senza copriscarpe. Non sentiva nulla. 

Prima, più o meno scherzando, abbiamo detto dei suoi tanti secondi posti, poi però col tempo è migliorato… Come cercavi di correggerlo?

Sbagliava spesso. Tante volte scattava ai 700 metri, magari anche quando era marcato. Oppure quando doveva muoversi non lo faceva col tempo giusto. Io cercavo di farglielo capire, ma non era facile, soprattutto se avevano capito che ne avevi ed eri marcato. Però dagli errori s’impara. E per questo dico che certe volte stare in squadre piccole ti aiuta a crescere, a formarti. Hai le tue possibilità, sbagli, ma impari a giocarti la corsa…

Nel gelo della Sanremo 2013, la prima di Colbrelli, Sonny non sentiva il freddo
Nel gelo della Sanremo 2013, la prima di Colbrelli, Sonny non sentiva il freddo
Guarda Roberto condividiamo, ne parliamo spesso e anche Bragato (in parte) ha ripreso il discorso ieri…

Sempre questa fretta di andare in una WorldTour, a volte anche solo per 10.000 euro in più. E per cosa? Per andare a tirare… ma per tirare c’è tempo. Poi finisci che fai solo quello. Invece aspetta un po’ e passa nel WorldTour da capitano. Guardate Ciccone per esempio. Chi è rimasto mediamente con noi tre anni, poi ha sempre fatto bene nelle squadre più grandi. Finetto, per esempio, era bravo davvero ma ebbe fretta di andare alla Liquigas e si è perso.

Sei stupito che Colbrelli nel tempo sia arrivato a quel livello?

Assolutamente no. Nessuno stupore. Come ho detto prima, il corridore lo vedi subito. E al netto dei tanti errori giovanili, lui era un corridore. E un corridore, se non ha problemi, lo vedi già dai primi mesi in allenamento. Nel caso di Sonny, lui aveva solo bisogno di aggiustare qualcosa sul piano tattico. In più ha capito che essere magri era importante e si è valorizzato. E non era facile perché non era né un passista, né un velocista puro. E poi vederlo lassù sono state soddisfazioni anche per noi.

Green Project Agency, sogno Giro: il ciclismo è meglio del calcio

14.09.2022
7 min
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La sala riunioni del Grand Hotel Savoia di Cortina d’Ampezzo si trasforma ben presto in un ambiente colloquiale poco prima di andare a pranzo. Il motivo dell’evento indetto dalla Bardiani-Csf-Faizanè era rimasto pressoché segreto a tutti e la vigilia per noi si era trasformata in una sorta di toto-conferenza.

I protagonisti, appena si accomodano e malgrado l’importanza del ritrovo, tolgono subito il tipico alone di formalità e danno l’annuncio con estrema chiarezza. Anche perché persone come Bruno e Roberto Reverberi sono sempre andate dritti al punto, senza troppi giri di parole.

La conferenza stampa dell’annuncio dell’ingresso di Green Project Agency come main sponsor dal 2023 (foto Bardiani Csf Faizanè)
L’annuncio di Green Project Agency come main sponsor dal 2023 (foto Bardiani Csf Faizanè)

L’annuncio

Seduto al tavolo in mezzo a loro c’è Tommaso Giuliano, giovane imprenditore veneziano e titolare della Green Project Agency. Giusto il tempo di una veloce introduzione ed ecco l’annuncio. A partire dal 2023 e per i successivi cinque anni la sua azienda sarà il main sponsor del team professional dei Reverberi. Il nuovo nome sarà Green Project Bardiani Csf Faizanè, quasi una liturgia da ripetere per chi dovrà parlare dei risultati della squadra ma nel ciclismo funziona così da sempre.

«Si è presentata una occasione irripetibile per noi – spiega Bruno Reverberi – e con questo acccordo ora possiamo permetterci di trattenere o andare a prendere i migliori giovani italiani, senza che debbano emigrare all’estero. Siamo onorati di aver suscitato l’interesse di una azienda come la Green Project Agency e la ringraziamo per la fiducia che ci ha dato subito. Così come ringrazio le ditte Bardiani, Csf e Faizanè che, nonostante l’ingresso del nuovo sponsor, non hanno fatto alcun passo indietro, garantendoci la stessa attuale partecipazione anche per il futuro.

«Lo sapete, noi non promettiamo nulla, ma faremo conoscere il nuovo marchio a tutti con vittorie e andando sempre in fuga. D’altronde noi non retrocediamo mica in serie B (lo dice ridendo, ndr)».

Due generazioni a confronto. L’ottantenne Bruno Reverberi e il trentunenne Tommaso Giuliano
Due generazioni a confronto. L’ottantenne Bruno Reverberi e il trentunenne Tommaso Giuliano

Dal Venezia al Giro

La stoccata del boss di Cavriago è riferita alla sponsorizzazione della Green Project Agency sulle maglie del Venezia Calcio durante la scorsa stagione e chiusa con la retrocessione della formazione lagunare. E proprio da qui, a fine conferenza e dopo le foto di rito, partiamo con la nostra chiacchierata con Tommaso Giuliano.

Che esperienza è stata col calcio?

Da piccolo ci ho giocato ed è uno sport che crea molte emozioni in un ragazzo, perché è lo sport nazionale. Però è una passione che resta in campo. Mi aspettavo un’altra cosa, devo essere sincero. Sono rimasto un po’ deluso, ma soprattutto sono rimasto scioccato letteralmente di come non si possa avere una possibilità di fare qualcosa senza tirare fuori milioni di euro. Il calcio è solo economia, partendo da un certo budget in avanti. Se sei nelle prime quattro guardano la maglia ovunque, se sei l’ultima in classifica resti geolocalizzato nella regione al massimo di quella squadra. Diciamo che nel calcio ci sono sponsor già consolidati, mentre noi siamo una realtà più adatta al ciclismo professionistico.

L’avvicinamento al ciclismo com’è avvenuto?

Mi sono appassionato grazie a mio padre ormai tantissimi anni fa, non c’è un reale motivo. Vi confesso che in un certo senso sono onorato di poter parlare con voi addetti ai lavori. Da quando ho aperto l’azienda, ho sempre fatto fare dei completini per i ciclisti, fondando un piccolissima società amatoriale con tutti gli amici. Ogni anno faccio una divisa nuova. Il calcio ti unisce per 90 minuti, il ciclismo lo fa tutti i giorni per più ore al giorno, condividendo fatica e soddisfazione nel pedalare assieme.

Che differenze hai notato tra questi due mondi?

Sono due sport diversi nel loro insieme. Nel calcio due squadre sono rivali fino ad arrivare ad odiarsi. In bici hai tanti avversari, ma a fine gara, torna tutto come prima. Il calcio ti chiude in un campo. Il ciclismo ti può portare a coprire tutti e 1800 chilometri dell’Italia. Il ciclismo dopo che lo hai provato una volta da semplice amatore, diventa una passione che ti porti dietro per tutta la vita. Nel calcio non tutti possono giocare a San Siro, in bici tutti possono fare il Passo Giau. Nel calcio si resta focalizzati agli undici giocatori.

Hai detto che hai cominciato in uno scantinato. Avresti mai immaginato di fare un annuncio come questo?

Un po’ no e un po’ sì. Ho iniziato a lavorare per un’azienda di San Donà di Piave che vendeva impianti fotovoltaici. E’ fallita col crollo degli incentivi del GSE (Gestore Servizi Energetici, ndr) e io non ho voluto perdere quei pochi anni di esperienza che avevo accumulato. In questo settore ci credevo e ci credo. Mio padre mi ha messo a disposizione la sua taverna che io ho allestito ad ufficio. Ho ripreso in mano la lista dei clienti andando a proporre, porta a porta, assistenza a quegli impianti. Ho lavorato sulla fidelizzazione dei clienti. Da lì, poco per volta, è nato questo business.

Che tipo di azienda è la vostra?

Siamo circa in 300 in tutto. Nasciamo nel 2016 con lo scopo di rendere più efficienti tutte le abitazioni con tutte le energie rinnovabili che si possono conoscere ed incentivate dallo Stato. Siamo cresciuti lentamente col fine di lasciare un segno nelle case degli italiani. Stiamo diventando una bella realtà, ci stiamo allargando, ma sempre in maniera graduale. Inutile fare salti troppo lunghi perché bisogna poi essere pronti per eventuale frenate da parte dello Stato. Nonostante la chiusura della cessione dei crediti, che per noi del rinnovabile sono un punto forte, abbiamo comunque raddoppiato il fatturato e siamo solidi.

Tra te e Bruno c’è una bella differenza di età, ma sembra esserci molta sintonia…

Assolutamente sì. Siamo complementari e simili. Credo molto che green e ciclismo sia un binomio vincente. Sono ambizioso, ma resto comunque con i piedi per terra, facendo il passo successivo solo se posso farlo. Ho una filosofia uguale a quella di Bruno Reverberi. Se guadagno un milione, il trenta per cento lo investo e il resto lo tengo per il futuro e per l’azienda. Devo pensare che ho ragazzi che sono con me dall’inizio e finora nessuno è andato via per andare a lavorare altrove. Credo molto nei giovani, è giusto che vengano pagati bene. E’ giusto che facciano le loro otto ore senza straordinari. Ora siamo un’azienda più grande, ma il mio percorso viene dal commerciale.

Nel piazzale del Grand Hotel Savoia di Cortina è stata presentata anche l’ammiraglia con la nuova brandizzazione
Nel piazzale del Grand Hotel Savoia di Cortina è stata presentata anche l’ammiraglia con la nuova brandizzazione
Che obiettivi vi siete prefissati?

Intanto devo dire che sarà davvero una grande emozione vedere il nome della propria azienda partecipare ad una manifestazione prestigiosa e grande come il Giro d’Italia. Vorremo dare un senso a tutti i giorni dell’anno. Al WorldTour non dobbiamo per forza arrivarci e adesso non bisogna pensarci. Vogliamo partire con calma. Cinque anni sono stati fatti apposta per crearci un’immagine e ampliare il nostro business. E poi dare la possibilità alla squadra di migliorare la propria rosa di corridori. Il sogno sarebbe poter vincere il Giro d’Italia. Ma ne ho un altro. Portare Pogacar da noi. Lui è sloveno, noi veneziani. Siamo vicini di casa, magari lo diventiamo ancora di più.

La via Rossato per i più giovani: «Non ci sono solo gli olandesi»

27.08.2022
5 min
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In partenza per una trasferta nel Nord Europa, in questo gran parlare di giovani e l’ambiente ideale per farli crescere, Mirko Rossato accetta il confronto ed entra nel merito della gestione dei suoi ragazzi. Il tecnico del gruppo dei giovani alla Bardiani-CSF-Faizané non vede infatti grosse differenze tra la filosofia che anima la sua squadra e quella della Jumbo Visma Development di cui ci ha parlato stamattina Robbert De Groot.

«Andiamo a correre sui muri e sul pavé – sorride Rossato – per fare esperienza con spirito aggressivo. Ho detto a Bruno (Reverberi, ndr) che avremmo avuto due possibilità. Il Giro del Friuli, in cui qualche risultato magari si portava a casa. E poi il Flanders Tomorrow Tour, in cui prenderemo certamente qualche bella legnata. Lui mi ha detto di scegliere liberamente e io ho deciso per il Belgio. Muri, pavé e una crono, come la vecchia De Panne. Le legnate fanno crescere, ma qualcuna l’abbiamo anche data. Abbiamo vinto quattro corse e fatto i nostri piazzamenti…».

La vittoria di Marcellusi al Trofeo Piva è una delle quattro centrate quest’anno dai giovani della Bardiani-CSF
La vittoria di Marcellusi al Trofeo Piva è una delle quattro centrate quest’anno dai giovani della Bardiani-CSF
Ecco, parliamo di farli crescere. Come sta andando l’esperienza Bardiani?

Il progetto è bello, sto facendo quello che devo e ringrazio i Reverberi per avermi lasciato carta bianca. L’obiettivo è portare questi ragazzi al livello e al modo di correre che serve per essere professionisti. Di fatto lo sono già, ma al contempo hanno tanta strada da fare. L’attività è su misura per loro, come fanno alla Jumbo Visma. Non credo che Pinarello, Pellizzari e Bonilla avrebbero fatto esperienze simili con le altre continental.

Le legnate fanno crescere? 

La prima regola è che le corse si finiscono, anche a un quarto d’ora dal primo. Si devono abituare fisicamente e mentalmente a distanze e tempi di gara superiori. Se da junior facevi al massimo 120 chilometri, a Capodarco ne fai 180 e guai se ti fermi. E poi voglio che corrano sempre davanti. Per gestire i giovani si usano bastone e carota, ma per queste due regole c’è solo il bastone.

Alessio Martinelli è uno dei ragazzi di maggior talento del team. In questi giorni è al Tour de l’Avenir
Alessio Martinelli è uno dei ragazzi di maggior talento del team. In questi giorni è al Tour de l’Avenir
Quanto conta il risultato in questa prospettiva?

Se anche non si vince, guardo l’approccio, il modo di correre, gli stimoli che hanno. Sono in questo ambiente da 25 anni e ho visto tanti corridori, ormai ho capito come funziona. Il nostro obiettivo è dare alla squadra dei corridori pronti. In quest’ottica non conta che vincano, ma che sappiano come muoversi e corrano bene.

Nelle continental europee fanno gare a tappe e periodi di allenamento.

Ho studiato come si muovono, bisogna sempre imparare dagli altri, quando è utile. I nostri ragazzi a fine anno avranno fatto 42-45 giorni di corsa. Non sono tanti, ma neanche pochi, visto il livello. Di certo, non serve più fare 70-80 giorni, dal martedì alla domenica, come mi capitava quando avevo la squadra di dilettanti. E’ più utile fare 10 giorni di stacco e preparazione fra una corsa e l’altra, che sfinirli senza senso. Ci scontriamo sempre con le migliori squadre U23 d’Europa e questo ci fa vedere come siamo messi e cosa ci serve per migliorare…

Pinarello e Pellizzari sono due tra i più giovani, ora impegnati con Rossato nella trasferta al Flanders Tomorrow Tour
Pinarello e Pellizzari sono due tra i più giovani, ora impegnati nella trasferta al Flanders Tomorrow Tour
E cosa ci serve?

Da noi il velocista fa solo corse piatte e le vince, lo scalatore corre solo in salita. Oggi una corsa per velocisti ha come minimo 2.000 metri di dislivello e se non lavori per farli migliorare, le volate neanche le fanno. Un corridore com’ero io, oggi non vedrebbe l’arrivo. Stando a certe logiche non dovrei neanche portare Pinarello e Pellizzari in Belgio, perché troveranno solo strappi e pavé, ma devono essere capaci di fare tutto. Perché da professionisti si troveranno a farci i conti. Altrimenti perché all’estero vengono fuori e da noi no?

Cosa vedi negli junior che arrivano da voi?

Più che altro cosa vedo negli junior fuori di qui. In tutta Europa, fanno 3-4 corse a tappe all’anno, qua fanno il Lunigiana a fine stagione. Abbiamo mille regolamenti. Poi è vero che logisticamente l’Italia è lontana dal Nord Europa, ma anche gli juniores all’estero si confrontano sempre con avversari diversi, noi abbiamo sempre i soliti. E quando cresci? Non è sufficiente.

Questo succede anche fra gli under 23…

Quando parlo con Amadori, mi dice sempre di portarli a correre fuori. Altrimenti nelle corse internazionali importanti, ci troviamo in difficoltà.

Il gruppo dei giovani della Bardiani-CSF è nato quest’anno ed è stato affidato a Mirko Rossato
Il gruppo dei giovani della Bardiani-CSF è nato quest’anno ed è stato affidato a Mirko Rossato
Avete preso tre ottimi juniores come Scalco, Paletti e Conforti: come avete vinto la concorrenza degli squadroni?

Secondo me sono i più forti della categoria e con le caratteristiche che ci servono per le corse impegnative cui partecipiamo. Ne ho parlato con Reverberi, poi è stato lui a parlare con i loro procuratori. Abbiamo proposto il nostro progetto e penso che il prossimo anno avrò una bella squadretta di 8-9 corridori, in cui i più grandi come Martinelli potranno provare a salire un altro gradino, come quest’anno Marcellusi e Tolio.

Non troppo diverso da quello che fanno in Olanda, insomma…

Facciamo come loro ed è il nostro obiettivo. Siamo l’unica squadra professional in Europa ad avere dentro un gruppo di U23, che prendono uno stipendio certamente al minimo, ma ben più alto di quello che prenderebbero nelle continental. All’inizio c’era scetticismo, per cui l’obiettivo è farci vedere affinché si capisca che il progetto è serio. Questo è il primo anno, sono convinto che nei prossimi due si vedranno i frutti. Quando passano dagli juniores, hanno bisogno di un paio di stagioni per farsi le ossa.

Ciclo Promo Components e Bardiani, l’intesa si rafforza

09.02.2022
3 min
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Nei giorni scorsi Ciclo Promo Components e Bardiani CSF Faizanè hanno ufficializzato la conferma della loro partnership iniziata la scorsa stagione. Anche per il 2022 la formazione guidata da Roberto Reverberi potrà contare sull’affidabilità dei prodotti distribuiti in esclusiva in Italia dalla commerciale veneta. La collaborazione riguarderà in particolare i brand Bryton e Eleven.

I meccanici del team al lavoro con i prodotti a marchio Eleven
I meccanici del team al lavoro con i prodotti a marchio Eleven

Novità Bryton Rider S500

Il marchio Bryton è sicuramente uno dei brand di maggiore prestigio presenti all’interno del catalogo 2022 di Ciclo Promo Components. In questa stagione gli atleti della Bardiani CSF Faizanè potranno in particolare contare sul nuovissimo Rider S500 (foto di apertura). Si tratta di un ciclocomputer dalle tantissime funzioni al cui sviluppo hanno dato il loro contributo gli atleti della Intermarché-Wanty-Gobert Matériaux

Il Rider S500 nasce con un hardware dal design efficiente ed elegante, con un nitido schermo da 2,4″ e 4 semplici pulsanti. Tra le nuove funzionalità avanzate vanno segnalate il Live Tracking, il Climb Challange, il sensore di luce ambientale e la possibilità di effettuare registrazioni senza interruzioni. Sono stati potenziati software e hardware. E’ stata inoltre migliorata l’interfaccia utente e sono state aggiornate le funzioni di percorso e allenamento.

Le luci di posizione a marchio Eleven utilizzate dagli atleti del team in allenamento
Le luci di posizione a marchio Eleven utilizzate dagli atleti del team in allenamento

Per i meccanici c’è Eleven

Per la stagione 2022 lo staff tecnico della Bardiani CSF Faizanè potrà contare ancora una volta sulla qualità dei prodotti Eleven. Stiamo parlando di un marchio di proprietà di Ciclo Promo Components che ha voluto mettere a disposizione dei praticanti gli stessi prodotti utilizzati dai professionisti. 

Nel loro lavoro i meccanici della Bardiani CSF Faizanè avranno a disposizione un’ampia dotazione di chiavi da lavoro. La fornitura alla squadra è completata dai sistemi di illuminazione anteriori e posteriori, che accompagneranno i ragazzi del team nei loro allenamenti contribuendo alla loro sicurezza.

Ogni prodotto Eleven è curato nei minimi dettagli per essere funzionale al suo utilizzo.

Avanti insieme

Azienda e team hanno confermato la loro rispettiva soddisfazione per un accordo che li vedrà ancora insieme anche per la stagione 2022.

Loris Campagnolo, socio-fondatore e responsabile marketing Ciclo Promo Components, ha così commentato la conferma della partnership con la Bardiani CSF Faizanè.

«Siamo estremamente soddisfatti – esordisce – che il team diretto da Roberto Reverberi abbia ufficializzato anche per la stagione 2022 l’utilizzo dei Ciclo Computer Bryton, come pure dei prodotti del marchio di nostra proprietà Eleven per quanto riguarda gli attrezzi officina e le luci».

I meccanici del team al lavoro con le forniture a marchio Eleven
I meccanici del team al lavoro con le forniture a marchio Eleven

Il punto con Reverberi

Roberto Reverberi, team manager della Bardiani CSF Faizanè, ha voluto ringraziare la famiglia Campagnolo con queste parole.

«Ringrazio Loris Campagnolo – ha detto – per la fiducia accordataci anche per questa stagione. Siamo felici di continuare in una partnership tecnica che si sta sviluppando in maniera molto positiva. Abbiamo avuto il piacere di testare in anteprima il nuovo Bryton Rider S500, sviluppato sulle esigenze dei ciclisti professionisti. Altrettanto importante – ha voluto concludere – la fornitura di componenti tecniche a marchio Eleven per i nostri meccanici, senza dimenticare le luci di posizione, che i nostri atleti utilizzano in allenamento. Uno strumento oggi fondamentale per la sicurezza stradale, un tema che ci sta molto a cuore».

Ciclo Promo