Landa alla corte di Remco, con licenza di vincere

14.01.2024
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CALPE (Spagna) – Uno spagnolo in Belgio. Mikel Landa è approdato alla Soudal-Quick Step per essere l’alfiere pregiato di Remco Evenepoel. Ormai non è più cosa rara che dei grandi campioni vadano a lavorare per i fenomeni. Basta pensare ad Adam Yates per Tadej Pogacar. O ai leader della Jumbo che spesso s’interscambiano.

Ma il basco ha le idee chiare e aver lasciato la Bahrain-Victorious non significa precludersi gli orizzonti del tutto. Anzi, per certi aspetti, come vedremo, questi potranno essere anche ampi. Molto ampi.

Mikel Landa (classe 1989) è arrivato alla corte di Lefevere con lo scopo principale di aiutare Evenepoel (foto Wout Beel)
Mikel Landa (classe 1989) è arrivato alla corte di Lefevere con lo scopo principale di aiutare Evenepoel (foto Wout Beel)
Mikel, sei ancora un leader o sei un gregario?

Tutte e due! Sono arrivato in questa squadra per mettere a disposizione un po’ della mia esperienza per Remco e poi per avere anche qualche spazio per me. In questo team c’è sempre stato un modo diverso d’intendere le corse (il riferimento è alle classiche, ndr), ma ora la cultura è un po’ cambiata e un corridore come me ci può stare bene.

Sei qui per aiutare Evenepoel, ma visto che lui va al Tour hai pensato al Giro d’Italia? Poteva essere una buona occasione per te?

No, quest’anno non ho valutato il Giro d’Italia. Ci aspetta una bella sfida al Tour de France con Remco e credo sia molto importante pianificare bene il tutto. E ancora più importante era correre tanto insieme a lui. Se avessi fatto il Giro avremmo avuto dei programmi differenti. E così ho deciso di fare Tour e Vuelta.

In cosa puoi aiutare Remco? Puoi aiutarlo anche a correggere i suoi errori, quelli magari che notavi in lui da avversario?

Mi aspetto di essere vicino a Remco in salita, prima di tutto, anche se dovesse restare solo o se invece dovesse attaccare. Ho corso con e contro molti campioni che hanno vinto dei grandi Giri e magari riesco a capire prima quali sono i momenti in cui si può vincere una gara e quando invece si può perdere. Spero dunque di riuscire a vedere queste situazioni un po’ prima di lui e di dargli qualche consiglio prezioso in quei momenti. Questo è uno sport difficile, in cui è più facile perdere che vincere. Quindi è molto importante riuscire a salvarsi nelle giornate in cui non stai bene, che guadagnare quando invece sei super. Ecco, io mi aspetto di poterlo aiutare soprattutto in quei giorni difficili. Tanto più oggi in cui i percorsi sono diversi e sono duri già dalla prima settimana.

Remco vive in Spagna e Landa ha detto che sta imparando la sua lingua. Aspetto importante ai fini di un buon feeling (foto Instagram)
Remco vive in Spagna e Landa ha detto che sta imparando la sua lingua. Aspetto importante ai fini di un buon feeling (foto Instagram)
Pogacar, Vingegaard, Roglic… non sono avversari normali, non credi?

Sì, sono più forti. Sono forti nelle cronometro. Sono esplosivi e possono anche guadagnare sugli arrivi “corti” in cui ci sono in palio degli abbuoni. Ma credo che Remco sia uno di loro.

In allenamento avete provato a fare un po’ di “guerra” tra di voi?

Ancora no a dire il vero, ma credo che entro la fine di questo ritiro qualcosa faremo. Per ora abbiamo iniziato tranquillamente. Poi magari, visto che lui vive in Spagna (nella zona del Sud, ndr) qualche volta mi sposterò io da lui se da me, nei Paesi Baschi, dovesse essere brutto tempo. Ma sicuramente faremo molte ore fianco a fianco, nel camp che precederà il Tour.

Sei stato chiamato a stare vicino a Remco, ma c’è qualche opportunità per te? Dove ti piacerebbe vincere?

Il Catalunya potrà essere un’opportunità. E anche ai Paesi Baschi potrei fare bene. Lì ci sarà anche Remco, ma correrò in casa e magari ci potrebbe essere spazio anche per me. E poi ci sarà la Vuelta, dove sarò leader. Ma l’idea di poter aiutare un compagno, un amico che vince grandi corse mi motiva. E’ uno stimolo per me. E poi come per il “landismo”, è bello veder correre un atleta come Remco. Ti fa saltare dal divano. Attacca. Dà spettacolo.

Alla Vuelta per vincere dunque?

Sono realista: si va per fare bene, ma vincere credo sia dura. Magari è più concreto puntare ad un podio o a una vittoria di tappa.

Non dovremmo più vedere scene così: Remco che forza e Landa (in terza ruota) che insegue. Semmai sarà il contrario
Non dovremmo più vedere scene così: Remco che forza e Landa (in terza ruota) che insegue. Semmai sarà il contrario
Tu e Remco parlavate mai in gruppo, prima del tuo passaggio in questa squadra?

Alla Vuelta, quando era ormai chiaro che sarei venuto qui, abbiamo iniziato a parlare un po’. E quindi abbiamo scherzato.

Mikel, com’è dopo tanti anni correre senza il tuo “fratello” Pello Bilbao?

Abbiamo corso tanto insieme da quando eravamo juniores, a volte come compagni e spesso come rivali. Quest’anno torniamo rivali e penso sia buono per il ciclismo basco avere corridori così importanti che combattono nelle migliori gare del mondo.

Hai detto del ciclismo basco e del ciclismo spagnolo invece cosa ci dici? Avete due ragazzi fortissimi: Juan Ayuso e Carlos Rodriguez. Chi è il più forte?

Io li vedo bene. Sono entrambi giovani, ambiziosi soprattutto e stanno già andando forte da un bel po’. Questo è un bene per il ciclismo spagnolo. Gli auguro una buona carriera, ma spero di trovarli ancora un po’ in difficoltà! Chi è più forte non lo so. Sono due ragazzi molto diversi. Carlos è più regolarista, meno esplosivo, più riflessivo e credo abbia bisogno di più tempo per vincere. Juan è più esplosivo, è cattivo ed è più pronto.

Lamon, i progetti olimpici tra Calpe e Montichiari

30.12.2023
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CALPE (Spagna) – «Sono giornate essenziali per noi. Abbiamo visto come stia diventando sempre più importante la cura maniacale del dettaglio. Quindi è fondamentale avere a disposizione i migliori strumenti per cercare di migliorarci», parole che giusto ieri Francesco Lamon ha riservato alle pagine ufficiali del Coni.

L’atleta delle Fiamme Azzurre è a Montichiari per preparare gli ormai imminenti (10-14 gennaio) campionati europei su pista di Apeldoorn, in Olanda. Un lavoro intenso e meticoloso per un appuntamento che è sì importante di suo, ma che assume sempre di più i connotati di una prova generale in vista delle Olimpiadi di Parigi. Ovviamente parliamo del quartetto, in questo caso.

Noi Lamon lo avevamo intercettato qualche giorno prima in Spagna, a Calpe dov’era in ritiro proprio con gli azzurri della pista.

Francesco Lamon (classe 1994) e coach Masotti, sono entrambi delle Fiamme Azzurre
Lamon (classe 1994) e coach Masotti, sono entrambi delle Fiamme Azzurre
Francesco, come sta andando la preparazione?

Molto bene direi. Rispetto agli altri anni sono un “passettino” più avanti in questo avvicinamento. Ma credo sia anche normale visto che gli europei arrivano a gennaio. Abbiamo dovuto anticipare un po’ tutti la preparazione. In generale però i valori sono buoni. Personalmente sono soddisfatto, consapevole che sto lavorando bene, alternando pista, palestra e strada. Ora c’è da affinare l’attività su pista.

Mentre il volume si fa a Calpe…

In Spagna abbiamo lavorato sulla resistenza. E’ stato quel volume di ore che ovviamente su pista non riusciamo a fare. Ma anche in questo senso sono abbastanza tranquillo perché tutto procede secondo programma.

Scartezzini ci diceva dell’importanza strategica di questo training camp. Ma perché questi stage sono così importanti? Alla fine un inseguimento a squadre dura meno di quattro minuti…

Ma quei quattro minuti di sforzo vanno visti come il tetto di una casa. E’ un lavoro che parte dall’autunno e bisogna mettere un mattoncino alla volta. E per gente come me o “Scarte”, che a differenza degli altri non siamo in una squadra WorldTour, sono ancora più importanti, in quanto abbiamo meno possibilità durante l’anno di concentrarci sulla strada. Pertanto quel piccolo gap dobbiamo colmarlo un po’ più a lungo, giocando d’anticipo.

Okay, quei quattro minuti sono il tetto, ma poi concretamente voi atleti sentite i benefici di questo lavoro su strada nelle gambe?

Assolutamente sì, oltre a questo di training camp, veniamo da una altro stage che abbiamo fatto il mese scorso in Sicilia. Insieme costituiscono una base molto solida e i risultati si vedono. Però, come dicevo prima, i riscontri li vedremo la prossima settimana (cioè ieri, ndr) su pista.

Lamon è il primo vagone del treno. Un ruolo altamente spcifico sul quale il veneto continuerà a concentrarsi
Lamon è il primo vagone del treno. Un ruolo altamente spcifico sul quale il veneto continuerà a concentrarsi
Vi abbiamo visto in allenamento sul Col de Rates, dove c’era praticamente i tre quarti del WorldTour, maschile e femminile. In tutto quel marasma, di gente che saliva e scendeva, che faceva ripetute, non vi veniva voglia di seguirli? Oppure di andare fuori tabella?

Non molto a dire il vero. Noi facciamo “un altro lavoro”. Sinceramente non mi pongo il problema di seguire questo o quello o se qualcuno mi stacca. So quello che devo fare, come lo devo fare. E poi non sono certo un corridore che può mettersi a gareggiare in salita!

Torniamo alla pista, Francesco. Quali sono i progetti per questo 2024 in arrivo? Ora ci sono gli europei, ma ci sono anche le prove di Coppa…

Parlando con Diego Bragato e Fabio Masotti, e con Marco Villa chiaramente, mi piacerebbe avere un avvicinamento molto simile a quello di quest’anno. Ho visto che al mondiale stavo bene fisicamente ed essendo le Olimpiadi in quello stesso periodo dell’anno, va da sé che sarebbe ideale come avvicinamento. Penso di fare gli europei e le tre prove di Coppa, visto che sono una ogni mese fino ad aprile. Poi penso di staccare una settimana, prima di iniziare il lavoro per Parigi, magari alternandolo all’altura prima delle Olimpiadi. Grazie poi all’appoggio dell’Arvedi Cycling potrò inserire anche qualche corsa su strada.

Tu hai un ruolo particolarissimo, sei primo uomo. Sarà ancora questo il tuo ruolo?

Teoricamente sì, ma adesso, come dicevo, in questo lungo avvicinamento sarà fondamentale la cura dei dettagli. Studiare ogni aspetto. E tutto, anche la partenza, va messa insieme. E io mi concentrerò su questo ruolo.

Solo sulla partenza, perché?

Perché ad oggi è il ruolo che mi che mi riesce meglio e voglio cercare di farlo al massimo delle mie possibilità.

Lamon con Scartezzini sul Col de Rates: in Spagna un grande monte ore di sella
Lamon con Scartezzini sul Col de Rates: in Spagna un grande monte ore di sella
Cosa significa concentrarsi sulla partenza a livello di preparazione? Si lavora diversamente rispetto ai compagni?

Non è che si lavori diversamente, però magari cerchi di trovare quella confidenza con te stesso… e anche con gli altri. Si tratta di trovare il compromesso tra il partire forte e far sì che questo non rimanga nelle gambe degli altri tre. Ma è qualcosa che si costruisce nel tempo, che si fa tutti assieme. Io devo essere bravo a capire la sensazione ottimale.

Anche nella parte a secco nessuna differenza? Magari lavori un po’ di più pure sulla schiena…

Si lavora su tutto il corpo, come gli altri. Non ci si concentra solo sulle gambe, ma si cerca di “ricostruire” un po’ tutto quello che è l’esercizio della pedalata, quindi dalla schiena ai lombari, dai pettorali alle gambe. Poi alcuni esercizi sono abbastanza soggettivi perché c’è chi si trova meglio con certi attrezzi e chi meno con altri. Ma tutti noi siamo affiancati da persone molto competenti, quindi sotto questo punto di vista sono, e siamo, tranquilli.

Fronte tecnico. già all’europeo vedremo qualche novità?

Nel corso dell’anno abbiamo già fatto degli aggiornamenti e sono stati riscontrati dei numerosi vantaggi, soprattutto con la bici nuova di Pinarello, in pratica quella che Ganna ha usato per il Record dell’Ora ma in carbonio. Però tutti questi aggiornamenti bisogna usarli e riusarli per renderli più prestazionali possibile.

E che monte ore ha questa nuova bici?

Sin qui l’abbiamo utilizzata a turno, anche per raccogliere più opinioni. Ma diciamo che ci stiamo girando.

Okay, top secret!

E’ probabile che tutto sarà pronto per l’ultima prova di Coppa.

Lorenzo Conforti, spunti tecnici e racconti di un neopro’

30.12.2023
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BENIDORM (Spagna) – Lorenzo Conforti è uno dei giovani della Green Project-Bardiani (fra pochi giorni VF Group-Bardiani-Faizanè). Uno di quei ragazzi che su carta ha fatto il salto dagli juniores ai pro’, come succede a molti colleghi che poi emigrano all’estero, ma lui ha scelto di restare in Italia. Le cose si possono fare bene anche qui… se si è nel posto giusto.

E nel gruppo di Reverberi può crescere con decisione. Lorenzo è affidato alle cure di Mirko Rossato, che appunto tira le redini del “devo team”.

Lorenzo ha concluso la sua prima stagione tra i grandi. Un po’ U23 un po’ professionista: 50 giorni di gara, quattro top 10, due maglie bianche in altrettante corse a tappe e una crescita avvenuta nel corso dell’anno, tanto da diventare un uomo prezioso nel treno di Enrico Zanoncello nelle gare asiatiche di fine stagione.

Conforti (classe 2004) in allenamento sulle strade di Benidorm. I volumi crescono (foto Gabriele Reverberi)
Conforti (classe 2004) in allenamento sulle strade di Benidorm. I volumi crescono (foto Gabriele Reverberi)
Lorenzo, hai archiviato la tua  prima stagione da under 23 e insieme da pro’: come dobbiamo definirla?

Un po’ e un po’! E’ andata bene. Ho vissuto belle esperienze anche all’estero. Abbiamo preso parte sia a corse importanti che a corse con gli under 23. Sono soddisfatto. Ho imparato tanto anche dai compagni, dando una mano quando potevo. E ora siamo già proiettati verso il secondo anno da professionisti… tra virgolette. 

In una nostra precedente intervista, si parlava anche del tuo motore. Questa stagione ti ha aiutato a capire che tipo di corridore sei?

Certo, ho capito che non sono uno scalatore, quello è poco ma sicuro. Credo di potermi definire un passista veloce. O comunque un corridore che si difende anche in salita. Un corridore moderno, come ce ne sono molti adesso. Ho un buono spunto, un buon picco di velocità. Mi so destreggiare abbastanza bene nelle volate e magari questo potrebbe essere un aspetto da approfondire.

Hai detto di aver aiutato e hai parlato di volate. In Cina e Malesia hai lavorato parecchio per Zanoncello…

Mi trovo molto bene con Enrico. Lì ero l’ultimo uomo, anche perché mi so muovere in gruppo. Mi piace anche l’adrenalina della volata. Come detto, questo potrebbe essere qualcosa che possiamo curare anche tra gli under 23 nella prossima stagione.

Lorenzo, in testa al gruppo, in azione al Langkawi, dove ha lavorato molto per la squadra
Lorenzo in azione al Langkawi dove ha lavorato molto per la squadra
Hai fatto 50 giorni di corse e risultano solo tre “DNF”, cioè tre ritiri, e paradossalmente sono tutti e tre in corse under 23. Come mai?

Uno di quei tre DNF è stato alla Gand, quel giorno abbiamo trovato una giornata folle: due gradi, pioggia, vento… E’ stata una gara particolare. Un altro ritiro è stato a Poggiana e l’altro di nuovo in Belgio. Le corse under 23 sono diverse da quelle dei professionisti. Se sei in “giornata no”, che non hai gambe, è difficile andare avanti perché si corre parecchio all’arrembaggio. Parti e sei subito a tutta. E a quel punto andare all’arrivo diventa difficile. Tra i pro’ invece la partenza magari è più lenta. E anche se è veloce è più controllata. Se non hai il compito di andare in fuga o comunque di fare un certo lavoro, ti puoi gestire, nascondere, salvare in qualche modo. E anche se ti stacchi, strada facendo trovi il gruppetto.

Corse a tappe, ne hai fatte parecchie…

Ne ho fatte sette.

E cosa ti sembra? Riesci a recuperare bene o arrivi nel finale col fiato corto?

Vedo che vado bene dai. Il Langkawi, che era comunque una delle più lunghe che ho fatto, mi ha dato fiducia. Erano otto tappe e in più venivo dalla Cina, altre quattro tappe. Mi è sembrato di recuperare molto bene. Semmai ho avuto qualche piccolo calo durante la corsa. Magari dopo un po’ avevo 20 chilometri di calo, ma poi riuscivo a riprendermi abbastanza bene. Non so spiegarmi il perché. Magari sarà una mia caratteristica, magari saranno delle cose che svaniranno da sole col passare del tempo e con l’adattamento alle corse dei pro’.  Comunque si parla di chilometraggi che, passando da juniores a professionista, sono aumentati di tanto.

Potrebbe anche essere una questione di alimentazione?

Volendo sì. Su questo stiamo lavorando. Anche durante il ritiro, il nutrizionista ci dava molte dritte. Però come ho già detto io vengo dagli juniores, sono ancora alle basi. Ora invece, sto cominciando a capire come ci si alimenta, sia in corsa che fuori. Ma l’importante è soprattutto in corsa. I miei compagni più grandi mi raccontano che anche in questo senso è cambiato molto.

Conforti al Liberazione, una corsa che è nelle sue corde e magari anche un obiettivo 2024 (Instagram – @liisaphotoss)
Conforti al Liberazione, una corsa che è nelle sue corde e magari anche un obiettivo 2024 (Instagram – @liisaphotoss)
Anche per il 2024 sei nel gruppo dei giovani, ma con un anno in più di esperienza. Hai cerchiato in rosso qualche gara?

Il GP Liberazione a Roma mi è sempre piaciuto. Quando ero junior l’ho fatto solo al primo anno e poi l’ho rifatto quest’anno da under. Sono andato bene e sono stato anche sfortunato perché avevo Pinarello, che poi ha fatto terzo, nel gruppetto con me. Lui ha anticipato ed è stato bravo. Io stavo facendo la volata per il quarto posto. Ero in un drappello di dieci corridori, imboccando l’ultima curva mi si è staccato il pedale e alla fine ho fatto undicesimo. Quindi se proprio dovessi indicare una gara, intanto direi questa. Un po’ perché mi piace e un po’ perché ho un conto aperto, diciamo così!

Invece parlando di esperienze, cosa ci racconti delle ultime trasferte in Asia? Insomma, ritrovarsi a fare certi viaggi a 19 anni non capita spesso…

E’ stato davvero bello. Oltre al viaggio, vedi un ciclismo diverso. Ho raccontato ai ragazzi che escono con me quando sono a casa tante cose. Mi ricordo in particolare una sensazione, un pensiero che ho avuto in corsa durante una delle ultime tappe Langkawi. Noi avevamo Zanoncello come leader. Enrico doveva fare la volata. Mancavano una trentina di chilometri all’arrivo, c’era la EF che tirava e noi gli eravamo dietro. Ad un certo punto ho pensato. «Che strana cosa. Questi sono corridori veri e io sono tra loro». Mi sono reso conto in corsa di essere con gente di quel calibro. E devo dire che mi sono venuti un po’ di brividi. A volte è bello già solo esserci, poi magari andando avanti sarà bello entrare sempre più nel vivo della corsa.

Lorenzo, sei in una famiglia di ciclisti: anche tuo fratello Matteo correva…

Tutti: dal primo all’ultimo. Da mio “babbo” che ha iniziato ad andare in bici per un problema al ginocchio, a mia sorella Chiara che ha 7 anni, ed è una giovanissima.

Lorenzo con la sorellina Chiara. Magari anche lei un giorno sarà una professionista
Lorenzo con la sorellina Chiara. Magari anche lei un giorno sarà una professionista
Adesso però il gioiellino di casa sei te…

Per ora sì, ma spero che lo diventi anche mia sorella.

Lei ti chiede mai qualcosa del “tuo” ciclismo?

Parecchio. Quando sono libero le dedico molto tempo, la porto a scuola. Mi ricordo quando io ero un giovanissimo e se avevo l’occasione di andare in bicicletta con un esordiente mi sembrava di andare con chissà chi. Lei ha l’opportunità di avere un fratello professionista in casa e le sembra di avere un mito. Non mi perdo un suo allenamento. Anzi, certe volte usciamo insieme!

Forte…

Se ho il giorno di scarico, magari faccio anche la “doppia uscita”, che poi si tratta di fare cinque chilometri al pomeriggio dopo la scuola. Lei è contentissima. Addirittura usa il mio casco di quando ero piccolo. Non ha voluto neanche togliere il nome e così gira con la scritta Lorenzo Conforti sulla testa!

Lacquaniti e le idee molto chiare per la sua Ceratizit

27.12.2023
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Dopo le parole di qualche giorno fa di Arianna Fidanza, torniamo in casa Ceratizit-WNT, il team tedesco divenuto WorldTour. Come capita spesso, anche in questa squadra c’è molta Italia. E c’è non solo nelle atlete ma anche nei piani alti. Uno dei direttori sportivi, ma con diverse mansioni manageriali, è Fortunato Lacquaniti.

Il tecnico italiano era in Spagna, a Calpe, per seguire da vicino le sue ragazze, anche se ammette che tra riunioni e la spola con l’Italia per impegni istituzionali, le ha seguite piuttosto poco. Almeno per quel concerne gli allenamenti su strada.

Fortunato Lacquaniti (classe 1963) è uno dei diesse della Ceratizit-WNT. E’ in ammiraglia dal 2005: debutto alla Top Girls Fassa Bortolo
Lacquaniti (classe 1963) è uno dei diesse della Ceratizit-WNT. Salì in ammiraglia dal 2005 con la Top Girls Fassa Bortolo
Fortunato, che squadra pensi di avere tra le mani?

Lo scorso anno abbiamo iniziato un percorso che ci ha visto lavorare bene. Tutti noi abbiamo delle ambizioni importanti. Ormai questa squadra è al decimo anno di attività e, come sapete, siamo riusciti ad ottenere la licenza WorldTour. Siamo stati decimi nel ranking UCI 2023. Questa per noi è la base, adesso dobbiamo restare su questi livelli.

E a certi livelli serve sia lavorare con le giovani, che nel ciclomercato: lo vediamo anche tra gli uomini…

Noi siamo partiti con un’idea precisa: far crescere la struttura. E lo abbiamo fatto anche inserendo delle figure competenti nei vari ambiti, come per esempio un coordinatore per la logistica, un nutrizionista, dei nuovi fisioterapisti. Insomma volevamo implementare la struttura nel suo insieme e non solo puntare sulle atlete. Visto che siamo chiamati a fare un salto sia di categoria che di qualità, era necessario questo visto il livello del ciclismo femminile. Senza contare che il calendario è fitto. Dovevamo, e dobbiamo, creare una base solida. Sportivamente ripartiamo dalle 11 vittorie e i 18 secondi posti di questa stagione. Eravamo partiti sedicesimi nel ranking e siamo arrivati ben più in alto. Questo ci dà fiducia. E ci ha portato delle giovani interessanti.

Quindi si punta sui margini interni?

Sì, poi è normale che c’è anche un discorso di campagna acquisti. Ma questa è legata anche a scadenze di contratto, budget. Ma in tal senso sarà importante far bene quest’anno in ottica 2025.

A Mouscron Arianna Fidanza lancia la volata alla sorella Martina che vince (foto Fellusch)
A Mouscron Arianna Fidanza lancia la volata alla sorella Martina che vince (foto Fellusch)
In squadra ci sono tre italiane: le due sorelle Fidanza, Martina e Arianna, e Alice Maria Arzuffi. Cosa ti aspetti da loro?

Tutte e tre hanno fatto un’ottima annata. Le Fidanza hanno vinto e Arzuffi è andata forte, forse mai così forte su strada. Alice ha colto un decimo posto in una tappa al Tour e anche al Ceratizit Festival in Olanda è andata bene. Io credo che tutte e tre possano dare molto, specie se supportate bene dal team. Per Martina soprattutto sarà un anno particolare, visto che ci sono le Olimpiadi. Dovrà dividersi tra strada e pista e di conseguenza nei giorni di Calpe abbiamo stilato un programma condiviso con la Federazione. Noi ci teniamo.

In cosa devono migliorare queste tre ragazze?

Martina ha una grande classe e non dimentichiamo che è ancora giovane (classe 1999, ndr). Lo scorso anno ha ottenuto delle vittorie, ma anche degli ottimi secondi posti, in quanto raggiunti su palcoscenici importanti e contro atlete di primo piano come Consonni e Wiebes. Per me deve programmare bene la sua doppia attività. Se ci riuscirà, sono convinto che arriveranno grandi cose perché ha margini enormi.

Passiamo ad Arianna…

Anche Arianna lo scorso anno è maturata ancora. Ha vinto ad inizio stagione, poi è stata di grande supporto per la squadra. Sta diventando un po’ meno velocista e un po’ più per gare “up and down”, quindi un pelo più dure. Pertanto ha la motivazione e la possibilità di fare bene anche in quel tipo di corse. Penso alla Gand-Wevelgem per esempio. Ma certo deve stare bene. E poi la vedo mentalizzata, in quanto ha dimostrato di poterlo fare. Ed è stata brava anche a tirare le volate alla sorella.

Arzuffi (classe 1994) sempre più stradista e meno crossista. Lo scorso anno ha messo nel sacco 51 giorni di gara, come mai aveva fatto in carriera
Arzuffi (classe 1994) sempre più stradista e meno crossista. Lo scorso anno ha messo nel sacco 51 giorni di gara, come mai in carriera
E per quanto riguarda Arzuffi?

A lei forse mancava un po’ di fiducia. Veniva dal cross e non aveva mai fatto una stagione o delle gare in cui doveva essere leader. Le è successo per esempio in Itzulia e in Navarra ed è entrata anche nella top 10 quando aveva delle responsabilità, mostrando un certo carisma. Io credo che per Alice si tratti dunque più un miglioramento psicologico che tecnico. Ne stiamo parlando sin dall’anno scorso. E’ una professionista al 100 per cento.

E le altre?

Un grossissimo step lo ha fatto la francese Cedrine Kerbaol. Ha vinto tre corse e la maglia bianca al Tour. E per noi avere in squadra una francese che conquista quella maglia è stato molto, ma proprio molto, importante. L’ha indossata sin dal primo giorno. L’abbiamo difesa coi denti, con un grande aiuto del team anche sul Tourmalet. Non chiedetemi i margini di questa atleta perché per lei davvero non saprei quantificarli, vista anche la sua giovane età.

Kerbaol, giovane francese, in maglia bianca al Tour Femmes. Va forte anche a crono, specialità di cui campionessa nazionale
Kerbaol, giovane francese, in maglia bianca al Tour Femmes. Va forte anche a crono, specialità di cui campionessa nazionale
Di certo non pochi, visto che parliamo di una classe 2001…

Esatto. Belle cose le potrà fare anche Kathrin Schweinberger. Anche lei ha vinto nella passata stagione. E’ una passista veloce. Mi aspetto parecchio anche da Sandra Alonso. Per lei ci sono in corso diversi cambiamenti, anche tecnici, legati alla preparazione. Queste sono le atlete più pronte. Le altre ragazze sono più giovani e hanno bisogno di tempo.

Fortunato, tu hai diretto campionesse di primissimo piano, vedi Guderzo o Bastianelli. Negli ultimi 3-4 anni è cambiato il tuo lavoro di diesse?

Io ho fatto anche il team manager, ma il ciclismo moderno ha bisogno di figure importanti. Ci servono ruoli definiti, ognuno specializzato nel proprio settore. E infatti, come dicevo prima, abbiamo inserito il nutrizionista, il responsabile della logistica… L’esperienza, come magari potrei averla io un po’ su tutto, non basta più. Il ciclismo moderno richiede lo specialista per fare al meglio quella determinata cosa. E’ una necessità ormai.

Marcellusi al lavoro per un 2024 da leader. Col sogno tricolore

26.12.2023
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BENIDORM (Spagna) – Quando ormai anche i massaggi erano stati fatti e si aspettava la cena, Martin Marcellusi scendeva dalla sua stanza e faceva un salto dai meccanici. Voleva dare un’occhiata alla sua bici. Quest’anno c’è qualche materiale nuovo, a partire dal telaio De Rosa, e quel pizzico di curiosità non manca.

E poi era anche un’occasione per scambiare due parole con “Mister Tony”, al secolo Antonio Tarducci, meccanico storico della Green Project-Bardiani che fra qualche giorno si chiamerà VF Group-Bardiani-Faizanè.

«Sono già tre anni che vengo in ritiro con loro. Il primo lo feci nel dicembre 2021», attacca Marcellusi.

Marcellusi (classe 2000) parla con il meccanico Tarducci
Marcellusi (classe 2000) parla con il meccanico Tarducci
E come ci sei venuto questa volta?

Più allenato del solito. I dirigenti ci hanno chiesto di venire un minimo preparati. Io sin qui avevo seguito il mio preparatore e avevamo impostato un programma generale, non troppo specifico per il ritiro chiaramente, ma che mi facesse essere pronto per lavorare bene. E credo di esserci riuscito.

Martin, ne parlammo già dopo il Giro di Lombardia: tu hai fatto una scelta importante, quella di restare qui per tre anni. Questo comporta anche delle responsabilità: cominci a sentirti leader di questo gruppo?

Sì, e mi ci sento già da quest’anno, da quando ho percepito la fiducia del team. Spero di aver fatto un salto di qualità per far sì che di fiducia ce ne sia ancora di più. E di aver fatto un salto anche da un punto di vista tecnico, che mi consenta di lavorare di più e quindi aumentare i carichi.

Roberto Reverberi ci ha detto che si aspettano molto da te…

Mi fa piacere. In generale credo di essere un corridore che ha tanti margini: sull’allenamento, sull’alimentazione. Lo scorso anno per esempio credo di aver fatto uno step sugli allenamenti, quest’anno mi sto concentrando sull’alimentazione. Anche con il peso non sono super, ma sono meglio dell’anno scorso nello stesso periodo. E piano piano riuscirò ad arrivare al top.

Essere leader significa anche prendersi delle responsabilità. C’è qualche corsa che inizi a guardare in ottica diversa?

A me piace molto il campionato italiano, poi ovviamente dipende anche dal percorso che l’organizzatore propone, però è una gara che se ci arrivi bene può darti molto. Magari non ancora per vincerla, ma… Quindi il tricolore può essere un obiettivo. Per il resto, di gare ce ne sono molte. Quest’anno sono andato bene al Gran Piemonte e al Pantani, perciò direi che le corse italiane sicuramente sono un obiettivo, sia mio che della squadra. 

Sulle strade della Spagna per Martin e compagni un ottimo volume di lavoro (foto Gabriele Reverberi)
Sulle strade della Spagna per Martin e compagni un ottimo volume di lavoro (foto Gabriele Reverberi)
Si dice sempre che in gruppo ci sono le gerarchie: le WorldTour davanti e voi dietro. Però Visconti, tuo ex compagno, diceva anche che quando vedevano che era lui gli dicevano: “Tu puoi stare”. Per Marcellusi comincia a cambiare qualcosa? Oppure stai davanti perché sgomiti?

Ci sto perché sgomito! Nessun favoritismo nei miei confronti ancora. Nei confronti di Giovanni era completamente diverso. La carriera che ha fatto lui l’hanno fatta in pochi. Era normale dunque che fosse un po’ avvantaggiato. Noi dobbiamo ancora sgomitare e di certo nell’economia della corsa questo è ancora un punto a nostro sfavore. Però dico anche che negli ultimi anni non ci facciamo problemi a sgomitare.

Quasi tutti avete un coach personale, tu hai Daniele Pascucci per esempio, ma in ritiro avete seguito il programma del team. Come ti sei trovato?

Bene, anche se in qualche giorno abbiamo fatto un bel po’ di fatica, che di questi periodi non è cosa comune. Però magari è giusto così.

Per conto tuo invece lo scorso anno hai lavorato parecchio sulle salite, anche se dicevi: “Io non sarò mai uno scalatore”. Quest’anno su cosa stai insistendo?

Fino allo scorso anno Pascucci non aveva un background dei miei dati, quindi non mi conosceva come atleta. In questa stagione abbiamo raccolto molti dati, specie durante il Giro. Abbiamo notato che su alcuni aspetti sono carente e stiamo cercando di migliorarli. In questo periodo, sto insistendo parecchio sulla palestra per quel che riguarda la forza esplosiva.

Quali sono le carenze di cui hai parlato?

Una carenza è sicuramente la continuità. Soprattutto fino ad un anno fa non riuscivo allenarmi troppo. Facevo un giorno di carico e poi il giorno dopo stavo malissimo. Abbiamo lavorato su questo aspetto, importantissimo per crescere, e sembra che stia andando meglio.

Il laziale è cresciuto molto nel 2023. Al Tour du Limousin ha vinto la classifica dei Gpm
Il laziale è cresciuto molto nel 2023. Al Tour du Limousin ha vinto la classifica dei Gpm
E un punto di forza?

Come dissi già una volta, la grinta: ci metto un bel po’ a mollare. Ma quando mollo, vuol dire che è proprio finita, che non ce n’è più!

In ritiro vi abbiamo visto mangiare in certo modo in allenamento, partire con dei sacchetti specifici per assumere un tot di carboidrati ogni ora. Ma davvero ci si allena a mangiare?

In effetti non è così semplice, specie con i cibi solidi. Oggi si usa molto l’alimentazione liquida. Ormai anche in uscite lunghe abbiamo dietro una barretta o due, non di più. Io almeno preferisco i carboidrati in polvere disciolti nella borraccia o dei gel ad alto contenuto di carbo. Comunque è vero: ogni ora dovevamo stare sui 90 grammi di carboidrati, almeno.

E questo allenamento alimentare, chiamiamolo così, lo fai anche a casa? Perché assumere 100 o passa grammi di carbo alla fine può portare a problemi di stomaco…

Questa cosa va curata anche a casa. All’inizio sicuramente non sarei riuscito a mandare giù 120 grammi di carboidrati l’ora, anche perché non c’erano prodotti adatti. Di sicuro andavi in bagno o saresti stato male, minimo con un gonfiore addominale. I prodotti di nuova generazione aiutano perché sono studiati in ogni particolare e non danno di questi problemi. Ma comunque è vero: bisogna esserci abituati, anche solo per il gesto di bere o mangiare così frequentemente.

Transitando in testa sul Ghisallo, Marcellusi è salito sul palco dell’ultimo Lombardia. Questa salita metteva in palio un premio
Transitando in testa sul Ghisallo, Marcellusi è salito sul palco dell’ultimo Lombardia. Questa salita metteva in palio un premio
Eri con il meccanico, sulla tua bici è cambiato qualcosa? Anche dei piccoli dettagli?

La posizione è sempre quella. Ho rivisto giusto le tacchette: le ho spostate di qualche millimetro indietro, perché il nuovo telaio – siamo passati dalla Merak alla 70 – cambia un pochino. Da quest’anno abbiamo tutti i manubri integrati, anche in allenamento. E questi sono un po’ più larghi.

Quanto più larghi?

Sono passato da una piega manubrio da 38 centimetri a una di 40.

E ti piace questa cosa?

Preferivo quello più stretto a dire il vero, anche per il discorso dello sgomitare, però alla fine è questione di abitudine. Quello da 40 ha il vantaggio che in discesa si guida meglio ed è anche molto più bello esteticamente!

Bagioli, primi pensieri da capitano. E intanto prova i pedali nuovi

25.12.2023
5 min
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CALPE (Spagna) – Forse Andrea Bagioli, tra i tanti intervistati nei giorni spagnoli, è stato colui che aveva il sorriso più smagliante. T-Shirt bianca, pancia scavata e idee chiare. Il giorno prima del nostro appuntamento lo avevamo incontrato, per caso, sulle strade nell’entroterra.

Era al fianco di Juan Pedro Lopez. All’inizio non ci aveva riconosciuto, vista l’auto presa a noleggio con la targa spagnola. Mentre “Juanpe” si era sbracciato. «Mi sono accorto solo dopo che eravate voi. Pensavo che fosse uno dei tanti tifosi di Lopez. Lui qui conosce tutti», ci ha detto il valtellinese appena approdato alla Lidl-Trek.

Andrea Bagioli (classe 1999) parla con il suo nuovo addetto stampa alla Lidl-Trek, Paolo Barbieri
Andrea Bagioli (classe 1999) parla con il suo nuovo addetto stampa alla Lidl-Trek, Paolo Barbieri
Insomma, Andrea, siamo qui per avere i giusti spazi? Siamo partiti a gamba tesa!

In teoria sì, ma penso che anche in pratica sarà così. Il primo impatto è stato subito molto buono. E mi riferisco non solo al camp in Spagna, ma anche al ritiro a che abbiamo fatto a Chicago ad ottobre. Ho capito qual è la direzione del team e che ruolo avrò. Mi sento dunque di poter dire che avrò più spazio.

Bene così, no?

Ma attenzione, anche in Lidl-Trek ci sono campioni importanti, però magari non c’è il Remco Evenepoel di turno. La squadra ha detto che crede tanto in me. Ho avuto anche l’opportunità di scegliere il calendario gare e questo è un gran punto di partenza.

Quali sono le gare che hai scelto?

Quelle più adatte a me. Insieme abbiamo deciso quelle gare in cui posso puntare: mi ha fatto molto piacere. Questo mi dà ancora più stimoli.

Ci eravamo lasciati così, con Andrea fra due giganti quali Pogacar e Roglic al Lombardia
Ci eravamo lasciati così, con Andrea fra due giganti quali Pogacar e Roglic al Lombardia
Ci possiamo aspettare dunque un Bagioli all’attacco?

L’obiettivo è quello. L’ultima settimana di questa stagione mi ha dato molta fiducia. Alla fine quando fai secondo in una monumento come il Lombardia le aspettative si alzano parecchio. Spero che quello sia solo un punto di partenza.

Hai parlato di fiducia. Quanto è importante, dopo tanto tempo che lavori per gli altri, quando sai di avere solo quella cartuccia, sapere di avere spazio o addirittura essere capitano come impostazione di partenza?

Non è così scontato. Il finale di stagione è stata una sorta di riscoperta. «Cavolo, allora funziono ancora», il senso è stato quello. E, come detto, non è così scontato al giorno d’oggi essere davanti. Soprattutto nelle gare importanti è veramente difficile. Poi è anche vero che se sei abituato a fare troppo il gregario, magari perdi un po’ di quell’istinto e quello stimolo del vincente.

E lo hai riscoperto al Lombardia?

In verità penso di averlo riscoperto in Slovacchia, questa estate. Anche se era una gara minore, lì ho vinto una tappa e correvo come capitano. Ho riscoperto quelle doti da vincente.

Ritrovate anche al Gran Piemonte, quelle che insomma avevi in Colpack tra gli under 23?

Eh, perché no? Dalla Slovacchia in poi ho fatto il Lussemburgo e le ultime gare italiane. Al Lombardia, in teoria, il capitano era Remco. Poi però dopo la caduta lui non si sentiva al top e mi ha detto di fare la mia gara.

Bagioli può e deve ritrovare lo spirito battagliero, come quando era un giovane rampante della Colpack
Bagioli può e deve ritrovare lo spirito battagliero, come quando era un giovane rampante della Colpack
A quel punto è cambiato qualcosa dentro di te?

Non troppo, perché Remco me l’ha detto proprio all’ultimo, a ridosso del Passo Ganda. Lì mi fa: «Non mi aspettare». Quindi è stato tutto così veloce che non ho neanche avuto il tempo per innervosirmi o pensare alla corsa. E’ iniziata la salita e ho solo seguito i migliori. Magari se me lo avesse detto ad inizio gara sarei andato un po’ nel panico.

Il prossimo anno però sarà diverso: queste responsabilità ce le avrai sin dalla partenza.

Più responsabilità, ma anche più motivazioni. Sapere di essere capitano e che la squadra conta su di te sicuramente mi metterà più pressione, però credo anche che sarà la pressione buona.

Hai parlato di calendario, puoi illustrarcelo?

Inizierò abbastanza tardi, in Portogallo. Prima Figueras e un paio di giorni dopo l’Algarve. Ci sono ancora due mesi. Dopodiché ecco l’Italia: Strade Bianche, Tirreno, Sanremo e poi Baschi, Ardenne e Giro d’Italia. Il mio primo Giro dopo quattro anni da pro’. Era ora!

Al Giro però avrete un leader per la generale, Ciccone, e uno per le volate, Milan: lo spazio te lo dovrai un po’ ricavare?

In 21 giorni dovrò lavorare per forza, ma ci saranno anche alcune frazioni per me. Ma magari questo renderà le cose un po’ più semplici, dividendo bene i compiti.

È cambiato qualcosa invece sul fronte della preparazione?

Fino all’anno scorso ero con Vasilis Anastopoulos, adesso sono seguito da uno dei coach della Lild-Trek. Di conseguenza è normale che qualcosa sia cambiato, perché ognuno ha il proprio metodo di allenamento. Posso dire che in questo primo mese mi trovo benone. Sono aumentate forse le ore rispetto agli scorsi anni. Per ora ho fatto davvero pochi lavori. Ho pedalato ad intensità basse. Stiamo costruendo la famosa base.

Dopo aver ricaricato le pile in Tanzania con la sua compagna, Bagioli è pronto per la quinta stagione da pro’ (foto Instagram)
Dopo aver ricaricato le pile in Tanzania con la sua compagna, Bagioli è pronto per la quinta stagione da pro’ (foto Instagram)
Con quale bici ti vedremo correre? Trek vi mette a disposizione due belle belve…

L‘Emonda. E penso che sarà la bici che userò di più: è comunque veloce ma anche leggera. Poi magari in tappe piatte o alla Sanremo userò la Madone: mi dicono sia velocissima.

E le ruote, hai provato qualcosa?

Tra il ritiro di dicembre e quello di gennaio proverò tutti i setup possibili. Ruote alte o altissime con entrambi i telai e poi deciderò. 

Andrea, passi da Specialized a Trek: sei riuscito a riportare le misure alla perfezione o ne hai approfittato per fare qualche piccolo cambiamento?

Ho rivisto le tacchette. Passando dai pedali Shimano a quelli Time un piccolo adattamento c’è stato. Ed è stato stato un po’ difficile perché sono due pedali totalmente diversi. Ci ho messo un po’ ad abituarmi. Per il resto le misure sono più o meno uguali. La sella l’ho portata leggermente più indietro, ma parlo di 2-3 millimetri, giusto per riprendere gli angoli in seguito ai nuovi pedali. Ho provato ad utilizzare le tacchete fisse nelle prime uscite, ma dopo due o tre settimane ho capito che non erano per me. Non mi trovavo bene e ho optato per le mobili, che con questi pedali oscillano di 5°. 

Olimpiadi, Milan, Het Nieuwsblad. I pensieri di Pasqualon

24.12.2023
6 min
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ALTEA (Spagna) – Andrea Pasqualon scherza sull’eta che avanza. «Quattordici stagioni da pro’: ormai tutti mi dicono che sono vecchio! Forse anche per questo mi piace il sole della Spagna». Il bordo piscina dell’Hotel Cap Negret, dove è in ritiro la Bahrain-Victorious, è un invito al relax, alla siesta.

In effetti il tepore è gradevole. Parlare di ciclismo con i campioni è un piacere. E probabilmente lo è anche per loro. Allenamenti non troppo tirati, gare lontane, clima easy… gli ingredienti per raccontare e farsi raccontare ci sono tutti.

Pasqualon (classe 1988) scherza con Mohoric durante il ritiro ad Altea
Pasqualon (classe 1988) scherza con Mohoric durante il ritiro ad Altea
Ma quindi sei vecchio?

Gli anni passano però, e dico la verità, mi sento più tranquillo ora che in passato. Forse perché sono talmente abituato a questa vita che la pressione non la sento più e questa credo sia una grande cosa. Partire senza pressioni appunto, senza assilli o senza dover dimostrare nulla ritengo sia un bel vantaggio, qualcosa che possa fare la differenza.

Anche se sei arrivato solo lo scorso anno, sei un riferimento per la squadra. Prendiamo, per esempio, il traguardo volante del Polonia, che ha consentito a Mohoric di portarsi a casa la corsa. Sappiamo che hai gestito te quel treno e tutta la situazione…

Eh, me lo ricordo anche io! Ho saltato un mondiale per quella volata, pensate un po’. Forse Bennati è ancora un po’ arrabbiato con me per la decisione di restare al Polonia. Però alla fine quando si fa parte di un team e si decide che la priorità deve essere quella, è giusto aver fatto una scelta del genere. E di conseguenza io ho accettato quella di Bennati di mettermi riserva. Certo, ho un po’ di rammarico, perché il mondiale mi sarebbe piaciuto correrlo, ma è andata così. Benna voleva che arrivassi al mondiale fresco come una rosa per dare il massimo e, giustamente, anche lui avrà pensato che facendo tutto il Polonia fossi spremuto. Giusto così dunque: sia da una parte che dall’altra.

Traguardo volante del Polonia: Pasqualon tira lo sprint a Mohoric che, battendo Almeida, si assicura la generale
Traguardo volante del Polonia: Pasqualon tira lo sprint a Mohoric che, battendo Almeida, si assicura la generale
Hai toccato il tasto della nazionale. Il percorso olimpico è buono per te, ci pensi?

E parecchio. Vi dico la verità: l’ho guardato più volte, anche se solo su Veloviewer per ora. Ho osservato questi strappi sparsi qua e là. E’ un percorso bello, per corridori da classiche. Ma per esserci bisogna dimostrare di andar forte. Io penso che un corridore come me, se riesce a fare una primavera fatta bene con Fiandre, Roubaix, Sanremo può sognare di partecipare alle prossime Olimpiadi. E’ una corsa per corridori come Ganna. Pippo dovrà essere il punto di riferimento. Bisognerà costruire una squadra, che poi squadra non è perché ci saranno solo tre uomini, ma dovranno essere tre ragazzi uniti e tutti molto forti.

Tre leader?

No, tre corridori uniti al massimo per una persona sola. E’ inutile portare tre leader, bisogna avere un leader e due uomini che sanno veramente sacrificarsi al massimo per portare a casa il massimo risultato possibile.

Avevi un ruolo particolare, quello di guidare Milan nella volate. Ora Jonathan se ne è andato. Avrai più spazio?

E chi lo sa! Mi è dispiaciuto che Jonny sia andato via, perché avevo lavorato molto con lui e sono sicuro che insieme avremo ancora costruito qualcosa di importante. Ma questa è stata la sua scelta e non ci possiamo fare nulla. Vedremo se avrò più spazio, probabilmente sì. Però il mio compito è proprio quello di prendere per mano i giovani e portarli ad uno scalino superiore. In questo periodo, per esempio, sono molto vicino a Dusan Rajovic, giovane talentuoso. Credo che messo a punto qualcosa di testa, sia molto forte. Ha un bel futuro. Per far crescere i giovani ci servono anche gli esperti, come possiamo essere io o Damiano (Caruso, ndr). E si è visto al Giro: un buon giovane affiancato da un esperto può fare grandi cose.

Pasqualon e Milan, era nata una buona intesa tecnica. I due erano spesso anche compagni di stanza
Pasqualon e Milan, era nata una buona intesa tecnica. I due erano spesso anche compagni di stanza
I quattro secondi posti di Milan al Giro, potevano essere due vittorie e due poi, insomma…

Esatto, poi magari per ottenere ancora di più bisognava impostare un’altra squadra. Una squadra su di lui, ma noi volevamo anche far classifica con Caruso, quindi era difficile portare anche qualche altra persona per il treno. Capisco le scelte di Vladimir (Miholjević, ndr). E infatti abbiamo portato a casa la maglia ciclamino, una vittoria, un quarto posto nella generale, con Damiano che è stato il primo degli umani) e anche la classifica a squadre.

Torniamo a parlare di te. Pasqualon è ancora un velocista, ammesso che tu ti sia mai sentito un velocista?

Bella domanda. Mi sto ancora scoprendo. Negli ultimi anni mi sono sentito più che altro uomo da classiche. Sulle lunghe distanze riesco a dare il meglio di me. Sono un uomo da corse dure, in cui si arriva col gruppetto ristretto. Un velocista puro non mi sento di dirlo. Stiamo parlando di gente che ormai sviluppa 2.000 watt, tanti ne servono per vincere le volate di gruppo. E io i 2.000 watt nelle gambe non li ho. Peso 70 chili, ma questo mi consente di sopravvivere in salita. Di restare attaccato quando ne restano 50 o forse anche 40.

E lo sprinter da 2.000 watt lì non ci resta…

Appunto. Io però nel finale di una Sanremo ci sono, come abbiamo visto quest’anno del resto. Sono stato il primo a prendere il Poggio. Dovevo essere lì: al punto giusto nel momento giusto. E, credetemi, non è facile. Altri 150 corridori vogliono essere lì in quel momento. Però con le giuste tempistiche, con la giusta esperienza ce l’ho fatta. Ma ci sono voluti anni per arrivare a questo. Ora però sono contento. Mi sono ricavato anche io un ruolo in questo ciclismo di altissimo livello.

L’arrivo, che “tira”, dell’ultima Het Nieuwsblad. Si nota Pasqualon al centro con la maglia della Bahrain
L’arrivo, che “tira”, dell’ultima Het Nieuwsblad. Si nota Pasqualon al centro con la maglia della Bahrain
Andrea, hai fatto e rifatto praticamente tutte le gare che offre il calendario mondiale. Ebbene, qual è la corsa o la tappa perfetta per te? E perché?

La corsa che più mi si addice è la Omloop Het Nieuwsblad – replica secco Pasqualon – perché siamo a inizio anno. E’ l’apertura del calendario belga e a me il Belgio è sempre piaciuto.

Ci hai anche corso parecchio, ai tempi della Intermarché…

Quelle corse lassù negli ultimi anni le ho sempre fatte. La Het Nieuwsblad in particolare mi piace perché c’è un po’ di tutto: il pavé, gli strappi, strade e stradine, e soprattutto perché c’è questo arrivo che tira, in cui non si sa mai chi vince. E’ la prima dell’anno, nessuno conosce i valori in campo. C’è grande incertezza sul risultato. Serve una volata di grande potenza, ma al tempo stesso di resistenza. E poi, ragazzi, c’è il Muur… una salita simbolo.

Descrizione perfetta, che sia che sia di buon auspicio per il 2024…

Speriamo!

A Benidorm incontrato un Fiorelli “tutto nuovo”

23.12.2023
5 min
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BENIDORM (Spagna) – Filippo Fiorelli era sul lettino dei massaggi. Ai suoi muscoli pensava Gianluca Mirenda. Spesso sono questi i momenti migliori per parlare e scavare nei pensieri. Va detto che Filippo come altre volte si apre. Non si nasconde. Si mette in discussione.

Ed è quello che sta facendo questo inverno, più di altre volte. Per il siciliano della Green Project-Bardiani-CSF-Faizanè (dal 1° gennaio VF Group-Bardiani-Faizanè) è un inverno ricco di novità. Una preparazione iniziata con piglio al top. Un nuovo coach. Un’alimentazione diversa. Il suo grande motore deve raccogliere quello che gli compete.

Filippo Fiorelli (classe 1994) in allenamento sulle strade spagnole (foto Gabriele Reverberi)
Filippo Fiorelli (classe 1994) in allenamento sulle strade spagnole (foto Gabriele Reverberi)
Filippo, ormai sei il veterano di questa squadra…

Diciamo che sono tra i più vecchi, dopo Tonelli e Gabburo. Non mi sento proprio vecchio, però l’età avanza anno dopo anno.

Che stagione ci possiamo aspettare quest’anno da te?

Da parte mia c’è sempre quell’entusiasmo, come quando sono passato professionista. Cerco di dare il massimo per me e per la squadra. Parto ben concentrato, poi è chiaro che i problemi e le sfortune varie non puoi pianificarle. Però ci si mette il massimo.

Hai cambiato preparatore: è uno stimolo ulteriore? Questo cambio ti può dare di più non solo a livello tecnico, ma anche a livello mentale?

Ho cambiato preparatore, anche perché la squadra ha questa equipe molto valida e me l’hanno consigliato loro stessi. Non ho avuto problemi a cambiare. Ho avuto Paolo Alberati sin da quando son passato professionista e non mi sono trovato per niente male con lui. Mi ha fatto crescere. Vedremo quest’anno come andrà, fino ad ora procede tutto bene.

Ci sono differenze nella preparazione?

Un po’ sì. Vedo che rispetto all’anno scorso di questi tempi sono un po’ più avanti.

Ma fai più lavori, più chilometri… specifichiamo questa differenza.

Parlo di test, di valori registrati. Parto da un gradino in più rispetto all’anno scorso. In ritiro con il team ho incrementato il lavoro iniziato da qualche settimana.

Fiorelli con Gabburo, ormai sono i veterani del team
Fiorelli con Gabburo, ormai sono i veterani del team
Ti vediamo magro, tonico. Tu stesso ne hai parlato apertamente con noi diverse volte delle tue difficoltà nel perdere peso… Anche questo conta, no?

Sì, va meglio. Anche Roberto (Reverberi, ndr) me lo ha detto che sono messo bene. E’ la prima volta che i medici, facendomi la Bia e la plico, mi hanno detto che non devo perdere chili e neanche grammi. E questo facilita non poco la preparazione in generale.

Perché?

Perché un conto è cominciare anche per dimagrire e quindi dover andare in deficit. E un conto è pedalare solo per fare i lavori o le tue uscite. Adesso in bici mangio quello che devo mangiare. Questo fa sì che la gamba sia piena e che i lavori riescano bene. Un’altra cosa che mi piace è che non sto lì a fare caso sempre a cosa devo mangiare e a cosa no.

Questo è un ottimo step mentale…

Assolutamente sì. Può sembrare una cosa banale, ma non lo è. Sono già diversi mesi che collaboro con una nuova nutrizionista, Erica Lombardi. Abbiamo trovato un accordo dopo il Giro d’Italia. Ma è come la preparazione. Un conto è cambiare durante la stagione e un conto è farlo all’inizio. Per questo abbiamo lavorato passo dopo passo. A questo peso gli abbiamo dato una bella limata! E i risultati si vedono.

Insomma non devi più rincorrere una condizione. Come hai detto: un conto è lavorare per la forma e un conto è per perdere peso…

Ed è la differenza rispetto agli anni precedenti. Pensavamo che contasse solo essere magri. Per carità, è vero: il peso conta, però se io devo allenarmi per perdere peso è come il cane che si morde la coda. Se vincesse solo il corridore che è più magro, allora tanto vale che stare a casa a fare la dieta e basta. Non posso sbagliare allenamenti perché devo essere magro. Adesso invece quando mi alleno penso solo all’allenamento e non a dimagrire. E se mi devo allenare bene, devo mangiare. In passato mi sono capitate delle giornate in cui prendevo delle “scimmie atomiche”, perché giustamente dovevo andare in deficit per prendere quei chili di troppo. Però chiaramente non riuscivo a lavorare bene. E neanche li assimilavo certi lavori, mancava la forza e tutto il resto.

Sin dai tempi in cui era un dilettante, Fiorelli è stato sempre molto potente, sia in volata che sugli strappi brevi (photors.it)
Sin dai tempi in cui era un dilettante, Fiorelli è stato sempre molto potente, sia in volata che sugli strappi brevi (photors.it)
Cambiamo argomento. Cambiando coach, hai cambiato anche metodologia?

Mi segue il dottor Andrea Giorgi, interno al team. Sin qui ho notato più resistenza. E su questo aspetto stiamo lavorando. La salita secca, certo non lunga, non mi manca e non mi mancava neanche prima. Lo sforzo di 10′, che poi è quello che serve a me, andava bene. Ma avere più resistenza, mi consente di avere più brillantezza in quelle fasi dopo tanti chilometri. La prima cosa è non arrivare finito sotto la salita. Poi per la parte più specifica, per quei 10-20 in più watt ci lavoreremo più in là.

Hai cerchiato in rosso una gara in particolare? O comunque un periodo di picco?

Se dovessi dire una corsa, direi una tappa al Giro d’Italia: per me, per la squadra e per tutti. Ho un bel periodo di avvicinamento al Giro e si punta su quello. Ma di solito in quella fase ho sempre raccolto buoni risultati, come per esempio al Giro di Sicilia. Quindi se non fosse una tappa del Giro, una al Sicilia andrebbe benissimo lo stesso. Poi è ovvio che una tappa al Giro… è una tappa al Giro.

Prima del Giro pensi di fare un picco, ipotizzandolo ad inizio stagione, o optate per una crescita graduale fino alla corsa rosa?

Per come stiamo andando, sicuramente non partirò piano… sperando di non avere problemi o sfortune varie. Parto per dire la mia. Specialmente ad inizio stagione, non farò corse che non sono adatte alle mie caratteristiche, partirò con il coltello fra i denti.

Tao Geoghegan Hart al lavoro per tornare forte (come al Giro)

20.12.2023
4 min
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CALPE (Spagna) – Forse riconosce i volti, anche se a dire il vero non ci abbiamo parlato spessissimo. Forse è stato imbeccato o forse coglie le persone al volo, ma Tao Geoghegan Hart saluta ognuno dei giornalisti presenti nel media day di Calpe con la sua lingua. Hello per gli inglesi, hola per gli spagnoli, ciao con noi (in apertura foto Instagram).

Apparentemente sulle sue, quasi timido, ma timido proprio non è, la maglia rosa del 2020 si racconta. Lo fa con passione e un’umiltà che non ci saremmo aspettati. Anche quando lo incontriamo mentre sta per uscire, inforca la bici e ci fa: «Buongiorno», accompagnato da un cenno del capo e un sorriso.

E’ il 17 maggio e Tao Geoghegan Hart (classe 1995) lascia il Giro quando è terzo nella generale (immagine da web)
E’ il 17 maggio e Tao Geoghegan Hart (classe 1995) lascia il Giro quando è terzo nella generale (immagine da web)

Primo obiettivo: riprendersi

Dove eravamo rimasti? Giro d’Italia: Tao Geoghegan Hart sembra in forma come non mai, ma cade durante l’11ª tappa. A prima vista sembra una scivolata banale e invece… Femore fratturato, anca e altre fratture. Tao finisce in ospedale a Genova. Viene operato la sera stessa e inizia un lunghissimo percorso di recupero.

«Il primo obiettivo – dice con consapevolezza estrema Tao – è quello di tornare al mio livello e possibilmente al livello che avevo a maggio al Giro, il più alto mai raggiunto. Mi è davvero dispiaciuto non poter mostrare il mio valore».

Tao parla del Giro come la situazione perfetta. Una squadra compatta, consapevole del lavoro fatto e con tanto di certezze che venivano dalla vittoria al Tour of the Alps.

«Non so come sarebbe andata a finire, ma ci saremmo divertiti. E invece mi sono visto il resto delle tappe dall’ospedale. Sono stato operato subito, la notte stessa dell’incidente. Poi ho passato nove settimane in un centro specializzato, il Fysiomed, ad Amsterdam, per recuperare il movimento del ginocchio, della caviglia e del piede, e far guarire il femore sinistro, i muscoli del quadricipite e dell’anca».

A Fossombrone Tao è con i due che poi si giocheranno il Giro: Roglic e il suo compagno Thomas
A Fossombrone Tao è con i due che poi si giocheranno il Giro: Roglic e il suo compagno Thomas

Tao 2.0

A questo punto inizia la seconda carriera di Tao, se vogliamo. Viene annunciato il cambio di squadra, dalla Ineos Grenadiers alla Lidl-Trek. In più inizia il cammino di un atleta da recuperare, e prima ancora la mobilità dell’uomo.

All’inizio Geoghegan Hart è claudicante. Pedalare in quel momento, l’estate, era una chimera. Il che è comprensibile con 17 placche di titanio sparse per il corpo. Ma Tao non molla. 

«Già 62 ore dopo la caduta del Giro – prosegue Tao – pensavo a come poter ritornare in tempi brevi. Anche per questo non sono voluto rimanere ad Andorra, dove vivo, ma ho cercato un centro super specializzato, come quello olandese appunto.

«La riabilitazione è stata davvero stancante e decisamente meno divertente di un allenamento in bici. A livello mentale è stata dura. A fine giornata non riuscivo a tenere gli occhi aperti neanche per vedere un film».

Le prime pedalate di Tao sono “da turista”, proprio per le vie di Amsterdam in sella ad una Brompton. Ma un campione guarda il bicchiere mezzo pieno e alla fine è stata, come ha detto lui stesso, un’occasione per fare e vivere esperienze diverse. 

Da qualche settimana però, Geoghegan Hart è tornato in sella da corridore. Quasi non ci credeva. Le sgambate sono diventate allenamenti.

«Non ci credevo. Tutto è filato liscio. Nessun dolore, nessuna sensazione strana con le placche in titanio».

Tao Geoghegan Hart, Ineos-Grenadiers, Milano, Giro d'Italia 2020
Tao conquista il Giro d’Italia 2020. Da lì alti e bassi, ma nel 2023 stava davvero andando forte
Tao Geoghegan Hart, Ineos-Grenadiers, Milano, Giro d'Italia 2020
Tao conquista il Giro d’Italia 2020. Da lì alti e bassi, ma nel 2023 stava davvero andando forte

Da Amsterdam al Tour

Tao è stato bravissimo a non mollare nel corso dei mesi. E’ magro e, a prima vista, anche tonico. Ma certo non ha il muscolo definito che abbiamo notato in molti suoi colleghi nel ritiro di Calpe. Il suo è un ritorno a testa bassa. Nonostante sia un leader. Una leadership che la sua nuova squadra già gli ha riconosciuto… non solo come corridore.

La Lidl-Trek sa che potenziale ha l’inglese, non ha bisogno di risposte e non gli vuol mettergli fretta. La rimozione delle placche è già stata fissata per l’autunno prossimo, proprio per non fargli perdere ulteriore tempo. E lasciarlo in tranquillità.

Tao sarà dirottato al Tour de France: lui per la generale, per Mads Pedersen per i traguardi intermedi. Il cammino di Geoghegan Hart richiederà certezze ed obiettivi crescenti. La rincorsa al Tour de France partirà dalla Volta ao Algarve a febbraio. Poi si procederà verosimilmente “a vista”. Ogni gara servirà per valutare lo stato dell’atleta e da lì programmare il passo e le corse successive. Che poi è un po’ quello che la sua ex squadra ha fatto con Bernal.

«Tutto è andato molto bene in queste ultime settimane – ha detto Geoghegan Hart a Cycling News dove ha toccato argomenti più tecnici – Non sono troppo lontano da dove mi trovavo in questo periodo dell’anno scorso. Certo, devo ritrovare un po’ di mentalità da corridore, come sull’alimentazione. La settimana scorsa ho fatto quattro volte più di cinque ore e mezza a 250 watt medi. E per ora va bene così».