Nel ciclocross il riscaldamento conta tantissimo. E’ uno sforzo particolare: è esplosivo, ma al tempo stesso di endurance. Le fasi del via sono quasi sempre le più importanti e decisive, specie sul fronte fisiologico. Spesso è da come si digeriscono queste sgasate “a freddo” che la propria corsa prende una piega anziché un’altra.
Marco Decet è un giovane preparatore da poco entrato nel giro del gruppo performance della nazionale. Decet è stato uno stradista prima e un endurista poi, il cittì Daniele Pontoni l’ha voluto nella sua squadra. E al tecnico veneto ha affidato uno scopo preciso: quello di standardizzare il riscaldamento. Si vuol creare un protocollo per i ragazzi, ciascuno chiaramente con i suoi piccoli adattamenti.
Marco, come sei arrivato a Pontoni?
Il mio è stato un avvicinamento universitario, più che sportivo. Terminata la mia attività, mi sono reso conto quanto per un ragazzo fosse importante avere un riferimento che lo indirizzasse. E così ho fatto della mia passione la mia professione. Finiti gli studi (che in realtà non sono finiti in quanto procedono con dei dottorati, ndr) ho partecipato al bando della Fci per entrare a far parte del team performance. L’ho vinto e Pontoni, sapendo del mio passato da biker e vedendo il mio approccio scientifico che all’inizio avevo avuto con i ragazzi della Bmx, mi ha voluto con sé.
E avete iniziato a lavorare sul riscaldamento…
Esatto. L’idea è quella di standardizzare i protocolli del warm up per i ragazzi, in particolare per coloro che sono impegnati nel team relay, visto che si tratta di sessi ed età differenti, che per di più vengono chiamati in causa in momenti diversi. In questo caso si tratta soprattutto di individuare le tempistiche migliori per il riscaldamento. E questo, agli ultimi europei in Francia, è servito molto ai più giovani. Ma devo dire che anche i più esperti hanno apprezzato e ritoccato qualcosa.
In cosa consiste il tuo lavoro con il riscaldamento?
E’ un approccio totale alla gara. E quindi va dal riscaldamento vero e proprio all’ingresso in griglia. Mi sono concentrato soprattutto sul tema della temperatura corporea ideale da raggiungere. E come raggiungerla, chiaramente. Abbiamo visto che non è necessario un lungo tempo sui rulli, per portare i muscoli al di sopra dei 37 gradi, la temperatura ideale per il lavoro delle fibre e l’apporto di ossigeno al sangue.
Perché è importante standardizzare il riscaldamento?
Perché è una fase delicata in vista della gara e va fatta bene. In più avere un protocollo, delle certezze, apporta anche un beneficio mentale all’atleta che va sul sicuro. Per esempio abbiamo dato anche molta importanza all’abbigliamento.
Hai parlato di tempi non troppi lunghi: cosa intendi?
Che bastano anche 20 minuti, non serve consumarsi più a lungo. In questa fase c’è un po’ di tutto, anche del Vo2 Max, ma senza accumulo. Variazioni con cadenze che simulano il percorso…
Proviamo a vedere come potrebbe essere un riscaldamento standard?
La prima fase è quella dell’innalzamento della temperatura e della mobilità articolare, la seconda quella dell’intensità, c’è poi una terza fase che va dalla fine dell’intensità all’ingresso in griglia. La prima dura una decina di minuti: 5′ molto tranquilli, poi 3′ in una fase più intensa e 2′ a soglia, una “Z5” per intenderci. Successivamente inizia la seconda fase. Di base ci si mette a Z2 e si fanno delle variazioni: 2′ a soglia, poi 3×30”-30” sempre in Z5 e infine 2-3 progressioni da 15” che vanno dalle basse alle alte cadenze con un rapporto importante: quindi dalla forza massima alla forza dinamica. Tutta questa seconda fase dura altri 10′, massimo 15’, a seconda dei soggetti.
Però hai detto senza accumulo, come fanno i ragazzi a capire che hanno recuperato tra una progressione e l’altra?
Da quando ritornano in Z2, quella è la base. Nel cross pochissimi hanno il potenziometro e quindi si regolano con i battiti, ma il concetto è quello.
E poi?
Poi, conclusa l’ultima progressione, il riscaldamento vero e proprio finisce. Si fanno ancora un paio di minuti in Z2, per non scendere col fiatone, e ci si va a cambiare. Da qui inizia per me la fase chiave, la più delicata. E’ molto importante in questo intermezzo prima della partenza, 10 minuti o poco più, mantenere la temperatura che si è raggiunta sui rulli. Bisogna sapere che già dopo 15 minuti si perde oltre il 70 per cento dell’efficienza del riscaldamento. Per questo consiglio ai ragazzi di coprirsi bene. Anche collo e viso, dove vi sono molti recettori della temperatura che, in caso di freddo, potrebbero inviare segnali non ottimali al cervello in vista della gara. Altra cosa da osservare: la mobilità articolare.
Spiegaci meglio, visto che anche prima l’hai citata in fase di riscaldamento…
In bici, e nelle discipline offroad soprattutto, non si deve solo pedalare, ma si deve anche guidare. E’ bene tenere al caldo polsi, anche, caviglie… sono aspetti che possono fare la differenza. Se non hai una buona “stiffness”, che si fa a monte anche con la palestra chiaramente, paghi un prezzo salato. Se scendi di sella e devi correre non puoi metterci tre passi per spingere bene. O magari ad ogni curva non sei sciolto a dovere. Potresti andare un pelo più più forte e sei costretto a recuperare facendo quel paio di pedalate in più nel tratto di transizione sprecando più watt. Moltiplichiamo questi watt per ogni curva, per un’ora… Va da sé quanto sia importante scaldare bene tutto il corpo.