La grande festa di Medellin per l’addio di Uran

05.11.2024
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Non vedremo più Rigoberto Uran nel gruppo. Il simpatico… bresciano di Urrao, arrivato in Italia nel 2006 per correre con la Tenax e avviare così una carriera da professionista lunga 19 stagioni, ha salutato domenica ottomila tifosi allo stadio Atanasio Girardot di Medellin. Qui il sindaco gli ha consegnato la Medaglia Categoria d’Oro, massima onorificenza della città (in apertura Uran con il presentatore Mario Sabato, foto El Giro de Rigo).

Alla cena inaugurale, con Uran i campioni di ieri e quelli di oggi (foto El Giro de Rigo)
Alla cena inaugurale, con Uran i campioni di ieri e quelli di oggi (foto El Giro de Rigo)

Grazie bicicletta

Una giornata allegra, come da par suo, ma questa volta insieme toccante, inaugurata in mattinata con El Giro de Rigo, la gran fondo scelta da tempo come gara per l’addio. Al suo fianco sono arrivati due campioni molto speciali che lo hanno scortato al passo d’addio: Joaquim Purito Rodriguez e Alejandro Valverde. Due giganti spagnoli che non si sono mai amati troppo, ma concordi nell’onorare il grande Rigo. E poi anche corridori in attività, da Dani Martínez e Sergio Higuita, Santiago Buitrago e Fernando Gaviria.

«Questo è un momento molto speciale per ogni ciclista – ha detto commosso Uran – e io non ho potuto farlo alla Vuelta a España, a causa della frattura dell’anca. Ma Dio conosce il perché delle sue scelte. E oggi a Medellín, davanti a tutta la mia gente e ai partecipanti al Giro de Rigo, do l’addio al ciclismo professionistico. Voglio solo dire: grazie, bicicletta. Grazie a te ho potuto ottenere molto, ho potuto sostenere la mia famiglia, ho potuto lottare e ispirare un intero Paese».

Tifosi e appassionati si sono accalcati per salutare il campione (foto El Giro de Rigo)
Tifosi e appassionati si sono accalcati per salutare il campione (foto El Giro de Rigo)

Felicità contagiosa

Valverde e Purito hanno condiviso con Uran i colori della Caisse d’Epargne nel 2008 e nel 2009. «E’ stato un orgoglio – ha detto Rodriguez – aver corso nella stessa squadra con Rigo. Non immaginavo che fosse possibile una corsa come El Giro de Rigo, sei davvero un fenomeno in tutto. Sapevamo tutti che ci avrebbe reso felici quando ti avessimo incontrato nel gruppo».

Un concetto simile a quello espresso da Rodriguez è arrivato anche da Valverde: «Stare con lui – ha detto – è sempre stata una gioia. In più ha fatto davvero tantissimo per il ciclismo del suo Paese».

L’oro di Medellin

Tra gli ospiti di lusso c’era anche la ciclista Mariana Pajón, tre volte medaglia olimpica della BMX, che aveva ospitato Uran e anche Bernal pochi giorni prima in occasione della sua Gran Fondito per bambini. E proprio lei, che ha toccato più volte con mano l’entusiasmo della sua gente, ha detto parole molto vere.

«La città è in festa – ha notato – e anche l’America Latina ti abbraccia. Siamo venuti per celebrare quello che è Rigo: non solo la sua carriera ma il suo modo di essere».

E lui dall’alto del palco su cui lo hanno intervistato, al momento di accettare il premio dal Sindaco Federico Gutierrez, ha commentato la sua carriera con una battuta. «Abbiamo perso l’oro a Londra, ma abbiamo vinto l’oro a Medellín», commentando così l’affetto che la sua gente gli ha sempre tributato.

Avrebbe voluto salutare alla Vuelta, ma ha dovuto ritirarsi e ora Uran saluta a Medellin (foto El Giro de Rigo)
Avrebbe voluto salutare alla Vuelta, ma ha dovuto ritirarsi e ora Uran saluta a Medellin (foto El Giro de Rigo)

Una storia difficile

Tra le vittorie più importanti di Uran si ricordano due tappe al Giro, una al Tour e una alla Vuelta. Il Gp Quebec. Il secondo posto alle Olimpiadi di Londra e la doppia piazza d’onore a Giro d’Italia: nel 2013 dietro Vincenzo Nibali e nel 2014 dietro Nairo Quintana. Anche il Tour de France del 2017 lo vide secondo dietro Froome, ad appena 54 secondi.

La sua storia di emancipazione dalla povertà attraverso la bici dopo l’uccisione del padre resta uno dei capitoli più toccanti del ciclismo contemporaneo. Le sue risate restano la colonna sonora di decine di interviste. E anche se negli ultimi tempi la sua presenza in gruppo è stata meno incisiva, siamo certi che davvero in gruppo se ne sentirà la mancanza.

In Colombia si rivede Bernal, fra ricordi, progetti e… Pogacar

18.10.2024
5 min
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Cosa ci facesse Egan Bernal in mezzo a 2.000 bambini nel Parque Norte di Medellin è presto detto. Il vincitore del Giro 2021, assieme a Rigoberto Uran, ha partecipato come ospite a un evento chiamato Gran Fondito e organizzato per la seconda volta da Mariana Pajon. Lei è un’atleta di 34 anni da 56 medaglie d’oro in carriera, 9 argenti e 10 bronzi nella BMX. E’ anche l’unica colombiana vincitrice di tre medaglie olimpiche: due d’oro (Londra e Rio) e una d’argento (Tokyo). Bambini dai 2 ai 14 anni, accompagnati da 6.000 persone che hanno trasformato i dintorni in un ribollire di voci, entusiasmi e colori. Lo scopo, come dichiarato dagli organizzatori, era incoraggiare lo sport fin dalla prima infanzia, aiutando i bambini a sviluppare le loro capacità motorie, migliorare l’equilibrio ed esplorare il loro ambiente in modo indipendente.

«Sono molto contenta – ha detto Mariana Pajon, in apertura con Uran e Bernal nella foto dell’organizzazione – di questa seconda edizione di Gran Fondito. Dico sempre ai genitori di portare i loro figli a divertirsi, di incoraggiarli, di sostenerli in modo che ottengano il meglio da loro, ma senza ulteriore pressione. Quello che vorrei è che tutti sognassero in grande. Pochi diventano atleti professionisti, ma finché hai sogni e fiducia in te stesso, puoi ottenere ciò che desideri. E se anche non ci riusciranno, lungo quel percorso diventeranno grandi persone, con i valori che lo sport avrà trasmesso loro».

Il ricordo di Bernal

Bernal ha assistito allo spettacolo rapito dai tanti bambini, con il suo solito sorriso. In Colombia questo è il periodo delle gran fondo. E come Medellin ha chiamato a raccolta i più piccoli, il 3 novembre ospiterà anche il classico Giro de Rigo, prova del ritiro di Uran, che per questo lo ha chiamato Edicion La Despedida. Mentre il 17 novembre a Bogotà, per la prima volta la Capitale sarà chiusa per un evento ciclistico di massa

«Questo evento è unico – ha detto Bernal in questa intervista – penso che Mariana stia facendo una cosa molto importante. L’ho detto più volte, penso che da una gara come questa un giorno uscirà il prossimo campione del Tour de France o il prossimo campione olimpico. Sono molto emozionato, mi commuove vedere tutti questi bambini super eccitati. Feci la mia prima gara a cinque anni e ovviamente era molto più piccola di questa. Ricordo la sensazione che ho provato il giorno prima e poi l’indomani, quando ho tagliato il traguardo. Quando sono andato alla cerimonia di premiazione e quando mi sono sentito come un supercampione, perché avevo vinto. Fu l’inizio di una carriera più grande, ma iniziata a cinque anni, in una gara simile a questa».

Una grande festa e un bel raduno di campioni (foto Gran Fondito)
Una grande festa e un bel raduno di campioni (foto Gran Fondito)

Un ritorno faticoso

Il discorso è passato in un attimo dalle sue vittorie di bambino e dal sottofondo chiassoso di Medellin alla sua situazione di atleta. Bernal si è fermato dopo il Tour de France per fare un altro intervento, nel 2024 che lo ha visto sul podio del Catalunya e del Gran Camino, con prestazioni molto migliori rispetto al 2023.

«Ovviamente – ha detto – si vuole sempre vincere, almeno io sono super competitivo. Ogni volta che arrivo sul podio e anche più indietro, mi ritrovo a pensare: perché non ho vinto? Si vuole sempre di più, ma al momento bisogna pensare al prossimo anno e cercare di migliorare e continuare a provare, a lottare e non arrendersi mai. Penso che la mia carriera sportiva, anche prima di vincere il Tour de France e il Giro d’Italia, sia stata piena di alti e bassi. Ogni gara che sono riuscito a vincere è stata molto faticosa. E anche se quest’anno sono salito su diversi podi, in gare anche molto importanti, il giorno in cui vincerò di nuovo, sperando che sia presto, dovrò sudarmela per tre volte».

Bernal ha concluso il Tour in 29ª posizione, dopo una serie di buone prove nell’avvicinamento
Bernal ha concluso il Tour in 29ª posizione, dopo una serie di buone prove nell’avvicinamento

I sogni di Egan

Il Tour lo ha visto lottare, soffrire, resistere e staccarsi. E’ chiaro che qualcosa ancora manchi e non è dato di sapere se mai tornerà.

«La stagione è finita – ha spiegato Bernal – quindi stiamo già pensando al prossimo anno, ma bisogna aspettare. Mi piacerebbe poter dire che farò questa o quella gara, ma dipenderà prima di tutto dalla squadra e anche dal percorso delle gare. Si decide di fare il Giro, il Tour o la Vuelta, a seconda del percorso, delle tappe. Ma quelle non escono prima di dicembre o gennaio, per cui c’è da aspettare. Però intanto mi preparo per la Gran Fondo di Bogotà che faremo il 17 novembre. Sarà la prima grande fondo nella Capitale e sarà molto importante, un fatto storico. Per la prima volta la città sarà chiusa alle auto e bisogna dire grazie al sindaco».

L’edizione di quest’anno ha visto al via 2.000 bambini (foto Gran Fondito)
L’edizione di quest’anno ha visto al via 2.000 bambini (foto Gran Fondito)

La forza di Pogacar

L’ultima annotazione Bernal l’ha fatta su Pogacar, dato che l’appuntamento di Medellin si è svolto all’indomani del Lombardia

«Sui social scrivono che è noioso vederlo dominare così tanto – ha detto – io invece penso che il corridore più forte debba sempre vincere. E se il corridore più forte vince ogni gara è perché se lo merita. A volte si guarda solo il risultato e Tadej obiettivamente vince tutte le gare, ma bisogna vedere il lavoro che c’è dietro. Forse prima o poi anche io vincerò di nuovo una gara e i tifosi mi vedranno quando salirò sul podio. Ma non potranno mai rendersi conto di tutto il lavoro che ho fatto negli ultimi anni per arrivare a quella posizione. Quindi sicuramente Tadej è lì perché se lo merita, perché ha lavorato duramente. Nessuna gara è facile: lui le fa sembrare facili, ma vuol dire si è allenato molto duramente e ha un grande talento. Questo è il senso dello sport, il più forte vince».

Adios, Uran! Dall’infanzia ad oggi, la carriera di un pro’ amatissimo

18.02.2024
7 min
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Dopo Pinot dovremmo salutare anche un altro grande del pedale, Rigoberto Uran. Due dei corridori tra i più amati appendono la bici al chiodo nel giro di dodici mesi. Corridori che sono riusciti a fare breccia nel cuore della gente. Che sono un po’ figli del ciclismo degli anni 2000 e allo stesso tempo padri di quello attuale.

Il colombiano, per tutti Rigo, ha annunciato l’addio tra i campionati nazionali e il Tour Colombia, una manciata di giorni fa. La vetrina era quella giusta. E altrettanto giustamente si è preso l’abbraccio della folla. Congedandosi al meglio davanti alla sua gente.

L’annuncio dell’addio in uno dei suoi super negozi di bici in Colombia (foto Instagram)
L’annuncio dell’addio in uno dei suoi super negozi di bici in Colombia (foto Instagram)

Nuova veste

Ma attenzione. Questi mesi che restano all’Uran corridore saranno mesi da atleta vero. Rigo ha infatti un chiaro obiettivo: prendere parte alle Olimpiadi. Quelle Olimpiadi che già nel 2012 lo videro sul podio, medaglia d’argento alle spalle di Vinokourov.

E partiamo proprio da qui, dal palmares. E quello di Uran è importante. Rigoberto è stato il primo colombiano moderno di altissimo livello. Eravamo rimasti ai corridori come Josè Nelson “Cacaito” Rodriguez. Prima di Uran i colombiani erano gli scalatori che spuntavano fuori nei grandi Giri, ma nulla o poco più. Con lui avviene il salto. Con Uran i colombiani e il ciclismo di quella Nazione cambiano veste.

Rigoberto finisce negli squadroni e si distingue anche come gregario nelle classiche. Magari non quelle del pavé, ma non sfigura affatto. Dalla Caisse d’Epargne, al fianco di assi come Valverde, finisce nella file dell’allora Sky e poi dell’Omega Pharma di Lefevere, antesignana della Quick Step. Pensate che in quel gruppo ancora lo ricordano.

Un esperto del mondo del ciclismo, quale Alessandro Tegner a sua volta punto fisso del gruppo di Lefevere, lo ha definito come uno degli atleti più simpatici e intelligenti che abbia incontrato. 

Dal 2016 è indossa la maglia della Cannondale poi divenuta EF Education- Easy Post

Tra bici e marketing

Uran è attivissimo sui social. E’ in assoluto il corridore più seguito. Ha delle attività legate al ciclismo. Con il suo marchio, gorigogo, si è consolidato nel mercato dell’abbigliamento per il ciclismo, delle bici, ha dei ristoranti e persino un marchio di caffè.

E sempre lui ha un evento, El Giro de Rigo, che raduna ogni anno migliaia di appassionati da tutto il mondo. E ogni anno invita illustri colleghi che non rifiutano l’offerta.

Se un Wout Van Aert nel pieno della carriera e dopo stagioni estenuanti in autunno si mette su un areo, sorvola l’Atlantico per andare da lui, un motivo ci sarà. E come Wout anche altri. Nibali, Sagan, Contador… la lista sarebbe lunghissima.

Infanzia interrotta

Ma ripercorriamo la carriera. Uran nasce ad Urrao cittadina nel Nord Est della Colombia. E’ il 1987 e questo ragazzino che ama lo sport parte da una corsia differente rispetto a molti suoi connazionali. La sua famiglia infatti non era povera, erano dei piccoli imprenditori. Avevano negozi di alimentari, mense. Il papà vendeva biglietti della lotteria per strada. Forse il Dna imprenditoriale di Rigoberto viene proprio da qui.

A scuola Uran era molto irrequieto. Più di qualche volta sua mamma era stata chiamata per il comportamento sin troppo vivace del figlio.

Suo papà, che tra l’altro si chiamava come lui, cosa non rara in Sud America, pedalava e Rigo lo seguiva. Da qui la passione per la bici.

Un giorno, mentre Rigoberto padre era in strada a vendere i biglietti, rimase coinvolto in una sparatoria dei narcos. Lo colpirono e morì.

Rigo figlio era scuola. Era un sabato, si trovava in classe poiché doveva recuperare qualche lacuna. Furono alcuni suoi compagni a dirgli del fattaccio.

Rigoberto divenne grande all’improvviso. Si fece carico delle attività di famiglia. Si riavvicinò moltissimo a sua mamma, visto che nel frattempo i genitori si erano separati e Rigoberto era andato col padre.

Il ragazzo si barcamenava tra il lavoro e la bici. Questa non l’aveva mollata. Correva con la squadra locale, la Sistecredito. Il suo allenatore, vedendo la vita che faceva e i buoni risultati, ne capì la forza fisica e la determinazione mentale. Così lo portò al Centro di Sviluppo Sportivo. Lì, Uran trovò altri ragazzi che poi divennero ottimi corridori: Arrredondo, Betancur… Ormai aveva 17-18 anni e il ciclismo era cosa sempre più importante per Rigo.

Uran iniziava a guadagnare qualcosa, che puntualmente inviava a casa. Nel 2005 vinse la Vuelta del Porvenir (il Giro di Colombia dei dilettanti) e questo convinse Fabio Bordonali a portarlo in Europa con la sua squadra, la Tenax, per l’anno successivo. Bordonali si prese cura di lui anche negli anni successivi, quando lasciò il suo team. Come quando nel 2007 si ruppe due braccia al Giro di Germania in una caduta (e nonostante tutto finì la tappa), Bordonali e il vecchio entourage lo supportarono nel recupero.

Tappe nei tre Giri

La carriera di Rigoberto Uran è cresciuta di anno in anno. Ha acquisito credito come leader e come uomo squadra. In gruppo si è guadagnato il rispetto di tutti. Rispetto che ancora oggi gli è riconosciuto. Non c’è un solo corridore che ne parla male. E il colombiano è apprezzato come atleta e come uomo.

E’ salito sul podio del Giro d’Italia (secondo nel 2013 e nel 2014) e del Tour (secondo nel 2017). Ma è stato proprio il podio alle spalle di Nibali a farlo diventare un Dio nella sua terra, nonostante l’argento olimpico dell’anno prima. Per i colombiani infatti il ciclismo è quello dei grandi Giri.

Uran ha vinto tappe in tutti e tre i grandi Giri. Ha messo in bacheca una Milano – Torino, un GP del Quebec e soprattutto dice lui: «Quando vado in bici continuo a divertirmi».

Il Tour Colombia dalla macchina fotografica di Ilario Biondi

15.02.2024
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«Per me andare in Colombia è stato come fare un tuffo nel passato. C’ero stato nel 1995 per i mondiali di Duitama, mondiali ai quali sono legatissimo. Per Pantani, per i campioni che emersero in quella gara, per il calore incredibile della gente. Ma era tutto diverso. Era la Colombia di Escobar. Ci dissero di stare attenti, che c’erano rischi e tensioni. Invece fu esattamente il contrario. Ci fu un’accoglienza unica. Quel calore non è cambiato». A raccontare tutto questo è Ilario Biondi, fotografo dell’agenzia Sprint Cycling, inviato all’ultimo Tour Colombia.

Da oltre 40 anni, Biondi fotografa il ciclismo in tutto il mondo. Dalle pellicole in bianco a nero alle più moderne camere digitali. Da Moser a Pogacar, dal più piccolo dei gregari al campione affermato… persino juniores e dilettanti sono finiti nel suo obiettivo. Ilario ci racconta quindi il suo Tour Colombia visto e vissuto dalla macchina fotografica.

Che tifo

Sei tappe nel cuore della Nazione andina. Sei tappe che hanno toccato le località simbolo del ciclismo e dei corridori colombiani. Duitama, appunto. Zipaquirà, casa di Bernal. Tunja quella di Quintana… La corsa mancava dal 2020, poi il Covid ci ha messo lo zampino. Ma senza più la gara in Argentina, San Juan, ecco che il Tour Colombia è divenuto il grande appuntamento del ciclismo sudamericano.

«Ho ritrovato un amore sconfinato per il ciclismo – racconta Biondi – specie nella zona di Boyaca. Lì, in tanti, ma veramente in tanti, vanno in bici… Magari alcune non sono super bici perché la situazione economica non è facile per tutti, ma la quantità di ciclisti che ho visto è qualcosa che mi ha colpito. Così come mi ha colpito il tifo: mi sento di dire che è ai livelli del calcio per calore ed intensità. E quanta gente a bordo strada: spesso sembrava di essere ad un tappone del Giro d’Italia o del Tour de France».

L’abbraccio della folla è sempre stato potente verso tutti, ma chiaramente gli idoli di casa erano i più osannati. E per questa gente, che certo non naviga nell’oro, dedicare delle ore al ciclismo, magari incide nella loro economia spicciola più che altrove. Ma si sa, alla passione non si comanda.

«Se dovessi stilare una classifica di popolarità – dice Biondi – il più acclamato mi è sembrato Nairo Quintana, poi Rigoberto Uran ed Egan Bernal. Anche Esteban Chaves aveva il suo bel seguito. Ma il fatto che Nairo fosse così sostenuto, nonostante la sua recente vicenda e non abbia corso nell’ultimo anno, non me lo aspettavo proprio. E’ considerato un Dio».

Caos e colori

Un bel caos dunque. E tanti colori. Sveglia all’alba per dirigersi alla corsa. Start verso le 10 e arrivi per le 13,30-14. Il tutto con un’organizzazione mossa e spinta da un grande entusiasmo.

«Per andare alle tappe – prosegue Biondi – c’era un bel traffico. La sveglia spesso era alle 6,30 e tra il fuso orario e anche la quota, visto che eravamo quasi sempre sul filo dei 2.500-2.600 metri, non era così facile. Non si riposava benissimo a 2.500 metri e qualche mal di testa da montagna non è mancato a noi europei. Un giorno ci siamo ritrovati a 3.100 metri e ammetto che muoversi a quelle quote con l’attrezzatura fotografica sulle spalle si faceva sentire».

Le stesse quote però secondo il fotografo romano incidevano anche sulle foto vere e proprie. Aspetti tecnici che solo un occhio esperto può cogliere a fondo.

«In effetti c’era un’altra luce e questo è fondamentale per i colori. Immagino dipendesse dall’alta quota. L’aria era più pulita e rarefatta, il cielo era limpido, di un azzurro intensissimo. Tutto ciò accendeva i colori. Ed emergevano forti: il giallo, il blu, il rosso della bandiera colombiana. Colori davvero brillanti».

«Non essendo un fotografo colombiano non cercavo per forza, o solo, la cronaca della corsa. Cercavo quelle cose caratterizzanti, che raccontassero di più. La faccia particolare, la frutta a bordo strada, gli indios».

Carapaz brillante

Ma con 40 e passa anni di esperienza e tante, tante corse vissute da dentro, Biondi ha affinato anche un certo occhio tecnico-sportivo. Il fotografo, che spesso è in corsa sulla moto, a volte conosce i corridori meglio dei giornalisti. Tra loro si stabilisce un rapporto di fiducia, che verosimilmente parte dalla condivisione della strada o di un temporale strada facendo. 

«In generale – spiega Biondi – ho visto bene i corridori colombiani, sia perché era la loro corsa, sia perché molti sono più avanti nella preparazione (specie quelli locali che non sono negli squadroni del WorldTour e sfruttano questa vetrina mondiale per mettersi in mostra, ndr). E infatti ha vinto Rodrigo Contreras della Nu Colombia».

«Tra i big ho visto bene Carapaz. Tra l’altro il suo attacco sull’Alto del Vino è stato anche un bel momento da dietro la macchina fotografica: questo scatto tra due ali di folla. Un grande tifo e gran baccano».

«Ho visto un buon Bernal. Egan ha provato ad attaccare, specie quando si passava nelle sue terre. Una sua vittoria sarebbe stata una bella storia: il ritorno dopo l’incidente. Così come lo è stata quella di Mark Cavendish. L’ex iridato che torna al successo dopo l’addio è stata una bella vetrina per il Tour Colombia stesso».

Quali sono i cinque corridori più seguiti su Instagram?

03.01.2024
7 min
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Oggi i social media contano moltissimo. Spesso sembra quasi che una cosa valga la pena farla solo se è “postabile”. Emblematica una foto del capodanno a Parigi, con più gente intenta a riprendere la scena sui Campi Elisi che a godersi il momento. 

Questo però di riflesso ci dice quanto siano importanti i social per i personaggi pubblici e dunque anche per gli atleti. Ormai certi atleti sono “aziende”. Cristiano Ronaldo (616 milioni di follower) ne è l’esempio più calzante. Si stima che un suo post su Instagram, due anni fa, valesse circa 700.000 euro, in termini di ritorno economico per i brand che il portoghese metteva in mostra e il ritorno che ne aveva lui stesso da parte di quei brand.

A Parigi in vista dell’anno olimpico grande festa sotto l’Arco di Trionfo. Uno show vissuto dal monitor dello smartphone
A Parigi in vista dell’anno olimpico grande festa sotto l’Arco di Trionfo. Uno show vissuto dal monitor dello smartphone

Social e ciclismo

E nel ciclismo, il nostro giardino, come siamo messi? Chi sono i cinque corridori più seguiti? Spinti dalla curiosità abbiamo fatto una ricerca e in effetti qualche sorpresa c’è stata. 

Per questa graduatoria abbiamo preso in considerazione i corridori in attività fino al 31 dicembre 2023. Ci siamo basati su Instagram, il social che abbraccia una fascia d’età piuttosto ampia e che più lega con i brand al tempo stesso. Ma in fondo all’articolo vi daremo conto anche degli altri due social maggiori: Twitter e Facebook. 

Twitter, è ormai più un social di “lavoro”, di servizio, che non di intrattenimento. Mentre Facebook forse è quello un pelo più “attempato”. Anche gli atleti non insistono più tantissimo su FB. Senza considerare che bisogna fare distinzioni fra pagine pubbliche e profili privati.

Ma scopriamo chi guida questa classifica su Instagram, appunto il social più rappresentativo in quanto a seguito.

Rigoberto Uran ha chiuso la sua carriera da pro’, ma non è uscito dal ciclismo. Sui social è una “macchina da guerra”
Rigoberto Uran ha chiuso la sua carriera da pro’, ma non è uscito dal ciclismo. Sui social è una “macchina da guerra”

Primo: Re Uran

Vince la classifica Rigoberto Uran. Rispettatissimo in gruppo da tutti i suoi colleghi, stimato da tutti coloro (massaggiatori, manager, direttori sportivi…) che ci hanno lavorato, il colombiano è il corridore più seguito in assoluto.  

Rigoberto è stato tra i primi a capire l’importanza di una certa comunicazione. In Sud America e in Colombia in particolare è una vera forza. El Giro de Rigo è una granfondo che attira migliaia di ciclisti da tutto il mondo. Un evento mediatico dove non mancano molti colleghi pro’. Uran ha dei negozi di bici e anche dei bike cafè. Il solo mercato sudamericano, dove il ciclismo è seguitissimo, lo porta ad avere numeri imponenti.

I suoi numeri su Instagram: 2 milioni 289.713 followers. Solo nell’ultimo anno ne ha guadagnati oltre 700.000. E molto buoni sono anche i “numeri tecnici”. Per ogni suo post seguono mediamente 722 commenti e 68.224 like. L’engagement rate (cioè il rapporto tra numero di follower e interazioni sui post) è del 3,01 per cento.

E’ il 2010 e Peter Sagan diventa sempre “più social”: vittorie di successo e rottura di schemi
E’ il 2010 e Peter Sagan diventa sempre “più social”: vittorie di successo e rottura di schemi

Secondo: Sagan il pioniere

Peter Sagan è stato il primo in assoluto a modificare la comunicazione, andando oltre gli aspetti verbali. Istrionico in corsa e fuori, le bravate, i peli non tagliati fino alla prima vittoria della stagione, le impennate, i brindisi in corsa col pubblico e chiaramente i suoi risultati, lo hanno proiettato ad essere il primo grande fenomeno mediatico di nuova generazione del ciclismo. E forse se il ciclismo si è “svecchiato”, una fetta del merito è proprio sua e del suo staff. Peter ha catturato schiere di giovani. E non solo.

I suoi numeri su Instagram: 1 milione 932.949 follower. Rispetto ad Uran, lui nel corso dell’ultimo anno ne ha persi un migliaio. Forse erano tifosi troppo delusi e addolorati dal suo addio alle gare su strada, chissà. La media dei suoi post: 23.893 like, 106 commenti e un engagement rate del 1,24 per cento.

Come Uran, anche Nairo Quintana ha delle granfondo a lui dedicate dove interagisce con i tifosi, una di queste è in Messico
Come Uran, anche Nairo Quintana ha delle granfondo a lui dedicate dove interagisce con i tifosi, una di queste è in Messico

Terzo: Quintana non molla

Le questioni di doping, il non gareggiare per tutto il 2023 non hanno scalfito l’amore dei tifosi nei confronti della maglia rosa 2014. Nairo Quintana, si conferma tra i corridori più amati. Lui è esploso nel boom dei social. E’ partito col botto, accaparrandosi un grossa fetta di ragazzi un decina di anni fa. Un po’ come Uran, anche lui è molto attivo sul fronte del merchandising. Quintana ha una sua linea di abbigliamento, dei bike hotel, due granfondo.

I suoi numeri su Instagram: 1 milione 410.797 follower, dato che nel corso del 2023 è cresciuto di 2.100 unità circa. Ha una media di 7.509 like e 75 commenti per post. Il suo engagement rate è dello 0,58 per cento.

Dopo l’incidente l’amore per Bernal non è diminuito, anzi…
Dopo l’incidente l’amore per Bernal non è diminuito, anzi…

Quarto: Bernal c’è

Ancora Sud America. E stavolta il marketing c’entra poco. Egan Bernal si prende il quarto posto dei più seguiti su Instagram. Il re del Tour 2019 sfrutta la sua grande popolarità non solo nella sua Colombia, ma in tutto il “continente” sudamericano. La vittoria del Tour de France e il successivo suggello al Giro d’Italia gli hanno dato una popolarità pazzesca. E’ stato il primo colombiano ad aver vinto la Grande Boucle. 

I suoi numeri su Instagram: 1 milione 399.496 follower che nel corso del 2023 sono aumentati di circa 2.000 unità. Una media di 22.115 like e 146 commenti per post. Engagement rate dell’1,66 per cento.

Spontaneo, semplice, diretto, campione: Pogacar è colui che cresce di più su Instagram e i social in generale
Spontaneo, semplice, diretto, campione: Pogacar è colui che cresce di più su Instagram e i social in generale

Quinto: Pogacar in rampa

Dite la verità, ve lo aspettavate al primo posto, eh? Anche noi! Tadej Pogacar non poteva non entrare in questa top five. Amato da ogni fascia d’età e ad ogni latitudine, il fuoriclasse sloveno è quello che più è cresciuto negli ultimi anni e in particolare nel 2023. Tadej, ha quasi raddoppiato i suoi seguaci. Segno che le vittorie piacciono, ma le “sconfitte” (serve coraggio a definire sconfitta un secondo posto al Tour) di un campione piacciono ancora di più. In tal senso il duello con Vingegaard ha giocato a suo favore.

I suoi numeri su Instagram: 1 milione 359.500 follower. Ad inizio 2023 erano 755.619. Ogni suo post ha una media di 65.874 like e ben 624 commenti. Elevatissimo il suo engagement rate: 4,89 per cento. E pensate che quelli VdP (10,4%) e Van Aert (10,02%) sono più alti. Segno che i follower di questi fenomeni sono attivi, passionali. Con loro modo spettacolare di correre riescono a smuovere i fans.

Il mondiale del 2011, il record di vittorie al Tour: Mark Cavendish va forte sui social come in volata, soprattutto su Twitter
Il mondiale del 2011, il record di vittorie al Tour: Mark Cavendish va forte sui social come in volata, soprattutto su Twitter

Qualche numero

Come avrete notato, mancano nomi grossi. Tanti dei campioni attuali sono giovani, sono da pochi anni sulla scena e forse hanno bisogno di tempo per crescere ancora. E magari sono più forti su piattaforme come TikTok.

Considerate che nella tabella che segue, l’undicesimo della lista è Remco Evenepoel: con circa 758.000 follower su Instagram, 311.000 su Facebook e 160.000 su Twitter. Il belga è seguito, a non troppa distanza, da Primoz Roglic e Jonas Vingegaard. Per lo sloveno 700.274 follower su Instagram, 20.502 su Twitter e quasi 400.000 su Facebook. Per il danese quasi 682.000 follower su Instagram, 11.000 su Twitter e 39.500 su Facebook.

E’ fuori dalla classifica dei top cinque di Instagram, ma è fortissimo Mark Cavendish. Guardate com’è messo nella tabella che segue! Tra le altre cose, questi dati ci dicono anche quanto incidano la tradizione ciclistica nel Paese di provenienza del corridore e il social utilizzato in una determinata aerea linguistica.

ATLETAINSTAGRAMFACEBOOKTWITTERTOTALE
1Rigoberto Uran2 .289.7131.144.2901.487.2414.921.244
2Peter Sagan1.932.9491.591.485934.1884.458.622
3Nairo Quintana1.410.7971.222.3751 .293.7503 926.922
4Chris Froome1.113.344594.7261.504.8223.212.892
5Mark Cavendish814.934556.4091.329.1332.700.476
6Egan Bernal1.399.49610.288461.3751.871.132
7Richard Carapaz753.690742.800315.9721.812.462
8Mathieu Van der Poel1.115.088390.285220.5701.725.943
9Tadej Pogacar1.359.50095.818 250.9521.706.270
10Wout Van Aert1.071.020165.725292.8231.529.568
Dati aggiornati al 2 gennaio 2024 (chiaramente possono esserci piccole oscillazioni quotidiane) riferiti alle pagine pubbliche dei corridori. In neretto i migliori dati per social.

In Italia il ciclista più seguito è Vincenzo Nibali. Nonostante abbia smesso da un anno, il siciliano conta circa 450.000 follower su Instagram. Mentre Filippo Ganna con i suoi 334.000 follower è di gran lunga il primo tra gli italiani in attività.

Altra curiosità: tra coloro che sono super seguiti ma non sono più in attività da molto tempo, ci sono Lance Armstrong, che su Facebook batterebbe tutti, e Alberto Contador. Lo spagnolo balla sul milione di seguaci sia su Facebook che su Instagram.

Sidi chiude La Vuelta con quattro “firme” di grande prestigio

16.09.2022
4 min
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Quella che si è appena conclusa con la bella vittoria di Remco Evenepoel è senza dubbio stata una Vuelta spettacolare, combattuta e ricca di emozioni in gara. E per Sidi, che da moltissimi anni affianca e supporta alcuni dei migliori corridori professionisti in circolazione, quelle appena terminate sono state tre settimane di grande ciclismo con ben cinque vittorie di tappa conquistate in terra di Spagna, oltre a due numeri rossi – quelli che quotidianamente vengono destinati ai più combattivi – e una maglia di leader della classifica generale degli scalatori.

I testimonial Sidi protagonisti alla Vuelta sono stati quattro: Samuele Battistella, fresco di convocazione in nazionale per il prossimo mondiale australiano, Marc Soler, Richard Carapaz e Rigoberto Uran. Mentre Uran e Carapaz si sono affidati al modello Shot, un vero e proprio “bestseller” Sidi, Soler e Battistella hanno scelto per affrontare al meglio la corsa spagnola la nuova calzatura nella versione DZero

Tecnica e performance

Battistella e Soler hanno entrambi ottenuto il dorsale rosso riservato ai più combattivi di giornata. Non solo un premio all’attitudine, ma un’ulteriore motivazione per inseguire gli obiettivi futuri… Lo spagnolo della UAE Emirates si è inoltre aggiudicato anche l’insidiosa tappa che da Irun ha portato il gruppo nella bellissima Bilbao: una vittoria spettacolare, colta dopo un assolo di qualche chilometro proprio a ridosso del traguardo.

Sidi Shot2 nella colorazione nero-antracite
Sidi Shot2 nella colorazione nero-antracite

Per Richard Carapaz quella che stiamo ancora vivendo potrebbe definirsi correttamente come una vera e propria “stagione… d’oro”, considerandolo anche come il campione olimpico in carica! Alla Vuelta 2022 Carapaz ha messo a segno ben tre vittorie, aggiudicandosi, già al termine della 18ª tappa, anche la speciale classifica riservata agli scalatori.

«Far bene a questa Vuelta – ha dichiarato Carapaz – era il mio obiettivo sin dall’inizio. Sapevamo che sarebbe stata dura, che c’erano molte cose in gioco, e che soprattutto la classifica generale sarebbe stata complessa da presidiare. Ho corso questa Vuelta facendo le mie mosse, quando dovevo. Vincere tre tappe, tutte molto dure e tutte e tre in solitaria, mi ha riempito d’orgoglio. Adesso ho davvero una grande motivazione per chiudere bene la stagione, la mia ultima con il team INEOS Grenadiers».

Sidi è sinonimo di tradizione e artigianalità 100% Made in Italy
Sidi è sinonimo di tradizione e artigianalità 100% Made in Italy

Shot e DZero per la vittoria

Per Rigoberto Uran, invece, la vittoria alla Vuelta di quest’anno è stata la prima assoluta centrata dallo stesso corridore colombiano sulle strade del grande giro spagnolo. Un successo conquistato in occasione della 17a tappa, quella che da Aracena ha condotto il gruppo fino in cima al Monastero de Tentudìa. Ed enorme è stata l’emozione di Uran, che dopo svariati piazzamenti tra i primi dieci è così finalmente riuscito a cogliere il proprio obiettivo.

«E’ sempre molto bello poter vincere – ha commentato “Rigo” Uran – e personalmente, nel corso della mia oramai lunga carriera, ho sempre inseguito un successo alla Vuelta. La mia squadra ha corso alla grande, rendendo possibile tutto questo. Ma anche la mia famiglia mi ha supportato, ed io ho creduto in me stesso! Spesso, quando gli obiettivi non vengono raggiunti, bisogna essere realisti… ma alla Vuelta, quest’anno, siamo tutti estremamente felici».

Sidi

Wegelius: «Primavera dura, ma noi veniamo fuori nel finale»

09.08.2022
6 min
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Sedicesimi nella classifica a squadre relativa all’ormai noto triennio 2020-2022. Autori sin qui di un’importante campagna acquisti. Reduci da un buon Tour de France, i ragazzi di Charly Wegelius, direttore sportivo della EF Education-EasyPost si preparano al futuro. Quello immediato del finale di stagione, quello un po’ più lontano dell’anno che verrà.

Non è ancora ufficiale, ma ormai è il “segreto di Pulcinella”: il prossimo anno Richard Carapaz vestirà la maglia del team americano. Un’importante svolta verso la classifica generale nei grandi Giri, il che è un po’ una novità per il gruppo di Jonathan Vaughters (il team manager), almeno nei tempi recenti.

Prima del ritiro, Cort aveva dato spettacolo tra maglia a pois e fughe, poi anche la vittoria a Megeve
Prima del ritiro, Cort aveva dato spettacolo tra maglia a pois e fughe, poi anche la vittoria a Megeve

Primavera dura

Con Wegelius partiamo proprio da Carapaz, ma il tecnico mantiene la bocca cucita, come ci si poteva attendere. Fino a che non avverrà l’annuncio ufficiale guai ad esporsi. Giusto così.

Quel che è certo è che la EF ha bisogno di rilanciarsi. E deve farlo prima che arriverà la maglia rosa del 2019. La stagione sin qui è stata difficile.

«Faccio quasi fatica a giudicare la stagione – dice Wegelius – perché abbiamo avuto una primavera davvero difficile. Io non so perché, ma sembra proprio che abbiamo sofferto più di altri il Covid e le altre malattie, anche quelle normali. E questo ha inciso moltissimo». 

«Faccio un esempio: Magnus Cort Nielsen. Si è rotto la clavicola, poi ha avuto il Covid… In questo modo è tosta avere continuità e fare programmi per la condizione dell’atleta, ma anche per la squadra. Ammetto che più di qualche volta abbiamo avuto difficoltà a schierare sette uomini al via delle varie corse».

«Oppure Uran (che abbiamo visto in difficoltà al Tour, ndr): a primavera ha avuto il Covid. Si stava riprendendo, ma è caduto alla Liegi. Si è rialzato e dopo quattro giorni al Romandia è caduto un’altra volta, rompendosi la spalla. Tra l’altro quella che si era già fratturato in passato: ecco questa è stata la foto della nostra primavera».

Rigoberto Uran ha avuto un inizio di stagione tribolato, lo vedremo molto meglio alla Vuelta
Rigoberto Uran ha avuto un inizio di stagione tribolato, lo vedremo molto meglio alla Vuelta

EF da fine anno

Poi però le cose piano piano hanno iniziato a girare per il verso giusto. Un discreto Delfinato, uno Svizzera in crescendo…

«E direi un ottimo Tour – commenta Wegelius – abbiamo dato spettacolo, abbiamo vinto una tappa e credo che abbiamo creato i presupposti per disputare un ottimo finale di stagione. Che poi è un po’ una caratteristica della nostra squadra».

E qui scatta la curiosità. Perché una squadra ha “caratteristiche ideali” per il finale di stagione? Le corse più o meno sono quelle: dure, facili, un grande Giro (la Vuelta), brevi corse a tappe…

«E’ una conseguenza del fatto che abbiamo possibilità di fare mercato solitamente più tardi rispetto ad altri team. Cerchiamo i corridori relativamente tardi nel corso della stagione. Abbiamo meno budget e prendiamo quelli rimasti disponibili. E di solito a questo punto dell’anno, sono quelli che appunto vanno forte con il caldo e nella seconda metà della stagione».

La speranza per la EF Education-Easy Post è che la teoria di Wegelius sia corretta. La classifica UCI, come dicevamo, è certamente meglio che ad inizio stagione, ma non è del tutto rosea. Ci sono molte squadre in pochi punti. E la zona retrocessione non è lontana.

«Vero – dice Wegelius – va meglio che ad aprile-maggio ma non si può mollare. Ci sono 8-9 squadre raccolte in pochissimi punti. Basta avere un momento no, qualche ritiro che la situazione può diventare impossibile. Il gap tra i team che abbiamo sopra e quelli che abbiamo sotto è davvero ridotto. La Cofidis mi sembra abbia pochissimi punti più di noi».

Bettiol si affaccia dal suo bus. Wegelius ripone grandi speranze su di lui (foto Instagram)
Bettiol si affaccia dal suo bus. Wegelius ripone grandi speranze su di lui (foto Instagram)

Su Bettiol…

E chi può portare tanti punti è uno dei suoi corridori simbolo, Alberto Bettiol. Il toscano, al Tour si è fatto le ossa. Non sarà alla Vuelta e potrà andare a caccia di traguardi importanti nelle corse di un giorno, che sono il suo pane.

«Anche Alberto è un esempio perfetto della nostra situazione e della nostra stagione – spiega Wegelius – ha reso meno di quel che ci si poteva aspettare da un corridore come lui. Ma sono un paio di anni che lottava con i guai. Ora pare finalmente essersi stabilizzato. Sappiamo come gestire il suo problema (la colite, ndr).

«Ad inizio anno ha fatto meno gare. Quando prima dicevo che il Covid con noi si è fatto sentire di più mi riferivo anche a lui. Alberto anche in virtù del suo problema, ha pagato di più il Covid. E poi al rientro è stato sfortunatissimo con il suo “timing”, i suoi programmi.

«Era partito bene a Besseges, senza aver fatto nessun lavoro specifico. Avevamo programmato un grande blocco di lavoro proprio nel periodo in cui si è ammalato. E’ stato il peggior momento e devo dire che lui mentalmente è stato bravo a gestire la situazione. Tanto più che da lui i tifosi si aspettano tanto. Non a caso come ha fatto un po’ di base tra altura e Svizzera, al Tour ha lottato. Io ho tanta fiducia in lui».

Andrea Piccolo ha disputato solo 5 corse con la Drone Hopper-Androni, da oggi vestirà la maglia in gara della EF Education Easy Post
Andrea Piccolo ha disputato solo 5 corse con la Drone Hopper-Androni, da oggi vestirà la maglia in gara della EF Education Easy Post

Talento Piccolo

Un altro ragazzo che può fare bene e desta curiosità è Andrea Piccolo, acquistato in fretta e furia nel corso dell’estate dalla Drone Hopper-Androni. Andrea esordirà con la maglia della EF Education-EasyPost proprio a partire da oggi al Tour de l’Ain.

«Piccolo lavora con Acquadro. Il suo procuratore ce lo ha proposto durante il Tour o pochissimo prima. E la nostra squadra è specializzata nel reclutare questo genere di corridori. Atleti di grande potenziale che magari hanno avuto problemi, corridori che in quel momento gli altri non vogliono. Abbiamo la possibilità di prendere un top rider ad un prezzo più basso. Vaughters è attento a queste dinamiche.

«Piccolo non lo conosco di persona, ma di nome. So che ha un grande talento e da quel che ho visto è un ragazzo con la testa sulle spalle. Ci sorprenderà».

Mark Padun è pronto a disputare una grande Vuelta
Mark Padun è pronto a disputare una grande Vuelta

Equilibro Padun 

E uno dei corridori fedeli al “metodo Vaughters” è Mark Padun. Anche lui è arrivato in un momento in cui la Bahrain-Victorious lo aveva messo un po’ da parte. 

Il team americano lo ha messo a proprio agio, ha avuto pazienza e infatti al Polonia si è visto un Padun in buone condizioni e alquanto magro. L’ucraino sarà alla Vuelta.

«Padun sarà in Spagna – conclude Wegelius – non credo con velleità di classifica, ma per fare delle belle prestazioni nelle tappe. Con la potenza che ha, se Mark controlla il suo peso è fortissimo.

«Anche per lui non è stato un anno facile. Mark magari parla poco, ma il discorso della guerra ha inciso. E’ sensibile. Soffriva più di noi per il fatto che non riusciva a fare ciò che voleva».

Colombia Olimpiadi 2021

Colombia, mille problemi ma tanta voglia di fare

23.07.2021
4 min
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C’è fermento, in casa colombiana, le ultime traversie che hanno accompagnato l’avvicinamento del team sudamericano alla gara olimpica non hanno tolto il sorriso ai 4 portacolori.

I problemi non sono stati pochi e il principale si vede proprio dal numero che abbiamo appena indicato, 4. La Colombia aveva diritto al contingente pieno, ma Daniel Martinez, elemento fondamentale per la prima parte di gara, soprattutto per la lunga salita sul Monte Fuji è uno dei tanti sportivi che paga il massimo prezzo al Covid.

Non c’era più tempo sufficiente per sostituirlo essendo scaduti i termini, così la Colombia si ritrova senza un elemento e, per la stessa ragione, anche senza quello che era da tutti indicato come il “lider maximo” della spedizione, la maglia rosa Egan Bernal, anche lui piegatosi al Covid subito dopo la corsa rosa e ancora alle prese con quei fastidi alla schiena che lo perseguitano da molti mesi.

Vista la situazione, alla Ineos Grenadiers hanno tirato un sospirone di sollievo sapendo della sua mancata presenza, proiettandolo verso la Vuelta.

Quintana Pogacar 2021
Nairo Quintana all’ultimo Tour insieme a Tadej Pogacar: domani nuova sfida in un giorno
Quintana Pogacar 2021
Nairo Quintana all’ultimo Tour insieme a Tadej Pogacar: domani nuova sfida in un giorno

Colombia senza capitano, per scelta

A chi quindi i gradi di capitano? Guardando il quartetto in gara, si comprende bene come il cittì colombiano Carlos Mario Jaramillo, per ovviare all’assenza di Bernal, abbia scelto di puntare su quattro corridori capaci di interpretare più ruoli, ognuno dei quali può all’occorrenza puntare al massimo risultato. E’ un po’ lo spirito che tutti i componenti cercano di portare avanti, da Nairo Quintana a Rigoberto Uran, da Sergio Higuita a Esteban Chaves, tutti per uno e uno per tutti.

Il poker di scalatori sa che avrà addosso gli occhi di tutta la Nazione (la gara partirà alle 21 ora colombiana e si prospettano le ore piccole per seguire l’evento più atteso dell’Olimpiade).

Nel complesso la spedizione colombiana che nel suo complesso appare meno qualificata di quella di Rio 2016, perché le sue punte (dalla triplista Ibarguen alla Pajon regina del Bmx) sembrano avere perso un po’ di smalto.

Colombia Tokyo 2021
Da sinistra Higuita, Quintana, Chaves e Uran, il quartetto che tenterà il tutto per tutto nella sfida olimpica
Colombia Tokyo 2021
Da sinistra Higuita e Quintana

Quintana suona la carica

Quintana è stato abbastanza attivo all’ultimo Tour interpretato, come ormai avviene da tempo, senza velleità di classifica. Nelle ultime dichiarazioni il corridore dell’Arkea Samsic ha provato a dare la carica: «Sappiamo bene che cosa fare, se faremo del nostro meglio non torneremo a mani vuote. Abbiamo lavorato duro per arrivare fino a qui e siamo un gruppo coeso, di corridori di diverse squadre ma che hanno già gareggiato insieme. Con dedizione e collaborazione possiamo rendere orgoglioso il nostro Paese».

A testimoniare l’armonia nel gruppo ci si mettono anche Uran e Higuita, che su Instagram ovviano alla tensione della vigilia con simpatici siparietti. Come quando Higuita si è divertito a riprendere Uran mentre dormiva… sonoramente mettendo tutto online. Piccole scene che hanno restituito il sorriso a Jaramillo, partito per il Giappone con un diavolo per capello.

Jaramillo Mondiali 1996
Una foto d’epoca, il cittì colombiano Carlos Jaramillo in gara ai Mondiali 1986 a Colorado Springs (USA)
Jaramillo Mondiali 1996
Una foto d’epoca, il cittì colombiano Carlos Jaramillo in gara ai Mondiali 1986 a Colorado Springs (USA)

Partiti fra le polemiche

La ragione va ricercata nella selezione femminile, che riguardava… una sola concorrente, Paula Patino scelta in luogo di Liliana Moreno, che ha accolto la notizia dando sfogo alla sua rabbia: «Sono stata rapinata di un sogno, al quale Jaramillo e il presidente della Federazione Mauricio Vargas non hanno mai contribuito, decidendo non in base ai risultati sportivi. Non chiedo giustizia, che non esiste in questo Paese ed è una parola sconosciuta ai vertici della federazione». Nota a margine: la Patino è numero 83 del ranking, la Moreno 351…

Wiggo e Schleck danno una spintarella a Uran e Carapaz

09.07.2021
4 min
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Due ex non di poco conto si aggirano per le strade del Tour. Uno l’ha vinto, Bradley Wiggins. L’altro ne aveva quasi fatto un’ossessione, Andy Schleck. Entrambi si sono chiesti (e gli è stato chiesto) se alle spalle della maglia gialla Pogacar, stia covando una minaccia sudamericana. Quella di Uran e di Carapaz. Quando il verdetto sembra già scritto, di solito si fa così. Si cercano appigli cui aggrapparsi per continuare un racconto che da grande film si va sempre più trasformando in una serie tivù. Con tanti episodi e pochi veri colpi di scena.

Uran ha messo fuori il naso per la prima volta sul Ventoux: è 2° in classifica
Uran ha messo fuori il naso per la prima volta sul Ventoux: è 2° in classifica

Crederci di più

Secondo Wiggins e Schleck, gli unici che potrebbero dare una spallata al Tour sono Uran e Carapaz, ma bisogna che entrambi cambino atteggiamento e smettano di pensare che il podio vale quanto una vittoria: quel ragionamento vale soltanto alle Olimpiadi. Fatte salve rare eccezioni, il secondo del Tour è semplicemente il primo dei battuti.

«Rigo è un buon amico – ha detto Wiggins, che con Uran ha condiviso parecchie avventure negli anni al Team Sky – ed è anche un corridore molto coerente. Si comporta sempre bene nelle grandi corse come il Tour de France e il Giro d’Italia. Indubbiamente sa gestire i suoi sforzi ogni giorno, ma mi piacerebbe vederlo attaccare di più e spingere più forte. Non è che non creda in se stesso, ma penso che dovrebbe crederci di più. E’ uno dei migliori ciclisti al mondo oggi».

Andy Schleck crede che Uran attaccherà in modo più incisivo e che Carapaz dovrebbe cambiare tattica
Andy Schleck crede che Uran attaccherà in modo più incisivo e che Carapaz dovrebbe cambiare tattica

Attesa o astuzia?

E qui il ragionamento, soprattutto fra i giornalisti colombiani, si fa pepato. Uran ha salvato le forze, facendo una gran cronometro, pensando di attaccare nella terza settimana, oppure semplicemente sta facendo il furbo, cercando la scalata al podio mentre tutto intorno i rivali si perdono per strada? Attualmente la classifica lo vede secondo a 5’18” da Pogacar. Secondi posti in carriera non gli mancano: può vantare quello del Tour 2017 dietro Froome e quelli del Giro 2013-2014, dietro Nibali e Quintana.

Il forcing di Carapz sul Ventoux non ha prodotto effetti e ne ha tratto vantaggio Vingegaard
Il forcing di Carapz sul Ventoux non ha prodotto effetti e ne ha tratto vantaggio Vingegaard

Carapaz poco incisivo

Per questo l’intervento di Andy Schleck, sollecitato da Cyclingnews porta un elemento di valutazione in più.

«Non so se Uran andrà all’attacco o meno – ha detto – ma la sua cronometro è stata molto efficace e sta conservando le riserve per quando ne avrà bisogno nei Pirenei. Ha molta esperienza quando si tratta di gare come questa e non lo vedo certo rallentare più avanti nella gara. Sulla carta forse Carapaz è un corridore migliore del colombiano, ma è già andato all’attacco tre volte e non ha portato a casa risultati. Se fossi in lui, non cercherei di guadagnare qualche secondo qua e là, perché è chiaro che non sta facendo grandi differenze. Mentre Uran non ha ancora fatto un solo attacco e credo ci proverà più avanti».

Quintana in maglia a pois: va bene col brutto tempo e soffre con il caldo: sudamericano atipico o c’è altro?
Quintana in maglia a pois: va bene col brutto tempo e soffre con il caldo: sudamericano atipico o c’è altro?

Come sta Nairo?

E visto che ricordando il Giro d’Italia del 2014 s’è fatto il nome di Quintana, non vi sembra singolare che Nairo vada forte nelle giornate di cattivo tempo e si perda in quelle di sole? Va avanti così da qualche tempo, dalla famosa nevicata sul Gavia a quella sul Terminillo alla Tirreno. Mentre nei giorni scorsi ha perso terreno con il grande caldo e si è ben difeso nelle giornate di cattivo tempo. Verrebbe da pensare che al pari di tanti altri corridori del gruppo, il colombiano possa soffrire di allergia. E se così fosse, avrebbe probabilmente una brutta gatta da pelare, dato che la sua squadra (la francese Arkea-Samsic) aderisce all’Mpcc e lo statuto dell’associazione impedisce ai suoi atleti di usare i farmaci necessari contro le allergie. Il Tour va avanti, insomma, con lo sguardo fisso ai sudamericani. E poi ricordiamoci che fra Uran e Carapaz c’è ancora Vingegaard. Nel suo caso, puntare e raggiungere il podio, visto che si tratta di un atleta al debutto, non sarebbe una sconfitta, ma una ghiotta anticipazione di futuro.