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Rifugio Sapienza, la seconda casa dei corridori

21.06.2022
5 min
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Caruso è lassù da sabato, dopo il Delfinato e qualche giorno a casa. L’Etna l’aveva salutato l’ultima volta allargando le braccia al Giro di Sicilia e poi mandando un messaggio al gestore del Rifugio Sapienza. Fra i corridori e chi li ospita nei ritiri si crea spesso complicità per la condivisione dell’isolamento. E siccome la gente di montagna ha il cuore grande e quella di Sicilia ce l’ha enorme, il siciliano del Team Bahrain Victorious aveva così mandato un abbraccio al padrone di casa della prima altura di stagione.

Il Sapienza fu costruito nel 1947 e sorge a 1.910 metri di quota (foto Facebook/Rif. Sapenza)
Il Sapienza fu costruito nel 1947 e sorge a 1.910 metri di quota (foto Facebook/Rif. Sapenza)

Il boom delle biciclette

Domenico Moschetto: si chiama così il gestore del rifugio catanese (in apertura con Damiano), conquistato al ciclismo dal lento lavorìo di Paolo Alberati e dall’afflusso ormai regolare di corridori da ogni parte del mondo. E se nel mondo dello sport il Sapienza è una meta gettonata anche per atleti di altri sport, il merito è anche il suo per aver spalancato le porte a una clientela diversa dal solito.

«Diversa dal solito – sorride – che però ci dà visibilità gratuita e permette ai ragazzi di qui di avvicinarsi allo sport e alla montagna. Nella bella stagione, abbiamo ogni giorno al bar 70-80 ciclisti. E’ incredibile quello che si è scatenato dopo l’arrivo del Giro nel 2011. Con l’associazione Il Pedale nel Cuore abbiamo distribuito borracce a chiunque arrivasse in cima in bicicletta e ne abbiamo date non meno di 700».

L’Etna è una montagna viva. Le sue eruzioni sono spettacolari (foto Facebook/Rif. Sapenza)
L’Etna è una montagna viva. Le sue eruzioni sono spettacolari (foto Facebook/Rif. Sapenza)

La magia dell’Etna

L’Etna è montagna viva, generatrice di stupore e tremori. Le foto delle eruzioni lasciano senza fiato i turisti che lo scoprono. In occasione del Giro d’Italia, nel giorno della vittoria di Kamna, è stato bello osservare i tifosi del Nord fermi a fissare la maestosità nera del vulcano e il rosso guizzante delle coccinelle che si nascondono sotto le sue pietre. Per i corridori il bello è anche in altri aspetti.

Il Rifugio Sapienza sorge a 1.910 metri di quota, fu progettato nel 1936 dal CAI durante il Fascismo e realizzato nel 1947 come rifugio alpino, in sostituzione della casa cantoniera utilizzata fino a quel momento. Ha rischiato più volte di essere travolto da eruzioni dell’Etna. La lunghezza dei tempi si dovette alla mancanza di fondi, tanto che fu il socio CAI Giovannino Sapienza a versare l’importo necessario e così la struttura gli venne intitolata.

Il Giro d’Italia è arrivato lassù per cinque volte. Nel 1967 con vittoria di Bitossi, nel 1989 fu la volta di Acacio Da Silva, quindi Contador nel 2011, Polanc nel 2017 e Kamna lo scorso 10 maggio.

Il rifugio è meta di turisti in estate e anche d’inverno. Da un po’ è meta per ciclisti (foto Facebook/Rif. Sapenza)
Il rifugio è meta di turisti in estate e anche d’inverno. Da un po’ è meta per ciclisti (foto Facebook/Rif. Sapenza)
Che tipo di ospiti sono i corridori?

Ragazzi in gamba che chiedono meno di altri clienti. Sono felicissimi di aver trovato condizioni ambientali favorevoli. Sul Teide stanno pure bene, ma noi abbiamo l’aeroporto a mezz’ora, quota zero alla stessa distanza e anche la città.

Meno esigenti, ma con orari insoliti?

Ci siamo messi a disposizione a 360 gradi. I ragazzi dello staff sanno che quando ci sono corridori, devono essere pronti per qualsiasi cosa e a qualsiasi ora. Per cui se la cucina è chiusa e gli atleti rientrano a metà pomeriggio e hanno fame, vanno accontentati. Insalatone, pesce, carpaccio, quello che vogliono e che possiamo offrire loro. Per il resto hanno la loro colazione più ricca e poi non li vedi e non li senti.

Luca Chirico nel ritiro di febbraio dello scorso anno sull’Etna
Luca Chirico nel ritiro di febbraio dello scorso anno sull’Etna
Portano da casa la loro colazione più ricca?

Qualcosa la portano, altrimenti mandano la lista e noi facciamo la spesa. Alcune squadre hanno spedito l’elenco e ci hanno messo in contatto con il nutrizionista. In assenza di indicazioni, noi prepariamo come da menù e loro aggiungono se manca qualcosa o hanno bisogno di qualcosa di diverso.

Cosa fanno quando non si allenano?

Si trovano insieme al bar e parlano. Capita spesso che ci siano tanti singoli di squadre diverse e che dopo qualche giorno si ritrovino a fare gruppo.

In che modo la presenza dei corridori influisce sul numero dei cicloturisti?

Noi cerchiamo di non pubblicizzare troppo la loro presenza, ma basta che usino i social e il mondo se ne accorge. Per cui quando scoprono che magari c’è un bel nome, vengono a farsi la foto prima che partano o al rientro. C’è anche chi ci telefona per sapere a che ora partono e che giro fanno, in modo da farsi trovare lungo la strada e fare un pezzo insieme. Noi però cerchiamo di non creargli scompiglio, per non disturbarli. Anche se nella maggior parte dei casi, avere un po’ di pubblico non sembra dispiacergli.

Che rapporto si crea fra il corridore e lo staff? Li seguite poi nelle loro corse?

Certo, diventiamo tutti tifosi. C’è l’episodio del messaggio scritto da Caruso dieci minuti dopo aver vinto, per far capire che siamo a strettissimo contatto e si crea un’atmosfera molto familiare.

Quando iniziano a prenotare per il prossimo?

Di solito a ottobre. Finiscono la stagione e immagino che sulla base dei programmi per l’anno dopo, inizieranno a organizzarsi. Noi siamo qui ad aspettarli…

Da Contador a oggi, viaggio nella magia del vulcano

10.05.2022
6 min
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La prima volta fu nel 2006 alla stazione di Siracusa. Paolo Alberati e Giampaolo Caruso: procuratore e atleta. Il primo che ancora viveva in Umbria, il secondo ad Avola. Stavano progettando di andare sul Teide e intanto in lontananza l’Etna imbiancato riempiva l’orizzonte.

Alberati ricorda di averlo chiesto per pura curiosità. Quanto è alto? Tremila, rispose Caruso. Ci sarà un albergo in cima? Questo Caruso non lo sapeva. Per cui qualche giorno dopo andò in cima con la compagna di allora e scoprì che c’erano due alberghi. Fu così che prima a marzo e poi a giugno, l’allora corridore della Liberty Seguros salì sul vulcano siciliano per la preparazione in altura.

Tornanti nella lava, questo è l’Etna già dai primi chilometri…
Tornanti nella lava, questo è l’Etna già dai primi chilometri…

Il Parco Ciclistico dell’Etna

Alberati è stato corridore. E se anche non lo fa più di mestiere, non ha mai spesso di esserlo. In uno di quei viaggi in avanscoperta, lasciò il biglietto da visita a una ragazza che lavorava nel Rifugio Sapienza e di lì a due anni la sposò. Poi nel 2011 comprò casa a Pedara e oggi vive fra Catania e il continente, con il suo lavoro di allenatore e procuratore accanto a Maurizio Fondriest.

Non potevamo che partire da lui per raccontare la fortuna dell’Etna, che negli ultimi anni è diventato il riferimento di corridori e cicloturisti e proprio oggi è il teatro della quarta tappa del Giro d’Italia. Prima l’amatore medio catanese puntava verso il mare, arrivare in cima era un’impresa per pochi. E’ una salita dove fa freddo. Finché un giorno a Nicolosi nacque l’Associazione Pedale nel Cuore, che regalava una borraccia a chiunque fosse arrivato in bici al Rifugio Sapienza e qualcuno cominciò a salire. Poi nacque il Brevetto “Parco ciclistico dell’Etna”. E soprattutto è nato il Parco Ciclistico dell’Etna, che nel rifugio in cima ha fissato la sede.

Alberati assieme a Simone Ravanelli, scalando il vulcano
Alberati assieme a Simone Ravanelli, scalando il vulcano

«Sembra brutto dirlo – racconta Alberati – ma la pandemia sotto questo punto di vista è stata una manna. Approfittando del tesserino da giornalista, mappai i sei versanti dell’Etna e rendemmo possibile la scalata su piattaforma virtuale. Finché nell’estate del 2020 arrivammo al picco di 68 persone arrivate in cima in un solo giorno. E nel frattempo è saltato fuori il settimo versante, dedicato a Marco Pantani con il consenso di mamma Tonina…».

La svolta ci fu col Giro nel 2011?

Bisogna dire grazie a Paolo Tiralongo. Fu lui ad andare dal sindaco di Nicolosi, convincendolo perché si rivolgesse a Mauro Vegni. Paolo non correva ancora con Contador, ma quella prima volta fu Alberto a vincere. Da allora si accesero i riflettori. E gli stessi versanti dedicati ai singoli campioni si devono al Giro. Contador. Dumoulin. Coppi e Bartali. Michele Scarponi e #salvaciclisti. Vincenzo Nibali. Marco Pantani…

Ogni versante ha la sua stele.

E vicino alla stele c’è la fontana per prendere acqua. Abbiamo potuto mettere i cartelli per sensibilizzare sulla presenza dei ciclisti. Abbiamo avuto tutte le autorizzazioni ma non i soldi, così abbiamo fatto ricorso a sponsor privati. Il Rifugio Sapienza è diventato la sede del Parco Ciclistico e il proprietario mi dice che nelle stagioni buone, ci sono 100 ciclisti al giorno che arrivano lassù. Ma c’è anche l’Hotel Corsaro, che però non è aperto tutto l’anno, in cui va Pozzovivo e in cui andavano Michele Scarponi e la Lampre, perché li portava su Orlando Maini.

La presenza dei pro’ fa da richiamo?

Il Parco Ciclistico dell’Etna parte dai paesini etnei. Le strade sono state riasfaltate, sembra un’enclave a parte. E lentamente questo sistema è diventato un segmento importante per l’economia turistica. I corridori portano visibilità sui social e il cicloturista chiede di andare ad allenarsi dove fino a pochi giorni prima pedalava Damiano Caruso.

Perché è bello allenarsi lassù?

Il vantaggio del vulcano è che non serve adattamento prima e neanche dopo. Me lo dice ogni volta proprio Damiano. A Livigno fai tutto in altura, perciò ti serve stare su qualche giorno prima per abituarti alla quota e poi serve del tempo quando scendi, anche perché in pianura trovi anche temperature più elevate. Sull’Etna e sui vulcani in genere, dormi in alto, ma ti alleni in basso. Alcuni per ottenere gli stessi vantaggi vanno in Spagna e dormono nella camera iperbarica. Di recente è venuto Demare. I velocisti non vanno quasi mai in altura, perché i lavori di forza non vengono bene se c’è carenza di ossigeno. Qui ha potuto lavorare bene. E poi c’è un’altra cosa…

Nel 2011, Scarponi andò sull’Etna per allenarsi assieme a Petacchi
Nel 2011, Scarponi andò sull’Etna per allenarsi assieme a Petacchi
Quale?

Sul Teide sei fuori dal mondo, qui sei a Catania, hai una città facile da raggiungere. Quindi chi viene torna sempre. I pro’ si vedono soprattutto a febbraio e marzo, quando non puoi andare sulle Alpi. E anche ad agosto, perché se anche sotto è molto caldo, sopra ci sono 25 gradi.

Nel frattempo il Rifugio Sapienza è stato ristrutturato…

Nel 2013 morì il vecchio proprietario e la famiglia ha ceduto l’attività a Salvatore Caruso e Domenico Moschetto, due ragazzi in gamba e perbene.

I cartelli che invitano a rispettare i ciclisti sono stati pagati con contributi privati
I cartelli che invitano a rispettare i ciclisti sono stati pagati con contributi privati
C’è attesa per l’arrivo del Giro?

Tanta. Non come in Toscana, ma tanta. Si dice che il ciclismo muoia sotto Napoli, ma in Sicilia rifiorisce. Una volta Alfredo Martini, durante una delle nostre chiacchierate, mi disse che avrei potuto fare tanto per i ragazzi siciliani. Mi raccontava anche di una tappa che dall’Etna arrivava a Caltagirone. Partenza in discesa e lui andò in fuga. Quelle sue parole mi suonano nelle orecchie e forse anche per questo mi sono buttato tanto nel Parco Ciclistico. Su quattro steli alla partenza dei versanti c’è il nome della mia società. In un modo o nell’altro, anche questo è un modo per essere utile, come disse Martini.

L’insolito compleanno di Petilli sull’Etna, mentre il Giro va…

05.05.2022
5 min
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Auguri un corno, ha pensato ieri Petilli, all’ennesima telefonata per il suo compleanno. Intorno, l‘Etna era lo scenario che meno si aspettava per festeggiare i 29 anni. Da programma, avrebbe brindato con discrezione assieme ai compagni a Budapest, al via del Giro d’Italia. Invece la Intermarché-Wanty-Gobert ha rimescolato le carte e Simone è rimasto in Italia.

Lo avevamo salutato dopo la Liegi, felice come una Pasqua per il secondo posto di Quentin Hermans. La squadra lo aveva richiamato dal ritiro in altura, che stava facendo sul vulcano dopo il Giro di Sicilia, per rinforzare il blocco delle Ardenne. E sull’Etna Simone sarebbe tornato in vista del Giro. Otto giorni assieme a Pozzovivo, sia pure in alberghi diversi. Domenico all’Hotel Corsaro, come d’abitudine. Simone al Rifugio Sapienza.

Petilli è stato richiamato dall’altura, dove preparava il Giro, per correre nelle Ardenne: qui alla Freccia Vallone
Petilli è stato richiamato dall’altura, dove preparava il Giro, per correre nelle Ardenne: qui alla Freccia Vallone

«Immaginavo un compleanno diverso – sorride – sapevo di dover fare il Giro da inizio stagione, ma questo è il ciclismo e la squadra ha scelto per il meglio. Dovevamo essere cinque scalatori, dato che Pozzovivo punterà alla classifica, più tre uomini veloci fra cui Biniam Girmay per le altre tappe. Visto però il risalto mediatico ottenuto da “Bini” dopo la vittoria alla Gand-Wevelgem, la squadra ha deciso di dargli maggior supporto, sacrificando uno scalatore».

Da Liegi all’Etna

Questo è il ciclismo, inutile fare polemiche: Petilli lo sa bene. La squadra sarà al via da Budapest con Peak, De Gendt e Vliet in supporto a Girmay, risultando meno sbilanciata a favore di Pozzovivo.

«Capisco la squadra – dice – ma devo riconoscere che soprattutto all’inizio ci sono rimasto male. Per un italiano il Giro è trovarsi per un mese in un’atmosfera speciale. Io ho capito, i tifosi ancora non se ne fanno una ragione. Dopo la Liegi sono tornato qui sull’Etna, perché volevo farmi trovare pronto. Ma visto che non vado più a Budapest, ho deciso di prolungare per altri 4 giorni, preparandomi per gli obiettivi futuri. In questo modo risolvo anche la parte logistica. L’8 maggio arrivano in Sicilia gli uomini dello staff in discesa dall’Ungheria, vado giù a portargli l’ammiraglia che mi hanno lasciato, così mi accompagnano loro all’aeroporto e torno a casa. Ho ancora in programma il Giro di Svizzera e si sta pensando di inserire il Tour of Norway a fine maggio».

Un grande Giro

La squadra, vera rivelazione di questa primavera, sarà comunque forte: su questo Simone non ha dubbi ed è pronto a scommettere anche qualcosa.

«Con Pozzovivo ci siamo visti poco – sorride – perché lui aveva i suoi lavori ed io i miei. Però abbiamo pranzato insieme un paio di volte e l’ho trovato davvero bene. Ha un’ottima condizione. Non voglio lanciarmi in pronostici, ma secondo me farà davvero un bel Giro d’Italia. E come lui, farà davvero bene Lorenzo Rota, ne sono sicuro. Sarà lui il solo italiano in corsa per noi, anche lui sta bene. E’ stato ad allenarsi in Colombia ed è nell’anno giusto per vincere una tappa. Ha trovato la giusta consapevolezza. In più preparatevi a rivedere un grande Hirt, ai livelli di quando era all’Astana e poi alla CCC. Infine Taaramae, una certezza. Anche lui è stato in altura, ma in Rwanda, fino al Romandia. E’ stato il primo a chiamarmi quando ha saputo che non avrei fatto il Giro e poi tutti gli altri. Sapevano che ci ero rimasto male».

Petilli è nato a Bellano (Lecco) il 4 maggio 1993. E’ alto 1,78 e pesa 65 chili. Corre nel team belga dal 2020
Petilli è nato a Bellano (Lecco) il 4 maggio 1993. E’ alto 1,78 e pesa 65 chili. Corre nel team belga dal 2020

Un anno in più

E tutto sommato, proprio questa vicinanza è il motivo che ha reso la rinuncia meno dolorosa, unita ai contatti con la squadra per il rinnovo del contratto. Con la scadenza a fine 2022, non fare il Giro sarebbe stato un bel danno se non ci fossero state conferme di altro senso.

«Credono in me – conferma Simone – e abbiamo già parlato di prolungare per un altro anno. E’ un progetto a lungo termine, con una squadra che sta crescendo. A inizio stagione avremmo messo una firma subito su questi risultati, ma non so quanti ci avrebbero scommesso. Ora in ogni corsa si parte con una diversa sicurezza e una nuova consapevolezza che ci responsabilizza. Io stesso ho saputo che non avrei fatto il Giro, ma ho continuato ad allenarmi e mangiare bene. Il malumore dei primi giorni se ne è andato. La prima reazione è stata di non vedere neanche una tappa, ma ora so che tutti i giorni sarò lì a guardare. Dopo l’Etna andrò a casa e semmai me ne andrò per una settimana a Livigno per allenarmi meglio. L’obiettivo potrebbe essere il rientro in Norvegia. E poi chissà che da cosa nasca cosa e mi ritrovi per la prima volta al Tour de France. Non dico nulla, neanche ci faccio al bocca, ma non sarebbe affatto male…».

Guazzini, signori: vola nel quartetto e sogna Contador

Giada Gambino
02.02.2021
5 min
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La toscana Vittoria Guazzini immersa nella fredda neve dell’Etna, ma avvolta dal calore del clima della sua nazionale, si raccontava in una chiacchierata post sessione di ginnastica.

Perché il ciclismo? 

Mio padre era molto appassionato di questo sport e mi ha trasmesso la sua passione. Non essendo a conoscenza delle gare per i ragazzini, non lo iniziai a praticare subito. Un giorno, però, un amico di famiglia mi portò una piccola bici da corsa e da lì iniziai. Il ciclismo ti insegna cos’è la fatica, ad andare oltre i propri limiti e a non mollare mai. E’ una gara contro se stessi prima di esserlo contro gli altri. 

Rulli in quota nelle stanze del Rifugio Sapienza: il 2021 è iniziato così
Rulli in quota nelle stanze del Rifugio Sapienza: il 2021 è iniziato così
Il primo risultato? 

Già nella prima gara riuscii a vincere, eravamo poche ragazzine, ma ottenere subito una vittoria è stato davvero molto bello

Nel 2017 il quartetto con Consonni, Fidanza e Paternoster…

Quell’anno al mondiale conquistammo il record del mondo, fu un qualcosa di indescrivibile! Erano mesi che ci ritrovavamo tutte e quattro in pista per allenarci insieme, con il tempo si era creato un grande affiatamento e questo lo si vede anche dai risultati che abbiamo ottenuto. In una specialità come l’inseguimento a squadre ci deve essere tanta fiducia tra noi

Per Vittoria Guazzini ai mondiali di Imola il 25° posto a crono
Per Guazzini ai mondiali di Imola il 25° posto a crono
Nel 2018 tantissime vittorie

E’ stato un anno davvero soddisfacente, sia su pista che su strada. Dico sempre che le mie medaglie preferite sono quelle del quartetto perché è una felicità condivisa, ma anche la vittoria nell’omnium al mondiale è stata particolare. Ero caduta, rialzarmi e vincere mi ha fatto davvero sentire bene. 

Pista o strada?

Non riesco e non posso fare una scelta. La prima mi ha dato finora tante soddisfazioni, dalla seconda è nata la mia passione e sogno sempre un giorno di poter vincere una classica del Nord dal momento che  erano proprio queste le corse che con mio padre mi guardavo in televisione. E comunque, spero di continuare a praticare entrambe per il resto della mia carriera. L’una è funzionale all’altra, in strada si allena la resistenza e in pista la forza e l’esplosività

Agli europei elite di Plovdiv, centra l’oro con Elisa Balsamo nella madison
Agli europei elite di Plovdiv, centra l’oro con Elisa Balsamo nella madison
La staffetta mista…

Agli europei del 2019 venne introdotta per la prima volta questa specialità e conquistare un bronzo insieme ai ragazzi (Affini, Boaro, Martinelli, ndr) e le ragazze (Longo Borghini e Valsecchi) è stato senza dubbio molto divertente. C’era un po’ d’ansia nel momento in cui si doveva partire, solitamente c’è il conto alla rovescia, mentre in questo caso bisognava aspettare che arrivassero i ragazzi. Avevo addosso un’adrenalina pazzesca. Bello, è stato molto bello. 

La vittoria che non dimenticherai mai? 

Penso la madison agli europei 2020 con Elisa (Balsamo, ndr), è stata la mia prima vittoria tra le elite. Sicuramente anche il mondiale nel quartetto nel 2017, eravamo a casa, a Montichiari, è stato davvero speciale. 

Agli europei del 2019, la crono mista: qui Longo Borghini, Guazzini e Valsecchi
Agli europei del 2019, la crono mista: qui Longo Borghini, Guazzini e Valsecchi
Ti saresti mai aspettata di raggiungere questo livello?

Fino a qualche anno fa pensavo che il ciclismo fosse la mia grande passione, un gioco, un modo per divertirsi; non avrei mai potuto immaginare che avrei fatto del mio “gioco” la mia professione. Quando ho iniziato ad ottenere risultati in campo internazionale ho capito che forse le cose stavano cambiando. 

Il ritiro sull’Etna…

La Sicilia è una bellissima regione. Pedalare con attorno certi paesaggi fa sentire di meno la fatica. Era la prima volta che venivo sull’Etna, a differenza di qualche compagna che c’era già stata. Anche al Rifugio Sapienza siamo riuscite a fare tutti gli allenamenti a corpo libero o sui rulli, il personale è stato davvero molto disponibile. Forse l’unica nota dolente è il fatto che dovevamo ogni giorno scendere con la macchina sino a giù per allenarci in bici, ma è un aspetto che passa in secondo piano. 

Festa grande in casa Italia. Pirrone iridata, con Guazzini, Paternoster, D’Agostino, Fidanza
Festa grande in casa Italia. Pirrone iridata, con Guazzini, Paternoster, D’Agostino
Voi azzurre della pista…

Siamo tutte molto amiche, stiamo tanto tempo insieme e fortunatamente il trovarci nella maggior parte d’accordo fa sì che i tanti giorni di ritiro passino velocemente. Tutte le vittorie delle mie compagne sono importanti per me, mi emoziono e sono più in ansia di quando corro io stessa. Certe volte le persone danno per scontato che per noi sia semplice vincere, ma non è affatto così. 

L’obiettivo di quest’anno?

Le Olimpiadi! Spero che si possano disputare, perché farò di tutto per arrivarci. E’ il mio più grande sogno anche solo poter partecipare, sicuramente non sarà un punto d’arrivo. Ma se accadrà, saranno un punto di partenza per il futuro

Un selfie sul Belvedere di Taormina, con la regia di Chiara Consonni
Un selfie sul Belvedere di Taormina, con la regia di Chiara Consonni
Il ciclista a cui ti ispiri?

Ho sempre avuto un “debole” per Contador, anche se le salite non sono il mio terreno, mi ha sempre affascinato il suo modo di andare in bici dal momento che è un attaccante. E anch’io, finché ne ho, ho dentro questo spirito

Ma la “Conso” dal vulcano butta l’occhio su Parigi

27.01.2021
4 min
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La “Conso” se c’è la senti e questo mette allegria. Anche se certe volte, soprattutto alle ragazze più esperte, le sue esplosioni di buon umore provocano dei sussulti. La “Conso” è Chiara Consonni, protagonista dell’intervista doppia con Elisa Balsamo e in precedenza di quella con suo fratello Simone, ma soprattutto talento del ciclismo italiano. Per lei, nove ori fra mondiali ed europei juniores e under 23 su pista e interessanti piazzamenti su strada in gare WorldTour (come il 3° posto di Plouay 2020 dietro Deignan e Banks), impreziositi dalla vittoria di tappa al Boels Ladies Tour del 2019.

Agli europei di Fiorenzuola la scorsa estate ha conquistato l’oro dell’inseguimento, dell’americana e dell’eliminazione. Poi, con l’argento nel quartetto di Plovdiv fra le elite (con Balsamo, Alzini e Guazzini), ha compiuto il passo decisivo verso quella rosa magica che si giocherà il posto alle Olimpiadi. Che facendo tutti gli scongiuri, si svolgeranno a Tokyo in agosto.

Come definiresti la stagione che sta per cominciare?

Diversa da tutte le altre. Sia per le Olimpiadi, sia per il Covid che ancora non è sparito. Bisognerà vedere quante gare annulleranno e come sarà rivoluzionata la stagione.

Le Olimpiadi e gli scongiuri…

Ci penso tanto che non c’è niente di ancora sicuro. L’anno scorso non ero nella rosa olimpica, quest’anno sì, quindi cosa posso dire… Per me lo spostamento è stato un grosso colpo di fortuna. Proprio per questo, mi sono impegnata al massimo per iniziare la stagione quasi al top e poi continuare fino ai momenti più importanti.

Chiara Consonni, Martina Fidanza, madison europei 2020
La sua ultima vittoria 2020, l’oro nella madison con Martina Fidanza agli europei U23
Chiara Consonni, Martina Fidanza, europei U23 madison, 2020
Ultima vittoria 2020, la madison con Fidanza a Fiorenzuola
Quanto è faticoso questo lavoro?

Vorrei che lo diventasse, un lavoro. In realtà più della fatica vedo la soddisfazione. Perché è vero che c’è da impegnarsi, ma quando poi il lavoro di un anno si concentra nei 4 chilometri dell’inseguimento o nei 20 secondi della volata e riesci a vincere… esplode tutto lì ed è bellissimo.

E’ da escludere che tu scelga fra strada e pista?

Non chiedetelo, perché non so cosa rispondere. Ho visto che ho potenzialità per andare bene anche su strada, quindi vorrei coltivare l’una e l’altra. So che si può, anche se è più faticoso incrociare la stagione della strada e quella della pista, e dà il doppio della soddisfazione.

Secondo Salvoldi, in effetti, il vostro gruppo a Tokyo prenderà le misure, mentre a Parigi andrà per vincere.

Esatto. Siamo un gruppo molto giovane, stiamo iniziando adesso a lavorare insieme, quindi come nazionale dobbiamo ancora crescere sotto tanti punti di vista. Penso anche io che Tokyo sia un punto di partenza. In ogni caso, la mia voglia di continuare in pista non è legata solo alle Olimpiadi. Mi piace l’ambiente, mi piace lo sport, mi piace correre. Mi piace tutto della pista.

Sui rulli in quota, accanto a Balsamo, facendo lavori specifici
Sui rulli in quota, accanto a Balsamo, facendo lavori specifici
Qual è la tua specialità preferita e perché?

La mia specialità preferita… potrei dire il quartetto, invece dico la madison. Perché è divertente, c’è sempre da imparare. E non è come nel quartetto, che devi fare sempre le stesse cose, perché cambi. Devi usare non solamente la forza, ma devi essere anche brava a capire la gara. Quindi sì, direi la madison.

Quanto è forte per la “Conso” il richiamo delle squadre WorldTour?

Diciamo che lo sento. Io poi, non essendo in un corpo militare, percepisco tanto il divario. E penso che se con gli anni le squadre WorldTour inizieranno ad aumentare, allora le professional cominceranno a non essere più invitate alle corse più importanti e saremo costrette tutte a cambiare. Perciò sì, è un bel richiamo. Una bella rivoluzione.

La sera nel bar del Rifugio Sapienza, anche per la “Conso” interminabili partite di burraco
La sera nel bar, interminabili partite di burraco
Vorresti farne un lavoro, non sei nei corpi militari… Stai lanciando dei segnali?

No, nessun segnale. Mi hanno contattata e spero di riuscire a entrare per fine anno, anche se non c’è ancora nulla di ufficiale.

Lo sai che poi non potrai più parlare con la voce così alta?

Ma non è colpa mia (ride, ndr), mi viene. Quando mia madre andava a fare i colloqui alle elementari, le maestre le dicevano: «Sua figlia urla troppo!». Non so perché lo faccio. Forse perché sono un’anima allegra?

Barbieri, come mai un team tutto tuo?

Giada Gambino
25.01.2021
6 min
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Rachele Barbieri scende le scale interne del Rifugio Sapienza, sorride, ha appena finito di allenarsi, si è fatta una doccia veloce ed è subito pronta. E’ tanto determinata, forte, sicura e matura, aspetti che non passano inosservati. Quando era piccola era così tanto competitiva che, a scuola, durante l’ora di ginnastica metteva i piedi in testa a tutti i ragazzini. Guarda fuori dalla finestra, ammira il bellissimo paesaggio innevato che offre l’Etna e inizia a raccontarsi… 

Ai campionati italiani ciclocross di Lecce 2021, Barbieri ha dato man forte alla Arzuffi
Tornata al cross per i tricolori di Lecce 2021 con la Arzuffi
Com’è entrato il ciclismo nella vita di Rachele Barbieri?

Grazie a mia sorella maggiore Rebecca. Cercavo sempre di copiarla in tutto. Quando lei andava a fare allenamento con i suoi compagni la invidiavo tantissimo. Un giorno il suo allenatore mi portò una bici, la provai e me ne innamorai subito. Una serie di combinazioni hanno portato me a continuare e lei, dopo qualche anno, a smettere. 

Strada, pista, ciclocross… 

Ho avuto la fortuna di crescere in un team che mi faceva praticare tutte le sfaccettature del ciclismo. Nel ciclocross ho conquistato il primo campionato italiano e mi ha permesso di crescere tantissimo. Ho sempre avuto tanta passione e ciò ha permesso di non far pesare gli aspetti più duri. Poi arrivò la convocazione in nazionale per fare dei test su pista, ma coincideva con il periodo del cross. Naturalmente, una chiamata in nazionale non si rifiuta! Da quel momento ho iniziato a dedicarmi maggiormente alla pista. Finché, dopo tanti anni di pista e strada, quest’anno ho ricominciato a cimentarmi nel ciclocross, anche per il periodo particolare dove tante gare non si sono fatte. Fortunatamente le Fiamme Oro mi hanno dato la possibilità di farlo.

Preparativi per l’uscita: il ritiro in Sicilia si è svolto prima nel velodromo di Noto, poi sull’Etna
In Sicilia per allenarsi: prima a Noto, poi l’altura sull’Etna
Il ritorno al passato…

Una grande emozione, tanto divertimento. L’ultima gara è stata il campionato italiano. Appena ho finito ho pensato che se ce ne fosse stata un’altra l’avrei fatta senza pensarci, ma dovevo prepararmi per il ritiro qui sull’Etna. Le gare di cross sono concentrate in circa tre quarti d’ora, sono molto allenanti per la pista. 

Quale specialità preferisci?

In pista sono riuscita a rendere di più, anche perché la nazionale, le Fiamme Oro e la mia squadra mi hanno sempre permesso di dedicarmici a pieno. Però sarei curiosa di provare a fare una stagione intera di cross per vedere dove posso arrivare. In Belgio e in Olanda il livello è davvero superiore e mi piacerebbe scontrarmi con loro in una condizione ottimale. Non nascondo, però, che diventare una grande atleta su strada non mi dispiacerebbe perché, comunque sia, è la specialità che ti da più visibilità. 

Come ti prepari per un grande appuntamento? 

Abbiamo la fortuna che la nazionale ci porta ai nostri obiettivi nella condizione ottimale. Una grande parte del lavoro lo facciamo a casa e per questo ho un preparatore. Poi il lavoro si finalizza in pista con lavori specifici abbastanza intensi come, ad esempio, le prove a cronometro. Il livello della nostra nazionale è davvero alto, anche un semplice allenamento è uno stimolo in più. Hai sempre tanto da imparare. Ogni tanto Dino scherza e ci dice che potremmo fare un campionato europeo tra di noi perché il livello è davvero altissimo. 

Due parole fra Rachele e Chiara Consonni, prima di un allenamento
Due parole fra Rachele e Chiara Consonni, prima di un allenamento
E gli allenamenti su strada?

La strada è funzionale alla pista e gli allenamenti servono per entrambe le discipline. Se devo preparare un appuntamento per la pista, gli allenamenti sono brevi ed intensi. Invece per quanto riguarda le corse su strada è necessario inserire tanti chilometri. Negli ultimi anni ho inserito un po’ di più la palestra, dal momento che il mio fidanzato è un preparatore atletico e riesce a darmi una grande mano. Ciò mi aiuta davvero tanto per quanto riguarda la forza e l’esplosività

Fare gruppo…

E’ molto importante. Ho fatto da poco il corso della federazione per diventare direttore sportivo e creare delle affinità sarà un mio pallino. Noi ragazze abbiamo tutte un bel caratterino (sorride, ndr) e metterci d’accordo non è proprio semplice. Ma siamo un bel gruppo e riusciamo a risolvere le questioni in fretta. Siamo tanto competitive, quando ci sono in ballo le convocazioni c’è molta tensione e diventa tutto un po’ più difficile da gestire. Però riusciamo sempre a trovare un buon equilibrio. 

Il tuo prossimo obiettivo? 

Sto lottando per arrivare al massimo nel periodo olimpico e spero di avere la possibilità di giocarmi le mie carte (il volto si illumina, ndr). Farò il possibile per essere al meglio e sono sicura che la scelta ricadrà sulle migliori. Se mai dovesse arrivare la convocazione, non lo prenderei come punto d’arrivo. Cercherò di ambire alla vittoria, penso sempre che bisogna puntare al massimo. 

Rachele Barbieri: lavori specifici sui rulli in altura, simulando gli sforzi più intensi del quartetto
Lavori specifici sui rulli in altura, simulando gli sforzi più intensi del quartetto
La vittoria che ti ha segnata di più? 

Il campionato del mondo 2017 nello scratch. La prima gara tra le élite. Anche la vittoria che ho conquistato quest’anno su strada vicino casa. Due anni fa ho passato un periodo difficile; riuscire a riprendermi e a vincere è stata una bella sensazione. Grazie all’appoggio di diversi sponsor vicino casa e delle Fiamme Oro, la scorsa stagione ho corso con una squadra creata da me. Vincere così, da sola, contro tutte le altre, vicino casa, davanti agli amici… è stata una bella soddisfazione. Sono riuscita ad arrivare dove volevo essere e dove mi merito di essere. 

Perché creare una squadra da zero? 

Ho avuto diversi problemi con quella vecchia, avrei voluto trovare un buon team ma era difficile. Appoggiandomi alla mia prima società ho trovato alcuni sponsor che hanno sostenuto l’idea. Questo mi ha permesso di svolgere senza problemi tutta la stagione su pista e anche l’attività su strada. Quest’anno ho ricevuto diverse proposte, ma ho deciso di portare avanti il mio progetto per preparare i grandi appuntamenti del 2021 al meglio e in serenità. 

A Montichiari, Barbieri con Salvoldi e in mezzo a Fidanza e Alzini, preparando gli europei di Plovdiv 2020
A Montichiari, Barbieri preparando gli europei di Plovdiv 2020
Come hai superato il tuo momento difficile?

Quando ci sono dei momenti grigi, anche se le persone che ti vogliono bene cercano di darti i giusti consigli, tendi a non vederli nel modo corretto. Ho avuto la fortuna di incontrare una mental coach, Elisabetta Borgia. Una persona molto professionale, che mi ha dato una mano a ritrovare il senso di ciò che stavo facendo, reindirizzare i miei sogni e ritrovare me stessa. Lasciandomi le critiche che avevo vissuto davvero male. Si ha sempre paura di queste figure, ma mi ha sempre dato la risposta giusta, che non è quella che vorresti sentire. 

Su strada qual è il terreno giusto per Rachele Barbieri?

Per arrivare a casa mia ci sono 15 chilometri di salita e sicuramente non sono una scalatrice. Negli ultimi anni vivo a Modena con mia sorella e questo problema non l’ho più, ma fino a qualche tempo fa chiamavo mio papà e mi facevo portare a casa o gli ultimi chilometri erano davvero tosti. Le salite e i tanti chilometri non sono proprio adatti a me. Però devo dire che mi piace… quando salgo del mio passo. Piano, mi piace (ride, ndr).

Da chi prendi ispirazione?

Cerco sempre di trarre il meglio da tutti i ciclisti e le cicliste professioniste con cui mi confronto. Tante volte mi attrae la spensieratezza di Peter Sagan e altre volte la professionalità di Elia Viviani. Penso che dovrei cercare di essere più un Sagan, vivendomi tutto con allegria. 

Chiara ed Elisa: gli opposti che si attraggono

24.01.2021
< 1 min
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Nome. Cognome. Anno di nascita… Inizia così questo viaggio divertito e divertente nella stanza di Elisa Balsamo e Chiara Consonni nel Rifugio Sapienza, ai piedi della magia dell’Etna.

Due giovani campionesse della pista, con storie diverse alle spalle e personalità diametralmente opposte. Le abbiamo fatte sedere davanti alla telecamera, sottoponendo loro domande identiche.

Ci sono momenti in cui si deve essere seri e altri in cui si può scherzare. Davanti all’obiettivo di bici.PRO, Elisa e Chiara hanno tirato fuori la loro simpatia, la personalità e il loro essere ragazze vere e splendide. Il futuro della nostra pista è in ottime mani.

Lo straordinario viaggio di Mattia Viel

24.01.2021
7 min
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Per raccontare questa storia, bisogna aprire l’hard disk dei pezzi pubblicati e tornare indietro alla fine del 2018, quando nel ritiro freddo e ventoso di Cesenatico, Gianni Savio passando in rassegna i corridori in arrivo, buttò nel mezzo il nome di Mattia Viel.

«Avevamo due stagisti – disse – Lizde e Viel, che passerà professionista con noi. Sarà di supporto per Fedrigo, nel grande mosaico che è una squadra. Non ha velleità clamorose, ma può ritagliarsi il suo spazio».

A 11 anni, nel 2006, con Marco Villa ancora in attività: la pista è già la sua passione
A 11 anni, nel 2006, con Marco Villa: la pista è già la sua passione

Di poche parole

Da allora la vita seguì le sue strade ed è stato singolare, due anni dopo, ritrovarsi con Viel nel Rifugio Sapienza, guardando fuori per comprendere il meteo e guardando avanti per indovinare il futuro. Non ci conoscevamo, ma sentendolo parlare con Luca Chirico, che con lui ha diviso i giorni siciliani, era come se la sua presenza in gruppo avesse una data antecedente a quel 2018. E così in un mattino con pochi chilometri da fare, gli abbiamo chiesto di raccontarci che cosa ci sia dietro quella barba e le poche parole di uno che sembra aver percorso già molte strade.

«Sono piemontese – dice – e per questo ho sempre avuto parecchi contatti con l’Androni Giocattoli. Sono stato per anni nel giro della nazionale della pista, facendo anche mondiali ed europei. Da junior ho sempre vinto parecchio, diciamo che da me si aspettavano tutti molto, compreso il sottoscritto. Poi per una scelta personale, qualcosa si è messo di mezzo. Qualcosa che va bene per la vita di Mattia e forse ai tempi un po’ meno per Viel il corridore».

Nel 2012 a Maleo vince da junior battendo Sartoris
Nel 2012 a Maleo vince da junior battendo Sartoris
Va bene, ci hai incuriosito. Quale scelta?

Ho perso mia mamma che avevo dieci anni. Una cosa che ricordo è che prima di mancare, mi disse: «Mi raccomando, vai sempre bene a scuola». Si chiamava Anna, all’epoca era direttore marketing alla Lavazza. E quindi mi sono sempre portato dentro questa cosa qui, che mi ha sempre influenzato nelle mie scelte. Perciò invece di fare la classica scuola un po’ più semplice che mi lasciasse il tempo per uscire in bici già da junior, mi iscrissi al miglior liceo linguistico di Torino, l’Altiero Spinelli, e questo mi ha portato via davvero tanto tempo. Però finché uno è giovane, se ha un po’ di talento, esce…

Mentre il tipo del bar sbatte il filtro del caffè con la veemenza di un fabbro, ci serve un secondo per deglutire e andare oltre.

Nel 2017 Viel corre con la Unieuro Trevigiani e corre il Beghelli
Nel 2017 Viel corre con la Unieuro Trevigiani e corre il Beghelli
E tu talento ne avevi…

Andavo bene. Nel 2013, a 18 anni, andai ai mondiali su pista di Glasgow e qui incontrai Alessandro Fissore, che mi chiese se mi interessasse conoscere il gruppo di Chambery che faceva da vivaio alla Groupama. Io dissi di sì e forse da quel momento inizia il rammarico più grande della mia carriera, pur davanti a una straordinaria esperienza di vita. Potevo rimanere in qualche squadra italiana, andare alla Colpack e fare il mio percorso tra strada e pista. Invece andai a Chambery a fare quei test e uscii dai radar. Era un altro mondo, ci davano addirittura un contributo per iscriverci all’Università, presi anche la licenza francese. Poi fu chiaro che stavano cercando il nuovo Bardet, perché tutti gli scalatori li fecero passare e io che non ero proprio uno scalatore… A vent’anni iniziai a guardarmi intorno e si creò un contatto con la Unieuro-Trevigiani.

Nel nostro archivio c’è anche una frase di Marco Milesi, diesse di quel team: «In più abbiamo preso Mattia Viel – diceva in un pezzo di febbraio 2016 – un altro del 1995, che non è male e può fare i suoi risultati».

Era la squadra di Finetto, Malucelli, Malaguti, Fedeli, Carboni, Ravanelli, Plebani e anche di Almeida e io ero a loro disposizione. Nel 2017 avevo anche ripreso la pista con il quartetto, facendo qualche piazzamento su strada.

Le cose andavano bene, insomma?

Partecipai alla Vuelta San Juan, facendo anche un settimo posto e conobbi Raimondo Scimone che diventò il mio procuratore. Ma a fine 2017 venne fuori una brutta tegola. Unieuro sarebbe uscita e Trevigiani non aveva i soldi per tenere gli elite. Così mi ritrovai a piedi a 22 anni, nel Piemonte in cui non ci sono squadre né sponsor. Insomma, ero senza contatti. E mentre già pensavo che fosse a 22 anni fosse arrivata la mia ora di metterci una pietra sopra, mi chiama un ex compagno di squadra, Seid Lizde, che come un pazzo mi fa: «Matti, Matti, oggi devi firmare con me, andiamo su in Inghilterra!». Mi dice di prepararmi che dobbiamo andare a Londra, che c’è una bella squadra, il team Holdsworth Pro Racing.

La vittoria alla Sei Giorni di Torino gli riapre la porta dell’Androni
La vittoria alla Sei Giorni di Torino gli riapre la porta dell’Androni
E tu?

Gli dico: «Ma sei matto? Non ci sentiamo da due anni e te ne esci così?». Però avevo sempre questa fissazione delle lingue e mi sono detto: piuttosto che andare in una continental italiana, se anche non diventerò nessuno nel mondo della bici, almeno mi sarò goduto qualche bella esperienza. Il progetto era ben fatto. C’era Downing di ritorno dal Team Sky, c’era il figlio di Thurau, ma era il giocattolino di qualcuno. E quando chi metteva i soldi si stancò, il giocattolino smise esistere.

E un’altra volta a piedi…

A quel punto, era in piena estate, ho chiesto a un mio compagno di squadra australiano (Nicholas Yalluris, nrd) di accompagnarmi alla Sei Giorni di Fiorenzuola. E senza allenamento specifico, ci siamo piazzati vincendo anche qualche prova. Così siamo andati a quella di Torino, con l’idea di vincerla ed effettivamente abbiamo vinto, battendo anche le coppie della nazionale italiana, che per me era anche una bella rivincita. E proprio una sera di quelle, si affacciò Gianni Savio, che cercava uno stagista. Io con loro avevo già fatto qualche chilometro nel 2015 e dal primo agosto il viaggio riprese. Da quel momento è nato tutto e dopo 3 anni sono ancora qui. Dovendo dire qualche grazie…

A chi?

A Massimo Sibona, che lavorava per l’Androni come commercialista, e insieme a Raimondo Scimone riuscì a mettere la parola giusta nel momento giusto, così da convincere la squadra per farmi fare quello stage. Oltre al lavoro del procuratore, Raimondo Scimone è stato fondamentale negli anni, spronandomi davanti ad ogni ostacolo, fino al passaggio al professionismo.

Dopo la vittoria della Sei Giorni di Torino, lo stage con l’Androni in Cina
Dopo la vittoria della Sei Giorni di Torino, lo stage con l’Androni in Cina
E come andò?

Ero stupito della mia condizione. Mi ritrovai al Tour of Hainan con Masnada, Ballerini, Frapporti, Belletti… la squadra del Giro. Mi facevano tirare per ore ogni giorno, ma io a quel punto volevo passare e tiravo. Qualche volta mi buttavo all’attacco e piano piano capii che quello poteva essere il mio ruolo. Savio dice che il ciclismo è spietato e devi darti da fare per capire subito in quale posizione collocarti. Io lo capii in Cina.

E davvero si è riaperta una bella porta…

Voglio andare avanti, avere una carriera. Voglio che non sia una parentesi. Ho ridimensionato i miei obiettivi, ma sono riuscito a rimanere convincendo Savio e Bellini. Fa piacere mettersi a disposizione della squadra, ma quando vado in fuga penso sempre a vincere. Certo, non posso fare quello che facevo da ragazzino, ma ho ancora 25 anni e magari le cose potrebbero cambiare.

E la pista?

Credo che avrei potuto ottenere di più e mi piacerebbe rientrare in quel giro, come ha fatto Simion. Vedo solo problemi logistici, perché il gruppo degli azzurri vive quasi tutto intorno a Montichiari e fare aventi e indietro da Torino sarebbe un problema. Diciamo che ad ora il progetto è accantonato, ma non dimenticato.

Nel 2020, Mattia Viel è partito con il Tour de Langkawi
Nel 2020, Mattia Viel è partito con il Tour de Langkawi
Andare via da Torino?

No, perché nel frattempo con la mia ragazza che si chiama Carla Lee patrocinio e che ho conosciuto in Cina ho aperto un’attività: Bike Kinetic Lei è specialista del movimento umano. Quindi facciamo programmi specifici per il ciclismo, riabilitazione post infortunio, esercizi posturali e programmi fitness, stretching e massaggio sportivo. In futuro ci piacerebbe organizzare tour in bicicletta, coffee ride con i consigli di un professionista e cucina.

Da quanto tempo l’hai aperta?

Nel 2020, un modo per dare qualcosa al ciclismo nella mia provincia, sperando di diventare un punto di riferimento. Inoltre, visto il mio amore per la pista, ho aperto una sede a un chilometro dal Velodromo Francone di San Francesco al Campo, mentre a Torino mi appoggio ad altri studi. A causa del Covid, molti servizi attualmente sono online, ma fortunatamente il feedback dei clienti è comunque ottimo.

Magia del ciclismo e delle persone che mette sulla tua strada. Chi poteva immaginare che dietro quella barba e quello sguardo curioso sulla cima di questo vulcano che oggi è coperto di neve, avremmo scoperto una storia come questa? In bocca al lupo Mattia, ci hai messo addosso davvero una grinta immensa.

Zanardi, questo sport è una scuola per la vita

Giada Gambino
23.01.2021
5 min
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Fuori c’è tanta neve, fa freddo, ma dentro il Rifugio Sapienza l’ambiente è così caldo e tranquillo che rende tanto piacevole sedersi a un tavolo e chiacchierare. Così Silvia Zanardi, atleta della BePink, inizia a raccontare la sua storia e la sua carriera ciclistica nata da una continua “lotta” con la madre che voleva continuasse a fare danza.

Lasciare la danza per il ciclismo… 

Mio fratello aveva iniziato a fare ciclismo e io, per un anno, sono andata sempre a vedere agli allenamenti. Il mondo del ciclismo mi affascinava molto, principalmente perché ogni domenica potevo gareggiare e confrontarmi con altre ragazzine; mentre nella danza l’unico momento di confronto era il saggio che si faceva una volta l’anno e questo non mi andava bene. L’anno successivo riuscii a convincere mia madre e da G2 iniziai. 

In partenza dell’allenamento con la grande amica Martina Fidanza
In partenza dell’allenamento con Martina Fidanza
Ricordi la prima vittoria? 

L’ultima gara da G6, era stata organizzata dalla mia squadra e ci tenevo tantissimo a fare bene. Le emozioni di quel momento le ricordo benissimo. Ho appeso in camera la foto dell’arrivo proprio di quella gara, non ho alzato le mani perché non potevo da regolamento, ma ho fatto un urlo enorme

Quella più bella ? 

Ne ho fatte un paio su strada e su pista, quella che mi sta più a cuore è sicuramente il doppio oro al mondiale junior 2018 su pista: il quartetto e la corsa a punti. Due maglie iridate, davvero un sogno. 

Pista o strada? 

Pista! Non mi pesa fare gli allenamenti. Ogni settimana non vedo l’ora di andare al velodromo di Montichiari, il tempo passa via velocemente. 

Come hai scoperto questa specialità?

Da esordiente di primo anno, ero in una squadra maschile dove sono stata formata tantissimo. Poi l’anno successivo sono andata in un team femminile e da lì ho subito iniziato. Avevo la pista di Firenzuola proprio vicino casa e sono stata completamente rapita. 

Fra la strada e la pista, Silvia preferisce la seconda. E qui due risate con Chiara Consonni…
Fra la strada e la pista, Silvia preferisce la seconda
I tuoi allenamenti… 

Mi piace fare i lunghi in compagnia. Se sei un po’ giù di morale… parlando scacci via i pensieri negativi e si rende anche molto piacevole un allenamento di più di 100 chilometri che passano velocemente. Se invece sono da sola mi metto le cuffiette e penso, penso tanto, un po’ a tutto. Andare in bici è il mio sfogo. Quando, ad esempio, devo fare dei lavori specifici preferisco stare da sola, ma nei lunghi… impazzirei! (ride, ndr) 

Come prepari un grande appuntamento?

Il mio preparatore mi aiuta molto durante gli allenamenti, cerca sempre di spronarmi e motivarmi.  Quando devo preparare una gara importante seguo alla lettera tutto ciò che mi dice, soprattutto per quanto riguarda la dieta. Anche se è un po’ difficile… mi piacciono molto i dolci. A volte devo contenermi! 

La scuola? 

Ho fatto il liceo artistico, sinceramente… (guarda e scoppia a ridere, ndr) non ero una cima. Non mi piaceva studiare, ma mi piaceva tanto disegnare. Dai… non si può riuscire in tutto, mi sono dedicata allo sport. 

L’argento all’europeo 2020 su pista élite…

E’ stata un po’ una batosta! Mi sarebbe naturalmente piaciuto salire sul gradino più alto del podio. Però, come mi dice sempre una mia compagna di nazionale, che penso sia davvero molto matura: «Non è una medaglia persa, ma è un argento vinto». Ed è vero, sono giovane, sono al secondo anno U23 e anche solo correre con le elite è stata un’opportunità immensa e di questo sono molto grata a Dino (Dino Salvoldi, tecnico azzurro della pista, ndr). 

Silvia Zanardi, europei Plovdiv 2020
L’argento agli europei elite nella corsa a punti l’ha vissuto come una batosta, avendo vinto quello U23
Silvia Zanardi, europei Plovdiv 2020
Argento europeo elite (con rammarico) nella corsa a punti
Il tuo prossimo obiettivo ? 

Teoricamente era quello di partecipare alle Olimpiadi 2024, ma Dino mi ha dato una mezza speranza per poter essere convocata a quelle di Tokyo e sto cercando di fare del mio meglio per riuscirci. Su strada mi piacerebbe vincere una classica, ma non ho proprio una corsa dei sogni da voler conquistare. 

La vittoria più emozionante di una tua compagna? 

L’europeo elite, la vittoria di Martina Fidanza. Eravamo tutte lì a fare il tifo per lei, ci credevamo davvero (i suoi occhi diventano lucidi, ndr). C’era una ragazza in fuga e quando Dino le ha detto di partire, lei ha seguito alla lettera quanto gli diceva ed è riuscita a vincere (si emoziona e le scendono lungo il viso le lacrime, come se stesse rivivendo il momento, ndr).

Martina Fidanza… 

Ultimamente ho legato molto con lei, siamo anche in camera insieme qui sull’Etna. Con tutte ho un buon rapporto. Certo, siamo diverse tra noi, ci sono quelle un po’ più pazzerelle come la Consonni e quelle più tranquille che equilibrano il gruppo. Io sono a metà. Avere un gruppo unito è molto importante, quando vediamo che qualcuna di noi è un po’ giù di morale cerchiamo di scherzare e farla divertire. 

Sul belvedere di Taormina, prendendo in giro Chiara Consonni che ha paura dell’altezza
Sul belvedere di Taormina, prendendo in giro Chiara Consonni che ha paura dell’altezza
Cosa rappresenta per te il ciclismo? 

Questo sport insegna a non mollare e a credere in se stessi. Quando ti stai allenando per un appuntamento si deve pensare all’obiettivo e concentrarsi su quello per non abbattersi. Una frase che ripeto sempre a una mia grandissima amica, Martina Sgrisleri, che non è nella mia stessa squadra, ma abbiamo corso insieme nelle categorie giovanili, è questa: «Ricordati perché lo stiamo facendo! Vogliamo ottenere ciò che desideriamo, questo è ciò che conta!». Il ciclismo è proprio una scuola di vita. Ti aiuta ad esprimerti al 100 per cento e ti insegna a confrontarti con le altre persone, sta un gradino sopra tutti gli altri sport. 

C’è qualcosa che invece non ti piace? 

Il pavè! Non mi piace per nulla. Anche i ciottoli che si trovano all’interno dei paesi mi fanno impazzire; non riesco a spingere. E poi il vento… odioso (sbuffa e alza gli occhi al cielo, ndr).

Chi è per te un idolo? 

Giorgia Bronzini è un punto di riferimento. Mi ha dato tanti consigli, la sua carriera è stata di grande livello e vorrei ottenere anche la metà delle maglie conquistate da lei.

Se non avessi fatto ciclismo…

Di certo ( sorride, ndr) non sarei diventata una ballerina! Mi sono sempre piaciuti tanto sport come la pallavolo e l’atletica. 

Il segreto per riuscire nello sport?

Divertirsi! Mi hanno insegnato che soprattutto da piccolini ci si deve sempre divertire, non si deve pensare sempre e solo alla vittoria. E questo è ciò che ho sempre fatto e che continuo a fare.