Colleoni e la schiena: tutto risolto con l’oculista?

23.04.2024
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RIEMST (Belgio) – Dall’incontro per parlare del suo casco al ricordarsi l’ultimo pezzo dello scorso anno, quando Kevin Colleoni annunciò che sarebbe passato dalla Jayco-AlUla alla Intermarché-Wanty. La stagione non era andata un granché e alla base di tutto c’era un misterioso problema alla schiena venuto fuori dopo la caduta alla Coppa Agostoni. Di solito, in questi casi, fai le terapie necessarie, ti raddrizzano e torni come nuovo. Invece per il bergamasco si è messo in moto un mezzo inferno, fatto di dolore, esami, disagi e la frustrazione del non venirne a capo.

Perciò abbiamo prolungato la permanenza nel suo hotel per fare il punto sulla salute e sulla carriera, la stagione in corso e quello che verrà. Vedendolo arrivare in cima alla Redoute il giovedì assieme a Francesco Busatto non era sembrato particolarmente dolorante, ma è meglio farsi raccontare da lui (in apertura, nella foto Instagram/cyclingmedia_agency).

Il UAE Tour è stato la prima corsa di Colleoni con la maglia della Intermarché-Wanty
Il UAE Tour è stato la prima corsa di Colleoni con la maglia della Intermarché-Wanty
Come è correre in Belgio in una squadra belga?

A correre qui, si sente la differenza, altrimenti è un team internazionale. Molto familiare, questo sì: mi trovo bene. Ho trovato un ambiente tranquillo, professionale, non avevo dubbi. Sono a mio agio anche con i compagni e lo staff. La cosa che mi piace tanto è il programma. Ci sono stati dei piccoli cambiamenti, però già da dicembre sapevo dove avrei corso. Più o meno ho il calendario per tutto l’anno, al netto di quello che può capitare. E questo è ottimo, perché si può programmare bene il lavoro.

E’ utile programmare a così lunga scadenza?

Arrivo da un anno difficile, ho avuto i miei problemi e sono arrivato qua senza averli ancora sistemati del tutto. Per questo vivo molto alla giornata. Ho trovato uno staff medico, osteopati e fisioterapisti molto preparati e sono migliorato tanto. Non voglio dire che sia passato al 100 per cento, ma sto parecchio meglio.

Si è scoperto che cosa sia successo in quella caduta?

In realtà non ho rotto niente, almeno da quello che si è visto. Solo che è cominciato questo mal di schiena che mi sono portato avanti per il resto della stagione. Ho iniziato a migliorare da questo inverno dopo che sono finite le corse, facendo di tutto e di più. Osteopati, fisioterapisti… Non li conto neanche più! Poi ho trovato un osteopata a Bergamo che ha iniziato a seguirmi facendo gli stessi trattamenti di quelli della squadra. E facendo questo, più tanti esercizi, la cosa ha iniziato a dare meno problemi. La causa non si è trovata ancora, non sappiamo cosa sia. Però facendo determinati trattamenti, funziona.

Nel 2023 Colleoni correva alla Jayco-AlUla, qui al Giro di Sicilia parla con Petilli
Nel 2023 Colleoni correva alla Jayco-AlUla, qui al Giro di Sicilia parla con Petilli
Niente più dolore?

Negli ultimi mesi sembra essere sparito. Ho qualche fastidio fuori dalla bici che prima non avevo, però in sella tutto sommato non è male. Prima non riuscivo a starci, l’anno scorso ad agosto non riuscivo a fare neanche un’ora. Il dolore prendeva la parte bassa e a destra, gamba e gluteo. All’inizio hanno ipotizzato che si trattasse di una sciatalgia, ma in realtà non è stato quello. E’ più  un’infiammazione generale, causata da uno squilibrio.

Dagli esami non è emerso nulla?

Ho fatto risonanze, il test per la composizione delle ossa, la tac. Eppure non c’è un problema visibile, bensì tanti piccoli problemi che però non possono portare a quel dolore. Prima della caduta non ho mai avuto nulla, quindi deve essere cominciato per forza da lì. Una cosa di cui mi sono accorto e che hanno notato anche gli osteopati è che da allora non ero più bilanciato, sia in bici che fuori. Una cosa che mi ha fatto migliorare è stato andare da un oculista.

Per fare cosa?

Abbiamo riscontrato che dall’occhio destro mi manca uno 0,4, mentre il sinistro è a posto. Perciò abbiamo fatto delle prove e mettendo una lente correttiva, in bici praticamente mi raddrizzo. La mia schiena non carica solo da una parte, ma è bilanciata e così anche l’appoggio sui piedi quando cammino. Adesso è 50-50, mentre prima pendevo da una parte. Perciò vado in bici con le lenti a contatto. E’ una cosa cui non credevo neanche io. Ci sono andato perché me l’ha detto l’osteopata. Eravamo andati anche dal dentista, ma il palato è dritto e non incide sulla posizione, invece gli occhi fanno tantissimo. Porto le lenti da questo inverno, da dicembre: 24 ore su 24, le tolgo solo per dormire. E non vanno bene quelle usa e getta, perché mi manca troppo poco e non ne fanno, per cui devo prenderle su misura.

Alla Strade Bianche, chiusa con un ritiro. Qui con Michele Gazzoli
Alla Strade Bianche, chiusa con un ritiro. Qui con Michele Gazzoli
Perciò adesso pedali come ai vecchi tempi?

Ho cominciato a non avere più fastidio e a ripedalare in maniera più soddisfacente. Diciamo che all’inizio dell’inverno ho avuto un po’ di acciacchi, per cui ho iniziato tardi. Ho cominciato ad allenarmi al ritiro di dicembre, prima niente. Da gennaio ho iniziato a fare i lavori e mese dopo mese è andata sempre meglio. In gara ho avuto qualche fastidio all’inizio delle prime gare, però ad esempio il Giro dei Paesi Baschi è stata la prima gara dopo un anno in cui non ho avuto dolori. So che possono tornare, sono molto obiettivo sulla cosa perché un problema così non può sparire da un giorno all’altro. Lo so e ci lavoro.

In che modo?

Faccio trattamenti e faccio tanto stretching. Quando sono alle corse, ho il massaggiatore e l’osteopata che controlla che sia dritto col bacino e tutto il resto. Quando sono a casa, non posso andarci tutti i giorni, ma cerco di vederli il più spesso possibile. Magari una volta a settimana, dieci giorni. Intanto ho i miei esercizi e una volta a settimana vado in palestra, che mi ha aiutato tanto a rinforzare tutta la schiena. Pesi e corpo libero. E’ stata l’unica cosa che, quando avevo male, non mi dava fastidio. Il solo modo che avevo per potenziare e comunque mantenere il tono.

Cambiando squadra, hai cambiato anche posizione in bici?

Abbiamo fatto un gran lavoro su questo, ma alla fine non è cambiata tanto, se non per dei dettagli. L’ho fatto tramite il mio osteopata a Bergamo e un biomeccanico che veniva nel suo studio. A ogni modifica che si faceva, si testava la risposta del corpo. Se mi storcevo o restavo dritto, se mi si bloccava una gamba oppure no. E’ una cosa che ti porta via tanto tempo, i primi giorni non noti la differenza, però a lungo andare te ne accorgi. Basti pensare che da quando correvo alla Biesse-Carrera, ho sempre mantenuto la stessa posizione.

Nella seconda tappa del Catalunya con arrivo a Vallter 2000, la fuga con Colleoni è andata avanti per 146 chilometri
Nella seconda tappa del Catalunya con arrivo a Vallter 2000, la fuga con Colleoni è andata avanti per 146 chilometri
Invece adesso?

Da quando ho avuto questo problema, sapendo che ogni modifica poteva migliorare o peggiorare, sono tanto minuzioso. Porto con me sempre la sella da allenamento per controllare che quella da gara sia uguale. Non perché non mi fidi, ma ho imparato che il corpo risente anche di un solo millimetro e può perdere efficienza.

Quindi adesso si riparte con motivazioni intatte?

Il primo obiettivo per quest’anno era rimettermi a posto. Non ho ancora fatto risultati, ma gara dopo gara sto migliorando e mi torna la fiducia. Dovrei fare il Giro d’Italia, il mio primo Grande Giro: la preparazione è incentrata su questo. Ho fatto solo gare WorldTour, è il solo modo per migliorare. L’unica un po’ minore, tra virgolette, è stata la Milano-Torino. Ovvio che sia più difficile fare risultati, ma ora l’interesse è crescere. Non avrò un obiettivo principale, se non aiutare la squadra e cercare di togliermi qualche soddisfazione.

Hai parlato di fiducia. 

Quella fa tanto. L’anno scorso andavo alle gare sapendo già di non avere possibilità. Non per colpa mia, ma per un problema fisico. Parti già sconfitto, non è facile. Quest’anno non ho ancora la fiducia di prima, però vedo che man mano miglioro. Manca di fare il prossimo salto, magari un risultato o qualcosa che possa farmi ritrovare la fiducia. Se anche mentalmente mi tolgo questo peso, so che posso tornare a fare delle buone prestazioni.

La Liegi di Colleoni chiusa al 96° posto a 19’13” da Pogacar (foto Instagram/cyclingmedia_agency)
Liegi chiusa al 96° posto a 19’13” da Pogacar (foto Instagram/cyclingmedia_agency)
A che punto pensi di essere della tua carriera?

Ognuno ha la sua maturazione fisica. Ho ancora 24 anni e vedo che nel ciclismo di adesso, tutti si aspettano troppo dai più giovani. Da una parte è normale, perché tanti passano e vincono. Ma io arrivo da un ciclismo in cui fino agli juniores mi allenavo con mia mamma (Imelda Chiappa, argento su strada ad Atlanta 1996, ndr). Uscivo tre volte a settimana, da under il massimo che facevo erano 5 ore. Adesso vedo juniores che si allenano 5-6 ore come i professionisti, è normale che passano e vanno forti. Però vedo anche altri che iniziano ad emergere a 26-27, quindi secondo me ognuno ha i suoi tempi. E di una cosa sono certo: in questo momento quello che conta è andare forte. Se vai forte, fai il capitano. Altrimenti impiegano davvero poco a rimpiazzarti.

Busatto cresce: un anno dopo, il rendez-vous con la Doyenne

19.04.2024
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RIEMST (Belgio) – Domenica scorsa, giorno del debutto all’Amstel Gold Race, era passato giusto un anno dalla vittoria di Francesco Busatto alla Liegi U23. Mercoledì il vicentino ha assaggiato la Freccia Vallone. E ieri mattina, all’indomani della gelata di Huy, con la sua squadra e tante altre, ha pedalato sugli ultimi 100 chilometri della Liegi. A un anno dalla vittoria fra i piccoli, domenica debutterà nella Doyenne dei grandi e lo capisci da come ne parla che nutre un rispetto esagerato. Sarebbe dovuto andare al Romandia, ma c’è stato uno scambio di programmi ed eccolo qua.

Lo incontriamo nel bar dell’Hotel Malpertuus della famiglia Molenars: quello di Piva, per chi mastica pane e ciclismo, che però stasera è con la Jayco-AlUla a progettare un’altra vigilia. Quest’anno qui a Riemst ci sono tre squadre: la Intermarché, la Bahrain e l’Astana. La cucina è come al solito indimenticabile, al punto che anche lo staff della Bora ha prenotato per cena. Mentre il vecchio Ivo Molenars porta i suoi 90 anni avanti e indietro con forza ed eleganza, Busatto ci raggiunge al pian terreno.

Ieri hai provato la vera Liegi in allenamento: che effetto ti ha fatto?

E’ dura anche in allenamento. Fai fatica perché sono strappi duri, non puoi andare su piano. Poi sentendo i compagni che ti ricordano il punto in cui si sono staccati o quello dove in gara si andrà più forte, immagini quello che potrai fare, a che punto potrai arrivare. Secondo me già arrivare alla Redoute con i primi vuol dire essere andati forte. Non è impossibile. Alla fine posso testarmi, vedere quanto riesco ad pescare le energie.

In cima alla Redoute con Colleoni. Nella Intermarché correrà anche Rota, il terzo italiano
In cima alla Redoute con Colleoni. Nella Intermarché correrà anche Rota, il terzo italiano
L’anno scorso con gli U23 eri tra i favoriti, oggi davvero no…

E’ come essere tornati under 23 di primo anno. Ricordo che c’era Ayuso che vinceva Piva e Belvedere e aveva la mia età. Adesso ovviamente c’è ancora Ayuso, però ci sono anche Evenepoel, Van der Poel, Van Aert, Pogacar e altri che vanno fortissimo. Devo resettare tutto e non è facile. Sei abituato agli under, che vinci e arrivi davanti anche se non stai benissimo. Qua invece, se anche hai un uno per cento in meno, è già tanto se arrivi alla fine. Per il morale non è facile, perché ti alleni e non sempre basta. Penso sia una questione di maturità.

E’ un passaggio che fa paura?

No, non paura. Penso di aver già fatto qualche buona corsa. L’unica cosa è che va bene avere ambizioni e aspettative alte, ma non troppo. Il WorldTour è il WorldTour, non si scherza più.

La Liegi, per come l’hai vista ieri, è ancora una corsa adatte a te?

Penso di sì, alla fine sono tutti sforzi brevi. Una delle salite più lunghe nel finale è la Rosier, che comunque sono tra i 9-10 minuti. Tutte le altre sono intorno ai 3-5 minuti, quindi sono sforzi brevi che mi si addicono. Anche l’Amstel potrebbe piacermi. Ci sono strappi addirittura da 1-2 minuti, forse ancora meglio per me, perché è uno scatto continuo e mi viene bene. Infatti domenica avevo anche buone sensazioni, il problema è stata la distanza. Invece alla Liegi non sarà solo la distanza, ma anche il ritmo alto da subito. Magari un po’ meno esplosivo, ma un passo più sostenuto.

La Strade Bianche 2024 è stata la prima corsa WorldTour di Busatto, che ha chiuso al 14° posto
La Strade Bianche 2024 è stata la prima corsa WorldTour di Busatto, che ha chiuso al 14° posto
Che effetto fa pensare di essere in gruppo con gente come Pogacar e Van der Poel?

Dal punto di vista del risultato, conviene non guardarli: almeno per adesso sono assolutamente su un altro livello. Per contro, vedere che qualche volta sono lì con loro, mi fa pensare che sono sulla buona strada. Magari essere in mezzo ai migliori negli ultimi 40 chilometri, sarebbe di buon auspicio. Mi motiva.

Quanto è cambiata la vita di Francesco Busatto da quando è approdato in Belgio?

Parecchio. L’anno scorso si vinceva spesso, ero sempre davanti. Oggi sono un altro corridore, sono molto più carico. E’ diverso. Forse la vita e gli allenamenti sono più intensi. Per quanto sia al primo anno, vedere altri come me che vanno tanto forte, mette addosso un po’ di pressione. Prima c’era l’obiettivo di vincere, adesso l’obiettivo è cercare di raccogliere il più possibile, fare esperienza e crescere anche a livello di prestazioni. Correre a questi livelli ti migliora, senza dubbio. E’ tutto un progredire, anche se personalmente mi sento sempre lo stesso.

In squadra hanno a cuore che questo avvenga anche cercando la vittoria e non solo lavorando?

L’anno scorso facevo le corse con i professionisti e poi puntavo a quelle con gli under 23. Adesso è un po’ lo stesso. Nel WorldTour è come se fosse una preparazione, anche se poi sono queste le corse che contano. Si lavora per migliorare e poi nelle prove minori posso cercare di dire la mia. Per questo ho fatto il Limburg, sono stato in Oman e anche Drome Ardeche. Insomma, corse in cui se sto bene bene posso anche puntare alla vittoria. Allo stesso modo, più avanti ce ne saranno altre e questo fa bene per il morale. Anche perché sono pure quelle occasioni per fare punti.

Alla fine di marzo, per Busatto un bel quarto posto nella Volta NXT Classic vinta da Kielich
Alla fine di marzo, per Busatto un bel quarto posto nella Volta NXT Classic vinta da Kielich
Nel frattempo hai cambiato preparatore: come ti trovi?

Vero, non lavoro più con Paolo Santello. Nelle WorldTour vogliono seguire tutto dall’interno, anche per avere ogni aspetto sotto controllo. Però non mi trovo male. E’ cambiato un po’ il modo di lavorare, però mi ascoltano e questo è importante, perché alla fine sei tu che devi andare forte. Quindi se il preparatore non è un dittatore, la collaborazione fa la differenza. Mi hanno sempre detto che sei tu il tuo miglior allenatore di te stesso e qua lo sanno. Danno priorità alle sensazioni del corridore e poi adattano il lavoro.

Come hai vissuto la Freccia Vallone sotto la neve e la grandine?

Sinceramente mi sento ancora un po’ strano. Prendere così tanto freddo bene non fa. Conta tanto anche come si era vestiti e io avevo solo la gabba. Altri corridori, come quelli della Uno X, erano vestiti dalla testa ai piedi sin dalla partenza, anche se non faceva tanto freddo. Infatti in salita si sudava e tanti si sono svestiti, poi è arrivata la neve e rivestirsi non era così semplice. Penso di essere anche andato oltre quello che dovevo fare. Quando senti che è così freddo e stai già soffrendo, sai che non ti puoi mettere i guanti, non ti puoi vestire perché non riesci… c’è poco da fare. Non serve andare avanti, insistere e poi magari ammalarsi seriamente. Dopo il terzo passaggio sul muro, mi sono fermato e sono andato al pullman.

E’ stato più un dire “chi me l’ha fatto fare”, oppure hai provato a tenere duro?

Quando ho visto che eravamo rimasti subito in 50, ho detto che se fossi rimasto, avrei fatto un buon risultato. Anche una top 20. Non dico che sarebbe stato facile, ma la questione era resistere al freddo, non al ritmo. In realtà non si andava neanche tanto forte, perché con quelle temperature fai fatica anche a contrarre i muscoli. Però a un certo punto non è stato più possibile, penso che stessi andando in ipotermia. Venivamo dal caldo dei giorni precedenti, credo che pochi fossero preparati per delle condizioni del genere.

Dopo la LIegi vinta nel 2023, in Belgio per Busatto è nato un fan club. Accanto a lui suo fratello e Florio Santin, italo-belga e fondatore
Dopo la LIegi vinta nel 2023, in Belgio per Busatto è nato un fan club. Accanto a lui suo fratello e Florio Santin, italo-belga e fondatore
Lo scorso anno hai vinto la Liegi degli under 23, per cosa saresti contento domenica sera dopo la prima fra i pro’?

Sarò contento se avrò fatto una buona gara, senza mollare prima. So che mi stacco, ma vorrei tenere duro e cercare di ottenere il miglior risultato possibile. Anche solo finire la corsa, che per carità non è impossibile se il tempo ci assiste. Se dovessi arrivare nei primi 20-30 sarebbe un bel risultato. Ma so anche che abbiamo Rota e Zimmermann che normalmente andranno molto più di quello che potrei fare io, per cui se servirà sarò a loro disposizione. Per il tipo di squadra che siamo, non credo che ci sarà da tirare tutto il giorno come UAE e Visma, per cui aiuterò, ma sarò contento anche se verrà un risultato anche per me. Resto abbastanza con i piedi per terra.

E’ interessante il tuo modo di ragionare perché Nibali alla prima Liegi arrivò ultimo.

Se dovessi arrivare ultimo e poi fare una carriera come Nibali, ci metterei subito la firma!