OneCycling costituita ufficialmente. Vegni attende comunicazioni

03.03.2025
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Il progetto OneCycling va avanti e nei propositi di Richard Plugge, il suo CEO dovrebbe vedere la luce già il prossimo anno. Ormai non si parla più di una semplice idea, ci sono dati reali. Lo scorso 10 dicembre è stata registrata, presso la Companies House di Cardiff, la società costituente, OneCycling Limited, dietro la quale c’è un fondo economico saudita, SURJ Sports Investment che è una branca del Public Investment Fund, uno dei più grandi a livello globale. I sauditi hanno garantito un importo di 300 milioni per un contratto di 3 anni.

Il circuito dovrebbe avere una finale in terra araba, con formula da stabilire (foto Corvos)
Il circuito dovrebbe avere una finale in terra araba, con formula da stabilire (foto Corvos)

Grandi entrate per i team firmatari

Alla moderna Superlega ciclistica hanno già aderito team come Visma, Ineos, Red Bull, EF, Soudal, Lidl oltre agli organizzatori di Flanders Classics e la commistione fra team e organizzatori è un aspetto importante del nuovo progetto. Le squadre facenti parte dell’organizzazione riceveranno, per i suddetti tre anni, un milione di euro a stagione, da considerare al di fuori delle entrate provenienti dagli sponsor che per ora costituiscono generalmente il 90 per cento delle entrate.

Quali gare ne faranno parte? Questo è un primo problema. OneCycling sta procedendo attraverso due direzioni. La prima riguarda una serie di circuiti da organizzare in grandi città, secondo una formula che, se in America ha trovato buoni riscontri, in Europa non è ben vista, venendo relegata a fine stagione seppur con una frequentazione ampia e qualificata. Gare stile Formula 1, che permettono la presenza di folto pubblico, ma che da sole non reggono una spesa così ingente.

Al progetto hanno aderito finora alcuni dei team leader del WT, ma sono ancora molto pochi
Al progetto hanno aderito finora alcuni dei team leader del WT, ma sono ancora molto pochi

A braccetto con l’Uci

L’altra direttrice doveva essere la creazione di un circuito di gare al di fuori del calendario internazionale, ma non c’erano né gli spazi né le garanzie. Si è capito che il progetto non può andare avanti in contrasto con l’Uci, ecco quindi che si pensa di allestire un programma di gare fisso e mutuato dal calendario internazionale, al quale i team saranno chiamati a partecipare con i loro uomini migliori, che dovrebbe comprendere le principali prove del calendario.

Un simile progetto non può però andare avanti senza la partecipazione delle grandi organizzazioni. Aso per ora è fuori e vuole rimanerci, continuando a gestire in autonomia le proprie gare, ma le trattative sono in corso tanto è vero che l’eventuale circuito non prescinderebbe dal Tour de France, mentre la Vuelta non ne fa parte.

Yann Le Monnier, patron di Aso, insieme a Richard Plugge (foto Raymond Kerckhoffs)
Yann Le Monnier, patron di Aso, insieme a Richard Plugge (foto Raymond Kerckhoffs)

Giro nel progetto: a loro insaputa?

E il Giro? L’organizzazione di Plugge ha già detto che anche la corsa rosa è nel programma. Mauro Vegni però non ne sa nulla: «Quel che posso dire è che se l’ingresso del Giro nell’eventuale circuito significa che vengono messe insieme alcune gare che danno punti, un po’ come avveniva nel secolo scorso con il Superprestige Pernod, non abbiamo nulla in contrario, ma se il coinvolgimento è più profondo io non ne sono a conoscenza. I contatti vengono presi a livello imprenditoriale, credo che siano direttamente Cairo o Bellino a occuparsi di questo ma siamo ancora nel campo delle voci, non c’è nulla di definito».

Il progetto però non riguarda solamente i grandi giri, anzi è a livello più basso che le novità potrebbero prendere una forma più ardita. In questo ideale circuito dovrebbero infatti entrare altre corse a tappe, come Parigi-Nizza, Tirreno-Adriatico, Giro di Svizzera, ma non dovrebbero superare i 5-6 giorni di gara e questo potrebbe rappresentare un problema.

La Tirreno-Adriatico è inserita nel progetto, ma dovrebbe ridurre a 5-6 i suoi giorni di gara
La Tirreno-Adriatico è inserita nel progetto, ma dovrebbe ridurre a 5-6 i suoi giorni di gara

La riduzione dei giorni di gara

«Questa non è però una novità – tiene a sottolineare Vegni – perché se ne era parlato già una ventina di anni fa, prospettando anche l’eventualità di ridurre le grandi corse a tappe nella loro durata. Sarebbe possibile? Io dico che tutto si può fare, a condizione che però ci sia chiarezza d’intenti e soprattutto non ci siano disparità. Se si deve ridurre, devono farlo tutti. Ma siamo ancora nel campo delle voci, io faccio parte della commissione Uci e non ci è stato presentato nulla al riguardo».

Il lavoro con l’Uci è fondamentale e l’input è arrivato direttamente dagli investitori che vogliono evitare un’altra diaspora com’è avvenuta nel golf, dove la Saudi LIV Golf League ha di fatto spaccato il movimento professionistico. Una volta che la federazione darà il suo imprimatur, si passerà attraverso fasi successive, con la creazione del circuito vendendo però i suoi diritti televisivi in blocco (e già Dazn, particolarmente legata agli eventi di matrice araba, è pronta a investire). Se il suddetto circuito dovesse essere composto da gare preesistenti, la sua chiusura dovrebbe però essere allestita attraverso una sorta di Grand Final, come avviene per il tennis, da allestire proprio in Arabia Saudita, con grande gala di premiazione alla fine.

Il circuito dovrebbe avere una finale in terra araba, con formula da stabilire (foto Corvos)
Il circuito dovrebbe avere una finale in terra araba, con formula da stabilire (foto Corvos)

Un meccanismo virtuoso

L’idea di base è che, con il circuito avviato, s’innesti un meccanismo virtuoso capace di produrre denaro anche al di fuori dell’investimento di base, per questo avrebbero tutti da guadagnarci alla fine. Per questo molto passerà attraverso i contatti con gli organizzatori, mettersi di traverso non conviene a nessuno.

Copeland, alla presidenza dell’AIGCP per cambiare tutto

03.04.2024
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E’ notizia di pochi giorni fa che l’Associazione Internazionale Gruppi Ciclisti Professionisti ha cambiato completamente i suoi vertici. Dopo tre anni di guida, il team manager della Visma-Lease a Bike Richard Plugge non si è ricandidato per la presidenza e questa è passata per un nuovo triennio (forse, e vedremo perché) a Brent Copeland, titolare del Team Jayco AlUla. Con lui è cambiato tutto il comitato direttivo, ora composto da esponenti di Team Dsm-Firmenich, Arkea-B&B Hotels, Cofidis, Movistar, Uae Team Emirates e Israel Premier Tech.

Al di là dei nomi, è chiaro come un direttivo simile sia “figlio” delle forti polemiche legate al progetto One Cycling, la superlega ciclistica che lo stesso Plugge insieme ad altri team di primo piano del mondo WorldTour vorrebbe fortemente realizzare. Ora l’Associazione ha ai vertici team che non vogliono far parte di quel progetto, che non condividono i principi alla sua base.

Richard Plugge, presidente uscente, principale fautore del progetto One Cycling
Richard Plugge, presidente uscente, principale fautore del progetto One Cycling

«Abbiamo tanti punti da affrontare in questo triennio – spiega il manager sudafricano – per noi l’obiettivo primario è creare un clima di unità nel mondo dei team professionistici. Oggi non c’è solo una divisione fra le varie classi, ma anche allo stesso interno del WorldTour, noi dobbiamo trovare dei punti d’incontro. Un’associazione unita negli intenti è l’unica che possa presentarsi al tavolo con gli enti che si riferiscono a noi, ossia l’Uci in primo luogo ma anche l’Aso o la Rcs, organizzatori delle grandi corse. Il progetto One Cycling non ha aiutato in tal senso, creando spaccature che non fanno bene al nostro movimento».

Che cosa del progetto One Cycling salveresti e che cosa invece non ti piace?

E’ una domanda alla quale non posso dare una risposta esauriente per la semplice ragione che io come molti altri ho partecipato solo alla prima riunione. Ho visto subito che le idee alla base non erano chiare e che i presupposti erano sbagliati, quindi mi sono tirato fuori e altri hanno fatto lo stesso. Dietro l’idea della Superlega ci sono 5-6 team che, per quanto grandi, non sono rappresentativi del movimento.

Con Lappartient, presidente Uci, Copeland vuole collaborare nel reimpostare l’attività
Con Lappartient, presidente Uci, Copeland vuole collaborare nel reimpostare l’attività
Non è un caso però se prima nel comitato direttivo c’erano proprio rappresentanti di alcuni di quei team, ora è tutto cambiato…

E’ vero, ma questo non è successo per fattori strettamente legati a One Cycling. Noi abbiamo un programma che non parte dal contrastare la Superlega, bensì dal riunire le varie forze ciclistiche sulla base di un progetto. Senza di esso è inutile sedersi a un tavolo per parlare con i nostri referenti di regole, di calendari, di diritti televisivi. Noi poi dobbiamo avere ben chiaro un punto: l’AIGCP non deve entrare nella parte commerciale del ciclismo, non è un tema che ci compete.

E’ pur vero che se vi presentate al tavolo per parlare di calendario, ciò ha un influsso economico. La Superlega calcistica voleva sostituirsi alle federazioni per gestire l’attività, voi invece siete sempre dell’opinione che sia l’Uci a dover curare il calendario?

Sì, ma con il nostro contributo. Noi dobbiamo farlo avendo chiara l’idea che dobbiamo procedere insieme al massimo organo per progettare il ciclismo del futuro. Il calendario va rivisto, questo è certo, ma dev’essere un processo condiviso perché non è assolutamente facile cambiare.

Le Classiche Monumento (qui il Fiandre) devono essere sempre più i cardini della stagione
Le Classiche Monumento (qui il Fiandre) devono essere sempre più i cardini della stagione
Da più parti si levano voci per trovare eventi che “impongano” la presenza di tutti i più forti, un po’ come avviene nei tornei del Grande Slam di tennis. Sei d’accordo?

Noi gli eventi simili li abbiamo già, sono le Classiche Monumento e i grandi Giri, ma bisogna tener conto che le gare sono molto diverse fra loro ed è difficile che uno abbia caratteristiche che si adattino a ogni prova. Il paragone con il tennis però ha ragion d’essere: anche lì vediamo i grandi nei tornei principali e poi tantissimi altri tornei dove i big si sparpagliano e che sono seguiti molto meno dallo spettatore medio, non specializzato. Da noi è lo stesso: tantissime corse, che confondono le idee. Dobbiamo dare una nuova importanza alle corse del WorldTour: sono troppe, inflazionate, in contemporanea. Ogni Paese vuole avere la sua prova e questo penalizza il mercato.

Ricordi com’era la Coppa del mondo, con una maglia specifica?

Certamente, ricordo le vittorie di Fondriest e Bettini. Quella potrebbe essere una soluzione, ma di idee sul tavolo ne abbiamo molte. Consideriamo anche che il ciclismo si basa molto sulla tradizione, i cambiamenti vanno ponderati con attenzione. Il calendario in questo momento è un problema primario: noi come Jayco-AlUla in certi momenti abbiamo in attività tre squadre maschili e due femminili in contemporanea, questo dice che c’è qualcosa che non va perché il pubblico non riesce a seguire tutto.

Bettini primo alla Sanremo con la maglia di leader di Coppa del Mondo. Un format da recuperare?
Bettini primo alla Sanremo con la maglia di leader di Coppa del Mondo. Un format da recuperare?
Come fai a seguire l’Associazione con tutti gli impegni che hai nel team?

Questo è un altro aspetto fondamentale. Nelle riunioni prima delle elezioni io ho spesso detto, anche in maniera veemente che l’associazione doveva cambiare, che non ha senso che un team manager la presieda perché è evidente il conflitto d’interessi. Ma non c’era tempo per trovare un esterno. Noi però dobbiamo farlo, trovare un CEO o amministratore delegato fuori da ogni legame con qualsiasi team. Intanto dobbiamo trovare un consulente esterno per rivedere tutta la nostra attività, anche lo statuto stesso dell’associazione, porre nuove regole. Qualcuno che ci segua almeno per 3 mesi nella nostra gestione per capire, con occhi esterni, che cosa funziona e che cosa va cambiato. Io ho intenzione di ridisegnare questo strumento per renderlo al passo con i tempi che ci attendono e sono molto delicati.

Plugge e la Superlega. Un progetto che può far paura?

10.01.2024
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Il progetto Superlega nel ciclismo va avanti, seppur a fari spenti. La sentenza della Corte Europea che ha di fatto legittimato quella del calcio ha certamente avuto ripercussioni anche su simili progetti in altri sport, anche se nel ciclismo non c’è quella spietata contrapposizione tra squadre e federazione che esiste nello sport più popolare al mondo. Non sarà qualcosa di immediato, ma un giorno sarà realtà tanto è vero che il progetto ha già un nome, One Cycling e un suo mentore: il patron della Visma-Lease a Bike Richard Plugge.

In un’intervista al media fiammingo De Tijd Plugge ha tracciato un po’ il futuro dell’iniziativa, partendo dal presupposto che non stiamo parlando di qualcosa di immediato: «Noi dobbiamo guardare a quel che vorremo essere fra 10 anni. Viviamo in un ambiente dove c’è una continua guerra fra squadre, con gli organizzatori, fra gli stessi corridori ma questo è sbagliato perché i nostri veri avversari sono al di fuori del nostro mondo. Sono le altre forme di intrattenimento che si contendono l’attenzione dello spettatore».

Pogacar è il ciclista più pagato al mondo, 6 milioni a stagione. Poco in confronto ad altri sport
Pogacar è il ciclista più pagato al mondo, 6 milioni a stagione. Poco in confronto ad altri sport

Gli sportivi più ricchi al mondo

Il discorso di Plugge è legato all’appetibilità televisiva e mediatica del ciclismo che genera grandi introiti. Nella sua analisi non è un caso se cita Champions League di calcio, golf, football americano, basket: tutti eventi e discipline che hanno venduto a caro prezzo la loro immagine generando un clamoroso giro d’affari. Secondo la classifica stilata da Forbes dei primi 50 sportivi più pagati al mondo, dove comanda Cristiano Ronaldo con 46 milioni annui provenienti dai contratti di gioco e 90 dall’indotto extra, non c’è un ciclista e questo la dice lunga…

«Voglio farvi un esempio – riprende Plugge – prendete Jake Paul, il campione di arti marziali fidanzato con la pattinatrice olandese Jutta Leerdam: è osannato dalle folle, i ragazzini si affollano intorno a lui, anche chi non s’interessa di sport sa chi è. A Vingegaard tutto questo non succede: sta a noi fare in modo che le cose cambino, trovare nuove prospettive».

Quanto è popolare Vingegaard fuori dall’ambiente? Tutto il ciclismo ha bisogno di farsi vedere di più
Quanto è popolare Vingegaard fuori dall’ambiente? Tutto il ciclismo ha bisogno di farsi vedere di più

Un calendario da rivoluzionare

L’idea di Plugge è che One Cycling vada a incidere pesantemente sul calendario, rivoluzionandolo di fatto: «Serve un profondo cambiamento del nostro mondo. Un calendario chiaro, con un numero limitato di eventi dove i migliori siano chiamati sempre a confrontarsi. Attualmente abbiamo 180 giorni di gare solo per il calendario WorldTour, sono obiettivamente troppi con un continuo afflusso e deflusso di corridori che non li rende immediatamente riconoscibili».

Il manager olandese intende rifarsi all’esperienza della Formula 1: «Le stelle devono essere popolari al 100 per cento, identificabili anche da chi non segue abitualmente il ciclismo. Un calendario strutturato in maniera chiara, uniforme permetterà anche di avere maggiormente sotto controllo il tema della sicurezza. Ci serve un calendario unificato che convogli e attiri grandi sponsor esterni al mondo delle due ruote».

Il Tour de France potrebbe risentire dell’inserimento in un circuito strutturato e altrimenti gestito
Il Tour de France potrebbe risentire dell’inserimento in un circuito strutturato e altrimenti gestito

Coinvolgere grandi sponsor

Plugge nella sua analisi prende ad esempio il coinvolgimento della Heineken, che ha prima investito tanto sulle coppe europee di rugby e poi sulla Champions League di calcio, oppure Aranco diventato sponsor del mondiale di Formula 1: «Noi dobbiamo fare lo stesso, coinvolgere grandissime aziende che non investano su un singolo team, ma sull’attività nel suo complesso, sviluppando un merchandising proprio, separato da quello delle squadre».

Idee rivoluzionarie, che non solo vanno un po’ contro la tradizione ultrasecolare di questo sport ma destano timore in tutto l’establishment: «L’ASO, ad esempio, teme di vedere il Tour de France perdere di valore. Non è improbabile che ciò avvenga – ammette Plugge – ma solamente in un primo tempo. Se guardiamo alla cosa con uno sguardo più ampio, sono certo che a lungo termine ne trarrà beneficio perché sarà tutto il ciclismo che sarà cresciuto. Altre gare, entrando nel circuito, guadagneranno un valore enorme».

John Malone, presidente di Liberty Media che gestisce gli enormi interessi e introiti della Formula 1 (foto Gentleman’s Journal)
John Malone, presidente di Liberty Media che gestisce gli enormi interessi e introiti della Formula 1 (foto Gentleman’s Journal)

Un manager super partes

A proposito invece degli eventuali dissidi con l’Uci, l’olandese non ha dubbi: «La federazione mondiale non è un’organizzazione commerciale e non credo che starebbe peggio di fronte a un circuito unificato. Guardate quel che è successo alla Fia: ha forse perso denaro quando ha affidato l’organizzazione commerciale prima all’azienda di Bernie Ecclestone e poi a quella di John Malone? Noi dobbiamo seguire la stessa strada».

Parole dette in un periodo ancora di relativa calma. Ora l’attività riprende e si riprenderà a parlare di vittorie e sconfitte, di programmi e ambizioni. Ma il progetto è lì e piano piano va avanti, destinato sicuramente ad avere un’evoluzione. Resta però da capire che cosa ne pensano gli altri attori di questo mondo, se al di là della mera attualità sono in grado di guardare più lontano e soprattutto se sono d’accordo su un’evoluzione che forse porterà più denaro nelle casse, ma sicuramente ridisegnerà la tradizione e le abitudini di questo sport.

La ricerca di Plugge, l’appetito di Kuss: la Jumbo del 2024

25.10.2023
4 min
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Mentre i corridori sono in vacanza, la macchina organizzativa del team che nel 2023 ha vinto Giro, Tour e Vuelta lavora a pieni giri. La squadra di Richard Plugge ha presentato infatti il dossier per la registrazione 2024, ma non è ancora chiaro se il primo nome sarà ancora Jumbo oppure se la catena di supermercati si ritirerà con una stagione di anticipo. Alcuni ipotizzano che il team potrebbe chiamarsi Visma-Lease a Bike, mentre parrebbe tramontato l’interesse da parte di Amazon e di Neom, una nuova megalopoli miliardaria di prossima costruzione nel deserto saudita.

Il marchio Lease a Bike, che promuove il noleggio di biciclette all’interno delle aziende, è un marchio dell’olandese Pon Group, già proprietaria di Cervélo e delle scarpe Nimbl che vestono i corridori del team. Il budget, per quello che ipotizza Wielerfits, sarà di circa 40 milioni di euro anche per il 2024. Saltata la fusione con la Soudal-Quick Step, quando lo stesso Plugge parlandone con l’UCI si è reso conto dei tanti esuberi che avrebbero colpito entrambe le squadre, il manager olandese si è nuovamente rimboccato le maniche.

Quest’anno Richard Plugge ha brindato ai tre Grandi Giri, oltre che ad altre 66 vittorie
Quest’anno Richard Plugge ha brindato ai tre Grandi Giri, oltre che ad altre 66 vittorie

Uscite e mercato 

Nel frattempo, non è prevista a breve una fuga di talenti: i corridori sono sereni, anche perché la temuta necessità di ridurre gli stipendi parrebbe scongiurata. La fuoriuscita di Roglic ha origini sportive e non economiche, il ritiro di Van Hooydonck è stato dovuto a problemi cardiaci, Michel Hessmann è fermo per la positività a un diuretico.

Ai corridori già in rosa, si sono aggiunti Bart Lemmen e i due giovani norvegesi Johannes Staune-Mittet (21 anni, vincitore del Giro Next Gen) e Per Strand Hagenes (20 anni, vincitore di tappa alla Quattro Giornate di Dunkerque e iridato da junior su strada a Leuven 2021), oltre all’olandese Loe van Belle (21 anni). Corridori che non hanno ingaggi da primi della classe, mentre gli arrivi di Matteo Jorgenson dalla Movistar e Ben Tulett dalla Ineos avranno avuto certamente un costo superiore.

Johannes Staune-Mittet, vincitore del Giro Next Gen, passa in prima squadra (foto LaPresse)
Johannes Staune-Mittet, vincitore del Giro Next Gen, passa in prima squadra (foto LaPresse)

La lezione di Roglic

Resta da stabilire quali saranno i nuovi assetti all’interno del team. Ad ora, infatti, le punte della squadra per i grandi Giri sono due: Jonas Vingegaard, re di due Tour, e Sepp Kuss, la cui vittoria alla Vuelta è stata certamente propiziata dalla… complicità di Roglic e Vingegaard che hanno scelto di non attaccarlo. In ogni caso, se Roglic fosse rimasto in squadra, l’imbarazzante senso di abbondanza si sarebbe riproposto.

«Penso che sia stato meglio per tutti – ha detto Kuss – che Primoz sia andato in un’altra squadra. Adesso riceverà il sostegno che merita. Primoz ha portato la nostra squadra dove è oggi. Ha spinto tutti a dare il meglio di sé e ci ha mostrato che fare abbastanza bene non era sufficiente. Ho imparato molto da lui. Non significa necessariamente che mi abbia insegnato delle cose, ma osservarlo crescere, sbagliare e migliorarsi è stato una lezione molto importante. Se il tuo leader commette un errore e lo vedi correggerlo alla corsa successiva, vale più di tante parole».

L’abbraccio fra Kuss e Roglic sul podio della Vuelta: c’era già la consapevolezza dell’addio?
L’abbraccio fra Kuss e Roglic sul podio della Vuelta: c’era già la consapevolezza dell’addio?

Il destino di Kuss

Il punto ora è capire se il livello di Kuss nella Vuelta dominata dai tre compagni di squadra basti per farne un leader nelle prossime grandi corse a tappe. La squadra olandese partirà al Giro d’Italia con il numero uno, ma non si sa ancora con chi potrebbe correrlo.

«Penso che alla Vuelta – dice Kuss – mi sono mosso in molti ambiti diversi. Sono stato gregario, ma a un certo punto ho scoperto l’istinto di vincere. Sono stato orgoglioso di come ho gestito la situazione, ma ho anche capito che molti dei vincitori hanno una mentalità diversa dalla mia. Il difficile sarà trovare quell’equilibrio senza perdere di vista il mio modo di essere. Fare classifica al Tour? Vedremo il percorso, ma penso che la Vuelta sia più adatta…».

EDITORIALE / La fusione saltata e il professionismo perduto

09.10.2023
5 min
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Se anche la squadra numero uno al mondo fa fatica a trovare lo sponsor, si leggeva qualche giorno fa sui social, allora siamo messi male. Prima doveva essere la Ineos Grenadiers che per prendere Evenepoel, avrebbe assorbito la sua squadra. Poi è venuta fuori la fusione con la Jumbo-Visma e in questo caso il giovane belga sarebbe probabilmente finito proprio alla Ineos. Adesso che anche la fusione con il team olandese è saltata, al Tour vedremo sfidarsi Pogacar, Roglic, Vingegaard ed Evenepoel (i due sono insieme alla Vuelta nella foto di apertura). Non male! D’altra parte, tuttavia, ci sarà da capire se ci saranno cicatrici nelle squadre coinvolte

Lefevere e Bakala si dividono il controllo della Soudal-Quick Step: 20 per cento al belga, 80 al ceko
Lefevere e Bakala si dividono il controllo della Soudal-Quick Step: 20 per cento al belga, 80 al ceko

Casa Soudal-Quick Step

La Soudal-Quick Step rimarrà fino al 2025, quando si concluderà la licenza WorldTour assegnata al gruppo di Lefevere. Patrick, che ne sa una più del diavolo, ne esce come colui che ha salvato il posto di lavoro a corridori e personale. Pare che non abbia avuto parte attiva nella trattativa per la fusione, gestita invece Zdenek Bakala. Il magnate della Repubblica Ceka, da anni a capo della squadra, ne detiene l’80 per cento contro il 20 di Lefevere. Cedere la squadra alla Jumbo-Visma avrebbe significato liberarsi dei costi di un team che non vince più come una volta.

Chiaramente la notizia ha riportato il buon umore nella squadra che ha bisogno di un forte rimpasto dirigenziale. Lefevere stesso non ha mai fatto mistero di cercare la via più breve per un buon pensionamento e forse la ricerca di un erede sarebbe auspicabile e indicata. Non è un mistero che la squadra sia scossa da tensioni interne, che abbia recentemente perso atleti importanti e che l’uscita di elementi come Ricardo Scheidecker, passato alla Tudor, abbia complicato i rapporti fra la componente del marketing e quella tecnica.

Le tensioni sono iniziate quando il padre di Evenepoel ha cominciato a sparare a zero sul potenziale del team: si capisce quanto sia urgente una guida che rimetta ciascuno al suo posto.

Bagioli al Gran Piemonte e Van Wilder alla Tre Valli hanno vinto d’orgoglio per sé e per la loro squadra
Bagioli al Gran Piemonte e Van Wilder alla Tre Valli hanno vinto d’orgoglio per sé e per la loro squadra

Casa Jumbo-Visma

La Jumbo-Visma si troverà senza sponsor a partire dal 2025. La catena di supermercati olandesi ha ritirato il supporto da quando Frits Van Eerd è stato arrestato. Il manager, che ne aveva fatto crescere il fatturato da 400 milioni a 10 miliardi, è accusato di riciclaggio. Ragione per cui, morto suo padre, l’azienda è passata nelle mani delle sorelle che hanno deciso di interrompere la sponsorizzazione, ritenendola troppo cara. Si parla di un importo intorno ai 12 milioni di euro all’anno.

In ogni caso, Richard Plugge si trova ora a dover gestire un buco piuttosto importante, dato che anche l’attesa sponsorizzazione di Amazon non sarebbe più sul tavolo. Si parla dell’interessamento del Pon Group, che detiene la proprietà di Cervélo e da poco anche delle scarpe Nimbl, ma i rapporti saranno ancora idilliaci, dopo che probabilmente la squadra avrebbe valutato di passare con Specialized?

Dal 2024 Roglic correrà con la Bora-Hansgrohe e sfiderà al Tour Pogacar, Vingegaard ed Evenepoel
Dal 2024 Roglic correrà con la Bora-Hansgrohe e sfiderà al Tour Pogacar, Vingegaard ed Evenepoel

Casa UCI

L’Unione Ciclistica Internazionale non ha parlato di opportunità. Si è pronunciata soltanto per ricordare alle squadre che qualsiasi operazione di questo tipo (la fusione) deve attenersi alle disposizioni del Regolamento UCI. Esse impongono infatti di garantire il rispetto delle disposizioni contrattuali per tutto il personale delle squadre coinvolte, dagli atleti allo staff.

Non un cenno alla struttura traballante del WorldTour, lasciato in mano al “bullismo tecnico” dei team più grandi. Nessuna riforma strutturale appare per ora all’orizzonte in un’organizzazione che propugna la mondializzazione del ciclismo, drenando risorse laddove i suoi cercatori sono in grado di trovarle, apparentemente a qualunque costo.

La prossima grande sfida per gli uomini di Aigle, nel cui Management Commitee permane Igor Makarov in barba agli atleti e i team russi banditi con la guerra all’Ucraina, è il mondiale in Africa. In precedenza il presidente Lappartient aveva insignito dell’Ordine al merito del ciclismo mondiale (massima onoreficenza UCI) Gurbanguly Berdimuhamedov. Per festeggiare, il dittatore turkmeno eletto con il 97 per cento dei voti e ora rimpiazzato da suo figlio, pedalò durante il World Bicycle Day tra migliaia di figuranti in bici. Non esistono atleti del Turkmenistan che prendano parte a mondiali o rassegne mondiali. Ugualmente si era previsto di far svolgere il mondiale su pista del 2021 nel nuovissimo velodromo di Ashgabat. Ciò non avvenne e la rassegna fu dirottata su Roubaix a causa del Covid e (si spera) per ragioni di opportunità.

David Lappartient attribuisce (online) a Berdimuhamedov l’Ordine al merito del ciclismo mondiale (foto Azatlyk Radiosy)
David Lappartient attribuisce (online) a Berdimuhamedov l’Ordine al merito del ciclismo mondiale (foto Azatlyk Radiosy)

Il ciclismo

«La fusione è stata un’ottima idea – avrebbe detto qualcuno presente al tavolo delle trattative – ma per metterla in pratica occorreva un po’ più di professionalità».

Probabilmente è vero, ma ribadiamo che sarebbe davvero necessario ristrutturare il professionismo, perché ci siano risorse per tutti e obblighi meno asfissianti. Nulla vieta di tornare a squadre di 20 corridori, che costino meno e lascino aperta la porta a più soggetti. Quello che abbiamo vissuto è la riprova che in parecchi livelli di questo sport manca del sano e concreto professionismo.

Il ciclismo, ha detto qualche giorno fa Argentin, era una famiglia che funzionava gestendo le situazioni nell’interesse di tutti. Questo non significa che si possano coprire magagne e responsabilità: nell’interesse della famiglia, mio padre mollava anche ceffoni indimenticabili. Al contempo, si assicurava che tutti avessero nel piatto ciò di cui avevano bisogno. Il ciclismo in mano a manager e avvocati che non lo conoscono rischia di perdere di vista le sue vere necessità. La corsa sfrenata all’oro, ne siamo purtroppo certi, non sarà priva di conseguenze. Un esempio su tutti: i gregari di Remco Evenepoel saranno contenti di tirare per uno che fino a ieri non vedeva l’ora di andarsene e magari ci starà ancora pensando?

EDITORIALE / Baci e abbracci, Roglic se ne va

02.10.2023
5 min
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Che la grande fusione fra Soudal-Quick Step e Jumbo-Visma avvenga o meno, resta il senso di malinconia per il cinismo dei due attori e la gestione miope da parte di chi dovrebbe scrivere le regole. In gruppo se ne parla. La fusione di due grandi team mette sul piatto i destini degli atleti e ancor più del personale, che oggi potrebbe ricevere la lettera di licenziamento. E si parla anche della volontà delle squadre del Nord Europa di contrastare lo strapotere economico di quelle arabe. UAE Emirates, Bahrain e AlUla stanno infatti formando un blocco importante. Il primo a prenderne atto e andarsene è stato Roglic, altri seguiranno?

Plugge è il manager della Jumbo-Visma che nel 2023 ha vinto Giro, Tour, Vuelta e altre 60 corse
Plugge è il manager della Jumbo-Visma che nel 2023 ha vinto Giro, Tour, Vuelta e altre 60 corse

Sport e quattrini

Sport e quattrini vanno da sempre a braccetto. Ma se i quattrini diventano dominanti rispetto allo sport, allora il giocattolo si rompe e il sistema smette di essere interessante. Lo dicono gli analisti di Buzz Radar, che hanno messo sotto la lente il crollo di interesse della Formula Uno per lo strapotere Red Bull. Il calo è del 70 per cento sul fronte delle menzioni social nei primi cinque mesi del 2023 rispetto al 2022. Il calo di nuovi follower è del 46 per cento. Il ciclismo non c’è ancora arrivato, ma il malcontento per lo strapotere Jumbo-Visma è ricorrente. E se nelle corse di un giorno i discorsi sono ancora aperti grazie ad attori come Van der Poel ed Evenepoel, nei Giri la situazione è imbarazzante. Soprattutto quando la Jumbo schiera il “dream team” del Tour, riproposto poi alla Vuelta.

Il meccanismo del Draft nel basket USA permette la distribuzione dei giovani talenti secondo criteri precisi (foto NBA)
Il meccanismo del Draft nel basket USA permette la distribuzione dei giovani talenti secondo criteri precisi (foto NBA)

Il salary cap

Nonostante i budget di questi grandi team, il ciclismo non è uno sport ricco e forse proprio per questo viene gestito da dirigenti più propensi all’inchino che all’autorità. Certo questo è il punto di vista di un italiano che assiste da anni al saccheggio dei vivai nostrani da parte dei devo team WorldTour. Resta il fatto che nel più ricco basket NBA, le regole perché i budget non sviliscano la competizione esistono da anni.

Il salary cap (tetto salariale) per la stagione 2022-23 è stato previsto in 123,65 milioni di dollari e potrebbe aumentare fino a 134 nella prossima stagione. Il valore viene stabilito dal contratto collettivo di lavoro della NBA in percentuale rispetto alle entrate delle squadre. Il tetto agli ingaggi ammette eccezioni, ma serve a impedire che le squadre con superiore capacità di spesa schiaccino le altre. Le squadre che sforano il tetto, sono penalizzate con la “luxury tax”. Il totale delle multe a fine anno viene ridiviso fra le squadre che sono riuscite a rimanere sotto la soglia. A ciò si aggiunga il sistema di reclutamento del Draft, attraverso cui le squadre hanno accesso regolamentato ai talenti provenienti dai college. La differenza rispetto al nostro mondo, in cui gli agenti vendono i corridori al miglior offerente, salta agli occhi.

Il salary cap non è facile da attuare e soprattutto non conviene ai grandi team. Qui Gianetti
Il salary cap non è facile da attuare e soprattutto non conviene ai grandi team. Qui Gianetti

La resistenza dei team

Cambiare non è semplice, ma è possibile. Quando in seguito alle critiche di Marc Madiot ne parlammo con Gianetti, ovviamente lo svizzero fu piuttosto scettico, vedendo limitato potenzialmente il proprio potere sul mercato.

«Non si può ridurre la discussione al salary cap – disse il manager della UAE Emirates – senza che pensiamo a costruire le infrastrutture per introdurlo. Ad esempio bisognerebbe rimettere completamente mano al calendario di corse, ai roster delle squadre da ridurre drasticamente».

Probabilmente sarebbe scettico anche Richard Plugge, boss della Jumbo-Visma che ha appena salutato Roglic, ma le regole non le fanno le squadre: spetta all’UCI, che invece resta ancorata a schemi superati.

Evenepoel accetterebbe di correre accanto a Vingegaard?
Evenepoel accetterebbe di correre accanto a Vingegaard?

La ribellione di Roglic

Il primo a ribellarsi è stato Roglic, fresco vincitore al Giro dell’Emilia. Con schiettezza pari a quella di Simoni, lo sloveno ha chiesto alla Jumbo-Visma di rompere il contratto che lo legava alla squadra fino al 2025. Primoz si è sudato la vittoria del Giro con una squadra meno potente rispetto a quella del Tour. E quando poi si è trattato di giocarsi la Vuelta, gli è stato messo il bavaglio perché lasciasse vincere Kuss. Non si discute l’amicizia, ma quando un campione lavora per vincere, certi regali fa fatica a concederli, soprattutto quando le cose si svolgono seguendo un copione così imbarazzante. E se anche Kuss è servito a non far litigare Roglic con Vingegaard, il problema di abbondanza si fa ancor più evidente.

Conosceremo la destinazione di Roglic dopo il Giro di Lombardia, inutile mettersi qui a ricordare le varie ipotesi di mercato, mentre aspettiamo di capire se Evenepoel sarà il prossimo a declinare fastidiose convivenze. In questo Risiko di milioni e assenza di regole, c’è da sperare che siano i campioni a rimettere le cose a posto. Tutto ha un prezzo, ma il talento merita rispetto.

A Van Aert è mancato poco. E forse quel 52…

19.03.2023
4 min
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Un po’ come Pogacar ieri, anche Wout Van Aert sembra fare “buon viso a cattivo gioco”. Si dichiara non dispiaciuto di come è andata la sua Milano-Sanremo e si complimenta con l’eterno rivale Van der Poel.

La verità è che la Classicissima della Jumbo-Visma, la squadra più attesa, non è stata affatto facile. Più volte hanno avuto qualche incidente di percorso, ma tutto sommato sono sempre rimasti dove volevano. E alla fine la differenza l’hanno fatta le gambe. E poi c’è quel quid che riguarda il monocorona da 52 denti che tanto fa discutere.

Van Aert e Pogacar stanchi dopo l’arrivo di Sanremo. Hanno dato tutto
Van Aert e Pogacar stanchi dopo l’arrivo di Sanremo. Hanno dato tutto

Nessun rimpianto

«Non ho nessun rimpianto – ha detto Van Aert dopo l’arrivo – Mathieu ha dimostrato a tutti di essere stato fortissimo. E’ stata una Sanremo velocissima, anche se la Cipressa è stata più facile del previsto, quindi sul Poggio c’erano più persone. E la corsa alla fine si è fatta tutta lì».

«Siamo rimasti in quattro, tutti corridori molto forti e tutti abbiamo corso per vincere. Ed è quello che ha fatto anche Mathieu. Lui è stato intelligente. Bisognava chiudere subito quel buco, ma io ero ero a tutta quando ha attaccato Pogacar.

«Semmai sono rimasto sorpreso dal fatto che Mathieu avesse ancora qualcosa nelle gambe. In discesa ho provato a chiudere, ma sapevo che al massimo saremmo potuti scendere alla stessa velocità. Poi una volta entrati a Sanremo, all’ultimo chilometro, ci siamo giocati il secondo posto. Ma si sapeva, è normale. E’ stata una bella gara, una bella battaglia».

Wout dice di non essere deluso, ma poi aggiunge anche: «Mathieu è andato via al momento giusto. Io non mi pento di come ho corso – quasi a giustificarsi – Questa gara mi piace. È la quinta volta che la faccio e sono sempre stato nella top 10. Devo provare a rivincerla».

Richard Plugge, grande capo della Jumbo-Visma
Richard Plugge, grande capo della Jumbo-Visma

Parla Plugge

E di tattica in qualche modo ci ha parlato anche il grande capo della Jumbo-Visma, Richard Plugge. Nella zona dei bus il general manager ha detto: «Erano rimasti in quattro, i più forti di oggi ed era più o meno quello che ci aspettavamo. Van der Poel è stato molto intelligente.

«Si sapeva in anticipo che qualcuno sarebbe scattato lì, ma servivano le gambe. Non è facile e Wout aveva speso tanto per chiudere su Pogacar… con Van der Poel a ruota».

«Siamo stati anche un po’ sfortunati. Abbiamo avuto qualche guaio di troppo. Avremmo potuto utilizzare meglio Jan Tratnik nel finale, ma è caduto (prima della Cipressa, ndr). Alla fine per me ottenere un podio in una classica monumento va bene».

E il fatto di spingere di più sulla Cipressa lo ha confermato anche il diesse, Grischa Niermann. L’assenza di Tratnik non ha scombussolato del tutto i piani, ma ha inciso.

E se fosse stata questa scelta, il monocorona, ad aver deciso la Sanremo di Van Aert?
E se fosse stata questa scelta, il monocorona, ad aver deciso la Sanremo di Van Aert?

Persa in partenza?

E così la corsa dei giallo-neri è stata molto meno semplice di quel che si possa pensare. Però è anche vero che Van der Poel nel finale non aveva tutti questi compagni e anche la UAE Emirates non aveva lavorato al meglio sulla Cipressa. Pertanto la domanda, e le riflessioni, da farsi riguardano proprio il famoso monocorona da 52 denti che ha utilizzato Van Aert.

Che quel rapporto lo abbia “cotto a fuoco lento”? Che lo abbia logorato nei quasi 300 chilometri da Milano a Sanremo? O, analisi ancora più tecnica, che il 52 sul Poggio a quelle velocità forse è “poco” per rispondere a certi attacchi? Non che in una corsa del genere si utilizzi così spesso il 39 o il 40, ma va da sé che con il 52 quando si va forte, e alla Sanremo capita praticamente per 270 chilometri, per forza di cosa si va a cercare un pignone posteriore più duro. A rafforzare questa ipotesi, consideriamo anche che Van Aert, il quale a volte si getta persino nelle volate di gruppo, ha perso lo sprint con Ganna.

Dubbi che lo stesso Plugge non smentisce. Con la tipica lucidità di chi lavora con i numeri, alla domanda se Van Aert rifarebbe questa scelta lui replica così: «Bisognerebbe chiederlo a Wout, ma come vedete sono appena sceso dalla macchina e ancora ci devo parlare. E’ una cosa che analizzeremo». 

Jumbo Visma, la corazzata rinata dal fango. Oggi vince Laporte

22.07.2022
8 min
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Da dove nasce la Jumbo Visma che sta guidando il Tour e che oggi ha lanciato al successo Laporte? E’ davvero una fortezza inespugnabile come in altri anni il Team Sky di Wiggins e Froome, oppure c’è qualcosa di diverso?

Come sempre, quando un team si rivela così vincente, apre una strada che gli altri si affrettano a copiare. Anche per questo, la differenza fra ciò che viene mostrato e quel che effettivamente c’è è piuttosto marcata. La Jumbo Visma arriva da molto lontano, dalle ceneri della Rabobank che nel 2007 vestiva saldamente la maglia gialla con Rasmussen. Almeno fino al giorno in cui Cassani raccontò, in diretta e in buona fede, di averlo visto dove non doveva essere e in breve il giallo e il contratto vennero strappati. La Rabobank se ne andò a fine 2012, scossa da casi e sospetti di doping. Il team di Vingegaard e Van Aert nacque dalle sue radici e da quel fango.

Il colpo di mano di Laporte rende la prima vittoria francese del Tour. Festa alla Jumbo
Il colpo di mano di Laporte rende la prima vittoria francese del Tour. Festa alla Jumbo

La maglia bianca

Il lavoro di questi giorni degli inviati al Tour è stato il viaggio a ritroso nella loro storia, fino all’inverno del 2015, quando Merijn Zeeman, responsabile della preparazione, e il manager Richiard Plugge, misero mano alla rifondazione.

Anni difficili, dovuti sostanzialmente alla mancanza di mezzi. Stage invernali in altura dormendo in hotel fatiscenti. Le rinunce imposte da un budget risicato, dopo anni in cui la corazzata arancione poteva permettersi di guardare tutti dall’alto. Quando nel 2012 Rabobank decide di lasciare il ciclismo dei pro’, la squadra cambia nome e passa a Blanco, come il colore della maglia. A significare che si sarebbe ripartiti da un foglio ancora da scrivere. C’è sempre la banca a coprire le spese, avendo ancora un contratto, ma il 2013 è l’ultimo.

«Siamo passati dall’avere il secondo budget al mondo, a doverci accontentare del più piccolo – ha raccontato Zeeman a L’Equipe – eravamo lo zimbello del gruppo. Il ciclismo era immerso in una cultura del doping e questa non era neanche più una buona squadra. Zero comunicazione, trasparenza, coesione. Era tutto negativo, tanti preferirono abbandonare la nave, i corridori non facevano risultato. Ed è stato a quel punto che abbiamo deciso di tracciare una linea».

Condivisione totale

Zeeman ha studiato scienza della formazione. Richard Plugge è un ex giornalista, formato in programmazione neurolinguistica. La linea tracciata prevede di ripartire dagli uomini e non dalle regole. Da interviste approfondite in cui ciascuno possa ragionare sul suo comportamento dentro e fuori la gara.

«Ad alcuni corridori non piace essere spinti – ha spiegato Plugge – ma se invece della persona ne analizzi il comportamento, allora l’approccio cambia. Non diciamo loro cosa devono fare, cerchiamo di creare un ambiente in cui i corridori pensino da soli e prendano le proprie decisioni. La motivazione intrinseca è fondamentale, si chiama assunzione di responsabilità, sia che si tratti di stabilire il programma di allenamento, sia la dieta…».

Tra i fedelissimi della prima ora c’è Gesink: c’era nel Team Blanco e ha il contratto Jumbo Visma fino al 2023
Tra i fedelissimi della prima ora c’è Gesink: c’era nel Team Blanco e ha il contratto fino al 2023

Gli All Blacks e l’Ajax

Nessuna costrizione, insomma, quanto piuttosto il coinvolgimento. Si parla di tutto davanti a tutti e tutti sono coinvolti nello sviluppo della struttura. Nessuna invenzione cervellotica però, tiene a precisare ancora Plugge con L’Equipe, bensì l’ispirazione da un lato agli All Blacks (la leggendaria squadra neozelandese di rugby), passati per una rifondazione analoga dopo il tracollo dovuto all’alcol, dall’altro al calcio totale dell’Ajax di Cruyff.

«Fra le dieci regole di condotta interna – spiega – ho voluto inserirne una ispirata proprio agli All Blacks. E quella che chiamano “lasciare la maglia in un posto migliore”, il fatto che ogni giocatore abbia il compito di rendere la maglia più prestigiosa di quando l’ha ricevuta. Così ognuno può lasciare al gruppo una sorta di eredità personale.

«E come insegnato dal calcio totale, vogliamo praticare un ciclismo che ci permetta di essere forti e vincere con tutti i corridori. Vogliamo essere sempre davanti. L’Ajax e la nazionale di quegli anni giocavano insieme, tutti in attacco e poi tutti in difesa. Sarebbe fantastico se un giorno, la gente parlasse della nostra squadra gialla come noi abbiamo parlato di quella arancione».

Al Tour 2020 Roglic superiore a Pogacar, ma lo ha spesso graziato, forse per la comune nazionalità
Al Tour 2020 Roglic superiore a Pogacar, ma lo ha spesso graziato, forse per la comune nazionalità

L’istinto tradito

I colori della maglia sono la conseguenza di un ragionamento nel ritiro invernale 2016, con la dominante gialla chiaramente ispirata al Tour. A fine 2015 è arrivato Roglic dal salto con gli sci, che nel 2016 vince una crono del Giro e nel 2017 centra la prima tappa al Tour. Nel 2019 Kruijswijk sale sul podio della Grande Boucle dietro Bernal e Thomas. Nel 2020, la squadra si presenta al via da Nizza con il coltello fra i denti e domina dall’inizio. Salvo fermarsi contro il muro della crono a La Planche des Belles filles che rivela al mondo la stella di Pogacar.

«Pensavamo troppo a fare i nostri calcoli – racconterà Roglic, rivivendo la pagina più drammatica della sua carriera sportiva – io in particolare. Mi facevo tante domande, non correvo in modo naturale e nemmeno la squadra. Non ci piaceva affatto il divertimento, l’istinto. Avevamo scelto di controllare tutto e ci siamo chiusi su noi stessi».

Lo spirito libero

L’anno scorso, l’uscita di scena di Roglic in avvio di Tour compie il miracolo, come l’uscita di scena di Thomas al Giro del 2020 permise alla Ineos di diventare simpatica.

«Contrariamente ai nostri grandi discorsi – spiega Plugge – nel 2020 ci è mancato il coraggio quando in certe fasi avremmo dovuto chiudere la partita. Nel 2021 l’abbandono di Roglic e il fatto che Vingegaard fosse ancora giovane e al primo Tour ci hanno permesso di correre senza pressioni e sono venute quattro vittorie di tappa. Al contempo però abbiamo spinto maggiormente sui miglioramenti. Ogni nuovo corridore viene scelto per la capacità di inserirsi nel progetto e supportato per raggiungere il meglio delle sue possibilità. A ogni livello, corridori e staff».

Tour con tre punte

I direttori sportivi e gli allenatori vengono aggiornati con il supporto di formatori esterni. Lo staff è stato ampliato inserendo cinque cuoche-nutrizioniste, tutte dipendenti a tempo indeterminato come gli altri dirigenti della squadra. La precarietà, dice chiaramente Plugge, è un deterrente al fatto che si partecipi davvero allo sviluppo del progetto. Dopo aver cambiato le bici, passando da Bianchi a Cervélo, l’anno scorso il focus verteva sull’alimentazione. Per cui, in collaborazione con i Supermercati Jumbo, è stata sviluppata un’app che offre ai corridori menù e quantità in base ai tempi di allenamento o di gara. Infine la strategia, per anni punto debole di una squadra che si stava costruendo.

«Abbiamo scelto di rischiare con Vingegaard, Roglic e Van Aert nella stessa squadra – dice Zeeman – ma solo dopo molti ragionamenti con i corridori. Era necessario tenere conto del loro ego, per sapere cosa fossero pronti a sacrificare, sapendo che la ricerca più alta era la vittoria finale».

L’apoteosi nella tappa di Hautacam, con Van Aert che tira per Vingegaard e stacca Pogacar
L’apoteosi nella tappa di Hautacam, con Van Aert che tira per Vingegaard e stacca Pogacar

Il gigante verde

La risposta di Van Aert è stata illuminante e la sua condotta irreprensibile. «Ho bisogno di avere la speranza di vincere le tappe per me stesso – ha spiegato nell’ultimo giorno di riposo – e penso di essere più utile alla squadra con questa possibilità che essere un semplice gregario per tre settimane. Mi motiva avere la prospettiva di vittoria e mi permette di aiutare meglio gli altri».

Quello che ha fatto ieri a Hautacam lo ha confermato fugando ogni dubbio. Ciascuno di loro ha fornito un contributo decisivo. E’ presto per dire che abbiano davvero inventato il ciclismo totale. Di sicuro sono sulla strada giusta per fare di quel giallo la loro prossima conquista.