La stagione del corridore della EF Education-Easy Post è stata tutta un’altalena. Una vittoria e una battuta d’arresto. Ma se nei mesi precedenti tutto sommato le cose erano sotto controllo, adesso che il tempo stringe è allarme rosso. O quantomeno arancione.
Carapaz (classe 1993) vince il Mercan’Tour pochi giorni prima del Delfinato. Sin ad oggi solo 24 giorni di corsa per il campione ecuadorianoCarapaz (classe 1993) vince il Mercan’Tour pochi giorni prima del Delfinato. Sin ad oggi solo 24 giorni di corsa per il campione ecuadoriano
Altalena 2023
Carapaz ha esordito vincendo il titolo nazionale a febbraio, poi ha avuto una forte tonsillite. E’ arrivato tardi in Europa ed è quasi sempre stato costretto ad inseguire la condizione, tanto da saltare le Ardenne. Dopo i Paesi Baschi infatti c’è stato ancora uno stop per l’ecuadoriano.
Ma quando è rientrato a fine maggio ha vinto la Mercan’Tour Classic Alpes-Maritimes. Okay, non è una gara di primissimo piano, ma aveva dato pur sempre ottimi segnali.
Segnali che lui stesso aveva interpretato così: «Questa vittoria – aveva detto Carapaz – mi dà fiducia in vista del Tour. Adesso so di essere sulla strada buona e che devo continuare così al Delfinato».
Quinta tappe del Delfinato. Carapaz attacca forte…Lo segue solo Vingegaard… che poco dopo lo staccaQuinta tappe del Delfinato. Carapaz attacca forte…Lo segue solo Vingegaard… che poco dopo lo stacca
Polveri bagnate
E al Delfinato in effetti ha continuato ad attaccare, come del resto è nel suo Dna, ma il risultato non è stato lo stesso.
E’ stato proprio Richard ad aprire le danze tra i big sulla salita finale della quinta frazione. Salvo poi rimbalzare pesantemente. Eppure era partito bene con un secondo posto, nella seconda frazione. Ma forse sono stati proprio questi risultati a portarlo fuori strada.
In casa EF sembrano tranquilli. Voci non ufficiali hanno parlato di un calo prevedibile dopo cinque giorni di corsa a questi livelli. In fin dei conti era un bel po’ che Carapaz non si scontrava con certi avversari.
Però qualche dubbio resta, come per esempio nella tappa contro il tempo. Okay, Carapaz non è un cronoman e si trattava di una frazione per specialisti, però ha incassato oltre 2’30”, facendo peggio persino di Bernal e soprattutto di Gaudu che è meno cronoman di lui.
E nell’ultima frazione ha incassato mezz’ora, arrivando con l’ultimo gruppetto, scortato dal fido Amador e da Arcas. E’ chiaro che non era il corridore che conosciamo.
Anche la stampa sudamericana non è stata benevola. «Carapaz ha avuto grosse difficoltà, adesso avrà tempo di recuperare per il Tour?». E ancora: «Non è il Carapaz che c’era alla Movistar e che è arrivato alla Ineos Grenadiers».
Sui Pirenei Carapaz ha testato delle nuove ruote Vision e anche un materasso a temperatura controllata (foto EF Education-Easy Post)Sui Pirenei Carapaz ha testato delle nuove ruote Vision e anche un materasso a temperatura controllata (foto EF Education-Easy Post)
Da Andorra al Tour
Dalla squadra non giungono commenti e neanche Richard ha rilasciato grosse dichiarazioni dopo Delfinato. Durante la corsa continuava a dire di lottare, ma tra il dire e il fare ci sono di mezzo le gambe.
Tuttavia una chiave di lettura corretta si può ricostruire dalle parole di Nate Wilson, performance manager della EF. Wilson sostanzialmente aveva detto che Carapaz e i suoi compagni avevano lavorato bene e duramente a Font Romeu, località pirenaica a 1.800 metri di quota. Aveva aggiunto che era importante arrivare al Delfinato se non proprio al 100 per cento, quasi. Altrimenti si sarebbe usciti da questa corsa peggio di come la si era iniziata.
E allora è lecito ipotizzare che una volta visto che certi fuorigiri stavano diventando dei boomerang, Carapaz e il suo staff abbiano deciso di “alzare il piede dall’acceleratore” e abbiano pensato solo a concludere la corsa, facendo un blocco di lavoro, come si usa dire oggi.
Nei giorni scorsi Carapaz è salito di nuovo in altura, ad Andorra, con alcuni compagni di squadra.
«In questo camp – ha dichiarato Wilson – il primo step è stato il recupero. Poi abbiamo iniziato a fare l’ultimo piccolo blocco prima del Tour: grandi salite, anche dietro allo scooter per fare del buon ritmo gara».
Basterà? Lo capiremo tra pochi giorni sulle strade del Tour.
Il podio dell’edizione 2019 del Giro d’Italia ce lo ricordiamo tutti. Carapaz davanti a Nibali e Roglic. Una sfida a tre iniziata fin dalle prime tappe con gerarchie che si sono poi chiarite nei tapponi alpini. Quell’anno abbiamo visto un Primoz pimpante e in rosa fin dalla prima tappa, com’è suo solito fare. Successivamente si è creata la sfida fra i tre senza esclusioni di colpi. Una battaglia di nervi che Valerio Agnoli ha vissuto al fianco dello Squalo. Arrivi a bocca chiusa, abbuoni, cambi non dati. Dettagli che nel 2019 hanno incoronato Carapaz e lasciato l’amaro in bocca agli altri due litiganti.
Siamo alla vigilia dell’edizione 106 della corsa rosa e con Valerio riavvolgiamo il nastro fino a quattro anni fa, per capire quale Primoz Roglic ci dobbiamo aspettare nelle prossime tre settimane.
Primoz Roglic è spesso un corridore difficile da leggere in corsaPrimoz Roglic è spesso un corridore difficile da leggere in corsa
Partiamo con un identikit del Roglic che hai conosciuto…
Roglic è un calcolatore, un top rider. E’ una persona che non lascia trasparire la fatica. Anche guardandolo in viso non ti rendi conto se sta male o se sta bene. Questo è segno di grande maturità atletica. E’ anche un killer nei momenti determinanti della corsa.
Un profilo indecifrabile…
Quando un corridore è illeggibile e non ti permette di fare supposizioni, diventa difficile. Roglic è un corridore duro, testardo. Non alza quasi mai bandiera bianca se non perché allo stremo. E’ un atleta che muore sulla bici, pur di raggiungere il risultato.
Un lato meno forte di Primoz?
Onestamente faccio fatica. Quando si parla di top rider è difficile trovare punti deboli. Sono campioni che si fanno trovare sempre pronti al posto giusto al momento giusto. Normalmente quando un corridore è stanco e un po’ giù di concentrazione, magari perde l’attimo e incappa in qualche buco. Invece Roglic è un matematico, in tutte le varie avversità di una corsa è lì sempre attento. Quando poi ci aggiungi una squadra come la Jumbo-Visma di livello top, con compagni di squadra di cui ti puoi fidare le cose poi vengono tutte facili. Lo posso affermare per esperienza personale.
Agnoli un gregario di lusso per NibaliAgnoli un gregario di lusso per Nibali
Tornando a quel Giro del 2019, Roglic, Carapaz e Nibali partivano come favoriti. Era così che avevate previsto la corsa?
Richard e Primoz erano i corridori “scomodi”. Ogni giorno quando facevamo la riunione, erano i nomi da attenzione in ogni fase della corsa. Dalle fermate fisiologiche ai vari movimenti in gruppo. Era una marcatura a uomo. In gara ci sono delle dinamiche che non sono solo limitiate al correre davanti. In momenti come la presa del sacchetto al rifornimento si doveva stare attenti a come si muovevano i compagni di squadra per non rimanere mai sorpresi.
Roglic partì subito vestendo la maglia rosa alla partenza di Bologna…
Io credo che sia proprio una caratteristica di Roglic. Non dico dettare legge, ma far capire come sta. Nel ciclismo moderno in generale è il lato emotivo che premia la performance. Dietro ogni grande corridore si nasconde la psicologia sportiva. Questa può influenzare ed essere determinante quanto un attacco. Far vedere di essere là davanti ad un traguardo volante, prendere un abbuono, arrivare a bocca chiusa. Sono tutti dettagli che se poi vengono notati fanno la differenza.
Tu e Vincenzo li notavate questi particolari nelle prestazioni di Roglic?
Dopo la tappa, quando si era sul bus, si faceva qualche piccola annotazione. Vincenzo però era un corridore che la maggior parte delle cose, quando gliele facevi notare, le stava già metabolizzando e ragionava sul come avrebbe potuto rifarsi. A volte ci parlavo e a posteriori mi raccontava che in quel momento stava pensando già alla tappa successiva, a come avrebbe dovuto attaccare e prendere quella determinata salita.
Nel 2019, Primoz indossò la maglia per cinque tappeNel 2019, Primoz indossò la maglia per cinque tappe
Vi è capitato di giocarci su questi aspetti?
Si agiva con piccole azioni. Arrivare davanti in una volata di gruppo, chiudendo ventesimo, con il tuo avversario più indietro. Questo poteva causare anche nervosismi preziosi.
Dal tuo punto di vista hai sempre visto una sfida a tre oppure Carapaz si è infilato tra i due litiganti?
Vincere un Giro non è una casualità. Quando vinci queste corse ti metti a confronto con un’infintà di variabili. Carapaz era uno di quelli da attenzionare e ha sempre fatto parte della battaglia per la maglia rosa.
Il neo di quel Giro fu la tappa di Courmayeur, dove ci fu lo stallo tra lui e NIbali. Pensi che potrebbe essere un limite anche oggi il suo essere calcolatore e non impulsivo?
No. In quel caso penso anche che fu un po’ fuorviata la dichiarazione di Vincenzo all’arrivo. Quando due grandi campioni si scontrano, è normale che uno dei due prevalga sull’altro. In quel caso Carapaz sfruttò l’occasione e ne fece un vantaggio.
Qui Nibali e Roglic nel duello che è costato a entrambi ogni sogno di gloriaQui Nibali e Roglic nel duello che è costato a entrambi ogni sogno di gloria
Attualizzando a questa vigilia, Evenepoel arriva come super favorito. Roglic su che piano lo metti?
Io credo che le tre settimane sono dure e si gestiscono molto con l’esperienza. Io vedo Primoz come favorito, ma esclusivamente per l’esperienza che ha, tra duelli e situazione come quella che abbiamo appena citato. C’è da dire che Remco è un fenomeno. E’ un opportunità che Dio ci ha mandato insieme a questa nuova generazione di campioni. Sarà veramente un bel Giro già dalla crono. Evenepoel è arrivato perfetto a questo appuntamento. Mi sono allenato per anni anche io sul Teide e so come si prepara una corsa lassù. Lo seguo sui social e ho visto e notato che lui e i suoi compagni avevano tutti il sorriso. Quando si arriva con questo clima ad una corsa a tappe si fa la differenza. Noi nel 2010 con Ivan Basso e poi con Vincenzo in Astana eravamo dei gruppi ben amalgamati e ho un po’ rivisto quel clima.
L’ultima crono di Roglic, nonostante sia un suo punto forte, non andò bene e arrivo terzo dei tre favoriti anche in quella frazione. L’incubo di La Planche des Belles Filles è sempre lì. Pensi che sia un punto a suo favore o sfavore?
Nella prima settimana e mezza ci sono tanti corridori freschi. La seconda metà invece si vedono i grandi corridori. Le differenze si fanno sui dettagli, quanto riesci a integrare bene, non guardare il telefono per dedicarti alle attività di recupero. Andare sempre a letto 10 minuti primadel solito… A fine Giro ti fanno guadagnare un giorno. Sono tutti dettagli che non vediamo e che in una cronometro o un finale possono determinare il risultato, che tu sia cronoman oppure no.
Che fine ha fatto Richard Carapaz? L’asso ecuadoriano ha esordito col botto in questa stagione, vincendo il campionato nazionale. Esordio stagionale che ha coinciso con il debutto nella sua nuova squadra, la EF Education-Easy Post.
A febbraio dunque il re del Giro d’Italia 2019 viaggiava con le ali spiegate. Poi però ecco che la salute ci ha messo lo zampino. Carapaz ha avuto problemi con le tonsille: stop di tre settimane e necessità di rivedere il tutto.
Carapaz (classe 1993) ha vinto il titolo nazionale davanti a Alveiro Cepeda e Alexander Cepeda (suo compagno)Carapaz (classe 1993) ha vinto il titolo nazionale davanti a Alveiro Cepeda e Alexander Cepeda (suo compagno)
Riparte dall’Italia
Fa strano infatti vedere uno dei contendenti dei grandi Giri e delle classiche delle Ardenne non essere né alla Parigi-Nizza, né alla Tirreno-Adriatico.
«La sua malattia lo ha rallentato parecchio – spiega il suo direttore sportivo Charly Wegelius – Carapaz è rimasto in Ecuador più a lungo. E’ arrivato in Europa da poco. Abbiamo dovuto rivedere il suo calendario chiaramente.
«Debutterà alla Milano-Torino il 15 marzo e poi andrà al Catalunya, ma il fatto che ormai sia qui “con noi” è un bel segno. Significa che tutto è sotto controllo. Anche se devo dire, che pur avendolo visto poco, ci siamo sempre mantenuti in contatto in questi mesi».
Almeno dalle sue parti Carapaz ha potuto approfittare del buon clima, dell’altura e anche della presenza di diversi connazionali. Spesso laggiù c’è più di qualche corridore con lui negli allenamenti lunghi e tutto sommato un po’ di “alegria” sudamericana non guasta mai.
Dopo tre stagioni alla Ineos-Grenadiers il campione olimpico è passato alla EF di Wegelius. Ha un contratto fino al 2025 (foto Instagram jcueva7)Dopo tre stagioni alla Ineos il campione olimpico è passato alla EF di Wegelius. Ha un contratto fino al 2025 (foto Instagram jcueva7)
Carapaz leader
In EF Easy-Post un uomo come Carapaz era forse il corridore che mancava. Il vero leader, quello di personalità. E’ vero che c’è Rigoberto Uran, ma il “vecchio” Rigo non è più un ragazzino e, almeno su carta, Carapaz dà ben altre garanzie.
«Per noi – va avanti Wegelius – Rigo è Rigo. E’ più di un corridore. Credo che resterà con noi per sempre, anche dopo il termine della sua carriera. E’ un corridore importante per il ciclismo e per la EF. Certo, Carapaz aggiunge molto alla squadra. E’ un atleta forte e di qualità e sono convinto che potrà fare bene.
«Sto imparando a conoscere Richard – va avanti il diesse inglese – Da quel che ho visto, valorizza moltissimo il gruppo. Vedo che si tiene in contatto con i compagni e le persone della squadra, partecipa… Poi da buon sudamericano preferisce i rapporti reali a quelli via internet. Ma io sono sicuro che da adesso in poi, quando starà in pianta stabile con noi, si troverà bene. E’ già parte del gruppo».
Ma soprattutto per la prima volta nella sua carriera Richard potrà essere (e sentirsi) il leader unico. Ruolo che non ha mai potuto avere in Movistar prima e in Ineos poi. E questo non è poco, specie se si è sensibili, come ci dicono essere Carapaz.
Al Tour de France, Pogacar ha giocato di fino contro Vingegaard e CarapazAl Tour de France, Pogacar ha giocato di fino contro Vingegaard e Carapaz
Ardenne e Tour
Ma dove potrà fare bene? Wegelius parla di Tour de France, senza mezzi termini. Anche se non sarà facile visto che Vingegaard punta sul Tour, Pogacar punta sul Tour, e anche atleti un filo al di sotto di questi due fenomeni fanno rotta sulla Grande Boucle, vedi Mas. Forse per Carapaz il Giro poteva essere un’occasione ghiotta. Però va anche ricordato che alla fine proprio Carapaz, oltre a Vingegaard e Mas è stato uno dei tre atleti in grado di stuzzicare Pogacar in salita. Ricordiamoci del Tour 2021, in particolare dei Pirenei…
«Abbiamo scelto il Tour – conclude Wegelius – perché si adatta molto bene alle sue caratteristiche. C’è poca crono e molta salita. Prevediamo due picchi di condizione per Carapaz: uno per le Ardenne e uno appunto per il Tour che, ripeto, haun percorso nervoso sin da subito e può essere buono».
A Yates la tappa di Torino, mentre Carapaz ritrova la rosa dopo il 2019. La tappa di Torino entra negli annali del Giro, ma domani come andrà verso Cogne?
Quella che tra qualche giorno andrà in archivio verrà ricordata da Shimano come una stagione a dir poco favolosa. Un anno di grandi soddisfazioni, di vittorie conquistate sui traguardi più prestigiosi da un “pool” di atleti a dir poco eccezionali. Una stagione lunga, che ha impegnato come sempre Shimano sia da un punto di vista tecnico, attraverso la fornitura ai team dei propri migliori componenti – su tutti il nuovo Dura Ace a 12 velocità – sia a livello di servizio con la celeberrima assistenza neutrale organizzata in moltissime corse WorldTour.
All’ultima occasione disponibile Hindely ha tolto la maglia rosa dalle spalle di CarapazVan Aert ha dominato su tutti i terreni al Tour de FranceIl danese Vingegaard ha conquistato con maestria il Tour de France 2022All’ultima occasione disponibile Hindely ha tolto la maglia rosa dalle spalle di CarapazVan Aert ha dominato su tutti i terreni al Tour de FranceIl danese Vingegaard ha conquistato con maestria il Tour de France 2022
Una pioggia di vittorie
La stagione delle corse su strada 2022 si chiude per Shimano con la vittoria nei tre grandi Giri: il Giro d’Italia con l’australiano Hindley, il Tour de France conquistato da Jonas Vingegaard, e La Vuelta dominata da Remco Evenepoel, in grado quest’ultimo, ad appena due settimane dal trionfo di Madrid, di vestire la sua prima maglia iridata nel mondiale australiano di Wollongong…
Ma Shimano quest’anno ha accompagnato e contribuito anche ai successi di Wout Van Aert – tre tappe al Tour e maglia verde di leader della classifica a punti – del compagno di squadra e rivelazione francese Christophe Laporte, dell’eritreo della Intermarché-Wanty-Gobert Biniam Girmay, che nel corso della sua prima stagione WorldTour si è aggiudicato la Gand-Wevelgem, oltre ad una emozionante tappa in volata al Giro d’Italia.
E poi come dimenticare i successi di altri grandissimi corridori che quest’anno hanno corso con equipaggiamento Shimano… Tra questi, Primoz Roglic (Parigi-Nizza e Delfinato), Mathieu Van der Poel (Giro delle Fiandre), Dylan van Baarle (Parigi-Roubaix) e Richard Carapaz (tre tappe a La Vuelta e maglia di miglior scalatore).
Anche in campo femminile non sono mancati grandi successi e rivelazioni di atlete che hanno avuto modo di portare alla ribalta il nuovo gruppo top di gamma proposto dal brand del Sol Levante. Qualche esempio? La velocista olandese e campionessa europea Lorena Wiebes, in grado di vincere per ben 23 volte nel corso della stagione. Spazio anche all’eterna Marianne Vos e alla “nostra” Marta Cavalli, con i suoi successi alla Amstel Gold Race, alla Freccia Vallone ed alla Dénivelé Challenges.
La “macchina blu” di Shimano è a supporto in numerosi eventiLa “macchina blu” di Shimano è a supporto in numerosi eventi
Sempre… in corsa
Come anticipato, anche quest’anno Shimano non ha fatto mancare il proprio prezioso supporto per quanto riguarda il servizio di assistenza neutrale in moltissime corse World Tour, ma non solamente su quei palcoscenici. Lo Shimano Neutral Service team ha risposto presente, con le proprie inconfondibili auto e moto blu, in numerosi eventi ciclistici. I meccanici Shimano sono così entrati in azione, grazie alle proprie ed attrezzatissime officine mobili, per cambiare ruote, sostituire biciclette e risolvere problemi tecnici di diversissima natura: una vera e propria “missione” che dura tutto l’anno, che si tratti del pavé della Parigi-Roubaix, della ghiaia delle Strade Bianche, di eventi junior e di paraciclismo, oppure delle montagne del Giro d’Italia o del Tour de France. In Europa operano sei squadre di “Neutral Service” Shimano in grado di presenziare ad un totale di 560 giorni di gara all’anno!
Il monito di Van Aert: «Con una positività al momento sbagliato si rischia di perdere la stagione». Per Magni ha ragione, va la pandemia va pensata come un'influenza stagionale
Quella che si è appena conclusa con la bella vittoria di Remco Evenepoel è senza dubbio stata una Vuelta spettacolare, combattuta e ricca di emozioni in gara. E per Sidi, che da moltissimi anni affianca e supporta alcuni dei migliori corridori professionisti in circolazione, quelle appena terminate sono state tre settimane di grande ciclismo con ben cinque vittorie di tappa conquistate in terra di Spagna, oltre a due numeri rossi – quelli che quotidianamente vengono destinati ai più combattivi – e una maglia di leader della classifica generale degli scalatori.
I testimonial Sidi protagonisti alla Vuelta sono stati quattro: Samuele Battistella, fresco di convocazione in nazionale per il prossimo mondiale australiano, Marc Soler, Richard Carapaz e Rigoberto Uran. Mentre Uran e Carapaz si sono affidati al modello Shot, un vero e proprio “bestseller” Sidi, Soler e Battistella hanno scelto per affrontare al meglio la corsa spagnola la nuova calzatura nella versione DZero.
Con la vittoria al Monasterio de Tentudía Uran ha conquistato la prima vittoria alla VueltaSoler a Bilbao firma il primo successo in maglia UAE EmiratesPer Carapaz due vittorie di tappa e la maglia della classifica dei GpmLa vittoria al Monasterio de Tentudía è la prima alla Vuelta per UranSoler a Bilbao firma il primo successo in maglia UAE EmiratesPer Carapaz due vittorie di tappa e la maglia della classifica dei Gpm
Tecnica e performance
Battistella e Soler hanno entrambi ottenuto il dorsale rosso riservato ai più combattivi di giornata. Non solo un premio all’attitudine, ma un’ulteriore motivazione per inseguire gli obiettivi futuri… Lo spagnolo della UAE Emirates si è inoltre aggiudicato anche l’insidiosa tappa che da Irun ha portato il gruppo nella bellissima Bilbao: una vittoria spettacolare, colta dopo un assolo di qualche chilometro proprio a ridosso del traguardo.
Sidi Shot2 nella colorazione nero-antraciteSidi Shot2 nella colorazione nero-antracite
Per Richard Carapaz quella che stiamo ancora vivendo potrebbe definirsi correttamente come una vera e propria “stagione… d’oro”, considerandolo anche come il campione olimpico in carica! Alla Vuelta 2022 Carapaz ha messo a segno ben tre vittorie, aggiudicandosi, già al termine della 18ª tappa, anche la speciale classifica riservata agli scalatori.
«Far bene a questa Vuelta – ha dichiarato Carapaz – era il mio obiettivo sin dall’inizio. Sapevamo che sarebbe stata dura, che c’erano molte cose in gioco, e che soprattutto la classifica generale sarebbe stata complessa da presidiare. Ho corso questa Vuelta facendo le mie mosse, quando dovevo. Vincere tre tappe, tutte molto dure e tutte e tre in solitaria, mi ha riempito d’orgoglio. Adesso ho davvero una grande motivazione per chiudere bene la stagione, la mia ultima con il team INEOS Grenadiers».
Sidi è sinonimo di tradizione e artigianalità 100% Made in ItalySidi è sinonimo di tradizione e artigianalità 100% Made in Italy
Shot e DZero per la vittoria
Per Rigoberto Uran, invece, la vittoria alla Vuelta di quest’anno è stata la prima assoluta centrata dallo stesso corridore colombiano sulle strade del grande giro spagnolo. Un successo conquistato in occasione della 17a tappa, quella che da Aracena ha condotto il gruppo fino in cima al Monastero de Tentudìa. Ed enorme è stata l’emozione di Uran, che dopo svariati piazzamenti tra i primi dieci è così finalmente riuscito a cogliere il proprio obiettivo.
«E’ sempre molto bello poter vincere – ha commentato “Rigo” Uran – e personalmente, nel corso della mia oramai lunga carriera, ho sempre inseguito un successo alla Vuelta. La mia squadra ha corso alla grande, rendendo possibile tutto questo. Ma anche la mia famiglia mi ha supportato, ed io ho creduto in me stesso! Spesso, quando gli obiettivi non vengono raggiunti, bisogna essere realisti… ma alla Vuelta, quest’anno, siamo tutti estremamente felici».
Affini è diventato leader della Vuelta a Breda. Ha tenuto la maglia ieri nel riposo. E oggi l'ha indossata. Ha corso da gregario, ma tutti lo riconoscevano
Dopo la vittoria di Evenepoel ad Andorra, la Vuelta affronta il Pico del Buitre. Attesa per le mosse di Vingegaard. Ieri intanto secondo posto per Ganna
La Vuelta, in questi giorni giocherà le battute finali, nel segno della maglia rossa di Remco Evenepoel. Avevamo già analizzato come il ciclismo moderno si stesse “specializzando” arrivando a fare sempre meno giorni di corsa, ma con l’obiettivo di essere sempre performanti. Questo dato risulta ancor di più dalla corsa a tappe spagnola, alla quale hanno preso il via i primi tre della classifica finale dell’ultimo Giro d’Italia: Hindley, Carapaz e Landa. I quali non sono riusciti ad essere mai performanti per entrare nella classifica generale della Vuelta. Il più attivo è risultato Carapaz, con due successi di tappa, al netto dei 18 minuti di ritardo che paga al momento dal leader Evenepoel.
Per Carapaz dopo il secondo posto al Giro due tappe alla Vuelta, ma una classifica compromessa già alla fine della prima settimanaPer Carapaz dopo il secondo posto al Giro, due tappe alla Vuelta, ma classifica subito compromessa
Cambio di rotta
Paolo Slongo, preparatore e diesse di grande esperienza ha vissuto tante epoche. E’ stato lui che ha guidato Nibali quando, nel 2013, il siciliano ha colto la sua prima vittoria al Giro e, pochi mesi dopo, il secondo posto alla Vuelta (foto di apertura con Nibali in maglia rossa, che passò a Horner a tre giorni dalla fine, ndr).
«Penso che programmando bene – inizia a parlare Slongo – avendo in testa di correre Giro e Vuelta sia più fattibile fare classifica. Ci sono tempi più larghi, si riesce ad avere un maggiore stacco e di conseguenza un periodo di preparazione più ampio. Sono dell’idea che accoppiare Giro e Tour o Tour e Vuelta sia troppo difficile per il ciclismo moderno, dove devi essere sempre al 100 per cento.
«E’ troppo difficile anche mentalmente cercare di prolungare un periodo di forma per così tanto tempo, anche perché nelle poche settimane che passano tra queste corse si avrebbe solamente il tempo di mantenere la condizione. Diverso è se, per un motivo o per un altro, non riesci a performare in un Grande Giro e di conseguenza punti a quello successivo. Com’è stato il caso di Mas quest’anno al Tour, ora lo vedete forte alla Vuelta».
Mas, ritirato dal Tour causa Covid, ha preparato la Vuelta prolungando la preparazione e ricalibrando gli obiettivi stagionaliMas, ritirato dal Tour causa Covid, ha preparato la Vuelta ricalibrando gli obiettivi stagionali
Una grande diversificazione
I metodi di lavoro e di preparazione sono cambiati molto, concentrando gran parte del lavoro negli allenamenti specifici, non più nelle gare. La corsa diventa il palcoscenico dove mostrare la propria forza, non un laboratorio nel quale provare e fare esperimenti.
«Questo dipende da tante cose – continua Slongo – soprattutto da quel che vuole la squadra e dai suoi obiettivi. Una cosa però è certa: fino a pochi anni fa i leader correvano facendo degli avvicinamenti simili, disputavano le stesse corse, ora nemmeno questo. Si va troppo ad esasperare lo specifico appuntamento e li trovi corridori sempre pronti negli appuntamenti che contano. Evenepoel, per esempio, ha concentrato gran parte della sua stagione, se non tutta, sulla Vuelta. E’ ovvio che arrivi con maggiore motivazione e preparazione rispetto a chi ha già corso il Giro d’Italia o il Tour de France. Ha più fame di successo, gli altri invece sono appagati da quanto mostrato negli appuntamenti precedenti».
Il Tour del 2014 è stato preparato concentrando tutte le energie sulla corsa franceseSlongo (a destra) ha guidato Nibali alla conquista del suo ultimo Giro d’Italia, nel 2016Il Tour del 2014 è stato preparato concentrando tutte le energie sulla corsa franceseSlongo (a destra) ha guidato Nibali alla conquista del suo ultimo Giro d’Italia, nel 2016
Tempi e mentalità diversi
Dal periodo post pandemia, quindi stagione 2020 compresa, è diventato ancora più difficile proporsi ad alti livelli in due Grandi Giri. In precedenza, nel 2017 Froome vinse il Tour e poi la Vuelta, infilando a seguire anche il Giro del 2018. L’ultimo ad andarci vicino è stato Roglic nel 2019 e nel 2020 quando fece terzo al Giro e poi vinse la Vuelta, quindi secondo al Tour e primo alla Vuelta.
«Vi faccio un esempio – racconta Slongo nuovamente – di quel che è cambiato negli anni. Vincenzo alla Tirreno-Adriatico non arrivava mai al massimo della condizione, ma era sempre competitivo. Negli ultimi anni fai fatica ad entrare nei primi dieci se non sei al massimo. In Australia, al Tour Down Under, vedi certi valori in salita che ritrovi poi al Tour de France. Se punti ad una corsa, ormai arrivi super preparato, anche se è ad inizio stagione. Prima, invece, individuavi un periodo e riuscivi a correre mantenendo una buona condizione per più tempo. Il cambiamento principale è arrivato negli ultimi 7-8 anni, quando la Sky con Froome sdoganò questo metodo di lavoro sempre più specifico. Nibali, quando ha vinto il Tour, ha dovuto trascurare tutte le gare di inizio stagione.
I primi a cambiare metodo di lavoro sono stati la Sky e Froome, lavorando specificamente tutti gli anni per dominare al TourI primi a cambiare metodo di lavoro sono stati la Sky e Froome, lavorando specificamente tutti gli anni per dominare al Tour
La visione del preparatore
Come ultimo passo bisogna capire se questi nuovi metodi di approccio alle gare abbiano cambiato il lavoro del preparatore.
«A mio modo di vedere – dice Slongo – non è cambiato il modo di lavorare. Alla fine devo seguire il metodo migliore per gli obiettivi del team a seconda delle richieste e dei progetti. Ho i miei sistemi e devo solo capire quando e come applicarli. Quel che cambia sono lo spettacolo ed il rapporto del pubblico con il ciclismo. C’è chi è felice perché ogni volta che guardi una corsa di un corridore top lo vedi sempre al massimo della condizione e delle prestazioni. Al contrario, alcuni preferirebbero vedere i corridori impegnati in più corse ed affrontarsi in uno scenario più ampio».
«Avessi avuto al Giro, una gamba come questa…». Mentre spingeva a più non posso sui pedali, in quella che più che una scalata è stata un arrembaggio verso il traguardo di Sierra de la Pandera, Richard Carapaz ripensava all’esito della corsa rosa, di quel penultimo giorno quando gli scatti di Hindley (finito mestamente dietro in Spagna) e soprattutto la tattica vincente della Bora Hansgrohe lo avevano mandato in crisi.
Alla Vuelta si è tornato a vedere l’ecuadoriano che lo scorso anno ha portato a casa il titolo olimpico, che al Tour era stato l’unico vero antagonista, anche se soccombente di fronte a Pogacar.
Seconda vittoria di tappa per Carapaz, con il redivivo Lopez e Roglic arrivati a 8″Seconda vittoria di tappa per Carapaz, con il redivivo Lopez e Roglic arrivati a 8″
Trasformazione in una settimana
In due settimane Carapaz si è trasformato. Quando era partito per la Vuelta, doveva essere il leader della Ineos, uno dei pretendenti al trono di Roglic, ma le prime tappe non sono andate perché la forma ancora non c’era. Le gerarchie in casa Ineos Grenadiers sono presto cambiate, si corre in favore del giovanissimo Carlos Rodriguez e Carapaz si è messo alle sue dipendenze. O forse no?
«Sono partito per la Vuelta con altri obiettivi – affermava all’arrivo della 12esima tappa, vinta per distacco a Penas Blancas – ma è anche vero che vincere una tappa ha sempre un bel sapore. Sulle salite lunghe sto rapidamente guadagnando la forma migliore e il fatto di essere fuori dalla lotta per le prime posizioni mi favorisce. Posso vincere correndo in maniera intelligente».
Ancora un tentativo di fuga per Filippo Conca, sempre più protagonista alla Lotto SoudalAncora un tentativo di fuga per Filippo Conca, sempre più protagonista alla Lotto Soudal
La prima crisi per Evenepoel
A Sierra de la Pandera Carapaz ha sfruttato l’attacco di Sanchez, andandogli dietro e poi recuperando uno a uno i fuggitivi di giornata (tra cui il bravissimo Conca) non solo andandosi a prendere la vittoria, ma scatenando un pandemonio alle sue spalle. Roglic ha preso spunto per andargli dietro, Evenepoel ci ha provato e mal gliene è incolto, andando incontro alla sua prima vera crisi della Vuelta con 48” ceduti allo sloveno. Gli resta 1’49”, ma anche tante incognite soprattutto sapendo che la tappa successiva è quella dell’arrivo a Sierra Nevada, dopo una salita che sembra non finire mai…
«Non è stata una buona giornata – ha dichiarato il belga al traguardo – non sentivo delle buone gambe. In fin dei conti ho ancora un buon gruzzolo, ma ho anche dolori muscolari. Credo sia normale, domani cercherò di sopravvivere, la situazione non mi preoccupa più di tanto».
Perché dicevamo di Rodriguez? Perché il giovane iberico ha pagato l’attacco di Carapaz, ma è stato bravo a salire sul suo passo, a recuperare su Evenepoel e precederlo di 20″. E’ chiaro che se vorrà salire ancora di classifica, dovrà considerare che Carapaz fa un’altra corsa, tesa ora alla conquista delle vittorie di tappa che, agli occhi dei responsabili della Ineos, hanno sempre un gran valore.
Una giornata difficile per la maglia rossa Evenepoel, che diceva di temere particolarmente Sierra Nevada…Una giornata difficile per la maglia rossa Evenepoel, che diceva di temere particolarmente Sierra Nevada…
E intanto Rodriguez scalpita…
Quando aveva chiuso vittorioso a Penas Blancas, Carapaz aveva già dato appuntamento a Sierra Nevada. Quell’ascesa, che porta a oltre 2.500 metri di quota, gli piace particolarmente. L’aria è rarefatta, esattamente com’è abituato a respirare quando si allena dalle parti di casa sua. Intanto però si è messo in tasca un’altra vittoria e fa capire che gli altri potranno pure scornarsi per il successo finale, ma quel traguardo lo sta aspettando…
D’altronde Tosatto, diesse della formazione inglese, era stato molto chiaro sulle sue aspettative, già prima che il sudamericano andasse all’attacco e tagliasse per primo al traguardo di Sierra de la Pandera: «Sarebbe l’ideale se Richard vincesse un’altra tappa e Rodriguez recuperasse quanto basta per salire sul podio».
E’ pur vero però che in una Vuelta che si rimette così in discussione e che è incentrata sulle incognite intorno alla terza settimana di Evenepoel, che non ha mai vissuto in un grande giro, Rodriguez ha tutto il diritto di guardare in alto.
Rodriguez in maglia bianca di miglior giovane. Arrivo con Mas, Evenepoel è dietroRodriguez in maglia bianca di miglior giovane. Arrivo con Mas, Evenepoel è dietro
L’eredità dell’ecuadoriano
Che cosa farà allora Carapaz? E’ il grande interrogativo della tappa domenicale, 152,6 chilometri da percorrere con la salita finale che caratterizzerà gli ultimi 22 e soprattutto con la sua prima parte con rampe già durissime.
Chi vuole disarcionare il belga della Quick Step Alpha Vynil potrebbe farlo proprio dall’inizio. Chissà allora che i due targati Ineos non facciano gioco di squadra, in fin dei conti Carapaz, con già in tasca il contratto del prossimo anno con la EF Education EasyPost vuole onorare fino all’ultimo quello in essere e magari lasciare un’eredità attraverso il “giovane allievo”…
La prossima stagione commerciale è oramai alle porte, e per moltissimi bike brand il periodo che stiamo attraversando è importante per cominciare a svelare qualche novità in ottica 2023. Per Pinarello, ad esempio, “l’anno che verrà” sarà anche quello di un rilancio importante dell’offerta colori di Dogma F, il modello top di gamma proposto sul mercato dallo storico brand trevigiano. E questo importante “upgrade” cromatico riguarderà l’introduzione di nuovi nuovissimi colori, in aggiunta ai tre confermati dalla stagione precedente.
Il telaio Dogma F è stato presentato nel giugno del 2021 per consentire agli atleti del team INEOS Grenadiers di gareggiare ai massimi livelli. E proprio da quando Dogma F ha introdotto questa novità sono arrivati tanti successi: tra cui grandi classiche e medaglie olimpiche – incluso l’oro di Carapaz nella prova in linea – senza considerare podi nei grandi Giri e la vittoria alla Parigi Roubaix di quest’anno. Nella sua prima stagione commerciale, Dogma F è stato il telaio dei record per Pinarello segnando un crescita del 25% rispetto al suo predecessore. L’introduzione appena annunciata delle nuove colorazioni renderà senza dubbio la gamma ancora più ampia e completa rispetto a quella precedente…
La nuova linea di colorazioni di Pinarello ha preso il nome “Electro”La nuova linea di colorazioni di Pinarello ha preso il nome “Electro”
Cromie “elettriche”
La nuova linea di colorazioni Pinarello per Dogma F – denominata Electro – è nuovamente il frutto della grande ricerca della stessa realtà veneta nel proporre colori davvero unici e inimitabili. I nuovi Electro Violet, Electro Blue, Electro Lime ed Electro Orange si caratterizzano per tridimensionalità e lucentezza che si esalta particolarmente con la luce naturale. La grafica Fade, che ha avuto un enorme successo con il lancio di Dogma F la scorsa stagione, viene inoltre aggiornata con l’aggiunta di due nuovi colori: Midnight Venice e la nuovissima Racing Green. Anche la linea con grafica Cut viene ampliata attraverso l’aggiunta di due varianti colori di assoluto successo: Summit White e Summit Red.
I colori della passata collezione che vengono invece confermati anche per il 2023 sono l’Onyx BOB, il Crystal White e il Midnight Blue. Inoltre, anche la colorazione replica del team INEOS Grenadiers sarà disponibile per la vendita.
L’aerodinamica, il peso, la geometria, lo spessore e le forme dei tubi, la scelta della fibra di carbonio: ciascun singolo elemento gioca un ruolo fondamentale nella creazione della bici perfetta. Trovare l’equilibrio rappresenta una vera e propria arte, e a quest’arte Pinarello dedica da sempre anima e corpo per il raggiungimento della perfezione…
Ecco la Dogma F in colorazione Electro LimeQuesta, invece è la Electro OrangeLa serie Electro raggiunge la massima espressione con i colori più brillanti, come il violaAnche la versione Electro Blue è molto accattivanteQui, invece, il nuovissimo colore Racing GreenEcco la Dogma F in colorazione Electro LimeQuesta, invece è la Electro OrangeLa serie Electro raggiunge la massima espressione con i colori più brillanti, come il violaAnche la versione Electro Blue è molto accattivanteQui, invece, il nuovissimo colore Racing Green
Una forza commerciale
Cicli Pinarello – la cui guida è affidata ad Antonio Dus, Amministratore delegato e socio – propone sul mercato biciclette che ambiscono a rappresentare un’assoluta avanguardia tecnologica e prestazionale per quanto riguarda il settore. I prodotti Pinarello sono commercializzati in oltre cinquanta Paesi nel mondo tramite una rete di 700 punti vendita specializzati tra cui quattro “flagship store” di cui tre monomarca: a Treviso, Londra, Manchester e New York.
Il fatturato 2021 è stato di 65 milioni di euro, mentre i mercati principali sono Stati Uniti, Italia, Regno Unito e Giappone. La maggior parte dei Paesi Europei sono seguiti dalla sede di Treviso, mentre negli USA ed in Gran Bretagna sono presenti due filiali di proprietà.
Nel 2021 i mercati principali per Pinarello sono stati: USA, Italia, Regno Unito e GiapponeNel 2021 i mercati principali per Pinarello sono stati: USA, Italia, Regno Unito e Giappone
Presso il quartier generale di Treviso sono impiegate 90 persone. Il gruppo completo “conta” a livello mondiale 150 collaboratori diretti e circa 600 dedicati a tempo pieno presso partner esterni, con una significativa presenza di risorse dedicate ad attività di Ricerca&Sviluppo di nuovi prodotti e del marchio stesso.
Era il 1991 quando Franco Chioccioli si riprese la maglia rosa persa nel 1988. Un Giro esaltante e prepotente. Tanto pubblico. E grandi avversari italiani
Dopo il primo giorno in maglia rosa e la Ineos che ha mostrato i muscoli, Carapaz appare sereno e consapevole. Obiettivo difendersi, ma se serve attaccherà
Ieri ad Utrecht c’erano 25 gradi, un sole “pallido” ma la presentazione dei team è stata un vero spettacolo. La Vuelta Espana parte così, con l’abbraccio dell’Olanda. Se qualche giorno fa con Stefano Garzelli avevamo passato in rassegna i favoriti, adesso diamo uno sguardo al percorso.
Da Utrecht a Madrid i chilometri sono 3.280, ma questa volta sono distribuiti in maniera un po’ differente rispetto alle passate edizioni. Non ci saranno “solo” le salite, comunque tante. Tuttavia queste non saranno le sole a decretare la maglia rossa finale. Più pianura, più crono e tappe corte solo in apparenza.
Alla presentazione, i team sono stati protagonisti di un’entrata scenografica in centro Utrecht
Alla presentazione, i team sono stati protagonisti di un’entrata scenografica in centro Utrecht
Partenza insidiosa
La 77ª Vuelta, infatti, non ha frazioni superiori ai 200 chilometri, ma in virtù della cronosquadre iniziale, di quella di Alicante e dell’ultima tappa che misura appena 97 chilometri, in mezzo ci sarà da pedalare. E infatti le frazioni tra i 170-190 chilometri non sono poche.
Poi è chiaro, dati i chilometri totali e i giorni di gara, la media è quella: 156,2 chilometri per frazione. La tappa più lunga è la terza: la Breda-Breda in Olanda. La sua distanza è di 193 chilometri.
Si apre dunque oggi con una cronosquadre di 23,2 chilometri. Una cronosquadre che, ci dicono i corridori stessi che l’hanno provata, è alquanto tecnica. Poi tanta pianura nei due giorni a seguire.
In questi casi l’insidia maggiore può venire dal meteo, ma sembra (di questi tempi il condizionale è d’obbligo) che non ci dovrebbe essere vento forte. Gli scalatori possono stare tranquilli… al netto delle cadute e del tipico nervosismo iniziale dei grandi Giri.
Utrecht – Utrecht di 23,2 chilometri (crono a squadre), tappa 1
‘s-Hertogenbosch – Utrecht di 175,1 chilometri, tappa 2
Breda – Breda di 193,2 chilometri, tappa tappa 3
Vitoria-Gasteiz – Laguardia di 153,5 chilometri, tappa 4
Irun – Bilbao di 187 chilometri, tappa 5
Bilbao – Pico Jano. San Miguel di 180 chilometri, tappa 6
Camargo – Cistierna di 190,1 chilometri, tappa 7
La Pola Llaviana/Pola de Laviana – Colláu Fancuaya di 154,5 chilometri, tappa 8
Villaviciosa – Les Praeres. Navadi 175,5 chilometri, tappa 9
Elche – Alicante di 31,1 chilometri (crono individuale), tappa 10
Utrecht – Utrecht di 23,2 chilometri (crono a squadre), tappa 1
‘s-Hertogenbosch – Utrecht di 175,1 chilometri, tappa 2
Breda – Breda di 193,2 chilometri, tappa 3
Vitoria-Gasteiz – Laguardia di 153,5 chilometri, tappa 4
Irun – Bilbao di 187 chilometri, tappa 5
Bilbao – Pico Jano. San Miguel di 180 chilometri, tappa 6
Camargo – Cistierna di 190,1 chilometri, tappa 7
La Pola Llaviana/Pola de Laviana – Colláu Fancuaya di 154,5 chilometri, tappa 8
Villaviciosa – Les Praeres. Navadi 175,5 chilometri, tappa 9
Elche – Alicante di 31,1 chilometri (crono individuale), tappa 10
Nel segno delle novità
Dei nove arrivi in salita, tre sono inediti. La prima novità è il Pico de Jano. La scalata cantabriaca non è impossibile, ma è lunga una dozzina di chilometri. La salita è divisa esattamente in due parti: la prima è più dura e termina con uno “scalino” all’11%, la seconda invece è più veloce. Ha pendenze tra il 5% e l’8%. Sembra l’arrivo perfetto per un Valverde. E anche prima non mancano le salite (ben quattro).
Il secondo arrivo inedito e anche il secondo in quota è il Collau Fancuaya. A differenza del primo è una salita dura, forse la più cattiva della Vuelta:10,1 chilometri all’8,5% di pendenza media ma con dei lunghi tratti oltre l’11% e due punte al 17%, l’ultima delle quali proprio in prossimità del traguardo. E anche in questo caso non mancano le salite in precedenza con un’incetta di Gpm di seconda e terza categoria. Occhio davvero a questa frazione, che è l’ottava.
Senza contare che il giorno dopo c’è l’arrivo di Les Praeres. E’ un vero muro: 3,9 chilometri al 12% con una punta del 23%. Ci sarà da divertirsi, anche perché poi ci sarà il secondo giorno di riposo e nessuno si risparmierà. Qui vinse un certo Simon Yates nel 2018, quando si portò a casa la Vuelta.
Queste due tappe rappresentano una doppietta infernale.
L’Alto de Piornal è l’ultima delle novità. Questo arrivo potrà fare male per le sue pendenze e perché la fatica, siamo alla 18ª tappa, si farà sentire. Ma quando parliamo di pendenze non bisogna pensare a rampe mostruose (13,5 chilometri al 5%), anzi… Nel complesso è una scalata veloce e chi si stacca qui può perdere davvero tanto. Decisivi due fattori: vento e squadra… e chiaramente anche le gambe!
El Pozo Alimentación – Cabo de Gata di 193 chilometri, tappa 11
Salobrena – Penas Blancas. Estepona di 192,7 chilometri, tappa 12
Ronda – Montilla di 171 chilometri, tappa 13
Montoro – Sierra de La Pandera di 160,3 chilometri, tappa14
Martos – Sierra Nevada di 152,6 chilometri, tappa 15
Sanlúcar de Barrameda – Tomares di 188,9 chilometri, tappa 16
Aracena – Monasterio de Tentudía di 160 chilometri, tappa 17
Trujillo – Alto del Piornal di 191,7 chilometri, tappa 18
Talavera de la Reina – Talavera de la Reina di 132,7 chilometri, tappa 19
Moralzarzal – Puerto de Navacerrada di 175,5 chilometri, tappa 20
Las Rozas – Madrid di 96,7 chilometri, tappa 21
El Pozo Alimentación – Cabo de Gata di 193 chilometri, tappa 11
Salobrena – Penas Blancas. Estepona di 192,7 chilometri, tappa 12
Ronda – Montilla di 171 chilometri, tappa 13
Montoro – Sierra de La Pandera di 160,3 chilometri, tappa 14
Martos – Sierra Nevada di 152,6 chilometri, tappa 15
Sanlúcar de Barrameda – Tomares di 188,9 chilometri, tappa 16
Aracena – Monasterio de Tentudía di 160 chilometri, tappa 17
Trujillo – Alto del Piornal di 191,7 chilometri, tappa 18
Talavera de la Reina – Talavera de la Reina di 132,7 chilometri, tappa 19
Moralzarzal – Puerto de Navacerrada di 175,5 chilometri, tappa 20
Las Rozas – Madrid di 96,7 chilometri, tappa 21
Una crono che pesa
Stefano Garzelli ci ha avvertito: «Attenti alla crono di Alicante». La Vuelta rispetto a quel si possa pensare non è mai stata avarissima di chilometri contro il tempo, ma c’era sempre una salitella di mezzo almeno, un tracciato ondulato… percorsi nei quali lo scalatore poteva difendersi. Qui invece c’è solo pianura e chi va forte può fare la differenza e neanche poco.
Una crono di quasi 31 chilometri inciderà anche sull’andamento tattico della corsa. Pensiamo a Joao Almeidao allo stesso Primoz Roglic. Se non dovessero essere al top potranno correre di rimessa. Mentre Hindley, Carapaz… saranno costretti ad attaccare.
Il tratto centrale tende anche a scendere: è per specialisti puri. E Affini è in gara!
Primoz Roglic e Richard Carapaz: saranno ancora loro due a giocarsi la Vuelta spalla a spalla come nel 2020?Primoz Roglic e Richard Carapaz: saranno ancora loro due a giocarsi la Vuelta spalla a spalla come nel 2020?
Velocisti, c’è spazio
Non è vero che non c’è spazio per gli sprinter. Su carta si contano almeno sette volate, quella di Madrid inclusa. Lo sprint finale è quello che tra l’altro terrà in corsa molti velocisti fino alla fine. E saranno più motivati a farlo con il tracciato iridato che gli strizza l’occhio.
Nel complesso è davvero un bel percorso: completo, duro… che lascia spazio a molte tipologie di corridori. E poi le tappe intermedie sono interessanti, anche per le regioni in cui sono situate.
Per esempio la quarta frazione, quella di Laguardia, la prima in terra spagnola, è mica da ridere. Ci sono parecchie salite, due Gpm, uno di seconda e uno di terza categoria, e il finale è nervoso. E se nei Paesi Baschi dovesse piovere potrebbero essere guai.
Prima abbiamo parlato delle novità: non vanno dimenticati dei classici come la Pandera, la Sierra Nevada e la Navacerrada. Buona Vuelta a tutti!
Si chiama Settimana ed è la nostra speciale selezione di contenuti editoriali pubblicati su bici.PRO negli ultimi sette giorni.
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