Con la conclusione del Giro d’Italia Next Gen, lo sguardo si sposta sul prossimo grande appuntamento della categoria Under 23: il Giro della Valle d’Aosta, in programma dal 16 al 20 luglio prossimo. Una corsa che negli anni ha rappresentato un passaggio fondamentale per molti corridori che oggi brillano tra i professionisti (in apertura foto Giro Valle d’Aosta).
Eppure, anche questo settore vive un momento di transizione, tra l’evoluzione dei calendari, i passaggi diretti tra juniores e WorldTour e il tentativo costante di mantenere alto il valore tecnico delle competizioni. Ne abbiamo parlato con Riccardo Moret, patron della corsa valdostana, che a pochi giorni dalla presentazione ufficiale dell’edizione numero 61 ci ha raccontato come sta evolvendo il lavoro della sua squadra.
Presidente Moret, come procedono i lavori verso questa edizione numero 61?
Abbiamo terminato alla grande queste nozze di diamante tra l’organizzazione del Giro della Valle d’Aosta e il mondo della bicicletta. E’ andato tutto bene, ora cominciamo con il sessantunesimo. La presentazione avverrà nei prossimi giorni al Palazzo Regionale di Aosta e siamo in linea con il programma di lavoro che ci eravamo prefissati.
Le sedi di tappa erano state rese note. Verrà trasmesso tutto in streaming?
Ci sarà unaa diretta streaming, ma non so ancora con precisione su quale canale. Ma al momento opportuno sarà tutto disponibile sul sito del Giro della Valle d’Aosta.
Il mondo degli Under 23 sta cambiando. Come vivete questa evoluzione? State valutando anche la categoria juniores?
Vediamo come si evolve la situazione. Oggi ci sono juniores che passano direttamente tra i pro’ senza passare dagli Under 23. Però a naso mi sembra che un periodo di transizione serva ancora. Chi passa da under 23 ha spesso qualcosa in più. Magari non tutti fanno tutti gli anni della categoria, ma a 21 anni sono già “di là”. Per ora, comunque, restiamo fedeli alla nostra categoria.
Quindi nessun progetto per una corsa juniores?
No, almeno per ora. Quando facciamo le nostre riunioni siamo più concentrati sulle tappe che su questi discorsi. I direttori sportivi e il movimento in generale ci spingono a rimanere legati alla nostra tradizione. Chi esce bene dal Giro della Valle d’Aosta non dico che ha la strada spianata verso il professionismo, ma quasi. L’ultimo esempio è Isaac Del Toro, che ha lottato per la maglia rosa fino all’ultima tappa del Giro dei grandi.
Negli ultimi anni il tuo gruppo di lavoro è cambiato parecchio: c’è chi se ne è andato, chi sta tornando. Come riesci a mantenerlo attivo e motivato?
Io penso che chi resta, resta volentieri e lo faccia per passione. Chi invece è stanco o ha motivi personali che non gli consentono di essere sereno è giusto che si faccia da parte. E’ già faticoso mettere in piedi una corsa come la nostra, se manca la serenità è ancora più difficile. Se manca la passione, manca tutto. Non deve essere solo un divertimento, ma la passione è la base. Quando anche a me dovesse mancare, potrei anche farmi da parte: mai dire mai. E se qualcuno volesse tornare ben venga, non abbiamo mai chiuso le porte a nessuno, anzi siamo sempre dispiaciuti quando qualcuno se ne va.
Il Giro della Valle d’Aosta è un’organizzazione non professionistica, ma con standard altissimi…
Esatto. Non siamo professionisti, ma offriamo una corsa di livello professionistico. Ce lo riconosce anche la UCI, che ci valuta con dei report, delle pagelline, molto positive ogni anno. Cambiano i giudici, ma i voti restano alti: questo ci gratifica.
Che tipo di corsa vedremo quest’anno?
Come sempre sarà dura. Avremo tre arrivi in quota e tante salite. Sarà una corsa da scalatori puri, come da nostra tradizione.
Qualche anticipazione sulle tappe?
Posso dire poco. Si inizierà con una tappa “pianeggiante”, la Aosta-Aosta, che potrebbe favorire i passisti veloci, non dico i velocisti perché non credo che i velocisti puri ci saranno. Poi ci sarà una cronoscalata di 13 chilometri sulle strade del Tour de France, a Passy Plaine-Joux: ci saranno più di 1.000 metri di dislivello. Infine ci saranno tre tappe da vertigine, con arrivi sul filo o oltre i 2.000 metri. Parlo del Colle del Gran San Bernardo, di Pont a Valsavarenche nel cuore del Parco del Gran Paradiso, a 1.950 metri, e il classico finale a Cervinia.
Quest’ultima tappa ormai è una classica: verrà confermata la doppietta finale con il Col Saint-Pantaléon prima di Cervinia?
Quest’anno cambieremo un po’ il tracciato. Non sarà completamente uguale agli anni scorsi. Potremmo non fare il Saint-Pantaléon, ma non voglio sbilanciarmi oltre.
Chi disegna il percorso?
Lavoriamo in gruppo, ci confrontiamo. Le strade della Valle d’Aosta sono quelle e tutto sommato non è difficile realizzare belle tappe o scovare salite interessanti. Abbiamo una fortuna enorme nel territorio che ci ospita.