Bernal allontana la Vuelta, ma non chiude del tutto…

06.04.2022
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Adesso comincia il difficile e Bernal lo dice chiaramente. Confermando quel che aveva anticipato Fabrizio Borra, d’ora in poi ogni giorno sarà una scoperta. Presto non si tratterà più di girare le gambe accompagnando i pedali, ma di costruire la condizione. Aumenteranno ore e carichi e a seguire si dovrà parlare di intensità. Il suo fisico è fuori dall’ordinario, ma i traumi ci sono stati e al netto del recupero più o meno rapido e del talento, ci sarà da stringere i denti. Egan l’ha capito e cerca di stare alla larga dai facili entusiasmi, che soprattutto in Colombia sono rapidi ad accendersi.

«Non ha senso – ha detto a margine della pedalata su Zwift con i suoi tifosi dello scorso weekend – rischiare di dare una data per il ritorno, perché sarebbe un po’ irresponsabile. Sarebbe un sogno tornare a correre entro la fine dell’anno, ma come faccio a dire che voglio andare alla Vuelta? Una gara di tre settimane sarebbe troppo dura, forse sarebbe chiedere troppo al mio corpo. Ma non poniamo limiti, lo scopriremo col tempo. Non si può partecipare a una corsa come la Vuelta improvvisando. Se ho dolore, non sarò in grado di finirla, quindi non sarebbe l’ideale. Ci sono alcune altre gare a cui potrei pensare, ma per ora voglio concentrarmi sul mio recupero».

Bernal fa la foto, amici, allenatore, fidanzata e tifosi sono pronti per seguirlo ancora (foto Twitter)
Bernal fa la foto, amici, allenatore, fidanzata e tifosi sono pronti per seguirlo ancora (foto Twitter)
Che analisi fai del tuo presente?

Due mesi fa ero a letto e non immaginavo di riprendermi così. Tutto questo grazie all’incoraggiamento delle persone.

Cosa dice la squadra?

Mi supportano, mi mandano messaggi di incoraggiamento e mi ripetono che devo fare le cose con calma, di prendermi tutto il tempo che serve. Questo mi tranquillizza. Farò di tutto per rientrare il prima possibile, per me sarebbe importante.

Froome ha criticato l’uso delle bici da cronometro in allenamento…

Ho visto il titolo, ma non ho letto la notizia e non so cosa abbia detto in proposito. La bici da crono appartiene al ciclismo, senza di essa non sarebbe lo stesso sport e lo dice uno consapevole di non essere il migliore contro il tempo. E’ chiaro però che guidare una bici da crono è più difficile che guidare una bici da strada.

Com’è stato il giorno in cui sei tornato in sella?

E’ stato il giorno più bello della mia vita. Poter pedalare con i miei amici, la mia famiglia, mia mamma, il mio fratellino… E’ stato molto bello, speciale. Inoltre lo abbiamo fatto con il dottore che mi ha operato la schiena e a sua detta è stato uno degli interventi chirurgici più complicati che abbia mai svolto.

Ancora su Twitter il report della prima settimana in bici di Egan Bernal: 584 km, 23 ore, 4.000 metri di dislivello
Ancora su Twitter il report della prima settimana in bici: 584 km, 23 ore, 4.000 metri di dislivello
Come è stato rimettersi in movimento?

Ovviamente il ciclismo è la mia vita, mi appassiona, è quello che ho fatto per tutta la vita ed è quello che voglio fare ancora. La prima cosa cui ho pensato è stata ripartire, ma anche e soprattutto di tornare a una vita normale. C’è stato anche il momento in cui ho pensato che del ciclismo non mi importasse più nulla, c’erano prima la mia vita e la mia famiglia. E’ durato una settimana.

Poi cosa è successo?

Ho iniziato a muovere la gamba. Anche sul letto in terapia intensiva, quando il mio papà, mia mamma, il mio fratellino se ne andavano, stringevo la gamba fra le mani e provavo a spingere. Sapevo quando mi davano le medicine per il dolore e facevo le mie prove prima che arrivassero, per sentire davvero come stavo. Grazie a questo e all’aiuto della famiglia, presto mi è venuto il desiderio di alzarmi in piedi, lasciare l’ospedale e iniziare il processo di riabilitazione. Era ancora poco, ma abbastanza per iniziare.

Quando ti sei reso conto della gravità delle ferite?

Non sapevo che intervento avrebbero fatto. Quando mi hanno addormentato, ho pensato che avrebbero operato soltanto il femore. Quando mi sono svegliato e mi hanno detto cosa avevano fatto, ho capito che in realtà la faccenda era ben più complicata. A quel punto hanno cominciato a dirmi poco a poco che la situazione era dura e che era un miracolo che fossi ancora vivo.

Camminare senza bastone è ancora impossibile?

Mi fa più male quando cammino che quando sono in bici, devo usarlo ancora. Sulla bici sto bene, mi aiuta nel recupero.

Bernal non può ancora fare a meno del bastone per camminare: sta molto meglio in bici (foto Twitter)
Bernal non può ancora fare a meno del bastone per camminare: sta molto meglio in bici (foto Twitter)
Che reazione hai avuto dopo l’incidente?

Per fortuna non ho perso la memoria, posso ricordare tutto e un domani raccontarlo ai miei nipoti, ma all’inizio è stato molto doloroso.

Come vanno le tue giornate?

In questo momento, molto meglio. Da una decina di giorni ho iniziato ad andare in bicicletta, sono diventato di nuovo un ciclista. Mi alzo, faccio colazione e poi esco a pedalare. Esco con mia mamma, mio fratello, i miei amici di una vita. Pedalo per due, tre ore. Ci fermiamo due o tre volte per bere il caffè. La cosa che più mi piace è sentire nuovamente l’aria in faccia. Rientro alle quattro del pomeriggio e la sera vado a fare fisioterapia e recupero a Chia, nella Clinica dove mi hanno operato. Facciamo esercizi con le palle, con la fascia. E a quel punto la giornata può anche finire. La sera sono con mia madre e i miei amici.

Hai voglia di tornare in corsa?

Voglio gareggiare di nuovo. Al momento giusto, sarò il primo a fare pressione sulla squadra.

Hai seguito qualche gara?

Poco, è frustrante vedere e non esserci. Io davanti alla televisione e gli altri che corrono, non mi piace. Cerco di evitarlo…

La riabilitazione proseguirà in Europa?

Il team ci sta già pensando. L’idea è di partire, non si sa ancora quando, non prima almeno di aver capito se posso salire su un aereo.

Bernal sui rulli, per la pedalata virtuale su Zwift con i suoi tifosi dello scorso weekend
Sui rulli, per la pedalata virtuale su Zwift con i suoi tifosi dello scorso weekend
Cosa ti ha colpito in queste settimane?

Tante cose, ma la chiave è stata l’energia buona delle persone. Una volta la donna delle pulizie mi ha detto che aveva recitato il rosario per la mia guarigione e questo mi ha colpito tanto, perché ci saranno di certo molte persone così.

Mentre tu recuperi, i tuoi rivali gareggiano e si allenano…

Non ci penso. Torno a casa e non penso a cosa stanno facendo Pogacar e gli altri. Arriverà quel momento, per vedere cosa stanno facendo e cosa farò io. Per adesso mi concentro sul recupero, sullo stare con la mia famiglia e basta.

Quali tappe mancano per tornare in gara?

Ho passato la parte più difficile. Questo tempo è stato breve, solo due mesi, ma è stato difficile. Pedalo già, posso condurre una vita normale e anche se d’ora in poi ci vorrà un anno o più per gareggiare, bè… Mi sento bene a fare quello che faccio.

Da Froome a Bernal, il consiglio è non avere fretta

24.03.2022
4 min
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Froome scende dal pullman dieci minuti prima della firma di partenza. L’addetto stampa gli ha detto che abbiamo qualche domanda e nella mattina che annuncia l’arrivo di Longiano della Settimana Coppi e Bartali, ieri, Chris sembra di buon umore. Solo che con il casco, gli occhiali e la mascherina fin sotto gli occhi, si fa fatica a riconoscerlo.

Tour Colombia 2019, prima dell’incidente di Froome, prima del Tour di Bernal
Tour Colombia 2019, prima dell’incidente di Froome, prima del Tour di Bernal

Si parla di Bernal

Se vuoi chiedergli una previsione sulla stagione – dice l’addetto stampa – non se ne fa nulla. Per fortuna non siamo qui per questo. L’incidente di Bernal ci ha fatto pensare a lui. Chris sa esattamente quello che sta vivendo Egan, perché lo sta ancora scontando sulla pelle. Sei un gigante del tuo sport. Hai vinto il Tour. Hai vinto il Giro. La squadra, l’enorme Sky poi diventata Ineos, conta su di te. E un incidente ti spazza via mentre ti stai allenando sulla bici da crono. Troppe coincidenze per non pensarci.

«Ci ho pensato anche io – dice – abbiamo capito subito che era incidente molto serio, molto grave. C’era qualche cosa di simile al mio. La bici da crono, la velocità molto alta. Lui contro un bus, io conto un muro…».

C’è dell’amaro sarcasmo nel sorriso che affiora attraverso il tono di voce. Mentre parla, Chris aggancia il computerino sul manubrio, ma di tanto in tanto solleva lo sguardo e ci fissa.

Un giorno per volta

Il 12 giugno del 2019 era di mercoledì. Al Delfinato era il giorno della crono, Froome era staccato di 24 secondi da Dylan Teuns e avrebbe potuto conquistare la maglia di leader. Chris aveva vinto il Giro dell’anno precedente e si era poi piazzato terzo nel Tour vinto da Thomas. Nello stesso Tour debuttò Bernal, da poco passato dalla Androni al Team Sky.

Egan al Delfinato non c’era, la squadra lo aveva mandato al Giro di Svizzera. Per cui non fu testimone del tremendo incidente del suo capitano. Durante la ricognizione sul percorso della crono, Froome fu investito da una raffica di vento e finì contro un muro. La diagnosi fu impietosa e in qualche modo pose fine alla sua carriera. Fratture al femore, al gomito, a diverse costole, all’anca e al collo.

Froome ha fatto il suo debutto 2022 alla Coppi e Bartali, per cui tanta fatica e fiato grosso
Froome ha fatto il suo debutto 2022 alla Coppi e Bartali, per cui tanta fatica e fiato grosso

Da allora Chris non ha più vinto una corsa e non è più stato il corridore che era. Eppure sta affrontando la seconda parte della sua carriera con grande dignità.

«Un consiglio che posso dare a Egan – dice – è di vivere settimana per settimana, di non pensare troppo avanti. Dovrà fare il massimo in ogni momento per tornare. Non bisogna avere fretta, si rischia di commettere qualche errore. Poi bisogna fermarsi e ripartire da capo. Comunque mi sono reso conto che è stato una fortuna essere ancora professionista dopo un incidente così brutto. L’alternativa era fermarsi e restare a casa».

La fortuna di tornare

Lo sollecitano. La sensazione è che lui resterebbe a parlare, ma lo tirano per la manica e serve mettersi di traverso per avere un’altra risposta.

Alla firma del foglio firma a Riccione, al via della seconda tappa, super mascherato
Alla firma del foglio firma a Riccione, al via della seconda tappa, super mascherato

«Mi sento molto fortunato ad aver avuto l’opportunità di tornare – dice – e credo che alla fine sarà così anche per Egan. Quando ho visto le foto, ho capito subito che le gambe erano rotte, un po’ come me, però c’erano anche aspetti differenti fra i due incidenti. Ho pensato subito che era serio e da quel momento ho iniziato a pensare alla pericolosità delle bici da crono negli allenamenti di tutti i giorni. Quando sei lì sopra, non hai le mani sui freni. E devi stare seduto in una posizione che non è molto sicura. La crono fa parte del ciclismo, ma a qualche punto dovremo chiederci dove sia la linea che separa la prestazione dalla sicurezza».

Voci dalla Colombia, mentre Bernal progetta il rientro

17.03.2022
7 min
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La mattina del 24 gennaio trascorre in mezzo ad ansie e l’odore della tragedia. C’è un crollo emotivo nel Paese, che va in trance a causa della fatalità che si verifica sulla strada che collega Cundinamarca con il dipartimento di Boyacá, attraverso il comune di Gachancipá. Lì, Egan Arley Bernal Gómez, vincitore del Tour e del Giro e leader indiscusso della nuova era del Team Ineos, si scontra violentemente, a più di 60 chilometri orari di velocità, contro il retro di un autobus fermo a lato strada, mentre stava svolgendo un allenamento specifico sulla sua bici da crono.

Con questo disegno pubblicato su Twitter, si riassume il corso della rieducazione di Bernal
Con questo disegno pubblicato su Twitter, si riassume il corso della rieducazione di Bernal

Seppur cosciente al momento del ricovero al pronto soccorso della Clinica de la Sabana, a Chía, a nord di Bogotà, il referto medico non è affatto incoraggiante: politrauma con trauma cervicale e toracico, trauma toracico chiuso, trauma muscoloscheletrico e trauma agli arti inferiori. Ha dovuto subire più interventi chirurgici, di cui due alla colonna vertebrale, che hanno seriamente messo a repentaglio la possibilità di camminare di nuovo.

«Sono felice di essere vivo», sono state le prime parole del 25enne di Cundinamarca, uscito dal centro medico appena 14 giorni dopo aver subito un incidente di tale portata. Una follia solo pensarlo. Solo un essere umano dotato di capacità fisiche e mentali come le sue poteva resistere persino alla morte.

Grandi doti di recupero

«Sin dalla prima fase di formazione, ha sempre mostrato una capacità rigenerativa di gran lunga superiore a quella degli altri atleti. Quello che si sta manifestando in Egan non è di oggi, sono semplicemente qualità genetiche», afferma Sergio Avellaneda, allenatore e amico personale con il quale ha ottenuto molteplici traguardi in MTB, tra cui un argento e un bronzo ai mondiali di Norvegia 2014 e Andorra 2015.

«L’ho seguito in alcuni periodi quando correva nelle categorie giovanili – prosegue Sergio – 15 giorni prima del Campionato Panamericano di Cota (Cundinamarca), Egan si è fratturato la clavicola. Il giorno successivo è stato operato e due giorni dopo aveva già recuperato tutta la mobilità con un dolore minimo. Il terzo giorno mi chiese di portarlo a un controllo dal dottor Gustavo Castro, un chirurgo, perché si sentiva in grado di salire in sella e quindi di non perdere tutto il lavoro che aveva fatto in preparazione. E così ce l’abbiamo fatta, abbiamo rischiato, l’abbiamo iscritto ed è diventato campione contro rivali molto forti», racconta Sergio, che ha sempre visto Bernal come una meraviglia fisica.

Sergio Avellaneda, a sinistra, è amico e allenatore di Egan Bernal ai tempi dei mondiali Mtb
Sergio Avellaneda, a sinistra, è amico e allenatore di Egan Bernal ai tempi dei mondiali Mtb

Motivazioni d’acciaio

«Egan è soprattutto un talento. E talenti come lui, con quelle capacità sopra alla media, sono capaci di affrontare sfide che vanno oltre l’evidenza. Ecco perché il suo recupero non è sorprendente, perché l’ha preso come una grande sfida dal punto di vista psicologico. E’ un atleta a cui piace correre e questo renderà il suo recupero più veloce…

«Non perdere il suo status e ricominciare a praticare l’azione ciclistica è la motivazione per riprendersi rapidamente. Ciò che sorprende è il tempo in cui c’è riuscito», assicura Luis Fernando Saldarriaga, ex manager del Team Manzana Postobon e dirigenti di campioni come Nairo Quintana, Esteban Chaves e Sergio Higuita.

Di nuovo in sella

Dall’incidente, il ricovero, la dimissione dall’ospedale e il ritorno sui rulli, sono trascorsi 45 giorni. Sì, in meno di due mesi e dopo interventi al femore, rotula, trauma toracico e due interventi alla colonna vertebrale, Egan ha indossato gli abiti della sua squadra e con il gesto sorridente e le dita in segno di vittoria, si è sentito di nuovo un ciclista (foto Twitter in apertura).

Sulla schiena di Bernal, qui prima della rieducazione in acqua, i segni degli interventi spinali
Sulla schiena di Bernal, qui prima della rieducazione in acqua, i segni degli interventi spinali

I rischi della strada

«E’ un caso atipico, penso che nessuno, né gli specialisti né i chirurghi, si aspettasse una guarigione così veloce. Totalmente fuori dall’ordinario. Vedendo la sua evoluzione è possibile che tra un mese lo vedremo di nuovo su strada. E’ possibile. Ma da lì a tornare competitivo, il passo sarà abbastanza difficile. Credo che quest’anno non ce la farà, credo addirittura che gareggiare sarà complicato.

«Sta migliorando molto rapidamente, ma non dovremmo essere così ottimisti sul vederlo correre quest’anno. Le fratture che ha avuto sono state complesse e la mia paura è che torni su strada con i rischi che questo comporta, e non voglia il Signore, metta a rischio gli interventi chirurgici che gli sono stati eseguiti», analizza il dottor Camilo Pardo, uno dei medici specializzati in ciclismo con la maggiore esperienza della Colombia. Fra le sue mani non sono passati solo alcuni dei migliori ciclisti delle nuove generazioni, ma anche personaggi storici dell’epoca del Café de Colombia come Lucho Herrera, Fabio Parra e José Patrocinio Jiménez.

Tornerà grande

«Alla fine, corridori come Egan, che a 25 anni sono capaci di avere un palmares così grande con un Tour e un Giro vinti, sono al di sopra della norma. Questo traspare dalla facilità di rompere le statistiche e i tempi di recupero. E non è che sia qualcosa di forzato o accelerato come molti potrebbero credere, ma piuttosto qualcosa che si evolve molto più velocemente rispetto a qualsiasi persona. Grazie a Dio ha avuto un’ottima evoluzione. Sta andando sicuro e deciso», ha detto lo spagnolo Cristian Alonso, massaggiatore personale di Bernal, testimone del tragico evento e membro del Team Ineos, che insieme al direttore Xabier Artetxe, è stato con il campione fino al suo ritorno a casa.

Cristian Alonso è il massaggiatore di fiducia di Egan, che era presente all’incidente (foto Twitter)
Cristian Alonso è il massaggiatore di fiducia di Egan, che era presente all’incidente (foto Twitter)

«L’aspettativa è che torni al meglio e che torni ad essere il grande corridore che era. E di sicuro non gli mancano il coraggio, la dedizione, il lavoro e la voglia. Questi non mancheranno mai», prosegue Alonso, massaggiatore di Egan sin dal suo arrivo nella squadra britannica.

«Dovremmo tutti avere un Cristian nella vita», è stato il complimento di Egan per l’amico in uno dei suoi post post-ospedale.

In gara fra quattro mesi

Uno dei più ottimisti sull’evoluzione del campione è l’ex cittì colombiano Jenaro Leguízamo, uno dei preparatori più attenti in ambito nazionale, vincitore della storica medaglia d’argento alle Olimpiadi di Londra 2012 con Rigoberto Uran.

«Quello che mi preoccupava di più  – è stata la sua prima analisi – era il problema della perforazione polmonare. Non ero così preoccupato per le fratture nonostante fossero gravi, per il buon trattamento che ha ricevuto dal momento dell’incidente».

Il cittì Jenaro Leguízamo ha conquistato con Uran l’argento di Londra 2012 (foto Ciclismo Internacional)
Il cittì Jenaro Leguízamo ha conquistato con Uran l’argento di Londra 2012 (foto Ciclismo Internacional)

«I tempi di recupero che ci vogliono mi sembrano normali per un super atleta di quell’età che ha avuto assistenza medica in tutti gli aspetti. Questo aiuta molto e velocizza i processi. Ora quale potrebbe essere la paura? La perdita di massa muscolare, l’atrofia per inattività, ma nel suo caso hanno iniziato un processo di shock contro l’atrofia muscolare, sin dal momento in cui ha lasciato la terapia intensiva, con esercizi isometrici che si potevano fare fin dalla convalescenza. Questo gli ha permesso di alzarsi rapidamente in piedi.

«Anche la parte mentale lo ha aiutato molto e non ho dubbi che quest’anno correrà. Certo, forse non lo vedremo vincere o competere per farlo, ma per me sarà in gara al massimo entro quattro mesi», dice Jenaro, titolare di un laboratorio specializzato per la preparazione di atleti di alte prestazioni.

Controllare l’atrofia

«Ho sempre detto, fin dall’inizio, che Egan aveva la giovinezza a suo favore. Quel fattore era fondamentale oltre all’attenzione immediata e specializzata che ha ricevuto. Ciò che deve funzionare di più, secondo me, è la condizione muscolare per controllare l’atrofia, ciò che impiega più tempo nel recuperare un atleta di quel livello», ha detto Alvaro Mejía, affermato campione degli anni ’90, quarto al Tour de France nel 1993, che oggi svolge le sue funzioni di medico ufficiale nelle manifestazioni ciclistiche del calendario nazionale».

Alvaro Mejia è stato pro’ dal 1989 al 1997, con Postobon e Motorola: ora è medico (foto Facebook)
Alvaro Mejia è stato pro’ dal 1989 al 1997, con Postobon e Motorola: ora è medico (foto Facebook)

«Il tema del ritorno alle gare di Egan lo rimanderei al prossimo anno. Anche se lui, per la rapida guarigione che ha avuto, ha voglia di ricominciare al più presto per ritrovare la fiducia di stare in gruppo e scacciare la paura di cadere, altra cosa molto importante. Ma per riaverlo al livello in cui lo abbiamo conosciuto, direi che dovremo aspettare fino al prossimo anno», ha concluso colui che ai suoi tempi da professionista era riconosciuto come “El Cometa”.

Le opinioni coincidono, alcune più ottimiste di altre. La verità – anche se non ci sono date precise per il suo ritorno – è che Egan sogna di tornare sulla scena del grande ciclismo.